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Ramo della psicologia che studia come un bambino si sviluppa e cresce e come ciò possa essere
condizionato da elementi ambientali quali la famiglia e la scuola.
Gli psicologi dello sviluppo studiano:
La crescita sociale del bambino dalla relazione madre-bambino allo sviluppo delle amicizie e delle
relazioni sentimentali.
Lo sviluppo cognitivo, del linguaggio del disegno, dei numeri
Lo sviluppo emozionale e morale del bambino e dell’adolescente.
ESEMPI:
1. Un esempio di assimilazione può essere l’uso dello schema motorio della suzione. Lo schema della
suzione fa parte del repertorio comportamentale del neonato ed è dato dalla sua stessa biologia. Si
può parlare di assimilazione quando il bambino estende questo schema a qualsiasi oggetto, cioè
assimila ogni dato di realtà al suo schema.
2. Si può parlare di accomodamento, quando il bambino modifica le caratteristiche dello schema che
fa parte del suo repertorio comportamentale in rapporto alle caratteristiche degli oggetti.
2. (1-4 mesi) caratterizzato dalla comparsa delle reazioni circolari primarie. I comportamenti innati
(riflessi) vengono agiti all’interno di uno schema d’azione più complesso e questo schema d’azione
viene ripetuto. Si osserva la capacità dell’infante di accomodare gli schemi di azione innati
combinandoli tra di loro, in questo sottostadio fa la sua comparsa l’azione del bambino di succhiare
il dito: azione semplice ma che assegna la prima capacità di coordinare due schemi d’azione:
suzione e movimento del braccio che permette l’avvicinamento del pollice alla bocca. In questo
sottostadio compaiono le prime abitudini; routine entro cui agire gli schemi di azioni primari.
3. (4-10 mesi) compaiono le reazioni circolari secondarie. Il patrimonio comportamentale del piccolo
si arricchisce non comprende più solo comportamenti innati ma si vanno ad aggiungere altri
comportamenti ad esempio quelli di azione su oggetti esterni. Il bambino pur mantenendo grande
intesa per le azioni centrate sul proprio corpo matura un interesse verso gli oggetti del mondo
circostante e diventa propenso verso la manipolazione degli oggetti a maturare un atteggiamento
di esplorazione della realtà e in questa esplorazione acquisisce nuovi schemi d’azione che ampliano
quelli primari fondamentalmente limitati agli schemi d’azione innati. Qui il bambino ripete quei
comportamenti che ha scoperto utili a produrre “spettacoli interessanti” ( si tratta di esplorazione
non ancora sistemica né volontaria, in quanto manca la distinzione mezzi-fini). Si evidenzia una
maggiore consapevolezza del mondo esterno.
4. (8-12 mesi) si osserva un ulteriore complicazione delle possibilità d’azione del piccolo con la
capacità di coordinare gli schemi secondari che sono quelli che il bambino agisce sulla realtà
esterna. Traguardo che viene raggiunto: il piccolo inizia ad operare distinzione mezzi-fini, inizia a
mettere in atto comportamenti mirati all’acquisizione di un fine. Sottostadio mirato all’acquisizione
di un intelligenza in senso stretto. L’azione si fa più complessa: il bambino comincia a coordinare
due schemi motori in sequenza. L’altro importante traguardo raggiunto è l’acquisizione della
permanenza dell’oggetto, precedentemente l’oggetto è come incorporato nello schema d’azione,
esiste nel momento in cui l’oggetto viene agito, non esiste da sé indipendentemente.
5. (12-18 mesi) compaiono le reazioni circolari terziarie. Segnano un ulteriore differenziazione delle
reazioni circolari secondarie, il bambino esercita uno schema d’azione ma viene variato, modulato.
Caratterizzato dalla comparsa delle reazioni circolari terziarie che costituiscono una variazione
sistematica degli schemi motori già acquisiti in vista di un effetto desiderato. Attraverso questa
sperimentazione attiva, il bambino acquisisce nuovi schemi di azione e al tempo stesso articola,
progredisce nella conoscenza della realtà che viene riconosciuta nella sua oggettività.
6. (18-24 mesi) momento decisivo del passaggio da intelligenza. Senso motorio alla possibilità di
sviluppare un intelligenza psicologica basata nelle capacità di pensiero. Ci sono gli elementi che
permettono di passare allo stadio successivo dove ci sono capacità di operare mentalmente nella
realtà. Pur legato all’esercizio degli schemi motori fa la sua comparsa la FUNZIONE
RAPPRESENTATIVA che aprirà la strada alla capacità di pensiero: questa capacità di rappresentativa
si evidenzia in un’attività tipica del periodo pre-operatorio ma che fa già una sua prima comparsa
tra i 18-24 mesi. Si tratta del gioco simbolico che è dato dall’uso di uno schema senso motorio in
rapporto ad un oggetto che non attiva quello schema senso motorio. Vero e proprio inizio della
capacità di simbolizzazione e quindi delle capacità di pensare la realtà che si evidenzia anche nel
grado di imitazione in assenza del modello.
VYGOTSKIJ (1896-1934): attualmente si presenta in una posizione di rilievo, perché costituisce la base di
riferimento per lo sviluppo di una prospettiva contestualista. Studia l’individuo nella sua prospettiva è un
sistema ma questo organismo non si sviluppa secondo una logica interna ma interagendo con un contesto
storico-culturale che entra nell’organizzazione di processi psicologici. Vygotskij aveva una cultura
psicologica, filosofica e letterale.
La teoria storico culturale dello sviluppo vede l’adattamento umano come modificazione attiva della natura
da parte dell’uomo. L’individuo interagisce con l’ambiente fisico e umano utilizzando strumenti materiali e
psicologi (linguaggio, calcolo). L’uomo condivide con gli animali le attività psichiche inferiori
(comportamenti istintivi) e permettono la formazione delle attività psichiche superiori attraverso
l’interazione con i propri simili e gli strumenti psicologici di cui l’uomo è dotato. Le capacità psichiche
superiori sono le capacità possedute dall’uomo non presenti nel mondo animale (ragionamento, volontà,
pensiero logico). Per Vygotskij le funzioni psichiche superiori che caratterizzano il funzionamento
psicologico sono il risultato dello sviluppo storico delle società umane. Il cervello umano è la condizione
necessaria ma non sufficiente per il loro sviluppo, perché questo avvenga infatti, sono necessari anche gli
strumenti psicologici prodotti nel corso della storia dell’uomo e tra questi spicca il LINGUAGGIO.
Con Vygotskij non si parla di uno sviluppo cognitivo che riguarda un individuo astratto ma di una storia
sociale dei processi cognitivi.
Si fa riferimento al materialismo storico di Karl Marx e si distingue:
Forze di produzione: azione dell’essere umano sulla natura; la produzione di strumenti tramite cui
l’essere umano agisce sulla natura. Lo sviluppo delle forze di produzione porta a:
Rapporti di produzione: sta alla base delle forze di produzione. Determinano il ruolo in cui le
persone pensano se stesse, gli altri e la realtà.
