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IL PROCEDIMENTO DI CONVALIDA DI SFRATTO NELLE LOCAZIONI AD USO

ABITATIVO
La disciplina sulle locazioni ad uso abitativo ha subito negli anni diversi interventi normativi. La
normativa prevista nel codice civile, nel tempo, è divenuta residuale, rispetto alla normativa
speciale (si pensi alla legge n. 392/1978, e alla legge n. 431/1998, che ha abrogato la disciplina
sull'equo canone relativamente agli immobili ad uso abitativo per le nuove locazioni; alla
Finanziaria del 2005, che ha sancito la nullità dei contratti di locazione non registrati; si pensi infine
alla cedolare secca per le locazioni non registrate).
IL PROCEDIMENTO DI CONVALIDA DI SFRATTO
Il procedimento per convalida di sfratto è un forma speciale di procedimento di cognizione
(sommario), disciplinato dagli artt. 657-669 del codice di procedura civile.
Come il procedimento per ingiunzione, è caratterizzato dall'esigenza di conseguire rapidamente il
titolo esecutivo.
Lo scopo di tale procedimento sommario è quello di far riavere al locatore la disponibilità
dell'immobile locato nel minor tempo possibile, utilizzando uno strumento processuale facilitato e
semplificato.
È sorta questione in ordine alla sopravvivenza di tale procedimento dopo l'entrata in vigore della
legge sull'equo canone. La dottrina si è espressa nel senso della sopravvivenza, poiché la legge
sull'equo canone non ha inteso disciplinare ex novo tutta la materia delle locazioni, ma si è limitata
ad interventi specifici in singoli settori.
La legge sull'equo canone (L. 27 luglio 1978, n. 392), aveva introdotto norme che erano
fortemente limitative dell'autonomia negoziale privata.
Con la legge 9 dicembre 1998, n. 431, è stato abrogato l'intero meccanismo di calcolo
dell'equo canone, liberalizzando il mercato. Inoltre, tale legge ha abrogato le norme sulla durata
delle locazioni e sulla tacita rinnovazione.
Pertanto, i nuovi contratti di locazione ad uso abitativo hanno una durata minima di quattro anni,
rinnovabili obbligatoriamente per uno stesso periodo, salvo ipotesi determinate dall'art. 3 L. 431/98
(come nel caso in cui il locatore abbia bisogno per sé o per la propria famiglia dell'immobile).
Al termine della prima scadenza, il locatore può evitare il rinnovo per il medesimo periodo se,
almeno 6 mesi prima della scadenza, provveda a comunicare tramite raccomandata con avviso di
ricevimento, disdetta motivata al conduttore, indicando uno dei motivi indicati nell'art. 3, L. n.
431/1998.
Alla seconda scadenza del contratto le parti possono attivare la procedura per il rinnovo "a nuove
condizioni", oppure possono rinunciare al rinnovo, comunicando la propria intenzione tramite
lettera raccomandata a.r., da inviare all'altra parte almeno 6 mesi prima della scadenza. La parte
interpellata dovrà dare la propria risposta entro 60 giorni dal ricevimento della raccomandata. In
mancanza di risposta o di accordo, il contratto si intende risolto.
La mancata comunicazione sulla rinuncia al rinnovo del contratto alla seconda scadenza,
comporterà il tacito rinnovo del contratto di locazione alle medesime condizioni per ulteriori 4 anni
(non rinnovabili).
In alternativa alla contrattazione libera, le parti possono stipulare contratti il cui contenuto è
stabilito dagli accordi tra le organizzazioni dei proprietari e dei conduttori ("locazioni c.d.
convenzionate" in base ad accordi territoriali).
In base agli accordi territoriali predetti, il territorio di ciascun comune viene suddiviso in cinque
zone (A-centralissima, B-centrale, C-semicentrale, D-periferica, E-agricola e frazioni) che
consentono in base anche alla presenza di elementi essenziali o non essenziali (ad es. impianto di
condizionamento) l'ammontare di canoni differenziati.
Nelle locazioni convenzionate la durata del contratto non può essere inferiore a 3 anni ed alla
prima scadenza, in mancanza di rinnovo, il contratto è prorogato di diritto per 2 anni, salva
comunque la possibilità per il locatore di dare disdetta qualora ricorrano le condizioni previste
dall'art. 3, L. 431/98.
Nelle locazioni convenzionate sono inoltre previste agevolazioni fiscali volte a favorire la
conclusione del contratto e per tutelare maggiormente i conduttori.
Il diritto che si può far valere con il procedimento di convalida di sfratto è soltanto quello del
rilascio di un immobile a favore del locatore o del concedente in forza di un contratto di locazione,
di affitto a coltivatore diretto, di mezzadria o di colonìa (art. 657), oppure in forza di un contratto di
locazione d'opera avente come corrispettivo (totale o parziale) il godimento di un immobile (art.
659, c.p.c.).

La legge prevede tre ipotesi:


1. Licenza per finita locazione, che rappresenta l'esempio più caratteristico di condanna in
futuro in quanto la relativa azione è concessa anche prima della scadenza (limitatamente alla
cognizione per l'ottenimento anticipato del titolo esecutivo) ed indipendentemente da un fatto
idoneo alla risoluzione. Tale procedimento viene utilizzato quando il contratto non è ancora scaduto,
per impedire la rinnovazione tacita dello stesso, ed ottenere quindi la disponibilità immediata
dell'immobile alla scadenza del contratto. La licenza per finita locazione ha, quindi, anche efficacia
sostanziale di disdetta della locazione;
2. Sfratto per finita locazione, che si intima dopo la scadenza naturale del contratto (art.
657, c.p.c.). In tale ipotesi il diritto al rilascio è già attuale perché la scadenza si è già verificata. Il
2° comma dell'art. 657 dispone infatti che "il locatore o il concedente può intimare senz'altro lo
sfratto (e non dunque la licenza prevista al 1° comma) purché non si sia, in precedenza, già
verificata la tacita riconduzione". Anche l'intimazione di sfratto ha efficacia di disdetta laddove la
reale scadenza del rapporto sia successiva a quella erroneamente indicata nell'atto di citazione per lo
sfratto.
3. Sfratto per morosità, che si intima nel caso di mancato pagamento dei canoni alle
scadenze stabilite o, secondo parte della giurisprudenza, anche in caso di mancato pagamento degli
oneri accessori (cfr. Cass. Civ. 18 Aprile 1989, n. 835). Con tale procedimento si raggiunge un
risultato simile a quello di un'azione costitutiva di risoluzione del contratto per inadempimento.
Contemporaneamente si può chiedere l'ingiunzione di pagamento per i canoni scaduti. Tale scelta è
consigliabile solo se il conduttore possiede beni immobili o mobili registrati, a lui intestati, che
consentano al locatore di intraprendere fruttuosamente procedure esecutive, in quanto su
quest'ultimo gravano le spese di registrazione del decreto ingiuntivo. In alternativa, se il locatore
non chiede contestualmente il pagamento dei canoni scaduti, può comunque farlo successivamente
in un autonomo giudizio.
Nei procedimenti predetti, l'accertamento delle posizioni delle parti si realizza in maniera
sommaria, o a causa dell'incompletezza dell'attività istruttoria (nel caso di ordinanza provvisoria di
rilascio ex art. 665, c.p.c.), o per l'acquiescenza dell'intimato, nel caso in cui non compaia
all'udienza o, pur comparendo, non si opponga alla convalida della licenza o dello sfratto per finita
locazione o per morosità.
La competenza spetta al Tribunale in composizione monocratica del luogo in cui si trova la cosa
locata. Si tratta di una competenza territoriale inderogabile.
Prima della Riforma, attuata dal D.Lgs 51/1998, che ha istituito il giudice unico di primo grado, per
tale procedimento era esclusivamente competente il Pretore.
Il procedimento per convalida di sfratto è lo stesso in tutti i casi, con l'eccezione dell'intimazione di
sfratto per morosità, dove, è necessario che il locatore dichiari in udienza che la morosità persiste e
dove è possibile chiedere, a norma dell'art. 664, la pronuncia di un decreto ingiuntivo per il
pagamento dei canoni non pagati (e degli oneri accessori) fino alla esecuzione dello sfratto.
L'atto introduttivo del procedimento è l'atto di citazione, il quale può avere un contenuto più ampio
di quello del normale atto di citazione, poiché può includere anche un atto sostanziale, ossia
l'intimazione della licenza o dello sfratto, cioè la disdetta.
La L. 534/95, di conversione del D.L. 432/95, ha modificato la norma dell'art. 660, c.p.c., relativo
alla forma dell'intimazione (contestuale alla citazione), specificando che:
• La citazione per la convalida deve contenere anche l'invito a comparire nell'udienza
indicata con l'avvertimento che se l'intimato non compare o comparendo non si oppone, il
giudice convalida la licenza o lo sfratto ai sensi dell'art. 663, c.p.c. (art. 669, 3° co.).
• Regole particolarmente rigide sono previste dall'art. 660, c.p.c., per la notifica dell'atto di
citazione; da un lato, è esclusa la validità della notificazione al domicilio eletto presso uno
studio legale (mentre è regolare la notifica eseguita presso il domicilio, inteso come luogo di
abitazione o di lavoro, a norma dell'art. 137 c.p.c. - cfr. Cass. n. 5103/1981); dall'altro si
dispone che se l'intimazione non è stata notificata in mani proprie, l'ufficiale giudiziario
deve spedire avviso all'intimato dell'effettuata notificazione a mezzo di lettera raccomandata
e allegare all'originale dell'atto la ricevuta di spedizione (art. 660, c.p.c., ultimo comma).
• Il giudice deve ordinare che sia rinnovata la citazione se risulta o appare probabile che
l'intimato non abbia avuto conoscenza della citazione stessa o non sia potuto comparire per
caso fortuito o forza maggiore (art. 663, comma 1).
• Il nuovo 4° comma dell'art. 660 c.p.c. dispone che "tra il giorno della notificazione
dell'intimazione e quello dell'udienza debbono intercorrere termini liberi non minori di 20
gg." salva abbreviazione alla metà su istanza dell'intimante nelle cause che richiedono
pronta spedizione.
• Il nuovo 5° comma dell'art. 660 c.p.c. dispone che "le parti si costituiscono depositando in
cancelleria l'intimazione con la relazione di notificazione o la comparsa di risposta oppure
presentando tali atti al giudice in udienza". Ciò implica che la costituzione dell'una e/o
dell'altra parte è tempestiva, anche agli effetti delle preclusioni conseguenti, anche se
effettuata all'udienza.
• Ai fini dell'opposizione e del compimento delle attività previste negli artt. da 663 a 666,
c.p.c., è sufficiente la comparizione personale dell'intimato (art. 660). Nel caso, invece, di
trasformazione del rito da speciale in ordinario, è necessario nominare un difensore,
altrimenti il giudizio prosegue in contumacia.
Nella prima udienza del procedimento per convalida di sfratto possono verificarsi le seguenti
situazioni:
a) Può accadere, innanzitutto, che all'udienza fissata nell'atto di citazione non compaia
l'intimante (locatore): in tale ipotesi gli effetti processuali dell'intimazione cessano ex art. 662,
c.p.c. (salvi alcuni effetti sostanziali, come ad esempio, la rinnovazione tacita del contratto) ed il
procedimento di convalida si estingue, salvo che il conduttore costituito non chieda l'accertamento
negativo della pretesa avanzata dall'intimante.
b) L'intimato non compare o, comparendo non si oppone (art. 663); per queste ipotesi la legge
(art. 663, c.p.c.) dispone che il giudice (previo ordine di rinnovare la citazione ogni qual volta
sussiste il dubbio che l'intimato non comparso non ne abbia avuto conoscenza o non sia potuto
comparire per caso fortuito o forza maggiore), convalida la licenza o lo sfratto e dispone, con
ordinanza in calce alla citazione, l'apposizione su di essa della formula esecutiva. Tale ordinanza di
convalida, che ha la portata di un provvedimento di condanna al rilascio immediatamente esecutiva
(eseguibile solo dopo 30 gg. dall'apposizione della formula), costituisce il risultato della cognizione
sommaria fondata sull'acquiescenza da parte dell'intimato, ed è dotata, come il decreto ingiuntivo
non opposto, di autentica efficacia di cosa giudicata.
L'originale dell'atto di citazione, unitamente alla convalida, resta nelle mani del locatore e non viene
depositato in cancelleria (diversamente da quanto previsto per il decreto ingiuntivo). Con
l'ordinanza di convalida dello sfratto, il giudice può anche condannare l'intimato al pagamento delle
spese processuali.
L'ordinanza di convalida dello sfratto (per morosità), può essere emanata in assenza dell'intimato
solo se il locatore dichiara in udienza che la morosità persiste. Nel caso il giudice convalidi lo stesso
lo sfratto anche in mancanza di tale dichiarazione, l'ordinanza di convalida può essere appellata.
In giurisprudenza e dottrina sussistevano contrasti circa l'ammissibilità, avverso l'ordinanza de qua,
del regolamento di competenza; un intervento della Corte Costituzionale con sentenza n. 167/1984
ha aperto la via a questa impugnazione; successivamente, la Corte Costituzionale con sentenza n.
558/1989 ha aperto la via anche alla revocazione di cui all'art. 395, n. 4, c.p.c.
c) L'intimato compare all'udienza e chiede termine di grazia per poter sanare la
morosità. Tale termine non può essere superiore a 90 giorni, nel caso di comprovate difficoltà del
conduttore, ed è di 120 giorni, se l'inadempienza, protrattasi per non oltre 2 mesi, è conseguente a
precarie condizioni economiche del conduttore, insorte dopo la stipulazione del contratto di
locazione, e dipendenti da disoccupazione, malattie, o gravi e comprovate condizioni di difficoltà.
Nel caso in cui il giudice accolga tale richiesta del conduttore, e quest'ultimo provveda a pagare i
canoni scaduti unitamente alle spese legali, il procedimento di convalida si estinguerà. Tuttavia la
morosità del conduttore può essere sanata in sede giudiziale per non più di 3 volte nel corso di un
quadriennio nei casi di cui al 2° comma dell'art. 55, L. 392/78, oppure per non più di 4 volte in un
quadriennio nei casi di cui al n. 4 dell'art. 55, L. 392/78.
d) L'intimato compare all'udienza e si oppone alla convalida;
in tal caso il giudizio si trasforma in un normale procedimento locativo (disciplinato dall'art. 447
bis, c.p.c.) previa trasformazione del rito (art. 667, c.p.c.).
In tal caso possono esserci due possibilità:
1) Le eccezioni dell'opponente sono fondate su prova scritta, o se, pur non essendo tali,
sussistono gravi motivi; in tal caso, il giudice deve rigettare l'eventuale richiesta dell'intimante di
ordinanza di rilascio (art. 665, c.p.c.);
2) Le eccezioni non sono fondate su prova scritta o non esistono gravi motivi; per tale
ipotesi la legge prevede la pronuncia di un provvedimento che, pur non essendo definitivo come
l'ordinanza di convalida, ha tuttavia il carattere di un provvedimento a cognizione sommaria, più
precisamente sommaria perché incompleta. L'art. 665 dispone infatti che "se l'intimato comparisce
e oppone eccezioni non fondate su prova scritta, il giudice, su istanza del locatore, se non
sussistono gravi motivi in contrario, pronuncia ordinanza (provvisoria) non impugnabile di
rilascio immediatamente esecutiva (che potrà anche essere subordinata ad una cauzione per i
danni e per le spese), con riserva di esaminare le eccezioni del convenuto", ordinanza comunque
destinata ad essere assorbita dalla sentenza di definizione del giudizio.
Tale ordinanza provvisoria di rilascio non è impugnabile, né revocabile, né modificabile, ed i suoi
effetti restano in vita fino alla pronuncia della sentenza definitiva di merito del giudizio di
cognizione instaurato a seguito del mutamento del rito ai sensi dell'art. 426, c.p.c.
L'art. 665, c.p.c, disciplina la c.d. "opposizione tempestiva", la quale altro non è se non una
domanda di rigetto che non abbisogna neppure di alcuna forma particolare. Di solito viene compiuta
nella comparsa di risposta come conclusione principale di quell'atto, ma si ritiene possa essere
compiuta anche verbalmente in udienza, come previsto dall'art. 660, 6° comma, c.p.c.
L'opposizione tardiva è invece disciplinata all'art. 668, c.p.c., e rappresenta un mezzo di
impugnazione straordinario esperibile solo in determinate circostanze, ad esempio quando l'intimato
dimostri di non aver avuto tempestiva conoscenza dell'intimazione a causa di una notifica
irregolare, o per caso fortuito o forza maggiore.
A questo punto, dopo le eventuali pronunce di cui agli artt. 665 (opposizione, provvedimento del
giudice) e 666, c.p.c. (contestazione sull'ammontare dei canoni), il giudizio prosegue per la
decisione del merito nelle forme del rito speciale, previa ordinanza di mutamento del rito ai sensi
dell'art. 426, c.p.c.
Nel caso di intimazione si sfratto per morosità, può avvenire che il convenuto neghi la propria
morosità contestando l'ammontare della somma pretesa. In tal caso il giudice può disporre con
ordinanza il pagamento della somma non contestata entro un termine non superiore a 20 giorni.
Se il pagamento non avviene in questo termine, il giudice convalida l'intimazione di sfratto,
eventualmente pronunciando anche decreto ingiuntivo per il pagamento dei canoni.
Se invece il pagamento avviene, il giudizio prosegue per la decisione del merito e l'eventuale
risoluzione del contratto ai termini dell'art. 667, c.p.c. (rito locatizio).
Al giudizio di merito si applica in via residuale la disciplina del giudizio ordinario, compresa quella
relativa alla posizione delle parti e alla distribuzione dell'onere della prova (ferme restando le
preclusioni già maturate).
La sentenza potrà essere impugnata nei modi ordinari, col rito locatizio.
I. RIFERIMENTI NORMATIVI
Artt. 657 – 669 c.p.c.; artt. 447 bis e ss. c.p.c.; L. n. 392/1978; L. n. 353/1990; D.L. n. 333/1992; L.
n. 431/1998; L. n. 311/2004; D.Lgs. n. 28/2010; D.P.R. n. 115/2002; L. 162/2014, D.Lgs. n. 5/2006,
D.Lgs. n. 169/2007, L. n. 276/1942 (c.d. l. fall.).

