Indice
Caratteristiche
Storia
Anni dieci (Inizio del Jazz)
Anni venti
Anni trenta
Anni quaranta e cinquanta
Anni sessanta
Dagli anni ottanta in poi
Musica popolare ma colta
Sociologia del jazz
Giornata internazionale del jazz
Note
Bibliografia
Fonti
Approfondimenti
Voci correlate
Altri progetti
Collegamenti esterni
Caratteristiche
(EN) (IT)
«By and large, jazz has always been like «In genere, il jazz è sempre stato come il
the kind of a man you wouldn't want your tipo d'uomo con cui non vorreste far uscire
daughter to associate with.[4][5][6]» vostra figlia.»
(Duke Ellington)
Il jazz si è sviluppato agli inizi del XX secolo a New Orleans. Nella città erano presenti varie culture e la
maggior parte della popolazione apparteneva ai bassi ceti sociali. A New Orleans, quasi certamente attorno
agli anni 1910, venne pronunciata per la prima volta la parola jazz, originata da un vocabolo appartenente alla
cultura tradizionale francese dal significato legato all'animazione, alla gioia di vivere. Altre fonti vorrebbero
che la parola sia stata originata da un termine di origine africana con riferimenti alla sessualità.[7] La città aveva
subito prima una dominazione francese e poi spagnola; era diventata parte degli Stati Uniti con il "Louisiana
Purchase" del 1803. Il jazz si affermò subito come sintesi tra numerose culture musicali, europee (musica per
banda militare) e africane (percussione, ritmo).
Nell'ambito della piccola formazione sono possibili e frequenti una gran varietà di cambiamenti. Per quello che
riguarda la consistenza numerica, si trovano esempi di performance solistiche (spesso, ma non sempre, si tratta
di pianoforte solo) fino ad arrivare al nonetto, formazione che comincia già ad assumere caratteristiche
orchestrali. Si hanno anche svariatissime combinazioni per quello che riguarda la qualità degli strumenti
coinvolti: si hanno esempi di jazz suonato solisticamente con la maggior parte degli strumenti orchestrali
(perfino oboe e arpa) o folcloristici (ad esempio, la kora).
Le formazioni jazzistiche orchestrali, che entrarono in crisi profonda alla fine degli anni trenta, sono oggi
abbastanza rare, soprattutto a causa delle difficoltà economiche e organizzative collegate alla gestione di un
complesso che comprende molte decine di musicisti.
Per lungo tempo il territorio privilegiato dai musicisti afroamericani fu gli Stati Uniti d'America. Il jazz è oggi
suonato, composto e ascoltato in tutto il mondo come una nuova musica colta: se questo è vero soprattutto nel
mondo occidentale, è anche vero che le esplorazioni delle radici musicali africane che molti jazzisti
intrapresero a partire dagli anni sessanta e i contatti tra culture e stili musicali caratteristici dell'ultima parte del
20º secolo, hanno contribuito a creare molti tipi di jazz, che vanno dalla tradizionale performance per piccolo
ensemble, derivato dalle esperienze boppistiche e post-boppistiche, alla creazione di sonorità insolite che
nascono dalla ibridazione di diverse tradizioni strumentali e musicali fino ad arrivare a dissolversi nel genere
chiamato world music (e in questo caso non si parla più di jazz).
Un fenomeno simile ha recentemente conferito la categoria di genere colto anche a parte della musica
brasiliana e argentina (Antônio Carlos Jobim, Astor Piazzolla e altri), che fra l'altro si è apparentata con il jazz,
anche per l'opera svolta da Stan Getz ed altri in conseguenza della quale molti standard jazz utilizzano modelli
brasiliani e argentini.
Storia
La storia del jazz fa registrare una carenza di documentazione e riferimenti per quanto riguarda le sue origini.
Le prime fonti sono orali e riguardano gli inizi del XX secolo a New Orleans.
Anni venti
Nacquero le prime grandi orchestre, le big band come quelle di Fletcher Henderson, di Paul Whiteman (il
primo esecutore della Rapsodia in blu di George Gershwin) e di Duke Ellington. New York divenne in breve,
dopo Chicago, una delle capitali del jazz, determinando l'inizio dell'età del jazz.