Forme di coscienza: si costituiscono tramite il linguaggio
Il sogno di Marx è quello di una società in cui le persone avessero il controllo delle forze di produzione
mentre il sogno di Vygotskij è quello di una persona nuova da avere il controllo dei processi del proprio
comportamento, per poter essere il padrone della propria mente, cioè che sia in grado di esercitare due
funzioni:
Essere cosciente dei propri pensieri
Essere capace di agire in maniera volontaria
Esse differenziano le funzioni psichiche inferiori da quelle superiori.
VYGOTSKIJ
Le funzioni psichiche superiori fanno la loro comparsa nello sviluppo due volte:
Prima sul piano interpersonale, sono divise tra due persone, possiamo pensare ad un adulto che guida
l’attività del bambino attraverso il linguaggio, costituendo un sistema di sistema di segnalazione
culturale che si va a sovrapporre a quello percettivo.
Poi diventano patrimonio esclusivo della persona (vengono interiorizzate), la persona può fare quello
che prima faceva sotto la guida dell’adulto.
Strumento che permette il passaggio dall’interpsichico all’intrapsichico è il linguaggio. Esso permette la
comunicazione, permette ad una persona di guidare l’altra e permette di essere guidata ad un’altra, esso
inoltre è anche interiorizzato e utilizzato per pensare e dirigere il proprio comportamento.
Dunque il linguaggio svolge per prima una funzione comunicativa e poi svolge una funzione squisitamente
mentale intrapsichica.
Il linguaggio è lo strumento che permette di mettere in relazione l’interpsichico con l’intrapsichico. Esso ha
una funzione comunicativa e può servire per pensare. Il linguaggio è un prodotto culturale (Vygotskij sposa
una visione storico-culturale dei processi cognitivi). E centra l’attenzione sull’evoluzione storico culturale
del linguaggio mettendo in gioco due costrutti:
Concetti quotidiani (linguaggio quotidiano): non si realizza quello che Vygotskij individuava come
fine dello sviluppo cioè il controllo dei processi del proprio comportamento. Il linguaggio
quotidiano guida ed organizza il pensiero ma il soggetto non è del tutto consapevole delle
operazioni mentali che organizza attraverso il pensiero (spesso svolgevano operazioni in modo
spontaneo senza sapere come). Il linguaggio quotidiano caratterizzato dal fatto che il soggetto non
è consapevole pienamente di ciò che dice (del valore semantico delle parole e della sintassi), dal
modo in cui organizza il pensiero.
Concetti scientifici (linguaggio scientifico): la persona è consapevole del valore concettuale delle
parole. È in grado di definire categorie di fenomeni e oggetti a cui si riferisce. È consapevole
dell’organizzazione logica della frase. La persona tende ad acquisire il controllo del proprio
comportamento all’uso del linguaggio.
Per Vygotskij l’acquisizione del linguaggio scientifico è un prodotto culturale e va visto nella prospettiva
della modernità, è il risultato dello sviluppo di certe forze di produzione che richiedono certe forme di
pensiero astratte. Per Vygotskij lo sviluppo si intreccia con l’apprendimento e in particolar modo la
scolarizzazione. Esso si connette con lo sviluppo con il passaggio dal pensiero concreto (linguaggio
quotidiano) ad un pensiero scientifico. Dunque la scolarizzazione struttura lo sviluppo.
Grammatica: operazione metacognitiva, deve riflettere nella struttura del linguaggio.
Seconda lingua: acquisizione non spontanea ma la persona impara a riflettere nelle strutture del
linguaggio.
Algebra: metacognizione riguardo le operazioni matematiche
Per Vygotskij lo sviluppo cognitivo è il risultato dell’interazione del bambino con altre persone più
competenti che gli trasmettono strumenti necessari per l’attività intellettuale.
Sviluppo cognitivo: impresa di co-costruzione, cooperativa, il bambino è una sorta di apprendista che si
sviluppa seguendo la guida dell’adulto.
La convinzione di Vygotskij sull’importanza delle influenze sociali, specialmente nell’istruzione nello
sviluppo cognitivo dei bambini si riflette nella ZONA DI SVILUPPO PROSSIMALE. Definita come l’area di
sviluppo potenziale o prossima, si riferisce alla differenza tra il livello di sviluppo effettivo dell’individuo
manifestato quando risolve un compito da solo e il livello si sviluppo potenziale che si potrebbe esprimere
se il compito venisse svolto con indicazioni, suggerimento di un soggetto più competente. Solitamente
l’adulto potrebbe anche essere un coetaneo più competente. Prima le capacità psichiche superiori sono
divise tra due persone e poi vengono interiorizzate.
Piano intrapsichico: dato dalle implicazioni che questo conflitto per lo sviluppo cognitivo individuale
Il conflitto socio-cognitivo mette a confronto due centrazioni diverse del problema divise tra due individui.
Questo confronto tra due individui ognuno dei quali porta una centrazione del problema produce
INTELLIGENZA. Differenza con Vygotskij e che quest’ultimo centrava l’attenzione sulle relazioni aritmetiche
(adulto-bambino) mentre Doise e Mugny sulle relazioni tra pari.
L’orientamento ecologico fa propria e traduce in termini operativi una posizioni teorica per la quale ciò che
è importante per lo sviluppo è l’ambiente così com’è è percepito fenomenico.
La chiave di volta della visione fenomenica dell’ambiente è dato dalla centralità del ruolo che assume la
persona nell’ambiente. Il ruolo non è qualcosa di oggettivo ma un qualcosa che sia nella mente delle
persone. Il ruolo è ciò che definisce il microsistema, la persona ha esperienza nel microsistema in rapporto
al ruolo che assume e in rapporto al ruolo che assumono gli altri nei suoi confronti.
Secondo la prospettiva ecologica lo sviluppo dipende dalle transizioni ecologiche si verifica una transizione
ecologica ogni qualvolta la posizione di un individuo nell’ambiente ecologico si modifica in seguito ad un
cambiamento di ruolo, situazione ambientale o di entrambe. Lo sviluppo è fatto di transizioni ecologiche
che a loro volta sono fatte di cambiamenti di ruolo.
Lo stato evolutivo dell’individuo si riflette nella varietà dei contenuti e nella complessità strutturale
dell’attività che egli inizia e fa perdurare senza essere incitato o essere diretto da altri. Le attività che
l’individuo può acquisire dal suo ambiente di vita, dai microsistemi, dipende dalla varietà delle attività che
sono presenti. La possibilità dell’individuo di far propri i modelli di attività che gli vengono offerti e sono
presenti nei microsistemi dipende dal ruolo che assume l’individuo e dalle aspettative che gli altri rivolgono
all’individuo e queste aspettative si concretizzano nel tipo di relazione che gli altri stabiliscono con
l’individuo stesso. Diventa centrale il ruolo che l’individuo ha nelle relazioni interpersonali.
