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CHIERICO NEL MEDIOEVO

chiérico (o chérico; ant. chiérco, chérco) s. m. [lat. tardo clērĭcus, gr. κληρικός, der. di κλῆρος, lat. clerus
«clero»] (pl. -ci).

1. Nel linguaggio della Chiesa, persona cui è demandato l’ufficio di guidare spiritualmente i fedeli (contrapp.
a laico). Con accezioni partic.: ch. regolari, speciale categoria di religiosi che, pur senza essere monaci o
appartenere a ordini mendicanti, seguono una vita regolare, dedicandosi all’apostolato sacerdotale
(insegnamento, predicazione, missioni, assistenza agli infermi, ecc.); ch. segreti di Sua Santità, ecclesiastici
addetti alla cappella privata del pontefice.

2. Nell’uso com., giovane avviato al sacerdozio, quando ha indossato l’abito talare (e più spec., in passato,
quando aveva ricevuto la tonsura). Anche il ragazzo, meno spesso una persona adulta, che nelle chiese
serve la messa e le altre funzioni sacre (oggi il termine ufficiale è ministrante).

3. Persona dotta, uomo di studî, letterato (loico e chierico grande è definito da Dante nel Convivio Federico
II); questo significato, che la parola ebbe anticam., è stato rinnovato negli ultimi decennî per influenza del
fr. clerc (v.). ◆ Dim. chierichétto (v.), chierichino; dim. o spreg. chiericùccio; accr. chiericóne; pegg.
chiericàccio.

(Vocabolario treccani.)

Il termine chierico è utilizzato prevalentemente per riferirsi ai membri del clero della Chiesa cattolica. Sono
chierici della Chiesa cattolica i diaconi, i preti e i vescovi. Ma per estensione, il termine "chierico" non vuol
dire altro che "dotto", e si oppone a "laico", che designa l'uomo del popolo, cioè il "volgo".

A partire dal Medioevo, con il termine "chierico" ci si riferiva anche a persone dedite ad attività intellettuali
e culturali, che studiavano il latino classico e lo parlavano tra loro. Per tutto il Medioevo e anche oltre,
infatti, gli intellettuali si formavano all'interno della Chiesa: per potersi dedicare interamente alla loro
vocazione intellettuale senza dover continuamente cercare un sostegno economico, si facevano istituire in
uno degli ordini minori.

Questo è il motivo storico per cui in alcune lingue il termine corrispondente all'italiano chierico (come
l'inglese clerk) oggi significa semplicemente "impiegato."

Nell’arco di tempo che va dal VI al X secolo il patrimonio della cultura scritta e le attività legate al sapere
rimasero circoscritte a un limitato numero di utenti: si può parlare di veri e propri specialisti della cultura,
generalmente individuabili nell’ambiente ecclesiastico. Il termine chierico indicò indifferentemente sia
l’uomo di Chiesa, adibito alle funzioni liturgiche, alla predicazione e ai compiti pastorali, sia l’intellettuale, la
cui formazione avvenne sempre all’interno delle strutture della Chiesa (scuole episcopali, monasteri,
abbazie).L’intellettuale-ecclesiastico legge e scrive in latino, conosce le Sacre Scritture e le interpreta,
occupa un posto di rilievo nelle gerarchie sociali del Medioevo: è, in sostanza, un uomo di potere, e per
questa ragione il suo servizio diviene fondamentale anche nelle curiae (cancellerie), dove si amministrano e
si gestiscono la politica e l’economia. L’intreccio tra potere ecclesiastico e potere laico costituisce pertanto
una delle prerogative fondamentali del clericus: da questo stretto legame si origina anche una visione della
politica fortemente influenzata dalle concezioni religiose. Diversa è invece la sua funzione nel monastero,
dove può ricoprire incarichi di varia natura: è adibito alla ricopiatura dei testi, al loro commento e
traduzione; in occasioni particolari, egli si comporta come un vero auctor, sviluppando le proprie idee ma
attenendosi al pensiero di altre auctoritates. In tutta l’età alto-medievale gli scrittori non possiedono una
rilevante considerazione del proprio ruolo sociale e della propria importanza culturale.

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