-La Vita
La vita di D’Annunzio può essere considerata una delle sue opere più interessanti: infatti
secondo i principi dell’estetismo bisognava fare della vita un’opera d’arte.nacque a Pescara
da una famiglia borghese ed esordì sedicenne con Primo Vere, successivamente si trasferì
a Roma per frequentare l’università. In realtà abbandonò presto gli studi, perché preferì
vivere tra salotti mondani, ed esercitò la professione di giornalista. Acquistò subito notorietà
in campo letterario, suscitando scandalo per i contenuti erotici e per la sua vita altrettanto
scandalosa, fatta di continue avventure galanti e lusso. rifiuta inorridito la mediocrità
borghese e si rifugia in un mondo di pura arte.
Comincia la sua vita di scrittore, ma soprattutto di ARBITER ELEGATIE, si affermò non solo
nella vita culturale ma anche in quella sociale. Dettava legge sia nella letteratura sia nella
società, e quindi nella moda, la sua vita doveva essere Egregie, ex gregis, fuori dal gregge,
non come quella di tutti, una vita che fosse vissuta in maniera intensa. Il suo più grande
amore fu Eleonora Duse, una ballerina molto ricca, un Etoille. Lui è un borghese che
disprezza il suo stesso ceto sociale, perché dice che è decaduta,decadente e non riesce a
fare quel passo in più per elevarsi, perciò lui tende sempre ad elevarsi all’aristrocrazia,
disprezza anche gli italiani perché gli italiani non sono così, sono tutti umili, contadini,
agricoltori che mandano avanti la famiglia e sono attaccati a quei valori della famiglia e della
vita ancestrale. Quando morì fu dimenticato, però lascio la casa a tutti gli italiani e per legge
non poté essere più venduta, per diventare un museo. Visse solo nella sua casa, aveva solo
una badante-amante.
-Il Superuomo
D’Annunzio puntava a creare l’immagine di una vita eccezionale: “Il vivere inimitabile”.
perciò cerco nuove soluzioni che trovo nel superuomo ispirato alle teorie di Nietzsche, un
mito non solo di bellezza, ma di energia eroica. D’Annunzio era strettamente legato alle
esigenze del sistema economico del suo tempo: voleva mettersi in primo piano
nell’attenzione pubblica, per vendere meglio la sua immagine ai suoi prodotti. quindi il culto
della bellezza risultava essere finalizzato al loro contrario, acciò che D’Annunzio ostentava
di disprezzare, ovvero il denaro e le esigenze del mercato. proprio lui che è più dispregiava
la massa, era costretto a lusingarla. Questa fu una contraddizione che non riuscì mai a
superare.
-Politica e Teatro
Nel 1897 tentò l’avventura parlamentare come hai deputato Dell’estrema destra. Cercando
uno strumento con cui agire più direttamente sulle folle, elaboró una rappresentazione della
“città morta” che si rivolse anche al teatro. D’Annunzio a causa dei creditori inferociti, fu
costretto a fuggire dall’Italia rifugiandosi in Francia. si è dato al nuovo ambiente letterario, e
scrisse anche opere teatrali in francese.
-La Guerra
Allo scoppio della prima guerra mondiale, D’Annunzio tornò in Italia si arruolò volontario e
attirò nuovamente su di sé l’attenzione con delle imprese clamorose, come il volo su Vienna.
anche la guerra di D’Annunzio fu una guerra nuova combattuta attraverso l’aereo che
purtroppo una volta precipitò e perse un occhio, e iniziò a camminare con una benda, perciò
tutti gli italiani lo seguirono. Addirittura quando perse l’occhio gli bendarono entrambi gli
occhi, e scrisse un romanzo “il notturno”, lo dettó ed è tutto senza verbi, solo con i verbi
all’infinito. Il fascismo poi lo esaltò come padre della patria, si avvicinò moltissimo a
Mussolini, tant’è che divento il suo Vate, ovvero il poeta che si fa portavoce dell’epoca, oltre
al fatto che gli scriveva i discorsi e diventó il suo scrittore personale. D’Annunzio attraverso
oltre un cinquantennio di cultura italiana, influenzandola profondamente in numerose
fasi.esercitò anche un influsso sulla politica, poiché elaborò ideologie, atteggiamenti E
slogan che furono fatti propri dal fascismo.