I severi limiti posti alla soddisfazione pulsionale derivano soprattutto dal mondo sociale, la nascita e lo
sviluppo della civiltà ha come diretta controparte la richiesta di una limitazione dei moti pulsionali.
La forma più immediata di realizzazione della pulsione libidica è costituita dall’incesto in cui si realizza
l’unione con la persona che ci ha generati. Secondo la prospettiva psicoanalitica la nascita della civiltà
coincide con il tabù dell’incesto. La civiltà nasce con la richiesta di abbandonare la dimensione istintuale.
L’ES vuole la soddisfazione immediata seguendo il principio del piacere, l’energia dell’ES viene investita in
un’azione su un oggetto che soddisfa un istinto. Il bambino impara che c’è differenza tra se e il mondo
esterno e nasce l’IO. Lo sviluppo dell’IO trae origine dall’incapacità dell’ES di produrre ogni volta l’oggetto
desiderato, l’IO si sviluppa perché necessario per la sopravvivenza fisica e psicologica cui costituisce grazie
al pensiero del processo secondario che è relazionale. Nella sostanza l’io fa da mediatore tra ES e MONDO
ESTERNO, l’io combatte tra due fronti: difendere la sua esistenza dal mondo esterno che lo minaccia,
dall’altro contro un mondo interno troppo esigente. Il super io si sviluppa per ultimo ed è composto di due
parti:
La coscienza: determinata dalle proibizioni dei genitori. La coscienza punisce la persona con senso
di colpa o con comportamento autodistruttivo.
L’io ideale: si riferisce ad uno standard di condotte verso cui il bambino tende i propri sforzi.
Un meccanismo di difesa ottimale a cui l’io può ricorrere per mediare la difficile relazione tra esigenze poste
dall’es da un lato e limiti posti da super io e ambiente esterno dall’altro è la SUBLIMAZIONE, cioè il
meccanismo di difesa ottimale. Essa evoca il termine sublime (campo delle belle arti) sia il termine
sublimazione (usato in chimica per far passare un corpo da uno stato solido a gassoso). Freud ricorre a
questo concetto per spiegare attività sostenute da un desiderio libidico ma che non sono rivolte verso una
meta sessuale.
STADIO ORALE (1 ANNO): È dominato dalla bocca, le esperienze orali sono il limite per entrare in
relazione con la realtà, sono fonte di piacere come punto di dolore. In questo stadio il piacere viene
dalla soddisfazione delle pulsioni orali (succhiare, masticare, mangiare) danno gratificazione
sessuale alleviando eccitazioni sessuali che altrimenti sono motivo di tensione. Le tensioni sessuali
sono piacevoli se soddisfatte ma divengono dolorose se non sono appagate. Le conseguenze
negative sono angoscia e pessimismo. Non deve nemmeno avere esperienze eccessivamente
gratificanti altrimenti si generano le fissazioni.
STADIO ANALE (1-3 ANNI): Investimento pulsionale di una seconda zona erogena quello
uretrale/anale. Il significato erogeno dell’area anale è allegato ad una funzione fisiologica vitale,
l’eliminazione delle feci. La gratificazione pulsionale deriva dal trattenere/espellere le feci, cioè il
controllo dello sfintere. Il bisogno fisiologico di defecare crea una tensione che viene alleviata dalla
defecazione e ciò produce piacere. Anche questa zona erogena come quella dello stadio
precedente oltre al piacere porta alla frustrazione e angoscia. I genitori esigono che il bambino
impari ad usare il vasino e si autocontrolli. Il bambino d’altra parte è frustrato e si trova davanti al
conflitto o di trattenere o di lasciarsi andare.
STADIO FALLICO (3-5 ANNI): Chiamato così perché il principale centro di interesse dei bambini è
rappresentato dal possesso del fallo nei maschi e dalla sua assenza nelle femmine. Il conflitto è più
intenso per i maschi. Il bambino prova desiderio sessuale per la propria madre e non vuole dividerla
con il padre. Allo stesso tempo il bambino ha paura che il padre per vendicarsi lo possa castrare,
questa situazione è chiamata complesso di Edipo. Per uscire da questa situazione angosciosa il
bambino rimuove il suo desiderio per la madre sia l’ostilità per il padre. Il bambino arriva ad
indentificarsi con il padre si sforza ad essere come lui e lo interiorizza. Questa identificazione serve
come base per molti aspetti della socializzazione, in particolare lo sviluppo del super io e quello di
comportamenti appropriati al proprio sesso. Il super io aumenta il controllo del bambino e
l’adesione alla moralità dei genitori.
PERIODO DI LATENZA (DA 5 ALL’INIZIO DELLA PUBERTÀ): Subentra un periodo di calma relativa in
cui le pulsioni sono rimosse e non emerge alcun area del corpo che sia fonte di eccitamento. Il
bambino dimentica le pulsioni sessuali dei primi anni rivolgendo i suoi pensieri alle attività
scolastiche. In questo periodo vengono acquisite abilità cognitive e vengono assegnati i valori
culturali. L’io e il super io continuano a svilupparsi.
STADIO GENITALE (ADOLESCENZA): Gli impulsi sessuali repressi durante lo stadio di latenza
ricompaiono alla luce dei cambiamenti fisiologici che avvengono nella pubertà. Questi impulsi
sessuali si fondano con quelli precedenti ma ora sono diretti verso la sessualità adulta l’azione
diventa più altruistica, la scelta del partener è influenzata dagli atteggiamenti e dal quadro sociale
sviluppato nei primi anni. Alla fine dello stadio genitale viene raggiunto uno stato di relativa
stabilità.
PSICOANALISI – IL SOGNO
Opera più famosa di Freud è “L’Interpretazione dei sogni” pubblicata nel 1900, che ha portato un
contributo fondamentale. Il sogno riesce a portare a galla processi psichici molto più facilmente che si può
dire che i sogni sia la strada maestra per l’inconscio. Il sogno conduce ai contenuti psichici che sono stati
rimossi o esclusi dalla coscienza e scaricati ad opera difensive dell’io. L’ipotesi fondamentale è che il sogno
costituisca la realizzazione di un desiderio non realizzato nella realtà, secondo Freud infatti, un uomo felice
non sogna. Il sogno è unna fantasia, e nel sogno avviene che il soggetto per mezzo di questa fantasia
ottiene una gratificazione parziale del desiderio non realizzato nella realtà. Il desiderio che preme verso la
sua realizzazione trova una chiave diretta per la sua espressione nel sogno infantile (es. sognare che il
fratellino non ci sia più).
