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STUDENTE: FINA SIMONE

MATRICOLA: 4106511

Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano

Report di Strategia e Politica Aziendale


(Management)

Prof. Claudio Devecchi

Capitolo 7: planning and goal setting


INDICE:

IL GOAL-SETTING SI ADATTA AL TUO STILE MANAGERIALE?...................................................pag 4

PANORAMICA DEL GOAL-SETTING E PROCESSO DI PIANIFICAZIONE………………………….pag 4

- Livelli di piani e obbiettivi…………………………………………………………………………...pag 5

- Il processo di pianificazione organizzativa……………………………………………………….pag 5

IL GOAL-SETTING NELLE ORGANIZZAZIONI……………………………………………………….….pag 6

- Missione………………………………………………………………………………………..…….pag 6

- Piani e obbiettivi……………………………………………………………………………………..pag 7

- Allineare gli obbiettivi con la mappa strategica…………………………………………………..pag 8

PIANIFICAZIONE OPERATIVA……………………………………………………………………………pag 10

- Criteri per obbiettivi efficaci……………………………………………………………………….pag 10

- Management by objective (MBO)………………………………………………………………..pag 11

- Come definire i centri di responsabilità………………………………………………………….pag 13

- Piani monouso e piani permanenti………………………………………………………………pag 15

BENEFICI E LIMITI DELLA PIANIFICAZIONE………………………………………………………….pag 16

PIANIFICARE IN UN AMBIENTE TURBOLENTO………………………………………………………pag 17

- I piani di emergenza………………………………………………………………………………pag 17

- La costruzione di scenari…………………………………………………………………………pag 18

- I piani di crisi……………………………………………………………………………………….pag 19

APPROCCI INNOVATIVI NELLA PIANIFICAZIONE…………………………………………………...pag 20

- Fissare obbiettivi elastici per raggiungere l’eccellenza……………………………………….pag 21

- L’utilizzo dei dashboard…………………………………………………………………………..pag 22

- Tableau de bord e balanced scorecard………………………………………………………...pag 22

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- Differenze e analogie tra i due strumenti………………………………………………………..pag 24

- Schierare intelligence team……………………………………………………………………….pag 25

Apply Your Skills: Experiential Exercise…………………………………………………………………..pag 26

Approfondimento: Implementare un sistema informatico aziendale (ERP)…………………………...pag 29

- I sistemi ERP nella realtà odierna………………………………………………………………..pag 30

- Aspettative e problematiche dell’introduzione di un sistema ERP……………………………pag 34

- Valutazione e misurazione dell’impatto di un sistema ERP in azienda……………………...pag 35

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IL GOAL-SETTING SI ADATTA AL TUO STILE
MANAGERIALE?

Una delle prime responsabilità dei manager è quella di definire gli obbiettivi aziendali
e pianificare come raggiungerli in base alla direzione futura dell’organizzazione. Non
è possibile definire piani a lungo termine in quanto la condizione di stabilità del
mercato globale è cessata. In particolare fenomeni come la globalizzazione e la crisi
hanno cambiato il modo di pensare delle varie aziende. E’ necessario quindi
pianificare maggiormente nel breve periodo. Tuttavia pianificare non è un compito
facile, e ben poche aziende riescono ad effettuare una precisa valutazione sul futuro,
soprattutto in un periodo così turbolento. Nelle organizzazioni specialmente in quelle
di più piccole dimensioni la pianificazione è tipicamente informale. In quelle più
grandi invece i manager seguono un quadro di pianificazione ben definito. L'azienda
stabilisce una missione di base e sviluppa periodicamente obiettivi formali e piani per
la sua realizzazione. Le aziende rivedono le missioni, gli obbiettivi e i piani ogni anno
per adattarsi ai cambiamenti ambientali e per soddisfare le aspettative degli
stakeholder. In più i processi di delega, responsabilità e autonomia devono essere
attuati simultaneamente e devono essere coerenti con l’organizzazione. Ad esempio
anche una grande azienda come Apple ha dovuto rivedere i suoi obbiettivi e i suoi
piani modificando più volte il suo core business. Tra le funzioni del manager la
pianificazione è quella più importante 1. Nell’ultimo periodo si è posta l’enfasi su
questo elemento, in particolare per quanto riguarda la creazione di piani di crisi ed
eventi inaspettati. Nessun piano è perfetto, ma senza di essi l’azienda non può
esistere. Sta proprio nella capacità del manager capire come i piani devono crescere
e cambiare per soddisfare le mutevoli condizioni ambientali.

PANORAMICA DEL GOAL-SETTING E PROCESSO DI


PIANIFICAZIONE

Un obbiettivo è un desiderato stato futuro che l’organizzazione cerca di realizzare. Il


piano invece è il progetto che alloca le risorse, le programma e compie altre azioni
necessarie per raggiungere gli obbiettivi programmati. 1 Gli obbiettivi sono orientati al
futuro mentre i piani sono orientati al presente. Il concetto di pianificazione incorpora
le due idee: definire gli obbiettivi e i mezzi per raggiungerli. 1
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Livelli di piani e obbiettivi

Il processo di pianificazione inizia con la definizione della mission aziendale che


definisce lo scopo dell’organizzazione. Sulla base di essa vengono definiti gli
obbiettivi e i piani strategici, tattici e operativi. I top manager stabiliscono gli obbiettivi
strategici che devono riflettere la missione aziendale. I middle manager, solitamente
responsabili delle divisioni o funzioni, definiscono gli obbiettivi tattici coerenti con
quelli strategici. Infine gli obbiettivi operativi sono quei processi o specifiche
procedure che servono a livelli aziendali più bassi, dati ai dipartimenti o ai singoli
lavoratori. Anch’essi devono essere coerenti con gli obbiettivi sopra indicati e
coerenti con il piano strategico globale aziendale.

Il processo di pianificazione organizzativa

Il processo di pianificazione si articola in varie fasi. Inizia con lo sviluppo, da parte del
top management, del piano organizzativo che è composto dalla missione e dagli
obbiettivi strategici guida. Successivamente si devono tradurre i piani in azioni. A tale
scopo serve definire le linee d’azione più agevoli da praticare, sviluppare una mappa

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strategica allineata agli obbiettivi, definire eventuali scenari, e analizzare i maggiori
competitors. La terza fase consiste nell’elaborare i piani operativi necessari per
raggiungere gli obbiettivi, fissare obbiettivi elastici e formulare piani di crisi. La quarta
fase consiste nell’attuazione del piano, utilizzando strumenti come: MBO, cruscotti
aziendali, e decentralizzando la responsabilità dal centro alla periferia. L’ultima fase
consiste nel monitorare periodicamente i risultati per intervenire tempestivamente nel
caso di disallinamento con gli obbiettivi prefissati.

IL GOAL-SETTING NELLE ORGANIZZAZIONI

La definizione del piano strategico inizia con la definizione della missione aziendale
da parte del top management.

Missione

In cima agli obbiettivi gerarchici si trova la mission aziendale. La missione descrive i


valori, le aspirazioni, e la ragione per cui esiste un’azienda. Senza una missione
chiara, i piani e obbiettivi conseguenti non possono essere costruiti. La missione

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aziendale è un ampia e generale definizione d’intenti che distingue la mia
organizzazione rispetto alle altre2. Una buona definizione della missione inoltre può
accrescere la motivazione dei lavoratori e le performance organizzative. Il contenuto
di essa di solito si focalizza sul mercato e i suoi clienti, e identifica il campo in cui
l’azienda concentrerà i suoi sforzi. Esempi di missione possono descrivere le
caratteristiche della compagnia come il valore, la qualità dei prodotti, l’ubicazione, e
l’atteggiamento verso i dipendenti. Ad esempio la missione di Campari è: “rimanere
uno dei maggiori protagonisti dell’industria del beverage di marca mondiale,
combinando la passione per il brand building con lo spirito imprenditoriale e
l’eccellenza funzionale. Noi vogliamo essere unici, in rapida crescita, ad alta
profittabilità, divertenti, e con una storia da raccontare”. 3

Piani e obbiettivi

Gli obbiettivi strategici sono ampie dichiarazioni che descrivono dove


l’organizzazione vuole andare in futuro. Questi obbiettivi riguardano l’organizzazione
nel suo complesso, piuttosto che una specifica divisione 2. I piani strategici invece
definiscono le azioni con cui si propone di raggiungere gli obbiettivi 2. In particolare è
il progetto che definisce le attività dell’organizzazione e l’allocazione delle risorse
sotto forma di denaro, personale, spazio e strutture necessarie per il raggiungimento
degli obbiettivi. La pianificazione strategica tende a essere a lungo termine e
definisce le attività in un periodo che può andare dai due ai cinque anni. Come detto
in precedenza, bisogna sempre essere pronti a modificare sia piani che obbiettivi in
quanto il processo di globalizzazione e la crisi mondiale degli ultimi anni hanno reso il
mercato imprevedibile e dinamico.

