LA VITA
La giovinezza travagliata
Giovanni Pascoli nacque il 31 dicembre 1855 a San Mauro di Romagna, da una famiglia della
piccola borghesia rurale. Era una tipica famiglia patriarcale, molto numerosa. La vita serena di
questa famiglia venne sconvolta da una tragedia: il 10 agosto 1867, mentre tornava a casa, il
padre di Pascoli, Ruggero, fu ucciso a fucilate. I sicari non furono mai individuati. La morte del
padre creò difficoltà economiche alla famiglia, che dovette trasferirsi a San Mauro e poi a Rimini.
Al primo lutto ne seguirono altri: nel 1868 morirono la madre e la sorella maggiore, nel 1871 il
fratello Luigi e nel 76 Giacomo. Giovanni fin dal 1862 era entrato nel collegio degli Scolopi ad
Urbino, dove ricevette una formazione classica. Nel 1871 dovette lasciare il collegio ma, grazie alla
generosità di uno dei professori, poté proseguire gli studi a Firenze. Nel 1873 ottenne una borsa di
studio presso l’Università di Bologna, dove frequento la Facoltà di Lettere. Pascoli subì il fascino
dell’ideologia socialista. Partecipò a manifestazioni contro il governo, fu arrestato nel 1879.
L’esperienza per lui fu traumatica e determinò il suo distacco dalla politica militante. Restò fedele
anche dopo all’ideale socialista. Si laureò nel 1882 e iniziò subito la carriera di insegnante liceale,
a Matera e poi a Massa. In questa città chiamò a vivere con lui Ida e Mariù, le sue sorelle,
ricostruendo così quel nido familiare distrutto dai lutti. Nel 1887 si trasferì a Livorno e ci rimase fino
al 1895.
Il nido familiare
La chiusura nel nido familiare rivela la fragilità della psiche del poeta che cerca nel nido la
protezione da un mondo esterno. A ciò si unisce il passato di glutine di dolori, inibendo al poeta
ogni rapporto con la realtà esterna. Tutto ciò inibisce anche i legami con “l'altro" in generale, non vi
sono infatti relazioni amorose nell’esperienza del poeta, che conduce una vita molto casta. La vita
amorosa ai suoi occhi è un qualcosa di proibito e misterioso, di lontano. Le esigenze affettive del
poeta sono soddisfatte dal rapporto morboso con le sorelle. È comprensibile perché il matrimonio
di Ida, determinò in Pascoli una reazione con manifestazioni depressive. Questa complessa
situazione affettiva del poeta è importante per comprendere il carattere tormentato e morboso della
sua poesia, che si cela dietro l’innocenza fanciullesca.
I simboli
Gli oggetti materiali ha un grande rilievo nella poesia pascoliana: i particolari fisici si caricano di
valenze allusive e simboliche, rimandano all’ignoto di cui sono come messaggi misteriosi e
affascinanti. Anche la precisione botanica e ornitologica assume diverse valenze: il termine preciso
permette di andare al cuore della realtà, di attingere all’essenza segreta delle cose. Data questa
soggettivazione del reale, alla precisione scientifica della terminologia può accostarsi una
percezione visionaria, onirica: il mondo è visto attraverso il velo del sogno, in un gioco di
metamorfosi tra apparenze illusorie. La conoscenza del mondo avviene attraverso strumenti
interpretativi non razionali. Tra io e mondo esterno non sussiste quindi per Pascoli nessuna
distinzione. La sfera dell’io si confonde con quella della realtà oggettiva, le cose acquistano una
fisionomia antropomorfizzata. La visione del mondo pascoliana si colloca nella visione decadente,
e presenta molte affinità con la visione dannunziana.
