Sei sulla pagina 1di 41

Romano Vettori

Musiche per i Principi Vescovi:


la corte dei Clesio e dei Madruzzo

Estratto da
Musica e società nella storia trentina
a cura di Rossana Da/monte
Trento 1994

EDIZIONI - U.C.T. - TRENTO


MUSICHE PER I PRINCIPI VESCOVI:
LA CORTE DEL CLESIO E DEI MADRUZZO

Romano Vettori

La situazione della musica a Trento nel XVI secolo è caratterizzata da due fondamentali
momenti storico-politici e culturali quali i principati di Bernardo Clesio e Cristoforo Madruzzo.
Essi ebbero notevole influenza sulla vita del principato e sulle sue relazioni con l'Italia e l'Europa,
ma a loro volta, e in particolar modo il secondo, furono al centro di quell'evento di enorme portata
stmica che fu il Concilio (1545-1563). Gli archivi e le biblioteche non sono particolarmente
generosi di fonti musicali, e comunque queste, forse proprio per la natura del principato e la sua
collocazione politico-geografica, sono quasi totalmente riferibili direttamente ai principi-vescovi e
alla vita istituzionale della loro corte. In altre parole, alla corte tridentina mancano le solide
condizioni di produzione e consumo musicale che in altri centri, pur stimolate dalla corte del
principe - o ad essa complementari - si diffondono nella società circostante, in altre cappelle,
accadernie e ridotti, favorendo la presenza di artisti, committenti, botteghe liutaiie, tipografie musicali
ecc. Per queste ragioni il discorso viene organizzato disponendo le fonti musicali intorno a queste
figure centrali, che ne rappresentano il referente storico primario, cercando comunque di indivi-
duarne le tendenze formali e le connessioni con la cultura musicale del loro tempo. Con i vantaggi
e i lirniti che derivano da tale scelta metodologica, il disegno storico-musicale risultante si fonda
così strettamente sulle caratteristiche delle fonti musicali conservate.

La musica agli inizi del XVI secolo e la corte di Bernardo Clesio


Eletto il 12 giugno 1514, Bernardo Clesio prende possesso del principato tra 1'8 e il 10
settembre 1515. Il carattere politico-culturale del nuovo governo viene giudicato dagli storici
moderni come rispondente alla visione di un dotto umanista ed abile diplomatico, che seppe dare
al principato leggi adeguate ed una collocazione politica di respiro europeo [TrsOT 1969, passim;
PRODI 1987, 7-216], alla città un nuovo volto urbanistico e nel campo artistico-culturale uno stile
detto appunto «clesiano», nel quale sembrano confluire tradizioni tanto nordiche quanto italiane
[RASMO 1982, 181-278; PRODI 1987, 411-47].
Sulla musica alla corte di Bernardo Clesio abbiamo alcune notizie dagli Annali ovvero
Croniche di Trento di Giano Pirro Pincio, ed in particolare pr~prio sui festeggiamenti del 1515. È
probabile che nel Giorgio tedesco che fu regista di tutte le feste di quei giorni sia da riconoscere
Georg Schapff, che incontriamo come organista nel Duomo di Trento tra il 1517 e il 1522 [LUNELLI
R. 1937, 25].
Per collocare stilisticamente lo Schapff, potrellllllo fare riferimento all'ambiente musicale da
cui provenivano, ad esempio, gli organisti che lavorarono a Trento agli inizi del '500; egli è
ricordato inoltre tra la cerchia dei seguaci di Ho:fl1aymer [LuscINIUs 1536]. Di tale ambiente sono
testimonianza le raccolte degli editori di Norimberga, Colonia, Augusta, Strasburgo, Wittemberg,
contenenti cm-mina, canzoni profane e danze, accanto al repertorio polifonico liturgico e ad elabora-
zioni di musica vocale per strumenti a pizzico ed a tasto [cfr. per i repertori del tempo RisM B I].
Sempre in questa direzione, del resto, andava l'interessamento dello stesso Clesio per avere un
costruttore d'organi ed un nuovo organista tedeschi per la chiesa di S. Maria Maggiore, eretta tra
il 1520 e il 1524 [CICCOLINI 1925, 30].
A tal proposito interessante appare la corrispondenza del principe con due umanisti
rnitteleuropei impegnati a fondo nella teoria e nella didattica musicale del primo Cinquecento
'··
Henricus Glareanus e Johannes Cochlaeus - il che conferma le direttrici prevalenti nell'attività

241
ROMANO VETTORI

Fig. I: Anonimo, Preambulum [in] re (inizio sec. XVI). BcT, ms. 194.
(Foto P. Zeni).

culturale del presule tridentino [VETTORI 1987a, 657]. Nel periodo della maggiore attività di rinno-
vamento urbanistico ed architettonico, quello della costruzione del Magno Palazzo e dei principali
monumenti clesiani, il principe sembrò però particolarmente interessato anche agli artisti italiani
[AusSERER-GEROLA 1924, passim]. 1
Al medesimo periodo appartengono anche alcuni documenti che testimoniano in concreto
l'interesse di Bernardo Clesio per la musica italiana. Dalla corrispondenza clesiana apprendiamo
infatti che il cardinale nell'estate del 1530 trattò per sè o per la corte imperiale - i documenti
lasciano aperte le due possibilità - l'assunzione di un gruppo di musici operanti a Roma, tutti
provenienti dall'Italia settent1ionale [LUNELLI R. 1967, 54-56; VETTORI 1987a, 666, n. 38]. Interes-
sante è pure la provenienza del loro capo, Jannes da Fondo di Trento, già appartenente alla «musica
secreta» di papa Leone X e al servizio del cardinale Ippolito d'Este. Assai importante è la descri-
zione delle qualità e della composizione dell'organico vocale-strumentale, dalla quale veniamo a

1
Si richiama inoltre l'attenzione, in proposito, sulle scene musicali affrescate nel castello di Trento dal pittore bresciano
Romanino e altre pitture di soggetto musicale [DISERTORI 1978, 127-34].

242
Musiche per i Principi Vescovi

sapere che il quartetto poteva eseguire «balli alla italiana» e brani più ricercati su «quatro violoni
grandi cum li quali fano uno digno sonar» 2 oltre a musiche vocali solistiche accompagnate dal
liuto. Questi documenti sono stati anche considerati di notevole importanza per la conoscenza della
prassi esecutiva del XVI secolo [KAMPER 1976, 96, 207-208].
La presenza a Trento di una cappella musicale della cattedrale, con cantori, stmmentisti ed
organista, suggerita dai pur scarni documenti del tempo, può anche far supporre una loro parteci-
pazione al grande avvenimento dell'elezione clesiana del 1515, come del resto alle visite imperiali
a Trento con musiche e celebrazioni solenni negli anni 1507-1508 [LUNELLI R. 1967, 38-42]. Per
quanto riguarda le caratteristiche di questa compagine musicale possiamo osservare che la lunga
tradizione nordica comincia a subire qualche eccezione. Infatti, se durante i festeggiamenti per la
vittoria di Agnadello dell'imperatore sui veneziani del 1508 organista del Duomo di Trento era
Johannes de Cluang, proveniente dalla diocesi di Augusta, l'anno seguente, per la Pentecoste, e
anche in seguito, il Capitolo paga il salario al milanese Franciscus de Rociis [BoNETTI 1979, 81].
Anche riguardo all'organo della cattedrale abbiamo notizie che sembrano confermare alcuni mu-
tamenti: negli anni tra 1506 e 1508 si provvede alla costmzione del nuovo organo della cattedrale
di Trento, affidata agli organari veronesi Nicolò e Francesco Pomei.
È probabile comunque che in questa situazione, tipica delle terre di confine, le caratteristiche
musicali fossero abbastanza ibride. Anche un frammentaiio riferimento all'esecuzione, nel marzo
del 1507, di musiche a più voci per la Passione, forse con strumenti [ZANOLINI 1899, 129; VETTORI
1987a, 663] non permette ulteriori ipotesi sulla loro natura stilistica, anche se appare interessante
notai·e queste pratiche a Trento all'epoca in cui l'editore Petrucci pubblica brani polifonici per la
Settimana Santa di ambito italiano [CESARI 1954], mentre altre composizioni italiane e fiamminghe
sul testo della Passione sono testimoniate già dalla metà del Quattrocento [FrscHER 1980, 278-79].

Il manoscritto d'organo 194712 della Biblioteca Comunale di Trento


I caratteri fondamentali sopra ricordati trovano una parziale, ma concreta conferma in un
manoscritto anonimo di musica organistica conservato a Trento [BcT, Ms 1947/2], la cui prima
analisi fu fatta dal Moser [MosER 1930]. Benché non sia giunto datato, alcune cai·atteristiche della
filigrana lo renderebbero ascrivibile al tardo Quattrocento o agli inizi del Cinquecento [VETTORI
1987a, 653, 663 n.]. Esso contiene: Salve Regina [primi toni], Preambulum in Re Salve Regina
[primi toni] Magnificat Octaij toni.
Se si eccettua il Preambulum, tipica forma improvvisativa ricorrente con questa terminologia
nell'ambito tedesco meridionale, tutti i brani presentano una struttura contrappuntistica rigorosa
secondo le seguenti modalità: tecnica del cantus firmus (su canto gregoriano) trattato a valori
lunghi in una parte (cantus firmus) o distribuito a brevi incisi in tutte le voci (cfr. l'inizio di «Eya
ergo» della prima Salve [TIELLA 1975, batt. 67-73]), parafrasi del canto gregoriano, contrappunto
libero.
Su queste tecniche fondamentali si innesta la variazione ornamentale secondo procedimenti
riscontrabili anche in trattati d'area germanica dell'epoca [BucHNER ca. 1520]. Il Magnificat pre-
senta solo il I, III e VII versetto sui 12 previsti, ed era quindi da eseguirsi - almeno parzialmente -
alternatim fra organo e coro. La melodia gregoriana presenta frequenti tratti autonomi rispetto alla
lezione corrente [LIBER UsuALrs 1914, 281].
Il tipo di notazione - l'intavolatura d'organo antica tedesca - e lo stile musicale, fam10
pensare all'ambiente tedesco meridionale, in cui particolarmente coltivato era il repertorio liturgico
su cantus firmus [APEL 1967]. Possibili riferimenti potrebbero essere fatti a Buchner, Kleber,

AST, AP, Corrispondenza clesiana, mazzo 9, fase.I, lettere di A Borgo a B. Clesio del 1530 [LuNELLI R. 1967, 54-
,_, 56; VETTORI 1987a, 666, n. 38]. Organici strumentali dal timbro omogeneo, ed una analoga varietà di combinazioni
sono ricordati anche nella descrizione di una festa alla corte clesiana nel 1536 [VETTORI 1987a, 661].

243
ROMANO VETTORI

Sicher, autori dei quali ci rimangono intavolature analoghe databili tra il 1504 e il 1530. 3 Non va
poi sottovalutato il fatto che - come si è già visto - fra i vari organisti presenti a Trento all'epoca
e durante il successivo periodo clesiano vi erano musicisti orbitanti attorno all'ambiente del grande
Hofhaymer. Altre particolarità di questo manoscritto riguardano la prevalente scrittura a tre parti
(due - a volte tre - al manuale e una al pedale) e l'insistenza su formule ornamentali a quartina
con nota centrale ripetuta che ricordano la prassi organistica tedesca della metà del Quattrocento,
ad esempio la scrittura del Paumann e di certi brani del Buxheimer Orgelbuch. D'altra parte, altri
elementi come l'inserimento di una breve sezione ternaria omofonica, un trattamento più equilibra-
to della coloratura, del fraseggio e dell'armonia, darebbero a questo notevole documento musicale
un valore più autonomo ed originale.

Il mottetto di Erasmo Lapicida per l'elezione di Bernardo Clesio


Le altolocate relazioni politiche di Bernardo Clesio si devono in realtà alla sua grande
personalità di statista, che gli consentirono di raggiungere posizioni importantissime nella vita
diplomatica dell'epoca. Il Clesio fu infatti Cancelliere Supremo di re Ferdinando d'Asburgo, vale
a dire colui che amministrava la politica estera dei domini asburgici. Da qui deriva quindi l'im-
portanza e per certi versi l'autonomia di cui godette il principato di Trento in questo periodo, e su
queste premesse infatti esso avrebbe assunto il ruolo privilegiato di sede del Concilio. Questi sono
pure i motivi che stanno all'origine delle dediche musicali che il principe ricevette, e della loro
provenienza.
La pagina musicale più strettamente legata al principato di Bernardo Clesio, e cioè il mottetto
scritto per la sua elevazione a vescovo tra il 1514 e il 1515, è un documento proveniente in senso
stretto dall'ambiente nordico, e precisamente austriaco. Si tratta di una composizione polifonica a
4 voci di Erasmo Lapicida, che corredò il manoscritto di un carme latino in lode del Clesio [AST,
AP, Misc.105/l; BcT, Ms 283]:
Ad R[everendissim]um D[ominum].
Tridentinu[m]

Erasmi Lapicid[a]e Carme[n].


Auru[m] at[que] argentum si qui tibi Maxùne rerum
Tradiderit: vitreas in mare fimdit aquas
At tibi si numeros quales mmc donat Erasmus.
Unisono nexos munere gratus eris
Excipe qu[a]eso tui pan1i munuscula sen1i
Qu[a]e fuerint mentis pignora firma me[a]e
Maxima quo capiam minimas tibi splendide p[rae]sul
Do minimus: minimas en mea Musa parit
Quot mea musa refert minimas tot su[m]me salutes
Meq[ue] tuis minimis connumerare velis.

È possibile che questo brano sia stato eseguito mentre il principe entrava in cattedrale il
giorno della sua consacrazione a vescovo, il 1 settembre 1515 [TrsoT 1969, 65], essendo composto
sul testo dell'antifona prevista per ricevere un vescovo in processione [LIBER UsuALrs 1914,1549]:
Sacerdos et pontifex et virtutum opifex pastor bone in populo sic placuisti Domino.
Le poche notizie sul Lapicida ci dicono che egli visse molto a lungo (c.1450-1547), che fu
fondatore di una rinomata scuola di canto a Vienna e maestro della corte imperiale nella prima metà
del '500 [MGG, NG sub voce].
Le caratteristiche musicali del mottetto - diviso in tre parti - rispondono a quelle tipiche
delle musiche di stato. La base è una melodia a valori lunghi le cui note vengono ottenute dalle
vocali di un motto in onore del dedicatario:

3
Basilea, Bibl. Universitaria MSS F. IX. 22, F. IX. 58, F. I. 8; Ti.ibingen, Bibl. Univ. Mus. MS 4226.
/'

244
Musiche per i Principi Vescovi

""
l Anon tmjJ\tri""'\.roltil
-· Prnna_ps. ~ ~ a.,,.<1<§ "'t:e';J~~~
~~~,~~~~~~~~~~~~i~-·---~-~~g-~~·-~~~·_::-1§_:~~·----~
d.i ti n s .5flllt!;i l'.fr.

Ne risulta una composizione politestuale su cantus firmus, ma senza alcun collegamento con
la melodia dell'antifona greg01iana. Nel mottetto viene fatto largo uso di canoni enigmatici, cioè
veri e propri indovinelli da risolvere necessariamente per eseguire il brano in tutte le sue parti.
Così, dal motto iniziale - e trasponendo per «b molle» da Re a Sol - si ricavano le note che stanno
alla base del contrappunto (canon fingito vocales). Tutte e tre le sezioni sono così composte su
questo cantus firmus. Nella prima sezione esso viene dato alla voce supe1iore, nella seconda al
Tenor; nella terza parte esso non viene apparentemente eseguito, ma con una specie di «crescendo»
finale tre voci su quattro lo cantano: da una melodia prevista solo per il Cantus, ma che si sdoppia
in realtà a distanza di decima nel Contra bassus, il Tenor ricava le solite note del cantus firmus.
La melodia che «contiene» tre parti (unitas in Trinitate) dà luogo al solito cantus finnus solo se
si tr-alasciano le note di valore inferiore alla semibreve (minime e semiminime). A questo sottile
gioco, tipico dello stile fiammingo, si riferisce anche la ridondanza dell'aggettivo minimus nei versi
elogiativi inviati al Clesio dal Lapicida:

Maxima quo capiam minimas tibi splendide p[rae]sul


Do minimus: minimas en mea Musa parit
Quot mea musa refert minimas tot su[m]me salutes
Meq[ue] tuis minimis connumerare velis.

Nel complesso il mottetto risulta ben costruito, con un accentuato intreccio polifonico, ma
nel gusto tedesco di frequenti andamenti paralleli tra le voci [VETTORI 1987a, 658-60, 667-70].

Le musiche d'organo di Arnolt Schlick per Carlo V e Bernardo Clesio


Oltre al mottetto dell'austriaco Lapicida, qualche anno dopo il Clesio ebbe in omaggio anche
le musiche che l'organista tedesco Arnolt Schlick (c.1460-c.1525) aveva composto per l'incorona-
zione del nuovo imperatore Carlo V d'Asburgo nel 1519 [AST, AP, Misc.105/2]. Sulle motivazioni
per le quali le stesse musiche vennero inviate anche al Clesio si possono solo fare delle ipotesi.
Le relazioni più documentabili finora sono quelle tra la corte del palatinato di Heidelberg, ove
Schlick fu organista, e lo stesso Carlo V, cui il Conte Palatino Federico II fu legato da intima e
duratura amicizia [KASTNER 1954]. Note sono peraltro le assidue relazioni diplomatiche fra Carlo
V e Bernardo Clesio, che fu proprio tra i p1incipali sostenitori della sua elezione a imperatore, e
ai cui festeggiamenti fu presente con un seguito di 24 persone (Aquisgrana 23 ottobre 1519).4 Dalla
dedicatoria a Bernardo Clesio traspare la sintonia tra lo status politico di Carlo V e quello (politico-
religioso) del Clesio, accomunati nell'omaggio musicale. La Nobiltà della Musica viene sostenuta
con un riferimento idealistico di derivazione neo-platonica, che chiude così il cerchio magico tra

4
Per le relazioni con Carlo V nel periodo 1515-1523 cfr. T1sOT 1969, 55, 68, 69, 71, 72, 73; sulle relazioni con il conte
palatino Federico II finora sono stati pubblicati contatti successivi al periodo in questione (1535-1537) Ibid., 197-
98, 206.

245
ROMANO VETTORI

compiutezza formale della musica e eccellenza dei suoi dedicatari: So hatt doch die Edl Music
(deren ich all niein tag verpflicht) fur all ander frij Kunsten den Rum und Gwalt (wo wir Boecio,
platani, marsilio ficino: und Irem Huffen als billich glauben). 5
L'importanza di queste musiche risiede nella prassi organistica che esse testimoniano - fino
a 4 parti al pedale - e nella loro intenzione dimostrativa di tecnica contrappuntistica, probabilmente
da collegare all'importanza dell'illustre p1imo dedicatmio e alla altrettanto alta occasione celebrativa.
Anche qui infatti viene impiegata - come già nel mottetto del Lapicida - la tecnica aulica del
cantus firmus, ma su melodie liturgiche. Si ornano infatti per otto volte, con numero variabile di
pmti in contrappunto, il versetto gregoriano «Gaude Dei genitrix» (Sequenza della ID messa di
Natale), e per due volte - la prima a due, la seconda a dieci parti - il versetto «Ascendo ad
Patrem», antifona Ad Bened. Ad Laudes in Ascensione Domini [LIBER UsuALrs 1914, 742].
In particolare quest-'uHimo, con la magniloquenza della seconda versione, può aver rivestito
una intenzione allegorica in funzione celebrativa per l'elevazione imperiale.
Ascendo ad Patrem meum, et Patrem vestrum: Deum meum et Deum vestrum, alleluia.
Si aggiunga anche la sonorità festosa base del VII modo gregoriano (Sol) cui la melodia
appmtiene. Anche qui sussistono differenze rispetto alla lezione gregoriana corrente. Il fatto che
queste composizioni siano state inviate anche a Bernardo Clesio conferma la dignità assunta dal
principato di Trento nelle relazioni internazionali, oltre a illustrare gli ambienti musicali con cui
questo fu in contatto. 6 D'altro canto queste musiche sono presentate in una forma volutamente
esemplificativa, cioè in parti separate e non nell'usuale intavolahlra di cui gli organisti si servivano
abitualmente: questo pone anche il problema di quanta effettiva incidenza, e reale rappresentatività
può aver avuto questo tipo di omaggi per l'ambiente musicale locale. Quale che sia la risposta a
questo interrogativo, la letteratura organistica ha in questo manoscritto conservato a Trento un
importante documento della scuola organistica centroeuropea, alla quale lo Schlick aveva già dato
un notevole contributo con le sue opere a stampa [ScHLICK 1511; 1512].

Cristoforo Madruzzo e l'immagine del principe


Nel 1539, alla morte di Bernm·do Clesio, il Capitolo di Trento elesse immediatamente il
successore, il ventisettenne Cristoforo Madruzzo. Il nuovo principe, formatosi in ambienti culturali
e politici affini a quelli del predecessore, si rivolse ancora più decisamente alla tradizione ed alla
cultura del Rinascimento italiano. Il Madruzzo, sin dagli anni di formazione, entrò subito in con-
tatto con personaggi che, come nel suo caso, avrebbero costihlito la futura classe dirigente italiana
ed europea. Fra essi si ricordano Alessandro Farnese - fuhlro papa - Ercole Gonzaga futuro
cardinale di Mantova, Otto von Truchsess futuro cardinale di Augusta e molti altri [GIULIANI 1905].
La linea politica generale rispetto al governo del Clesio non cambiò: anche il Madruzzo
sfruttò e potenziò il ruolo mediatore del suo principato, assumendo una posizione di prestigio nei
rapporti personali addirittura con Carlo V imperatore, e attuando finalmente il progetto, già nel-
1' animo del Clesio, di un concilio generale, da tenersi a Trento, allo scopo di mediare le posizioni
del papato e dell'impero nella spinosa questione dei rapporti tra cattolici e protestanti [BONELLI
1765, 186ss.; LrrrA 1841; AMBRosr 1887, 238ss.; BcT, GIULIANI Ms.].
Il Madruzzo inaugurò subito una vita di corte lussuosa, modellata su quella delle grandi corti
italiane: negli anni del suo principato innumerevoli furono gli artisti, gli artigiani e i letterati che
soggiornarono a Trento. Molti di questi personaggi provenivano da varie città della penisola, e
molti altri, pur non dimorando a Trento, furono però in frequente contatto col Madruzzo, ottenen-

5
[ ... ] così dunque la nobile musica (alla quale ho dedicato tutti i miei giorni) ha su tutte le altre libere arti gloria e
possanza (e in ciò prestiamo fede a Boezio, Platone, Marsilio Ficino e ai loro seguaci).
6
In proposito cfr. anche la lettera dell' 11 maggio 1529 dell'arcivescovo di Salisburgo Matthaeus Lang al Clesio per
raccomandare Paul Hofhaimer a re Ferdinando (la minuta del Lang è pubblicata in MosER 1965, 63-64, la lettera ' l

originale in AST, AP, Mise. 174).

246
Musiche per i Principi Vescovi

tte::(nrmTutli1 mctnllf!lfrr111 u _ wn
~ .....:/. . . . ____ _
----
-
·- '
;{f~li>'--~------
. \
.,../'
--- ---- -··--·-.
-·- - ·-
1;..,/' --~-

·---·--· - . . .. ·-···-·· .. -------- ------------- cdfrftif.1


_· ~------ ------------ --------- ~- - - - - - · - - - ·--

---------·--·----·- -----·--·- ·--. - ------- -------- - ------- .. ·--- --- . -- -- - ----~

-----·---· --- -----------·- -··

Fig. 2: Ascendo ad Patrem (1519). AST, AP, Mise. 105, 131: (Foto P Zeni).

done protezioni e favori che essi ricambiarono dedicando al principe le proprie opere. Notiamo tra
essi il pittore Battista Dosso, che avrebbe affrescato la nuova residenza di Palazzo delle Albere, i
poeti Jacopo Vargnano, Leonardo Colombina, i filosofi Marco Antonio Scutelli e Bartolomeo
Silvanio, Pietro Andrea Mattioli e altii personaggi min01i che animavano l'ambiente umanistico
locale [VETTORI 1985, 9, n.13; PRANZELORES 1901, passim; ZANOLINI 1885; lD. 1902; FRANCESCHINI
1961]. Fra i più famosi personaggi del tempo ricordiamo Pietro Aretino - che fu in rapporto anche
col Clesio -, il pittore Tiziano Vecellio che del Madruzzo lasciò un ritratto, 1' ormai anziano
umanista di origine arcense Nicolò conte d'Arco, altri letterati e poligrafi come il Dolce, il Landa
e il Ruscelli, che tramite la ricca e stimolante editoria veneziana andavano diffondendo le mode
letterarie e i nuovi gusti cortigiani sulla metà del Cinquecento [BcT, GIULIANI Ms 2992, Bibliografia
Madruzziana, passim].7
Intorno a sé il Madruzzo raccolse anche musici in grado di soddisfare le sue notevoli esi-
genze artistiche. In una lettera al duca di Ferrara (Bressanone, 19 agosto 1549) notiamo, per la
prima volta in un principe-vescovo tridentino, un esplicito riferimento alla passione per la musica:
[... ] dilettandomi molto di musica [... ] spero sarà all'animo mio medicina molto più grata che questi
continui simppi et medicine con che m'assassinano i medici» [BcT, GIULIANI Ms 2901, Il patte, c.2lv].

Già nel primo anno di governo sappiamo che il Madruzzo manteneva un certo fra Zuan
Iacomo trentino in Venezia perché vi imparasse la tecnica del violone come ricaviamo dalla lettera
del religioso al vescovo (Venezia 31 agosto 1539) (fig. 3):
l'animo mio è, de imparar a sonar de violon, et rne basta l'animo nanzi che sia carnevale de far qualche frutto,
et poi a pasqua vignir a star a caxa. Tamen ogni cassa rimetto a vostra S[ignoria]a R[everendissi]rna [BcT, Ms 605, n.67].

7
Fra gli altri notabili del tempo anche Madrnzzo fu inserito nell'opera del Ruscelli in cui si elencano virtù e pregi dei
più importanti uomini del tempo, dedicando a ciascuno uno stemma - l' «impresa» appunto -, la cui simbologia è
descritta in un capitolo apposito [RuscELLI 1584, 137-42], cfr. più avanti n. 15.

247
ROMANO VETTORI

Ma l'interessamento del Madruzzo per la musica in sé, e per le sue funzioni di decoro e
prestigio, traspare da vari altri documenti, sia di carattere letterario, come cronache e lettere, che
musicale vero e proprio. Nel contesto di questo interesse vanno considerati i frequenti contatti con
altre corti italiane ed europee, con le quali il Madruzzo scambiò spesso dei musici. Mentre i prestiti
chiesti dal Madruzzo erano il caso più frequente, in un'occasione almeno anche un musico del
Madruzzo fu ambito da altri: sappiamo infatti che nel 1552 un Antonio Maria Savoia di Collegno
chiese al Madruzzo un clavicembalista molto abile anche come cantante per conto del Duca di
Ferrara [LUNELLI R. 1967, 88, n. 120]. Le sue esigenze musicali erano del resto notevoli, se si pensa
al livello cui si poneva la sua azione politico religiosa, ai frequenti rapporti con i più potenti casati
d'Europa, con la corte papale e quella imperiale degli Asburgo, e al conseguente sviluppo che ebbe
la festa cortigiana nel principato di Trento [SANGUANINI 1989a, 249-60]. Tra gli ambienti musicali
in contatto con la corte madruzziana vanno segnalati, oltre a quello già citato di Fenara, quelli di
Mantova e Brescia, 8 quello della corte imperiale, 9 del governatore di Milano Ferrante Gonzaga
[LUI\1ELLI R. 1967, 67-70], di Francesco I dei Medici [SALTINI 1879, 31] e di Emanuele Filiberto di
Savoia. Fra le varie testimonianze di questa prassi, già segnalate nei vari studi sulla corte madruzziana,
proponiamo alcuni passi tratti da un'inedita lettera del cardinale di Trento a questo duca (6 gennaio
1551). In essa si nota un Madruzzo attento a esigenze apparentemente spicciole di prassi musicale,
ma che proprio per esser tali denotano una sua competenza in materia:
Ho inteso con quanto buon animo è piacciuto a V[ostr]a Ecc[ellenz]a compiacermi delli suoi cantori i quali per
rispetto suo et delle [... ] sono d'esser gratiss[imi] [... ]. Et poi che si amorevolmente gli ha piacciuto accomodarmi di
questi tre musici, la prego sia contenta concedermi anchor il suo basso Giovinale, che sarà il farmi sentir compita
musica.ID

Fra i musicisti più in vista si notano Cipriano de Rore, Jachet De Mantua, Antonio Scandello. 11
Lo sguardo sulla musica al tempo del cardinale Cristoforo Madruzzo non può prescindere inoltre
dal considerare la figura del bresciano Giovanni Contino (ca.1513-1574), che del cardinale rimane
l'unico maestro di cappella documentato fra circa il 1540 e il 1551, e la cui attività rappresenta la
sola possibilità di conoscere in concreto almeno parte della musica che venne eseguita a Trento a
quel tempo. Oltre a chiamarlo presso la sua corte negli anni della sua ascesa al potere e del primo
periodo conciliare, Cristoforo Madruzzo lo investì nel 1565 anche della panocchia di Mezzocorona,
in qualità di suo maestro di cappella [ACT, INV, V, 190], ma non siamo in grado di dire se
quest'atto sia da mettere in relazione con un rinnovato impegno continiano presso il Madruzzo
[GUERRJNI 1924; BERETTA 1988]. Sotto la sua direzione, la cappella tridentina si rese famosa soprat-
tutto per le esecuzioni vocali, come viene ricordato da un osservatore nel 1548: «[della musica]
delle voci, il cardinal di Trento ha la più eccellente che sia in tutta questa corte» [SALTINI 1879, 31].
Nonostante molte di esse fossero state composte un ventennio prima, e se si prescinde da alcuni
madrigali presenti in antologie, il Contino iniziò a pubblicare la maggior parte delle sue opere solo
a partire dal 1560: in quell'anno videro la luce ben quattro volumi di musica sacra e uno di

8
I rapporti con l'imperiale Mantova andavano al di là della diplomazia: il Madruzzo benedì le nozze tra Francesco
Gonzaga e Caterina d'Austria nel 1549; più avanti ve1rnnno descritte le musiche composte in quell'occasione. Anche
al concilio il rapporto con il collega cardinale Ercole Gonzaga fu assiduo; al suo seguito il mantovano aveva dei
musici [VEITORI 1985, 17, n. 43]. Con Brescia, anche grazie alle conoscenze instaurate ai tempi degli studi univer-
sitari, e al segretario bresciano Nicolò Secco, il Madruzzo ebbe il rapporto musicale più duraturo, mediante l'assun-
zione dell'unico maestro di cappella documentato, Giovanni Contino. Un certo prete Francesco, basso proveniente
dalla Cappella del duomo di Brescia, fu inoltre al servizio del principe nel 1552 [DEL SILENZIO 1992, V, 20].
9
Famoso e riccamente documentato per la musica è il viaggio in Spagna del 1548, in cui il Madruzzo accompagnò
il principe Massimiliano, futuro imperatore, a sposare la figlia di Carlo V Maria [VETIORI 1985, 27-32].
w Tmino, Archivio di Stato, Lettere di cardinali, mazzo II, c.11: Cristoforo Madruzzo a Emanuele Filiberto di Savoia,
Bressanone 6 gennaio 1551. Cortese segnalazione del prof. Michelangelo Lupo.
11
Per Rore e Jachet si veda più avanti. Antonio Scandello fu al servizio di Madruzzo assieme ad un gruppo di piffari
bresciani e bergamaschi, in seguito passò al duca Maurizio di Sassonia come dono di una «musica italiana» da parte
di Madruzzo, come si legge nella cronaca del Besozzi [MALFATII 1967]. Portò a rinomanza internazionale la cappella
di Dresda, per cui lasciò una notevole produzione musicale [NG, sub voce].

248
Musiche per i Principi Vescovi

Fig. 3: Lettera di fra Zuan Iacomo a Cristoforo Madruzza, Venezia, 3 1539. BcT, ms.
605, n. 67. (Foto P. Zeni).

madrigali. L'anno seguente fu la volta di altre tre opere sacre. Il musicista dispensò dediche a tutti
i notabili di cui era o era stato al servizio, o a personaggi cui erano dedicati i singoli brani delle
sue pubblicazioni: tra 1560 e 1561 troviamo così dedicati a Cristoforo Madmzzo il I libro di messe
a 4 e il I libro di mottetti a 5 voci. 12
Lo sviluppo della musica nel Trentino all'epoca del Concilio che ci viene suggerito dalle
opere musicali conservate si può articolare prevalentemente lungo le direttrici delle funzioni cui
queste furono preposte. Pur potendo illustrare in modo abbastanza omogeneo tali funzioni tramite
l'abbinamento a forme musicali (ad esempio: mottetto latino profano/cerimonia politico-rappresen-
tativa, messa/rito religioso ecc.) qui si preferisce tuttavia considerare le diverse forme musicali
nelle rispettive occasioni storiche, così da salvaguardare il clima musicale globale in cui queste
agirono, o, se si vuole, evidenziare lo sfaccettato sincretismo di questi momenti nei loro vari aspetti
simbolici e funzionali, e quindi anche nella loro poliedricità sonora. Troviamo così che se la festa
del signore rinascimentale è accompagnata dal mottetto latino di argomento politico (funzione

12
Per la bibliografia delle opere a stampa cfr. MrscmATI 1982, 42-49; sulle musiche superstiti in ms.: VEITORI 1987b,
VIII, nn.7-8 e FERRARESE-GALLO 1990 passim.

249
ROMANO VETTORI

peraltro altrove condivisa con il madrigale celebrativo), 13 questa appare sostenuta musicalmente
anche da più diffuse espressioni vocali e strumentali (normamente madrigali lirici o per intermedi,
danze e canzoni da sonar polistrumentali, o per strumento solo come intavolature da tasto e da
pizzico). Parimenti, il «suono» del Concilio può essere udito nel repertorio musicale liturgico e
nella produzione sortita dal dibattito sulla musica sacra (messe, mottetti), ma anche in quello
paraliturgico propiziatorio [KERLE 1562], più genericamente spirituale, 14 o addirittura eminente-
mente d' «immagine» politico-religiosa (si vedranno più avanti le considerazioni sui mottetti poli-
tici nell'ambito della Controriforma). Di conseguenza, la complessa articolazione di questi momen-
ti è stata per comodità semplificata, ma si è cercato nel contempo di non dimenticare la ricchezza
delle espressioni musicali via via presenti, ripartendo quindi il materiale documentario in tre ambiti-
funzioni principali, naturahnente spesso intersecantisi:
a) il culto per l'immagine del principe; b) la festa di corte; c) il rito religioso e la dimensione
spirituale in genere.
Questa lettura delle fonti musicali tridentine mette in evidenza alcune tematiche che, sebbene
non completamente verificabili per la relativa esiguità delle testimonianze, cionondimeno sembra-
no caratterizzare l'attività musicale nel principato di Trento nel Cinquecento. Una di queste è senza
dubbio l'inclinazione celebrativa, che si evince dalla singolarmente alta percentuale di brani che
genericamente potremmo definire encomiastici - tra l'altro nel sottogenere in via di estinzione del
mottetto latino anche politestuale -, il che spiega la loro presenza in tutti gli ambiti funzionali qui
individuati per la storia musicale del principato. Un altro spunto, conseguente ad un ulteriore
affondo in questa stessa tematica, è la possibilità che una così forte spinta celebrativa sia stata
favorita dal più largo disegno politico religioso - quello controriformistico - del quale il principe-
vescovo di Trento e il suo principato erano rispettivamente uno degli attori e uno dei centri logistici
deputati. Il fatto potrebbe trovare una conferma nell'insistenza sulla necessità di difesa della reli-
gione cattolica e sul ruolo in questo senso dei principi dell'impero asburgico che si notano nei testi
dei mottetti non direttamente legati alla città di Trento e al Concilio, ma comunque commissionati
dal cardinale Madruzzo o ispirati alla sua attività fuori del principato. 15 Questa particolare lettura
in chiave «cattolica» potrebbe giustificare anche l'uso aulico, nei testi musicati, della lingua latina
e delle forme metriche classiche - che troviamo nei mottetti celebrativi dell'ambito madruzziano,