II. NOZIONE E CLASSIFICAZIONE


Il procedimento per convalida di sfratto è diretto ad ottenere dal giudice l’emanazione di un
provvedimento che convalidi la licenza ovvero lo sfratto per scadenza del termine o per mancato
pagamento del canone pattuito, dichiarando, altresì, la risoluzione del contratto.
Esso fa parte del libro IV del codice di procedura civile, che disciplina quei procedimenti definiti
“speciali”: essi, infatti, anche se dissimili fra loro, si differenziano dal procedimento ordinario di
cognizione poiché consentono all’attore di ottenere, ove ne ricorrano i presupposti, decisioni
giudiziali al di fuori dell’iter procedimentale che caratterizza il rito ordinario, poiché si svolgono in
forma semplificata e più rapida. Quello in esame fa parte dei procedimenti c.d. sommari, riguardanti
speciali situazioni sostanziali e caratterizzati dal fatto che la cognizione è, appunto, “sommaria”: il
giudice, invero, emette la sua pronuncia sulla base di un accertamento fatto in modo incompleto e
superficiale, oppure piena ma basata su un procedimento semplificato e deformalizzato. Ad ogni
modo, come quello monitorio, anche tale procedimento ha carattere non necessario: l’intimante può
scegliere se fare ricorso alla procedura ordinaria, ossia al normale processo di cognizione, o a quella
sommaria oggetto del presente articolo.

III. PRESUPPOSTI E LEGITTIMAZIONE


Legittimati attivi della procedura di intimazione e convalida di sfratto sono soltanto il locatore o
concedente nei casi di: 1) locazione; 2) affitto a coltivatore diretto, mezzadria, colonia parziale.
Soggetto passivo della procedura è: 1) per il primo caso, il conduttore; 2) per il secondo caso,
l’affittuario coltivatore diretto, il mezzadro o il colono.
La legittimazione ad agire (attiva) e a contraddire (passiva) sono verificate d’ufficio dal giudice.
In caso di fallimento del locatore, si evidenzia come il curatore sia legittimato processuale attivo in
quanto il fallimento del locatore non determina lo scioglimento del contratto di locazione[1]. La
premessa è che il contratto di locazione sia opponibile alla procedura concorsuale (perché, ad
esempio, provvisto di data certa anteriore a quella del fallimento); quindi, attesa la perdita della
capacità processuale del fallito ex art. 43 l. fall., il curatore è de iure sostituito al fallito nella
legittimazione processuale all’esercizio di tutte le facoltà di azione.
In caso di pluralità di locatori, l’azione potrà essere esercitata anche da uno solo di essi
(presumendosi una negotiorum gestio) fatta salva la opposizione della maggioranza dei quotisti, o
della prova fornita dall’intimato del disaccordo del co-locatore maggioritario rispetto all’iniziativa
giudiziaria.
In caso di pluralità di conduttori, tutti sono litisconsorti necessari[2].
La legge prevede tre ipotesi: 1) licenza per finita locazione, che si intima prima della scadenza del
contratto[3] per impedire la rinnovazione tacita di esso (art. 657, comma I, c.p.c.); 2) sfratto, che si
intima dopo la scadenza del contratto (art. 657, comma II, c.p.c.); 3) sfratto per morosità, che si
intima per mancato pagamento dei canoni alla scadenze stabilite e, per la giurisprudenza
maggioritaria[4], per mancato pagamento di oneri accessori di cui all’art. 9, L. n. 392/1978[5] (art.
658 c.p.c.).