Anni trenta
A seguito della crisi di borsa dell'ottobre 1929 l'intrattenimento musicale negli Stati Uniti d'America subì un
drammatico azzeramento e negli anni immediatamente successivi, passati alla storia come "la Grande
depressione", pochi musicisti riuscirono a sopravvivere con la loro musica. I migliori iniziarono fortunate
esibizioni in Europa; gli altri fecero fatica a sbarcare il lunario. La rinascita musicale, e con essa totale,
dell'America è legata all'intuizione di un giovane musicista di origine ebrea, Benny Goodman. Questi mise a
punto un'originale formula musicale utilizzando un tempo costante,
rendendo perciò "ballabile" il nuovo stile, e un'accelerazione
progressiva nei toni, nei timbri, nei contrappunti. La musica che ne
derivò prese il nome di "swing", come il giro di mazza del giocatore
di baseball. Ogni brano comincia con tranquillità per scatenarsi
progressivamente, mantenendo però rigorosamente lo stesso ritmo.
Per rendere ancora più gradito ai ballerini il nuovo stile, Goodman
utilizzò una grande orchestra, con una ricca sezione di strumenti a
fiato e una sezione ritmica. La formazione tipo dell'orchestra swing
comprendeva tre o quattro trombe, tre tromboni, cinque sassofoni tra
cui due contralti, due tenori e un baritono. La sezione ritmica
comprendeva una chitarra, un contrabbasso, un pianoforte e la
batteria. A questa formazione si aggiungeva lo strumento del leader,
nel caso di Goodman il clarinetto.
New York assurse ad un ruolo di preminenza sulla scena jazzistica, prima coi locali e le sale da ballo di Harlem
(tra cui il famoso Cotton Club), poi coi club che fiorirono attorno al Greenwich Village, a Broadway e alla
Cinquantaduesima strada, soprannominata Swing Street o "la strada che non dorme mai". Furono questi i
palcoscenici che portarono al successo Billie Holiday, Art Tatum, Fats Waller, Coleman Hawkins, Lester
Young. Lo stile che nacque in questi locali era rilassato e notturno, esemplificato dall'interpretazione di Body
and Soul data in quegli anni da Hawkins, che fu anche uno degli strumentisti che resero il sax tenore la voce
dominante del jazz.
Uno stile jazzistico più rivolto al blues e con caratteristiche meno urbane di quello newyorkese veniva in
quegli anni praticato dalle orchestre di Kansas City, luogo di fondazione dell'orchestra di Count Basie. In
questa città si formarono molti protagonisti degli anni che seguirono, fra i quai Art Tatum e Roy Eldridge.
La segregazione razziale, che era stata fino ad allora la regola nelle orchestre di jazz così come nei locali, iniziò
in quegli anni a perdere un po' della sua compattezza, grazie anche al coraggioso esempio di direttori
d'orchestra come Goodman e Shaw che portarono in tournée gli artisti afroamericani Roy Eldridge e Billie
Holiday.
Le mutate condizioni economiche costrinsero alla chiusura la maggior parte delle grandi orchestre. Solo le
maggiori sopravvissero: quelle di Duke Ellington, Count Basie, Woody Herman e Stan Kenton furono tra le
più longeve, prolungando la loro attività anche negli anni 1960 e oltre.
