Ector Schmitz nasce a Trieste nel 1861 a Trieste da una famiglia agiata ebrea (che in quel tempo faceva parte
dell’Impero austro-ungarico)
Ettore Schmitz sostiene l’italianità di Trieste e scrive i suoi romanzi in lingua italiana, ma avendo studiato in
Germania si sente anche legato alla cultura tedesca.
Proprio per sottolineare la propria identità sceglie lo pseudonimo di ITALO SVEVO che sceglie al
momento della pubblicazione del primo Una vita, in riferimento alle due culture fondamentali nella sua
educazione.
Fin dall’adolescenza Svevo riconosce in sé un passione per la letteratura. Passerà la sua adolescenza in
Germania, quando torna a Trieste inizia a manifestare le proprio ambizioni letterarie e vorrebbe viaggiare a
Firenze ma il padre non vuole.
Il linguaggio di svevo ha frequenti espressioni parlate, durezze ‘tedesche’ e una sintassi faticosa. Ciò è
ricollegabile da un lato al crogiolo etnico e culturale triestino, dall’altra è dovuto ad un lavoro tormentato di
introspezione.
Riguardo alla sua formazione letteraria nel suo ‘ profilo autobiografico’ Svevo dice di avere letto i grandi
romanzieri dell’800 francese, come Flaubert, Balzac e Zola; ma lesse anche i romanzieri russi, che per primi
parlarono di personaggi inetti e perdenti, e quelli inglesi, dove svevo trovò l’ironia e l’umorismo, che
caratterizzano la Coscienza di Zeno.
La fabbrica del padre attraversa un periodo di difficoltà e dunque i figli maschi devono subito trovare lavoro;
nel 1880 Svevo va a lavorare in banca. Ma svevo ritiene il lavoro noioso.
Non è un caso che l’uscita del primo romanzo, Una vita, segua immediatamente la morte del padre
(1892), come se la scomparsa del padre coincidesse con la caduta di un divieto e riaprisse un varco alla
vocazione letteraria del figlio.
Presto però entra nella vita di Svevo una seconda figura paterna, altrettanto autorevole e estranea al mondo
della letteratura: il suocero Gioachino Veneziani che lo assume nella sua industria.
Consapevole del fatto che la sua vocazione letteraria è del tutto incompresa dai suoceri Svevo assume
l’identità di uomo serio e pratico che gli altri si aspettano da lui: la letteratura è un’attività inconfessabile,
pubblicamente ripudiata. Per distrarsi dal suo desiderio di scrivere si dedica al violino e alle sigarette.
I suoi due primi romanzi (Una vita e Senilità) non riscuotono successo e per 25 anni Svevo decide di non
scrivere più anche se sente di aver tradito la sua più grande passione.
Con lo scoppio della Prima guerra mondiale, essendo rimasto senza lavoro, inizia il suo terzo romanzo La
coscienza di Zeno spinto da una necessità interiore (“Fu un attimo di forte travolgente ispirazione. Non c’era
possibilità di salvarsi. Bisognava fare quel romanzo”).
Si sposa a 35 anni, subito dopo la morte della madre (cioè quando non si sente più assoggettato all’autorità
della famiglia d’origine), e vorrebbe sposare la cugina Livia (bella e giovane, di famiglia ebrea e benestante).
->Ha tutto quello che porterebbe a una vita tranquilla e sicura di svevo. Tuttavia, è molto dubbioso perché Livia è 13
anni più giovane di lui ed è molto ricca; nei suoi confronti egli prova un senso di inferiorità economica e una
tormentosa gelosia. La donna con cui egli aveva sperato di condividere i propri sogni letterari si rivela presto
estranea a quegli interessi, evita ogni discussione e preferisce indirizzare il discorso su argomenti della vita pratica.
Ma il rapporto con Livia non è fatto solo di inquietudini, ma anche di momenti leggeri e affettuosi in cui Svevo
nasconde le proprie paure e debolezze dietro l’ironia, lo strumento a cui ricorre per reagire alle difficoltà della vita.