IV. GIURISDIZIONE E COMPETENZA


IV.A) Giurisdizione
Sussiste la giurisdizione del giudice italiano: 1) quando il contratto di locazione sia stato stipulato
da un Stato estero (come anche lo Stato del Vaticano) o da un’organizzazione internazionale per lo
svolgimento della propria attività iure privatorum all’interno dello Stato Italiano[6]; 2) quando la
conduzione in locazione da parte dell’agente diplomatico esuli dalle funzioni ufficiali.
Non sussiste, invece, nel caso di locazione stipulata dal personale diplomatico delle missioni[7].
IV.B) Competenza per territorio
La citazione a comparire deve farsi inderogabilmente davanti al tribunale del luogo in cui si trova la
cosa locata ai sensi dell’art. 661 c.p.c.
IV.C) Competenza per materia
Il procedimento di convalida è praticabile soltanto riguardo ai contratti di locazione di immobili
urbani (anche in caso di locazione di una stanza o porzione individuata di unità immobiliare).
Sono esclusi dal suo campo di applicazione: locazione di bene mobile; leasing immobiliare; affitto
di azienda (ancorché comprendente un immobile); comodato di immobile; occupazione senza titolo
di immobile; alloggio (o affittacamere); alloggio in albergo.
IV.D) Sfratto e procedura fallimentare
Ove lo sfratto debba essere intimato al conduttore (in bonis al momento della stipula del contratto
concluso per soddisfare esigenze non abitative e per il quale il curatore non abbia esercitato il
recesso), la domanda finalizzata ad ottenere il rilascio dell’immobile locato ed eventuali
corrispettivi (sfratto e pagamento canoni) va proposta al Tribunale Fallimentare[8].
V. PROCEDIMENTO
In tutti e tre i casi sopra menzionati, il procedimento inizia con un’intimazione, rivolta dal locatore
o concedente al conduttore, di lasciare libero l’immobile, con contestuale citazione per la convalida.
Il Legislatore prevede che[9]: a) le intimazioni di licenza o di sfratto siano notificate a norma degli
artt. 137 e ss., esclusa la notificazione al domicilio eletto; b) la citazione per la convalida, in luogo
dell’invito e dell’avvertimento al convenuto previsti di cui all’art. 163, coma II, n. 7, c.p.c.,
contenga, con l’invito a comparire nell’udienza indicata, l’avvertimento che se non comparisce o,
comparendo, non si oppone, il giudice convalida la licenza o lo sfratto ai sensi dell’art. 663 c.p.c.; c)
tra il giorno della notificazione dell’intimazione e quello dell’udienza intercorrano termini liberi
non minori di venti giorni. Nelle cause che richiedono pronta spedizione, il giudice può, su istanza
dell’intimante, con decreto motivato, abbreviare fino alla metà i termini di comparizione; d) le parti
si costituiscano depositando in cancelleria l’intimazione con la relazione di notificazione o la
comparsa di risposta, oppure presentando tali atti al giudice in udienza[10]; e) ai fini
dell’opposizione e del compimento delle attività previste negli artt. 663 – 666 c.p.c., sia sufficiente
la comparizione personale dell’intimato[11].
L’intimazione deve essere notificata a mani proprie; se ciò non è possibile, l’ufficiale giudiziario
deve spedire all’intimato avviso dell’effettuata notificazione a mezzo di lettera raccomandata ed
allegare all’originale dell’atto la ricevuta di spedizione, a pena di nullità della notificazione,
costituendo tali adempimenti formalità essenziali al raggiungimento dello scopo da conseguire[12].
La giurisprudenza maggioritaria prevede che l’intimazione possa essere notificata ai sensi dell’art.
140 c.p.c.[13], ma non con le modalità di cui all’art. 143 c.p.c.[14].
Gli effetti dell’intimazione cessano se il locatore intimante non compare all’udienza fissata nell’atto
di citazione[15] ed il procedimento di convalida si estingue, salvo che il conduttore costituito non
chieda l’accertamento negativo della pretesa avanzata dall’intimante.
V.A) Sfratto per morosità: quali documenti servono per richiederne l’esecuzione?
Per richiedere l’intimazione di sfratto per morosità il locatore deve presentare al giudice i seguenti
documenti: 1) copia del contratto di locazione, debitamente registrato presso l’Agenzia delle
Entrate; 2) copia degli eventuali solleciti inviati al conduttore moroso; 3) copia delle ricevute di
pagamento dei canoni precedenti (facoltativo); 4) dati catastali dell’unità immobiliare (facoltativo).
V.B) Quando è possibile sfrattare l’inquilino moroso?
Il locatore può procedere ad intimare sfratto per morosità solo laddove: 1) sia stato stipulato un
contratto di locazione; 2) il medesimo contratto sia stato debitamente registrato presso l’Agenzia
delle Entrate[16]; 3) vi sia accordo tra locatore e conduttore in merito all’importo dei canoni di
locazione mensili ed alla data entro cui il conduttore li debba versare al locatore, secondo quanto
disposto dal contratto registrato; 4) il conduttore abbia omesso il pagamento del canone di
locazione, la cui misura viene stabilita, per gli immobili ad uso abitativo, dalla c.d. legge sull’equo
canone, nella mensilità decorsi 20 giorni dalla scadenza prevista, o, nel termine previsto, abbia
omesso il pagamento degli oneri accessori se l’importo non pagato supera quello di due mensilità
del canone.
Tale criterio trovi applicazione, tuttavia, per le sole locazioni ad uso abitativo, mentre non è valido
per le locazioni ad uso diverso da quello abitativo, come quelle commerciali. Per queste, infatti,
rimane operante il criterio dell’inadempimento di non scarsa importanza, di cui all’art. 1455 c.c.,
secondo il quale “Il contratto non si può risolvere se l’inadempimento di una delle parti ha scarsa
importanza, avuto riguardo all’interesse dell’altra”.
Trattandosi di una definizione varia e non quantitativamente declinata, come nel caso delle
locazioni abitative, dovrà essere il giudice a valutare in concreto l’importanza dell’inadempimento
da parte del conduttore. La giurisprudenza ormai consolidata indica, comunque, che lo stesso
principio già visto per le locazioni abitative, di cui alla L. n. 392/1978, può essere un parametro
orientativo anche per le locazioni non abitative.
V.C) Il contributo unificato nei procedimento per convalida di sfratto
Il locatore che si rivolga al giudice per richiedere l’esecuzione di uno sfratto per morosità è tenuto
al versamento del contributo unificato, che si calcola in base al valore della lite, ovvero all’importo
totale di cui ai canoni di locazione scaduti e non pagati.
Essendo quello per convalida di sfratto un procedimento speciale di cui al libro IV del codice di
procedura civile, il contributo unificato è ridotto del 50% rispetto a quello dovuto per i procedimenti
civili ordinari, per il calcolo del quale si rimanda alle norme in materia (in particolare, D.P.R. n.
115/2002).
V.D) Udienza di comparizione
All’udienza possono verificarsi due ipotesi:
1) Mancata comparizione o mancata opposizione dell’intimato (art. 663 c.p.c.)
Se l’intimato non compare o, pur comparendo, non si oppone, il Giudice convalida la licenza o lo
sfratto e dispone, con ordinanza in calce alla citazione, l’apposizione su di essa della formula
esecutiva. Contestualmente, fissa, nel provvedimento di rilascio, anche la data di esecuzione dello
stesso[17].
In caso di mancata comparizione dell’intimato, il Giudice è comunque tenuto a verificare
preliminarmente la regolarità della notifica dell’intimazione e il rispetto di quanto previsto nell’art.
660 c.p.c.: in caso di irregolarità o se risulta o appare probabile che l’intimato non abbia avuto
conoscenza della citazione o non abbia potuto comparire per caso fortuito o forza maggiore, il
giudice deve ordinare la rinnovazione della notifica dell’atto introduttivo.
L’ordinanza di convalida, quale provvedimento di chiusura del giudizio in esame, deve anche
contenere, qualora non si accompagni ad un decreto ingiuntivo per il pagamento dei canoni (vd.
infra), la condanna dell’intimato al pagamento delle spese del procedimento sostenute dal
locatore[18], tranne che nel caso di convalida della licenza per finita locazione, in cui le spese si
compensano[19].
L’ordinanza di convalida dello sfratto non opposta ex art. 668 c.p.c.[20] costituisce giudicato fra le
parti in merito alla pregressa esistenza del contratto di locazione ed alle qualità di conduttore e
locatore delle parti stesse.
Nello sfratto per morosità, la convalida è subordinata all’attestazione in giudizio, fatta dal locatore o
dal suo procuratore e verbalizzata, del persistere della morosità dell’intimato[21]. In questo caso, il
giudice può imporre all’intimato il versamento di una cauzione ex art. 663, comma III, c.p.c.
Ancora, nello stesso atto di intimazione di sfratto per morosità il locatore può chiedere
l’ingiunzione di pagamento dei canoni scaduti e di quelli a scadere sino al rilascio: in tal caso, il
giudice emette decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo in calce ad una copia dell’atto di
intimazione, che contiene anche la liquidazione delle spese del procedimento[22].
Se il convenuto si limita a contestare la somma pretesa dall’intimante, il giudice può disporre il
pagamento della somma non controversa, concedendo all’uopo al convenuto un termine non
superiore 20 giorni: se questi non ottempera al pagamento entro 20 giorni, lo sfratto viene
convalidato e, nel caso previsto dall’art. 658 c.p.c., pronunziato decreto ingiuntivo per il pagamento
dei canoni; diversamente, il giudizio, previo mutamento del rito, continuerà nelle forme del rito
locatizio per accertare l’ulteriore domanda di risoluzione[23].
Quando il contratto di locazione ha ad oggetto immobili ad uso abitativo, se il convenuto non
contesta la morosità e chiede un tempo per “purgare” la mora, il giudice può concedere il c.d.
termine di grazia[24], ovvero un termine perentorio entro cui pagare i canoni maturati, gli interessi
legali e le spese giudiziali dell’intimazione di sfratto liquidate dal giudice. Questa sorta di
“sanatoria” mediante la concessione del c.d. termine di grazia può avvenire non più di tre volte nel
corso del quadriennio, salvo il caso particolare in cui le condizioni economiche del conduttore siano
particolarmente peggiorate dalla conclusione del contratto. Se, a scadenza del termine di grazia, il
convenuto ha adempiuto il procedimento si estingue; in caso contrario, il giudice dovrà convalidare
lo sfratto.
2) Opposizione dell’intimato (art. 665 c.p.c.)
Se l’intimato compare, può fare opposizione all’intimazione e, con ciò, il giudizio si trasforma in un
procedimento di cognizione, che si svolge nelle forme del rito locatizio ex art. 447 bis e ss. c.p.c.,
ma solo qualora le eccezioni dell’opponente siano fondate su prova scritta o sussistano gravi motivi.
Nel caso in cui venga spiegata un’opposizione non fondata su prova scritta né su gravi motivi, il
giudice pronuncia ordinanza non impugnabile di rilascio[25], immediatamente esecutiva, con
riserva di esaminare le eccezioni del convenuto.
In alcuni casi è ammessa, altresì, l’opposizione dopo la convalida o tardiva. Ai sensi dell’art. 668
c.p.c., invero, se la convalida è avvenuta in assenza dell’intimato, questi può fare opposizione se
prova di non aver avuto tempestiva conoscenza della causa per irregolarità della notifica o per caso
fortuito o forza maggiore o di non essere comparso per caso fortuito o forza maggiore.
L’opposizione si propone avanti al Tribunale nelle forme previste per l’opposizione a decreto
ingiuntivo e non sospende il procedimento esecutivo, che può essere, però, sospeso dal giudice con
ordinanza non impugnabile laddove sussistano gravi motivi. Essa non è, in ogni caso, ammessa
decorsi 10 giorni dall’esecuzione, che coincide con la notifica del preavviso di rilascio[26].

