Esplora E-book
Categorie
Esplora Audiolibri
Categorie
Esplora Riviste
Categorie
Esplora Documenti
Categorie
LOCKE
Author(s): Aldo G. Gargani
Source: Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa. Lettere, Storia e Filosofia , 1966,
Serie II, Vol. 35, No. 3/4 (1966), pp. 251-292
Published by: Scuola Normale Superiore
JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide
range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and
facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact support@jstor.org.
Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at
https://about.jstor.org/terms
is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Annali della Scuola
Normale Superiore di Pisa. Lettere, Storia e Filosofia
di Aldo G. Gargani
(!) Thomas Hobbes' Mechanical Conception of Nature, London, 1928, pp. 234-35.
(2) Cfr. F. Brandt, op. cit.} p. 236.
(3) « Locke si stacca da Hobbes e dalla sua teoria nominalistica del concetto, che altrov
gue fedelmente: i simboli e i segni della matematica sono per lui degli strumenti necessari
moria, ma non già la ragione logica dell'Universalità dei giudizi matematici. I segni debbon
valore oggettivo semplicemente alle idee che essi garantiscono e rappresentano; il criterio p
tezza della conoscenza dovrà quindi alla fine essere cercato soltanto in quest'ultime e n
menti necessari che sussistono tra di esse », E. Cassirer, Storia della filosofia moderna, Tor
vol. II, pp. 290-91.
(4) « ...dalla complessità di queste idee morali segue un altro inconveniente, ossia che la mente
non può con facilità ritenere quelle precise combinazioni con altrettanta esattezza e perfezione quanta
sarebbe necessaria nell'esame delle costanze e delle corrispondenze, concordanze ο discordanze, che
stanno tra l'una e l'altra di quelle molteplici idee... Il grande aiuto contro questo pericolo, che i ma
tematici trovano nei diagrammi e nelle figure, che rimangono inalterabili nei loro disegni, è eviden
tissimo, e spesso la memoria avrebbe grande difficoltà, altrimenti, a ritenerli con tanta esattezza, mentre
l'intelletto esamina passo passo le parti loro per precisare le loro diverse corrispondenze. E sebbene, nel
l'operare sopra una lunga somma, ο nell'addizione, ο nella moltiplicazione, ο nella divisione, ciascuna
parte non sia che un progredire della mente che si rende consapevole delle proprie idee, e ne consi
dera la concordanza ο discordanza; e sebbene la soluzione del problema altro non sia che il risultato
di un tutto composto di quei particolari di cui la mente ha una chiara percezione, — tuttavia, se non
si scrivessero le varie parti con dei segni, i cui significati precisi sono noti, e con dei segni che du
rano, e che rimangono sotto l'occhio anche quando la memoria li ha abbandonati, sarebbe quasi im
possibile ritenere nella mente tante idee diverse senza confondere, ο lasciarsi sfuggire, certe parti del
conto, e con ciò rendere inutile tutta la nostra fatica di ragionamento intorno ad esso. Nel qual caso
le cifre ο i segni non aiutano affatto la mente a percepire la concordanza fra due ο più numeri, co
munque presi, le loro eguaglianze ο proporzioni; tutto questo la mente lo ottiene solo per intuizione
delle proprie idee dei numeri stessi », J. Locke, An Essay Concerning Human Understanding, IV, iii,
19; nelle citazioni in italiano seguo la traduzione di Camillo Pellizzi, Bari, Laterza, 1951. Le sotto
lineature sono mie.
(5) Cfr. J. Locke, An Essay concerning the Understanding, Knowledge, Opinion, and Assent, edi
ted with an Introduction by Benjamin Rand, Cambridge, Harvard University Press, 1931, § 44, pp.