Dopo aver definito gli obbiettivi e i piani strategici bisogna definire quelli tattici. Gli
obbiettivi tattici sono il risultato che le divisioni intendono realizzare. Questi obbiettivi
descrivono che cosa le divisioni devono fare per raggiungere gli obbiettivi generali 2. I
piani tattici invece sono disegnati per aiutare nell’eseguire il piano strategico e per
realizzare una parte della strategia dell’azienda 4. Tipicamente hanno un orizzonte
temporale ristretto che non va oltre l’anno. L’ultima categoria prende il nome di
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Progetto analisi dell’azienda Campari del corso Corporate Strategy del Prof. Molteni
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obbiettivi e piani operativi. Gli obbiettivi operativi sono il risultato atteso dai
dipartimenti, gruppi di lavoro, e dei singoli lavoratori 4. Essi sono precisi e misurabili.
Ad esempio nel dipartimento marketing di Chevrolet un obbiettivo operativo può
essere quello di aumentare del 10% il numero di visitatori nei saloni d’auto aziendali,
entro la fine dell’anno. I piani operativi invece, sono sviluppati ai piani inferiori
dell’organizzazione per specificare le azioni necessarie a raggiungere gli obbiettivi e
dare un supporto a piani tattici4. Questi piani aiutano i manager di dipartimento a
pianificare le attività settimanali e giornaliere. Le cosiddette “schedule” sono un
importante strumento per la pianificazione operativa. Queste tabelle definiscono
precise scadenze per il completamento di ogni obbiettivo operativo richiesto
dall’organizzazione. La pianificazione operativa inoltre deve essere coordinata con il
budget, in quanto le risorse a disposizione devono essere allocate con le varie
attività desiderate.

Allineare gli obbiettivi con la mappa strategica

Allineare gli obbiettivi significa essere coerenti e solidali con la gerarchia


dell’organizzazione, in modo che gli obbiettivi ai livelli inferiori consentano il
raggiungimento degli obbiettivi nei livelli superiori. Le performance organizzative
sono il risultato di come nel miglior modo questi elementi interdipendenti tra di loro
sono allineati per compiere la propria missione aziendale 4. Una delle tecniche più
utilizzate per allineare gli obbiettivi alla gerarchia è la mappa strategica. La mappa è
una rappresentazione visiva degli elementi chiave di successo di un’organizzazione.
Essa mostra come specifici piani e obbiettivi d’area sono collegati. In più fornisce ai
manager uno strumento per visualizzare il rapporto causa-effetto tra di essi 4. Una
semplificazione della mappa strategica può essere rappresentata da quattro aree
chiave che contribuiscono ad un duraturo successo aziendale. Le aree chiave sono:
apprendimento e crescita, processi interni, servizi alla clientela e performance
finanziaria. L’idea è che obbiettivi di apprendimento e crescita servono come base
per aiutare a raggiungere gli obbiettivi interni e che questi a loro volta permettano
una maggiore soddisfazione della clientela. Una clientela soddisfatta permette di
raggiungere obbiettivi finanziari che ottimizzano il valore percepito dell’azienda
rispetto a tutti gli stakeholder. L’apprendimento e la crescita include la formazione dei
lavoratori che consente un continuo apprendimento e condivisione della conoscenza,
il che porta a costruire una cultura basata sull’innovazione. Migliorando i processi

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interni si promuove una relazione con i propri fornitori, di qualità e più flessibile, che
può sfociare nello sviluppo di prodotti e servizi innovativi. Questo rafforza il rapporto
con la clientela rimanendo leader nella qualità e nell’affidabilità percepita, cercando di
fornire soluzioni innovative rispetto ai bisogni emergenti della clientela. Nel livello più
alto della mappa strategica troviamo le performance finanziarie che includono:
l’aumento delle entrate nei mercati esistenti, l’aumento della produttività e
dell’efficienza, la crescita attraverso la vendita di nuovi prodotti in nuovi mercati o
segmenti. Nella realtà organizzativa la mappa strategica è ben più complessa e
specifica per ogni azienda.

PIANIFICAZIONE OPERATIVA

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I manager utilizzano gli obbiettivi operativi attraverso il coordinamento di risorse per
raggiungere risultati organizzativi di efficacia e efficienza. Ci sono vari tipi di approcci
utilizzati, ad esempio: MBO, piani monouso e piani permanenti 5.

Criteri per obbiettivi efficaci

Gli obbiettivi per essere efficaci devono avere certe caratteristiche 5. Per prima cosa,
gli obbiettivi devono essere specifici e misurabili. Quando è possibile dovrebbero
essere espressi in termini quantitativi, ad esempio un aumento del profitto del 2%.
Non tutti però possono essere espressi in termini numerici. Questo può portare a
definire obbiettivi troppo generici, che di conseguenza hanno un basso potere
motivazionale per il personale. A volte gli obbiettivi sono qualitativi. Il punto
importante e che siano ben definiti e consentano la
misurazione dei progressi. La seconda caratteristica è
che abbiano un periodo di tempo definito, cioè un
periodo in cui vengono definite le scadenze per il
raggiungimento degli obbiettivi prefissati. Quando
l’orizzonte temporale dell’obbiettivo è elevato, superiore
ai 2-3 anni, è bene spezzare in parti il traguardo finale
per mantenere il personale sulla strada giusta. Gli
obbiettivi devono ricoprire le aree chiave di risultato,
cioè, devono essere correlati con le relative aree di
responsabilità, altrimenti sarebbero privi di significato.
Inoltre gli obbiettivi devono essere sfidanti ma realistici. Se non sono realistici, gli
obbiettivi diventano difficilmente raggiungibili e portano una diminuzione nel morale
delle persone impegnate nel raggiungimento di essi. Questo può accadere anche nel
caso opposto in cui gli obbiettivi sono troppo facili da raggiungere. Infine gli obbiettivi
devono essere collegati con il sistema d’incentivazione. Quest’ultimo aspetto
riguarda le promozioni, i bonus e i premi per i dipendenti. Tutte le forme di
incentivazione devono essere legate al superamento degli obbiettivi prefissati. Negli
ultimi anni, il sistema d’incentivazione, è cresciuto sempre più, garantendo una parte
fissa e una variabile nella retribuzione dei lavoratori. Questo metodo permette un
aumento del morale e dello sforzo profuso da parte del lavoratore nel raggiungere
l’obbiettivo assegnatogli.
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Management by objective (MBO)

Numerose sono le definizioni per l’MBO, a partire da Mintzberg (1985) a cui si


attribuiscono le origini di questo metodo. Una definizione più moderna che definisce
questa filosofia gestionale, è quella presentata da D.McConkey: “La gestione per
obbiettivi è un approccio sistematico alla gestione dell’organizzazione, qualsiasi
organizzazione. Consiste nella totale, massima delega di “pezzi” degli obbiettivi
generali lungo la linea organizzativa in modo che ciascun manager sia responsabile
della realizzazione di una parte degli obbiettivi del livello più alto” 6.

L’MBO è composto da quattro fasi: la definizione degli obbiettivi, lo sviluppo dei piani
d’azione, il controllo dei progressi e la valutazione delle performance 7. Il processo
incomincia con la definizione degli obbiettivi a tutti i livelli aziendali. Prima si pone
l’attenzione sui criteri descritti in precedenza, successivamente si assegnano gli
obbiettivi ai vari responsabili a cui sono stati assegnati. Queste decisioni vengono
prese congiuntamente tra lavoratori e capi, in modo da rafforzare l’impegno messo
nell’obbiettivo da raggiungere. La seconda fase consiste nello sviluppare piani
d’azione. Un paino d’azione definisce l’insieme delle azioni necessarie per
raggiungere gli obbiettivi prefissati. Successivamente si passa all’attuazione dei piani
d’azione e al controllo di essi. In questa fase i manager a tutti i livelli dell’azienda
ricevono informazioni attraverso il sistema informativo. Con le informazioni a

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Materiale didattico per il corso di programmazione e controllo (progredito) S. Baraldi, A.
Cifalinò
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disposizione, vengono monitorati i progressi aziendali rispetto agli obiettivi. I piani
d’azione possono essere modificati, soprattutto nel caso in cui non si riscontrano i
risultati desiderati. I manager possono modificare i piani in qualsiasi momento, con
delle opportune azioni correttive. L’ultima fase riguarda la valutazione delle
performance aziendali. In questa fase si valuta come gli obbiettivi annuali e generali
sono stati raggiunti dalle singole divisioni, ed è qui che si vede se l’azienda ha avuto
successo oppure no. La valutazione delle performance aziendali viene utilizzata
come punto di partenza per la definizione degli obbiettivi per l’anno successivo,
facendo così ripartire il processo.