LA POETICA
Il fanciullino
Da questa visione del mondo scaturisce la poetica pascoliana, che trova la sua formulazione
nell’ampio saggio Il fanciullino, pubblicato nel 1897. L’idea centrale è che il poeta coincide col
fanciullo che sopravvive al fondo di ogni uomo: un fanciullo che vede tutte le cose per la prima
volta e deve usare un linguaggio che si sottragga ai meccanismi mortificanti della comunicazione
abituale. Dietro questa metafora è facile scorgere una concezione della poesia come conoscenza
immaginosa. Grazie al suo modo alogico di vedere le cose, il poeta-fanciullo ci fa sprofondare
nell’abisso della verità. L’atteggiamento irrazionale e intuitivo permette di cogliere direttamente
l’essenza segreta delle cose. Non solo, ma il fanciullino scopre quella trama di rispondenze
misteriose tra le presenze del reale. Il poeta appare come un veggente, dotato di una vista più
acuta di quella degli uomini comuni. Si vede chiaramente come anche la poetica pascoliana rientri
in un ambito decadente.
La poesia pura
In questo quadro culturale si colloca la concezione della poesia pura: il poeta canta solo per
cantare, non si propone obiettivi civili o morali. Tuttavia, precisa Pascoli, la poesia, in quanto
poesia pura, assolutamente spontanea e disinteressata, può ottenere effetti di utilità morale (cita
come esempio Virgilio). Il sentimento poetico infatti plaga gli odi e gli impulsi violenti che sono
propri degli uomini, induce alla bontà e all’amore. Nella poesia pure del fanciullino per Pascoli è
implicito un messaggio sociale, un’utopia umanitaria che invita all’affratellamento di tutti gli uomini.
Questo rifiuto della lotta tra le classi si trasferisce al livello dello stile. Pascoli ripudia il principio del
classicismo che esige una separazione tra ciò che e alto e ciò che è basso ed accetta solo la
prima categoria di oggetti nel campo della poesia. Per Pascoli la poesia è anche nelle piccole
cose, che hanno una dignità non minore di quelle auliche. Tra gli oggetti aulici e umili non vi è più
conflitto ed esclusione. A questo principio Pascoli si propone sia come cantore delle realtà umili e
dimesse, sia come celebrare delle glorie nazionali.
L'IDEOLOGIA POLITICA
L’adesione al socialismo
Dai principi letterari di Pascoli affiora una concezione di tipo socialista, di un socialismo umanitario
e utopico, che affida alla poesia la missione di diffondere l’amore e la fratellanza. Durante gli anni
universitari, il giovane Pascoli subì l’influenza delle ideologie anarco-socialiste. L’adesione
all’anarchismo e al socialismo era un fenomeno diffuso tra gli intellettuali piccolo borghesi del
tempo. La protesta contro le ingiustizie risalivano ad un clima ancora romantico, ma comunque il
gruppo anarco-socialista si sentiva minacciato dall’avanzata delle civiltà industriale moderna; a ciò
si univa il risentimento per i processi di declassazione a cui il ceto medio tradizionale era
sottoposto. In questo quadro sociologico rientrava perfettamente la figura del giovane studente
Giovanni Pascoli. Pascoli sentiva soprattutto gravare su di sé il peso di un’ingiustizia, l’uccisione
del padre. Aderì quindi all’Internazionale socialista. Il movimento anarco-socialista non aveva basi
ideologiche rigorosamente definite, il suo impegno politico obbediva più al cuore che alla mente. Di
tal genere fu l’adesione di Pascoli. La sua militanza si scontrò ben presto con la repressione
poliziesca. Arrestato per una manifestazione, il giovane studente venne tenuto per mesi in carcere
e processato. Fu per lui un’esperienza terribile: quando fu assolto, abbandonò definitivamente ogni
forma di militanza attiva.