103-04 « ...quando vogliamo pervenire a quella grande certezza che chiamiamo 'dimostrazione', noi
solitamente ricorriamo ai nostri occhi, e non cerchiamo una certezza maggiore di quella che i no
stri occhi ci possono consentire, dal momento che tutta l'evidenza di cui la dimostrazione sembra
fornita non è nulla di più di ciò che la parola 'dimostrazione' naturalmente significa, ossia di mo
strare ogni cosa com'è e farla percepire, così che in effetti ciò che noi veniamo a conoscere in questo
modo non è per prova, ma per intuizione ». Sulla conoscenza intuitiva ntWEssay del 1690, cfr., in
particolare, IV, ii, 1-7 e 9.
(6) C. A. Viano, /. Locke. Dal razionalismo all'illuminismo, Torino, i960, p. 475.
« Avendo esposto cosi l'origine, le specie e l'estensione delle nostre idee, con va
rie altre considerazioni su questi strumenti, ο materiali (non so quale dei due nomi si
convenga meglio), della nostra conoscenza, il metodo che mi sono proposto dall'inizio
richiederebbe ora che io procedessi immediatamente a dimostrare quale uso faccia di
esse l'intelletto, e quale conoscenza noi abbiamo per loro mezzo. Nella prima visione
generale che avevo di tale materia, questo era tutto ciò che pensavo mi sarebbe occor
so di fare; ma, da un esame più attento, trovo che c'è un rapporto cosi stretto fra le
idee e le parole, e le nostre idee astratte e le parole generali hanno un rapporto cosi
costante fra loro, che è impossibile parlare in modo chiaro e distinto della nostra co
noscenza, che consiste tutta di proposizioni, senza considerare anzitutto la natura,
l'uso e il significato del linguaggio » (8).
(8) An Essay, cit., II, xxxiii, 19; in una lettera al Molyneux del 1693, Locke scriveva: « Alcune
parti del terzo libro relative alle parole, sebbene i pensieri fossero abbastanza facili e chiari, tuttavia
mi sono costate più fatica per dar loro espressione che tutto il resto del mio Saggio », in The Wor\s
of John LocJ^e, London, 1823 (reprinted by Scientia Verlag, Aalen, 1963, vol. Ill, pp. 527-28).
(9) Per la ricostruzione delle varie fasi delle teoria hobbesiana della scienza, cfr. l'eccellente lavoro
di A. Pacchi, Convenzione e Ipotesi nella formazione della Filosofìa Naturale di Thomas Hobbes,
Firenze, 1965, particolarmente capitoli VII, Vili e IX.
(10) Cfr. De Corpose, Parte I: Computatio sive Logica, vi, 5-6, in Thomae Hobbes Malmesbu-_
rtensis Opera Philosophica quae latine scripsit omnia, studio et labore Gulielmi Molesworth, Londini,
1839-45, vol. I, pp. 62-63.
È noto che Locke orientava la sua teoria della scienza sulla base dei
modelli e delle procedure offerti dalla biologia e dalla medicina, anzich
dalla matematica e dalla fisica (B) ; Locke assumeva un modello scienti
Arte Medica', in Memorias del XIII Congr. Inter, de Filosofia, Mexico, Univ. Nac. Aut. de Mexico,
1964, vol. VI, pp. 127-33; Some Medico-Philosophical Excerpts from the Mellon Collection of Loct^e
Papers, pp. 107-116, in «The Journal of the History of Ideas», XXV (1964); C. A. Viano, op. cit.,
pp. 421-462; D. Givner, Scientific Preconceptions in Locke's Philosophy of Language, in « The Jour
nal of the History of Ideas », XXIII (1962), pp. 340-54.
(14) Locke menziona Sydenham nella Epistle to the Reader ntWEssay-, nella prefazione alle Obser
vationes Medicae Sydenham esprime un apprezzamento su Locke; cfr. su questo punto M. Cranston,
John Loc\e. A Biography, London, 1957, p. 93; P. Romanell, Some Medico-Philosophical Excerpts,
ecc., cit., p. 113.