e che vengono a rivestire una funzione di tramite linguistico e formale insieme universale e
prestigioso, applicato financo a figure narrative pastorali e bucoliche - come ad esempio accade
nel testo di «Texebat viridem» o nell'ambientazione di «Ut te muneribus» del Contino discussi più
avanti-altrove destinate solitamente all'evasione lirica di dominio profano.

I mottetti di Rore, De Man tua e Contino per Cristo!oro Madruzzo


La conferma artistica dell'importanza assunta dal nuovo principe e dei suoi collegamenti con
le corti italiane ci viene dalle musiche che gli vennero dedicate per l'elezione, la consacrazione a
vescovo-principe e l'elevazione a cardinale, un complesso di avvenimenti che si verificò tra l'ago-

13
Cfr. per Mantova FENLON 1980, per Fe1Tara MEIER 1969 e EINSTEIN 1949, le pagine su Rare e i madrigali per la corte
estense; in generale sui mottetti politici a stampa del Rinascimento cfr. DuNNING 1970. Sulla tradizione quattrocentesca
dei mottetti politici specie di area veneta cfr. GALLO 1977, 83-87.
14
Cfr. la progressiva diffusione del madrigale spirihiale, cui diede un contributo anche G. Contino col madrigale Vergine
santa in CONTINO 1560 4. Sul fenomeno cfr. FERRAR! BARASSI 1968.
15
Su questa funzione politica del Madruzzo si fonda la scelta simbolica della Fenice nella sua impresa, descritta dal
RuscELLI 1584, 141: «si' come la Fenice, stanca, & lassa, si rivolge, & si riduce al Sole, per rinvigorirsi, così fa egli
[il Madruzzo] in tutto il peso delle sue fatiche mondane, come sono principalmente l'averà governare, & instihlir i
popoli, à lui commessi, i travagli delle discordie de' Cristiani, nelle cose della religione, il zelo, & afflittione de'
pericoli, che sopra stanno da gl'Infideli à popoli dell'Imperio, del qual'egli è Principe primario, & in particolare
servitore della persona dell'hnperatore». Sintomatica è lanaloga attività musicale a sfondo antiprotestante riscontrabile
alla corte di Ferrara, per opera di un maestro mantovano che pure vedremo in relazione con M. Madruzzo [cfr. NuGENT
1990, 228-91].

250
Musiche per i Principi Vescovi

sto 1539 e il novembre del 1544 [GTIJLIANI 1905, 84-87]. Un musicista di tutto rispetto apre infatti
la serie di mottetti che in qualche modo si riferiscono alle varie nomine del Madruzzo. Cipriano
de Rore intona un brano a 6 voci in due parti, «Quis tuos praesul» [DONI 1544]: non è possibile
sapere quale motivo spinse il musicista, già allora noto soprattutto come raffinato madrigalista, a
scrivere un mottetto politico. Più probabilmente - date le consuetudini dello stesso Rore in Ferrara
e Parma [MEIER 1969] - esso fu collllllissionato da ambienti vicini agli Asburgo, o da personaggi
cui comunque interessava omaggiare il Madruzzo (e in questo senso, visti i rapporti di Trento con
Ferrara, anche fuori dell'orbita imperiale), o se lo fece scrivere lo stesso Madruzzo a Venezia, dove
questi poteva aver apprezzato il valore del musicista, e dove fra l'altro pare avesse avuto modo di
farsi ritralTe da Tiziano Vecellio, durante uno dei suoi soggiorni come oratore di Ferdinando
d'Asburgo. 16 Ma anche gli amichevoli rapporti con la corte estense, nonostante la sua posizione
filo-francese, potrebbero aver facilitato la collllllÌssione al Rore, se è vero che, terminato il soggior-
no veneziano il fiallllllÌngo arrivò a Ferrara ancora prima della data documentata del 1547 [PIPERNO
1983]. Il testo accenna comunque decisamente al rapporto di fiducia con il re Ferdinando (fratello
di Carlo V imperatore): «et tibi credit Ferdinandus amplia munia regni» e dopo aver fatto riferi-
mento al Madruzzo come esperto giurista e patrono delle arti, formula auspici per il futuro della
sua carriera ecclesiastica, complimentandosi per il cardinalato - o augurandolo - e addirittura
prefigurandogli il soglio pontificio:
[. .. ] Quin tenes legum sophiam peritus
iuris ac cunctas animum per artes
[... ] ergo Matruci accipies galerum
cardinis rubrwn ac Latii senatus
pars eris demum referes tiaram
Christophore altam.

Il brano è fondato - come abbiamo visto già nel mottetto del Lapicida per il Clesio - su di
un tenor ricavato in gran parte dalle vocali di un motto in onore del principe:
Foe- lix o vi- vas prin- ceps prae- sul- que Tridenti
Re Mi Sol Mi La Mi Re Re Ut Re Mi
[Vivi felice o principe e vescovo di Trento].

Esso viene cantato dalla parte del Tenore, mentre le altre voci intonano il testo poetico latino,
in forma di ode saffica, dando luogo alla sovrapposizione di più testi tipica del mottetto politico
su cantus firmus di tradizione quattrocentesca [VETTORI 1987 c].
Ancora per le nomine del Madruzzo il fiallllllingo J achet de Mantua, maestro del cardinale
di Mantova Ercole Gonzaga, scrisse il mottetto «lam nova perpetuo» a 5 voci [RoRE 1544]. Il testo
sembra alludere a delle difficoltà, o perlomeno a dei ritardi nella nomina, auspicata soprattutto da
parte imperiale, ma voluta anche dal papa [GIULIANI 1905, 85]:
lam nova pe1petuo redeunt fulgentia vere regna fatigatis ere credente votis.

Il mottetto, data la probabile collllllÌttenza dei Gonzaga, si inserisce in un contesto di rapporti


mantovano-tridentini aventi per comune denominatore la politica imperiale degli Asburgo:
Italia omnipotens gaude Gennania secum I tergeminisque sonet plausibus astra solwn.

Articolata in due parti, la composizione si snoda secondo una struttura imitativa, pur senza
indulgere a particolari condotte canoniche. L'augurio affinché il Madruzzo regni nella duplice veste
di ecclesiastico e di principe viene scandito su note ripetute e con la insistente replica di un breve
inciso tematico [VETTORI 1987 c]:

16 Sulla vicenda del ritratto del Madruzzo di Tiziano [VETTORI 1985, 22-23, 35, n. 112; 0BERZINER 1900, passim], un
tempo datato al 1542 in base a notizie del BoNELLI 1762, 402, la critica ora ha fatto luce datandolo definitivamente
al 1552 (CAMESASCA 1987, 86].

251
ROMANO VETTORI

Madrutius rex namque hominum diumque sacerdos.

La laboriosa nomina del Madruzzo a cardinale, perfezionata solo alla fine del 1544 e resa
ufficiale nel gennaio del 1545, fu oggetto anche di un mottetto del nuovo maestro di cappella del
principe tridentino, il musicista bresciano Giovanni Contino, che ci ha lasciato così un altro brano
che si inserisce nella tradizione del mottetto di stato in latino. Già commentato dal Lunelli [LUNELLI
R. 1967, 79-80] «Texebat viridem» [CONTINO 1560a] allude infatti, con una sottile simbologia di
sapore pastorale, ad una ninfa toscana Clori che tesse un berretto verde per il figlio dell'Adige (il
Madruzzo): Texebat viridem Cloris formosa galerum I Cloris in hetrusci Tybridis amne dea, ma il
padre tiberino (il papa) la ammonisce a non perdere tempo, perché per lui egli ha fatto raccogliere
la porpora e fatto tosare le greggi, così da potergli cingere le tempie di un rosso galero cardinalizio:
Ne virga male sana tuos ne perde labores
neu niveas viridi tinge colore manus
centum ego namque illi tyrrheno in litore conchas
collegi [. .. ] ut [. .. ]
purpureusque illi tempora cingat apex.

Anche qui, dunque, pare di intravedere un'allusione a qualche difficoltà nella nomina - forse
un suo rallentamento operato in ambiente toscano (legato alla sfera politica dei reali di Francia)
vista la collocazione della ninfa nella parte toscana del Tevere. Musicalmente il mottetto del
Contino si articola a 5 voci, in due parti, secondo la diffusa tendenza del mottetto liturgico, non
presenta un trattamento polifonico particolarmente complesso, non usando tecniche canoniche. A
parte l'imitazione piuttosto libera tra le voci, delinea un fraseggio melodico breve e lineare, con
qualche moderato madrigalismo ad imitazione delle parole come, per esempio, nel passo «laeta
tridentina qui loca vallis habet » (cioè «che governa la ridente valle tridentina») [ed. mod. in
VETTORI 1987 c]. Non è possibile formulare solide ipotesi sulla paternità di questi come di altri testi
latini. La forma classica, gli accenti pastorali e, come si vedrà, l'origine mantovana di almeno uno
di essi potrebbe far pensare anche al più grande umanista dimorante nel principato di Trento e
spesso anche nei suoi possedimenti nel mantovano, e cioè Niccolò d'Arco (1479-1546). Di questo
poeta si conoscono versi in onore del Madrnzzo, e si lamenta la perdita di una intera opera a lui
dedicata [PRANZELORES 1901, 84]. 17

Madrigali, mottetti e musica strumentale nelle feste madruzziane


L'attività musicale alla corte di Cristoforo Madruzzo è testimoniata nelle numerose occasioni
in cui feste, banchetti, cerimonie religiose e rappresentazioni teatrali venivano organizzate dal
cardinale di Trento, non solo allo scopo di dare prestigio internazionale al suo principato, ma anche
per una sua personale predisposizione allo sfarzo e alle manifestazioni artistiche. Già nel 1542, le
feste di consacrazione a vescovo di Trento furono degne della tradizione inaugurata dal Clesio.
Dalle cronache del tempo apprendiamo che furono eseguite musiche vocali e strumentali, sia
all'aperto che in castello. È in questo contesto che possiamo immaginare le esecuzioni dei mottetti
di cui abbiamo testé parlato. Qualche anno dopo, nel 1547, per la vittoria imperiale di Mi.ihlberg
sulla lega protestante di Smalcalda, il Madruzzo organizzò un trionfo rinascimentale in piena
regola, il Trionfo Tridentino appunto, insieme ad altre manifestazioni, banchetti e rappresentazioni.
Abbiamo la descrizione di questo Trionfo in un poemetto del letterato di corte e notaio Leonardo
Colombino, in cui troviamo numerosi accenni a musiche vocali e strumentali e a danze [VETTORI
1985, 21; 26], in cui sono descritti gli strumenti usati, come liuti, cetre, flauti, viole e strumenti
affini, e una rappresentazione simbolica della battaglia imperiale recitata con intermedi musicali,
come si usava spesso nel teatro cinquecentesco [PIRROTTA 1975, 143-99]. Nel corso della rappre-
sentazione vennero introdotti essi con suggestivi effetti d'eco con strumenti a fiato:

'--'
17
Il titolo dell'opera perduta: Laudes Christophori Madrutii Cardinalis Rev. Tridentini.

252
Musiche per i Principi Vescovi

[... ] Fatte musiche dolci in fin d'ogni atto,


Dopo gran travagliar si venne al quinto
[... ] Finito l'atto par ch'ecco rimbombe
Dal vicin colle a un dolce suon di trombe [CoLOMBINO 1858, ottave LXXIII, LXX]

A quest'epoca si può far risalire probabilmente parte della produzione profana del Contino.
Apparentemente meno importante di quella sacra, la sua attività madrigalistica superstite consiste
in una monografia di venti composizioni a 5 voci e in altri 34 brani sparsi in antologie dell'epoca,
cui vam10 aggiunti due libri a 4 ed un secondo a 5, purtroppo perduti. La produzione profana assume
tuttavia un patticolare interesse per l'alta percentuale di brani celebrativi, sia su testo latino - come nel
caso dei mottetti dedicati all'entourage madmzziano - sia su testo italiano. Sono prop1io questi a
compatire per primi nelle antologie dell'epoca, quando il Contino era al servizio del Madmzzo.
«Dolce mio ben» è un madrigale a 4 voci pubblicato nel 1549 in un'antologia di brani a note
nere [GARDANO 1549], 18 una maniera di annotare la musica allora di moda, che, fondata su valori
di durata scon-evoli, si prestava ad uno stile pittorico e denso di contrasti. Il testo appare privo di
riferimenti ad avvenimenti cortigiani, di intonazione lirico-amorosa, nell'agile forma del madrigale
letterario del tempo:
Dolce mio ben dolce colomba mia,
se 'l veder voi m'ha tolto
dispett' e gelosia,
tolto non mi fia già che quel bel volto
dentr'al mio cor non sia,
et ch'io non porti ne la ment'impresso
quel che veder non può gli occhi d'appresso.

La composizione del Contino - l'unica sua ad impiegare totalmente la scrittura «a note


negre» - predilige l'intreccio polifonico, e mostra già la tendenza all'iterazione di intere frasi
testuali e all'incedere cerimonioso che si troveranno più maturamente impiegati nella produzione
successiva. Forse si tratta di una prova giovanile di adeguamento ad una moda, con scarsi e solo
parziali incisi omoritmici, che impiega i passi melismatici tipici di questo stile in tutte le voci con
un effetto più genericamente ornamentale che espressivo. Questo testo ci è giunto anche in una
intonazione del veneziano Baldassarre Donato [DONATO 1568], con cui quello del Contino condi-
vide la tessitura acuta, ma non l'impianto modale, l'andamento recitativo e la prevalenza della voce
superiore, che conferiscono al brano del Donato maggiore chiarezza espressiva e concisione. La
presenza di un repertorio profano di facile esecuzione e consumo potrebbe essere testimoniata
anche da una raccolta di madrigali a tre voci di Costanzo Festa e chansons di Gero e Janequin, ora
conservata mutila presso la Biblioteca Comunale di Trento [FESTA 1541].
In questo contesto di musica genericamente di corte, per feste, banchetti e varie occasioni
di aggregazione cortigiana, è opportuno anche il riferimento all'attività in Trento del liutista Simon
Gintzler. 19 Nel 1547, lo stesso anno dei festeggiamenti per MiHtlberg, infatti, egli pubblica la sua
Intabolatura de lauto, nel frontespizio della quale si dichiara «musico del Reverendissimo Cardi-
nale di Trento» [GINTZLER 1547, CHIESA 1978, 19, n. 1; SIMEON 1981-82]. Dalla dedica al Madruzzo
apprendiamo anche che il musico era al suo servizio già da qualche tempo, e abbiamo una ulteriore
conferma che il Madruzzo era apprezzato come protettore della musica e delle arti. 20 In questa

18
Si conserva anche una versione in intavolatura organistica tedesca nel manoscritto di Aschaffenburg [VEITORI 1987b,
VIII]; LINCOLN 1988, 159 attribuisce erroneamente al Contino da questa raccolta anche un «Dio [Di] ciò cor mio
nessun timor», sulla base della confusione tra Contino e Il Conte, già in VooEL 1892, II, 390 smentito da EJTNER 1900
sub voce.
19
Il musicista abitava in Trento: unico documento è un atto notmile in cui risulta come confinante Simonem alemanwn
Citaristam, sive sonatorem [BcT, Ms 730, c.359, cit. da SIMEON 1981; 1982].
20
[ ... ] hos exiguos meorum laborum foetus tibi nuncupare uolui: 11011 alia mempe [nempe] de causa quam ut semi iam
diu tibi addictissimi, obseruantiam clientela[m]q[ue] ostenderem [. .. ] Cuiusmodi est ipsa Musica, Cuius artem,
eiusq[ue] studiosos omnes fouisti semper ac aluisti, nùnirwn ratus inter caetera precalara omame[n]ta, qu[a]e ad
Principem Illustrandum pertinent, musices studium haud esse asperna[11]du[m]. [GINTZLER 1547, e.lv.]

253
ROMANO VETTORI

preziosa raccolta, redatta nel diffuso sistema dell'intavolatura italiana, si ravvisano in generale le
caratteristiche delle sillogi liutistiche italiane di metà secolo, ma anche un deciso indirizzo aulico,
col fatto di escludere forme di danza di ispirazione popolaresca [SIMEON 1981, 8]. Aperta da sei
ricercmi - forma strumentale in contrappunto rigoroso mutuata dal mottetto - la pubblicazione
raggruppa i brani secondo i generi: si tratta di trascrizioni di musica vocale sacra e profana,
suddivise a loro volta secondo il numero di voci dell'originale vocale. Abbiamo così:
Brani originali per liuto:
- 6 ricercari (S. Gintzler)
Trascrizioni di musica sacra:
- 7 mottetti a 6 v. (5 di Josquin des Pres, 1 di Verdelot, 1 di Iachet )
- 6 mottetti a 5 v. (Josquin, Senfl, Iachet, Mouton, Willaert, Arcadelt)
- 6 mottetti a 4 v. (2 di Willaert, 2 di Lupus, 1 di Iachet, 1 di Arcadelt)
Trascrizioni di musica profana:
- 6 madrigali (3 di Arcadelt, 2 di Verdelot, 1 di Iachet Berchem)
- 6 canzoni francesi (tutte di Sandrin).
Appare evidente l'accento posto sulla musica sacra, forse non casuale nel contesto tridentino in
cui il Gintzler svolgeva la sua attività. Interessante è la presenza massiccia di Des Pres - considerato
a quel tempo il principe della musica ma appartenente ad una generazione ormai tramontata -
particolm·mente nei mottetti a 6 voci, e l'esclusivo dominio nelle chansons del francese PieITe
Regnault detto Sandrin (?-dopo il 1561), attivo in modo pressoché esclusivo in questo genere
musicale. Per la musica sacra abbiamo poi il fiammingo Iachet de Mantua, con tre mottetti, uno
dei quali - «Aspice Domine» - notissimo e ricorrente nelle n·ascrizioni liutistiche del tempo
[NuGENT 1980]: la notevole presenza di questo musicista potrebbe in qualche modo collegarsi alle
buone relazioni politiche della corte madruzziana con l'imperiale Mantova. Accanto al De Mantua
nella parte sacra si pone percentualmente il connazionale Willaert, seguiti da un Lupus 21 e da
Arcadelt. J. Mouton, Verdelot, L. Senfl chiudono la serie ciascuno con un sol brano. Quest'ultimo,
«alemanno» come il Gintzler, riequilibra la preponderanza nella raccolta degli autori franco-fiam-
minghi, i quali tornano a dominare la sezione profana dei madrigali, con in testa Arcadelt (3 brani),
il più noto madrigalista di quel tempo assieme a Verdelot, che in effetti lo segue quasi a ruota (2
brani). Willaert, non secondario come madrigalista, qui appare solo come compositore sacro. Nel
complesso la raccolta del Gintzler testimonia una situazione abbastanza conservatrice - forse
dovuta alla propensione per modelli universalmente riconosciuti -, 22 una ricezione tridentina della
polifonia limitata al genere sacro, con riferimenti stilistici ritenuti insuperati quali quello di Des
Pres, e il madrigale classico della prima fase fiamminga. Le trascrizioni del Gintzler mostrano una
notevole abilità nell'intavolare brani dalla complessa struttura polifonica, alleggerita dalle consuete
«diminuzioni» strumentali [SIMEON 1982, 145]. Nei ricercari, che ebbero l'onore di ricomparire
successivamente in famose raccolte, il Gintzler esibisce uno stile personale, di pregevole fattura
contrappuntistica e con soluzioni originali, come l'uso insistito di progressioni e di lunghi passi per
terze.
Nel 1548 il cardinale Cristoforo Madruzzo accompagnò in Spagna l'erede al trono imperiale,
l'arciduca Massimiliano, per sposarlo all'Infanta Maria, figlia di Carlo V imperatore. La ricca
documentazione su questo viaggio testimonia anche un'intensa attività musicale, per la quale il
Madruzzo chiese l'aiuto di musici al duca di Ferrara Alfonso II d'Este, come già aveva fatto e farà
ancora numerose altre volte. Assunse inoltre un gruppo di «piffari» bergamaschi e bresciani, cioè
suonatori prevalentemente di strumenti a fiato, come bombm·de, cornetti e tromboni. Fra musiche
d'ingresso nelle varie città, balli, intrattenimenti e cerimonie religiose, rileviamo ancora la musica
per tean·o, ed in particolare gli intermedi suonati tra gli atti della commedia I Suppositi di Ludovico

21
Nella storiografia musicale sono due i Lupus non facilmente distinguibili nelle attribuzioni, Johannes Lupi (t 1539),
Lupus Hellinck (t 1541), cfr. MGG, sub voce.
22
Nessun madrigale di Rore, per esempio, che pure aveva già pubblicato i suoi primi due libri di madrigali a 5 v. [1542,
1544) cfr. EINSTEIN 1949, 390.

254
Musiche per i Principi Vescovi

Ariosto, rappresentata dopo le nozze in


Valladolid: 23 «L'altra sera l' Arico intronato
da Siena fece una reale, et magnifica scena
con bellissimi intermedij de musiche Italia-
ne, et Spagnole, e recitar gli suppositi
dell'Ariosto» [MALFATII 1967, 32].
Per queste nozze il già ricordato mae-
stro di cappella del Madruzzo, Giovanni
Contino, compose il mottetto a 6 voci
«Felices hominum nexus» [CONTINO 1560c],
notevole per la sua struttura canonica. Delle
sei voci in gioco, il Quintus e il Sestus [!] si
intrecciano in canone alla 5a, su un proprio
testo, differente da quello cantato dalle altre
voci. Questo accade sia nella prima che nella
seconda parte del brano, ma alternandosi nei
rispettivi ruoli di dux e di comes, cioè scam-
biandosi l'ordine di entrata e l'altezza; così
il motto: Prima pars fugando Tempora tria
in dya penthe intensum - cioè alla quinta
sopra - secunda pars fugando Tempora
quatuor in dya penthe remissum et erunt
novissimi primi - cioè alla quinta sotto e la
voce che imitava parte ora per prima. La
soluzione del canone viene tuttavia data per
esteso con le note.
L'inserimento di un procedimento ca-
nonico tra due voci e l'uso di un doppio te-
sto nuziale - caso unico nella produzione
Fig. 4: T!zrANo VECELLTO, Ritratto di Cristoforo Madruzzo, encomiastica del Contino - si può interpreta-