Il nazionalismo
Il fondamento dell’ideologia di Pascoli è la celebrazione del nucleo familiare. Ma questo senso
geloso della proprietà del nido chiuso ed esclusivo, si allarga agevolmente ad inglobare l’intera
nazione. Si collocano qui le radici del nazionalismo pascoliano. Per questo egli sente con tanta con
tanta partecipazione il dramma dell’emigrazione. La tragedia dell’emigrazione induce Pascoli a far
proprio un concetto corrente del nazionalismo italiano primo novecentesco: esistono nazioni ricche
e nazioni povere. Tra questi vi è l’Italia che deve esportare mano d’opera, destinata ad essere
schiavizzata e disprezzata. Le nazioni proletarie hanno il diritto di cercare la soddisfazione dei loro
bisogni anche con la forza. Pascoli arriva dunque ad ammettere la legittimità delle guerre condotte
dalle guerre condotte dalle nazioni proletarie per le conquiste coloniali. Nel 1911 Pascoli celebra la
guerra di Libia come un momento di riscatto della nazione italiana. In tal modo Pascoli fonde
insieme socialismo umanitario e nazionalismo colonialistico.
LE SOLUZIONI FORMALI
Il modo nuovo di percepire il reale si traduce in soluzioni formali fortemente innovative che aprono
la strada alla poesia novecentesca
LA SINTASSI
L’aspetto che colpisce più immediatamente è quello sintattico. La sintassi di Pascoli è diversa da
quella tradizionale: nei suoi testo poetici la coordinazione prevale sulla subordinazione, di modo
che la struttura si frantuma in serie paratattiche di bravi frasi allineate senza rapporti gerarchici tra
di loro, spesso collegate per asindeto. Di frequente le frasi mancano del soggetto o del verbo o
assumono forma nominale. La frantumazione pascoliana rivela il rifiuto do una sistemazione logica
dell’esperienza, il prevalere della sensazione immediata, che indica una trama di corrispondenze
segrete tra le cose. È una sintassi che traduce perfettamente la visione del mondo pascoliana, una
visione fanciullesca, alogica, che svaluta e scompone i rapporti gerarchici abituali. Gli oggetti
quotidiani e comuni, presentano una fisionomia stranita, appaiono immersi in un’atmosfera
visionaria o di sogno.
IL LESSICO
Pascoli non usa un lessico normale, mescola tra loro codici linguistici diversi, allinea fianco a
fianco termini tratti da settori più disparati. È un principio formulato nel Fanciullino: il poeta, come
vuole abolire la lotta tra le classi, così vuole abolire la lotta fra le classi di oggetti e di parole.
Troviamo quindi nei suoi testi termini preziosi e aulici, termini gergali e dialettali, della realtà
campestre, del linguaggio dei contadini della Garfagnana; usa una precisa terminologia botanica
ed ornitologica, termini dimessi e colloquiali e parole provenienti da lingue straniere.
LA METRICA
La metrica pascoliana che impiega i versi più consueti della poesia italiana (endecasillabi) e gli
schemi di rime e strofe più usuali (rime baciate, terzine). Questi materiali sono piegati dal poeta in
direzioni personalissime. Pascoli sperimenta cadenze ritmiche inedite. Anche il verso è di regola
frantumato al suo interno. La frantumazione del discorso è accentuata dell’uso frequente degli
enjambements.
LE FIGURE RETORICHE
Pascoli usa largamente il linguaggio analogico. Il meccanismo è quello della metafora. Ma
l’analogia pascoliana non si accontenta di una somiglianza facilmente riconoscibile: accosta due
realtà fra loro remote costringendo così ad un volo dell’immaginazione. Un procedimento affine
all’analogia è la sinestesia in cui avviene uno spostamento tra concreto e astratto. L’effetto è quello
di una maggiore indefinitezza: la realtà corposa sfuma con un effetto puramente suggestivo.
MYRICAE
La prima raccolta vera e propria fu Myricae, uscita nel 1891e contenente 22 poesie dedicate alle
nozze di amici. Il volume si ampliò nel 1892 con 62 componimenti e in seguito nel 1897 con 116. Il
titolo è una citazione virgiliana, dalle Bucoliche, myricae è il termine aulico per indicare le tamerici.