Attorno al 1945, si saluta la nascita di un nuovo stile, nato dalle jam session che si tenevano a tarda ora in due
locali di Harlem, il Minton's Playhouse e il Monroe's. Questo stile fu chiamato dapprima rebop, poi bebop o
semplicemente bop, dal suono di una frase ricorrente nei brani tipici di questa nuova musica ed era praticato
soprattutto da musicisti giovani, appena giunti sulla scena jazz di New York. Caratterizzato da armonie
complesse e tempi velocissimi, il bebop fu tenuto a battesimo dal trombettista Dizzy Gillespie, che ne fu il
pioniere assieme all'alto sassofonista Charlie Parker – detto Bird o Yardbird. Il successo del nuovo genere, che
richiamava un pubblico intellettuale (i bopper attirarono subito l'ammirazione di molti esponenti del
movimento letterario beatnik) e molto più ristretto di quello delle big
band, mise in luce altri protagonisti del periodo: il pianista e
compositore Thelonious Monk e il suo amico (anch'egli pianista) Bud
Powell, il batterista Kenny Clarke, i trombettisti Clifford Brown e Fats
Navarro, i sassofonisti Sonny Rollins e Sonny Stitt, i batteristi Max
Roach e Kenny Clarke. Il bebop fu molto criticato sia come
movimento giovanile e fenomeno sociale, sia – per motivi diversi –
dal punto di vista musicale. La critica sociale verteva inizialmente
sugli aspetti più provocatori dell'atteggiamento e dello stile di vita dei
bopper per focalizzarsi poi soprattutto sulla contiguità tra il mondo del Da sinistra a destra: Tommy Potter,
jazz e la droga, che, agli inizi degli anni cinquanta, iniziò a mietere Charlie Parker, Max Roach (quasi
vittime di alto profilo tra i jazzisti in generale e tra i bopper in nascosto da Parker), Miles Davis e
particolare. Billie Holiday, Fats Navarro e Charlie Parker furono solo Duke Jordan, ritratti da William P.
i più famosi musicisti a trovare la morte a causa della loro dipendenza: Gottlieb al Three Deuces, sulla
molti altri, se non morirono, subirono le conseguenze di questo Cinquantaduesima strada, intorno
flagello. Sotto il profilo musicale, alcuni artisti della generazione all'agosto del 1947.
precedente (che i bopper chiamavano "mouldy figs", "fichi
ammuffiti") si distinsero come critici particolarmente severi: il più
famoso di questi fu senz'altro Louis Armstrong. Altri importanti esponenti della corrente del jazz classico
tuttavia, seppero cogliere gli elementi d'interesse contenuti nel nuovo movimento: un nome fra tutti è quello di
Coleman Hawkins.
La fine degli anni quaranta e la prima metà degli anni cinquanta videro una
reazione agli aspetti più estremi del movimento bebop, reazione che, dalle sue
caratteristiche melodiche e rilassate, prese il nome di cool jazz. Iniziato a New
York e nel Midwest dalle esperienze di Miles Davis e Gil Evans (dei quali si
ricorda l'album Birth of the Cool), Lennie Tristano ed altri, il cool jazz fu il primo
stile jazz a radicarsi in California. Molti dei suoi protagonisti furono bianchi:
Gerry Mulligan e Chet Baker (che diedero vita ad un famoso quartetto), Lee
Konitz, Dave Brubeck, i sassofonisti Stan Getz (che fu anche protagonista della
fusione del jazz con la musica brasiliana) e Paul Desmond. L'afroamericano John
Lewis elaborò l'estetica cool creando un quartetto, il Modern Jazz Quartet, che
fuse il jazz con elementi e sonorità derivanti dalla musica classica (soprattutto
barocca) europea. Da queste esperienze prese il via un movimento, detto "Third
Stream" che cercava di coniugare il jazz con altre esperienze provenienti dalla Dizzy Gillespie
tradizione musicale colta: uno dei suoi maggiori esponenti fu Gunther Schuller.
Il bebop negli anni cinquanta nel frattempo maturò, abbandonando parte delle sue caratteristiche più
sperimentali ed evolvendosi in un genere di più facile ascolto che fu chiamato hard bop, tra i cui protagonisti si
ricordano Art Blakey, e i suoi Jazz Messengers, Horace Silver, Miles Davis e le sue classiche formazioni
comprendenti John Coltrane, Red Garland, Paul Chambers, Philly Joe Jones, Cannonball Adderley. Gli anni
cinquanta furono inoltre gli anni che videro nascere una giovane stella del Jazz quale Ray Charles, tutt'oggi
considerato uno dei principali musicisti del Novecento, nonché uno dei pionieri della musica soul.
Le esperienze di jazz orchestrale continuarono, anche se con difficoltà, con le orchestre di Count Basie, Duke
Ellington, Woody Herman, Stan Kenton, e con le originali collaborazioni di Miles Davis e Gil Evans. Il
contrabbassista Charles Mingus si segnalò come personaggio di grande spicco alla testa di formazioni allargate
(anche se non di organico propriamente orchestrale).