Come ogni sistema l’MBO può essere improduttivo se non usato correttamente. Il
suo corretto utilizzo, invece, porta notevoli vantaggi. Il primo è l’adattamento, cioè
l’MBO è considerato come un efficace strumento per adattare i comportamenti
dell’organizzazione a nuove circostanze ambientali. Questo è possibile grazie alle
continue verifiche e correzioni che vengono apportate durante l’attuazione dei piani
d’azione. Un altro vantaggio è l’integrazione. Nel momento in cui la gerarchia degli
obbiettivi risulta chiara e condivisa dai membri dell’organizzazione, diminuiranno i
conflitti tra i manager e collaboratori. In questo senso l’MBO contribuisce ad orientare
i comportamenti organizzativi in un’unica direzione. L’ultimo vantaggio è la
motivazione. La gestione per obbiettivi stimola nelle persone una sensibilità al
problem solving. La responsabilità di un traguardo da raggiungere accompagnata
dall’autonomia nel decidere come farlo è in genere più stimolante rispetto a dover
svolgere nel miglior modo possibile un’attività di tipo ripetitivo.

Come definire i centri di responsabilità

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In un’organizzazione, le unità di cui si ritiene opportuno monitorare le prestazioni
attraverso l’assegnazione di precise responsabilità, vengono definite centri di
responsabilità. Sotto la guida di un responsabile, l’unità organizzativa gestisce
autonomamente materie prime, manodopera, servizi e richiede determinati
investimenti (capitale circolante, immobilizzazioni) per poter svolgere le proprie
attività. I beni e servizi ottenuti possono costituire un input per gli altri centri di
responsabilità od essere venduti all’esterno. Al fine di monitorare le prestazioni dei
differenti centri di responsabilità, è necessario disporre di informazioni grazie alle
quali formulare obbiettivi e valutare i risultati raggiunti. E’ importante osservare come
tali informazioni non si riferiscono al corretto e ripetitivo svolgimento delle attività
predefinite. Infatti il meccanismo di coordinamento che inspira il concetto di centro di
responsabilità non è la standardizzazione dei processi di lavoro, bensì la
standardizzazione degli output. Quindi le informazioni strumentali ad un corretto
apprezzamento delle prestazioni dei vari centri, sono orientate ad esprimere il
consumo di risorse legato al raggiungimento di prescelti risultati. Il top management
delega parte dell’autonomia decisionale, condividendo informazioni con le varie
unità. Questo perché il top management non può vantare una perfetta conoscenza in
merito alle innumerevoli attività svolte dall’organizzazione, e non può prendere tutte
le decisioni sostituendosi alle unità di livello gerarchico inferiore. Molte decisioni in
aziende diversificate e complesse, devono essere prese a livello locale.

Per definire i vari centri di responsabilità è necessario costruire una “mappa” che
definisca: la numerosità, i confini delle responsabilità attribuite a ciascuno di essi e il
sistema di grandezze idonee ad esprimere le responsabilità attribuite. Non esiste una
regola deterministica per definire la numerosità dei centri di responsabilità. La
definizione di centro di responsabilità porterebbe ad identificare ogni unità
organizzativa come possibile centro, in quanto governa delle risorse e gode di
autonomia. La regola per determinare un centro di responsabilità, in relazione al
quale strutturare un sistema di controllo, è basata su un sistema di costi/benefici. I
benefici derivanti dalla scelta di quell’unità come centro di responsabilità, devono
dimostrarsi superiori ai costi. Una volta definito il numero di centri è necessario
individuare il razionale di riferimento secondo cui “ritagliare” le responsabilità
attribuibili ad ognuno di essi. In genere tale razionale si identifica nel cosiddetto
“principio della controllabilità”. Secondo questo principio, i titolari dei differenti centri

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individuati, dovranno essere ritenuti responsabili dei risultati da essi direttamente
influenzabili o manovrabili. Si tende, in altri termini, ad isolare le aree di
responsabilità individuale. L’ultimo elemento che deve essere preso in
considerazione, riguarda il numero e la tipologia di grandezze prescelte per
formulare gli obbiettivi da assegnare ai differenti centri e per valorizzarne i risultati
raggiunti. L’attività svolta nell’ambito di un centro di responsabilità può essere
apprezzata attraverso una serie di indicatori, di natura economico-finanziaria e non.
Assumendo la remunerazione del capitale come obbiettivo aziendale, i centri di
responsabilità possono assumere differenti tipologie in relazione al grado di
manovrabilità delle leve a loro disposizione, che sono: costi, ricavi, capitale investito.

I centri di costo sono unità organizzative i cui responsabili godono di un’autonomia


decisionale non elevata. Essi possono gestire in modo discrezionale le risorse
correttamente impiegate in attività non complesse. In genere sono responsabilizzati
sul costo. Gli obbiettivi assegnati sono di efficienza e si basano su costi standard che
possono essere definiti a priori (distinta base). Di solito sono reparti produttivi.

I centri di spesa anch’essi godono di un’autonomia decisionale contenuta, e


gestiscono risorse in attività non complesse. La differenza con i centri di costo è che
non è possibile definire a priori la relazione tra input e output. Oltre alla difficoltà di
capire il beneficio portato all’azienda, c’è una difficoltà nel definire le risorse
necessarie. Un esempio può essere una campagna pubblicitaria. E’ difficile
individuare quante unità in più sono state vendute grazie a quest’azione di marketing.
L’aumento delle vendite potrebbe essere dato da una diminuzione del prezzo o da
altri fattori. Inoltre quanto deve essere l’importo da investire per la campagna
pubblicitaria?. Gli obbiettivi assegnati sono di spesa e quindi la responsabilizzazione
è sul costo. Data la difficoltà precedentemente descritta il controllo sui risultati risulta
difficile da stabilire. In genere sono centri di spesa le funzioni ricerca e sviluppo e
marketing.

I centri di ricavo hanno un’autonomia decisionale contenuta. I risultati ottenuti sono


apprezzabili in termini di ricavi di vendita. Infatti i soggetti sono responsabilizzati sulle
vendite. Gli obbiettivi assegnati sono di ricavo, fatturato. Non viene gestita
direttamente la leva dei costi. In genere fa parte di questa tipologia di centri la
funzione commerciale.

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I centri di profitto sono molto simili ai centri di ricavo. Ciò che li differenzia è la
possibilità per il responsabile di manovrare non solo i ricavi ma anche i costi.
L’autonomia decisionale in questo caso è più elevata. Essi vengono responsabilizzati
in base al profitto, cioè in base alla differenza tra costi e ricavi. Un centro di profitto,
in genere gestisce un’area di risultato che può essere rappresentata da una divisione
aziendale.

I centri di investimento sono unità organizzative i cui responsabili godono di


un’autonomia decisionale molto elevata. Oltre ai costi e ricavi, essi gestiscono anche
la leva degli investimenti per raggiungere i risultati. Essi sono responsabilizzati in
base a degli indicatori di reddito (roi, roe, rowc). 8

Piani monouso e piani permanenti

I piani monouso sono sviluppati per raggiungere un insieme di obbiettivi che non
possono essere ripetuti in futuro 9. Tipicamente riguardano la realizzazione di progetti
al lungo termine. Possono essere definiti piani monouso la costruzione di un nuovo
quartier generale o la digitalizzazione dei file cartacei aziendali. I piani permanenti
invece, sono processi in corso che tipicamente si ripetono in azienda. Sono politiche,
procedure e programmi sviluppati per garantire uno svolgimento in sicurezza delle
operazioni interne di un determinato ambiente lavorativo 10. Spesso sono sviluppati
per la prima volta all’inizio dell’attività e successivamente vengono modificati per
soddisfare le esigenze del business richiesto. Ad esempio riguardano questioni come
la malattia, l’assenza, il fumo, la disciplina, l’assunzione e le dimissioni dei lavoratori.
Molte aziende stanno riscoprendo il bisogno di sviluppare questi piani attraverso
l’utilizzo dei social media10.

BENEFICI E LIMITI DELLA PIANIFICAZIONE

I benefici della pianificazione sono:

- Piani e obbiettivi forniscono una fonte motivazionale e d’impegno 10. La


pianificazione riduce l’incertezza nei lavoratori chiarendo il traguardo che devono

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raggiungere. Senza di essa gli obbiettivi non risultano chiari e non si capisce per
quale fine si sta lavorando.

- Piani e obbiettivi guidano l’allocazione delle risorse 10. Pianificare aiuta i manager a
prendere decisioni su come allocare le risorse tra e varie unità. Ad esempio
nell’incontro con il manager di Warner Bros, è emerso che l’azienda destina maggiori
risorse alla funzione innovativa, piuttosto che a contrastare una grossa minaccia
come la pirateria.11

- Piani e obbiettivi sono una guida per l’azione10. La panificazione focalizza la sua
attenzione su specifici obbiettivi e dirige lo sforzo lavorativo nell’ottenimento di
risultati. Inoltre aiuta i manager a capire quali azioni intraprendere per raggiungere gli
obbiettivi.

- Piani e obbiettivi fissano uno standard di valutazione10. Pianificare obbiettivi


significa definire i risultati desiderati. Essi stabiliscono anche criteri di performance
con cui i manager possono valutare l’operato delle scelte adottate. Questo porta ad
uno standard di valutazione delle performance.

