Sino a che punto devono essere gravi i vizi di un immobile per giustificare la riduzione o la
sospensione del canone di locazione?
Ll conduttore è legittimato a interrompere il versamento dei canoni solamente qualora i vizi
dell'immobile siano di una gravità tale da comprometterne in maniera assoluta il godimento, ma
non per semplici difficoltà e/o disagi, specie se conosciuti al momento della stipula o del rinnovo
contrattuale.
Nella controversia in esame il conduttore si presenta all'udienza di sfratto con un assegno pari al
complessivo ammontare dei canoni scaduti - ma non delle spese condominiali, che contesta - e si
oppone alla risoluzione del contratto per proprio inadempimento adducendo l'esistenza di vizi
dell'immobile, con riferimento sia all'assenza del certificato di abitabilità del fabbricato sia a
esalazioni maleodoranti provenienti dall'impianto fognario confinante.
Il Tribunale rigetta ogni doglianza e condanna severamente il conduttore per molteplici
inadempimenti (Trib. Cremona, 11.3.2019).
Il caposaldo della pronuncia è rappresentato da un principio oramai consolidato nella
giurisprudenza di Cassazione, e cioè che "In tema di locazione al conduttore non è consentito di
astenersi dal versare il canone, ovvero di ridurlo unilateralmente, e ciò anche nel caso in cui si
verifichi una riduzione o una diminuzione nel godimento del bene ed anche quando si assume che
tale evento sia ricollegabile al fatto del locatore.
La sospensione totale o parziale dell'adempimento dell'obbligazione del conduttore è, difatti,
legittima soltanto qualora venga completamente a mancare la controprestazione da parte del
locatore, costituendo altrimenti un'alterazione del sinallagma contrattuale che determina uno
squilibrio tra le prestazioni delle parti" (tra le altre, Cass. Civ. n. 18987/2016).
In altri termini, la sospensione dei canoni deve essere conforme ai criteri di lealtà e buona fede, ed è
dunque necessario un impedimento assoluto al godimento dell'immobile o di una parte di esso.
Applicando tale regola al caso di specie, il giudice ritiene che l'assenza del certificato di abitabilità
non sia di per sé motivo di nullità del contratto, ove tale mancanza non impedisca l'utilizzazione del
bene: "Il mancato rilascio di concessioni, autorizzazioni o licenze amministrative, relative alla
destinazione d'uso dei beni immobili - ovvero alla abitabilità dei medesimi - non è d'ostacolo alla
valida costituzione di un rapporto locatizio, sempre che vi sia stata, da parte del conduttore,
concreta utilizzazione del bene" (tra le altre, Cass. Civ., n. 975/2007).
Per quanto concerne invece le esalazioni fognarie, ritiene che l'opponente non abbia raggiunto la
prova che le stesse eccedano la soglia di normale tollerabilità - onere probatorio complesso ma ciò
nonostante addossato interamente al conduttore.
Al contrario, è emerso in giudizio che durante i quattordici anni di affittanza non era mai stata
sollevata alcuna rimostranza al riguardo e, altresì, che tale problema era certamente conosciuto dal
conduttore in occasione dei rinnovi del rapporto locatizio: "Alla data di scadenza del contratto di
locazione, al termine dei due quadrienni, il conduttore, nonostante le esalazioni maleodoranti, ha
ritenuto la cosa locata conforme alle proprie esigenze ed ha rinnovato il contratto di locazione e
quindi ora non può recriminare vizi dell'immobile che ben conosceva e che ha accettato".
Ancora una volta, pertanto, il giudicante fa leva sul concetto di buona fede contrattuale.
Infine, preso atto che il conduttore ha saldato banco judicis i canoni scaduti alla data di prima
udienza e che le spese condominiali non pagate ammontano a meno di una mensilità, e dunque non
possono essere causa di risoluzione, il Tribunale fa leva sul fatto che dopo la prima udienza, e
durante l'intero procedimento, il conduttore non ha più corrisposto alcun canone e che, pertanto, una
volta rigettati i motivi di opposizione, il relativo debito giustifica la convalida dello sfratto.
Come a dire che, in attesa di sapere se la sospensione dei pagamenti sia o meno legittima, vanno
comunque saldati i canoni maturati nel corso dell'opposizione allo sfratto.
Corte di Cassazione n. 18987/2016 – Locazione - il conduttore può sospendere pagamento
canone solo quando venga a mancare completamente la controprestazione e non quando vi sia
solo una diminuzione -27.09.2016. -
La Corte di Cassazione, con la sentenza in esame, avente ad oggetto un contratto di locazione, ha
precisato: “In altri termini, al conduttore non è consentito di astenersi dal versare il canone,
ovvero di ridurlo unilateralmente, nel caso in cui si verifichi una riduzione o una diminuzione
nel godimento del bene, e ciò anche quando si assume che tale evento sia ricollegabile al fatto del
locatore. La sospensione totale o parziale dell'adempimento dell'obbligazione del conduttore è,
difatti, legittima soltanto qualora venga completamente a mancare la controprestazione da parte
del locatore, costituendo altrimenti un'alterazione del sinallagma contrattuale che determina uno
squilibrio tra le prestazioni delle parti”
CORTE DI CASSAZIONE
III SEZIONE CIVILE
SENTENZA Num. 18987 Anno 2016
CORTE DI CASSAZIONE III SEZIONE CIVILE SENTENZA Num. 18987 Anno 2016
sul ricorso 24169-2013 proposto da: A. PASQUALE …., elettivamente domiciliato in ROMA, …, presso lo studio
dell'avvocato GINA C., rappresentato e difeso dall'avvocato CLAUDIO P.. giusta procura speciale in calce al ricorso;
ricorrente
contro G.MARIA GRAZIA, elettivamente domiciliata in ROMA, …., presso lo studio dell'avvocato GIANCARLO M.,
rappresentata e difesa dall'avvocato FABIO M. giusta procura speciale a margine del controricorso; - controricorrente
avverso la sentenza n. 60/2013 della CORTE D'APPELLO di CAMPOBASSO, depositata il 08/08/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13/05/2016 dal Consigliere Dott. FABRIZIO DI
MARZIO;
udito l'Avvocato CLAUDIO P.;
udito l'Avvocato GIANCARLO M. per delega non scritta;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO che ha concluso per
l'inammissibilità in subordine rigetto del ricorso.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere a controparte le spese del giudizio di cassazione, che
liquida in complessivi euro 3100,00 di cui euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento
da parte del ricorrente principale dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso
principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, 13 maggio 2016.