olio su tela, 1552. Sao Paolo del Brasile, Museu de Arte. re come un riferimento simbolico alla unio-
ne armonica della coppia celebrata, rientran-
te a pieno titolo nella tradizione intellettualistica della polifonia fiamminga. Come gli sposi si
uniscono, così i due testi cantano contemporaneamente, ruotando attorno agli stessi concetti, se 11011
con gli stessi vocaboli, prima riferendosi alla coppia e alla sua ascendenza, poi all'auspicato frutto
dell'unione (nexus, vincula, iungere; genitor, filia, proles, parentes). Questo il testo, in forma di
ode saffica, del canone:

PRIMA PARS
Caesaris magni soboles marito
luncta regali nitet inter omnes
alma mortales velut inter astra
fulget Apollo.
SECUNDA PARS
Celice cantent Mariam caterv[a]e
et iuvent certis uterwn diebus
ut sit exemplum generosa proles
grande parentum.

23
Non è specificato se si trattasse di intermedi «apparenti», cioè inscenati. La commedia ariostea (Ferrara, carnevale
1509), in una ripresa romana del 1519 per Leone X, ebbe intermedi riccamente concertati con voci soliste e strumenti,
un «concerto di voci» e, alla fine, una «moresca, che si rappresentò la favola di Gorgon, et fu assai bella» [lettera
dell'oratore estense Alfonso Paolucci, cit. in D'ANCONA 1891, II, 89-90]. Le scene della commedia furono ideate da
Raffaello [PovoLEDO 1975, 378-79, 397 n. 12]. Per la situazione della musica d'intermedio a metà Cinquecento cfr.
PIRROTTA 1975, 143-275. Sul viaggio in Spagna MALFATTI 1948, PEDERZOLLI 1961. Per altri riferimenti VETTORI 1985,
27-33.

255
ROMANO VETTORI

Il Contino ebbe modo di servire il cardinale anche in altre occasioni per così dire «di stato»:
per le nozze tra Francesco Gonzaga e Caterina d'Austria, benedette dal Madruzzo in Mantova nel
1549, il musicista bresciano scrisse «Austriae stirpis» e «Sanguine caesareo», ambedue mottetti a
5 voci [CONTINO 1560a; 1560b]. Il primo, impostato su un festoso V modo (Fa), rappresenta un
interessante esempio di intonazione di un testo classicheggiante - ancora la strofe saffica -, con
riferimenti ai monti tridentini attraversati dalla sposa e al fiume mantovano che scorre nella terra
che si apprestava ad ospitarla:
[. .. ] Candidisse se decorent rosetis
rhetici montes violas rubentes
induant alpes tenerosque fundant
vertice flores.
[. .. ] Ergo regales celebrato nuptus
naiadum coetu sociate Minci
vocibus laetis Hymeneus omni
personet axe.

La chiusa danzante utilizza un profilo ritmico-musicale ternario, diffusissimo in simili cir-


costanze testuali, e già impiegato dal Contino anche nei suoi madrigali [VETTORI 1987b, XVII].
Il secondo brano, dedicato in particolare al duca Guglielmo di Baviera che accompagnava
la sposa, come di consueto celebra il potere del dedicatario, e lo invita, quale regnante della
cattolica Baviera, a rafforzarne il ruolo di argine al dilagare del protestantesimo germanico. L'in-
tonazione musicale, se appare ancora condizionata dal gusto per l'intreccio polifonico, inserisce
tuttavia delle figurazioni di tipo madrigalistico, avviandosi verso una maggiore chiarezza struttu-
rale, anche grazie ad una condotta ritmico-melodica maggiormente legata alla pronuncia delle
parole e ad evidenti incisi che mirano a rilevare il significato del testo. Un senso di accumulazione
ed amplificazione sonora si concentra, nel finale, sui referenti politici più importanti del duca di
Baviera e, per analogia, di tutti gli alleati imperiali, Trento e Mantova comprese24 [ed. mod.
VETTORI 1987 c].

La musica al Concilio: i mottetti politici, le «Preces speciales» di de Kerle


e la musica sacra di Contino
Dopo aver ricordato i principali caratteri del mecenatismo artistico del cardinale Cristoforo
Madruzzo, con le sue evidenti implicazioni politico-diplomatiche, è giocoforza considerare la vi-
cenda storica del grande Concilio generale che, anche grazie alle pressioni del Madruzzo stesso,
si celebrò a Trento, a più riprese, tra il 1545 e il 1563. Tranne un breve periodo di trasferimento
a Bologna, il Concilio, pur tra le molte difficoltà, sia di ordine religioso che politico, tracciò proprio
in Trento le linee fondamentali di una risposta della Chiesa di Roma alle critiche e alle istanze di
rinnovamento proposte da Lutero e da altri riformatori dell'inizio del Cinquecento, come Zwingli
e Calvino. La Chiesa dovette contemperare le sue esigenze di spiritualismo con quelle politiche,
senza dimenticare i difficili rapporti con l'imperatore, che a sua volta doveva tenere presenti le
lacerazioni politico-religiose interne ai suoi domini, con la Spagna, la Baviera e lAustria cattoli-
che, le Fiandre e molti principati germanici protestanti. In queste vicende il Madruzzo e i prelati
di parte imperiale giocarono un ruolo di notevole importanza.
La musica al Concilio Tridentino si può considerare sotto un duplice profilo: da una parte
quello dell'attività esecutiva vera e propria, dall'altro quello dei dibattiti sulla riforma della musica
sacra, e, di conseguenza, dell'attività compositiva considerata o suscitata da quei dibattiti. Per
quanto riguarda i riferimenti alle esecuzioni, sono da ricordare innanzitutto i pagamenti per il primo

24
Anche in questi due testi latini musicati per un avvenimento mantovano - ma con il riferimento tridentino occasionato
dal Madruzzo che celebrò il matrimonio -, può forse riconoscersi la mano del poeta umanista Nicolò d'Arco, amico
del Madruzzo e, come si è visto, molto legato all'ambiente mantovano.

256
Musiche per i Principi Vescovi

periodo conciliare, compresi i preparativi, tra 1544 e 1545, periodo nel quale è certo che i musicisti
del Madruzzo si unirono o alternarono a sei cantori della Cappella Sistina, chiamati appositamente
da Roma.
All'epoca, come sappiamo, maestro della cappella madruzziana era Giovanni Contino, che
troviamo infatti nominato nei documenti contabili conciliari assieme ad un «maestro Iacomo»,
organista del Duomo e ad altri cantori rimasti anonimi. Sempre nell'ambito documentario si inse-
riscono le notizie sui nomi di una dozzina o poco più di cantori sistini a Trento nel terzo pe1iodo
conciliare, tra il 1561 e il 1563. Qualche notizia - pur generica - trapela anche sulle musiche di
quest'ultimo periodo: attività di copisti «ad uso della cappella» per messe a 4 e 5 voci, mottetti e
ancora molte messe a 5 e 6 voci [LEVRI 1943, 400; JEDIN 1973, IV, 276-77; LUNELLI R. 1967, 82;
VETTORI 1985, 16-20], esecuzioni vocali strumentali che parrebbero discostarsi dalla prassi sistina
a cappella, cioè a sole voci: in S. Lorenzo, infatti «fu udita messa cantata et solenne con musica
di voci et istromenti» (dal diario di A. Massarelli segretario del Concilio) [GIULIANI 1882, 168]. È
appena il caso di ricordare come l'uso di strumenti assieme alle voci nella musica sacra fosse una
prassi diffusa soprattutto al nord, e particolarmente a Venezia e a Monaco. La prassi strumentale
«colla parte» nella musica sacra nella prima metà del XVI secolo pare sia stata limitata ad occa-
sioni importanti come consacrazioni di chiese, nozze principesche, messe solenni alla presenza di
personalità ecc. Negli anni '60 cominciarono assunzioni regolari di trombonisti in alcune cappelle
della penisola; per Monaco e la cappella diTetta da Lasso della quale è nota la composizione mista
vocale strumentale quale si ricava dalle miniature di H. Mielich [Ms A della Staatsbibliothek di
Monaco di Baviera], contenente i Salmi penitenziali - sappiamo dell'esecuzione di una messa a 6
voci con strumenti a fiato durante le nozze di Guglielmo di Baviera con Renata di Lorena. 25
Troviamo sicuramente uno stralcio concreto, benché minimo, del repertorio di questa cap-
pella, nelle musiche che il Contino compose per la presenza in Trento di illustri prelati. Il mottetto
«Pange Thalia modos» a 5 voci, fu scritto per l'anivo a Trento del vescovo-conte di Cambray
Robert de Croy, del 1546 [CONTINO 1560b]. Il testo ne esalta con movenze eleganti e classicheggianti
i meriti politico-religiosi:
Pange Thalia modos plectroque arguta canoro
maxima cameraci principis acta refer
in numeris reddit sacra atque profana iura
comes praesul duxque Robertus acer [. .. ].

La composizione continiana, scritta su di un impianto modale serioso e altisonante, 26 si apre


con una coppia di voci acute che ritardano con un melisma l'entrata in imitazione delle altre parti,
così da richiamare il canto della musa. Il brano prosegue poi con la consueta tessitura intrecciata
in imitazione continua, sebbene non rigorosamente canonica. In particolare evidenza si pongono gli
incisi in cui con nuovi melismi si richiama il senso delle numerose leggi emanate dal de Croy e
dove, con ravvicinate entrate a ritmo di minima si riportano i suoi attributi e il suo nome: comes,

25
Troviamo pagamenti in particolare a Padova [CASIMIRI 1941], Modena [RoNCAGLIA 1957] e in Laterano a Roma
[KAMPER 1976, 136-38]. Per Venezia è nota la sottotitolazione dei mottetti di A. Gabrieli 1565 (Sacrae cantiones [... ]
tum viva voce, tum omnis generis lnstrumentis cantatu co111111odissi111ae, Venezia, A. Gardano 1565; Psalmi Davidici
qui poenitentiales nuncupantur [... ] twn omnis generis instrumentorum, tunc ad vocis modulationem accomodati,
Venezia, A. Gardano 1583, dove giustifica la prassi di accompagnare strumentalmente i salmi con il riferimento alla
salmodia ebraica); di Andrea e Giovanni (Concerti[... ] per voci, & stromenti musicali , Venezia, A. Gardano 1587,
nella prefazione dei quali si legge: «Musica proportionata a voci et Stromenti, come hoggidì s'usa nelle principal
Chiese de Principi, et nelle academie Illustri»); su Monaco cfr. TROIANO 1568, WAGNER 1913. Stando a REESE 1990,
69, 191, la tecnica del cantus fi1111us nelle messe polifoniche avrebbe favorito l'uso di raddoppi o sostituzioni integrali
del tenor con strumenti a fiato (Gloria ad modum tubae di Dufay, missa trombetta di Gaffurio ecc.).
26
L'uso del II modo all'ottava alta rende l'intonazione più chiara e risonante, con una trasposizione adatta agli strumenti
a fiato, e quindi con un'implicita preferenza per esecuzioni in luoghi ampi e all'aperto, anche secondo testimonianze
coeve: ·«per cornetti e tromboni et altri stromenti da fiato [... ] chi lo canta o chi l'ode si riempie d'allegrezza e di
consolatione [... ] non si niega ch'il color negro in sé stesso non sia funebre e mesto, ma fregiato, e ricamato di ricco
lavoro rende vista allegra e giubilante» [VECCHI s.d., 8-10]

257
ROMANO VETTORI

praesul, duxque Robertus. Il mottetto sempre a 5 voci «Quis neget esse homini» [CONTINO 1560a]
si riferisce al gesuita Claude Le Jay - teologo fra i più accreditati dal papa per le questioni
protestanti di Germania -, del quale si sa che fu più volte a Trento fra il 1542 e il 1549, che fu
molto in amicizia con il Madruzzo e rappresentante al Concilio dell'amico di questi cardinale di
Augusta Otto von Truchsess tra il 1545 e il 1546 [PASTOR 1959, V, 402-403, 424, 437-38]. Il testo
richiama la funzione di guida spirituale che si andava riconoscendo ai membri della Compagnia di
Gesù:
[. .. ] aegregiis quid sit clarus imaginibus
his tamen ad divos accedit proximus
[. .. ] alma quem potuit virtus nobilitare virum
utrwnque hoc praestas Claudi tu stemmate clarus [. .. ]

non resistendo ad un piccolo virtuosismo sul nome del dedicataiio: tu sanctas casto pectore
claudis opes. L'impianto modale conferisce al brano la moderata festosità propria del quinto tono, 27
del quale già nell'esordio ricorda perfino l'intonazione salmodica scandita sulla triade di Fa. Per
il resto la composizione si snoda nella consueta trama imitativa libera, basata talvolta su incisi
tematici per ampi salti ascendenti o salendo in acuto per grado per sottolineare il significato
testuale (aegregiis, virtus), e articolando le frasi con chiarezza scandendole perlopiù sillabicamente
[ed.mod. VETTORI 1987 c]. Questo piccolo nucleo di musiche continiane «intorno» al Concilio,
interpretabili cioè come omaggio madruzziano a personaggi che vi furono ospiti, si chiude con il
mottetto ancora a 5 voci «Ut te muneribus» [CONTINO 1560b], che inneggia alla consacrazione a
cardinale del vescovo di Augusta Otto von Truchsess - amico personale del Madruzzo -, avvenuta
tra 1544 e 1545, e alla sua funzione di difesa della fede cattolica nei paesi tedeschi. 28 Il testo ci
porta in un'atmosfera bucolica, classicheggiante, innestandosi anche sulla simbologia biblica del
pastore e del gregge:
Ut te muneribus victum sua pascua Tybris
Vidit et antiquas deservisse casas
ite ait o celeres nimphae [. ..].

Si riferisce in particolare alla porpora cardinalizia concessa al Truchsess dal papa, ancora una
volta simboleggiato dal Tevere, al fine di recuperarlo alla causa cattolica contro i «lupi» protestanti:
His ego nam Ihtxem donis revocare morantem [. .. ]
ut quoscumque greges cum sera accesserit aetas
pascat et obscaenis claudat ovile lupis

Il Contino articola il lungo mottetto in due parti, intonandolo sul tono lamentoso di Mi29 in
sintonia con il rimprovero papale, la cui gravità solenne viene accentuata dalle frequenti ripetizioni
testuali e dalla loro scansione ritmica uniforme, appena movimentata dal gioco imitativo. Il caso
del Truchsess è interessante anche per un altro motivo. Egli infatti, come molti prelati, nel terzo
periodo ebbe al proprio seguito un musicista che come vedremo, lasciò musiche eseguite al Con-
cilio (come, pare, fece lo stesso Contino almeno per il primo periodo [VETTORI 1985, 19, n. 48]).
Ma in un certo senso il discorso delle committenze ci porta anche all'altro ordine di argo-
menti, quello sui dibattiti riguardanti la natura e funzione della musica sacra, cui si accennava in

27
AARoN 1525, cap. 25: «[ ... ] si come testifica Guidone el quinto [tuono] è delettabile modesto allegro et atto a cacciare
le ansietà et fastidii»; gli fa eco LANFRANCO 1533, 110, probabile maestro del Contino: «[ ... ] di sua natura allegro. Però
[perciò] è tenuto a scacciare i fastidi dello animo».
28
Il Truchsess ottenne la porpora da Paolo III il 19112/1544 e le insegne a fine gennaio 1545 [PASTOR 1959, VIII, 480,
482].
29
Nella polifonia del Cinquecento il tono frigio (3° e 4°), diversamente dalle teorie dell'antichità classica, e parzialmente
anche da quelle medievali, era tradizionalmente legato a testi lamentosi, esortativi o invocativi [MEIER 1956, 78-
79;1974, 370, 448].

258
Musiche per i Principi Vescovi

apertura. Questo grande avvenimento politico e religioso, infatti, è ricordato nella storia della
musica per le decisioni prese 1iguardo la polifonia sacra. La situazione della musica liturgica a metà
secolo, alla luce delle esigenze di riforma, si presentava critica, causa l'utilizzo frequente di
contrappunti basati su melodie profane sia sotto forma di cantus firmi che di parodia di brani
profani polifonici preesistenti (chansons e madrigali). Fra i cattolici vi furono spinte di varia natura,
dalle più radicali, come la proposta di un ritorno al solo canto gregoriano, a quelle che miravano
a ridmTe la complessità contrappuntistica in favore di una maggiore comprensione dei testi sacri,
in modo da ispirare nei fedeli - mantenuti passivi spettatori di un rito sempre più spettacolare -
pietà e rispetto dei Inisteri divini. Tutto questo non era estraneo neppme alla contemporanea poetica
di iinitazione dell'affetto delle parole, perseguita specialmente nel campo del madrigale profano.
Vi erano, in questo, consapevoli recuperi di vari aspetti della antica musica greca, della quale si
lodavano l'espressività e la raffinatezza sonora - alcuni, come Nicola Vicentino, riesumarono gli
antichi genera musicali greci, utilizzandoli in musiche profane ed anche sacre, che uno dei più
illustri controriforinisti, il cardinale Carlo Borromeo, volle conoscere. 30
Le modalità con cui il Concilio giunse alla decisione di riforma sono state oggetto di nume-
rosi studi, che hanno messo in luce come le discussioni e le commissioni si liinitarono a poche
disposizioni di carattere generale, lasciando l'attuazione pratica della riforma ai sinodi provinciali.
In breve, sorvolando sulle istanze di riforma già presenti nei decenni precedenti [FELLERER 1953,
577-87; LocKwoon 1966, 45] e sulla brevissima azione di papa Marcello II Cervini31 che ispirò la
messa dedicatagli da Palestrina, la vicenda tridentina si colloca nel terzo periodo conciliare (1561-
63) e si 1iassume nelle seguenti tappe:
1) 1561-62: scambi di musiche tra i cardinali Vitelli e Borromeo col duca Alberto V di
Baviera, a mezzo il cardinale von Truchsess; 32
2) Agosto/Sett.1562 Il Compendium abusuum circa sacrificium niissae in preparazione della
Sessione XXII propone si tolgano nelle messe polifoniche quei tipi di musiche in cui si cantano
cose profane (an species musicae [... ] tollenda sit in missis, in quibus etiam profana saepe cantantUJ;
ut illa della caccia et la battaglia) [Concilium Tridentinum, Vill, 918ss]
3) 10.9.1562: Commissione sopraAbusus circa missae sacrificium: si esainina il canone Vill
che richiama la necessità di chiarezza sia nelle messe lette che cantate, per permettere ai fedeli di
sentire con le orecchie e col cuore (in audientium aures et corda descendant); nel canto e nel
suonare l'organo non si contamini con alcunché di profano (in iis nihil prophanwn, sed hymni
tantum et divinae laudes intermisceantur; la composizione musicale deve evitare l'inutile diletto
dell'udito, e far sì che tutti comprendano le parole, perché i fedeli aspirino all'armonia dei cieli e
alla contemplazione della gioia dei beati (ut verba ab omnibus percipi possint, utque audientium
corda ad coelestis harmoniae desideriwn beatorumque gaudia contemplanda rapiantur [Conciliwn
Tridentinum, VIII, 927]
4) 17.9.62: Sessione XXII, Decretum de observandis et evitandis in celebratione Missae,
Canone IX: si bandiscano dalle chiese quelle musiche nelle quali sia con l'organo che col canto
si mescola qualcosa di lascivo o impuro (Ab ecclesiis vero, musicas eas, uhi sive organo sive cantu
lascivwn aut ùnpurum aliquid miscetur [... ] arceant) [Concilium Tridentinum, Vill, 963]
5) 11.11.63: Sessione XXIV, Decretum de reformatione, Canone XII: si affida ai sinodi
provinciali il compito di provvedimenti specifici anche in campo musicale (Caetera, [... ] deque
congrua in is canendi, seu modulandi ratione, de certa lege in choro conveniendi, et permanendi
[... ] synodus provincialis, pro cuiusque provinciae utilitate, et moribus, certam cuique formulam
praescribet) Concilium Tridentinum, IX, 984].

30
Per una bibliografia generale sulla musica e il Concilio di Trento cfr. WEBER E. 1982; fondamentali rimangono HABERL
1892, WEINMANN 1919, URSPRUNG 1926, 1931, LEICHTENTRITT 1944, JEPPESEN 1944-45, LUNELLI R.1947, LEVRI 1943,
FELLERER 1953, LOCKWOOD 1957, 1966, BECK 1964, VECCHI 1982, HABERL 1966.
31
Secondo questo papa la passione e la morte del Redentore dovevano essere cantate con voci modulate in modo che
tutto si potesse audiri atque percipi, come si legge nel programma di riforma riportato dalle segrete1ia papale [REESE
1990, 478; CoATEs-ABRAHAM 1975, 337-38].
32
Dubbi sulla reale portata riformatrice çli questi scambi sono stati avanzati da LocKwoon 1966, 46-48.

259
ROMANO VETTORI

A ciò fece seguito l'operato della commissione che lavorò a Roma tra 1564 e 1565 (per la
musica la sottocommissione fu composta ancora da Vitelli e Borromeo) [HABERL 1892]. Fra le
numerose musiche esaminate o appositamente predisposte dai musicisti per la soluzione di questi
problemi, oppure genericamente influenzate dallo spirito con cui si andava affrontando la questione
della riforma, emergono composizioni di Francesco Rosselli, Giovanni Animuccia - di ambiente
romano -, Orlando di Lasso - della cappella del duca Alberto di Baviera -, Vincenzo Ruffo -
maestro del Duomo di Milano e molto legato allo spirito riformistico del Borromeo -, Jacobus de
Kerle -maestro appunto del cardinale von Truchsess, con le sue Preces speciales, scritte ed ese-
guite a Trento per favorire la riuscita del Concilio. Una tradizione plurisecolare, che ha le sue radici
nelle opere dei teorici Agazzari e Della Valle, vuole che specialmente per la Missa papae Marcelli
di Palestrina «fu cagione che il Concilio di Trento non bandisse la musica dalle chiese» [SOLERTI
1903, 163].
Per trovare musiche sicuramente eseguite a Trento durante il Concilio dobbiamo tuttavia