(15) Cfr. Thomaf. Svdenham, Opera Universa, Editio quarta ab Authore adhuc vivo Emendatior
Auctior Reddita, Londini, 1685.
(16) Observationes Medicae, cit., Praefatio.
« ....complures esse qui [morbi], licet ab authoribus sub eodem titulo citra ullam
speciei distinctionem tractentur, dissimillima sint indole... Imo etiam ubi distributio
in species reperitur, id fit plerumque ut Hypothesi alicui quae veris Phaenomenis sub
struitur, suus reservetur honos; ac proinde ejusmodi discriminatio non tam ad morbi,
quam ad Authoris ingenium, Philosophandique theoriam accomodata est Porro au
tem in scribenda morborum Historia, seponatur tantisper oportet quaecunque Hypo
thesis Philosophica, quae scriptoris judicium preoccupaverit; quo facto turn demum
morborum Phaenomena clara ac naturalia, quantumvis minuta, per se accuratissime
adnotentur; exquisitam Pictorum industriam imitando, qui vel naevos & levissimas
maculas in imagine exprimunt. Enimvero dici vix potest quot erroribus ansam prae
buerit Hypotheses istae Physiologicae, dum scriptores, quorum animos falso colore
illae inbuerint, istius modi Phaenomena morbis affigant, qualia, nisi in ipsorum ce
rebro, locum nunquam habuerunt, debebant autem in conspectum venire, si Hypo
thesis, quam ipsi pro concessa ac rata habent, constaret Veritas » (18).
« Non vorrei che si credesse che io qui censuri i dotti autori dei tempi passati,
ο che disconosca i vantaggi da loro lasciati alla posterità. Ad essi noi dobbiamo un
gran numero di eccellenti osservazioni e numerosi discorsi ingegnosi, e non c'è alcuna
regola pratica fondata su osservazioni oggettive che io non accolga e a cui io non mi
rimetta con venerazione e riconoscenza; tuttavia penso di poter fiduciosamente affer
mare che l'ipotesi che teneva insieme i lunghi e elaborati discorsi degli antichi, e che
non tollerava che le loro indagini si estendessero più in là di quanto i fenomeni delle
malattie potevano esser spiegati da quelle dottrine e da quelle regole pratiche adattate
ai principi assunti, non ha fatto altro alla fine che limitare e restringere i pensieri
degli uomini, divertire il loro intelletto con eleganti quanto inutili speculazioni, e ha
deviato le loro indagini dalla vera e vantaggiosa conoscenza delle cose... Colui che
nella medicina stabilirà massime fondamentali e, di qui tirando conseguenze e solle
vando dispute, la ridurrà nella forma regolare di una scienza, avrà fatto in realtà qual
cosa per estendere l'arte di parlare e forse avrà stabilito un fondamento per dispute
interminabili, ma se spera di condurre con un tal sistema alla conoscenza delle infer
mità dei corpi umani, della costituzione, della natura dei segni, dei mutamenti e
della storia delle malattie, insieme al sicuro e accorto metodo della loro cura, egli fa
quid demum sit de natura naturam ipsam consulere », F. Bacone, Parasceve ad Historian! Naturalem
et Experimentalem, in The Worlds of Francis Bacon, collected and edited by J. Spedding, R. Leslie
Ellis, D. Denon Heath, London, 1857-74, vol. I, p. 394. Cfr. su questo punto P. Rossi, F. Bacone.
Dalla Magia alla Scienza, Bari, 1957, pp. 494 sgg.
(20) J. Locke, De Arte Medica, in H. R. Fox Bourne, Ihc Life of John Loc\c, London, 1876,
vol. I, pp. 223-25.
(21) Cfr. su questo punto C. A. Viano, op. eit., pp. 440-443.
(22) Cfr. R. Boyle, The Origin of Forms and Qualities According to the Corpuscular Philosophy,
in The Worlds of the Honourable Robert Boyle, edited by T. Birch, London, 1772, vol. Ill, p. 42.