-L’esordio
il suo esordio letterario avviene sotto il segno di due scrittori a cavallo degli anni 80,
Carducci e Verga. sono presenti anche spunti sociali provenienti dal verismo. esteriormente
le novelle di D’Annunzio si richiamano al regionalismo veristico, ma la loro sostanza
profonda si collega alla matrice irrazionalistica del Decadentismo.
-Il Piacere
D’Annunzio si rende conto della debolezza della figura dell’esteta, il quale non ha la forza di
opporsi realmente alla borghesia, quindi avverte la sua fragilità, perciò il culto della bellezza
si trasforma in menzogna, e la costruzione dell’estetismo entra in crisi. il primo romanzo si
intitola Il Piacere, confluisce l'esperienza mondana e letteraria vissuto da lui. Centro del
romanzo si pone Andrea Sperelli, il quale è un “doppio“ D’Annunzio. Andrea è un giovane
Aristocratico proveniente da una famiglia di artisti, che non è andato a scuola come gli altri
perché suo padre non crede nell’istituzione scolastica, in quanto vivono a Roma e siccome
deve avviarsi negli studi di storia dell’arte gli fa girare Roma. Il ragazzo è diviso tra due
immagini femminili, Elena Muti, la donna fatale, che incarna l’erotismo lussurioso, e Maria
Ferres, la donna pura, Che rappresenta ai suoi occhi l’occasione di un riscatto e di una
elevazione spirituale. in realtà mente a se stesso. D’Annunzio, nei confronti di Andrea,
ostenta un atteggiamento critico, facendo pronunciare dalla voce narrante dei giudizi duri.
Nell’impianto narrativo il romanzo risente della lezione del verismo. sono evidenti le
ambizioni a costruire un quadro sociale, e D’Annunzio mira soprattutto a creare un romanzo
psicologico, in cui contano i processi interiori del personaggio.
-D’Annunzio e Nietzsche
D’Annunzio coglie alcuni aspetti del pensiero di Nietzsche: innanzitutto il rifiuto del
conformismo borghese, l’esaltazione dello spirito “dionisiaco”, cioè di un vitalismo
gioioso, È il mito del superuomo. D’Annunzio si scaglia violentemente contro la realtà
borghese e perciò, vagheggia l’affermazione di una nuova aristocrazia, che sappia elevarsi a
superiori forme di vita attraverso il culto del bello.
-Il Fuoco
questo romanzo è un romanzo che parla dell’amore per Eleonora Duse e si propone come
manifesto letterario del superuomo: L’eroe, Stelio Effrena, medita una grande opera
artistica, e attraverso di essa vuole creare un nuovo teatro, però delle forze oscure si
oppongono prendendo corpo in una donna, Foscarina Perdita la quale incarna la trazione
dannunziana per la morte, e con il suo amore nevrotico e possessivo ostacola l’eroe nella
sua opera. il romanzo si conclude con il sacrificio della donna, ma anche qui non si assiste
alla realizzazione del progetto dell’eroe.
-Alcyone
Alcyone È un componimento poetico che affronta il tema lirico della fusione Panica con la
natura: lui pensava di aver inventato il Panismo, termine che deriva dal greco e indica parte
del tutto ed immersione nel tutto. Il libro comprende 88 componimenti, ed è come il diario
ideale di una vacanza estiva. la stagione estiva è vista come la più propizia ad eccitare il
godimento sensuale, a consentire la pienezza vitalistica: l’io del poeta si fonde con il tutto, e
soprattutto con la natura, attingendo ad una condizione divina. L’esperienza Panic a
cantata dal poeta è una manifestazione del superomismo: solo al superuomo è concesso di
diventare un tutt’uno con la natura.
(Parafrasi affiancata)
1. Il suono delle mie parole nella sera
2. ti risulti fresco come il fruscio che producono le foglie
3. del gelso in mano di chi le raccoglie
4. in silenzio e ancora indugia lentamente in quella attività
5. sull’alta scala che si fa nera,
6. contro il tronco del gelso che diventa di un colore argenteo
7. con i suoi rami privi di foglie,
8. mentre la luna sta quasi per emergere dalle soglie
9. del cielo e sembra stendere un velo davanti a sé,
10. dove giace il nostro sogno d’amore
11. e sembra che la campagna si senta già tutta
12. inondata da lei nel gelo notturno
13. e da lei assorba il desiderato refrigerio,
14. prima ancora di vederla.