prescindere dall'importanza artistica e dalle effettive coincidenze documentarie che collocano in
quest'epoca la messa - la più sillabica e omofonica in tutta la produzione palestriniana. A parte la
sua datazione al 1562-63, in pieno terzo periodo conciliare [JEPPESEN 1944-45, 26-38] non vi sono
infatti evidenze documentarie su una sua esecuzione tridentina, secondo l'ipotesi avanzata in pas-
sato [LuNELLI R.1967, 89-90]. È invece certamente la pubblicazione delle Preces speciales del de
Kerle [DE KERLE 1562] che, nel contesto conciliare, riveste il maggiore interesse storico per la storia
musicale del principato tridentino. Ciò sia per lasserzione del suo autore che esse venivano cantate
nelle adunanze conciliari [DE KERLE 1585], che per l'amicizia e l'affinità di orientamento politico-
religioso tra il suo patrono von Truchsess e il cardinale Cristoforo Madruzzo. Il legame tra i due
prelati datava infatti da tempo: il Madruzzo si era giovato dell'amico per accelerare la conferma
papale della propria elezione a principe-vescovo di Trento, e in seguito lo aveva ricambiato nomi-
nandolo decano del Capitolo di Trento [GIULIANI 1905, 68-69]. Il Truchsess, come si è visto, risulta
essere inoltre dedicatario del mottetto «Ut te muneribus» del Contino e dell'intera pubblicazione
del secondo libro di Modulationes a cinque voci in cui si trova il mottetto stesso [CONTINO 1560b];
anche un altro mottetto politico continiano già nominato, quello per il gesuita Le J ay, si ricollega
in qualche modo al Truchsess, essendo il dedicatario, all'epoca, rappresentante del cardinale al
Concilio di Trento [PASTOR 1959, V, 402-403].
Tornando alle Preces del Kerle, l'autore dei testi fu il benedettino Petrus de Soto - professore
di teologia a Dillingen -, il quale in almeno due riprese, fra 1551 e 1562 [URSPRUNG 1926, XX]
compose le dieci preghiere per il Concilio di Trento, che riflettono il difficile clima politico
religioso del momento, con riferimenti teologici e una notevole vis polemica, tipicamente
controriformista, come dimostrano i sottotitoli di ben quattro di esse: I Pro Concilio; Il Pro
Concilio; lii Pro Concilio; IV Pro Populi Christiani unione; V Pro eadem unione; VI Pro remis-
sione peccatorum; VII Contra Ecclesiae hostium furorem; VIII Contra eosdem hostes; IX Contra
eosdem hostes; X Contra eosdem hostes. La commissione dell'intonazione musicale si deve al
patrono del de Kerle, il cardinale von Truchsess, come ricaviamo dalla dedica ai cinque cardinali
legati del papa a Trento:
Illustriss[imi] et Reverendiss[imi] D[omini] D[omini] Herculi Cardinali de Mantita, Hieronimo Cardinali Seripando,
Stanislao Vvarmiensi, Ludovico Cardinali Simonettae, Marco Cardinali de Altemps Sac[ri] Tridentini Concilij Legatis
D [ominis] D [ ominis] suis obse111andiss[imis].
Decem has piae precationis fonnulas responsorum nomine, à Petra Soto sodale Dominicano Apostolicae vitae, &
doctrinae viro compositas, à me, iussu ornatissimi & opti111i Principis Cardinalis Augustani Patroni mei ad figuras &
modos 111usicos accomodatas, vobis amplissimis ac sapientissimis Patribus, qui publico Christiane Ecclesiae Concilio
praesidetis mittendas putavi [DE KERLE 1562].

È stato più volte sottolineato che queste composizioni sono da considerare come dei prototipi
per la riforma della musica al Concilio, tali da superare in importanza storica la stessa Missa papae
Marcelli del Palestrina [URSPRUNG 1926, XLVI, XLIX; REESE 1990, 472-73, 734, REDLICH 1975,
292]. Dal punto di vista formale esse sono dei responsori in cui dopo l'esecuzione del corpus della
preghiera, vengono intonati dei versus costituiti di una parte nuova e di una repetitio tolta dal
corpus. In tal modo le parti testuali importanti della preghiera ritornano nei movimenti successivi >'

260
Musiche per i Principi Vescovi

costituendo un'ossatura dai tratti espressivi assai pronunciati. C017Jus e versus si differenziano la
maggior parte delle volte per lo spessore vocale impiegato (il c01pus sempre a quattro parti, tr·anne
nella X preghiera a cinque, di solito a tre o a due i versus, ma le repetitiones ovviamente ritornano
a quattro voci). Chiude ogni responsorio una dossologia minore al modo dei salmi («Gloria patri»)
e una invocazione tripartita «Kyrie-Christe-Kyrie» (in forma ABA). Si presenta così una interes-
sante strnttura polifonica che intreccia la consueta impostazione per sviluppi successivi di temi
sempre nuovi (durchkomponiert) con quella tipica delle forme chiuse, sempre identica in tutte e
dieci le preces:
Co1pus 4 voci
Versus I 4 voci+ Repetitio I 4 voci
Versus Il 3 (2) + Repetitio II 4 voci
Versus III 3 (2) + Repetitio III 4 voci
Versus IV 3 («Gloria patri»)
Preces 4 voci «Kyrie-Christe-Kyrie» ut supra. 33

Nonostante de Kerle impieghi la tecnica base del contrappunto imitativo, ancorché general-
mente sillabico o poco ornato, egli non usa assolutamente temi profani, e conferisce particolare
significato all'uso della omofonia, cioè della declamazione omoritmica del testo, con scarsa impor-
tanza melodica delle singole voci e maggiore attenzione per il risultato armonico-verticale. Un
rilevamento sistematico di tali momenti accordali mette in luce, accanto a esigenze di semplice
varietà musicale, una deliberata intenzione di sottolineatura dei significati espressivi o addirittura
politico-religiosi del testo, che stavano tanto a cuore all'autore letterario Petrus de Soto, e al
committente ufficiale dell'opera, la cui funzione di protector Germaniae nelle questioni religiose
è già stata accennata. Ne riportiamo qualche esempio (in tondo nostro la parte di testo trattata
omo fonicamente):
I accende corda eorum in edificationem c01poris tui [. .. ]
II [. .. ] habitemus bene et iocunde fratres unanimes in domo tua ecclesia magna
IV congrega nos a peccatis et errmibus/non sint domine in fidelibus tuis (schismata)
V ut credat mundus quia misisti nobis unigenitum tuum/sit nobis unum baptisma/unum corpus et unus spiritus/
VI nostra fides et sancta tua in opprobrium sunt infidelibus
VII inimicos atque depone eos
IX exaudi preces servorum tuorum/et mansuetorum semper placuit deprecatio
X et immitte timorem tuum super gentes!qui non exquisierunt te ut cognoscant quia non est deus nisi tu.

Il de Kerle, come il Palestrina nella Papae Marcelli, contribuì così notevolmente a una
pratica polifonica in cui si realizzavano le aspirazioni dei canoni conciliari all'intelligibilità del
testo e alla caratterizzazione religiosa, come ricordava il cardinale di Bologna Paleotti:
[. .. ] ut eius verba ab omnibus accipi possint [PALEOTII 1874, Pars Tertia, I, 429]
[. .. ] eam omnino ex antiquissimo catholicae ecclesiae instituto ad excitandum fidelium in Deum affectum retinendam
censuerunt [ibid., Il, 590].

In modo analogo al Concilio provinciale della Chiesa Milanese, (15 ottobre-3 novembre
1565) ispirato da Carlo Borromeo, si richiedeva che: Cantus et soni graves sint, pii et distincti, et
domui Dei ac divinis laudibus accomodati, ut simul et verba intelligantur et ad pietatem auditores
excitentur [RATTI 1892].
Anche le prefazioni dei musicisti si rifanno a questi p1incipi estetico-liturgici: genericamente
il Palestrina nella prefazione al suo secondo libro di Messe del 1567 (contenente la Papae Marcelli)
dichiara di aver tentato di ornare la messa con musica di nuovo tipo, conformemente alle idee di
persone altolcate e devote alla religione [CoATEs-ABRAHAM 1975, 339]; e similmente annuncia
Giovanni Animuccia nel suo primo libro di messe:

33
Tranne l'ultimo responsorio a 5 voci; il III e VI responsorio hanno le repetitiones I-II-III musicalmente pressoché
uguali sul medesimo testo.

261
ROMANO VETTORI

Quocirca horum lwminum iudicio adductus, has preces & Dei laudes eo cantu ornare studui, qui verborum auditionem
minus perturbaret; sed ifa, ut neque ab artificio piane vacuus esset, & aurium voluptati paululum serviret [ANIMUCCIA
1567].

Così pure lo stesso Vincenzo Ruffo, maestro di cappella del cardinale Bonomeo, nella
prefazione alle messe a quattro voci del 1570:
[. .. ] quod 1llust1: et Reverendiss. Cardinalis Borrhomaeus olim mihi imposuerat, ut ex sancti tridentini Concilij decreto
Missas [. .. ] aliquot conficerem, quae ita omni profano, ac vano modorum cultu carerent, et vocum ille tantus, et tam
dulcis sonus auditorum aures pie, religiose sancteque implerent, et demulcerent [. .. ] [RuFFO 1570].

Dal punto di vista stilistico il de Kerle in quest'opera si pone a metà strada tra lestetica
lirico-liturgica della scuola romana e il più vivido e mosso quadro espressivo della musica reservata
nella direzione di Orlando di Lasso [URSPRUNG 1926, XXIII]: abbastanza frequente è infatti l'uso
di madrigalisrni, intervalli significativi e simbolismi, come dimostrano ad esempio i salti d'ottava
su parole quali humilia calumniatores, l'omofonia su unanimes, il ritmo ternario su jocunde,
gloriantes, i melisrni su gaudium; le note a valori lunghi su pacem ecc. Notevoli inoltre le progres-
sioni e varie figurazioni di carattere strumentale.
Nel 1561 vide la luce anche un gruppo di messe scritte dall'onnai ex-maestro di cappella del
cardinale di Trento [CONTINO 1561]. Il Contino era da un decennio passato al servizio della catte-
drale della sua città natale Brescia [BERETTA 1988, VII-XIII]: che queste messe - tutte a quattro
voci - siano state composte anche nel periodo di permanenza tridentina si può supporre con una
certa sicurezza in quanto sono dedicate proprio al cardinale Cristoforo Madruzzo. 34 L'ipotesi è
rafforzata da alcuni cenni del musicista contenuti nella dedica, ove egli ricorda le sue prime fatiche
musicali «portate a Trento» negli anni giovanili, e le nuove che, sotto la protezione del cardinale,
uscivano appunto in quell'occasione: [post primos fructus ad te TRIDENTUM allatos [. ..] en ali}
quidam sub ampliss[imi] nominis tui foelicibus auspicijs nuper in lucem prodeunt. Continuando la
metafora dei flutti, il musicista ricorda che questi ora pubblicati erano stati prodotti e curati amorevol-
mente prop1io dal Madruzzo: cum potissimum ex ea arbore decerpti sint, quam tu ipse iandiu [! ] fovere,
atq[ue] tutari non dedignatus es [. .. ]. Dalla dedica ricaviamo anche che il Contino era stato invitato
a compone sia per il piacere personale del cardinale che per la chiesa di Trento:
[. .. ]animi tui magnitudini placuerit, ut [. .. ] Musicae impensius operam navarem, cum quia hac una cwn innumerabilibus
tuis virtu tibus mùwn in modum oblectaris; tum quod Ecclesiae tu[a]e cultui quamplurimum profuturum existimabas
{CONTINO 1561)

Se per quanto riguarda il rapporto con il Madruzzo queste prime messe del Contino costi-
tuiscono una ulteriore riprova degli interessi musicali del cardinale, non è tuttavia precisabile il
ruolo che la produzione tridentina del bresciano per Trento rivestì nelle scelte che vi si andavano
facendo per la musica sacra. Nella produzione di messe del Contino, questa raccolta costituisce la
prima prova, in anni poco meno che giovanili: su un totale di sei messe, troviamo illustrate in
percentuale paritaria le tecniche più diffuse nel Cinquecento: 35 2 Messe su cantus firmus (Veni
sancte spiritus, Benedicam Dominum omni tempore); 2 parafrasi gregoriane (De Beata Virgine,
Benedicta es coelorum regina) 2 Messe-parodie (Illuminare Jerusalem, Congratualamini mihi).
La tecnica arcaica di usare cantus firmi a note lunghe si ritrova anche in messe più tarde del
Contino [CONTINO 1572, cfr. CrsILINO 1956, 25-26], oltre che nei mottetti, compreso quello celebrativo
già citato «Felices hominum nexus», e quantunque ancora presente nel secondo Cinquecento essa

34
Il musicista aveva già dedicato al Madrnzzo il primo libro delle Modulationes a cinque voci [CONTINO 1560a], che
contiene anche il ricordato mottetto per la sua elezione a cardinale, secondo una prassi seguita per il Trnchsess (v.
sopra). All'entourage imperiale si lega anche la dedica a Guglielmo di Baviera [CONTINO 1560c], che contiene inoltre
il ricordato mottetto per il matrimonio spagnolo tra la figlia di Carlo V e il figlio di Ferdinando d'Asburgo del 1548.
35
Sono grato al prof. Ottavio Beretta per avermi messo a disposizione la trascrizione integrale delle sei messe continiane
del 1561 prima della pubblicazione. La messa Illuminare Jerusalem è pubblicata in edizione moderna a cura di M.
Gozzi, Turris, Cremona 1989.

262
Musiche per i Principi Vescovi

Fig. 5: G.B. Moroni, Ludovico Madruzzo (ca. 1560). Per


gentile concessione del The Art Institute of Chicago.

appariva tuttavia sempre meno presso altri compositori. Un motivo d'interesse per queste messe
risiede nell'uso di tropi e sequenze, che come noto - a parte «Veni sancte spiritus» e pochi altri
brani - stavano per essere vietati proprio dal Concilio di Trento. Troviamo così la sequenza
«Benedicta es» già intonata da Des Pres in un mottetto (successivamente parodiato da De Monte,
Palestrina, Le Jenne, Willaert, de la Hèle). Di notevole interesse anche l'uso, nella messa De beata
Virgine, del «Gloria» con tropo mariano «Spiritus et alme», già attestato tradizionalmente nelle
messe polifoniche per la Vergine fin dal Quattrocento. 36 Anche la scelta delle melodie gregoriane
parafrasate in questa messa ripete quella più diffusa nella polifonia del Cinquecento, costituita da
«Kyrie» e «Gloria» IX (attualmente in festis Beatae Mariae Virginis), «Credo» I, «Sancti.1s» e
«Agnus» XVII (attlrnlmente in Dominicis Adventus et Quadragesimae), mentre più labile risulta il
riferimento a consueti.1dini della cattedrale di Trento. 37 La presenza di questo tropo assume parti-
colare significato in altri musicisti, i quali pubblicarono messe mariane con tropi, che in edizioni
successive epurarono, in ossequio alle disposizioni conciliari. 38

36
Cfr. il «Gloria» di G. Dufay nel codice Tr.92; per le messe con questo tropo di Des Pres, Brumel e molti altri cfr.
REESE 1990, 62, 469ss.
37
Il Graduale-Kyriale in CASAGRAt'!DE 1908, n. 30, Codice I, in uso presso il duomo, cc. 162v-164, porta un ordinariwn
missa e per le feste della Madonna con la successione «Kyrie» e «Gloria» IX (anch'esso con tropo «Spiritus et alme»),
«Sanchls» XVII, «Agnus» IX (notizie cortesemente fornitemi dal prof. Cesare Ruini).
38
Così Palestrina nella messa a sei voci (REESE 1990, 496, edizioni 1570-1599); e in quella a 4 v. stampata nel 1567
senza tropi testuali ma con le parafrasi melodiche riempite con ripetizioni del testo dell'ordinario; sempre negli stessi
anni del Contino il de Kerle, che abbiamo visto più o meno direttamente coinvolto nella riforma della polifonia al
Concilio, pubblica una De Beata Virgine con il «Glmia» tropato «Spiritus et alme» (ediz.1562) che non compare nella

263
ROMANO VETTORI

Pur operando in ambienti molto sensibili ai mutamenti della sua epoca, il Contino appare,
sia sotto l'aspetto musicale, che più largamente culturale, ancora incerto, se non tendenzialmente
conservatore: così non particolarmente frequenti sono le declamazioni omofoniche del testo, limi-
tate a pochi esempi soprattutto nei momenti già tradizionalmente intonati nota-contra-notam («Et
incarnatus», «Hosanna» ), ma massiccia appare per contro l'ispirazione gregoriana, sia tramite la
tecnica della parafrasi, impiegata preferibilmente al cantus, che del cantus finnus, in queste messe
come nelle successive a 5 voci pubblicate nel 1572. 39 A particolari esigenze di brevità (o sempli-
cità) che si vanno affermando nel secondo Cinquecento, sembra richiamarsi il Contino con alcune
messe scritte in un più stringato stile affine a quello della missa brevis, sia in questa raccolta
dedicata al Madrnzzo (Veni sancte spiritus, Illuminare Jerusaleni, Congratulamini mihi), che nella
successiva del 1572 (Octavi toni). Tali opere potrebbero rispondere alle esigenze ridotte di piccole
chiese, ma anche ai riti feriali delle grandi cappelle, specialmente nel clima di riforma della
polifonia sacra [WAGNER 1913, 469, 472]. Non va dimenticato inoltre che il compositore bresciano
diede contributi ad un particolare spirito di riforma, quando passò al servizio della cattedrale di
Mantova (1561) e successivamente della chiesa ducale di S. Barbara, ove i Gonzaga godevano di
una propiia liturgia speciale. Questa disponeva di particolari versioni del canto gregmiano, utilizzate
anche dal Contino come base per i contr·appunti delle messe altematim (cioè a versetti alterni in canto
piano e polifonia) sc1itte a Mantova [BERETIA 1988, XIV-XIX), analogamente a quanto fece il Palest1ina,
che fu in contatto con i Gonzaga e che pure scrisse per la loro liturgia [JEPPESEN 1953].

La musica durante il principato di Ludovico Madruzzo (1567-1600)


Dopo aver governato il ducato di Milano, come luogotenente di Filippo II di Spagna, tra il
1556 e il 1558, Cristoforo Madruzzo era ritornato a Trento, ma già dal 1560 si era stabilito quasi
definitivamente a Roma, inaugurando una abitudine della dinastia dei principi Madruzzo che finì
per caratterizzare ibridamente la vita culturale del principato: infatti, se da un lato l'importanza
politica e la statura culturale del principe, con le sue relazioni personali, illustrò di riflesso la vita
del principato, procurando stimoli e modelli di riferimento, apportando occasioni e collegamenti
culturali con le realtà più importanti del tempo, è anche vero che la sua residenza quasi continua
a Roma privò il principato di quella continuità di occasioni cerimoniali, avvenimenti culturali e di
rappresentanza (intr·attenimenti di ospiti illustri, spettacoli, accademie letterarie, università) che
sarebbero state garantite dalla costante presenza della corte e del suo padrone.
Successore di Cristoforo fu il nipote Ludovico, che ebbe dapprima (1549) l'incarico di
governare Trento come coadiutore dello zio [BcT, GIULIANI Ms 2927, 218], fu quindi creato car-
dinale nel 1561 e vescovo di Trento nel 1567 [BONELLI 1765, 20lss.; AMBROSI 1887, 264 ss.]. Per
la nomina a cardinale si fecero in Trento dei festeggiamenti molto simili a quelli organizzati in
occasione della consacrazione episcopale di Cristoforo, nel 1542. Da un ambasciatore del duca di
Mantova abbiamo la cronaca di questo avvenimento. Il 19 aprile 1561 si fece un ricco convito in
castello, animato da varie buffonerie e danze: «Si cenò allegramente [... ] con piacevoli trattenimen-
ti, e fra gli altri [quelli] del Cima e del Semplice [del] duca di Milano [ ... ] poi vennero in sala le
tedesche et le italiane di Trento e qui incominciarono a danzare a diversi balli». Il giorno succes-
sivo un notabile fu condotto alle sue stanze «ritrovando ad ogni piano di scale varie musiche». 40

Cont. nota 38

riedizione del 1592 (REEsE 1990, 473). Caso opposto quello dell'altro musicista talvolta ritenuto dagli studiosi coin-
volto nella riforma, G. Animuccia, che non usa il tropo mariano nelle sue due De Beata Virgine [ediz.1568, WAGNER
1913, 421].
39
Da notare tra queste una nuova De Beata Virgine in cui il «Credo» è tropato con O Maria flos virginwn (in cantus
finnus) e ancora in cantu firmus il «Te Deum» nella messa omonima [C1s1LINO 1956, 25].
40
Mantova, Archivio di Stato, Archivio Gonzaga, Corrispondenza estera, busta 1409, lettera di F. Crotto al duca di
Mantova, Trento, 20-22 aprile 1561. Il buffone Marino Cima de Rossi, nativo di Malé, era molto apprezzato e aveva
già servito Cristoforo Madruzzo [WEBER 1929, 95-97]; risulta in quegli anni nei conti del maestro di casa del principe
in Trento, [BcT, Ms. 1158, 585, v. anche LuNELLI R. 1967, 61].

264
Musiche per i Principi Vescovi

Il nuovo principe-vescovo e cardinale Madruzzo, pur non mostrando una personalità pari a
quella dei predecessori Clesio e Cristoforo Madruzzo, ebbe tuttavia una formazione di prim'ordine,
studiando a Lovanio e Parigi la cultura classica e le lingue greca, latina ed ebraica [CosTA 1977,
160], fu tenuto inoltre per valente oratore ed eccellente teologo [BcT, GIULIANI Ms 2927, 218].
Continuò la politica instaurata dai predecessori, mantenendo il principato in una rilevante
posizione politico-religiosa, anche se per un certo periodo il nuovo principe si fece porre in
sudditanza dal conte del Tirolo arciduca Ferdinando II, mettendo così in pericolo l'autonomia del
suo tenitorio. Intervenuto nella diatriba il potente zio cardinale Cristoforo, la situazione fu rista-
bilita, cosicché il governo del nipote Ludovico risultò ancora ben protetto direttamente dal papa e