L’INQUIETUDINE ESISTENZIALE: Una forte opposizione presente nella vita di Svevo è quella tra interiorità ed
esteriorità, tra la vocazione all’analisi di sé e il desiderio di conformarsi alle attese sociali.
Già prima di conoscere il pensiero di Freud, Svevo posa su di sé uno sguardo analitico, smascherando lo scarto
tra ciò che appare e ciò che è, tra l’immagine ingannevole con cui l’individuo persegue il consenso altrui e la
vera natura dei suoi desideri profondi, spesso contraddittori e inconfessabili.
Nella vita di Svevo il luogo dell’autoanalisi è la letteratura, ma anche le numerosissime lettere che scrive alla
moglie Livia, che rappresenta ai suoi occhi la personificazione della solidità borghese. Svevo è combattuto tra il
desiderio di assomigliare a lei, così a suo agio nella vita e che si muove con sicurezza fra le incombenze della
vita quotidiana, e la coscienza della sua differenza intellettuale.
L’INCONTRO CON JOYCE E IL SUCCESSO LETTERARIO
Una singolare evasione dall’identità forzata dell’uomo d’affari è costituita per Svevo dall’amicizia con uno scrittore
eccentrico e squattrinato: l’irlandese James Joyce, di 21 anni più giovane.
COSCIENZA DI ZENO (1923) -> la critica accoglie il romanzo con la consueta freddezza e ci sono poche recensioni.
-> Demoralizzato dal nuovo insuccesso, Svevo decide di inviare una copia del romanzo a Joyce, che si trova a Parigi.
Da quel momento Joyce divulga il romanzo di Svevo tra gli studiosi francesi che si propongono i pubblicarne una
traduzione. Anche i letterati italiani sono messi in allerta dalla promozione compiuta da Joyce, il quale durante una
cerimonia organizzata a Parigi nel 1925 in onore di Pirandello segnala a Prezzolini il nome di Svevo.
Una volta avuto successo, lo scrittore ha fretta di ripubblicare le sue opere e di scriverne di nuove. Il tema dei suoi
nuovi lavori è soprattutto la vecchiaia: i protagonisti sono uomini anziani che osservano la vita con saggezza e ironia,
mantenendo intatti i loro desideri ma senza alcuna prospettiva futura. Tra le tante opere iniziate in questi anni e non
finite figurano le “continuazioni” della Coscienza di Zeno.
12 settembre 1928: Svevo subisce un incidente stradale e giorno dopo Svevo muore dopo il ricovero in ospedale.
SCHOPENHAUER E DARWIN: Dai quali lo scrittore trae l’idea che la realtà sia una spietata lotta per la vita, in cui è
destinato a prevalere l’individuo più “adatto”.
Per Schopenhauer i “contemplatori”, negati all’azione e rivolti su se stessi, sono destinati a essere sopraffatti
dai “lottatori”, cioè da coloro che sono intraprendenti e determinati ad agire;
per Darwin tra le specie viventi è quella più forte ed evoluta ad affermarsi su quella più debole.
Svevo attinge liberamente al pensiero di ognuno di questi filosofi. Ad esempio Darwin afferma che gli individui più
sviluppati e forti rappresentano il segno del perfezionamento della specie, mentre Svevo ritiene che il
potenziamento delle qualità che “immediatamente servono alla lotta per la vita” sia da considerarsi piuttosto un
arresto dello sviluppo, perché coloro che hanno raggiunto la forza e la supremazia cessano di evolversi e si
cristallizzano in una forma fissa. Migliore è la condizione di chi resta indeterminato e aperto, e perciò sempre
disponibile a modificarsi in diverse direzioni.
MARX E IL SOCIALISMO- Tra le letture di Svevo ci sono anche alcuni testi di Marx. Nel 1897 infatti pubblica sulla
rivista “Critica sociale” di Turati il racconto La tribù, che si ispira alle dottrine socialiste in forma di parabola utopica.
Nell’allegoria del racconto Achmed rappresenta il punto di vista riformista dei socialisti di Turati, secondo cui il
percorso verso una società migliore deve essere progressivo; Hussein invece esprime l’inclinazione a bruciare le
tappe e a compiere subito una rivoluzione proprio dei socialisti “massimalisti”.