Pascoli assume invece le umili piante proprio come simbolo delle piccole cose che egli vuole porre
al centro della poesia. Si tratta di componimenti molto brevi che si presentano come quadretti di
vita campestre. Ma in realtà i particolari su cui il poeta fissa la sua attenzione si caricano di sensi
misteriosi e suggestivi, sembrano alludere ad una realtà ignota e inafferrabile. Spesso le atmosfere
che avvolgono queste realtà evocano l’idea della morte; ed uno dei temi più presenti è il ritorno dei
morti familiari. Già a partire da Myricae, Pascoli delinea quel romanzo familiare che è il nucleo
doloroso della sua visione del reale. Compaiono poi l’insistenza di onomatopee, il valore simbolico
dei suoni, l’uso di un linguaggio analogico e la sintassi frantumata.
I POEMETTI
Il romanzo georgico
Una fisionomia diversa possiedono i Poemetti, raccolti nel 1897 poi pubblicato con aggiunte nel
1900 ed infine divisi in due raccolte, Primi poemetti e Nuovi poemetti. Si tratta di componimenti più
ampi di Myricae, hanno un più disteso taglio narrativo, ai verso bravi subentrano le terzine
dantesche. Anche qui assume rilievo dominante la vita della campagna. Si viene a delineare un
vero e proprio romanzo georgico, cioè la descrizione di una famiglia tirare di Barga. La narrazione
è articolata in veri e propri cicli, che traggono il titolo delle varie operazioni del lavoro dei campi, La
sementa, L'accestire, La fiorita e La mietitura. Questa raffigurazione si carica di intenti ideologici: il
poeta vuole celebrare la piccola proprietà rurale, presentandola come una serie di valori
tradizionali e autentici. La vita del contadino appare al poeta come un rifugio rassicurante. Pascoli
proietta il suo ideale nel passato, in forme di vita che stanno scomparendo. È evidente perciò
come questa raffigurazione non abbia punti in comune col Verismo né con Verga: il mondo rurale
pascoliano è idealizzato e idilliaco, ignora gli aspetti più crudi della realtà popolare. Pascoli si
sofferma sugli aspetti più quotidiano, umili e dimessi di quel mondo, designando con precisione gli
oggetti e le operazioni del lavoro nei campi. Il poeta vuole quindi mettere in rilievo quanto di
poetico si trova nelle realtà umili, la loro dignità sublime. Si ha quindi, nei Poemetti, una singolare
mescolanza di elementare semplicità e di preziosa raffinatezza.
I CANTI DI CASTELVECCHIO
I Canti di Castelvecchio sono definiti dal poeta stesso come myricae, quindi si propongono di co
continuare la linea della prima raccolta. Anche qui ritornano immagini della vita di campagna e
ricompare una misura più breve, lirica anziché narrativa. Il ciclo naturale si presenta come un
rifugio rassicurante e consolante dal dolore e dall’angoscia. Ricorre con frequenza ossessiva il
motivo della tragedia familiare e dei vari morti. Vi è anche il rimando continuo del nuovi paesaggio
di Castelvecchio a quello antico dell’infanzia in Romagna. Non mancano però anche in questa
raccolta i temi più inquieti e morbosi: l’Eros, contemplato col turbamento del fanciullo, e la morte,
che a volte appare un rifugio dolce in cui sprofondare.
I POEMI CONVIVIALI
Molto diversi dai Canti di Castelvecchio sono i Poemi conviviali così intitolati perché gran parte di
essi era comparsa sulla rivista Il Convito. Al clima estetizzante rispondono anche i componimenti
pascoliano. Si tratta di poemetti dedicati a personaggi e fatti del mito e della storia antichi, dalla
Grecia sino al cristianesimo. La ricostruzione del mondo antico si fonda su un’erudizione che
esplora aspetti poco noti del mito e della storia. Anche il linguaggio è estetizzante e spesso mira a
riprodurre in italiano il clima e lo stile della poesia classica