C’è libertà di stampa in Italia? Sì, c’è. E sarebbe sciocco affermare il contrario. Questo però non
basta a sostenere anche che la libertà di stampa in Italia sia totale e totalmente esercitabile.
L’articolo 21 della Costituzione stabilisce che “tutti hanno diritto di manifestare liberamente il
proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. E che “la stampa non
può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”.
Anche grazie a questa tutela costituzionale in Italia ogni giorno vengono pubblicate inchieste
giornalistiche che svelano abusi di potere, reti di corruzione e ruberie varie. E possiamo formarci
una opinione sui fatti di interesse pubblico leggendo o ascoltando commenti di qualsiasi
orientamento o colore politico.
Tuttavia, il pieno esercizio della libertà di stampa è talvolta ostacolato o limitato da una serie di
fattori. Si va da intimidazioni subdole a minacce vere e proprie, fino alle aggressioni fisiche. Ma
sono un problema serio anche le storture di un mercato editoriale nel quale gli editori puri sono un
rarità e i finanziamenti pubblici ai giornali vengono elargiti poco e male (e c’è chi addirittura
vorrebbe abolirli).
Le querele temerarie
A volte le intimidazioni non sono esplicite, ma nascoste sotto altra forma. È il caso delle cosiddette
querele temerarie: azioni legali (civili o penali) che vengono mosse contro i giornalisti senza alcuna
chance di successo ma con l’unico scopo di incutere timore e mettere in difficoltà. Perché, almeno
fino alla sentenza, i giornalisti querelati – o la testata per cui essi lavorano – sono costretti a
sostenere spese processuali che non sono alla portata di tutti.
E qui si capisce anche perché a ricorrere alla querela temeraria non è mai il ladro di mele ma
sempre una persona che gode di notevoli disponibilità economiche. È questa, insomma, la via legale
attraverso cui i potenti minacciano i giornalisti senza sporcarsi le mani. Una pratica purtroppo molto
diffusa in Italia.
Nel 2014 l’allora Relatore speciale dell’Onu sulla promozione della libertà di espressione, Frank La
Rue, denunciò in un rapporto sull’Italia le “molestie giudiziarie” nei confronti dei media, bersaglio
di azioni legali avviate senza alcun reale fondamento con il solo scopo di intimidire i cronisti.
Il mercato dei media in Italia: una giungla
Poi c’è il tema del mercato editoriale. Un mercato inquinato e in cui sopravvivere è impresa
complicata. La crisi economica del settore è sotto gli occhi di tutti. Per questo sarebbe ancor più
importante poter contare su un sistema equo e moderno di finanziamento alle testate giornalistiche,
nell’ottica di assicurare quel pluralismo dell’informazione che è essenziale per qualsiasi
democrazia. E invece no.
Il finanziamento ai giornali in Italia oggi è organizzato in modo antiquato e concede ingiusti
privilegi ai pochissimi che hanno la fortuna di potervi accedere. Non solo, ma ci sono addirittura
forze politiche che vorrebbero abolirlo, lasciando così i media allo sbaraglio nella giungla del
mercato libero. O vendi o sei morto.
Questo contesto di crisi produce alcuni effetti: i compensi per i giornalisti si abbassano, le inserzioni
pubblicitarie assumono sempre più un’importanza vitale nei bilanci dei giornali e alla lunga
riescono a sopravvivere solo quei gruppi editoriali che hanno le spalle abbastanza larghe.
Cosa c’entra questo con la libertà di stampa? C’entra, eccome. Perché, se il giornalismo viene
pagato meno, la qualità dell’informazione tende ad abbassarsi. Perché, se un inserzionista si
arrabbia per un articolo e chiude i rubinetti, quel giornale rischia di chiudere. Perché, se restano solo
i giornali dei ricchi, dei poveri non importerà più a nessuno.
Nel panorama dell’informazione italiano, fra l’altro, gli editori puri – ossia quelli che di lavoro
fanno proprio gli editori, e non anche i produttori di automobili o gli immobiliaristi – sono una
rarità. Persino la Rai, i cui proprietari saremmo noi cittadini, non può dirsi pienamente libera,
soggiogata com’è dalla lottizzazione dei partiti. Per non dire, infine, degli enormi problemi legati al
monopolio dei giganti del web, su tutti Google e Facebook, che hanno ormai potere di vita o di
morte sui giornali online.
Insomma, la libertà di stampa in Italia c’è. E sarebbe sciocco affermare il contrario. Diciamo però
che non se la passa benissimo.