Il discorso di Svevo va oltre del dibattito fra riformisti e massimalisti poiché è convinto che la lotta per la
sopravvivenza e per il dominio individuale sia insita nella natura umana e inestinguibile.
Per Svevo non esistono orizzonti di progresso e alternative possibili alla conflittualità di tutti contro tutti; l’unico
elemento che gli appare estraneo alla lotta (e quindi emarginato dal mondo) è l’inetto, cioè colui che non si adatta
alla logica del profitto e rimpiange la vita autentica, anteriore alla tecnologia e alla degenerazione della civiltà.
LA FIGURA DELL’INETTO
Scegliendo l’inetto come protagonista dei propri romanzi, Svevo respinge i due modelli di personaggio più diffusi
nella narrativa del suo tempo:
Il superuomo di D’Annunzio, la cui diversità dagli altri consiste nella presunzione di forza e superiorità
Ai vinti di Verga, la cui sconfitta è dovuta a cause sociali e umane ben riconoscibili
INETTO -> uomo dubbioso e inerte, privo di coerenza interiore, le cui scelte hanno ragioni difficili da individuare.
È dunque colui che è inadatto alla vita, incapace di inserirsi nel mondo in una posizione ben definita, come sono i
protagonisti dei suoi tre romanzi e come egli stesso senti dei essere.
La fratellanza fra i tre protagonisti dei romanzi di Svevo consiste nell’inettitudine alla vita.
Essi vorrebbero assomigliare a coloro che affrontano l’esistenza con sicurezza e determinazione ma appaiono
incerti e paralizzati, incapaci di realizzare le proprie ambizioni.
Tutti e tre hanno una natura contemplativa e intellettuale, pur non manifestando doti spiccate in nessun campo;
avvertono la propria superiorità culturale, ma non riescono a trasformarla in supremazia, e assistono
all’affermazione vittoriosa nel mondo da parte di coloro che non si pongono domande e sanno sempre che cosa
sia giusto fare.
L’ambito in cui Alfonso, Emilio e Zeno provano a lottare per affermarsi è principalmente quello amoroso. Essi
rivolgono il loro desiderio verso donne sicure di sé e disinvolte, accanto alle quali potrebbero sentirsi forti e
realizzati, riconosciuti socialmente e pienamente inseriti nel mondo; vorrebbero ducarle e assimilarle a sé,
addirittura si propongono di salvarle, ma si ingannano sul loro conto, si costruiscono immagini rassicuranti e false
e al fine sono costretti a rinunciare.
L’inclinazione alla rinuncia è la caratteristica principale degli inetti di Svevo: essi analizzano costantemente le proprie
azioni e si guardano vivere, ma in tal modo diventano preda del dubbio, esitano, e in ultimo abbandonano il campo,
cercando oggetti sostitutivi con cui compensare la perdita di ciò che desiderano. Il
personaggio che ha la funzione di fare emergere i limiti dell’inetto è l’antagonista, cioè colui perfettamente adattato
alla società borghese, di fronte al quale l’inetto si sente inadeguato e inferiore, cercando inutilmente di
assomigliargli. Si tratta di una figura presente in tutti e tre i romanzi, che risulta vincente nella competizione per
conquistare la donna desiderata ma rivela una sostanziale mediocrità: è un individuo banale, integrato e arrivista,
incapace di applicarsi alla riflessione e all’autocritica, che sono le qualità peculiari dell’inetto.
Gli inetti dei primi due romanzi (Alfonso ed Emilio) sono personaggi negativi che ambiscono a elevarsi ma
sono privi delle doti necessarie a riuscirci.
Zeno, che pur manifestando la stessa irrisolutezza e inconcludenza dei suoi predecessori è più disposto ad
accettare le proprie sconfitte, e ad illudersi che la propria diversità non sia un’imperfezione, ma una
possibilità di sviluppo. Zeno appare non tanto come inetto quanto come abbozzo e ciò implica per Svevo
apertura e movimento, vitalità e futuro, mentre le donne e gli uomini già realizzati sono fissati per sempre
nel loro ruolo, come se fossero già morti.