Diversamente per quanto si verifica nell’infanzia, la maggior parte dei sogni della fanciullezza e della vita
adulta non è affatto riconoscibile come la realizzazione di un desiderio. La gran parte dei sogni appare poco
comprensibile e stravagante e poco collegata alla vita volitiva del soggetto. Gran parte dei desideri sono
inaccettabili per l’io che deve render conto dei limiti posti alla realizzazione delle pulsioni dal mondo
esterno e dal super io. D’altra parte l’io deve render conto anche dell’es, per poter far esprimere le proprie
pulsioni. L’io trova così un accomodamento una via di mezzo per il sogno, permette al desiderio alla
pulsione di esprimersi e di trovare un suo appagamento fantastico, ma a condizione che venga deformata. Il
desiderio non appagato nella realtà, a differenza dell’infanzia, non si esprima chiaramente ma in forma
nascosta.
Differenziazione tra:
Contenuto manifesto del sogno: risultato dell’azione di censura operata dall’io sul contenuto
latente che opera nel senso di una sua trasformazione.
Contenuto latente del sogno: esprime il desiderio che tende alla sua realizzazione.
Il sogno utilizza un linguaggio poetico però altamente criptico che può essere spiegato solo entrando nel
particolare mondo soggettivo della persona che lo ha prodotto. Il sogno parla per immagini e si pongono
come simboli che sono il frutto di un lavoro di condensazione e di spostamento. La condensazione rimanda
alla metafora e lo spostamento rimanda alla metonimia. Attraverso il processo della condensazione un
simbolo può revocare, assumere in se una catena di esperienze vissute, pensieri, pulsioni, situazioni anche
tra di loro slegate e anche in contrasto. Attraverso il processo dello spostamento un elemento saliente, un
desiderio, un ricordo, un trauma può essere rappresentato da un elemento neutro che è in una qualche
relazione con il primo. Attraverso i processi di condensazione e di spostamento si opera appunto la
deformazione del contenuto latente del sogno che è costituito dal desiderio non realizzato nella realtà.
Nel 1918 pubblica la sua opera “Al di là del principio del piacere”, in cui riconosce che ci sono alcune
categorie di sogni che non rispettano il principio che il sogno è un appagamento del desiderio e sono le
persone che hanno subito un trauma. Per queste persone il sogno si ripresenta l’evento penoso. Questi tipi
di sogni si ripresentano per Freud nelle nevrosi traumatiche. Nelle situazioni traumatiche i vissuti emotivi
vengono dissociati dall’esperienza. Il sogno ripronendo alla persona l’evento traumatico cerca di ricucire
questo strappo. Questa dimensione al di là del principio del piacere, si può ritrovare nel gioco infantile,
spesso i bambini l’oggetto del gioco è quello di rappresentare esperienze sgradevoli.
Per molti versi Erikson si pone in una prospettiva storica culturale analoga a quella configurata da Vygotskij.
In definitiva, nel mondo esterno esistono culture diverse ed ogni singola cultura presenta una sua
evoluzione e trasformazione nel corso del tempo ma in ogni caso la cultura in rapporto alla motivazione
della persona pone specifici compiti di sviluppo che originano crisi evolutive. Rispetto al compito dello
sviluppo l’individuo può rispondere in due modi, o può riuscire ad adempiere a rispondere al compito
evolutivo oppure può fallire (la crisi può avere esito negativo o positivo). Mentre l’interesse di Freud era
rivolto al lavoro dell’io, a come l’io poteva fronteggiare sia le esigenze del mondo esterno che quelle del
mondo interno.
Erikson si centra sul tema dello sviluppo dell’identità personale. Il tema principale della vita è costituito
dalla costruzione e dall’evoluzione dell’identità personale.
L’identità personale è il senso consapevole dell’identità individuale, uno sforzo inconscio verso la
continuità di un carattere personale, un criterio per il silenzioso agire della sintesi dell’io, il mantenimento
di ideali e dell’identità del gruppo. Dunque è l’accettazione e la comprensione sia del sé che della propria
società. Per tutta la vita ci chiediamo chi sono io? In ogni stadio diamo una risposta diversa, se tutto va
bene alla fine ciascuno studio il senso di identità del bambino viene riconfermato ad un livello nuovo.
Nonostante lo sviluppo dell’identità attraversi una crisi nell’adolescenza, Erikson nota che ciò ha inizio
quando il bambino per la prima volta riconosce la madre e si sente a sua volta da lei riconosciuto.
La crisi dell’identità (adolescenza) si accentua quando vi è uno scollamento delle richieste poste dal mondo
sociale e ciò che l’individuo si sente di dover /poter realizzare. Questo scollamento tra individuale e
culturale si accentua nelle figure giovani in guerra ecc.. ma poi si propone anche se informa ridotta nella
vita di ogni persona.
I primi quattro stadi dello sviluppo psicosociale indicati da Erikson riprendono quelli dello sviluppo
psicosessuale indicati da Freud.
1. STADIO ORALE (FIDUCIA/SFIDUCIA) – FINO 12 MESI: Compito di sviluppo fondamentale di questo
stadio è quello di imparare a fidarsi di noi stessi e degli altri, se ricevono cura e attenzione
imparano ad aver fiducia negli altri che badano a noi e si preoccupano di soddisfare i nostri bisogni.
Senza farne esperienza il bambino non può imparare ad avere fiducia nel fatto che i genitori
presenti quando è necessario e non può sviluppare senso di soddisfazione o di sicurezza personale.
Per Erikson è importante che il bambino impari che non sempre gli altri e se stesso sono degni di
fiducia infatti, senza conoscere la sfiducia il bambino non potrebbe coltivare il sentimento di fiducia
o diventerebbe vulnerabile. Quindi la cosa migliore in questa fase è l’esperienza di un altissimo
livello di fiducia temperato dalla consapevolezza della sfiducia. Il bambino che riesce a raggiungere
questo stadio sviluppa la SPERANZA.
3. STADIO FALLICO (INIZIATIVA/SENSO DI COLPA) DAI 3-6 ANNI: I bambini iniziano ad introdurre un
elemento di competitività nelle loro azioni. Questa fase dimostra il bisogno di iniziativa dei bambini.
Il loro gioco diventa più orientato all’obiettivo/scopo e più animato, può velocemente andare fuori
controllo richiedendo l’intervento dell’adulto che pone dei limiti. Ciò può causare la terza crisi: il
SENSO DI COLPA, quando si trova a bilanciare il proprio desiderio con la richiesta contrastante
dell’adulto.
6. STADIO DELLA PRIMA ETÀ ADULTA (INTIMITÀ/ISOLAMENTO): Ricerca dell’intimità con un’altra
persona solo in età adulta quando il senso del sé è forte e l’identità è certa può iniziare a svilupparsi
una relazione che promuove l’intimità e lascia esprimere gli elementi di forza e debolezza di chi ne
è coinvolto. La crisi che affrontano i giovani adulti è quella dell’isolamento, l’essere soli senza una
relazione di intimità con nessuno. Tuttavia con il tempo molti adulti riescono a mantenere relazioni
intime e gratificanti dal punto di vista emotivo e sessuale. Caratteristica presente di cui fanno
esperienza è AMORE.
