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Il problema delle false partite Iva, nell’economia nazionale. Disciplina e sanzioni per i soggetti che
hanno partita Iva per collaborare stabilmente e continuativamente con un unico committente
(datore di lavoro).
“Siamo un’azienda di medio grandi dimensioni che si serve di collaborazioni esterne in modo
abituale. Ci è capitato di avviare qualche collaborazione con soggetti che collaborano con noi
tramite partita Iva. Siamo consapevoli del fatto che questi soggetti non effettuano attività di
lavoro autonomo, ma collaborano esclusivamente con la nostra azienda. Abbiamo il timore di
poter essere sanzionati per la falsa partita Iva del lavoratore. Quali sono i principali oneri
aggiuntivi a carico di aziende e lavoratori, tenuti a dimostrare la liceità di propri contratti già in
essere? Ci sono accorgimenti e cautele da intraprendere? grazie”.
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18/9/2019 False partite Iva e presunzione lavoro subordinato - Fiscomania
La ratio della Riforma è stata quella di contrastare il fenomeno delle cosiddette “false partite
Iva“, ovvero quei rapporti che, pur essendo inquadrati nell’ambito dell’autonomia pura con un
contratto d’opera, in realtà celano forme di collaborazione subordinata.
Il legislatore, in ragione di ciò, ha voluto inserire una presunzione legale relativa che, al
sussistere di determinati indici e in assenza di prova contraria, riqualifica il rapporto di lavoro
autonomo con partita Iva in un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, ai sensi
degli artticoli 61 e 69 del D.Lgs. n. 276/2003.
In assenza della prova, l’organo ispettivo in via amministrativa o il giudice in via giudiziaria
possono procedere alla riqualificazione del rapporto di lavoro in essere con tutte le
conseguenze sanzionatorie. Resta ferma la possibilità per gli organi di vigilanza o per il lavoratore
di applicare il regime probatorio ordinario qualora non operi la presunzione.
La presunzione citata non opera per tutte quelle prestazioni caratterizzate da elevate
competenze teoriche o capacità tecnico-pratiche e da un redditività minima fissata per
legge, né per tutte quelle svolte nell’esercizio di attività professionali per le quali l’ordinamento
richieda l’iscrizione ad un ordine professionale ovvero ad appositi registri, albi, ruoli o elenchi
professionali qualificati così come individuati da apposito decreto 20 dicembre 2012.
Le critiche a tale norma sono numerose ed in questi anni molte aziende hanno deciso di fare a
meno di determinati collaboratori autonomi per non ricadere nella presunzione legale.
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Il lavoro subordinato
Il lavoratore subordinato è definito dall’art. 2094 c.c. come «chi si obbliga mediante
retribuzione a collaborare nell’impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle
dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore».
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Il lavoro autonomo
La Legge n. 92/2012, come premesso, ha previsto una presunzione relativa in forza della quale le
prestazioni svolte da persona titolare di partita Iva sono considerate, in presenza di determinati
indici e in assenza di prova contraria, rapporti di lavoro dipendente.
La riqualificazione del rapporto con partita Iva in lavoro dipendente comporta l’applicazione della
relativa normativa con il rischio di vedere convertire il rapporto in essere in lavoro subordinato a
tempo indeterminato.
Questo è quanto prevede l’articolo 69-bis del D.Lgs. n. 276/2003 introdotto dall’art. 1, comma 26,
della Legge n. 92/2012. La normativa ha subìto alcune modifiche da parte dell’art. 46-bis del D.L.
n. 83/2012, convertito nella Legge n. 134/2012 e alcune integrazioni dal D.M. 20 dicembre 2012
del Ministero del lavoro.
Quest’ultimo ha, altresì, fornito i primi chiarimenti sulla nuova disciplina con la Circolare n. 32 del
27 dicembre 2012.
L’art. 69-bis, comma 4, del D.Lgs. n. 276/2003, in termini di decorrenza della norma, ha
previsto quanto segue:
Con la Circolare n. 32 del 27 dicembre 2012, il Ministero del lavoro ha sostanzialmente differito i
primi controlli al luglio 2014.
La Presidenza del Consiglio dei Ministri ha confermato che la normativa non trova applicazione per
le prestazioni rese da lavoratori titolari di partita IVA in favore delle Pubbliche Amministrazioni.
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Con riferimento al criterio temporale, il Ministero del Lavoro con la Circolare n. 32/2012 ha
chiarito che il requisito temporale è all’anno civile.
Con riferimento al criterio del fatturato, che si basa su una percentuale e non su una cifra fissa,
il Ministero del lavoro, sempre con la citata Circolare, ha precisato che sono da considerare solo i
corrispettivi fatturati (non interessa l’incasso) con la partita Iva nei confronti di un medesimo
committente o di più soggetti giuridici riconducibili ad un unico centro d’imputazione di interessi.
La norma fa riferimento ad un arco temporale pari a due anni solari consecutivi, ossia a due
periodi di 365 giorni che non necessariamente devono coincidere con l’anno civile. Il computo deve
avvenire retroattivamente rispetto alla data in cui si invochi l’esistenza del presupposto in
questione.
Ad ogni modo, qualora si intenda far valere tale condizione unitamente alla precedente, il
Ministero del lavoro ritiene che il criterio dell’anno civile attragga necessariamente anche il criterio
reddituale. Invece, nel caso in cui si voglia far operare tale criterio con quello della postazione
fissa, occorre fare riferimento al biennio solare esattamente precedente.