dall'imperatore, [KooL 1964, 247-56] il che permise al cardinale di dedicarsi all'applicazione dei
decreti conciliari, con la visita della diocesi a cominciare dal 1579 [CosTA 1977,162]. L'opera
politico-religiosa di Ludovico Madruzzo fu ispirata anche dalla confidenza con S. Carlo Borromeo
e S. Filippo Neri [Ibid., 161], personalità di spicco nella prima fase della riforma cattolica. Del
primo si è già ricordato lo zelo riformatore anche nei riguardi della musica; del secondo vale la
pena menzionare l'azione spirituale ed organizzativa che portò alla nascita della Congregazione
dell'Oratorio e alla conseguente letteratura poetica e musicale. In proposito è interessante il fatto
che uno dei primi seguaci e collaboratori di S. Filippo, Giovenale Ancina (1545-1604), medico,
teologo, poeta e musicista, fu precettore della sorella di Ludovico Madruzzo, Isabella [VettoRI
1985, 9, n. 14]; e che ai Madruzzo si deve il suo trasferimento a Roma dal nativo Piemonte, al
seguito del fratello di Ludovico Giovan Federico, ambasciatore del duca Emanuele Filiberto di
Savoia presso il papa Gregorio XIII [ALALEONA 1945, 34]. 41 Oltre al problema educativo, risolto
con l'istituzione in Trento di un seminario, il Madruzzo nelle Constitutiones stabilite dal Sinodo
provinciale del 1593 affronta anche il problema della musica sacra, seguendo quasi letteralmente
alcune delle disposizioni generali del Concilio di Trento in materia: Musici & Organistae à cantu
lascivo, à profanis carminibus ad choreas accomodatis in Ecclesia abstinenant [Constitutiones
1594, 14r].
Nelle norme sinodali si recepisce anche il problema dell'intelligibilità dei testi, della sacralità
del rito e del rispetto delle consuetudini della Chiesa di Roma. Durante l'Ufficio:
[Decanus et Canonici] Videant ut in Choro diligenter secundum Romanum Ecclesiae ritum divinae laudes persolvantur:
tum ut caeremoniae concinnè et cum dignitate observentur; et si quid temporwn iniuria inepsit, quod Rom[anae]
Ecclesiae consuetudini non correspondeat, id emendetur [... ] [Ibid., 22r] Antecessorwn nostrorum vestigijs inaerentes,
statuimus et ordinamus ut Rectores tàm collegiatarum quam parochialium Ecclesiarum procurent in Ecclesijs suis haberi
libros horarum secundum usum Ecclesiae Romanae, iuxta cuius stilu[s] officium ritè peragi possit: Id[eoque] integrè,
distinctè, intelligibiliter at[que] attentè, tamquàm cum Dea colloquentes, persolvant [Ibid., 26r]. 42

Nel principato tridentino di Ludovico Madruzzo, che va dal 1567 al 1600, la musica continuò
prevalentemente, anche se non esclusivamente, la tradizione italiana inaugurata negli ultimi anni
clesiani e consolidata durante l'epoca del Concilio. Questo è reso evidente dal fatto che gli orga-
nisti del Duomo succedutisi nella seconda metà del secolo provenivano, oltre che dal vescovado
di Bressanone (Martino Zingrel, 1581-1616), da città italiane come Venezia (Marco Antonio Partenia
1550-1558), Lodi (Giovanni Rinaldi, 1560-1562) e Spello (Macario Ceralto, 1566-1570) [LUNELLI
C. 1984, CARLINI-LUNELLI 1992 sub voce].

41
Di quest'altro esponente di casa Madruzzo (sposo a Isabella contessa di Challant) lo storico trentino Vigilia Vescovi
così descrive l' «impresa» che illustra la sua personalità: «Al tamburo con lettere e note musicali» perché unì l'arte
delle Muse a quella di Marte, eruditissimo scienziato, linguista, musico [VESCOVI 1648].
42
È notevole che quest'ultima disposizione si rifaccia non solo allo spirito conciliare, ma anche e soprattutto a quello
già sensibile alla riforma presente nelle ancor più particolareggiate disposizioni sinodali clesiane: Item statuùnus et
ordinamus, ut onznes ecclesiarum parochialium rectores procurent circa ecclesias suas: habere libros horaru[m]
c[u]m rubricà curiae Romanae. [. .. ] admonet haec sancta synodus, si orationes suas Dea acceptas fare cupiunt, ut
non in gutture, vel inter dentes seu deglutiendo aut sincopando dictiones, nec colloquia vel risus intermiscendo, sed
sive soli, sive associati, divinum diurnum nocturnumq[ue] officium reverente1; verbisq[ue] distinctis pa[n]gant
[Constitutiones 1538, Cap. XIX].

265
ROMANO VETTORI

Altre notizie accertano l'esistenza di musici locali, residenti in città e con una specie di
doppio lavoro, che si prestavano a suonare in feste pubbliche e private, ricevimenti di corte e
probabilmente celebrazioni solenni in Duomo [LUNELLI C. 1980, 166-67]. Questi musici usavano
strumenti come il violino, «il flauto todesco» - cioè traverso -, cornamuse, liuti, clavicembali,
violoni, organi da camera. Spesso, nei documenti notarili, i musici venivano definiti come tubicina
magnificae Tridenti comunitatis, cioè veri e propri piffari municipali, simili a quelli di molte altre
città italiane e straniere del tempo. Questi gruppi musicali, antesignani delle moderne bande civi-
che, all'epoca erano in realtà impegnati anche in più raffinate esecuzioni cameristiche e chiesastiche,
ed erano dunque spesso parte integrante delle cappelle musicali. Le varie occasioni in cui questi
gruppi erano attivi sono descritte nella cronaca stesa proprio da uno strumentista, il Besozzi, che
abbiamo trovato anche alla corte dei Madruzzo, attivo nel nord Italia, in Austria e Germania; ed
anche la tipologia dei repertori ci è abbastanza nota [KAMPER 1976, 200-205]. Abbiamo inoltre
anche notizia dell'esistenza di una discreta attività liutaiia [LuNELLI C. 1980].
Sull'interesse personale del cardinale Ludovico per la musica non possediamo documenti
particolari, tranne alcune notizie che lo vedono estimatore di musiche particolarmente raffinate e
mediatore - come già lo erano stati i suoi predecessori - di musici per la corte imperiale. Un
documento interessante, ancorché isolato, ci testimonia che il Madruzzo conobbe le più avanzate
sperimentazioni artistico musicali del suo tempo. Il 26 giugno 1581 troviamo infatti il cai·dinale
ospite del duca di Ferrara:
È passato per qua il Sig. Cardinale Madruccio et arrivò una mattina assai per tempo e partì l'altra[ ...]. Il Signor Cardinale
Madruccio fu trattenuto il giorno della sua venuta con la consueta musica delle dame, la quale si fa ogni giorno senza
mancare mai [DURANTE-MARTELLOITI 1971, 143].

Ci si riferisce qui senza dubbio al celebre gruppo cameristico di musica reservata della corte
estense, diretto da Luzzasco Luzzaschi e composto da abilissime virtuose di canto, gruppo che
anticipa la monodia accompagnata della camerata fiorentina e lo stile vocale seicentesco. Il Madruzzo
dovette apprezzai·e notevolmente il concerto delle dame, compiacendo il duca che ne andava
particolarmente fiero:

né può farseli cosa più grata che lodarle e amirarle, sì come intendo non aver mancato il signor Cardinale d'aver servito
in ciò l'Eccellenza Sua molto adornatamente, et in particolare facendo meraviglie della voce, del suono e della maniera
di quella Dama Mantovana chiamata la Peverara [Ibid.].

Per un altro passaggio da Ferrara nel 1592 fu riservato a Ludovico Madruzzo il trattenimento
del «concerto grande» che, come il Bottrigari rammenta «non viene dalla Altezza sua quasi mai
domandato, se non per occasione di trattenimento di Cardinali, Duchi, Principi, & d'altri personag-
gi grandi» [BorrRIGARI 1594]. Nelle spese della corte troviamo infatti un mandato di pagamento a
«Mastro Giulio Cricha ... per haver aiutato al conserta gran do per il cardinal di Trento» [DURANTE-
MARTELLOTTI 1982, 14]. Sempre il Bottrigari ci infamia che il «concerto grande» del duca di
Ferrara radunava non solo tutti i cantori e gli strumentisti della corte (circa una quarantina), ma
anche tutti quelli attivi in città, prevedeva numerose prove, anche alla presenza del duca Alfonso,
ed una esecuzione policorale.
Riguardo alla vicenda dei musici imperiali, sappiamo che al cardinale Ludovico l'imperatore
Rodolfo II da Praga, raccomandava il suo vicemaestro Camilla Zanotti [BcT, GIULIANI Ms 2898
fase.I, f.25, n° 489, 16/4/1589] e qualche anno più tardi lo stesso imperatore gli chiedeva ancora
appoggio affinché i due musici Teodoro Bachino e Vincenzo Nerito potessero recarsi presso la sua
corte [Ibid., n° 494, 6/6/1591]. Del resto i rapporti artistico-musicali con la corte imperiale non
erano casuali, vista la posizione politica del principato. Di questi rapporti è eco precisa una raccolta
di mottetti celebrativi dell'entourage asburgico, Novus atque catholicus thesaurus musicus, sicu-
ramente usata dalla cappella del cardinale, dato che un esemplare, rilegato in pelle con impresso
lo stemma Madruzzo, è tuttora conservato a Trento [BcT, T.4.d.56, parte del Quintus]. Ciò viene
confermato anche dal fatto che da questo libro, che contiene anche un brano in onore del capitano
di Rovereto (J. Regnart, «Quid mitis sapiens»), venne tratto ed eseguito un mottetto a sei voci di
J. Chaynée, originariamente composto in morte di Ferdinando d'Austria, e opportunamente modi-

266
Musiche per i Principi Vescovi

ficato nel testo per le esequie del cardinale Ludovico nel 1600 (in tondo nostro le sostituzioni
manoscritte, in parentesi l'originale):
Quis dabit oculis nostris fontem lacrimarum et plorabimus die ac nocte coram domino. O papule [Bohemia}, quid
ploras? Musica, cur siles? Civitas [Austria], cur induta lugubri veste moerore consumeris?
Heu nobis, Domine. Defecit Ludovicus [Ferdinandus}, gaudium cordis nostris. Chorus noster conversus est in luctum.
Cecidit c01v1w capitis nostris.
Ergo eiulate, pueri. Plorate, sacerdotes. Ululate, senes. Lugete, cantores. Plangite, nobiles, et dicite: Ludovicus
[Ferdinandus] piissimus requiescat in pace. Amen.[Ibid.,408-10].

Il principato di Carlo Gaudenzio Madruzzo (1600-1629)


L'aprirsi del nuovo secolo, il Seicento, vede un altro Madruzzo, il terzo e penultimo principe
della dinastia, alla guida del principato tridentino. Anch'egli - secondo la consuetudine del nepo-
tismo - fu coadiutore dello zio Ludovico (dal 1595), principe-vescovo alla morte di questi nel
1600, creato cardinale nel 1604 [BoNELLI 1765, 222ss.; AMBRos1 1887, 279ss.]. Politicamente in
linea coi predecessori, Carlo Gaudenzio Madruzzo (1562-1629) avviò anche l'organizzazione sco-
lastica in Trento, dapprima con i Padri Somaschi, quindi, a partire dal 1625, su insistenza dei
magistrati della città, con i Gesuiti [DE FINIS 1983, 240-68]. Non ebbe seguito tuttavia il tentativo
di Cristoforo Madruzzo di istituire l'università [TRENER 1900]. 43 Il cardinale Carlo Gaudenzio,
come avevano già fatto i predecessori, ad un certo punto della carriera, nel 1620, si trasferì a Roma,
dove i Madruzzo possedevano un palazzo e la tomba di famiglia, a S. Onofrio in Trastevere,
lasciando l'amministrazione del principato nelle mani del nipote Carlo Emanuele. Nel corso del suo
governo Carlo Gaudenzio condusse una vita lussuosa, in linea col gusto spagnolesco diffuso anche
fra la nobiltà locale [STELLA 1979, 544]. Non è senza significato il fatto che proprio con questo
cardinale ritroviamo le caratteristiche mecenatesche in cui si era distinto soprattutto l'avo Cristoforo,
all'epoca dei fasti conciliari. Il patronato musicale di Carlo Gaudenzio infatti risulta il più docu-
mentato rispetto a quello di tutti gli altri principi-vescovi di Trento (con l'unica importante ecce-
zione appunto di Cristoforo Madruzzo, soprattutto per la qualità delle opere e degli ambienti
musicali che furono in relazione con la sua figura): conosciamo infatti almeno sei pubblicazioni
musicali e un singolo brano a lui dedicati tra il 1612 e il 1625. Che cosa questo possa significare
sul piano della vera e propria pratica musicale locale rimane ancora da verificare: al di là dei
documenti riguardanti la pratica organistica e delle indirette notizie intorno al principe-vescovo che
si vedranno, non possediamo infatti altre indicazioni che attestino la presenza di un consistente
ambiente musicale di corte. Il problema si ripresenterà anche per altre fonti musicali dirette o
indirette non legate al principe-vescovo, ma certamente o presumibilmente provenienti dall'ambito
locale, del quale non conosciamo che assai debolmente i protagonisti.
Notizie generiche, anche se significative - nel solco della grande tradizione cinquecentesca -
ci vengono tramandate in occasione della presa di possesso del vescovado da parte del principe.
N atTa infatti lo storico seicentesco Michelangelo Mariani che il 14 aprile 1603 «seguirono a Trento
feste grandi, quali mai si fossero vedute d'altro Vescovo [... ] seguirono Festini, e Balletti in
castello» [MARIANI 1673, 368-69]. La situazione della cappella della cattedrale e delle altre chiese
di Trento, pur non essendo totalmente sconosciuta, ci riserba poco più dei nomi degli organisti.
Troviamo il bressanonese Martino Zingrel (o Cingarello), in carica dal 1582 al 1616; un anno di
interinato con Bernardino Paradisi - in un contratto è detto «musicho del Cardinale» [CARLINI-
LUNELLI 1992 sub voce] - e Gaudenzio Clamer, quindi dal 1617 al 1621, un altro nordico, Giorgio
Kreisl (o Craisello), di Bodensee, già maestro a Treviso nel 1603 [LUNELLI C. 1981, 93; FERRARESE-
GALLO 1990, XVIII]. Senza notizie siamo poi proprio nel decennio finale del principato di Carlo
Gaudenzio, tra 1620 e 1629, trascorso in realtà dal cardinale definitivamente a Roma. Sulle ese-

43
Vale la pena di ricordare anche l'intenzione del barone Innocenzo a Prato - che pure non ebbe seguito - di fondare
un ordine religioso, detto I' «Angelico», cui affidare una scuola pubblica di grammatica, retorica, greco, latino, musica
e istituzioni civili [OBERZINER 1910, 379].

267
ROMANO VETTORI

cuzioni musicali in Duomo sappiamo da un inventario della musica in cattedrale appartenente ad


un'epoca successiva che furono in uso i Salmi del Gastoldi del 1597, «Te Deum» e Litanie di Pietro
Lappi del 1607, le Messe a otto voci del Bernardi del 1616, i Salmi del Leoni del 1623 [CARLINI-
LuNELLI C. 1992, 364-70]. 44 Come si vede dagli autori citati, Trento si adeguò alla prassi musicale
dell'Italia padana, in un periodo di transizione posto tra la tradizione policorale veneziana, lasse-
stamento dello stile antico a cappella ispirato più o meno liberamente al Palestrina e alla polifonia
sacra del Cinquecento, e le nuove tendenze dello stile concertato. Le opere dei compositori citati
si muovono perlopiù nel solco della polifonia del doppio coro «battente» tardo cinquecentesco, che
spesso veniva raddoppiato da strumenti in sede esecutiva. Ma in alcune opere, tra le quali proprio
quelle che vedremo fra poco in relazione col cardinale di Trento, si utilizzano anche organici
ridotti, monodie, duetti e terzetti sostenuti dall'organo basso continuo: si manifesta qui una più
decisa apertura verso lo stile concertato, virtuosistico e talvolta con strumenti obbligati [LEONI
1615, BERNARDI 1615], caratteristico della musica sacra padana [RocHE 1984, passim]. Un fatto
piuttosto interessante è che le dediche al Madruzzo giunsero proprio da alcuni dei musicisti ricor-
dati nell'inventario del Duomo appena citato, e proprio da alcune di queste dediche sappiamo che
il cardinale conobbe direttamente quelle musiche ed i loro autori. Già nella prima raccolta dedi-
catagli, i Sacri Fiori. Secondo libro de mottetti pubblicati nel 1612 dal veronese Leone Leoni (1560
c.-1627), 45 il compositore ricorda al Madruzzo «Questo secondo libro de miei Sacri Fiori[ ... ] che
se mentre già furon sparsi si degnò gradirne alcuno, hora che la devotione de lanimo mio gli lega
insieme, non sia così uniti per haverli a sdegno» [LEONI 1612]. Il Leoni lavorò quasi tutta la vita
come maestro della cattedrale di Vicenza, componendo sia nello stile policorale veneziano, sia nel
nuovo linguaggio concertato, in campo sacro come in quello profano.Nell'opera dedicata al Madruzzo
troviamo anche una messa per organico ridotto, ma con delle concessioni ad libitum nella sua
concertazione che testimoniano la massima disponibilità, a fronte dell'apparente economia di mezzi
richiesti dalla partitura, cioè quattro voci soliste e organo basso continuo. È presente anche una
suddivisione in due cori di due voci ciascuno relativa ai soli «Kyrie» e «Gloria» il che farebbe
pensare ad una intenzione più spettacolare - in linea, anche se su scala ridotta, con la moda
veneziana dei cori «battenti». Il carattere «veneziano» della messa si rileva anche dalla brevità
dell' «Agnus Dei», sprovvisto della chiusa «dona nobis pacem», secondo la prassi veneziana che
prevedeva brani strumentali nel corso della messa. Nella messa del Leoni possiamo infine notare
frequenti passi virtuosistici a solo nel nuovo stile, mentre la scrittura a quattro parti è di tipo
semimoderno: un contrappunto echeggiante i modi della polifonia rinascimentale, ma con un'incisività
ritmica ed un senso dell'armonia a quella estranei. Vi notiamo inoltre la preoccupazione per la
comprensibilità del testo, spesso trattato sillabicamente, secondo i dettami della Controriforma.
Decisamente orientato al nuovo stile è poi il Leoni dei mottetti concertati a poche voci con basso
continuo, che completano questa raccolta dedicata al Madruzzo.
L'origine veneto-padana delle dediche musicali al prelato tridentino trova interessanti ana-
logie con quella di alcuni drammi, dedicati sempre al cardinale; come Il Giuramento, tragedia sacra
(Venezia 1612) del veronese Bartolomeo Tortoletti, e la Theosena (Vicenza 1619, 16141) tragedia

44
BcT, Ms.204: «22) Vespri intieri di Gio[vanni] Giacomo Gastoldi del 1597 - Stampa antica - parti 9». Non è chiaro
di che opera si tratti, in quanto i repertori non riportano alcuna edizione con titolo simile del 1597. Forse si tratta di
una precedente edizione dei Salmi intieri che nelle solennità dell'anno nel Vespro si cantano [ ... ]a sei voci, Venezia,
R. Amadino 1607 - ma non coinciderebbe con il numero delle pmti - oppure di Tutti li salmi che nelle solennità
dell'anno al vespro si cantano a otto voci, Venezia, R. Amadino 1601 (più la parte del basso continuo). Altra ipotesi
più remota, formulata in CARLJN1-LuNELLI 1992, 367, è che si tratti del Completoriwn pe1fectum [. .. ] quaternis
vocibus, liber secundus, Venezia, R. Amadino 1597.
- 6) Messe ad otto voci di Steffano Bernardi del 1616 - Stampa antica - parti 9». Cfr. Missae octonis vocibus
modulatae [ ... ] Venezia, G. Vincenti 1616» (RISM B 2054);
- 13) Salmi di Leone Leonio del 1623 - Stampa antica - Parti 6». Cfr. 2° ed. di Omnium solenmitatum Psalmodia
cum bino Beatae Virginis cantico octonis vocibus concinenda, Venezia, B. Magni signum Gardani 1623, RISM L 2009
(1° ed. Venezia Amadino 1613).
45
I libri di mottetti concertati del Leoni ebbero lonore di un buon numero di ristampe: il I libro (1606) quattro, questo
II libro (1612) tre (1613 con medesima dedica - fatto abbastanza insolito - 1616, 1621).[RISM A I sub voce].

268
t CANTO I
"!'-."'-'.'~'•"~'-~,~~·"'~·'"''I':·~~·
·--.:..,'. ~,. ·... , """ ..,.r,,,... .. ..,,.fr.. . . ~;~·1·1
... -. ·~""'-'.,_,,._,,.ç,r.. •.,~··~(f.lS"~'•;~)~·,.~~·
,;:--r, ~•I"'" .... ~
!..t~~.f~~'·~ •• ·..~ .....;.~.:r.1 .. "-'"'··.... ~·,., :r~--~:, •.ft~• 1 ·'i-...n .. iV·:'.,· ... ~ .. "J
- ~1~ ~f...-:. "'....:· ,
•. il c..,~~ ~ . ·~v
---"'--------~--t--- -f --~-----l-!-~-!-·1-~-~-~-:E·-
~=~=~:•:9~:f:~:t:•:t~J:\':•: ·: : ·: :: =·= =~={:~
I. 1...-·~ ............. '"-4.•~ \,;.~.•'- u- "''""' 'à.. • ,_.""' \:. ......."/ • ..:. '* •
..~·~.;:.·~ .~~. ~p·. J, q~GJ,"~'~ " ~ ~"''~~·~-
..-"
p" ----f-t----a:-t-+---·- -l-t- - - - ----·~
p'li t•. .._ ,.~ ..
~ •• '"'3., ,)ndl.n;%. ~, '~~~~.~-·•· ~~ 1r-.. • -. , ~~1~
.. ·~"···"-:
,!'.
~\"'" :• ......•~,\"'")·:••\•"l·"",!
,
.......... ~· ~ ~ ~.*"~1:'~')
.... , . ,, .. /.. ' • ,_.. ,, . ·"" ,..... . ......, ' ., .. •.., - ::;--:\,,. "~ I •'"... ,._,,. . ..,.., . .
!. ---

----i~1in~ini:lpr~m~a:~a~:~af.·-;-1·1-i---!-1-----1-~-~-----
~lt) MO OR

1\LL'ILL. ET REV. SlG· MIO - -- -- -- --. -- -- ----- -- -- -- -- -- -- ·-m-:;-


-. -- -- -- -- --···-w
a===-=-=-= =1-=i===-=-= ==i= ==----= =-·=-=~=l=
":'-

SIG· ET PATRON COLENDISSIMO


IL SIG· CARDJNALE DI TRENTO·
-.-.:.i-~---:-i-~---i· : : : : -: : = : .:.---
: : :· ·: : : : :·. 1·-~-----i---------t--~--- :..,.
t- =~=-=-= l =-= =i=t= ~=f=hd- :*=*==
=~·=
~~~ On? cof11. deUa qual'io maggiormente mi. regi,
che della diuottom c'hò hereditata d1t. mio Pa-
dre -verfa P, S. lUu(lrijfim.: ma mm pojfo com-
----:-1·-f-~-1-