VI. FASE ESECUTIVA


Se, alla data fissata per l’esecuzione, l’inquilino non ha restituito l’appartamento al locatore, questi
si vedrà costretto a notificare un atto di precetto per rilascio, con cui intimerà al conduttore,
appunto, di rilasciare, entro 10 giorni dalla notifica, l’immobile a suo tempo locato, con
avvertimento che, in difetto del rilascio, si procederà, con aggravio di spese a suo esclusivo carico,
all’esecuzione forzata.
Trascorso invano il termine suddetto, il procuratore del locatore si reca richiederà all’ufficiale
giudiziario la notifica di un ulteriore atto (il cosiddetto “preavviso di sfratto”), in cui viene indicato
il giorno e l’ora in cui l’ufficiale giudiziario si recherà presso l’appartamento locato per chiederne la
restituzione all’inquilino: in sostanza, l’ufficiale giudiziario effettua un primo accesso, nel giorno e
nell’ora da lui scelti (e lo fa tenendo presente il suo carico di lavoro ed eventualmente la situazione
concreta prospettatagli dall’avvocato), senza l’ausilio della forza pubblica (che al primo accesso,
almeno di norma, non viene mai concessa), per cercare di re-immettere l’immobile nella
disponibilità del locatore.
Se nel giorno fissato per il primo accesso il conduttore o non si fa trovare o, comunque, non apre
all’ufficiale giudiziario o, pur aprendogli, gli riferisce di non poter lasciare l’immobile non avendo
reperito altro alloggio o per la presenza di minori o altro, l’Ufficiale Giudiziario fissa un successivo
accesso. A tale successivo accesso (o ad altri ulteriori, nel caso che al secondo accesso non venga
concessa la forza pubblica o insorgano particolari difficoltà), l’Ufficiale Giudiziario, accompagnato
dall’avvocato del locatore, dalla forza pubblica, da un fabbro (al fine di poter entrare se non ci verrà
aperto e di cambiare al serratura una volta entrati nell’appartamento) e da altre figure professionali
che dovessero rendersi necessarie per lo sfratto specifico (quali, ad esempio, un medico legale),
provvede ad immettere nel possesso dell’immobile il locatore, descrivendo e documentando in
apposito verbale tutte le attività svolte.

VII. ULTIMA FASE: GESTIONE DEI MOBILI LASCIATI NELL’APPARTAMENTO


Che succede se, nel corso dell’esecuzione materiale dello sfratto, nell’immobile vengono reperiti
beni che non appartengono al locatario?
Si parla, in questo caso, di “mobili estranei all’esecuzione”. Accade sovente, invero, che l’inquilino,
dismettendo l’immobile, impossibilitato ad un trasloco contestuale, lasci nell’appartamento beni di
varia natura, dagli arredi agli effetti personali ai documenti di lavoro.
L’art. 609 c.p.c., come riformato dalla L. n. 162/2014, traccia un iter snello e agile che prevede che,
quando nell’immobile si trovano beni che non devono essere consegnati al proprietario e che
appartengono alla parte tenuta al rilascio o a terzi, l’ufficiale giudiziario procedente, in loro
presenza, intimi direttamente alla parte tenuta al rilascio, ovvero alla diversa persona a cui i beni
appartengono, di asportarli, contestualmente assegnando loro un termine per provvedere.
Diversamente, se il soggetto tenuto a provvedere ad asporto non è presente in sede di rilascio,
l’intimazione all’asporto entro il termine assegnato deve essere compiuta mediante un atto ad hoc,
compilato e notificato a spese del locatore.
Spesso, però, l’intimazione all’asporto non viene ottemperata: in questo caso, l’Ufficiale
Giudiziario, su richiesta e spese del proprietario, determina il presumibile valore di realizzo dei
beni, indicando altresì le prevedibili spese di custodia e di asporto. Ebbene, solo quando può
ritenersi che il valore di realizzo dei beni sia superiore alle spese di custodia e di asporto, ipotesi che
nella prassi si rivela sempre più marginale, l’ufficiale giudiziario, a spese della parte istante, nomina
un custode e lo incarica di trasportare i beni in altro luogo. Se, al contrario, non appare evidente
l’utilità del tentativo di vendita, i beni sono da considerarsi abbandonati e l’Ufficiale Giudiziario ne
dispone lo smaltimento o la distruzione[27].

VIII. LA FASE DI MERITO E IL RITO LOCATIZIO


Come accennato, l’opposizione dell’intimato alla convalida conclude la fase sommaria e dà inizio,
salvo che il giudice non emetta ordinanza di convalida di licenza o sfratto, al giudizio ordinario, a
cui si applicano le previsioni di cui all’art. 447 bis c.p.c.
Invero, una volta pronunciati i provvedimenti previsti dagli artt. 665 (eccezioni dell’intimato non
fondate su prova scritta) e 666 cp.c. (contestazione dell’ammontare della somma pretesa da parte
del conduttore), il giudizio prosegue nelle forme del rito speciale locatizio, previa ordinanza di
mutamento del rito ex art. 426 c.p.c., con cui il giudice fissa l’udienza di discussione di cui all’art.
420 c.p.c., assegnando alla parti termine per il deposito di memorie integrative.
Si ricordi che nei procedimenti locatizi, la domanda è improcedibile senza l’esperimento di un
tentativo preventivo di mediazione ai sensi del D.Lgs. 28/2010[28]. I commi I bis e II dell’art. 4 del
medesimo testo non si applicano, infatti, ai procedimenti per convalida di licenza o sfratto, fino al
mutamento del rito di cui all’art. 667 c.p.c.
Trasformatosi, il procedimento si svolge secondo le norme del rito locatizio ordinario e si conclude
con sentenza, che assorbe ipso iure l’ordinanza provvisoria di rilascio eventualmente emessa.