« Ma ammesso che noi non sappiamo con certezza, in generale, che questi feno
meni naturali devono procedere dalla grandezza, movimento e dalle qualità cosi risul
tanti degli atomi, nondimeno possiamo indagare le cause particolari di questo ο di quel
particolare effetto ο evento. Poiché una cosa è essere in grado di mostrare che è possi
bile che i tali effetti procedono dalla diversa grandezza, forma, movimento e aggrega
zioni degli atomi; un'altra cosa è essere in grado di enunciare quali precisi e deter
minati figure, dimensioni e movimenti degli atomi sono sufficienti a produrre i fe
nomeni considerati, senza incongruenze con altri fenomeni qualsiasi che si debbano in
contrare in natura; allo stesso modo che una cosa è per un uomo ignaro di meccanica
rendersi conto che i movimenti dell'orologio di Strasburgo sono prodotti per mezzo di
certe ruote, corde, pesi, ecc. e un'altra cosa è essere in grado di descrivere distintamen
te la grandezza, la figura, la proporzione, il movimento, e, in breve, l'intero congegno
di quella meravigliosa macchina ο di qualche altra capace di realizzare il medesimo
effetto » (24).
È in rapporto all'impossibilità
dedurre da principi generali una
cismo circa la possibilità di olt
mitato alla classificazione delle
nessi che non si possono presen
valutare la teoria lockiana del l
tematizzazione della dimensione
tivo-descrittiva dell'impiego ling
(28) Sulle redazioni del De Cor pore cfr. A. Pacchi, op. cit.
(29) Cfr. De Corpore, I, ii, 5, p. 15.
(30) Cfr. De Corpore, I, iii, 7-8, pp. 31-32.
(31) « Intelligitur hinc veritati et falsitati locum non esse, nisi in iis animantibus qui oratio
utuntur. Etsi enim ammalia orationis expertia, hominis simulachrum in speculo aspicientia simili
affecta esse possint, ac si ipsum hominem vidissent, et ob earn causam frustra eum metuerent,
abblandirentur, rem tamen non apprehendunt tanquam veram aut falsam, sed tantum ut similem
neque in eo falluntur. Quemadmodum igitur orationi bene intellectae debent homines, quicquid rec
ratiocinantur; ita eidem quoque male intellectae debent errores suos; et ut philosophiae decus,
etiam absurdorum dogmatum turpitudo solis competit hominibus... Deduci hinc quoque potest, ve
tates omnium primas, ortas esse ab arbitrio eorum qui nomina rebus primi imposuerunt, vel ab
posita acceperunt. Nam exempli causa verum est hominem esse animai, ideo quia eidem rei duo ill
nomina imponi placuit », De Corpore, I, iii, 8, p. 32. Sulla impostazione terministica della log
hobbesiana e in particolare sul carattere sintattico della teoria della proposizione e del sillogismo, c
Mario Dal Pra, Note sulla logica di Hohbes, in « Rivista Critica di Storia della Filosofia », X
(1962), pp. 424-27. Sulla nozione semantica della verità in Hobbes ha richiamato l'attenzione R.
Martin in On the Semantics of Hobbes, in « Philosophy and Phenomenological Research », XIV (1
54), pp. 205-11. Per Hobbes vero e falso sono proprietà del discorso, non delle cose; vera è la p
posizione in cui il soggetto e il predicato sono nomi aventi il medesimo significato, ossia il no
che funge da soggetto e il nome che funge da predicato sono nomi della stessa cosa: « Quando
nomi sono congiunti in una conseguenza (consequence), ο affermazione, come un uomo è una c
tura vivente, oppure se egli e un uomo, egli è una creatura vivente·, se il secondo nome, creat
vivente, significa tutto ciò che il primo nome significa, allora l'affermazione ο conseguenza è ve
altrimenti è falsa. Infatti vero e falso sono attributi del linguaggio, non delle cose. E dove non
« Νomen autem commune, cum sit plurium rerum sigillatim sumptarum nomen,
non autem collective omnium simul (ut homo, non est generis humani nomen, sed
uniuscujusque, ut Petri, Jobannis et caeterorum hominum seorsimj vocatur ob earn
rem universale. Est ergo nomen hoc universale, non rei alicujus existentis in rerum
natura, neque ideae, sive pbantasmatis alicujus in animo formati, sed alicujus semper
vocis sive nominis nomen » (33).