8. STADIO DELLA VECCHIAIA (INTEGRITÀ DELL’IO/SAGGEZZA): Intensa riflessione sul proprio passato
per una riconciliazione del passato ed presento e col futuro. Se l’anziano avverte di aver raggiunto
ciò che si era prefissato ed è riuscito a soddisfare i propri bisogni riesce a mantenere l’integrità
dell’io. Ha vissuto una vita desiderata. Gli adulti che non possono dire di aver vissuto come
avrebbero desiderato provano disperazione e delusione e temono l’avanzare del tempo. La
riflessione positiva e lo sviluppo di una forte integrità dell’io sono premiati con la caratteristica
personale della SAGGEZZA.
IL GIOCO SIMBOLICO
Nell’ambito dell’analisi psicoanalitico dell’attività ludica infantile assume ruolo di primo piano il gioco del
rocchetto analizzato da Freud. Si parla di un bambino di appena un anno, elogiato per il non buon
comportamento obbedisce costantemente agli ordini di non toccare certi oggetti e non andare in certe
stanze, non piangeva, ma quando la madre si allontanava per alcune ore. Questo bravo bambino aveva
l’abitudine, che disturbava le persone che lo circondavano, di scaraventare lontano da se in un angolo della
stanza tutti i piccoli oggetti di cui riusciva ad impadronirsi, nel fare posto emetteva un “ooo” forte e
prolungato accompagnato da un’espressione di interesse e soddisfazione secondo il giudizio della madre.
Questo suono significava via. Per il bambino questo era un gioco e usava tutti i suoi giocattoli solo per
giocare e gettarli via.
L’osservazione di Freud per confermare la sua tesi è che il bambino aveva un racchetto di legno, intorno a
cui era avvolto un filo, non giocava con questo tirandolo come se fosse una carrozza ma lo getta oltre il suo
letto per farlo sparire, pronunciando il suo “ooo” poi tirava nuovamente il rocchetto fuori dal letto e
salutava la sua ricomparsa con un allegro “da” (da qui). Questo era dunque il gioco completo cioè la
sparizione di un giocattolo e la sua riapparizione. L’ipotesi fondamentale che Freud sviluppa è che il gioco
simbolico è il tramite per il bambino per esprimere esperienze difficili ed assumere in esse un ruolo attivo.
Il gioco del rocchetto era il rapporto come grande risultato di civiltà raggiunto dal bambino e cioè con la
rinuncia al soddisfacimento funzionale che consisteva nel permettere senza proteste che la madre se ne
andasse. Il bambino si risarciva di questa pronuncia nascendo l’atto stesso dello scomparire e del riapparire
servendosi degli oggetti che riusciva a raggiungere. Il primo atto della madre, quello di andarsene era
inscenato come gioco assestante e si verificava più spesso che non la rappresentazione completa con il suo
piacevole finale del ritorno della madre. Il bambino di fronte all’esperienza difficile da gestire della
separazione della madre, attraverso il gioco passa da una posizione passiva ad una attiva. All’inizio il
bambino era stato passivo, aveva subito l’esperienza ora invece ripetendo l’esperienza, che pure era stata
spiacevole, sottoforma di gioco, il bambino assumeva una parte attiva. L’atto di gettare via l’oggetto serve
per il soddisfacimento di un impulso che il bambino ha represso nella vita reale. L’impulso di vendicarsi
della madre che ne è andata. Il tema del gioco in prospettiva psicoanalitica è stata oggetto di
approfondimento da parte di Winnicott. Secondo Winnicott il gioco simbolico si pome come uno spazio
transizionale, che permette la mediazione tra la realtà esterna che costringe ad un ridimensionamento del
soddisfacimento delle pulsioni e la realtà interna.
Winnicott è noto per aver concettualizzato gli oggetti transizionali. Il tipico oggetto transizionale è il teddy
bear che svolge la funzione di mediazione tra realtà interna e realtà esterna (tra il principio del piacere e il
principio di realtà).
L’oggetto transizionale costituisce l’evoluzione dell’esperienza primaria maturata con la madre
“sufficientemente buona”. La madre all’inizio con un allontanamento quasi del 100% fornisce al bambino
l’opportunità di un’illusione, che il suo seno sia parte del bambino. È per così dire sotto il controllo magico
del bambino. Il compito attuale della madre è di disilludere gradualmente il bambino ed introdurlo al
principio di realtà e non di farlo stazionare nel principio del piacere ma la madre non ha speranze di riuscire
a meno che non sia stata capace da principio di fornire sufficienti opportunità di illusione di poter
controllare la realtà. Quando l’adattamento della madre ai bisogni del bambino è sufficientemente buono
esso da al bambino l’illusione che vi sia una realtà esterna che corrisponde alla capacità propria del
bambino di creare e questa sarebbe l’esperienza della creatività primaria. L’oggetto transizionale /lo spazio
transizionale si pone come area intermedia tra la creatività primaria e la realtà oggettiva basata sulla prova
di realtà. Quest’area intermedia di esperienza costituisce la maggior parte dell’esperienza del bambino e
per tutta la vita viene mantenuta nell’intensa esperienza che appartiene alle arti, alla religione, al vivere
immaginativo. In definitiva: il gioco simbolico centrato sull’oggetto transizionale si pone come prototipo
della creatività umana a cui seguiranno altre forme. Per creatività si intende ciò che ha a che fare con lo
sforzo e la capacità di tenere insieme, trovare una mediazione tra il principio del piacere e il principio di
realtà. L’oggetto transizionale dato che è parte di un’area di esperienza intermedia (tra principio del piacere
e principio di realtà) presenta aspetti paradossali, esso non è totalmente sotto il controllo magico del
bambino né al di fuori di ogni controllo. L’oggetto è trattato con affetto e amato, non deve mai cambiare a
meno che non venga cambiato dal bambino. Deve sopravvivere all’amore istintuale e anche all’odio. Al
bambino deve sembrare che l’oggetto dia calore o che si muova che abbia un suo tessuto oche faccia
qualcosa che provi l’esistenza di una sua vitalità. Proviene dall’esterno secondo il nostro punto di vista ma
non secondo quello del bambino, né viene dall’interno, ma non è un’allucinazione. Con la crescita l’oggetto
transizionale non viene dimenticato e rimpianto ma perde valore perché i fenomeni transizionali si sono
diffusi, si sono sparsi.
INSICUREZZA E TRAUMA
Si accentua nell’esperienza del trauma. La modernità ha introdotto maggiori e più frequenti situazioni
traumatogene. L’esperienza del trauma può essere dovuta all’espressione ad eventi acuti ma anche a
condizioni croniche che in maniera continua pongono in crisi il sentimento di integrità personale. Secondo
la definizione di Freud il trauma è costituito da un evento della vita del soggetto che è caratterizzato dalla
sua intensità, dall’incapacità del soggetto di rispondervi adeguatamente e dagli effetti patogeni e durevoli
che provoca nell’organizzazione psichica. In termini dinamici è organizzato da un afflusso di eccitazioni che
è eccessivo rispetto alla sua tolleranza del soggetto di dominare, di elaborare queste eccitazioni.