VIII. DISCIPLINA NORMATIVA DELLE LOCAZIONI E DEL RILASCIO DI IMMOBILI


ADIBITI AD USO ABITAZIONE
Il Legislatore ha, negli anni, emanato una serie organica di leggi che hanno dotato il settore delle
locazioni abitative di un sistema semplice e completo e che consentono di comprendere anche la
disciplina processuale inerente l’esecuzione degli sfratti.
Il primo testo di riferimento è la c.d. legge sull’equo canone (L. n. 392/1978), che ha limitato
l’iniziativa e l’autonomia negoziale privata, realizzando un sistema ispirato alla tutela del contraente
più debole, individuato nella persona del conduttore. Essa prevede, invero, una durata almeno
quadriennale delle locazioni ad uso abitativo ed un sistema dettagliato per la determinazione del
canone massimo percepibile dal locatore. All’art. 55[29], inoltre, la stessa norma consente al
conduttore cui sia intimato lo sfratto per morosità la facoltà di sanare quest’ultima per più di una
volta, nonché dà facoltà al giudice, ove il pagamento non avvenga in udienza per comprovate
condizioni di difficoltà del conduttore, di assegnare al conduttore un termine non superiore a giorni
novanta per sanare la morosità (concessione del c.d. termine di grazia).
La L. n. 353/1990 ha riformato il processo civile, intervenendo anche in materia locatizia con la
previsione che tutte le controversie concernenti la materia delle locazioni, del comodato e
dell’affitto siano disciplinate dal rito del lavoro ai sensi dell’art. 447 bis e ss. c.p.c.; con il D.L. n.
333/1992 è poi stato introdotto il principio di libera determinazione del canone anche per le unità
immobiliari ad uso abitativo, con la conseguenza che, relativamente agli immobili privi del
requisito di novità, si possono stipulare sia contratti di locazione ad equo canone che c.d. patti in
deroga alla legge sull’equo canone, ferma la durata legale del rapporto (quattro anni + quattro, salvo
disdetta).
Ancora, la L. 431/1998 prefigura anch’essa un doppio canale, prevedendo da un lato la possibilità di
determinare liberamente il corrispettivo della locazione, la cui durata minima deve essere però di
otto anni (quattro anni + quattro, salvo disdetta alla prima scadenza nei casi consentiti); dall’altro,
quella di fare propri contratti tipo definiti localmente sulla scorta di un accordo quadro a livello
nazionale tra associazioni della proprietà ed associazioni di inquilini, con tre conseguenti incentivi:
sul piano delle imposte erariali, di quelle di registro e in ordine alla durata più breve del contratto
(tre anni + due). Successivamente, la L. n. 311/2004 ha previsto che i contratti di locazione di unità
immobiliari e di loro porzioni sono nulli se non sono i registrati, con applicazione, non avendo
efficacia retroattiva, ai contratti stipulati a partite dal 1° gennaio 2005. Ne deriva, in caso di
mancata registrazione[30] oppure qualora il locatore non produca il contratto nella forma scritta
prevista dalla L. n. 431/1998, la configurazione di una mera occupazione sine titulo, con la
conseguenza che l’inquilino sarebbe tenuto a restituire la detenzione dell’immobile e legittimato, al
contempo, a chiedere la restituzione degli importi versati a titolo di canone.
***

X. MODELLI E FAC – SIMILI

Di seguito un modello di formale messa in mora del condomino moroso e, a seguire, di atto di
intimazione di sfratto per morosità e contestuale citazione per la convalida.

……., lì…….

A mezzo raccomandata a/r


Gent.ma Sig.ra
……………
Formulo la presente in nome e per conto del sig. …………………… C.F. ………., nato a ……….
il ………. e residente in ………. Via ………. n…, nella sua qualità di proprietario e locatore
dell’unità immobiliare sita in sita in ……, Via …… n…, da Ella condotta in locazione, per suo
espresso mandato, al fine di significarLe quanto segue.
Riferisce il Cliente che Ella non ha provveduto al pagamento dei canoni di locazione inerenti i mesi
di …………………… per € ……….., né al pagamento delle spese condominiali ………….. per €
…………, così per complessivi € …………….
Tanto premesso, La invito formalmente, a ogni effetto di legge, ad effettuare il pagamento della
somma complessiva di € ………. S.E.&O., di cui € ………. per canoni di locazione ed € ………
per oneri condominiali non pagati, nonché € ……… per spese legali del presente intervento (I.V.A.
ed accessori di legge inclusi), fatta salva la quantificazione degli interessi legali maturati e
maturandi dalla scadenza dei pagamenti fino al saldo effettivo.
Vorrà, pertanto, provvedere al pagamento dell’importo sopra indicato presso lo studio dello
scrivente entro e non oltre sette giorni dal ricevimento della presente, con avvertimento che, in
difetto, sarò costretto a tutelare le ragioni della mia Cliente nelle competenti sedi giudiziarie, con
aggravio di spese a Suo esclusivo carico e senza ulteriori comunicazioni.
Distinti saluti.

Il termine per il pagamento dei canoni scaduti, comunemente detto "termine di grazia", può essere
concesso dal Giudice al conduttore moroso il quale, citato in giudizio a causa del mancato
pagamento del canone di locazione, versi in comprovate condizioni di difficoltà economica.
Il Giudice, ove richiesto dal conduttore all'udienza di prima comparizione (che deve pertanto
costituirsi in giudizio e presentarsi personalmente o a mezzo del proprio procuratore), può
concedere un termine non superiore a 90 giorni per consentire al conduttore di versare, interamente:
1. l'importo dovuto per i canoni scaduti alla data di intimazione dello sfratto (e pertanto non
gli eventuali ulteriori canoni scaduti e non pagati successivamente alla data
dell'intimazione);
2. l'importo dovuto per gli oneri accessori, quali ad esempio le spese condominiali, alla data di
intimazione dello sfratto (e non quelli eventualmente scaduti e non pagati successivamente);
3. gli interessi legali sugli importi precedenti;
4. le spese legali (onorari di avvocato, marche da bollo e spese di notifica) liquidate dal
Giudice.
L'udienza viene così rinviata a non oltre 10 giorni dal termine sopra assegnato, al fine di verificare
l'esatto adempimento del conduttore. Questi, al fine di evitare la convalida dello sfratto, dovrà
versare tutte le somme indicate dal Giudice entro il termine concessogli; in mancanza di versamento
(o nel caso di versamento parziale) all'udienza successiva lo sfratto per morosità verrà convalidato
senza possibilità di eccezione e potrà così aprirsi la fase esecutiva per il rilascio dell'immobile.
Nella prassi giurisprudenziale, per ottenere il termine di grazia non occorre comprovare alcunché, in
spregio al dettato normativo; è sufficiente infatti la semplice richiesta del conduttore perché il
Giudice conceda un termine, di regola di 90 giorni, per sanare la morosità.
Peraltro il conduttore, all'interno di un quadriennio, ha la possibilità di sanare la morosità in sede
giudiziale per ben 4 volte; ciò significa che il conduttore moroso può subire 4 cause di sfratto per
morosità (saldando l'arretrato e le spese legali entro l'udienza) prima che il Giudice risolva il
contratto e disponga definitivamente il rilascio dell'immobile.
Il favor legis nei confronti del conduttore è abbastanza evidente. Il legislatore ha ritenuto che il
locatore non subisca alcun danno ove l'inquilino saldi il dovuto comprensivo di interessi e spese
legali, salvo forse il fastidio e la perdita di fiducia verso il conduttore stesso.