SVEVO E LA PSICANALISI
Svevo legge Freud ma, così come aveva fatto con Darwin, si accosta al suo pensiero in modo molto libero: considera
la validità della teoria freudiana come strumento di conoscenza della psiche ma non ha fiducia nelle funzioni
terapeutiche della psicoanalisi.
Svevo respinge la guarigione promessa dalla psicoanalisi perché la considera una minaccia alla complessità interiore
degli individui incerti e contraddittori, estranei al modello dell’uomo forte e sicuro di sé allora dominante in Italia (il
superuomo dannunziano), ma proprio per questo intellettualmente più dinamici e profondi.
I PROTAGONISTI DEI ROMANZI E LA “MALATTIA”
Il destino dei protagonisti dei romanzi sveviani (“Una vita”, “Senilità”, “La coscienza di Zeno”) è quello di
subire la realtà.
L’inetto soggiace passivamente ai condizionamenti ambientali e alle pulsioni dell’inconscio, che lo privano
della sua libertà di scelta.
Zeno cosini risulta incapace di avere un rapporto operoso con la realtà che lo circonda; è un uomo che non
combatte, che è vinto dalla sua malattia e dalla inettitudine.
Il sentimento della malattia tiene Zeno in tensione verso la ‘salute’, che però non raggiunge e la psicoanalisi è
vista non come una terapia, ma come un metodo di indagine dei sintomi della malattia. Zeno scrive infatti
che ‘la malattia è una convinzione ed io nacqui con quella convinzione’.
Delle analogie: ad esempio sono romanzi tutti incentrati sulla figura di un solo protagonista e tale
protagonista è un personaggio inetto.
Ma ci sono anche delle differenze: ad esempio “la Coscienza di Zeno” è caratterizzata dall’uso della prima
persona (prima vi era un narratore onnisciente).
Vi è lo sconvolgimento delle strutture temporali tradizionali (la narrazione segue un criterio tematico, non
cronologico, gli altri due romanzi seguono invece la narrazione cronologica).
Vi è un ampio ricorso all’ironia e all’umorismo (assenti nei romanzi precedenti) e vi sono espliciti riferimenti
alla psicoanalisi.
1. L’IRONIA: L’analisi di Svevo sugli impulsi più segreti dell’uomo è caratterizzata da un atteggiamento di
distacco, in cui l’ironia gioca un ruolo fondamentale. L’ironia svela alibi, segreti, aspetti nascosti.
2. IL PERSONAGGIO INETTO: I personaggi di Svevo sono deboli, immaturi, antieroici, inadatti alla vita pratica.
Con loro, Svevo rappresenta la crisi dell’immagine tradizionale dell’individuo e, in particolare,
dell’intellettuale.
3. LA MALATTIA: I personaggi di Svevo sono spesso malati, dove la ‘‘malattia’’ non è tanto una condizione
fisica, quanto un modo di essere: un disagio esistenziale, che li porta ad essere passivi e incapaci di
relazionarsi con la società.
4. LA MEMORIA: La memoria permette di tornare sui fatti passati, riordinandoli e interpretandoli. Eppure la
memoria è ingannevole, labile. Solo la scrittura è in grado di opporsi allo scorrere del tempo: scrivendo e
tornando continuamento su ciò che ha scritto, l’uomo può sperare di scoprire il senso di sé stesso.
