Heidegger (con il quale ha anche una relazione sentimentale), Husserl e Jaspers. Terminati
gli studi universitari, è costretta ad abbandonare la Germania per motivi politici; si rifugia
quindi in Francia (1933) e poi si trasferisce definitivamente negli Stati Uniti. Qui insegna in
diverse università e continua la sua attività di ricerca fino alla morte, che la coglie nel 1975.
La sua ricerca inizia con la tesi di dottorato in filosofia sul concetto di “amore” in Agostino,
pubblicata nel 1929. Ma l’opera che la rende famosa in tutto il mondo è però il monumentale
saggio del 1951 (di circa settecento pagine), scritto in collaborazione con il marito Heinrich
Blùcher, intitolato Le origini del totalitarismo, al quale segue, nel 1958, Vita activa (La
condizione umana). Di particolare rilevanza è inoltre La banalità del male, in cui tratta il
processo fatto al nazista Adolf Eichmann a Gerusalemme (1963), il quale aveva mandato a
morte centinaia di migliaia di ebrei. Le origini profonde dei crimini nazisti risiedano non
tanto nella cattiveria o nella mostruosità dei carnefici, ma nell’assenza di pensiero in uomini
del tutto normali («banali»).
Le origini del totalitarismo è una delle più importanti opere storico-politiche del Novecento.
In essa l’autrice si propone di analizzare le cause e il funzionamento dei regimi totalitari,
considerati come una conseguenza tragica della società di massa, all’interno della quale le
persone sono rese “atomi”, sradicati da ogni relazione interumana. Arendt analizza i tratti di
fondo della storia europea moderna e contemporanea e, in particolare, il periodo che va dagli
ultimi vent’anni di fine Ottocento fino alla Seconda guerra mondiale ed elabora inoltre uno
schema generale del regime totalitario, con esclusivo riferimento al nazismo e allo
stalinismo, visti come due fenomeni riconducibili alla medesima idea di totalitarismo.
L’opera si divide in tre parti:
1. La prima è dedicata allo studio dell’antisemitismo, al modo in cui gli ebrei vivono nella
modernità;
2. La seconda tratta dell’imperialismo, del protagonismo che ebbe la classe borghese in
esso: l’antisemitismo, coniugato con la crisi dei regimi imperiali successiva alla Prima
guerra mondiale, è, per Arendt, la causa del totalitarismo nella Germania nazista e
nell’unione Sovietica stalinista, a cui ha contribuito anche il fenomeno dell’avvento della
società di massa e «senza classi», in cui gli individui sono alla mercé di ristretti gruppi di
potere orientati in senso dispotico;
3. La terza analizza i caratteri del totalitarismo, il quale instaura il suo potere attraverso il
binomio ideologia-terrore.
N. Abbagnano, G. Fornero, G. Burghi, La filosofia 3C: Dalla crisi della modernità agli sviluppi più recenti, Paravia, 2009