Con riferimento al criterio organizzativo, il Ministero del lavoro ha confermato che tale
condizione si verifica quando, negli archi temporali in precedenza individuati, il prestatore può
usufruire di una postazione nei locali del committente senza averne un uso esclusivo e
indipendentemente dalla possibilità di utilizzare qualunque attrezzatura necessaria allo
svolgimento dell’attività.
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La prova deve dimostrare l’inesistenza degli elementi della continuità e del coordinamento.
Il Ministero del lavoro ha chiarito che la presunzione non opera se sono verificate entrambe le
due condizioni esposte.
Con apposito decreto del 20 dicembre 2012, il Ministero del lavoro ha fornito apposito elenco
delle prestazioni che consentono la disapplicazione della normativa in esame. Il link presso cui
è scaricabile il decreto è il seguente: www.lavoro.gov.it/NR/rdonlyres/…/20121227DM.pdf.
Nel caso in cui qualche attività non sia prevista nell’elenco, l’art. 2, comma 1, del predetto Decreto
consente di individuare se l’appartenenza ad un determinato registro, albo, ruolo o elenco
consenta di derogare alla nuova disposizione. In sostanza, non è riconosciuta la deroga in tutti i
casi in cui l’iscrizione abbia una mera funzione di pubblicità dichiarativa e, quindi, avvenga sulla
base della sola richiesta dell’interessato, senza che sia previsto alcun controllo circa la
sussistenza di requisiti e condizioni.
Con riferimento alle due condizioni sopra esposte, il legislatore ha voluto consentire la deroga solo
a fronte di «significativi percorsi formativi» e di «rilevanti esperienze maturate nell’esercizio
concreto di attività» e ha fissato un limite reddituale minimo che è pari ad euro 18.662,50, dato
dalla moltiplicazione per 1,25 del reddito minimo imponibile stabilito per il calcolo del contributo
IVS dovuto da artigiani e commercianti in tale anno, pari ad euro 14.930.
È interessante notare come, per tale condizione, il legislatore abbia utilizzato un criterio
reddituale e non di corrispettivo conseguito. Il Ministero ha puntualizzato che il reddito è al lordo Privacy
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delle ritenute fiscali e deve farsi riferimento esclusivamente all’attività di lavoro autonomo, con
esclusione di ogni altro reddito derivante sia da prestazioni di lavoro subordinato sia da prestazioni
di lavoro accessorio.
In particolare, in merito alla formazione, il Ministero del lavoro con la Circolare n. 32/2012 ha
fornito interessanti suggerimenti in attesa che sia reso definitivo un sistema puntuale di
certificazione delle competenze.
In attesa di ciò, il Ministero ha chiarito che il «grado elevato» e le «rilevanti esperienze» sono
dimostrabili mediante:
Il possesso di un titolo rilasciato al termine del secondo ciclo del sistema educativo di istruzione
e formazione (sistema dei licei e sistema dell’istruzione e formazione professionale);
Il possesso di un titolo di studio universitario (laurea, dottorato di ricerca, master post-laurea);
Il possesso di qualifiche o diplomi conseguiti al termine di una qualsiasi tipologia di
apprendistato;
Il possesso di una qualifica o specializzazione attribuita da un datore di lavoro in forza di un
rapporto di lavoro subordinato e in applicazione del contratto collettivo di riferimento. In tale
ultima ipotesi, si ritiene tuttavia che solo una qualifica o una specializzazione posseduta da
almeno 10 anni possa garantire capacità tecnico-pratiche da «rilevanti esperienze»;
Lo svolgimento dell’attività autonoma in questione, in via esclusiva o prevalente sotto il profilo
reddituale.
In ogni caso, per poter essere considerati utili ai fini dell’esclusione dal campo applicativo della
norma, i certificati, i diplomi e i titoli devono evidentemente essere pertinenti all’attività svolta dal
collaboratore.
Gli organi ispettivi dovranno, in fase di riqualificazione del rapporto di lavoro, redigere il verbale
unico di accertamento da trasmettere all’INPS e all’INAIL, per il recupero dei contributi e dei
premi e determinare le sanzioni pecuniarie amministrative per i mancati adempimenti.
La ratio della norma è chiaro e, pur essendo state apportate delle modifiche al testo originario, il
rischio di contenzioso rimane elevato.
Oltre alla corretta predisposizione della documentazione contrattuale e alla conservazione da parte
del datore di lavoro dei documenti attestanti le competenze di grado elevato, è consigliabile in
situazioni dubbie ricorrere all’istituto della certificazione dei contratti di lavoro ai sensi degli
artt. 75 e seguenti del D.Lgs. n. 276/2003. Un contratto previamente certificato produce effetti
che devono essere disconosciuti da una sentenza di merito e, soprattutto, non consente agli organi
ispettivi di procedere ad una riqualificazione diretta del rapporto in mancanza di detta sentenza.
Tra l’altro, in fase di certificazione del contratto, le parti saranno invitate ad esporre proprie
valutazioni, valutazioni di cui il giudice dovrà tenere conto prima di disconoscere la certificazione.
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Federico Migliorini
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Dottore Commercialista, Tax Advisor, Revisore Legale. Aiuto imprenditori e professionisti nella pianificazione fiscale.
La Fiscalità internazionale le convenzioni internazionali e l'internazionalizzazione di impresa sono la mia
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