Anni sessanta
Nel corso di questo decennio il jazz affrontò numerose trasformazioni
che finirono per frazionarlo in molteplici stili.
Lo stile modale visse il suo periodo più fecondo a cavallo tra la fine
degli anni cinquanta e la metà degli anni sessanta, soprattutto con
l'attività del (secondo) quintetto di Miles Davis e del quartetto di John
Coltrane, finendo col diventare un idioma consolidato della tradizione
jazzistica.
Una diversa tendenza stilistica nacque dall'attenzione reciproca che alcuni musicisti jazz e le nuove leve della
musica brasiliana si rivolgevano. Già Jelly Roll Morton aveva definito il jazz come una musica che conteneva
"sfumature spagnole" ("spanish tinge"). Questa definizione era stata onorata nel corso degli anni da diversi
compositori (un nome per tutti: Duke Ellington). Negli anni 1950 alcuni musicisti, il cui più famoso
rappresentante era senz'altro Dizzy Gillespie, avevano coniugato col jazz temi stilistici tipici della musica
cubana e latina in generale ("Afro-Cuban bop"). Questo stile si avvaleva dell'apporto e dell'influenza musicisti
provenienti dall'America latina (Chano Pozo, Xavier Cugat, Tito Puente, Arturo Sandoval), nonché della
strumentazione e delle forme tipiche della tradizione latina. Fu nel solco di questa tradizione che negli anni
1960 gli esponenti del movimento brasiliano detto Bossa Nova (Elizete Cardoso, Antônio Carlos Jobim,
Vinícius de Moraes, João Gilberto, Luiz Bonfá, Chico Buarque de Hollanda) intrapresero varie collaborazioni
con musicisti jazz come Stan Getz e Charlie Byrd, creando uno stile noto come "jazz samba". Il movimento fu
lanciato da una serie di incisioni di Getz, le più famose delle quali videro anche la partecipazione di Joao
Gilberto e di sua moglie Astrud Gilberto in veste di cantante. Diversi brani divennero successi planetari (come
ad esempio Garota de Ipanema).
Nella seconda metà degli anni sessanta, l'irruzione del fenomeno della musica di massa, che in gran parte
s'imperniava sulle generazioni più giovani e sulla loro musica d'elezione, il rock, mise in difficoltà, anche
economica, la gran parte dei musicisti jazz. Quelli che non scelsero la critica radicale del free jazz e che non
sparirono dalla scena dovettero cambiare stile. Alcuni scelsero di accentuare il carattere funky della loro
musica fino ad apparentarla al funky e alla sempre più popolare musica soul-dance. Una diversa tendenza
cercava l'avvicinamento rock e all'elettronica, e portò alla nascita del cosiddetto genere fusion. Molti critici
ritengono che fra le prime incisioni fusion vi siano Hot Rats di Frank Zappa, il quale sembrò avvicinarsi al jazz
partendo dal rock con quest'album del 1969, ed il doppio album Bitches Brew di Miles Davis (1970).
Seguirono poi numerosi protagonisti, con nomi quali quelli di Weather Report (un supergruppo comprendente
alcuni ex musicisti di Miles Davis – Joseph Zawinul e Wayne Shorter – e la nascente stella del basso Jaco
Pastorius), Herbie Hancock, il trombettista Freddie Hubbard. Molte di queste esperienze furono bollate dalla
critica come commerciali (e alcune indubbiamente lo furono).
Alla fine degli anni settanta l'esperienza "free and" perse forza e
pubblico e vide la sparizione o la defezione di molti dei suoi
protagonisti, così come una forte riduzione numerica del pubblico
degli appassionati. A questa tendenza reagì negli anni successivi al
1980 con particolare energia un gruppo di artisti che si richiamava al
cosiddetto mainstream (stilisticamente riconducibile alle diverse
correnti stilistiche emerse e praticate negli anni cinquanta-sessanta, a Il trombettista "fusion" Miles Davis
volte indicati anche con il nome "straight-ahead"). Tra di essi si mise nel 1989
in particolare evidenza il giovane Wynton Marsalis, che promosse con
forza il tema del ritrovamento delle radici e delle forme originali della
musica. Esempio moderno di Third Stream influenza è la musica di Charles Mingus, Krzysztof Penderecki,
Nikolaj Kapustin e altri.