LO STILE DI SVEVO ITALO SVEVO: La struttura narrativa di Svevo appare significativamente nuova. Per lasciare spazio
ai pensieri e alla coscienza dei personaggi l’autore utilizza il discorso indiretto libero nelle opere narrate in terza
persona. Costruisce La coscienza di Zeno tutta in prima persona, destrutturando l’ordine cronologico degli
avvenimenti. La prosa è vicina alla lingua quotidiana; vi si notano irregolarità e disarmonie sintattiche, derivanti dal
fatto che Svevo è un letterato dilettante cresciuto tra parlate diverse (triestino, italiano, tedesco)
TRAMA: Alfonso Nitti è un mediocre intellettuale di provincia che si è trasferito a Trieste, dove ha trovato impiego
presso una banca. Spinto dal desiderio di ambire a una migliore condizione sociale, inizia una relazione con Annetta,
figlia del suo datore di lavoro, donna capricciosa e viziata. Stringe anche amicizia con Macario, cugino di Annetta, che
mantiene nei suoi confronti un atteggiamento di grande superiorità. Quando sta per fidanzarsi ufficialmente con
Annetta, Alfonso fugge inspiegabilmente al paese natale, dove trova la madre morente. Tornato a Trieste, trova
Annetta fidanzata con Macario, in ufficio viene retrocesso, si sente disprezzato dai colleghi e dalla famiglia di
Annetta. Incapace di affrontare la situazione, si suicida.
UNA VITA COME ROMANZO PSICOANALITICO: Ancor prima di conoscere Freud, Svevo conosce l’importanza dello
scavo della coscienza dei propri personaggi. Il centro del romanzo è la tormentata psicologia di Alfonso, con tutte le
sue contraddizioni. Nemmeno lui ha una visione chiara e lucida dei propri sentimenti e delle proprie intenzioni. SI
può affermare che Una vita sia un romanzo ‘‘psicoanalitico prima della psicanalisi’’ (definizione del critico Gianfranco
Contini per Umberto Saba).
LA STRUTTURA: L’opera è organizzata in venti capitoli e si rifà ai modelli ottocenteschi. Personaggi e ambienti
vengono presentati gradualmente, viene introdotto il protagonista, con le sue ambizioni e il suo amore per Annetta.
La situazione precipita solo dal capitolo XV. Le sezioni principali sono tre:
I TEMI
• il personaggio dell’inetto: Alfonso è debole, meschino, sognatore, incapace di sentimenti veri, dubbioso e
inconcludente; i suoi sentimenti e le sue emozioni sono un groviglio che nemmeno lui riesce a dipanare. Il
personaggio di Alfonso trova il suo contrario in quello di Macario, forte, deciso, sicuro di sé
• la vita come lotta: Alfonso lotta per la sua affermazione sociale, ma non combatte fino in fondo,
abbandonando il campo a un passo dalla vittoria. Nemmeno lui è consapevole fino in fondo di essere un
arrampicatore sociale, disposto a fingere pur di arrivare
• il suicidio: consapevole dei propri limiti, Alfonso si rende conto di non avere le forze per lottare
• l’intellettuale mortificato: Alfonso è un letterato e non possiede le caratteristiche richieste dalla società
capitalistica; si sente superiore alla realtà che lo circonda, ma coglie la sua inadeguatezza e prova forti sensi di
colpa
LA NARRAZIONE: La forma narrativa è quella della terza persona. Tempo e narrazione sono scanditi secondo un
flusso naturale. Tuttavia la focalizzazione è interna: le vicende hanno valore per le conseguenze che provocano
sull’animo del protagonista. Il narratore mantiene un atteggiamento di distacco e ironia; smentendo le convinzioni
distorte del personaggio fornisce al lettore una chiave interpretativa diversa da quella del protagonista.
La città di Trieste, ambientazione di Una vita, non è descritta oggettivamente, ma diventa specchio della vita di
Alfonso: nelle sue rappresentazioni, prevale il colore grigio. In generale, la città, alienante, squallida e ostile, è
sempre vista in opposizione alla campagna, paradiso dove sopravvivono valori e virtù sane. Nel romanzo, anche
l’immagine idealizzata della campagna è però destinata a rivelarsi una pura illusione.
SENILITÀ:
Senilità esce nel 1898, sempre a spese dell’autore; questa prima edizione viene accolta con indifferenza dal pubblico,
mentre la seconda edizione, del 1927, riscuote un buon successo. Inizialmente il titolo doveva essere Il carnevale di
Emilio, poi convertito in Senilità, con un rimando esplicito alla condizione ‘‘senile’’, quella di un uomo passivo,
incapace di vivere.