I limiti invece sono:

- Piani e obbiettivi possono creare delle false certezze 13. Avere un piano può indurre
un manager ad avere una visione sbagliata di ciò che avverrà in futuro. Infatti tutti i
piani sono basati su supposizioni future, e i manager non hanno la certezza di cosa
accadrà nei prossimi anni. Questo è confermato anche dalla testimonianza del
manager di Warner Bros, il quale, avendo a disposizione numerosi strumenti di
previsione futura, è stato molto incerto su ciò che accadrà nei prossimi anni, dato che
il mercato in questione è in continua evoluzione 12.

- Piani e obbiettivi possono creare delle rigidità in un ambiente in evoluzione 13. La


pianificazione può bloccare l’organizzazione in specifici piani e obbiettivi che non
sono più adeguati. In condizioni di forte cambiamento e incertezza serve un maggior
grado di flessibilità.

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Incontro con il manager di Warner Bros
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Incontro con il manager di Warner Bros

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- Piani e obbiettivi possono intralciare l’intuito e la creatività 13. Il successo spesso
deriva da intuizioni geniali e dalla creatività. Questa può essere ostacolata con
processi routinari. Per esempio la creatività di un lavoratore può essere repressa dal
manager in quanto non si adatta con i piani d’azione predeterminati.

PIANIFICARE IN UN AMBIENTE TURBOLENTO

Come abbiamo visto precedentemente nel pianificare ci sono inevitabilmente dei


vantaggi e degli svantaggi. Sta nella bravura del manager ottenere dei benefici dalla
pianificazione cercando di controllare i suoi limiti. Questo è reso possibile attraverso
l’utilizzo di approcci innovativi che si adattano agli odierni mutamenti ambientali 13. Tre
sono gli approcci che sostengono l’organizzazione in caso di eventi inaspettati: i piani
d’emergenza, la costruzione di scenari e i piani di crisi.

I piani di emergenza

Quando le organizzazioni operano in un ambiente incerto o hanno orizzonti temporali


elevati, a volte, pianificare può sembrare una perdita di tempo. In realtà, piani poco
flessibili possono ostacolare piuttosto che aiutare un’organizzazione di fronte a
cambiamenti tecnologici, sociali, ed economici. Per non sopperire, i manager devono
sviluppare una molteplicità di possibili alternative future. Questa metodologia serve ai
manager per facilitare la creazione di piani che ben si adattano alle alternative
delineate in precedenza. I piani di emergenza possono essere definiti come delle
risposte aziendali da adottare in casi di recessione o eventi inaspettati. Per definire
un piano di emergenza, i manager devono individuare i fattori più importanti che
possono modificare l’ambiente14. Tra i fattori ambientali si possono trovare le flessioni
economiche, le crisi di mercato, l’aumento dei costi di fornitura, lo sviluppo di nuove
tecnologie o gli incidenti riguardanti la sicurezza. I manager, quindi, prevedono una
serie di risposte alternative relativi ai fenomeni più probabili, focalizzando l’attenzione
sull’alternativa peggiore. Per esempio negli ultimi anni, la compagnia FedEx ha
attivato una serie di paini d’emergenza in tutto il mondo a causa di eventi imprevisti
come tempeste tropicali, scioperi dei lavoratori, blackout elettrici che hanno
modificato i piani aziendali. Naturalmente la compagnia aveva già previsto questi
possibili scenari, e quindi attraverso piani d’emergenza specifici, è stata in grado di

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gestire al meglio la situazione. Senza di essi la FedEx sarebbe stata in grande
difficoltà, con conseguenti perdite per la compagnia.

La costruzione di scenari

La costruzione di scenari è uno strumento che estende la metodologia dei piani


d’emergenza. Costruire scenari significa cercare di prevedere le tendenze e le
discontinuità future, visualizzando le possibili soluzioni per essere in grado di gestirle
al meglio quando esse si manifestano 14. Piuttosto che guardare solo la storia
aziendale e pensare a quello che è stato, i manager devono pensare a ciò che
potrebbero essere l’organizzazione. Le aziende che falliscono in un momento così
dinamico sono quelle che pensano di non essere coinvolte nel cambiamento, che
pensano al passato come linea di successo per il futuro. Oggi il mondo è turbolento e
la pianificazione tradizionale non può aiutare i manager ad affrontare una
complessità così elevata di variabili fuori controllo che influenzano l’organizzazione. I
manager non sono in grado di prevedere il futuro con certezza, nessuno può farlo,
ma possono disegnare dei piani in cui gli eventi futuri possono essere gestiti.
Attraverso la costruzione di diversi scenari possibili, i manager cercano di anticipare i
vari cambiamenti che potrebbero influire sull’organizzazione. Gli scenari sono
rappresentazioni possibili della realtà futura, delle “storie” a cui i manager devono
dare delle risposte. Di solito vengono sviluppati dai due ai cinque scenari per ogni
fattore, che vanno dalla più ottimistica previsione a quella peggiore. Gli scenari
aiutano mentalmente il manager nel caso in cui il suo miglior piano fallisce.

I piani di crisi

Alcuni sondaggi hanno rivelato che l’utilizzo di tecniche manageriali come gli scenari
e i piani d’emergenza, sono aumentati in modo consistente dopo l’attacco terroristico
alle torri gemelle. Dopo un periodo di minor popolarità, questi approcci sono tornati in
auge grazie all’aumento dell’instabilità ambientale e alla recente crisi finanziaria.
Secondo il sondaggio della McKinsey Quarterly, nel 2009, il 50% degli intervistati ha
dichiarato di aver utilizzato piani d’emergenza o scenari in maggior numerosità
rispetto al precedente anno15. Inoltre gli approcci utilizzati hanno giocato un ruolo
fondamentale per le organizzazioni, aiutando i manager nel prendere decisioni ad

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hoc per le proprie aziende. Oltre a questo le aziende cercano di pianificare la crisi
per affrontare eventi inaspettati, i quali sono così improvvisi e devastanti che hanno il
potere di distruggere qualsiasi organizzazione, anche le più solide, se non
adeguatamente tempestive nel rispondere a questi fenomeni. Le crisi sono diventate
parte integrante delle organizzazioni nel mondo di oggi. Anche se di varia natura, un
piano accurato e ponderato può prevenire qualsiasi situazione disastrosa. Ad
esempio, l’azienda BP è stata fortemente criticata per la mancanza di un piano di
crisi, nel Golfo del Messico, durante la fuoriuscita di petrolio dalla base estrattiva. Un
efficace piano avrebbe quantomeno limitato il disastro ecologico verificatosi. Ci sono
due fasi importanti nel pianificare una crisi: preventiva e preparatoria 15. La fase
preventiva consiste nell’individuare i segni premonitori di una potenziale crisi per
cercare di prevenire la sua manifestazione. Una parte critica di questa fase è la
costruzione di una relazione fiduciaria con gli stakeholder dell’azienda come i
lavoratori, i clienti, i fornitori, apparati statali e i sindacati. Attraverso queste relazioni,
i manager spesso possono prevenire la crisi si dall’inizio. In più possono rispondere
con maggior efficacia a ciò che non può essere evitato. Ad esempio una stretta
relazione con i lavoratori e i sindacati può evitare una paralisi aziendale dovuta a
scioperi e manifestazioni. La fase preparatoria comprende tutta la programmazione
dettagliata per gestire una crisi quando si verifica. E’ suddivisa in tre fasi. La prima
consiste nel definire un team e un suo portavoce che gestisca la crisi.
Successivamente bisogna creare un piano dettagliato di gestione della crisi. L’ultima
fase consiste nel creare un efficace sistema di comunicazione. I team sono dei
gruppi inter-funzionali designati in precedenza, che entrano in azione se la crisi si
verifica. Il portavoce del team invece deve essere “la voce” della compagnia durante
il periodo di crisi. Il piano di gestione della crisi (CMP), è un piano scritto che
specifica le azioni da intraprendere. Oltre a questo definisce i soggetti a cui è
assegnata la responsabilità di attuare le suddette azioni. La cosa fondamentale è che
il CMP deve essere un documento in continua evoluzione, rivisto e aggiornato con
regolarità. Esso non serve a nulla se una volta definito non viene modificato negli
anni in base alle necessità. Questo perché le crisi, gli scenari e l’ambiente si
evolvono, mutano e un piano statico non può contrastarli.

15
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19
APPROCCI INNOVATIVI NELLA PIANIFICAZIONE

I processi di pianificazione cambiano nel tempo come gli altri aspetti del
management per essere in sintonia con i cambiamenti ambientali 16. Un nuovo
approccio di pianificazione ha l’obbiettivo di coinvolgere tutti nell’organizzazione, a
volte anche stakeholder esterni. L’evoluzione verso questa metodologia innovativa
iniziò con l’introduzione di piani decentralizzati, dove manager e esperti di
pianificazione, delle varie divisioni, lavoravano insieme per definire gli obbiettivi da
raggiungere17. Il pensiero era quello che l’azienda fosse in grado di sviluppare delle
proprie soluzioni creative per la risoluzione dei problemi, seguendo maggiormente
l’evoluzione attraverso i piani. Dato che l’ambiente è divenuto sempre più instabile, i
massimi dirigenti, visti i benefici, decisero di spingere ulteriormente sul processo di
decentralizzazione. Così gli esperti di pianificazione incominciarono a lavorare
direttamente con i manager di linea e con la front-line, per sviluppare piani dinamici
che si adattassero meglio alle nuove necessità. In un ambiente complesso e
competitivo il pensiero strategico e la sua attuazione diventano l’aspettativa di ogni
lavoratore. La pianificazione prende vita quando i lavoratori sono coinvolti nel
definizione degli obbiettivi e nel modo in cui raggiungerli.