linguaggio, non c'è né verità, né falsità » (Leviathan or the Matter, Form, and Power of a Common
wealth Ecclesiastical and Civil, Parte T, 4. in The English Work.s of Thomas Hohbes of Malmesbury,
now first collected and edited by William Molesworth, London, 1839-1845. voi. Ili, p. 23; nei passi
citati abbiamo quasi sempre seguito la traduzione di Roberto Giammanco, Torino, Utet, 1055); « Vera
[propositio] est cujus praedicatum continet in se subjectum; sive cujus praedicatum nomen est unius
cujusque rei, cujus nomen est subjectum·, ut homo est animai, vera propositio est, propterea quod
quicquid vocatur Homo, idem vocatur quoque Animai » (De Corpore, I, iii, 7, p. 31): cfr. a questo
proposito R. M. Martin, art. cit., p. 207; J. W. N, Watkins, Hobbes's System of Ideas, London,
1965, pp. 144 sgg. Il Martin {art. cit., pp. 208-09) osserva come il concetto di verità di Hobbes (« Con
siderando che la verità consiste nel corretto ordinamento dei nomi nelle nostre affermazioni, un uomo
che cerca l'esattezza della verità deve ricordarsi ciò che significa ogni nome che egli usa e porlo al
suo posto », Leviathan, I, 4, p. 23) poggia su di una definizione dei significati dei termini impiegati
che corrisponde a ciò che Carnap chiama una semantical rule, la quale stipula mediante un assioma
0 una definizione il significato denotato dai segni di un sistema linguistico (cfr. Foundations of Logic
and Mathematics, in « International Encyclopedia of Unified Science », 1939, I, η. 3> Ρ· to).
(32) De Corpore, I, iii, 9, p. 33.
(33) De Corpore, I, ii, 9, pp. 17-18.
« Ita ut cum dicatur animal, vel saxum, vel spectrum, vel aliud quicquam
universale, non intelligendum sit ullum hominem, saxum, &c. fuisse, esse, aut esse
posse universale, sed tantum voces eas animai, saxum, &c. esse nomina universalia.
id est, nomina pluribus rebus communia, et respondentes ipsis in animo conceptus
sunt singularium animalium vel aliarum rerum imagines et phantasmata. Ideoque non
est opus ad vim universalis intelligendam alia facultate quam imaginativa, qua recor
damur voces ejusmodi modo unam rem modo aliam in animo excitasse » (M).
« Denique quando totam rem ut unam piene jam et distincte visam concipit,
illa idea composita est ex praecedentibus, atque hoc modo componit animus ideas
praedictas, eodem ordine quo in oratione componuntur haec nomina singula corpus,
Nella sezione quinta del capitolo II della Computatio sive Logica, Hob
bes introduce i nomi come « signa conceptuum»; la parola, per esem
pio, « pietra » non è impiegata in funzione della designazione dell'ogget
Quoniam autem Nomina, ut definitum est, disposita in oratione, signa sunt con
ceptuum, manifestum est ea non esse signa ipsarum rerum; quo sensu enim intelligi
potest sonum hujus vocis lapis esse signum lapidis, alio quam ut is qui Vocem earn
audisset colligeret loquentem de lapide cogitasse? » (41).