VICENDA:
Emilio Brentani è uno scrittore ormai fallito, che trascorre le sue giornate grigie in compagnia della sorella Amalia.
Lavora presso una compagnia di assicurazioni. La sua vita viene sconvolta dall’arrivo di Angiolina, una ragazza
spregiudicata che lo tradisce continuamente. La situazione è resa ancora più complessa dalla presenza di Stefano
Balli, scultore amico di Emilio, brillante e sicuro di sè. Amalia si innamora di Emilio, e anche Angiolina prova
attrazione per lui. Emilio si accorge dell’innamoramento della sorella e tenta di allontanare Stefano. Amalia si rifugia
nell’etere, si ammala di polmonite e muore di lì a poco. Emilio si decide a interrompere la sua relazione con Angiolina
che fugge con un impiegato disonesto. Emilio torna alla sua vita grigia.
• il personaggio dell’inetto: Emilio passa molto tempo ad analizzarsi, ma, nonostante ciò, si inganna sulla
propria natura e sul proprio carattere. Sempre pronto a trovare scuse e ad auto-giustificarsi, è incapace di
provare sentimenti autentici
• la visione distorta: Emilio ha una visione distorta di sé (si crede virile e forte, in grado di educare Angiolina o di
guarire l’amore di Amalia), ma anche degli altri (trasforma Angiolina in una creatura angelica)
LA NARRAZIONE: Anche se la forma narrativa è quella della terza persona, la focalizzazione è sulla coscienza del
protagonista (romanzo a focalizzazione interna). Le sensazioni descritte sono quelle provate da Emilio o dagli altri
personaggi. Il punto di vista del protagonista è mantenuto attraverso l’uso del discorso indiretto libero. Il narratore
si pone in aperto contrasto con la prospettiva del suo personaggio, ristabilendo la verità laddove Emilio offre
interpretazioni ambigue e poco convincenti.
IL CONCETTO DI SENILITÀ: La senilità è l’incapacità di immedesimarsi nella vita, è l’assenza da ogni coinvolgimento, il
timore di fronte alle forze vitali. Si tratta di uno stato psicologico che conduce il personaggio Emilio a una specie di
torpore caratterizzato dall’assenza di sentimenti, da indifferenza e capacità di comunicare. La rinuncia a vivere non
porta alla felicità, ma lascia il protagonista insoddisfatto, consapevole che qualcosa sfugge, qualcosa manca.
LA COSCIENZA DI ZENO
STESURA E REVISIONE
Iniziato nel 1919, La coscienza di Zeno viene concluso nel 1922 e pubblicato nel 1923. L’editore commissiona
un’attenta revisione linguistica dell’opera, affidata ad Attilio Frescura. Quest’ultimo chiede a Svevo di rimaneggiare
pesantemente l’ultimo capitolo, ma non si hanno notizie certe sul tipo di intervento effettivamente fatto. Il romanzo
ha un titolo esplicito e suggerisce da subito chi è il protagonista del romanzo, non Zeno, ma la sua coscienza.
TRAMA
Zeno Cosini, ricco commerciante di Trieste che ha ricevuto in eredità dal padre l’azienda di famiglia, si rivolge a uno
psicoanalista perché vuole liberarsi dall’ossessione del fumo. Il dottore gli chiede di scrivere i propri ricordi, ma il
paziente, dopo sei mesi, decide di interrompere la cura. Lo psicoanalista allora, per vendicarsi, decide di pubblicare
le pagine che Zeno gli ha inviato: si tratta delle memorie di Zeno scritte prima di iniziare la terapia. La parte finale,
invece, è posteriore e contiene il diario in cui Zeno dichiara la propria guarigione, non per opera dello psicoanalista,
ma per la ritrovata stabilità economica
LA STRUTTURA: L’opera si presenta come un memoriale autobiografico, organizzato in:
I TEMI
• il personaggio dell’inetto: Zeno è contradditorio poiché dice, non dice, svela e nasconde. Anche lui è un
indeciso che lascia che siano gli altri a operare al suo posto. Vive uno stato di perenne confusione, è sempre
pronto alle lacrime e ad autocommiserarsi
• la malattia della volontà: Zeno elabora dei buoni propositi, che non mette mai in atto; la sua volontà
razionale è debole, soggiogata da pulsioni profonde
• la consapevolezza dell’inettitudine: a differenza di Alfonso ed Emilio, Zeno ha presente la propria debolezza,
ma non se ne pente. Sorride della propria condizione, sa che la realtà è contraddittoria e che la malattia ne è
parte.