(Parafrasi Discorsiva)
Il suono delle mie parole nella sera ti risulti fresco come il fruscio che producono le foglie del
gelso in mano chi in silenzio le raccoglie e ancora indugia lentamente in quella attività
sull’alta scala che si fa nera, contro il tronco del gelso che diventa di un colore argenteo con
i suoi rami privi di foglie, mentre la luna sta quasi per emergere dalle soglie del cielo e
sembra stendere un velo davanti a sé, dove giace il nostro sogno d’amore e sembra che la
campagna si senta già tutta inondata da lei nel gelo notturno e da lei assorba il desiderato
refrigerio, prima ancora di vederla.
Sii lodata per il tuo viso color della perla, o sera, e per le pozze, simili a grandi occhi umidi,
in cui si distende in silenzio l’acqua del cielo!
Il suono delle mie parole nella sera ti risulti dolce, come quello della pioggia che frusciava
tiepida e veloce, congedo triste della primavera, sui gelsi, sugli olmi e sulle viti e sui pini
dalle pigne novelle di colore rosato che sembrano dita che giocano con il vento che si perde
lontano e sul grano che non è ancora maturo, ma non è più verde e sul fieno che è già stato
tagliato e sta cambiando colore, sta ingiallendo, e sugli olivi, sui fratelli olivi, che rendono i
fianchi delle colline pallidi, richiamando l’idea della santità, e lieti.
Sii lodata per le tue vesti profumate, o sera, e per la linea dell’orizzonte che ti circonda come
il ramo di salice circonda il fieno profumato.
Io ti dirò verso quali regni d’amore ci chiami il fiume, le cui sorgenti eterne all’ombra dei rami
antichi parlano nel mistero sacro dei monti; e ti dirò a causa di quale segreto le colline si
incurvino sugli orizzonti limpidi, come labbra chiuse per un divieto, e ti dirò per quale motivo
la volontà di parlare le rende belle al di là di ogni desiderio umano e nel silenzio loro sempre
nuove fonti di consolazione, in modo tale che sembra che ogni sera l’anima le possa amare
di un amore più forte.
Sii lodata per la tua naturale fine, o sera, e per l’attesa della notte che fa luccicare in te le
prime stelle.
(Parafrasi Affiancata)
1. Taci. Sulle soglie
2. del bosco non sento
3. delle parole pronunciate
4. da esseri umani, ma sento
5. delle parole inusitate («più nuove»),
6. sussurrate da gocciole e foglie
7. lontane.
8. Ascolta. Piove
9. dalle nuvole sparse.
10. Piove sulle tamerici
11. salmastre e aride,
12. piove sui pini
13. dai tronchi a scaglie e dagli aghi pungenti,
14. piove sui mirti
15. divini,
16. sulle ginestre brillanti
17. di fiori raccolti a grappoli,
18. sui ginepri fitti
19. di bacche profumate,
20. piove sui nostri volti
21. silvestri,
22. piove sulle nostre mani
23. nude,
24. sui nostri vestiti
25. leggeri,
26. sui pensieri freschi
27. che l’anima rinnovata dall’amore fa nascere,
29. sui sogni e le illusioni («la favola bella»)
30. che ieri
31. t’illusero, che oggi m’illudono,
32. o Ermione.
(Parafrasi Discorsiva)
Taci. Sulle soglie del bosco non sento delle parole pronunciate da esseri umani, ma sento
delle parole inusitate («più nuove»), sussurrate da gocciole e foglie lontane. Ascolta. Piove
dalle nuvole sparse. Piove sulle tamerici salmastre e aride, piove sui pini dai tronchi a
scaglie e dagli aghi pungenti, piove sui mirti divini, sulle ginestre brillanti di fiori raccolti a
grappoli, sui ginepri fitti di bacche profumate, piove sui nostri volti silvestri, piove sulle nostre
mani nude, sui nostri vestiti leggeri, sui pensieri freschi che l’anima rinnovata dall’amore fa
nascere, sui sogni e le illusioni («la favola bella») che ieri t’illusero, che oggi m’illudono, o
Ermione.