Fissare obbiettivi elastici per raggiungere l’eccellenza

16
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17
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20
Gli obbiettivi elastici sono obbiettivi ragionevoli ma elevati che sono così chiari,
convincenti e fantasiosi che motivano i lavoratori e generano eccellenza 17. Sono
tipicamente posti ben oltre i livelli attuali, in modo da stimolare le persone nella
ricerca di soluzioni innovative per raggiungerli. Fa parte di questa categoria di
obbiettivi il big hairy audacios goal (BHAG), definito per la prima volta così da James
Collins e Jerry Porras in un articolo intitolato “Building your Company’s vision”. Da
allora si è utilizzato questo termine per definire ogni obbiettivo così grande e
stimolante che colpisce le persone internamente e sposta il loro pensiero su di essi.
Allo stesso tempo, però, l’obbiettivo deve essere realizzabile, altrimenti i lavoratori
risulteranno demotivati e scoraggiati. In più, se troppo difficili da raggiungere i
soggetti potrebbero ricorrere a misure non etiche per il raggiungimento degli stessi.
Questi obbiettivi sono molto importanti per le organizzazioni, le quali si focalizzano
sul miglioramento di prodotto, processi e sistemi per non rimanere indietro rispetto
alla concorrenza. I manager utilizzano questi obbiettivi per costringere i lavoratori a
pensare ad una via alternativa, innovativa e coraggiosa. Per prima cosa i manager
definiscono obbiettivi da raggiungere dieci volte superiori in termini di qualità nei
prossimi due anni. Una volta raggiunti, gli obbiettivi vengono ridefiniti. Questa volta
però sono cento volte superiori in termini di qualità da raggiungere nei prossimi
quattro anni, una sorta di processo incrementale che pone l’asticella sempre più in
alto.

L’utilizzo dei dashboard

I manager hanno bisogno di visualizzare come i piani stanno progredendo e valutare


i loro progressi rispetto agli obbiettivi da raggiungere. Questa necessità ha portato a
utilizzare dei cruscotti, detti dashboard, per misurare le performance delle prestazioni
chiave18. Esempi possono essere: le vendite relative alle caratteristiche delle
persone, il numero dei prodotti in arretrato, la percentuale dei consumatori che hanno
risolto il loro problema durante i servizi di post-vendita. Negli ultimi anni, i dashboard
si sono sviluppati nei sistemi organizzativi aziendali, per allineare e tracciare gli
obbiettivi. I dashboard sono in grado di fornire in tempo reale le performance chiave
dell’azienda ad ogni livello. Il dashboard deve essere applicato a tutta l’azienda per
sfruttare tutto il suo potenziale, cosicché gli impiegati possono monitorare da vicini i
progressi degli obbiettivi e verificare le cose che non vanno, per trovare un rimedio
18
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21
tempestivo. Ad esempio all’Emergency Medical Associates, un ospedale psichiatrico,
il sistema consente allo staff di vedere i dati relativi ai tempi d’attesa dei pazienti,
cosa che non può essere vista negli altri ospedali. Molti di questi sistemi spesso
incorporano software che consentono agli utenti la realizzazione di scenari ipotetici
per poter valutare che impatto avrebbero sugli obbiettivi.

Tableau de bord e balanced scorecard

Il tableau de borde e la balanced scorecard sono due tipologie di dashboard tra le più
utilizzate nelle aziende odierne. Il tableau de bord è un insieme di misure ad hoc
collegate tra loro attraverso una serie di relazioni causa-effetto. Ogni misura esprime
un certo stadio del processo, in modo che gli indicatori, possono fornire un quadro
complessivo del funzionamento sistemico generale. Esso nasce per fornire, ai diversi
livelli organizzativi, informazioni di supporto al raggiungimento degli obiettivi
aziendali. Il tableau de bord è uno strumento utilizzato nell’ambito dei sistemi di
controllo di gestione evoluti, che parte dalla rilevazione dei risultati finanziari, fino
all’analisi più approfondita delle cause fisico-tecniche e operative degli scostamenti
riferiti ai risultati di ogni processo aziendale. Non deve riguardare solo indicatori di
tipo economico-finanziario, ma deve anche consentire di analizzare l’efficienza della
gestione aziendale e dei processi operativi, il livello di soddisfazione dei clienti,
mettendo a confronto i dati finanziari con gli indici di qualità erogata e percepita dal
cliente. I due obiettivi principali del tableau de bord sono rappresentati dal controllo
dell’andamento delle variabili chiave (i cosiddetti Key Performance Indicators) e dei
processi chiave e la lettura sintetica e completa degli scostamenti dei risultati
dell’azienda per la definizione delle azioni correttive. 19

La balanced scorecard (BSC) è uno strumento di supporto nella gestione strategica


dell'impresa che permette di tradurre la missione e la strategia dell'impresa in un
insieme coerente di misure di performance, facilitandone la misurabilità. Si pone
l’obbiettivo di rimediare ai limiti dei modelli di monitoraggio tradizionale, dove si
presentano molteplici ostacoli alla concreta realizzazione degli obbiettivi strategici.
L’analisi delle performance non è effettuata attraverso indicatori di carattere
esclusivamente economico finanziario, ma cerca di rendere coerenti quattro
prospettive di valutazione: la prospettiva finanziaria, la prospettiva del consumatore,

19
R. Fiocca, R. Sebastiani, Politiche di Marketing, McGraw-Hill, Milano, 2010

22
la prospettiva interna dell'impresa, la prospettiva di innovazione e apprendimento.
Per ogni prospettiva si analizzano: gli obbiettivi, le misure, i bersagli e le iniziative.
Infine poi vengono analizzate le interrelazioni possibili tra le diverse prospettive e i
relativi obiettivi. Questo metodo serve per effettuare un’analisi multidimensionale. La
balanced score card va a “mettere ordine” tra di gli indicatori, con l’obbiettivo di
integrarli e bilanciarli. Inoltre definisce le connessioni logiche esistenti tra gli indicatori
in modo da conoscere in anticipo quali riflessi una determinata azione avrà sull’intera
gestione aziendale.20

Differenze e analogie tra i due strumenti

Entrambe le metodologie vengono utilizzate per tradurre la mission e la strategia


aziendale in valori oggettivi facilmente misurabili, perciò possono essere
categorizzate come dei strategic management tools. Lo scopo fondamentale per
entrambe risulta essere il controllo preventivo di tutte le variabili aziendali, finanziarie
e non. Secondo questo approccio, si cerca di connettere le decisione assunte dai top
manager alle azioni proposte dagli altri attori presenti in azienda ed ai processi,
attraverso un approccio top-down.

La prima grande differenza tra le due metodologie è connessa direttamente al


concetto di strategia utilizzato. Nelle BSC si utilizza essenzialmente il modello di
Porter, implementando gli indicatori nelle quattro aree pre-configurate da Porter.
Partendo da questo, Kaplan e Norton hanno configurato delle altre variabili e delle
ulteriori aree in modo tale da poter perfezionare il modello d‘analisi. Diversamente,
nelle tableau de bord non esiste un reale modello strategico o delle specifiche aree
d‘analisi, bensì sono fondate sull‘idea di strategia basata sul manager. Questo
significa che nelle tableau de bord giocano un ruolo importante le variabili connesse
all‘ambiente ed alla soggettività dei manager. Le categorie predeterminate presenti in
quest‘ultima tipologia, sono solitamente più complicate rispetto alle BSC. Inoltre nelle
Balance Scorecard, l‘approccio parte dall‘analisi delle misure esterne (dal

