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Poema epico

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Un poema epico (il termine "epica" deriva dal greco ἕπος (epos) che
significa "parola", e in senso più ampio "racconto", "narrazione") è un
componimento letterario che narra le gesta, storiche o leggendarie, di
un eroe o di un popolo, mediante le quali si conservava e tramandava
la memoria e l'identità di una civiltà o di una classe politica.

L'epica narra in versi il mythos (mito), cioè il racconto di un passato


glorioso di guerre e di avventure ed è stata la prima forma di narrativa,
costituendo anche una sorta di enciclopedia del sapere religioso,
politico ecc., trasmessa oralmente con un accompagnamento musicale
da poeti-cantori.

I poemi epici di tutte le letterature si basano su un patrimonio di miti


preesistente; i più antichi poemi epici che si conoscono sono i
mesopotamici Atrahasis e l'epopea del re di Uruk, Gilgamesh, mentre i
più lunghi poemi epici furono scritti in India: il Mahābhārata e il
Rāmāyan ̣a. I poemi epici più famosi in Occidente sono: l' Iliade e l' L'Assemblea degli Dèi, dipinto di
Jacopo Zucchi (1575-1576) che
Odissea di Omero, l' Eneide di Virgilio, la Pharsalia di Lucano, le
illustra le divinità greche
Argonautiche di Apollonio Rodio, la Tebaide di Stazio, il ciclo di Re
Artù e dei Cavalieri della Tavola Rotonda (Materia di Bretagna), la
Chanson de Roland, il Poema del mio Cid, Beowulf, la Canzone dei Nibelunghi, l' Edda poetica, il Canto
della schiera di Igor, l' Orlando Innamorato di Matteo Maria Boiardo, l' Orlando furioso di Ludovico
Ariosto, la Gerusalemme liberata di Torquato Tasso[1], I Lusiadi di Luís de Camões, il Paradiso perduto di
John Milton.[2]

Struttura
Il poema è generalmente caratterizzato da due "momenti" ricorrenti, che riportano in prosa diretta i
dialoghi dei personaggi e la diegetica, ossia la narrazione in terza persona, l'epica veniva solitamente
cantata. Il fulcro dell'epica è costituito dalle gesta dell'eroe che è sempre il personaggio più forte, brillante
o astuto (Achille per la forza, Odisseo per l'astuzia, Ettore per la devozione alla patria, Enea per la
pietas).

I segni distintivi del poema epico, oltre ovviamente all'argomento trattato, riguardano anche lo stile e certi
motivi ricorrenti. Il poema epico si apre sempre con una protasi, in cui dopo l'invocazione alla Musa viene
brevemente presentato l'argomento del poema. Un poema epico è scritto in versi, il più antico dei quali è
l'esametro. Frequenti sono i patronimici, attributi che qualificano la discendenza spesso divina dell'eroe,
importanti anche perché conferiscono musicalità ai versi e ne facilitano la memorizzazione, dando vita a
vere e proprie formule.

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Bisogna ricordare che la poesia epica è legata fortemente alla tradizione orale, gli aedi, cantavano di città
in città il loro poema accompagnati dalla cetra e ovviamente, data l'enorme quantità di versi da imparare
a memoria per la recitazione, prediligevano i motivi ricorrenti (più facilmente memorizzabili).[3] Perciò,
insieme ai patronimici, altrettanto ricorrente, è l'uso dell'epiteto, l'aggettivo che caratterizza l'eroe e ne
sottolinea una determinata caratteristica straordinaria ("Achille piè veloce", "l'astuto Odisseo"). Così come
intere scene si ripetono in forma fissa.

Ogni volta che sorge l'alba, l’Iliade e l’Odissea ricorrono alla stessa identica sequenza di parole, così
come ogni volta che nell’Iliade un eroe veste le armi, o che nell’Odissea i marinai si imbarcano sulle navi
o ne discendono. Nel libro VIII dell’Odissea, ad es., durante un banchetto serale alla corte dei Feaci,
all'aedo Demodoco viene consegnata la lira e gli viene chiesto di cantare l'episodio del cavallo di Troia e
della caduta della città. L'aedo doveva dunque conoscere a memoria tutto il contenuto dei poemi, così da
recitarlo al momento della richiesta del suo pubblico. Dei poemi omerici non esisteva, infatti, alcuna copia
scritta sino al periodo di auralità (VIII a.C.), conclusosi all'incirca con la fine dell'età classica.

Lo stile formulare era indispensabile in quest'opera di memorizzazione.

In un mondo in cui non esistevano i media moderni, la poesia epica era un canale di comunicazione
ottimale, perciò fu usata in funzione politica. L’Eneide virgiliana è, ad esempio, spesso prodiga di
riferimenti e lodi più o meno velate alla grandezza di Roma e del suo imperatore Augusto.

In tempi più vicini a noi, l’Orlando furioso ebbe un intento encomiastico esplicito, inventando addirittura
personaggi estranei alla tradizione francese da cui prendeva ispirazione, solo per poter fare le lodi della
famiglia estense da cui Ariosto dipendeva.