Senti? La pioggia cade sulla vegetazione solitaria, con uno scrosciare costante che varia
solo a seconda che le foglie siano più o meno fitte. Ascolta. Risponde a questo pianto il
canto delle cicale che né la pioggia portata dall’Austro, né il cielo grigio impauriscono. E il
pino ha un suono, e il mirto un altro suono, e il ginepro un altro ancora, come strumenti
diversi, suonati da innumerevoli dita. E noi siamo immersi nell’anima silvestre, partecipi della
vita del bosco; e il tuo volto inebriato è bagnato dalla pioggia come una foglia, e i tuoi capelli
profumano come le ginestre chiare, o creatura terreste, che hai per nome Ermione.
Ascolta, ascolta. Il canto armonioso delle cicale nell’aria si attutisce (si fa «più sordo») a
poco a poco sotto la pioggia che s’intensifica; ma vi si mescola un altro canto più roco che
sale da laggiù, dalle profondità del bosco («umida ombra remota»). (Il canto delle cicale) più
attutito e più sordo s’allenta, si spegne. Solo una nota (una cicala) continua a tremare, si
spegne, riprende, trema, si spegne. Non si sente la voce del mare. Ora si sente su tutti gli
alberi lo scrosciare della pioggia argentea che purifica, e questo scrosciare varia a seconda
che le fronde degli alberi siano più o meno folte. Ascolta. La figlia dell’aria (la cicala) è ora in
silenzio, ma la figlia del fango in lontananza, la rana, canta nell’ombra più profonda, chissà
dove, chissà dove! E piove sulle tue ciglia, o Ermione.
Piove sulle tue ciglia nere, cosicché sembra che tu pianga, ma di piacere; non bianca di
carnagione, ma quasi diventata verdeggiante, sembra che tu esca dalla corteccia (di un
albero). E tutta la vita in noi è rinascita profumata, il cuore nel petto è come una pesca non
colta, gli occhi tra le palpebre sono come delle sorgenti nei prati, i denti negli alveoli sono
come mandorle acerbe. E andiamo, di cespuglio in cespuglio, ora per mano, ora separati (e i
verdi rami tenaci e aggrovigliati ci stringono le caviglie, ostacolando il movimento delle
ginocchia), chissà dove, chissà dove! E piove sui nostri volti silvestri, piove sulle nostre mani
nude, sui nostri vestiti leggeri, sui pensieri freschi che l’anima rinnovata dall’amore fa
nascere, sui sogni e le illusioni (la favola bella) che ieri m’illusero, che oggi t’illudono, o
Ermione.
-Nella Belletta
La poesia “Nella belletta” fa parte dei Madrigali dell’estate, si distingue per essere un testo
esemplare della cultura e della poetica del Decadentismo per il senso di disfacimento,
corruzione e morte che trasmette. In poche righe D’Annunzio, delinea l’ideale decadente che
vede la bellezza in ogni forma di vita e di natura, persino nella sua decomposizione e nella
morte.
In toscano significa Pozzanghera, anche questa è una poesia scritta d’estate. Il tema è
costituito, dagli effetti inevitabili dello scorrere del tempo e la consapevolezza che tutto tende
a finire. Il concetto viene evidenziato nelle immagini di una natura che, per eccesso di
maturazione, comincia a disfarsi e decomporsi
(Parafrasi)
[1] Nella belletta i giunchi hanno l’odore
delle persiche mézze e delle rose
passe, del miele guasto e della morte.
[1] Nella fanghiglia della palude (belletta – termine di origine dantesca) le canne (giunchi)
hanno l'odore delle pesche (persiche – termine arcaico - pesche) sfatte (mézze – dal latino
mitis = molle - persiche mézze ossimoro) e delle rose appassite (rose passe - ossimoro), del
miele rancido (guasto - andato a male) e della morte.
[4] Adesso la palude è come un fiore (similitudine) fangoso (fiore lutulento – dal latino lutum
= fango – ossimoro e sinestesia) che il sole d’agosto cuoce (metafora), con un’aria
stagnante (afa) e sgradevolmente dolce (dolcigna = dolciastra) [satura] di morte.