Mentre molti musicisti della vecchia guardia continuavano a calcare le scene, gli anni tra il 1980 e l'inizio del
XXI secolo videro emergere molti nuovi interessanti musicisti, anche nell'area europea che assunse una propria
identità rispetto ai periodi precedenti, nel corso dei quali il jazz europeo era stato quasi sempre in una posizione
di subalternità rispetto al modello statunitense.
Un passaggio di qualità può attribuirsi a George Gershwin, musicista che fu ispirato da compositori come
Claude Debussy e Maurice Ravel. Nella sua vastissima produzione vi sono numerose opere definite minori
utilizzate come standard inesauribili. Lo stesso Debussy venne influenzato dal jazz, come in Golliwogg's
Cakewalk, brano posto alla fine del Children's Corner, una delle sue più celebri suite per pianoforte.[9]
De Stefano chiude il suo saggio analizzando il pubblico (soprattutto giovanile) ed il consumo della musica
jazz. Su questo aspetto devo affermare che la 'società liquida' ha abbandonato il culto dei martiri ed eroi, e lo
ha sostituito con l'ammirazione per le "celebrità", che è molto meno impegnativo. Le caratteristiche principali
della celebrità sono la continua visibilità sui media, l'onnipresenza dell'immagine, la frequenza con cui viene
pronunciato il nome della persona. Anche il jazzista rientra in questa categoria di persone note per la loro
notorietà. Se si prova ammirazione per un eroe o per un martire, religioso o civile, ciò significa che si segue il
suo pensiero, si professa la sua fede, si rientra in un gruppo di persone accomunate da un ideale. Essere fan
di una celebrità provoca l'illusione di far parte di un gruppo sociale di persone accomunate da
un'ammirazione per quel personaggio, sicuramente ciò non richiede alcun impegno, ci si può distaccare in
qualunque momento, e rivolgere la propria ammirazione verso altri. E, naturalmente, si può essere al
contempo fan di più celebrità: certamente non ci sarà nessuno a criticarvi[10]
Il 30 aprile del 2012, anche la RAI aderì all'iniziativa con una puntata speciale di Sostiene Bollani.
Note
1. ^ Franco Fayenz, La musica jazz: un manuale per capire, un saggio per riflettere, pp.18,19.
2. ^ Il sogno americano, le prime bande jazz e gli immigrati italiani a New Orleans (https://italoam
ericano.org/story/2019-1-22/LeonRoppolo)
3. ^ Perché nel jazz gli italiani continuano a suonare al top? Cherchez New Orleans (https://www.l
avocedinewyork.com/arts/musica/2019/06/02/perche-nel-jazz-gli-italiani-continuano-a-suonare-
al-top-cherchez-new-orleans/)
4. ^ Nat Hentoff, Jazz is.
5. ^ Nat Hentoff, At the jazz band ball: sixty years on the jazz scene.
6. ^ David Butler, Jazz noir: listening to music from Phantom Lady to The Last Seduction.
7. ^ Franco Fayenz, La musica jazz: un manuale per capire, un saggio per riflettere, p.13.
8. ^ Franco Fayenz, La musica jazz: un manuale per capire, un saggio per riflettere, pp.17-24.
9. ^ Alceste Ayroldi, Yaron Gottfried: «Mi sono sempre occupato di jazz e di classica e grazie a
tutto questo mi sento più realizzato», in Musica Jazz, 9 luglio 2018. URL consultato il 21 maggio
2019.
«... Gershwin che, probabilmente, è stato il primo compositore che ha messo insieme con
successo i due linguaggi».
10. ^ Zygmunt Bauman in Gildo De Stefano, Una storia sociale del jazz: dai canti della schiavitù al
jazz liquido
Bibliografia
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sociologia ed antropologia, Milano, SugarCo, 1986, SBN IT\ICCU\CFI\0025257.
Voci correlate
Acid jazz Hard bop Latin jazz
Bebop House jazz (Nu jazz) Musica del XX secolo
Cool jazz Jazz manouche (gipsy jazz) New Orleans jazz
Dixieland Jazz modale (modal jazz) Ragtime
Free jazz Jazz samba Smooth jazz
Fusion Jazz sinfonico Swing
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