Nel Medioevo e nel Rinascimento furono composti in Europa numerosi poemi epici, comunemente
raccolti sotto la definizione di epica cavalleresca, perché narrano le imprese dei cavalieri medioevali.

Pur ispirandosi alla figura del cavaliere, questi poemi sono spesso molto diversi tra loro. Evidenti sono ad
esempio le differenze tra due forme di narrazione epica nate entrambe in Francia: le chansons de geste
(materia di Francia) e i romanzi cavallereschi del ciclo di re Artù (materia di Bretagna). Il principale
poema epico spagnolo è invece Poema del mio Cid.

I miti e le leggende dei popoli germanici trovarono la loro espressione più importante nel Nibelungenlied,
nelle saghe leggendarie e nelle Saghe degli Islandesi, mentre gli sviluppi della poesia epica in Italia ci
mostrano la trasformazione subita nel tempo dall'immagine del cavaliere: il passaggio dagli ideali e dai
valori del Medioevo a quelli del mondo rinascimentali modifica profondamente le caratteristiche degli eroi,
come risulta evidente, in particolare, nell’Orlando innamorato di Matteo Maria Boiardo, nell’Orlando
furioso di Ludovico Ariosto e nella Gerusalemme liberata di Torquato Tasso.

Questi tre poemi hanno influenzato profondamente tutta la tradizione culturale e letteraria dell'Occidente.
A essi, infatti, hanno continuato a richiamarsi autori di epoche successive, che li hanno considerati
modelli di stile e grandi repertori di personaggi e temi, vicende e situazioni eroiche e avventurose.

Altro esempio di poema epico, ma di origine nordica, è Beowulf, scritto in inglese antico, che rappresenta
nella sua massima espressione la lotta tra il bene e il male.

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In Russia va ricordato il medievale Canto della schiera di Igor (XII secolo), mentre in Finlandia nel XIX
secolo fu scritto il Kalevala che riprende tradizioni e storie popolari del passato.

Due sono i filoni fondamentali che hanno alimentato nel corso dei secoli l’epica araba e turca.

Il primo si occupò soprattutto di descrivere le guerre di liberazione dei territori occupati dagli infedeli (XI e
XII secolo); la narrazione esaltava l'astuzia e l'abilità dei combattenti musulmani e soprattutto l'umanità, la
generosità e il coraggio del sovrano, tanto amato quanto venerato.

Il secondo riguardò l'ampia raccolta di fiabe e novelle dal titolo Mille e una notte. La raccolta è stata
assemblata in Egitto nei secoli XIV e XV durante la dominazione dei Mamelucchi ma si basava su una
raccolta persiana risalente al VII secolo utilizzante molti racconti tratti dal vasto repertorio indiano. In
seguito si diffuse in Mesopotamia ed ecco perché Baghdàd risultò spesso al centro delle avventure.
Ovviamente i racconti risultarono impreziositi da un'origine, da un'ambientazione e da un'ispirazione così
variegate.

L’epica persiana produsse intorno all'anno 1000 il poema più significativo scritto da Firdusi con intenti
storici, religiosi, morali.

In epoca più moderna si è sottolineato anche un altro aspetto della poesia epica: essa trasmette antichi
patrimoni di leggende che celebrano la storia e i valori fondamentali di un popolo. È il caso, ad esempio,
del Libro di Dede Korkut, l'epopea delle tribù turche stanziate nel secolo VIII in Asia centrale, redatta
attorno al XV secolo.

Lunghissimo è il Manas, epopea dei kirghisi, tramandata oralmente.

Contenuti della poesia epica indiana

Nel mondo indiano i poemi epici, chiamati itihāsa, hanno avuto e hanno tutt'oggi forti legami con la
filosofia e la religione, ed essi stessi hanno influenzato queste ultime. I poemi epici principali sono il
Mahābhārata e il Rāmāyan ̣a, fondamentali per la mitologia induista ed essi stessi importanti testi sacri
per questa religione.

Il Mahābhārata (in sanscrito महाभारत, lett. La grande storia dei figli di Bharata), nella maggiore edizione
pervenuta ai giorni nostri, consta di circa 110.000 strofe (corrispondenti a quattro volte la Bibbia, o a sette
volte Iliade e Odissea messe insieme[4]).

Il Rāmāyan ̣a (dal sanscrito रामायण, lett. il viaggio - ayana- di Rāma), narra le avventure di Rāma, avatar di
Viṣnụ .

Contenuti della poesia epica africana


L'epica africana è variegata almeno quanto lo sviluppo composito delle popolazioni continentali, ma soffre
di una certa frammentazione visto che raramente è stata conservata in forma scritta e spesso ha risentito
negativamente dei contatti e dell'influenza degli invasori bianchi.

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La popolazione sudanese degli Joruba sviluppò prima della conquista europea una florida cultura artistica
che architettò una cosmogenesi fantasiosa ma ricca di innesti realistici e comici come è spesso frequente
nei miti dei popoli primitivi.