Termine di grazia e morosità successiva


Quando viene concesso il termine di grazia il Giudice quantifica l'importo che il conduttore deve
pagare limitandosi a considerare i canoni scaduti alla data dell'intimazione, ossia la data dell'atto di
citazione, e non anche gli eventuali canoni scaduti nei mesi successivi all'intimazione e precedenti
l'udienza.
Pertanto il conduttore potrebbe evitare lo sfratto per morosità versando i soli canoni arretrati sino
alla data dell'atto di intimazione, magari continuando ad essere moroso per le mensilità successive.
In tal caso si verificherà una seconda morosità che obbligherà il locatore ad azionare una nuova
procedura di sfratto per morosità, sul presupposto del mancato pagamento dei canoni successivi.
Tale procedura potrà essere ripetuta al massimo 4 volte nel quadriennio; successivamente il
conduttore perderà definitivamente il diritto ad ottenere il termine di grazia ed il contratto verrà
risolto.
Nella disciplina del contratto di locazione, contenuta nella legge c.d. dell'equo canone, n. 392 del
1978, riveste una notevole importanza l'istituto del termine di grazia.
La possibilità per il conduttore di farne richiesta rappresenta uno degli aspetti pratici salienti
dell'intera procedura di sfratto per morosità, e testimonia la tendenza del legislatore a tutelare la
posizione del conduttore nell'ambito del rapporto di locazione.

Cos'è il termine di grazia


L'art. 55 del citato provvedimento legislativo prevede che, una volta ricevuta l'intimazione di sfratto
per morosità, il conduttore inadempiente possa versare alla prima udienza l'importo
corrispondente ai canoni scaduti e non pagati.
In presenza di comprovate condizioni di difficoltà del conduttore, il giudice può assegnare un
termine non superiore a novanta giorni (comunemente definito come termine di grazia), entro il
quale potrà provvedersi al pagamento dei canoni locativi.
Al fine di verificare l'esatto adempimento dell'obbligazione del conduttore, il giudice fissa
un'udienza in una data successiva di non oltre dieci giorni dalla scadenza del termine. Se viene
accertato che la morosità persiste, in conseguenza del mancato pagamento o di pagamento parziale,
lo sfratto viene convalidato all'udienza successiva e si passa, così, alla fase dell'esecuzione del
rilascio dell'immobile.

Cosa bisogna pagare entro il termine di grazia


Per non subire la convalida dello sfratto, il conduttore deve pagare un importo comprensivo delle
seguenti voci:
• canoni scaduti alla data della ricezione dell'intimazione di sfratto;
• oneri accessori (ad esempio le spese condominiali) scaduti alla data della ricezione
dell'intimazione di sfratto;
• interessi legali;
• spese di giudizio liquidate in udienza (onorari, marche da bollo e notifiche).
Solo il versamento integrale delle somme sopra esaminate entro il termine perentorio fissato dal
giudice impedisce la convalida dello sfratto e la risoluzione del contratto.

Quante volte è possibile richiedere un termine di grazia


Come abbiamo visto, il conduttore non è tenuto a pagare entro il termine di grazia anche i canoni
eventualmente scaduti successivamente alla ricezione dell'intimazione di sfratto.
Pertanto, se il conduttore adempie all'obbligazione per cui era stato concesso il termine, ma si rende
inadempiente rispetto ai canoni successivi, il locatore sarà costretto a instaurare un nuovo
procedimento di convalida di sfratto, con una diversa intimazione di sfratto.
Sebbene sia evidente il favor della disciplina nei confronti del conduttore, va detto che questi ha la
possibilità di effettuare il versamento in udienza (o entro il termine di grazia eventualmente
concesso) al massimo per tre volte nell'arco di un quadriennio. Una volta esaurite queste
possibilità, l'ulteriore richiesta di sfratto verrebbe senz'altro convalidata.

Quando è possibile ottenere un termine di grazia più lungo?


L'art. 55 della legge sull'equo canone prevede anche la possibilità di ottenere un termine di grazia
più lungo, pari a centoventi giorni.
A tal fine, il conduttore deve dimostrare che il mancato pagamento dei canoni, protrattosi per un
massimo di due mesi, sia da imputare alle sue precarie condizioni economiche e che queste siano
insorte dopo la stipula del contratto e discendano da malattia, disoccupazione o gravi e comprovate
condizioni di difficoltà.
Ricorrendo tutte le suddette condizioni, tale termine può essere chiesto per quattro volte nell'arco di
un quadriennio.
[1] Art. 80 l. fall., come riformato dal D.Lgs. n. 5/2006 e D.Lgs. n. 169/2007.
[2] Nel caso di coniuge/conduttore in comunione legale dei beni: si esclude che l’altro coniuge sia co-
conduttore non rientrando nella comunione legale tra coniugi, ai sensi dell’art. 177 c.c., i diritti di
obbligazione.
[3] E’ un’ipotesi eccezionale di condanna in futuro.
[4] Cass. Civ. nn. 22369/2002 e 247/2000.
[5] Letteralmente: “Sono interamente a carico del conduttore, salvo patto contrario, le spese relative al
servizio di pulizia, al funzionamento e all’ordinaria manutenzione dell’ascensore, alla fornitura dell’acqua,
dell’energia elettrica, del riscaldamento e del condizionamento dell’aria, allo spurgo dei pozzi neri e delle
latrine, nonché alla fornitura di altri servizi comuni. Le spese per il servizio di portineria sono a carico del
conduttore nella misura del 90 per cento, salvo che le parti abbiano convenuto una misura inferiore. Il
pagamento deve avvenire entro due mesi dalla richiesta. Prima di effettuare il pagamento il conduttore ha
diritto di ottenere l’indicazione specifica delle spese di cui ai commi precedenti con la menzione dei criteri
di ripartizione. Il conduttore ha inoltre diritto di prendere visione dei documenti giustificativi delle spese
effettuate. […]”.
[6] Cass. Civ. SS.UU n. 5091/90
[7] Cass. Civ. SS.UU n. 27044/2008
[8] Artt. 72, 89 e 92 l.fall., nel testo riformulato dalla novella di cui al D.Lgs. n. 5/2006 e D.Lgs. n. 169/2007;
cfr. Trib. Roma, sez.VI, ord. 12.09.2017.
[9] Art. 660 c.p.c.: “Le intimazioni di licenza o di sfratto indicate negli articoli precedenti debbono essere
notificate a norma degli articoli 137 e seguenti, esclusa la notificazione al domicilio eletto. Il locatore deve
dichiarare nell’atto la propria residenza o eleggere domicilio nel comune dove ha sede il giudice adito,
altrimenti l’opposizione prevista nell’articolo 668 e qualsiasi altro atto del giudizio possono essergli
notificati presso la cancelleria. La citazione per la convalida, redatta a norma dell’articolo 125, in luogo
dell’invito e dell’avvertimento al convenuto previsti nell’articolo 163, terzo comma, numero 7), deve
contenere, con l’invito a comparire nell’udienza indicata, l’avvertimento che se non comparisce o,
comparendo, non si oppone, il giudice convalida la licenza o lo sfratto ai sensi dell’articolo 663 (4). Tra il
giorno della notificazione dell’intimazione e quello dell’udienza debbono intercorrere termini liberi non
minori di venti giorni. Nelle cause che richiedono pronta spedizione il giudice può, su istanza dell’intimante,
con decreto motivato, scritto in calce all’originale e alle copie dell’intimazione, abbreviare fino alla metà i
termini di comparizione. Le parti si costituiscono depositando in cancelleria l’intimazione con la relazione
di notificazione o la comparsa di risposta, oppure presentando tali atti al giudice in udienza. Ai fini
dell’opposizione e del compimento delle attività previste negli articoli da 663 a 666, è sufficiente la
comparizione personale dell’intimato. Se l’intimazione non è stata notificata in mani proprie, l’ufficiale
giudiziario deve spedire avviso all’intimato dell’effettuata notificazione a mezzo di lettera raccomandata, e
allegare all’originale dell’atto la ricevuta di spedizione”.
[10] Al fine di assicurare che l’intimato possa prendere conoscenza della data e dell’ora di udienza e del
nominativo del giudice designato, è opportuna la iscrizione della causa a ruolo qualche giorno prima
dell’udienza indicata nella citazione (il numero esatto dei giorni varia da Tribunale a Tribunale, ma, di
norma, sono da 2 a 5 prima dell’udienza).
[11] L’intimato può comparire in udienza senza costituirsi formalmente in giudizio e quindi senza
l’assistenza di un difensore. In quest’ultimo caso, il giudice procederà all’identificazione del convenuto
tramite esibizione e trascrizione a verbale degli estremi di un valido documento di riconoscimento.
L’intimato non comparso personalmente può essere “rappresentato” da un difensore munito di mero mandato
scritto professionale o da persona (nuncius), da identificarsi in udienza, munita del potere di rappresentarlo in
virtù di delega anche non notarile scritta; in mancanza di tale documentazione, potrà disporsi un breve rinvio
per la sua produzione o per la comparizione dell’intimato ove comprovato l’impedimento.
[12] Cass. Civ. n. 3171/1997.
[13] E’ ammissibile solo per le persone fisiche (o per le ditte individuali) la notificazione dell’intimazione
fatta ai sensi dell’art. 140 c.p.c., , purché sia fatto l’ulteriore avviso di cui all’art. 660, ultimo comma, c.p.c. Il
giudice dovrà quindi verificare, in udienza, non soltanto, la presenza dell’avviso di ricevimento attestante
l’avvenuta notifica ex art. 140 c.p.c., bensì anche la spedizione dell’avviso ex art. 660 c.p.c. Nel caso di ritiro
del plico da parte di persona delegata non è necessario spedire l’avviso di cui all’art. 660 c.p.c.
[14] La notificazione ai sensi dell’art. 143 c.p.c. non è idonea a instaurare il procedimento di convalida.
Pertanto, ove la citazione sia stata così notificata e l’intimato non sia comparso, il giudice non convalida (né
pronuncia ordinanza di rilascio ex art. 665 c.p.c.). Occorrerà, a pena di nullità, notificare all’intimato
contumace l’ordinanza di mutamento del rito e il verbale di udienza ponendo l’incombente a carico della
parte attrice (C. Cost. n. 15/2000).
[15] Art. 662 c.p.c.: norma speciale che deroga alla disciplina generale dell’art. 181 c.p.c. Pertanto, qualora
all’udienza fissata per la convalida non compaiano né il locatore, né il conduttore, il giudice deve
necessariamente dichiarare
[16] Presupposto della tutela è l’esistenza di un valido contratto di locazione, che dovrà essere: – scritto per
le locazioni ad uso abitativo stipulate dal 30.12.1998 (entrata in vigore della L. n. 431/1998) e per le
locazioni ultranovennali; – registrato per tutti i tipi di locazioni stipulate dal 10.01.2005 (data di entrata in
vigore della L. n. 311/2004, non applicabile retroattivamente, come da Cass. Civ. n. 5612/2017). La
registrazione anche tardivamente intervenuta ha efficacia sanante retroattiva (cfr. Cass. Civ. SS.UU n.
23601/2017; Cass. Civ. n. 10498/2017).
[17] Art. 56, L. 392/1978