Meccanismo di difesa messo in atto in caso di trauma è la dissociazione, che appare ricorrente oggi nell’età
post moderna. Diversamente dai meccanismi di difesa già visto, la dissociazione non è funzionale alla
rimozione delle pulsioni ma è piuttosto funzionale a mantenere l’integrità del sé o dell’io. Una persona può
dissociare l’esperienza traumatica dalla coscienza e dalla memoria creando una fuga mentale dalla paura e
dal dolore evocati dal vissuto traumatico. Ipervigilanza, dissociazione, confusione sono esempi di operazioni
efficaci al momento dell’avvenimento traumatico ma che possono poi provocare alterazioni dei processi
psichici che nel tempo si traducono in modelli di relazione e strategie di difesa che compromettendo sensi
di continuità della propria identità.
Dissociazione: via di fuga, la difesa estrema contro acuti stati di dolore fisico ed emotivo. Grazie a questo
processo pensieri, sentimenti e ricordi e percezione dell’esperienza traumatiche vengono separate
psicologicamente consentendo alla vittima di funzionare come se il trauma non fosse avvenuto.
TEORIA ETOLOGICA
Teorie di riferimento per la psicologia dello sviluppo. Padre indiscusso della teoria ecologica è Darwin che
pose al centro dell’attenzione il problema della sopravvivenza (come spinta istintuale dell’individuo e della
sopravvivenza della specie). La questione della sopravvivenza rimanda direttamente al processo della
selezione naturale. Gli individui più adatti a sopravvivere e a far sopravvivere la propria specie sopravvivono
e si riproducono mentre quelli meno adatti muoiono e hanno nuove possibilità di riprodursi e trasmettere i
propri geni alle generazioni successive. Conseguenza diretta della selezione naturale è che le specie
cambiano e si dividono in sotto specie. Darwin propose che l’intelligenza e alcuni comportamenti fossero un
prodotto dell’evoluzione, se aumentano le probabilità di sopravvivenza vengono conservati altrimenti
scompariranno. Darwin si è concentrato maggiormente sulla morfologia e la fisiologia degli esseri viventi su
come questa potesse essere tramandato alle generazioni successive e su come fosse plasmata dalla
selezione naturale in prospettiva di migliorare l’adattamento all’ambiente, sia per la sopravvivenza di se
stessi che per la sopravvivenza della propria specie. Gli etologi centrano l’attenzione sul comportamento,
anche il comportamento come la morfologia e la fisiologia può essere ereditato da una generazione all’altra
e svolge una funzione adattiva. Gli schemi comportamentali sono oggetto della selezione naturale.
L’etologia diventa vera e propria disciplina negli anni 30 e figure di riferimento sono Lorenz e Tinbergen che
studiano il comportamento animale. Gli animali sono visti come organismi attivi a differenza del
comportamentismo classico che li vedeva come meccanismi passivi.
La teoria etologica ha posto in primo luogo l’esistenza di comportamenti innati delle specie/specifici. I
comportamenti innati sono gli stessi in una specie e sono ereditati e sono adattivi. Sono sotto il controllo
genetico. Dal momento che sono sempre espressi in un particolare ambiente pre e post natale, l’etologia
mette in luce il contributo biologico al comportamento.
Gli etologi sono d’accordo nel fatto che un comportamento innato abbia le seguenti 4 caratteristiche:
1. Presenza di una forma stereotipata come una sequenza di azioni che non variano in più individui di
una specie
2. È presente senza che ci sia stato un’esperienza precedente che abbia potuto farlo apprendere
3. È universale per la specie
4. Una volta stabilito è slegato da esperienza e apprendimento
I comportamenti innati sono elementi specie/specifici dunque vuol dire che hanno luogo in tutti i membri
della specie. Un comportamento specie/specifico che ha rilevanza per l’attaccamento che è uno delle
tematiche più importanti trattate dalla prospettiva etologica, è costituito dalla risposta, che consiste nella
messa in atto di un comportamento di cura, di fronte alla gestalt del cucciolo.
Gli etologi fanno riferimento a 2 tipologie di comportamenti innati:
1. I riflessi: sono semplici risposte degli stimoli
2. Coordinazione ereditarie: fenomeni comportamentali più complessi sono azioni motorie
coordinate
TEORIE DELL’ATTACCAMENTO
JOHN BOWLBY
Punto di convergenza tra prospettiva psicoanalitica e prospettiva ecologica. Bowlby è legato alla teoria
dell’attaccamento. I primi lavori di Bowlby hanno mostrato che i bambini che facevano esperienza della
separazione e della privazione provavano intense emozioni di dolore, infelicità, disperazione. Egli aveva
anche mostrato che gli affetti a lungo termine di queste separazioni dai genitori potevano essere disastrose
e condurre alla nevrosi nei bambini e adolescenti e alla malattia mentale negli adulti. Veniva rotto il legame
fondamentale tra adulto e bambino.
Qual è la natura di questo legame e come si sviluppa?
Per rispondere a questo Bowlby fa riferimento a due corpi teorici.
Psicoanalisi: sviluppo del senso del sé, di quelle sicurezze messa in crisi quando viene a mancare il
genitore, tipica della realtà post-moderna.
Etologia: concetto di imprinting e periodo sensibile, lo rapporta alla centralità della madre. Il
bambino alla nascita ha un periodo sensibile in cui si crea un legame con una figura di riferimento
che costituirà la sua base sicura (madre).
Gli schemi emozionali e comportamentali dell’attaccamento pur essendo frutto della selezione naturale
possono essere viste come risposte prodotte quando nell’individuo si attiva un sistema di controllo di tipo
cibernetico. Il sistema dell’attaccamento si basa su processi di elaborazione delle informazioni che
provengono dall’ambiente esterno ed è organizzato secondo un processo neostatico, la vicinanza con la
madre e l’esplorazione dell’ambiente son i poli questo processo. Quando il piccolo si trova in presenza di un
pericolo scatta l’ansia, il sistema si attiva e il bambino mette in atto comportamenti che producono la
vicinanza con la madre (come il pianto). Quando le circostanze ambientali cambiano e il sistema da il
segnale di cessato pericolo il piccolo riprende ad esplorare. Nel frattempo la sicurezza è stata mantenuta ad
un livello ottimale.
L’attaccamento alla madre è un bisogno primario di stabilire lo stretto contatto fisico con questa figura.
Bowlby confuta l’affermazione di Freud: amore interessato per avere cibo citando l’esperimento con la
scimmia.
Per far sì che la madre sia una base sicura è essenziale la sua disponibilità emotiva. La sensibilità materna
nel riconoscere i segnali del bambino e nel rispondere ad essi in modo tempestivo ed adeguato.