LA NARRAZIONE: La narrazione è stravolta, poiché non presenta più un andamento lineare: si frantuma in tanti
frammenti, ognuno dei quali relativo a un periodo di tempo. Si tratta di una struttura narrativa aperta, dove ogni
frammento non è mai parte di un quadro ordinato e logico. Il tempo è quello della coscienza, inafferrabile e senza
logica: la memoria del passato si fonde con il presente del narratore. Nel racconto del passato, Zeno non segue
logiche. La narrazione è quindi tutta fuori dal tempo storico, in una dimensione interiore.
Le vicende sono narrate in prima persona, ma lo stesso Zeno si dichiara inattendibile, poiché distorce, manipola,
adatta il racconto alle sue priorità. Il lettore è disorientato, manca della voce attendibile di un narratore dotato di un
punto di vista superiore, oggettivo e affidabile.
IL GIUDIZIO SULLA PSICOANALISI: Zeno, nel suo racconto, pronuncia spesso apprezzamenti poco lusinghieri nei
confronti dello psicoanalista, il dottor S. Mostra, quindi, scetticismo sulle possibilità terapeutiche di scienza e
medicina. In particolare, l’attacco si fa particolarmente violento e polemico nell’ultimo capitolo, quello in cui Zeno
annuncia di voler interrompere la terapia.
UNA VITA: analisi del protagonista immerso nella società, nella quotidianità ripetitiva
SENILITÀ: descrizione dei rapporti interpersonali del protagonista
LA COSCIENZA DI SVEVO: analisi del protagonista solo davanti a se stesso
LE ALTRE OPERE
IL QUARTO ROMANZO: Nel 1928 Svevo inizia a progettare un quarto romanzo, pensato come una continuazione
della Coscienza di Zeno. L’opera, però, rimane incompiuta a seguito della morte improvvisa dell’autore: ne restano
solo cinque frammenti. Il titolo avrebbe potuto essere Il vecchione o Il vegliardo
• contenuto: il protagonista, malato e oppresso dagli obblighi familiari, durante la cena che precede le nozze di
una nipote beve eccessivamente; sogna di trovarsi in punto di morte e di voler sacrificare la figlia per salvare
sé stesso; al risveglio, si ripromette di non cedere mai più al ‘‘vino generoso’’
• narrazione: in prima persona
• contenuto: un falso amico ordisce una burla ai danni di Mario Samigli, scrittore fallito. Gli fa credere che un
editore sia disposto ad acquistare i diritti di un suo romanzo; Mario firma un falso contratto, ma, per caso,
guadagna una grossa somma in denaro, che lo risarcisce della beffa
• contenuto: un anziano e facoltoso commerciante instaura una relazione con una giovane, bella, ma povera
• narrazione: terza persona che smaschera la meschinità del vecchio Corto viaggio sentimentale • contenuto:
viaggio di Giacomo Aghios, anziano uomo d’affari annoiato dalla routine, da Milano a Trieste; il viaggio è una
parentesi di libertà, ma alla fine il protagonista torna alla realtà accorgendosi di essere stato rapinato
IL TEATRO
Svevo nutre anche un profondo interesse per il teatro. Legge Shakespeare, di cui scrive nelle sue collaborazioni
giornalistiche. Si dedica alla scrittura drammaturgica e pubblica il monologo Prima del ballo (1891). Lascia inedite ben
13 commedie. Il teatro di Svevo è un teatro d’analisi, perché studia e scava nella psicologia dei personaggi, spesso
con sguardo ironico, piuttosto che descrivere ambienti