20
Materiale didattico del corso di programmazione e controllo (progredito) S. Baraldi, A.
Cifalinò

23
consumatore) per concludersi poi nei processi interni, non seguendo quindi
l‘approccio delle Resource Based View. Nelle tableau de bord la prospettiva
strategica viene posta sui singoli manager, perciò si andranno ad analizzare sia le
variabili connesse al cliente sia quelle legate ai processi interni. Nelle BSC l‘analisi è
sempre posta sul concetto causa-effetto, perciò le performance scaturiscono dalle
relazioni esistenti tra le misure presenti nelle quattro aree e le scelte strategiche
messe in atto dal management. Le misure utilizzano un sistema di analisi e controllo
delle azioni ex-ante ed ex-post. E’ comunque molto difficile riuscire ad individuare le
azioni causa-effetto esistenti tra la soddisfazione del cliente e le performance
finanziarie. Un‘altra differenza può essere ricercata nell‘implementazione e nella
gerarchia utilizzata dalle due metodologie. Nelle BSC si assiste infatti ad un processo
sequenziale che a cascata, partendo dalle scelte strategiche del top management, si
conclude con l‘analisi delle singole scelte operative. Si creano pertanto dei centri di
responsabilità in cui a ciascuna scelta, o valore, o misura è associato un
responsabile. Nelle tableau de bord invece per rispondere repentinamente al
mercato, si favoriscono le interazioni tra i diversi livelli e si incentivano i manager che
ad ogni livello possiedono le maggiori conoscenze o esperienze. Le interazioni tra i
diversi livelli solitamente non sono associate ad un dialogo, bensì ad una
negoziazione. In questo caso la responsabilità non può essere associata ad un‘unica
persona, bensì deve essere condivisa con gli attori coinvolti nel processo. Anche le
variabili utilizzate nelle due metodologie sono differenti, poiché mentre nelle BSC
vengono trattate tutte le variabili, quantitative e qualitative, in modo retroattivo, nelle
tableau de bord si utilizzano le sole variabili quantitative non per visualizzare i risultati
ma per analizzare le misure storiche ed i modelli futuri utili per il processo
decisionale.21

21
R. Fiocca, R. Sebastiani, Politiche di Marketing, McGraw-Hill, Milano, 2010

24
Schierare intelligence team

Anticipare e gestire l’incertezza ambientale è un punto cruciale della pianificazione. I


manager, per questo motivo, devono disporre di una buona dose di intuito intellettivo
per effettuare scelte consapevoli rispetto ai piani e agli obbiettivi. Molte aziende
leader, in numero crescente, utilizzano dei team per gestire questa sfida. Un
intelligence team è un gruppo interfunzionale di manager e lavoratori, solitamente
guidato da un professionista, con il compito di acquisire una profonda conoscenza
del problema di un business specifico, per poter presentare un’intuizione o una
possibilità relativa a tale questione 22. Questi team sono utili quando l’organizzazione
mette a confronto più team di intelligence. Un team può essere costruito per
analizzare come i competitor della mia azienda si muovono nel mercato, se stanno
entrando in nuovo business per esempio, in modo da definire come e quando si
avranno degli effetti sulla mia organizzazione. I team sono in grado di fornire
indicazioni ai manager, i quali avranno più informazioni nel momento della decision
making. Inoltre forniscono piani d’emergenza e scenari relativi ai maggiori problemi
strategici.

Apply Your Skills: Experiential Exercise

Il preside di una delle maggiori università dello Stato ha contattato gli studenti della
classe per sviluppare un piano per aumentare il ranking nazionale tra università.
Recentemente la scuola ha perso dieci posti nella classifica del ranking, e il preside

22
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25
vuole recuperarli, restituendo lustro all’università. Il preside fornisce una lista di
variabili su cui è basato il ranking nazionale.

- un documento scritto dai presidi di pari istituzioni (scala da 1 a 5)

- un documento scritto dai selezionatori (scala da 1 a 5)

- media dei nuovi studenti

- tasso di accettazione di domande da parte degli studenti (un tasso basso è


migliore)

- una media degli stipendi iniziali degli studenti che si sono laureati nella scuola

- la percentuale di laureati occupati alla data di laurea

- la percentuale di laureati occupati tre mesi dopo la laurea

- punteggio media dei corsi di laurea e programmi MBA per l’inserimento degli
studenti

L’università ha l’obbiettivo di migliorare il suo ranking di 10 posizioni nell’arco di


due anni. Sviluppa un paino in dieci punti e mostra le fasi che il preside deve
effettuare per raggiungere l’obbiettivo.

1) Per prima cosa il preside dovrebbe capire qual è il motivo per cui negli ultimi
anni si sono perse dieci posizioni nella graduatoria, confrontandosi con tutte le
parti coinvolte nell’università, a partire dai selezionatori, professori fino agli
studenti. Questa fase è la più critica perché capire dove si sbagliato è
fondamentale per non commettere in futuro gli stessi errori del passato.

2) Fatto questo bisognerà raccogliere tutte le informazioni, interne ed esterne,


magari in un unico database, supportato da un sistema informativo su cui è
possibile effettuare attente analisi e valutazioni.

3) Attraverso le informazioni raccolte, il preside insieme ai selezionatori dovrà


definire la nuova strategia e quindi la nuova missione da intraprendere per
recuperare le posizioni in graduatoria. Naturalmente per avere successo la
missione deve essere comunicata e fatta propria da parte di tutto l’ambiente
collaborativo.

26
4) Successivamente verranno definiti gli obbiettivi che nell’arco dei due anni
dovranno essere raggiunti. Gli obbiettivi devono essere formulati sulla base delle
variabili di valutazione del ranking nazionale. Ogni variabile è un obbiettivo da
migliorare. In più, si dovranno stabilire i criteri per ottenere obbiettivi efficaci. Un
esempio di obbiettivo da raggiungere può essere quello di aumentare del 10% il
numero degli occupati dopo la laurea.

5) Gli obbiettivi dovranno individuare e coinvolgere le persone a cui sono stati


affidati. Il preside dovrà cedere parte della sua responsabilità, decentrando il
potere e la sua autonomia decisionale. Questo può essere fatto attraverso la
progettazione di un sistema di MBO, che responsabilizza le persone rispetto agli
obbiettivi. I soggetti inoltre avranno una spinta motivazionale maggiore legata a
premi per il raggiungimento degli obbiettivi.

6) Date le mutevoli condizioni ambientali, di cui probabilmente l’università ha


sofferto, è indispensabile creare dei piani alternativi in caso di crisi o emergenze
che derivano dall’esterno. Questo permetterà all’università di avere una risposta
tempestiva nel caso di qualsiasi manifestazione avversa. Strumenti come i piani
di crisi o la costruzione di scenari, daranno una grossa mano al preside in questi
casi.

7) Una volta definiti gli obbiettivi, devono essere definiti i piani per raggiungere gli
obbiettivi. Per esempio, per attrarre un maggior numero di studenti, bisognerà
aumentare il numero di studenti che sono a conoscenza della nostra università,
far vedere l’offerta formativa rispetto a quella proposta dalla concorrenza. Quindi
bisognerà spiegare agli studenti interessati i vantaggi che derivano nel scegliere
la nostra università rispetto alle altre. Se il budget lo consente si potrebbe anche
effettuare qualche campagna pubblicitaria o ancor meglio sfruttando la potenza
dei social media.

8) Definiti piani e obbiettivi bisognerà passare alla vera attività operativa,


mettendo in atto i piani e le azioni ritenute migliori per raggiungere lo scopo.

9) Durante tutto il periodo di attuazione dei piani, si dovranno tenere sotto


osservazione i progressi fatti rispetto agli obbiettivi finali, per verificare che le
azioni intraprese siano quelle giuste. In questa fase si potranno apportare azioni

27
correttive nel caso in cui la strada intrapresa fosse sbagliata rispetto agli obbiettivi
prefissati. Un aiuto in questa fase può derivare dall’installazione di dashboard che
permettano, in tempo reale, la visualizzazione dell’andamento aziendale.

10) L’ultima fase avviene nel momento in cui l’obbiettivo è stato raggiunto.
Riconquistata la posizione in graduatoria l’università non si dovrà fermare rispetto
alla strada intrapresa, anzi dovrà cercare sempre più una migliore collocazione
nel ranking. Per fare questo, sulla base dei risultati ottenuti, si dovranno definire i
nuovi obbiettivi per i successivi anni, ricominciando il processo di pianificazione
dall’inizio. Se una volta raggiunti gli obbiettivi prefissati l’università si stabilizza e
non ne definisce di nuovi, rischierà di nuovo di perdere posizioni in graduatoria,
questo perché oltre all’ambiente, le altre università apporteranno delle modifiche
per migliorare la propria posizione in classifica. L’università come ogni azienda
deve sapersi adattare con facilità ai cambiamenti che il mondo chiede.