La disponibilità della madre a fungere da base sicura può essere tuttavia compromessa da fattori pratici, la
condizione di avere un lavoro, di dover essere spesso lontano dal bambino. E dalle condizioni psicologiche,
psicopatologiche come la depressione. Per il bambino si fonda una predisposizione innata ed è massima al
momento della nascita del bambino. La madre si identifica totalmente col suo piccolo è come se vivesse
attraverso il suo piccolo e sente in maniera intensa i suoi stati affettivi e fisiologici ed è nelle condizioni
migliori per rispondervi in maniera adeguata.
IPOTESI DELLA DEPRIVAZIONE MATERNA: ipotesi che un sostanziale disturbo dello sviluppo dei legami di
attaccamento con la madre porti a gravi disturbi nello sviluppo. Secondo l’ipotesi della deprivazione
materna i bambini deprivati da cure materne possono essere colpiti nello sviluppo fisico, intellettuale,
emozionale e sociale.
Lo stabilirsi di un legame di attaccamento è il risultato di uno sviluppo .
Nei primi due mesi si parla di pre attaccamento: il bambino è in grado di riconoscere la madre e la
differenzia dalle altre persone ma non differenzia in maniera netta le risposte. Dunque accetta di
essere in braccio e nutrito anche da altre persone.
Tra i 2-7 mesi si parla di primo attaccamento: il bambino inizia a prediligere la madre rispetto alle
altre figure, si fa confortare più dalla madre che dagli altri.
Tra i 7-9 mesi e i 2 anni ansia di separazione: il bambino inizia a fare una netta distinzione tra le
figure di attaccamento e le altre figure, tra i familiari e non i familiari. Inizia la paura dell’estraneo.
Si parla dell’inizio del costruirsi di un legame di attaccamento in senso stretto; il bambino matura
un’intimità con la figura di attaccamento e quest’intimità non può stabilirsi con figure familiari.
Dai 2-3 anni in poi si ha lo sviluppo del linguaggio, del pensiero: da un lato il bambino diventa più
capace di stabilire un rapporto con la madre, di capire quando è stanca, quando è arrabbiata ,
quando è preoccupata e quando è più tranquilla, dall’altro con lo sviluppo del pensiero inizia a
sperimentare il fatto che la madre è psicologicamente presente anche quando materialmente è
assente. Per queste ragioni il bambino procede verso una progressiva indipendenza.
MARY AINSWORTH
Ha lavorato nella qualità del legame di attaccamento, nel diversificarsi della qualità del legame di
attaccamento, nel diversificarsi della qualità del legame di attaccamento. Il legame di attaccamento si può
anche instaurare ma non per forza è una base sicura.
Diverse tipologie di attaccamento individuate attraverso esperimento strange situation: 7 fasi.
TIPI DI ATTACCAMENTO:
SICURO: La procedura dello strange situation lo vedrà in seguito all’ingresso dell’estraneo
sospendere l’esplorazione per spingersi più vicino alla madre in particolare l’allontanamento della
madre dovrebbe interrompere la sua esplorazione inducendolo a piangere e cercarla. Tuttavia il suo
successivo ritorno dovrebbe confortarlo abbastanza da porre fine al disagio. I bambini dotati di
attaccamento sicuro sono in genere angosciati da separazione dalla madre ma al momento della
riunione salutano il genitore, ricevano conforto se c’è bisogno e poi tornano a giocare felici e
soddisfatti.
INSICURO –EVITANTE : Infanti appaiono indifferenti all’allontanamento del caregiver. Ignorano ed
evitano il contatto al momento del ritorno.
INSICURO – AMBIVALENTE: Sembrano estremamente angosciati al momento della partenza del
caregiver cosicché non solo mostrano resistenza al tentativo dell’estraneo di confortarlo ma lo sono
anche con i genitori al ricongiungimento; cercano vicinanza ma mostrano allo stesso tempo collera.
La qualità del legame di attaccamento entra in gioco nello sviluppo del sé, dell’altro e della relazione tra sé
e l’altro. Il modo in cui si struttura il legame di attaccamento funge da prototipo rispetto a cui il soggetto
struttura un’idea di se stesso. Il sé diviso in due parti: me ed io. L’io è la parte attiva, il soggetto si fa un’idea
di come può agire nella realtà esterna e si struttura un’idea del sé come me, come oggetto dell’azione degli
altri.
Se c’è stato attaccamento sicuro il soggetto ha un’idea di sé come (io) in termini della possibilità di
agire sulla realtà esterna, in termini di richiamare l’attenzione degli altri.
Me: struttura un’idea di stesso come oggetto meritevole di cure.
Se c’è stato attaccamento insicuro il soggetto tende a sviluppare un’idea di sé debole e poco capace
di agire sulla realtà e un’idea di sé poco meritevole di essere curato.
La qualità dell’attaccamento include anche sull’idea dell’altro, nei termini di che cosa ci si può aspettare
dall’altro, delle relazioni che si possono strutturare con l’altro.
I modelli operativi interni che si strutturano all’interno dei legami di attaccamento regolano le relazioni che
la persona ha con altri. Ad esempio: i bambini con legame di attaccamento sicuro nella relazione con i padri
nella scuola d’infanzia presentano modalità di relazione cooperativa. Mentre i bambini con attaccamento
insicuro evitante si rapportano con gli altri in maniera fredda e distaccata.
STERN
La vita quotidiana è fatto di episodi per il bambino (allattamento, svegliarsi, essere calmato ecc…). Secondo
la sua prospettiva l’altro che può fungere da figura di attaccamento svolge la funzione di regolatore del sé,
nell’episodio di addormentamento svolge la funzione di regolare questa attività, aiutare il bambino a
calmarsi. Il caregiver quando calma il bambino prova dolore oppure quando spinge il bambino verso
l’esplorazione degli oggetti.
Molto presto il bambino è in grado di ricordare l’episodio di cui fa parte integrante l’altro come regolatore
del sé. La memoria episodica inizia a svilupparsi dai 4 mesi. Gli episodi vissuti diventano immediatamente
per la memoria episodi specifici e con il loro ripetersi episodi generalizzati. Il bambino interiorizza prototipi
mentali che comprendono l’esperienza, episodio vita quotidiana, il sé che è coinvolto in questa esperienza
e l’altro. Regolatore del sé che media il rapporto tra sé e l’esperienza. L’esperienza di essere con un altro
regolatore del sé gradualmente forma delle RIG e queste memorie sono recuperabili ogni qualvolta sia
presente uno degli attributi della RIG, quando un bambino prova una certa sensazione questa richiamerà
alla mente la RIG di cui la sensazione stessa è un attributo.
RIG: Rappresentazioni generalizzate delle interazioni
In definitiva nel corso di esperienze successive il bambino struttura delle RIG tramite cui l’altro regolatore
del sé viene interiorizzato e viene di volta in volta evocato per regolare l’azione del soggetto ogni qual volta
l’esperienza in cui la RIG si è costituita si ripresenta. I compagni possono essere anche richiamati alla
memoria attiva quando il bambino è solo.
La RIG presenta delle analogie se pur se ne discostano che ritroviamo in Bowlby si tratta di strutture mentali
che organizzano senso di sé, dell’altro e offrono un registro su cui strutturare la relazione.