Il conflitto tra questi aspetti del De Cor por e (cosi come anche del Le
viathan) è stato ampiamente discusso dagli interpreti; dire, come ha fat
to il Brandt (42), che « il cambiamento del punto di vista di Hobbes po
trebbe essere attribuito alla controversia con Descartes a proposito delle
Meditationi » non aiuta, come è stato osservato (43), a superare la difficoltà.
Non è possibile qui entrare esaurientemente nel merito di questa comples
sa discussione; tuttavia in linea di approssimazione si può notare che le
diiticoltà presentate dai testi hobbesiani risultano accentuate, e assunte su
di un piano interpretativo talora deformante, quando esse vengono inse
rite entro lo schema di un conflitto tra nominalismo e concettualismo;
termini questi che legittimamente impiegati in sede storiografica per ca
ratterizzare aspetti e fasi della teoria hobbesiana, possono tuttavia risul
tare svisanti quando vengano introdotti come i poli tematici intorno ai
quali si sarebbe sviluppata la riflessione hobbesiana sulla logica e sul
linguaggio. Forzando l'interpretazione della teoria del filosofo inglese en
tro lo schema rigido di una scelta che egli avrebbe dovuto compiere tra
nominalismo e concettualismo, sollecitando risposte nette e univoche dai
testi a questo riguardo, si ottengono in realtà contraddizioni, oscillazioni
e incertezze tanto più accentuate e irrisolte. Si dovrebbe pertanto ripor
tare la discussione sulle difficoltà sopra accennate di interpretazione dei
(44) Dorothea Krook, Thomas Hohhes's Doctrine of Meaning and Truth, in « Philosophy », XXXI,
"J56· PP■ 3~22·
(45) D. Krook, art. cit., p. 11.
(46) Hobhes, London, 1934.
(47) D. Krook, art. cit., p. 11.
(48) D. Krook, art. cit., p. 11.
(49) La tesi di un parallelismo tra concettualismo e nominalismo è stata anche espressa da M.
Dal Pra nelle Note sulla Logica di Hohbes, cfr. nota 59.
(50) De Corpore, I, i, 3, p. 4.
I, ii, 16, p. 25) che tali distinzioni hanno carattere logico-linguistico, e non devono pertanto costituire
argomento per stabilire e esaurire il numero delle cose che esistono in natura ο per stabilire il numero
finito delle specie.
(5β) Corpore, I, i, 3, p. 4.
(57) De Corpore, I, ii, 9, pp. 17-18.
P
concreto (61) ; il nome astratto è la causa del nome concreto in quanto esso
denota una proprietà, ο una potenza, 0 un'azione, ο un'affezione o, se
si vuole, un modo, 0 un accidente nella cosa concepita, in forza dei quali
alla cosa concepita viene attribuito un nome concreto; l'essere esteso,
per esempio, di una cosa è la causa dell'attribuzione del nome corpo ad
una cosa data.
Exempli gratia cum aliquid videamus, vel visibile aliquid animo concipiamus,
apparet ilia res, vel concipitur non in uno puncto, sed ut habens partes a partibus
distantes, id est, ut extensa per spacium aliquod; quoniam igitur rem ita conceptam
voluimus appellari corpus, causa ejus nominis est, esse eam rem extensam sive exten
sio vel corporeitas; sic cum videntes aliquid modo hinc modo inde apparere, vocamus
illud, motum, vel translatum, causa nominis ejus est, moveri eam rem, sive motus
ejus » (62).
(β1) « Abstractum est, quod ir, re supposita existentem nominis concreti causam denotat, ut esse
corpus, esse mobile, esse motum, esse figuratum, esse tantum, esse calidum, esse jrigidum, esse simile,
esse aequale, esse Appium vel Lentulum, et similia » (De Corpose, I, iii, 3, p. 28).
(e2) De Corpose, I, iii, 3, p. 2y.
(β3) J. W. N. Watkins, Hobbes's System of Ideas. London, 1965, pp. 144 e 147-48.