Approfondimento: Implementare un sistema


informatico aziendale (ERP)

Per poter definire al meglio piani e obbiettivi, strutturare un sistema di MBO è


indispensabile avere in azienda un sistema informativo che supporti la struttura
organizzativa. Nell'azienda il sistema informativo è uno dei sistemi operativi che
ha il compito di raccogliere i dati, conservare i dati raccolti archiviandoli, elaborare
i dati trasformandoli in informazioni e distribuire l'informazione agli organi aziendali
utilizzatori. Caratteristiche molto importanti di un buon sistema informativo devono
essere la chiarezza, la correttezza e la completezza. Chiarezza riferita alla
precisione dei dati raccolti; correttezza riferita alle procedure con le quali i dati
vengono rilevati, elaborati e trasformati in informazioni e completezza invece sta
nel far in modo che il sistema informativo rispecchi al meglio il sistema aziendale.
Il sistema informativo crea informazioni su tutti gli aspetti della gestione. Per fare
questo il sistema informativo si avvale del sistema informatico che è l’insieme di
tutte le soluzioni informatiche software e hardware che permettono di gestire e
automatizzare tutte le informazioni aziendali. Con il diffondersi delle tecnologie, il
sistema informatico finisce per rappresentare la quasi totalità del sistema

28
informativo, ma, almeno a livello concettuale, il sistema informativo non implica di
per sé l'uso dell'informatica. Odiernamente però le aziende operano in un
ambiente sempre più dinamico e di grande complessità gestionale, con la
necessità di prendere decisioni velocemente, il che richiede la possibilità di
disporre di tutte le informazioni necessarie in tempi rapidi. Questo è possibile solo
se l'impresa è dotata di un sistema informativo in grado di rendere disponibili le
informazioni in tempo reale. Possiamo dunque comparare il sistema informativo
aziendale ad un vero e proprio “sistema nervoso dell'azienda”, che permette alle
informazioni di arrivare ad ogni organo aziendale. Il sistema informatico,invece, è
il cervello il quale consente all’azienda di controllare, pianificare e gestire in modo
integrato tutte le attività, nonché di elaborare velocemente una maggiore quantità
di dati ed informazioni.
Un tipo particolare di sistema informatico aziendale che oggi viene utilizzato in
numerose aziende è L’ ERP. Si definisce ERP (Enterprise Resource Program)
quel tipo di sistema informatico aziendale che pone particolare attenzione
nell’ottimizzazione dell’ uso delle risorse disponibili in azienda, e che quindi si
occupa della gestione della produzione, della catena di approvvigionamento, della
distribuzione dei preventivi e degli ordini. In più fornisce un insieme integrato di
soluzioni alle più diverse problematiche aziendali, tra le quali la gestione della
contabilità, del rapporto con la clientela e del magazzino. Questo tipo di
configurazione permette di rendere trasparenti le informazioni richieste dai vari
processi, rendendo accessibili le informazioni ad una schiera di operatori più
ampia, riducendo così il problema che un singolo operatore, conoscitore della
modalità di svolgimento di una singola attività, possa bloccare l’intero processo.
Inoltre permettendo una definizione dei ruoli più chiara, facilita l’eliminazione delle
attività superflue e ridondanti, consentendo così risparmi di costo e una riduzione
delle tempistiche dei processi, a vantaggio di flessibilità e prontezza. I sistemi
ERP non devono essere visti come “macchine che sostituiscono l’uomo”, ma
bensì come strumenti innovativi che aumentano le competenze e le potenzialità di
chi ne fa uso.23

I sistemi ERP nella realtà odierna


23
Turban, Sarda, Delen, Decision Support and Business Intelligence Systems, Prentice
Hall, 2010

29
Le nuove frontiere della globalizzazione e della new economy si differenziano
dall'economia industriale perché offrono la possibilità di operare in un mercato
globale, abbattendo i costi di gestione e consentendo alle imprese di non essere
vincolate ad uno spazio definito quale può essere la sede fisica. La rete è
accessibile a tutti, in tempo reale Questo aspetto costringe le aziende odierne ad
una sostanziale rivisitazione dei tradizionale strumenti di controllo aziendale.
L’obiettivo è quello di ricondurre ad un unico nucleo l’impresa intensa nel suo
complesso organizzativo, produttivo e contabile. I modelli ERP modellati rispetto
alle esigenze del management costituiscono l’unica base tecnologica di
riferimento, in grado di supportare e innovare l’azienda per poter competere. Oggi
l’azienda deve essere dinamica; flessibile e deve interagire in maniera ottimale
con clienti e fornitori, se vuole raggiungere gli obbiettivi in maniera efficiente ed
efficace. Un sistema ERP quindi ha lo scopo di integrare tutti i reparti e le funzioni
di un’ impresa attraverso un singolo nucleo di elaborazione in grado di rispondere
alle necessità di ogni componente aziendale, migliorando così anche le
prestazioni e il coordinamento della supply chain. I sistemi di gestione e quelli
relativi al controllo di questa, devono essere rivisti profondamente alla luce delle
nuove esigenze che abbiamo evidenziato. La sfida del management nell’adottare
un sistema ERP non è riconoscerne il vantaggio competitivo, ma assicurare che
l’implementazione permetta di ottenere un concreto incremento del valore
dell’azienda. Il valore dell’azienda non deve essere solo inteso come la creazione
di valore economico per coloro che hanno investito capitale di rischio (azionisti),
ma comprende anche tutte i soggetti che interagiscono all’ interno e all’ esterno
dell’ azienda. Si parla in questo caso di IT globale. Se non si riesce a soddisfare le
esigenze degli stakeholder l’esistenza stessa dell’azienda viene a mancare. I
responsabili della gestione devono quindi dedicarsi al miglioramento continuo
della capacità di generare “valore” attraverso un uso efficiente ed efficace dei
processi aziendali. In questo senso il contributo degli ERP deve essere orientato
ad incrementare il valore aziendale, implementando nella loro struttura delle
metodologie gestionali tramite le quali qualità, organizzazione ed economicità di
ogni singolo processo siano fattori critici per il successo. Esistono tre metodologie
che rispecchiano questi fattori:

30
- TQM (Total Quality Management),relativo all’ aspetto qualitativo dei processi
- BPR (Business Process Reengineering), relativo all’ aspetto organizzativo dei
processi
- ABC (Activity Based Costing) e ABM (Activity Based Management), relativo all’
aspetto della gestione economica dei processi.

Il TQM si basa sulla metodologia del Kaizen . E’ una metodologia giapponese di


miglioramento continuo, passo per passo, che coinvolge l'intera struttura
aziendale. Nell’ ottica ERP viene applicato per il miglioramento qualitativo dei
processi aziendali. Un azienda per produrre un prodotto o servizio di qualità deve
per prima cosa preoccuparsi di progettare, gestire e migliorare tutti i propri
processi affinché essi siano in grado di generare a loro volta prodotti o servizi di
qualità. Ci si può chiedere come i processi informativi o amministrativi interni
possano influire sulla qualità del prodotto finale; la risposta è semplice: In un
sistema integrato ERP, intrinsecamente tutti i processi sono collegati tra loro, e
anch’essi devono essere trattati come processi critici, in grado di influenzare la
soddisfazione del cliente.
Il BPR è una metodologia manageriale di profonda revisione dei procedimenti
operativi che non risultano più adeguati alle necessità aziendali. In sostanza il
concetto base del BPR si basa su un approccio di feedback, ripensando tutti i
processi aziendali, scomponendoli tra le varie strutture organizzative per poi
poterli riprogettare in maniera più efficace ed efficiente. Questo è uno fase molto
importante all’interno dell’ azienda, perché vengono abbandonate procedure e
routine ormai assestate a scapito di nuove che in cambio generano valore per il
cliente. Un intervento di riprogettazione prevede l’analisi della situazione in essere
attraverso una mappatura dei processi primari e dei processi di supporto,
l’individuazione delle criticità o dei punti suscettibili di miglioramento, lo studio
delle soluzioni e la conseguente riprogettazione del processo in maniera organica.
Nell’analisi si può far uso delle tecniche della qualità totale, con particolare
attenzione alla necessità di poter misurare i parametri che indicano la bontà del
processo. I processi sono trasversali rispetto alle funzioni aziendali, e molto
spesso è proprio nei punti di contatto tra le varie funzioni che emergono i principali
punti di inefficienza o di scoordinamento. Per la riprogettazione del processo si

31
hanno a disposizione strumenti di intervento organizzativo, ad esempio la
ridefinizione delle gerarchie, dei livelli organizzativi e della catena decisionale; la
modifica dei ruoli assegnati alle posizioni; l’accorpamento, la suddivisione di
attività o funzioni; l’eliminazione di attività senza valore aggiunto; l’acquisizione di
nuovi strumenti di lavoro; l’utilizzo di nuove metodiche o di nuove tecnologie con i
conseguenti piani di formazione; l’adeguamento degli spazi di lavoro;
l’identificazione di idonei sistemi di incentivazione; l’adozione di nuovi sistemi
informativi; la rimozione di ostacoli che condizionano il processo, e così via,
andando normalmente ad interessare svariate funzioni aziendali. Una vera
riprogettazione significa cambiare completamente l’attuale modo di operare, e
quindi è normalmente un’attività di lunga durata, di alto rischio, di costo elevato e
che necessita del coinvolgimento convinto di tutta l’impresa. In realtà spesso si
opta per operazioni di miglioramento meno traumatiche, anche se dai risultati
minori.