La popolazione sudanese dei Tim affrontò un mito africano del diluvio. Anche per loro la siccità era una
punizione divina, causata però, questa volta, da un elefante. Alla solennità del racconto biblico i Tim
contrapposero invece un tono quasi giocoso, ma non privo di intenti educativi e formativi.

I Dama, una popolazione dell'Africa sud-occidentale elaborò invece, tra gli altri, un mito sull'introduzione
del fuoco che qui assunse una grande rilevanza religiosa e fu considerato come la fonte della vita.

Anche tra i Pigmei l'epica cercò sia di rispondere alle domande fondamentali che da sempre assillano gli
uomini come ad esempio l'origine della morte, qui innescata dall'errore di una rana, sia di spiegare i
passaggi epocali, come quello della fase dalla caccia fino all'agricoltura, cioè dell'uomo cacciatore-
raccoglitore che diventa poi agricoltore.

I Bantù descrissero il rito dell'uccisione del re al quale collaborava la stessa moglie. Probabilmente
volevano evitare che il re decadesse invecchiando e con lui ovviamente anche il popolo. Il rito si
ricollegava ad antiche credenze religiose e l'epica tendeva a giustificarle e autorizzarle. Gli stessi Bantù
raccontarono come, astutamente, gli uomini ribaltarono una struttura sociale basata sul matriarcato.

Contenuti della poesia epica oceaniana

Dalle isole Marianne gli indigeni elaborarono un'epica mitologica tendente a spiegare l'origine del mondo
e dell'umanità. L'epica spiegò che la serpe fu la causa della differenza delle lingue umane.

Dalle Filippine l'epica degli Ifugao conservò il ricordo di un antico rito in cui le divinità venivano placate
con sacrifici umani. Lo stesso racconto condannò questo rito definendolo superato da forme religiose più
civili. Sempre dalle Filippine i Tinguian scrissero un'epica a sfondo magico-religioso descrivente
l'immortalità dell'uomo. L'ombra dei morti, uno spirito più che un'anima, però è assetato di vita e perciò
anche di sangue. I riti magici narrati servivano proprio a difendere il vivo dall'avidità dei morti.

Una buona parte dell'epica oceaniana è però dedicata alla origine della navigazione che appare a sfondo
magico-religioso.

L'epica mitologica americana in generale ebbe lo scopo di codificare il sistema di credenze del gruppo, di
rivelare le origini del mondo e della cultura, di fondare le sacre cerimonie, di stabilire le regole morali.

Tra gli indiani d'America gli Irochesi tramandarono per molte generazioni l'epica sull'origine delle
costellazioni denominate e assomiglianti, come in Occidente, ad animali.

Gli Eschimesi, come d'altronde molte altre tribù indiane, spiegarono l'origine del sole e della luna
attraverso la storia di un incesto di cui si rendono colpevoli un fratello e una sorella.

Per quanto riguarda il sud dell'America due sono le epiche che svettano per l'ingegnosità e la
complessità: una fu realizzata dai Maya e si intitolò Popol Vuh e si può definire come una piccola
grandiosa Bibbia; l'altra fu composta a sfondo religioso e politico dagli Incas e si fondava su profetici
rinnovamenti dell'impero avvolti in un'atmosfera prodigiosa e misteriosa.

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Esempi di poesia epica americana e latinoamericana includono: Leaves of Grass (1855) di Walt
Whitman, El Gaucho Martin Fierro (1872) di Jose Hernadez, Cantos (1925) di Ezra Pound, Helen in
Egypt (1961) di H.D., Canto General (1950) di Pablo Neruda e Omeros (1990) di Derek Walcott.

Note
1. ^ La Chanson de Roland, il Poema del mio Cid, la materia di Bretagna, i poemi di Boiardo, Ariosto e
Tasso sono poemi epico-cavallereschi (letteratura cavalleresca).
2. ^ Altri cantori erano i rapsodi.
3. ^ (EN (inglese)) "Mahabharata", Encyclopædia Britannica. 2009. Encyclopædia Britannica Online,
su britannica.com. URL consultato il 16 marzo 2009.

Bibliografia
Marcello Sorce Keller, “L'epica, fra tradizione orale e tradizione scritta”, Cenobio, LXVII(2008), no.
4, pp. 39–48. Ripubblicato in Bulletin – Gesellschaft für die Volksmusik in der Schweiz, 2009,
pp. 107–111.
Fabrizio Corselli, "Drak'Kast - Storie di draghi", Roma 2011, Edizioni della Sera (pag. 220)
E. M. Meletinskij, Vvedenie v istoričeskuju poetiku eposa i romana, Moskva, Nauka, 1986 (trad. it. di
C. Paniccia, Introduzione alla poetica storica dell'epos e del romanzo, Bologna, Il Mulino, 1993, con
una introduzione di C. Segre).

APE project, Archivio del Poema Epico-Cavalleresco.

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