[18] Cass Civ. n. 2675/1999.

[19] Cass. Civ. n. 3969/2007.

[20] Opposizione tardiva dell’intimato assente all’udienza di convalida.

[21] Cass. Civ. n. 1290/1993: tale attestazione non richiede formule sacramentali, ben potendosi desumere dalle dichiarazioni o dal
contegno del locatore o del procuratore.

[22] Art. 664 c.p.c.: “Nel caso previsto nell’articolo 658, il giudice adito pronuncia separato decreto di ingiunzione per l’ammontare
dei canoni scaduti e da scadere fino all’esecuzione dello sfratto, e per le spese relative all’intimazione. Il decreto è steso in calce ad
una copia dell’atto di intimazione presentata dall’istante, da conservarsi in cancelleria. Il decreto è immediatamente esecutivo, ma
contro di esso può essere proposta opposizione a norma del capo precedente. L’opposizione non toglie efficacia all’avvenuta
risoluzione del contratto”.

[23] Art. 666 c.p.c.: “Se è intimato lo sfratto per mancato pagamento del canone, e il convenuto nega la propria morosità
contestando l’ammontare della somma pretesa, il giudice può disporre con ordinanza il pagamento della somma non controversa e
concedere all’uopo al convenuto un termine non superiore a venti giorni. Se il conduttore non ottempera all’ordine di pagamento, il
giudice convalida l’intimazione di sfratto e, nel caso previsto nell’articolo 658, pronuncia decreto ingiuntivo per il pagamento dei
canoni”.

[24] Art. 55, L. n. 392/1978.

[25] Essa non è modificabile o revocabile dal giudice che l’ha pronunciata, ha natura di provvedimento di condanna poiché dispone il
rilascio dell’immobile ed ha carattere costitutivo poiché risolve un rapporto locatizio. Contro di essa non è ammessa alcuna
impugnazione; inoltre, non è suscettibile di passare in giudicato, avendo carattere provvisorio e non essendo idonea a pregiudicare la
decisione di merito con cui viene definito il giudizio di opposizione.

[26] Art. 608 c.p.c.: “L’esecuzione inizia con la notifica dell’avviso con il quale l’ufficiale giudiziario comunica almeno dieci giorni
prima alla parte, che è tenuta a rilasciare l’immobile, il giorno e l’ora in cui procederà. Nel giorno e nell’ora stabiliti, l’ufficiale
giudiziario, munito del titolo esecutivo e del precetto, si reca sul luogo dell’esecuzione e, facendo uso, quando occorre, dei poteri a
lui consentiti dall’articolo 513, immette la parte istante o una persona da lei designata nel possesso dell’immobile, del quale le
consegna le chiavi, ingiungendo agli eventuali detentori di riconoscere il nuovo possessore”.

[27] Va segnatala la maggior tutela prevista dal Legislatore per i documenti relativi allo svolgimento di attività imprenditoriale o
professionali, essendo comunque stabilito, per questi, un obbligo di custodia di almeno due anni.

[28] Art. 4, comma I, D.Lgs. n. 28/2010: “Chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa ad una controversia in materia di
condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del
danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con
altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, è tenuto preliminarmente a esperire il procedimento di
mediazione […]. L’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale.
L’improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d’ufficio dal giudice, non oltre la prima
udienza […]”.
[29] Art. 55, L. n. 392/1978: “La morosità del conduttore nel pagamento dei canoni o degli oneri di cui all’articolo 5 può essere
sanata in sede giudiziale per non più di tre volte nel corso di un quadriennio se il conduttore alla prima udienza versa l’importo
dovuto per tutti i canoni scaduti e per gli oneri accessori maturati sino a tale data, maggiorato degli interessi legali e delle spese
processuali liquidate in tale sede dal giudice. Ove il pagamento non avvenga in udienza, il giudice, dinanzi a comprovate condizioni
di difficoltà del conduttore, può assegnare un termine non superiore a giorni novanta. In tal caso rinvia l’udienza a non oltre dieci
giorni dalla scadenza del termine assegnato. La morosità può essere sanata, per non più di quattro volte complessivamente nel corso
di un quadriennio, ed il termine di cui al secondo comma è di centoventi giorni, se l’inadempienza, protrattasi per non oltre due
mesi, è conseguente alle precarie condizioni economiche del conduttore, insorte dopo la stipulazione del contratto e dipendenti da
disoccupazione, malattie o gravi, comprovate condizioni di difficoltà”.

[30] La nullità per mancata registrazione è sanabile con effetto ex nunc dalla data di avvenuta registrazione, rendendosi cioè da quel
momento valido il contratto ed esigibili i canoni di locazione maturati successivamente alla regolarizzazione fiscale.

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