Il sistema contabile denominato ABC costituisce nel moderno ambiente produttivo,


uno dei più noti tentativi di soluzione dei problemi indotti dalla contabilità
tradizionale. L’ABC mira a determinare un costo pieno di prodotto, evitando le
distorsioni provocate da una ripartizione spesso semplicistica dei costi indiretti ed
evidenziando a livello di prodotto o servizio i fenomeni di rilevanza manageriale,
attraverso l’individuazione delle cosiddette attività richieste da un prodotto o
servizio per il suo ottenimento. L'activity Based Management (ABM) invece è un
sistema contabile gestionale per ottimizzare l'informazione utile alla vita
dell'azienda. L'ABC e l'ABM sono tecniche strettamente correlate tra di loro: la
prima reperisce le informazioni, la seconda le utilizza per effettuare tutta una serie
di analisi volte al miglioramento continuo, al controllo dei costi, alla gestione dei
carichi di lavoro e all'eliminazione delle attività non a valore aggiunto. La
metodologia ABM si focalizza su ciascuna attività facente parte della catena del
valore e soprattutto evidenzia quelle che possono essere le interrelazioni tra le
attività. E’ facile intuire che sono le diverse attività sviluppate all’interno
dell’azienda che generano costi e non i prodotti, i quali al contrario consumano
attività. I sistemi informativi tradizionali, non basati sugli ERP, trattano le singole
unità organizzative come se fossero indipendenti, non preoccupandosi dell’
interazione tra le varie attività. Gli ERP invece cercano di descrivere meglio

32
l’intera gestione aziendale, determinando il costo di come ogni singola unità o
attività incide sulla realizzazione del prodotto o servizio finale, potendo così fare
un uso efficiente ed efficace delle risorse aziendali Si capisce dunque che per
sfruttare al massimo il potenziale degli ERP, bisogna strutturare il sistema dei
processi aziendali in maniera interfunzionale. Questo favorirà il sistema di
reporting aziendale, nel quale confluiranno informazioni più precise. La
ristrutturazione dei processi porterà alla creazione di nuove routine e di nuove
modalità operative, le quali a loro volta, creeranno nuovi ruoli con il compito di
gestirle. L’implementazione di un ERP è una delle più sfidanti rivoluzioni nella
storia di un’ azienda e deve essere affrontata con la giusta consapevolezza delle
conseguenze finanziarie e organizzative. 24

Aspettative e problematiche dell’introduzione di un


sistema ERP

L’impatto del sistema ERP sulle capacità competitive dell’azienda risulta


crescente all’ aumentare del grado di cambiamento che si decide di
implementare. Conseguentemente anche le aspettative cambiano, più
si agisce in profondità più ci si aspetta di ottenere risultati significativi.
Se ad esempio decidiamo di implementare il sistema ERP solo per
aumentare l’efficienza e l’integrazione interna dell’azienda otterremmo
un impatto basso con un ottimizzazione delle routine, delle tempistiche
ed una riduzione nei costi gestionali e applicativi. Se invece si sceglie
una linea più “ rivoluzionaria”, ridisegnare i processi di business o
addirittura il business vero e proprio, gli effetti saranno molto più
marcati. Ridisegnare i processi di business comporta una revisione
completa dei processi operativi, siano essi intra-aziendali o
inter-aziendali. Vengono migliorate le applicazioni critiche ed eliminate
le attività ridondanti favorendo così anche un ripensamento
dell’organizzazione gerarchico-funzionale dell’azienda. Inoltre si
aumenta l’interazione con l’esterno adottando servizi telematici per

24
Appunti e slide del corso di Sistemi informativi a supporto delle decisioni aziendali
(progredito) Prof. C. Frigerio

33
ridurre i tempi e i costi amministrativi, coinvolgendo fornitori e clienti in
una gestione collaborativa del processo logistico e dello sviluppo dei
prodotti. Inoltre sfruttando la nuova frontiera dell’e-commerce il grado
di cambiamento del business model è notevole, visto che tutto il
processo viene ridisegnato mettendo al centro il cliente. Ogni singola
routine viene strutturata in modo da tener conto dei nuovi fattori critici
di successo. Attraverso questi interventi l’impresa è in grado di
migliorare radicalmente le proprie prestazioni, siano esse riferibili ai
costi, alla qualità, alle tempistiche, alla relazione con gli stakeholder.
Praticamente è possibile estendersi in ogni sfaccettatura del proprio
business. Naturalmente, per avere dei vantaggi, bisogna essere disposti
ad affrontare le problematiche del cambiamento dell’azienda con
l’implementazione di un sistema ERP. Il solo fatto che un sistema ERP
possieda elevate potenzialità di integrazione informativa non significa
che la sua implementazione determini la trasformazione di queste
potenzialità in effetti concreti e tangibili. I sistemi ERP sono poco
“personalizzabili” e quindi non è detto che l’azienda riesca ad adattarsi
al meglio. Le routine degli ERP sono standard, ed il processo di
reingegnerizzazione del business per adattarsi ad essi può portare ad
una perdita del vantaggio competitivo, oltre che essere molto
dispendioso sia in termini di costi che di tempo. I tempi infatti possono
andare da un minimo di sei mesi fino all’anno solare. Questi due motivi
sono la causa principale del fallimento dei sistemi ERP nelle aziende.
Inoltre molto importante è la scelta del vendor che andrà ad
implementare il sistema di ERP. Il processo di selezione non deve essere
sottovalutato. Si deve investire nella selezione del vendor, in modo tale
da trovare quello in grado di fornire il software più adattato alle nostre
esigenze, ed in grado di essere duraturo nel tempo. Sarebbe
controproducente scegliere qualcuno che non è più in grado di fornirci
aggiornamenti, dovremmo re-implementare un altro ERP, con gli
inconvenienti sopra citati. Non serve solo adottare L’ERP, ma bisogna
investire nella formazione del personale per non vanificare
l’investimento fatto, portando così via risorse fisiche dalle varie attività.

34
Altro problema è quello di quantificare i costi e benefici. Questi ultimi
non sempre sono tangibili. Una corretta valutazione dell’evoluzione
temporale di costi e benefici è il modo migliore per ottimizzare gli sforzi
dell’ azienda verso l’integrazione. Di solito per effettuare questa
valutazione si utilizza la metodologia del GANTT. 25

Valutazione e misurazione dell’impatto di un sistema


ERP in azienda

I benefici portati dall’introduzione di un ERP sono accompagnati da costi


per l’implementazione. E’ facile misurare i costi che derivano
dall’introduzione di un sistema ERP in azienda, perché sono quei costi
che hanno un effetto diretto sul profitto. Esempi di costo possono
essere: i costi per licenze hardware e software, spese di consulenza,
addestramento. Inoltre bisogna tenere in considerazione i costi di
post-implementazione come l’aggiornamento e manutenzione. Se
invece vogliamo quantificare i benefici dovuti all’introduzione di un
sistema ERP, le cose diventano un po’ più complicate. L’effetto dei
sistemi ERP sull’organizzazione aziendale non è facile da valutare. Le
performance sono rappresentate da una serie di variabili interconnesse
quali l’efficacia relativa agli output, l’efficienza relativa agli input, la
qualità, la produttività relativa al rapporto tra output e input,
l’innovazione relativo al continuo sforzo per migliorare l’operatività,
l’ambiente lavorativo relativo al rapporto tra ambiente di lavoro e
dipendenti e la profittabilità relativa al rapporto ricavi e costi di area.
Naturalmente non è facile tenere in considerazione tutte queste
variabili e il rischio di utilizzare troppi indicatori è elevato. In questo
senso per risolvere il problema è necessario sviluppare un sistema di
misura che cerchi di interpretare tutte le variabile nel migliore dei modi.
Solitamente nelle aziende c’è una tendenza a misurare tutto. Questo
può essere controproducente perché potrebbero essere rilevate misure

25
Turban, Sarda, Delen, Decision Support and Business Intelligence Systems, Prentice
Hall, 2010

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non significative o addirittura misure che distorcono l’andamento
aziendale. Le misure devono essere allineate agli obiettivi aziendali, si
affidano dunque degli obbiettivi operativi alle aree, i quali devono
rispecchiare gli obbiettivi strategici, sviluppando così un sistema di
rilevazione che contribuisca a determinare cause ed effetti dei
miglioramenti di ciascuna area. Principalmente sono stati sviluppati due
metodi che tentano di risolvere le problematiche sopra esposte e sono:
la balanced Scorecard già esposta in precedenza e il modello SCOR.
Contrariamente alla Balanced Scorecard, che si focalizza sulla misura
esecutiva a livello di impresa, il modello SCOR è stato sviluppato per
descrivere le attività associate a tutte le fasi del processo che consente
di soddisfare le richieste di un cliente, a partire dall’offerta del fornitore.
Entrambe propongono delle metodologie valide ma che si differenziano
nell’ approccio. Non è possibile definire quale sia la migliore perché la
loro scelta è dovuta alle esigenze dell’azienda. Taluna potrebbe
adattarsi meglio ad un’azienda rispetto ad un’altra, dipende solo dagli
obiettivi che si vogliono raggiungere.26

BIBLIOGRAFIA
• Baraldi, Cifalinò, Materiale didattico per il corso di programmazione e controllo
(progredito), Educatt, 2012

26
Turban, Sarda, Delen, Decision Support and Business Intelligence Systems, Prentice
Hall, 2010

36
• Turban, Sarda, Delen, Decision Support and Business Intelligence Systems,
Prentice Hall, 2010
• R. Fiocca, R. Sebastiani, Politiche di Marketing, McGraw-Hill, Milano, 2010

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