-- ·- - ·- ~-1-i--~-f:f:-~--i-t-~
- - ·- - - --·1-!-1·- - - -.. - - -- - ·-:2-
- --
·:_:!:::-
-
~~~===-;===...::_::_::_:_::_:_: :: : :
,.._
piacermene intieramente,fa primd. con qualclu
/egno non la ma?iiflfl.o à ùi.Prr ciò fare mi l'a- !: -::_::
glio d1 quefle fue compojitt'oni mujicali, ch',:r-
dijèo ded1eare 4 P. S. lll"Jlrijfima,e per adem
pire la "Voknt4 di lui, & peri'mprimere in Lei
ear.atteri di riuerern:,..i '..ef'equendo ciò 'h' egù
=-= : : : :..-:-i-+-
... ------ :- ______--- -i- -· ·--=-n';"-- -~--- -
-·~--1-~-1-1-~-----J?-f-1·1-i---~-i-----"":H--:::.==
----- :!: .: : :- : : ::· :::: :;::::-1:~--
.. ~ - - -----~-: ====== I

-yiuendo determinò ,6.,. ch'io ftr ji!i1tl'""P6/;idienza fimo tmuto dif4re. Sup-
plico in la~:to //. S. JUurlriJ/ima;; dez.n11rfr diriuuere in grado 'l.ueJla poca
dimoftrationed'infinito(ljfequio,e doue L'Operttno11gi1mge,@r io per me non
"Vaglio fapp!ifca la beni.~nità di Lei che può habilivm alLt p.t.rtecipatione
_. __________ __ ____ _____ -
.__ ..,_. . _,,__ .,.. ...... .._.....,,_....

a1ella/u::i ~~ratM la mia diuQJA "!'olontd.. Per fine hurnilijfimamente me le


incbino,r(f da Di" /4 11.uguro og,ni maggiorfo!icid. - .___________________________
_ ..-....-~..-.-------- ____
----.....-..-------- ___ __ ....._____ _...... ,,,_
e~
"'
Di flenetia /1 .xx. Luglio. MDC X Y 1. ----------------------------------------------------------------
-----------------------
--------------------~--~-------------------------__,
------~...___..,.._
~
"d
(Il
Di P.S. 1Uuj1rijfim1t.1 @' 7.{tuaendijftmA '"'
Deuott}Jimo,& bumili!Jimo Seruitore ----------.---
____-------------
_.._. .........
---.
....... - -·------------
....._ _____________________
-------------.-------.---------------------
-------- ,_.......
'"t:l

~ldrio Bom::. .41'Ìni. -- ----------·---------~--------------------
~_..._. ........
~:
A %. ~
N
O\
"'o
()

\O Fig. 6: Dedica a Carlo Gaudenzio Madruzzo e primo brano strumentale Bonzanini, Capricci musicali, G. Vincenti, Venezia 1616. (Foto P Zeni). :::.
ROMANO VETTORI

in cinque atti del vicentino Pietro Antonio Toniani, dedicatagli da Giordano Moscatelli, sempre di
Vicenza [LUNELLI C. 1989, 318-19]. E ancora da Vicenza Giulio Nicoletti gli dedica le sue Rime
[NrcoLErrr 1596]. Dalla vicentina Schio proveniva pure Giuseppe Basso, rettore dei padri Somaschi
di stanza a Trento, come si ricava dalla trenodia latina in morte di Ludovico Madruzzo [Lachrimae
1600].
Oltre a quelle del Leoni, al Madruzzo vennero dedicate ancora musiche di chiesa, fatto
dovuto con ogni probabilità al suo status di ecclesiastico d'alto rango. Si ricordano il Sacrarum
cantionum [... ] liber tertius pubblicato nel 1619 dal rodigino Carlo Filago (1589-1644) [FILAGO
1619], allora organista a Treviso, poi in S. Marco a Venezia [PASSADORE 1984, 107ss.] e i Sacri
affetti del 1625, raccolti a Roma da Francesco Sammaruco, quando il Madruzzo ivi risiedeva ormai
stabilmente. L'opera del Filago, giuntaci alquanto incompleta, si mostra interessante nel titolo, per
l'accenno alla presenza di alcuni brani concertati con strumenti (ex quibus aliquot Instrumentis
Musicalibus concinuntur). L'antologia romana del Sammaruco, per parte sua, contiene musiche di
importanti autori del tempo, quali Alessandro Grandi, Virgilio Mazzocchi, 46 Domenico Valerio
Guami, Girolamo Frescobaldi e Gregorio Allegri.
È probabile che a Trento, oltre a quella musicale liturgica, vi fosse anche una discreta attività
musicale cameristica, e questo ancora prima che Carlo Gaudenzio assumesse pienamente il posses-
so del principato. Anche se risulta impossibile accertare un suo ruolo personale attivo nelle esecu-
zioni - che pure non sarebbe fatto eccezionale nelle abitudini principesche del tempo - sicuramente
nell'entourage del vescovo all'epoca in cui era coadiutore, tra 1595 e 1600, venivano usate in
castello le sei viole da gamba, uno strumento a tastiera, il tamburo e il leggio elencati nell'inven-
tario stilato nel gennaio 1599. 47
(c. 2v.): Nella stua grande [del Magno Palazzo]. [... ]Item due casse di Pez con dentro sei viole d'instrumenti di Monsig.
Ill. mo et R.mo Coadiutore [ ... ] Item un Claucimer o Anticorbo di Monsign. Ili. mo et R. mo Coadiutore [... ] Nella
Camera del camino Negro [... ] (c. 3r.) Item una cassa et uno tamburo di Mons. Ili. mo Coadiutore. Item uno Legno per
metter sopra li Libri da cantare» [AST, lnventariwn 1599].

Forse una testimonianza debole per l'attività musicale locale della corte, ma ugualmente
significativa e a suo modo curiosa, è quella che ci fornisce Pietro Paolo Meli da Reggio, «lautinista
e musico di camera di Sua M. cesarea», il quale inserisce nella sua Intavolatura di Liuto attiorbato
libro secondo del 1614 una «Gagliarda detta la Crudella, Intitolata All'Illustrissimo, & Reverendis-
simo Signor Cardinale Madrucci di Trento» [MELI 1614]. 48 Ancora l'ambiente degli Asburgo e del
Sacro Romano Impero è quello rappresentato dalla maggior parte dei dedicatari dei brani di questa
raccolta. Più oscura resta la ragione del titolo specifico del brano indirizzato al Madruzzo
(«Crudelle» ), ma possiamo immaginare sia stato originato da qualche episodio occorso fra l'autore
e il cardinale, dal momento che molti altri titoli si riferiscono al nome (Pallatina, Slesiante, Bransvico,
Bavarante) o ad altri attributi dei dedicatari (Favorita, Liberale).
Se l'attività musicale a corte è solo immaginabile da queste poche notizie, testimonianze più
concrete di musica profana, vocale e strumentale, in relazione con la corte di Trento, sono alcune
altre opere musicali dedicate a Gaudenzio Madruzzo.
Nel 1616 il mantovano Mario Bonzanini dedica al principe i Capricci musicali a quattro voci
composti dal defunto padre Giacomo: si tratta di una serie di madrigali, sinfonie e balli strumentali
con basso continuo. Anche da questa dedica traspare un qualche rapporto già intercorso tra l'autore
delle musiche - organista nella chiesa ducale per pochi mesi nel 1610 di S. Barbara a Mantova
[TAGMANN 1970, 394] - e il cardinale di Trento:
Non è cosa della qual'io maggiormente mi fregi che della divotione c'ho hereditata da mio Padre verso V. S. Illustrissima
[... ].Per ciò fare mi vaglio di queste sue cornpositioni musicali, ch'ardisco dedicare à V. S. Illustrissima, e per adempiere

46
Si veda più avanti la sua cantata dedicata al nobile trentino Barbi.
47
Debbo la segnalazione alla cortesia dell'arch. dott. prof. Michelangelo Lupo. Parte di queste notizie anche in LuNELLI
C. 1980, che riporta anche, nel camerino di tale Kiopoch «un anticorbo, o Inshumento» (pp. 166-67).
48
Cortese segnalazione del prof. Pietro Prosser.

270
Musiche per i Principi Vescovi

la volontà di lui, et per imprimere in Lei caratteri di riverenza, eseguendo ciò ch'egli vivendo determinò [Bonzanini
1616].

Nel 1619 un altro mantovano, Francesco Gonzaga (1590-1628) - appartenente a un ramo


cadetto della celebre dinastia che governò Mantova -, dedica al Madruzzo il suo Primo libro delle
canzonette a tre voci [GoNZAGA 1619]. Tipiche del gusto leggero proprio del genere, assai in voga
nell'ultimo Cinquecento, di quello tradiscono l'origine, dato che il basso continuo è stato aggiunto
per maggior completezza, ma potrebbe essere anche omesso. 49 Più in linea con le tendenze moder-
ne invece le poche arie a voce sola, caratteristiche nella loro spigliatezza testuale e nell'impiego
del ritmo ternario. Forse alla destinazione del volume a una corte vescovile si deve l'inserimento
di un'aria di carattere spirituale, «Ritorna invitto Dio», che con la sua gradevolezza e semplicità
strutturale, su base strofica, appartiene a quel repertorio di area controriformistica che sin dalla fine
del Cinquecento aveva preferito le forme profane per incontrare i favori del pubblico, e indirizzarlo
più agevolmente alla pietas cristiana [ALALEONA 1945, 51ss.]. D'altronde la musica del Gonzaga
non doveva risonare del tutto nuova al principe, come si legge nella dedica:
ecco una Cicaletta stridola, e roca cò strepitosi garriti succede al concento souave supplicando V. S. Illustrissima che così
rivolga l'occhio benigno come già si degnò inchinare gl'orecchi ad altre mie compositioni, à queste mie Canzonette.

Di Francesco Gonzaga ci è rimasta quest'unica opera a stampa, di carattere profano, ma la


sua attività, svolta presso la chiesa ducale di S. Barbara in Mantova, è documentata soprattutto nel
genere sacro con una messa, salmi, Magnificat, litanie. Fu per un periodo anche maestro di canto
fermo [CAMPOGALLIANI 1974, 277; TAGMANN 1970, 383]. Se ancora una volta dobbiamo attribuire
la facilità di almeno parte delle relazioni musicali del principato di Trento ai più agili contatti con
gli ambienti filo-imperiali, come quello mantovano, risulta difficile stabilire le ragioni individuali
che portarono i musicisti a quelle dediche. Forse la speranza di un impiego, forse la copertura delle
spese di stampa, oppure la riconoscenza per dei favori: sta di fatto che per il cardinale di Trento
questi compositori scrissero cercando anche di adattarsi ai suoi gusti, o alle esigenze della sua
musica di corte.
Nel 1621 un compositore di tutto rispetto, Stefano Bernardi (1580c.-1638c.), maestro allora
della cattedrale di Verona e della famosa, quasi secolare Accademia Filarmonica di quella città, nel
dedicare al Madruzzo il suo secondo libro di Madrigaletti a due e a tre voci con alcune sonate a
tre, [BERNARDI 1621], gli comunica che «si è ingegnato di compor opera a poche voci, stimando
così dover essere più conforme al gusto suo», cioè del principe stesso. In quest'opera del Bernardi,
autore che abbiamo tra l'altro già trovato nel repertorio nella cattedrale di Trento dell'epoca, si
compie un ulteriore passo nello sviluppo dello stile concertato, anche se per organico ridotto. Duetti
e terzetti, con passaggi virtuosistici ed inserimenti strumentali nella tipica struttura a ritornelli per
due strumenti acuti e basso continuo, accanto a vere e proprie sonate a tre con organico strumentale
specificato (violini o cornetti, chitairnne, trombone o fagotto) fanno di questi appai·entemente
modesti «madrigaletti» delle interessanti testimonianze di ciò che anche a Trento si poteva fare
musicalmente nel primo ventennio del Seicento.
Ci occuperemo ancora, in seguito, del veronese Bernardi, ma per il momento è interessante
ricordare che nel frontespizio dei suoi madrigaletti per il Madruzzo si cita come possibile strumento
d'accompagnamento il chitai-:rone, appartenente alla famiglia del liuto, usatissimo nella musica
vocale da camera, da chiesa e da teatro, e anche nei complessi strumentali. Il riferimento ci porta
a considerare brevemente due documenti musicali sicuramente di ambiente, o almeno di uso trentino,
anche se non propriamente della corte vescovile. Si tratta di due intavolature manoscritte per liuto
del primo Seicento conservate a Trento.

49
«Alli benigni lettori. Vi ho messo il Basso continuo per quelle arie in particolare perché le Canzonette si panno cantar
senza il sudetto basso, vero è se si canteranno accompagnate da qualche stromento renderanno il suo vero effetto»
[GONZAGA 1619].

271
ROMANO VEITORI

Fig. 7: ANONJkIO, Manoscritto di intavolatura per liuto, sec. XVII. B ms. 194715, c. 151: (Foto P Zeni).

272
Musiche per i P1incipi Vescovi

Abbiamo già visto come il liuto, nel Trentino del Cinquecento, potesse contare sulla presenza
di almeno un costruttore (G. M. Cabana) e di un considerevole compositore, il musico di Cristoforo
Madruzzo Simon Gintzler. Questi nuovi documenti testimoniano la persistenza dell'uso dello stru-
mento anche nel primo Seicento. Proveniente dall'archivio Wolkenstein di Castel Tablino, ora in
Archivio di Stato a Trento, il Libro de Liuto è un manoscritto del 1614 che porta anche il nome
del possessore e, probabilmente, anche esecutore delle musiche: Rodolfo Si:ill. Difficile invece
stabilire l'autore o gli autori di queste musiche: danze tipiche dell'epoca, basate su schemi melo-
dico-armonici - le arie - assai diffusi e spesso di origine popolare, variate con diminuzioni e
fioriture. Queste danze si presentano spesso accoppiate a due a due, secondo una successione già
rinascimentale e successivamente ampliata dalla suite barocca [SIMEoN 1982, 145-48].
Anche più interessante appare il secondo e più voluminoso manoscritto a noi giunto, con-
servato presso la Biblioteca Comunale di Trento [Ms 1947/5]. Strutturalmente simile al Libro de
Liuto di Castel Tablino, con gruppi di danze sulla medesima aria («Spagnoletta», «Ruggero»,
«Baviera», «Bergamasca», «Granduca» ecc.) esso porta caratteri stilistici più personalizzati, ed
anche una composizione di carattere contrappuntistico, denominata «fuga» [LUNELLI R. 1967, 102-
108; SIMEON 1982, 150]. Ignoti gli autori delle musiche; spesso al termine dei brani si trova «V.
B.» oppure «del sig. V. B.» - il possessore e/o l'estensore del manoscritto.

Il principato di Carlo Emanuele Madruzzo (1629-1658)

La dinastia Madruzzo governò il Trentino per più di un secolo, dalla metà del Cinquecento
alla metà del Seicento, e per la precisione fino al 1658, anno in cui moriva il cardinale Carlo
Emanuele. Questi, secondo la tradizione, fu coadiutore dello zio Carlo Gaudenzio dal 1622, e fu
eletto vescovo alla morte di questi, nel 1629 [BoNELLI 1765, 226ss.]. Il principato dell'ultimo
Madruzzo non brillò per particolari meriti né politico-religiosi né culturali. Pur avendo condotto gli
studi presso i Gesuiti di Monaco, in filosofia a Ingolstadt, e conseguito la laurea utroque iure a
Perugia, Carlo Emanuele Madruzzo si preoccupò soprattutto della possibilità - negatagli - di
smettere l'abito sacerdotale per poter dare continuità alla sua famiglia. Dalla sua elezione a prin-
cipe-vescovo visse sempre a Trento, ma non pare che la più favorevole circostanza della continua
presenza abbia comportato un deciso beneficio per la vita artistico-culturale del principato. Durante
il suo governo Trento affrontò la peste del 1630, il rinnovarsi delle pretese della nuova reggente
del Tirolo Claudia de' Medici, i processi per stregoneria. Il cardinale Madruzzo non si distinse per
particolari azioni politico-religiose, e si limitò a onorare nel migliore dei modi i frequenti ospiti
illustri che da Trento transitavano o soggiornavano [AMBRosr 1887, 287ss.].
Il suo interesse per la musica è normalmente considerato scarso [LUNELLI C. 1981, 90], e la
situazione musicale tridentina si riferisce al suo principato più per comodità d'inquadramento
cronologico che per l'effettiva attività musicale riscontrabile alla sua corte. In effetti, per un
panorama concreto sulla situazione musicale di quest'epoca ci dobbiamo riferire anche ad ambienti
come quello dei Lodron di Villalagarina - benché, come si vedrà, anche questo riferimento sia
abbastanza indiretto - o del principato vescovile di Bressanone, o ad altri documenti non chiara-
mente collocabili, ma sempre di provenienza o d'uso genericamente trentini. Come sempre, anche
sotto Carlo Emanuele Madruzzo esisteva un interscambio di musici tra la cappella della cattedrale
e quella privata dei vescovi. Dal 1638 circa troviamo maestro in Duomo il veronese Simone
Martinelli, che doveva rimanere in carica fino alla morte, avvenuta nel 1660. Sotto di lui la
cappella della cattedrale si anicchì degli archi e consolidò un repertorio musicale decisamente
italiano [Ibid., 94], come è ricavabile sempre dall'inventario delle musiche della cattedrale già
ricordato. Oltre agli autori citati per il periodo di Carlo Gaudenzio, infatti, l'inventario annovera
anche opere di Agostino Felipucci, Francesco Tmini, Orazio Tarditi, Francesco Foggia, Giovanni
Legrenzi, Francesco Porta, tutti musicisti italiani attivi nelle principali cattedrali della penisola, al
nord come al centro, ed alcuni anche in stretto contatto con Praga, Vienna e l'ambiente asburgico
[BcT, Ms 204].

273
ROMANO VETIORI

Sotto Carlo Emanuele avvenne la definitiva ripartizione delle spese per la musica in catte-
drale: dal 1635 il Capitolo del Duomo si assumeva infatti l'onere della cappella musicale, il
vescovo quello riguardante il maestro ed organista [LUNELLI C. 1981, 94], il che può far presumere
anche la volontà del principe di mantenere comunque un controllo sulle direttive generali della
musica in cattedrale, oltre alla possibilità di utilizzare il maestro per le proprie esigenze di corte.
Sappiamo infatti che il Martinelli summenzionato svolse per il principe-vescovo anche un'attività
profana, se musicò lAlcina - la prima opera di teatro musicale testimoniata nel Trentino -, che
venne data nel 1649 nella residenza vescovile del Palazzo delle Albere, in occasione dei
festeggiamenti madruzziani in onore dell'Infanta Maria Anna, futura sposa di Filippo IV di Spagna:
Si rapresentò anche oltre la Comedia in Castello, un'Opera Teatrale al Palazzo quale riuscì erudita, non meno che curiosa,
e benche profana, hebbe però mista la serietà; parlando trà gli altri Intermedij questo di moral Critica:
[te dunque, ò Palaggi,
Ite scettri, e Corone,
!tene vane pompe,
Scopo d'ambition, di tradimenti: Quando [!]di voi più lieta
È vita pastorale,
Dove si scopre il Ciel benigno, e chiaro,
Dove si trova ad ogni mal riparo.
Con altre rime, ch'esprimevano al vivo la caducità delle mondane grandezze sù gli occhi de' due Rè. La recita si replicò
più volte con gradimento delle Maestà, e la Compositione, che seguì per ingegno de' Chierici Regolari somaschi, venne
assistita di Musica dall'Organista Simon Martinelli [MARIANI 1673, 383].
[... ] l'anno 1649, oltre la Comedia in castello, seguì l'Opera in Musica intitolata L'Alcina; & è quella che da Chierici
Regolari Somaschi si rappresentò nel Palazzo Madruzzo alle due Teste coronate [Ibid., 434].

Notiamo che il cronista definisce lo spettacolo «opera in musica» e poi fa cenno agli «in-
termedi». È possibile - anche se fatto abbastanza raro - che l'opera prevedesse, oltre al testo
cantato, la vecchia consuetudine degli intermedi pure musicati, tra un atto e l'altro [BIANCONI 1982,
172]. L'Alcina costituisce la prima opera in musica finora conosciuta data nel principato di Trento,
e presenta due aspetti interessanti: da un lato quello originario - pur nelle singole peculiarità - del
melodramma celebrativo aristocratico fiorentino, mantovano e romano, cioè largomento pastorale,
mitologico o epico-fantastico, di derivazione ariostesca, 50 dall'altro l'adattamento all'ambiente della
corte vescovile, con l'inserimento di tematiche moraleggianti, predisposte dai padri somaschi che,
prima dei gesuiti, avevano gestito il seminario, cioè il principale centro educativo controriformistico
del principato. Sappiamo che nel frattempo, lopera in musica era divenuta anche spettacolo aperto
ad un pubblico pagante, in particolare a Venezia, con il teatro S. Cassiano, inaugurato nel 1637,
e molti altri aperti negli anni seguenti. L'Alcina, stando alle poche notizie che ne abbiamo (non
sono pervenuti né il libretto né la musica), fu dunque una tipica opera di corte, nel solco della
tradizione del melodramma delle origini, i cui meccanismi di rapporto testo/destinatario, nonostan-
te il diffondersi del teatro impresariale moderno - sul modello appunto dei teatri veneziani -,
continuò nelle piccole e grandi corti di tutta Europa del Sei e Settecento. Non è un caso che, come
ci ricorda il Mariani, le rappresentazioni musicali nel principato tridentino del Seicento non fossero
molto frequenti, e che non esistesse un teatro stabile -fatto abbastanza comune nelle corti solo agli
inizi del secolo. Comunque erano le esigenze celebrative a imporre il nuovo genere: «Non regnano
d'ordinaiio a Trento Opere Comiche Teatrali, come in altre Città Dominanti: ben sì tal'hor se ne
fanno di straordinai·ie » [MARIANI 1673, 434].
Altro spettacolo di cui si ha notizia in Trento a quest'epoca è infatti una Stratonica del 1656,
su libretto del conte Carlo Mattia Saracini, ma di cui si ignora la musica ed il suo autore. Essa
venne data al Castello del Buonconsiglio a spese del Saracini, in onore del vescovo:
l'anno 1656 seguì La Stratonica, Opera mista in musica rappresentata in Castello al Principe. Compositione del Nob.
Carlo Mattia Saracini, che la fece anca a spese proprie, e l'Opera và in stampa» [Ibid., 434].

50
Già trattato da Francesca Caccini, la figlia del celebre cantante ed operista [CACCINI 1625].