(β4) Leviathan, I, 4, p. 21.
(85) De Corpore, II, vili, 23, p. 104.
dipendentemente dalla pr
del possesso da parte de
fletta una cosa universa
di nozioni ottenute medi
delle singole cose concre
viduazione linguistica, c
tenuto che la nozione d
dell'astrazione non dete
que al di fuori del nome
cepito dalla mente è un a
L'astrazione hobbesiana
prietà ο accidenti ο m
bile l'uso dei nomi conc
bilità di nomi e concett
namento ο calcolo delle p
« non potremmo ragiona
corpi a mezzo di nomi c
cosa ha una quantità di
non risulterebbe duplica
le cose calde (67). In quest
to risiede l'uso corretto d
que una funzione operat
sivamente linguistico-con
ti realizza la condizione
base della proprietà reper
cepita dal concetto astr
la possibilità di una den
come Hobbes rivolga i s
minalistica della sua teo
a istituire un parallelism
che le operazioni eseguib
minio extra-linguistico
(8a) Cfr. a questo proposito Μ. Cranston, op. cit., p. 337; D. A. Givner, art. cit.,
(84) Cfr. A. R. Hall, The Scientific Revolution (1500-1800), London-New York, 19
cfr. An Essay Concerning Human Understanding, III, vi, 7, 12, 22, 27, 29.
(85) Cfr. An Essay, III, vi, 12.
« ...in tutta questa faccenda dei generi e delle specie, il genere, ossia l'id
comprensiva, non è che una concezione parziale di ciò che sta nelle specie, e l
non è che un'idea parziale di ciò che si trova in ciascun individuo Se vorrem
rettamente considerare che cosa si verifichi in tutti questi generi e specie, ο
troveremo che in essi non vien fatto nulla di nuovo, tranne che dei segni più ο m
comprensivi, mediante i quali ci mettiamo in grado di esprimere con poche sillab
gran numero di cose particolari » (91).
(93) Cfr. Essay, III, 111,9, IO>TI> Γ3; v>> Τ> IV, vi, 4.
(04) Essay, II, xxiii, 12; cfr. anche IV, xi, 8, 10.
« La diversità dei costumi, delle abitudini e delle maniere di una data nazione
fa si che varie combinazioni di idee, famigliari e necessarie in essa, presso un altro
popolo non trovino mai alcuna occasione di venir fatte e forse nemmeno rilevate; e
perciò, naturalmente, nella prima di queste nazioni verranno attribuiti a queste com
binazioni di idee dei nomi distinti.... Cosi, όσίρακισμός, fra i Greci, e proscriptio fra i
Romani, erano parole che non trovavano nomi esattamente rispondenti al loro signifi
cato in altre lingue, poiché rappresentavano idee complesse che non erano nello spirito
dei cittadini di altre nazioni. Dove non esisteva quell'uso, non c'era alcuna nozione di
azioni simili; non potevano servire a nulla quelle combinazioni di idee che erano unite
e, per cosi dire, legate insieme da quelle parole : e perciò, in altri paesi, non v'erano
nomi per esse » (1M).
5. - La conversione analiti
(117) John Locke's 'Doctrine of Signs': a new Metaphysics, in « The Journal of the Hi
Ideas » XXVI (1965), pp. 369-82.
(11S) Cfr. Essay, IV, v, 8-11.
(tie) cfr. Essay, IV, xxi, 1-4.
(12°) cfr. Essay, IV, xxi, 2.
(121) Cfr. Essay, IV, v, 8, 11.
(125) Cfr. De Corpose, I, ii, 6, p. 15; cfr. Essay, III, iii, 19.
in un significato unitario id
zioni del senso : la nozione,
teplicità di idee di azioni e d
che rimarrebbero slegate e
ni separate nel tempo e tra l
del nome a stabilire la loro c
unitario.