274
Musiche per i Principi Vescovi

Quale autore della musica è stato ipotizzato ancora l'organista del Duomo Martinelli [LuNELLI
C. 1989, 319]. La definizione del Mariani («opera mista in musica») sembra confermare si trattasse
di uno spettacolo in cui la musica si alternava alla recitazione, dato che nel libretto si indicano le
parti da eseguire cantando. Le caratteristiche dell'opera sono più precisabili rispetto a quelle del-
l'opera precedente, avendo la disponibilità del libretto [SARACINI 1652], che ci presenta un episodio
dell'antichità classica, suddiviso in cinque atti, con la predisposizione di almeno otto arie. L' am-
biente letterario da cui proviene il testo - stampato già quattro anni prima dell'allestimento vero
e proprio - è quello dell'appena nata (1628), sopita (1630) e poi risorta (1671) Accademia degli
Accesi sulla quale agiscono varie influenze, non ultime quelle gesuitiche, riversatesi nel libretto
con l'inserimento di tematiche religiose, la conversione e morte della protagonista, il trionfo della
Divina Provvidenza sulla pagana Fortuna [SANGUANINI 1989, 450]. Interessante è il fatto che,
nonostante fosse prevalentemente a carattere letterario, sin dalla fondazione l'Accademia degli
Accesi avesse un sovrintendente alla musica [EMER 1893, 47]. Curati nell'ambito della stessa
Accademia si troveranno nella seconda metà del secolo ancora testi musicati, di solito per la
celebrazione di personaggi illustri, laici e religiosi (in particolare musiche oratoriali per S. Filippo
Neri [BcT, Ms 1025; EMER 1893, 54-55, 62, 63-64].
Tornando alle feste dell'ultima epoca madruzziana, quelle del 1649, il Mariani racconta che
si ripeterono i consueti pranzi con portate accompagnate da esecuzioni musicali:
Li primi tre giorni dell'arrivo furono le loro Maestà continuamente trattate dal Vescovo; e Prencipe Madruzzo con tale
spesa, pompe, e lautezza, che fé stupire [ ... ] Servirono alla real mensa Gentil'huomini Trentini, e Feudatarij sempre à
concerto di musica con salve interpolate di mortari, e fuochi, che giocavano d'artificio [MARIANI 1673, 374].

Alla mensa reale, nei giorni seguenti, troviamo musicisti al seguito degli arciduchi d'Austria
- come già avvenne per le feste di consacrazione vescovile di Cristoforo Madruzzo nel 1542
[VETTORI 1985, 21 n. 57]: «Nel mentre della Mensa toccavano a prova li trombettieri, ne mancava
Co[n]certo anche di Musica, massime in tempo che vi furono gli Arciduchi, quali [... ] facevano
ca[n]tar Voci esquisitissime, che haveva[n] seco» [MARIANI 1673, 381]. Gli stessi musicisti vennero
impiegati anche alla messa pontificale in Duomo: «La Messa venne solennizata in musica da un
Choro, stò per dir, d' Angioli, condotto dagli Arciduchi; oltre i regij Cantori, che intervennero»
[Ibid., 389].
Tornando alla musica per teatro, non vanno dimenticate le rappresentazioni con o in musica
- pur di ambito scolastico - presso i Gesuiti o altri ordini religiosi di Trento. La stessa Alcina
summenzionata si è visto essere stata composta su libretto e con un allestimento curati dai Padri
Somaschi attivi in città, e non si contano le rappresentazioni del collegio dei Gesuiti nell'arco dei
quasi due secoli di presenza a Trento. Trattavasi di spettacoli edificanti, rispondenti alla tipica
concezione del teatro religioso barocco rivolto al docere delectando, fornito di meravigliosi appa-
rati scenici, nella forma trionfante dell'applauso, come avvenne nel 1629, per festeggiare l'elezione
dello stesso principe vescovo Carlo Emanuele Madruzzo [BELLI-VIDESOTT 1989, 277-79]. 51
Sappiamo inoltre che numerose erano allora anche le confraternite (SS. Sacramento, Croci-
fisso, Rosario, Carmine, Morte, S. Antonio di Padova, S. Filippo Neri, S. Simonino [MARIANI 1673,
148ss.]), nei cui rituali è abbastanza logico supp01Te la presenza della musica. Prescindendo dalla
maggior parte di esse, per le quali non risultano evidenze al riguardo, sappiamo che la Congrega-
zione dell'Oratorio di S. Filippo Neri - istituzione legata profondamente alla nascita stessa del
genere musicale dell'oratorio - a Trento si radunava in S. Maria Maggiore, ove un paio di volte
all'anno faceva eseguire della musica, e come in altre città italiane, solennizzava le feste più
importanti della chiesa tridentina [BIANCONI 1982, 131; LUNELLI C. 1989, 322]. I documenti coprono
l'arco di un trentennio (1658-1688), e in un caso (giugno 1683) riportano anche l'organico e i nomi
degli esecutori: un organista (il maestro di cappella del Duomo dell'epoca Giovanni Battista Villa),
quattro cantanti (Lorenzo Rossi, Giovanni Battista Xico, Carlo Buscardi, Giacomo Antonio Panizza)

51 Applauso scenico all'ill[utrissi]mo e rev[erendissi]mo Principe Carlo Emanuele Madruzzo, in MADRUTIA TEMPE 1629.

275
ROMANO VETTORI

e due violinisti (Paride Parisi e Carlo Rossi) [BcT, Ms 1764]. Come si nota, un organico piuttosto
ridotto, che tuttavia appare in linea con le esigenze della maggior parte delle partiture del tempo
(si veda ancora il già menzionato elenco delle musiche del Duomo [BcT, Ms 204]).
Gli eccezionali apparati esecutivi registrati nelle vaiie solennità non devono del resto fai· pensai·e
che in Duomo la n01male liturgia festiva non venisse adeguatamente accompagnata in musica. Come
ci dice il Mariani, nella cattedrale: «S'usa il Canto Fe1mo diretto in Choro da due Mansionaiij;
essendovi però nelle Festività la sua Musica in Organo per lo più à conce1to» [MARIANr 1673, 59].
Sempre rimanendo nell'ambito religioso, sappiamo che ad eccezione di S. Pietro, che aveva
un proprio organista, alcune chiese di Trento a metà secolo venivano officiate in musica perlopiù
grazie alla collaborazione dei maestri e di altri musicisti operanti in Duomo [LUNELLI C. 1981, 93].
La cappella del Duomo, dotata intorno agli anni '40 di un organico di sette-nove elementi, giunse
ai sette-otto cantori più tre-quattro violinisti, un violone e un organista intorno al 1680 [Ibid.,94].
Questi organici anche in alcune altre chiese di Trento venivano tuttavia considerevolmente allargati
in occasioni solenni, come nel 1672, quando i domenicani di S. Lorenzo festeggiarono la
canonizzazione di due correligionari, lo spagnolo Lodovico Bertrando di Valenza e la peruviana
Rosa di Lima. La domenica 3 gennaio, giorno di giubileo per l'indulgenza plenaria, la chiesa
accolse una grande folla di fedeli che poterono assistere ad una solenne celebrazione della messa
e del vespro: «cantossi la Messa in Musica à due Organi con Choro di Stromenti, & un altro di
Trombe, e Tamburri [... ] come anco al Vespro». Così continuò durante tutta la settimana mentre la
domenica seguente, alla processione: «s'avviò a suon di Trombe, Tamburri, Organi, Campane, e
salve una Publica solennissima Processione per tutta la Città; portandosi dà PP. Riformati la statua
di S. Lodovico c01teggiata d'Angioli, e à suon d'instromenti» [MARIANr 1673, 259-60]. Vedremo in
seguito che anche per le esequie dell'ultimo Madruzzo si erano allestite in Duomo musiche policorali.
Sembra interessante qui sottolineare l'utilizzo di gruppi strumentali separati, uno generica-
mente definito di «stromenti» (probabilmente ad arco, come uso più comune in chiesa a Trento in
quel tempo), un secondo a fiato («trombe e tamburri») che fa pensare all'utilizzo saltuaifo di
strumenti solitamente usati all'aperto (piffari municipali o simili). Per le grandi occasioni dunque
nelle chiese di Trento si allestivano musiche con dovizia di mezzi, e comunque sempre di cai·attere
«figurato», cioè polifonico o concertato. 52 Per il passaggio da Trento della regina Cristina di Svezia
convertitasi al cattolicesimo e diretta a Roma, il 15 novembre 1655 in cattedrale si cantò un
mottetto su di un testo che, sebbene adatto alla festa liturgica del giorno, 53 pare che il Mariani
voglia ricordare come paiticolarmente adeguato all'illustre ospite:
s'inginocchiò la Prencipessa sopra Cascina di Broccato davanti l'altare del Crocifisso, à pié del quale furon publicati,
come dissi, i Decreti del Sacro Concilio; e intonatosi à Musica il Versetto «lsta est speciosa inter Filias Hierusalem»,
udì la Messa cantata dal Vicario Generale [Ibid., 394].

Cristina di Svezia si recò poi in S. Maria Maggiore, per rendere omaggio al tempio in cui
si svolse il Concilio, vedere il quadro conservatovi su quel soggetto, e sentire l'organo del quale
il Mariani non tralascia in altro luogo di rammentare il valore. 54
La diffusione della musica figurata nella liturgia è testimoniata anche da altri passi dello
storico Mariani, il quale ci lascia la descrizione di un altro organo pregiato di Trento, quello di S.

52
Il Mariani nella sua opera distingue con una certa precisione lesecuzione in canto figurato, indicandola con locuzioni
del tipo «[cantare] à/in Musica», comunque usando il sostantivo «Musica» oppure «Concerto», rispetto al più generico
verbo «cantare» senz'altre specificazioni, o addirittura al sostantivo inequivocabile «Canto Fermo».
53
Il testo «lsta est speciosa» è quello dell'antifona in II Vesperis del Commune Virginum et non Virginum [Liber
usualis,1039, 1060] previsto il 15 novembre, festa di S. Gertrude Vergine [Ibid., 1508]. Qui potrebbe aver avuto
funzione generica d'introitus secondo la prassi seicentesca di sovrapposizione tra accompagnamento musicale e
liturgia vera e propria, senza una esatta corrispondenza tra testi cantati e testi liturgici.
54
«A Destra del Choro sta eretto quell'Organo tanto famoso, e non passa alcun Prencipe, o Personaggio, che non habbia
curiosità di sentirlo» (pp. 74-75). Segue una dettagliata descrizione già resa nota da LuNELLI R. 1968, 67. Anche
durante la permanenza del 1649 sopra ricordata i reali andarono appositamente tre volte a udire l'organo di S. Maria
Maggiore (Ibid., 389).

276
Musiche per i Principi Vescovi

Fig. 8: G. B. MoRONI, Gian Federico Madruzzo.


Per gentile concessione della National Galle1y of
Art di Washington.

Pietro, cioè della chiesa frequentata soprattutto dai tedeschi [Ibid., 114]. In questa circostanza è
testimoniata la stessa fattura dello strumento:
L'Organo di questa Chiesa posto nel Choro, se non è de più grandi, riesce di voci, e di registri assai stimabile con ordini
di Canne in fuori rilevate all'uso Tedesco, non senza ornamenti d'oro, & un Organino sù 'I davanti. E la Cassa stà dipinta
di varie figure, che suonano e cantano di concerto» [lbid., 117].

Anche in altre chiese del principato all'epoca si officiava con accompagnamento di musica
figurata e d'organo, come nella parrochiale dell'Assunta di Riva -cittadina nella quale i Madruzzo
si ritiravano spesso per diporto: «S'officia la Chiesa da buon numero di Beneficiati; non mancan-
dovi né l'ordine né il decoro, e v'è frequente la Musica con Organista condotto dal Publico» [Ibid.,
511]. 55 E all'Inviolata - voluta dal cardinale Carlo Gaudenzio Madruzzo -, con annesso convento
degli eremiti di S. Girolamo , quest'ultimi «Officiano la Chiesa, & il Choro anche con Musica»
[Ibid., 520]. Infine i canonici regolari di S. Agostino, nel loro convento di S. Michele «in lungo
l'Adige», esercitano «la cura d' anime, La Musica, e la Predicatione» [Ibid., 608].
L'epoca dell'ultimo Madruzzo annovera altre notizie e documenti interessanti, anche se non
strettamente legati alla persona del principe-vescovo. Il musicista veronese Stefano Bernardi, per
esempio, che abbiamo già notato in contatto col predecessore Carlo Gaudenzio, ancora nel 1624

55
Il Mariani fa precedere solo una descrizione estetica della cassa dell'organo [pp. 510-11].

277
ROMANO VETIORI

dedicò un libro di salmi a otto voci - una copia dei quali sopravvive anche nella Biblioteca
Comunale di Trento - all'arciduca Carlo d'Austria, vescovo di Bressanone, verso il quale si rite-
neva obbligato per innumerevoli benefici ricevuti al suo servizio [BERNARDI 1624]. Ma il Bernardi
ebbe occasione di lasciar traccia di sé nel principato, durante il viaggio che il suo padrone, Paride
Lodron - vescovo di Salisburgo di origine trentina - intraprese in visita della sua Villalagarina, nel
1629 [STADLER 1988, 57]: qui, nel patrimonio delle musiche ricordato in un inventario della chiesa
[Inventario 1690] rimasero i suoi Salmi concertati a cinque voci [BERNARDI 1637] assieme a molte
altre musiche di provenienza italiana, molto simili a quelle in uso nel Duomo di Trento nello stesso
periodo.
Ma la pratica musicale entro la metà del Seicento nell'area del principato è riscontrabile
anche nelle famiglie dell'aristocrazia e della borghesia, come risulta da alcune notizie d'archivio,
riguardanti il possesso di strumenti ed alcuni documenti musicali [LUNELLI C. 1981, 91-92]. Se, dal
punto di vista della paternità, il più eminente di questi rimane senz'altro la cantata del romano
Virgilio Mazzocchi dedicata nel 1640 al nobile trentino Bernardo Barbi, assai interessante si pre-
senta il manoscritto di musiche violinistiche proveniente da Bressanone, in cui figurano i nomi di
Giovanni Battista Leutto, Stabler, Schubbait [BcT, Ms 5536/1-3; LUNELLI R. 1943]. Il manoscritto
di Bressanone consta di un notevole numero di danze a due violini e basso continuo, nello stile del
primo trentennio del secolo, simile a quello dei vari Marini, Fontana, Cima, Bernardi, Farina ecc.,
con un brano caratteristico nell'imitazione onomatopeica di trombe e nacchere, particolarità gra-
fiche e termini di chiara derivazione nordica, ed infine una sonata in stile più contrappuntistico. Si
può notare, al riguardo, come l'arte del suonare il violino in ten-a tridentina fosse radicata, in un
periodo in cui lo strumento allargava il suo repertorio, fino ad allora prevalentemente danzistico
e popolare. Ancora il Mariani ci informa infatti che a Trento nella prima metà del Seicento visse
il virtuoso Giovan Francesco del Violino (Stefani, o Linder, violinista in Duomo, [LUNELLI C. 1989,
317-18]), assai apprezzato anche all'estero:

par sopito il Concerto, che regnava, anni sono, di far la notte Serenate in questa, & quella Contrada di Città a suon di
Musicali stromenti; nel che s'accordavano uniti varij de' Trentini Nobili con honesto tripudio su la scorta principalmente
di Gio[van] Francesco del Violino. Fu così detto costui per Antonomasia di valor segnalato in simil genere a segno, che
nelle Nozze dell'Arciduca d'Austria Leopoldo lanno 1620 hebbe la palma del premio tra i primi Violinisti, che rimasero
secondi a Gio[van] Francesco di Trento» [MARIANI 1673, 438-39].

E ancora, sempre in occasioni analoghe, durante la famosa inaugurazione del Duomo di


Salisburgo già ricordata, pare che un violinista roveretano - Giovanni Floriani, fratello della Ve-
neranda Giovanna Maria della Croce - abbia strabiliato gli astanti con la sua arte, dopo aver
superato una gai·a per partecipare alle celebrazioni [STADLER 1988, 50]. Questa figura di musicista
è scarsamente nota, tanto esigue sono lo testimonianze pervenuteci. Tra queste abbiamo quelle che
ci ha trasmesso la sorella nella sua autobiografia. Così ci parla della sua abilità e della sua canfora
a Salisburgo:

Aveva un frate!, che Iddio le aveva conceso un dono naturale: di sonar il violino di musicha che al suo tempo non aveva
pari. Era al servicio del prencipe di Zalspurch e per tale virtù molto da lui amato. Nela consechrazione del domo di quela
cità, fece venir musici di violino, in particulare per ogni parte sepe ve ne era di peiiti. Era vinticinque, et esso portò la
vitoria di tuti» [DELLA CROCE 1636-1658, II, 110-11].

La sorella ritrae il fratello come un musicista orgoglioso della sua professione, in un momen-
to storico in cui il violino si emancipa come strumento nobile. Leggiamo così che il Floriani venne
anche a Villalagarina e a Rovereto in S. Maria del Carmine, ove diede prova di abilità ma anche
- dice la Veneranda - di superbia:

Così vene, e per molti giorni si tene corte [... ] e si faceva ogni sorte di alegreza. Et esendo ancho carnevale, se le faceva
sala da balare, e bemché mio fratelo non sonase da baio, lo faceva sonar nele visite de personagi [... ] Pregai la madre
invitar da mia parte il frate! aciò venise per mio amore con altri musici a cantar una mesa alla santissima vergine Maria
nela chiesa del Carmine. Lo fece la madre, et esso le rispose certe parole, sibem vene e fu cantata, ma le parole mi diede
segno che quel dono riceuto da Dio non lo esercitase se non con gran superbia, se non a distanza de prencipi grandi,
e rare volte, né in lui prevaleva più l'onor di Dio [lbid., 111-112].

278
Musiche per i Principi Vescovi

Racconta la mistica che, pur con dolore, chiese a Dio di punire il fratello per questa alterigia
e che fu esaudita. Il Floriani pare infatti finisse la sua carriera con dolori articolari alle mani e
addiritura ne morisse:
Ritornò dal prencippe: o mirabil Iddio, et abiso di misericordia, quanto senpre ài esaudito questo abiso di iniquità! Le
mandasti li dolori artefici, che le ritirò tute le mani insieme con tuta la vita. siché più non poté sanare, ma stete 22 mesi
in leto con dolori ecesivi e poi finì la vita con segni grandissimi dela sua salute [lbid., 112]. 56

Il Floriani seguì anche l'arcivescovo Lodron nel viaggio a Villalagarina del 1629, al quale
- come si è detto - partecipò anche il Bernardi [STADLER 1988, 205, n. 93b].
Anche la musica per tastiera pare abbia goduto particolare favore nel Trentino del tempo,
come si ricava dal considerevole numero di organi, anche da camera, clavicordi, spinette, clavicem-
bali, diffusi in vari strati sociali. Forse a questa particolare diffusione è da collegare un manoscritto
per cembalo proveniente da Cavalese [BcT, Ms 1092] che sebbene redatto nell'ultimo trentennio
del secolo, ci pare possa testimoniare, a posteriori, anche le peculiarità e le propensioni dell'am-
biente in cui affonda probabilmente le sue radici. Esso si presenta infatti come un'antologia di
autori classici e contemporanei, con copie di brani di celebri musicisti quali Girolamo Frescobaldi,
Bernardo Storace, Johann Kaspar Kerll, Alessandro Paglietti, Michelangelo Rossi, ed opere di altri
autori dell'area tedesca meridionale; su un totale di 110 brani, 55 risultano anonimi. Sotto l'aspetto
formale si tratta di composizioni di danza - alcune raccolte in suites -, partite e variazioni. Il tutto
suddiviso, come accadeva spesso nella letteratura organistica, per toni ecclesiastici [LuNELLI C.
1978b].
Su questa situazione, abbastanza articolata, sebbene non organicamente ben delineabile per
l'oggettiva mancanza di una documentazione più precisa, si conclude il lungo periodo storico in
cui la musica accompagnò i fasti della corte vescovile di Trento, tra Rinascimento e primo Barocco.
Le sue vicissitudini musicali ci confermano la fisionomia bifronte del principato, legato alle vicen-
de politiche e culturali delle terre dell'impero asburgico, ma aperto anche - e in modo sempre più
marcato - alle istanze culturali italiane sotto Bernardo Clesio e Cristoforo Madruzzo, con il lungo
patrocinio artistico della famiglia di quest'ultimo. E proprio nelle parole che il Mariani dedica
all'atto finale dell'era madruzziana, nel 1658, cogliamo ancora una volta l'eco di un'attività mu-
sicale spesso di alta qualità, e comunque sicuramente degna d'attenzione:
[per le] essequie del Vescovo Carlo Emmanuel il primo e l'ultimo de' Prencipi Madruzzi morto à Trento; [... ] si dissero
altre due Messe, l'una della B[eata] V[ergine] l'altra di Requiem, questa dal Decano; quella dall'Arcidiacono, ambe
cantate in Musica à trè Chori [MARIANI 1673, 398-403].

56
Ringrazio il prof. Diego Leoni per la cortese segnalazione.

Note biografiche:

Nato a Rovereto il 26 giugno 1955, ha compiuto studi classici iniziando nel contempo lo studio del pianoforte e
della Composizione. Laureato in Discipline della Musica presso l'Università di Bologna, ha pubblicato saggi su
riviste e in collane musicologiche a diffusione internazionale ed ha effettuato numerose trascrizioni di musica sacra
e profana del '500 e del '600. È Accademico Filarmonico di Bologna e degli Agiati di Rovereto. Svolge attività
concertistica come direttore dell'Accademia Roveretana di Musica Antica e del complesso vocale Vox Hesperia
l?resso l'Accademia Filarmonica di Bologna.
E docente di Storia della musica presso il Conservatorio «L. Cherubini» di Firenze.

279

Potrebbero piacerti anche