Teoria Bronfenbrenner:
I fratelli espediscono un ambiante condiviso dato il loro essere nella stessa famiglia perché
assumono ruoli diversi. Il concetto di ruolo rimanda al sistema di aspettative che gli altri rivolgono
al soggetto e che il soggetto stesso riconosce come proprie. Possono vivere nella stessa famiglia ma
psicologicamente viviamo in ambienti diversi nella misura in cui assumiamo in quegli stessi
ambienti ruoli diversi. È il caso dei fratelli che assumono ruoli diversi.
Per spiegare le ragioni per cui i fratelli pur avendo patrimonio genetico simile assumono ruoli
diversi e quindi espediscono ambienti diversi si fa riferimento a 2 processi:
Processo di identificazione operato dai genitori: per varie ragioni cognitive, affettive, l’intento di
ridurre le rivalità tra fratelli i genitori tendono a polarizzare l’identità dei figli pensandoli in termini
contrapposti uno è creativo e l’altro è meticoloso, uno è introverso e l’altro estroverso ecc…
Questo fa sì che i genitori trattano in maniera diversa i figli i quali a loro volta sperimentano
ambienti familiari diversi.
Confronto sociale operato dai fratelli: il confronto sociale fa si che la relazione tra fratelli sia critica
e difficile. Il confronto sociale riprende la definizione di se stessi in rapporto agli altri. Si definisce se
stessi in rapporto agli altri. Si valutano le proprie capacità e abilità in rapporto all’altro (elemento di
paragone). Questo fa sì che si amplifichino le differenze e la tendenza dei fratelli a percepirsi in
maniera differente e li porterà a rapportarsi all’ambiente in maniera diversa. In definitiva:
l’ambiente non è un qualcosa di totalmente esterno all’individuo ma è un qualcosa che è in parte
interno e in parte esterno. Offre la possibilità di fare esperienze in un certo ambiente ma le
esperienze che il soggetto svolgerà in quel certo ambiente dipendono dall’interazione dinamica tra
persona e ambiente.
LINGUAGGIO
Il linguaggio costituisce diversi capitoli della psicologia dello sviluppo. Il linguaggio verbale è un sistema
simbolico logico che usiamo per comunicare con gli altri. Sono suoni che possiamo combinare in vario modo
per formare le parole e ogni parola ha un significato, rappresenta qualcosa. Esistono regole grammaticali
che disciplinano il modo in cui le parole possono essere messe insieme per costruire frasi corrette e norme
sociali che disciplinano l’uso del linguaggio in situazioni differenti.
Il linguaggio umano è creativo e produttivo. Tutti i linguaggi umani hanno caratteristiche comuni tra cui le
regole della generatività e dell’organizzazione.
Le regole della generatività: è la capacità di produrre un numero infinito di frasi di senso compiuto a
partire da un numero finito di parole e regole. Le regole descrivono il modo incui questo sistema funziona.
Le 4 componenti del linguaggio:
1. Fonologia: sistema di suoni di una lingua
2. Semantica: la parte del linguaggio interessata ai significati delle parole e delle loro componenti.
Apprendendo il linguaggio i bambini formano il proprio vocabolario in cui collegano le parole e
determinati significati che non sempre sono corretti all’inizio. Quando il loro lessico si arricchisce
diventano capaci di organizzare le parole che conoscono in gruppi di parole semanticamente
correlate.
3. Sintassi: parte del linguaggio interessata alle regole di combinazione delle parole per formare frasi.
4. Pragmatica: parte del linguaggio interessato al suo uso nei contesti sociali. Riguarda il modo in cui il
linguaggio può essere usato in maniera appropriata in contesti diversi.
1-2-3: uso cognitivo 4: uso sociale
Prima del linguaggio parlato, le espressioni dell’infante possono essere espresse attraverso le espressioni
facciali (linguaggio corporeo) e le prime vocalizzazioni come il pianto, l’urlo, il sorriso e la risata. Il
linguaggio corporeo fa la sua comparsa sin da subito nell’essere umano, dalla nascita. Il bambino esprime
stati d’animo e il linguaggio corporeo è il tramite per comunicarlo per entrare in relazione con gli altri
secondo una dimensione affettiva, empatica. Il linguaggio corporeo poi viene interpretato con quello
verbale. Tuttavia per tutta la vita il linguaggio corporeo rimane il fondamento dell’espressione delle tonalità
emozionali, è fondamentale per la realizzazione e la felicità della persona. Capacità di mettere in relazione
l’uso del linguaggio corporeo con quello verbale.
Teorie:
I teorici dell’apprendimento sociale sostengono che il linguaggio è un tipo di comportamento che
apprendiamo anche se è un comportamento verbale. Sottolineano il fatto che i bambini sono circondati dal
linguaggio dalla nascita anche se inizialmente sappiamo che non possono capirci e rispondere. I teorici
dell’apprendimento sociale, nello sviluppo del linguaggio, enfatizzano l’importanza del rinforzo positivo da
parte dei genitori capaci di influenzare quali suoni, parole e frasi che verranno poi ripetuti in futuro e quindi
attuare un modellamento dello sviluppo del linguaggio del bambino. Dunque suggeriscono che il linguaggio
è appreso attraverso un processo di graduale modellamento che va dai suoni ai suoni simili a parole e poi
diventeranno parole associati a specifici significati.
Alcuni studiosi ritengono che l’apprendimento sociale durante l’infanzia non basta a spiegare gli aspetti
dello sviluppo del linguaggio. Chomsky ha suggerito che gli esseri umani possiedono un innato dispositivo di
acquisizione del linguaggio. Egli non crede che l’apprendimento sociale che si verifica nell’infanzia possa
giustificare tutti gli aspetti dello sviluppo del linguaggio. È improbabile, nella sua prospettiva, che i bambini
possono sviluppare la comprensione delle regole della grammatica o della sintassi di una lingua attraverso il
semplice apprendimento per imitazione e rinforzo. Chomsky pone in risalto il fatto che adulti spesso non
parlano correttamente e ciò renderebbe improbabile che i bambini imparino le norme che regolano il
linguaggio in questo modo. I bambini sono in grado di rilevare le regolarità che esistono nel discorso
quotidiano grazie ad un LAD con cui essi nascono. Il LAD è una struttura cognitiva innata che permette
l’acquisizione del linguaggio e lo sviluppo di grammatica e sintassi.
Polemica Chomsky/Skinner
I bambini non imparano quelle parole o frasi che hanno sentito ma imparano a parlare, acquisiscono regole
e sulla base di queste regole esprimono una creatività linguistica.
È possibile che il LAD rappresenti una specifica parte del cervello e certamente è dimostrato che particolari
parti del cervello sono coinvolte nel linguaggio: emisfero sinistro del linguaggio, che svolge la funzione
fondamentale per il linguaggio verbale
Area di Broca: linguaggio espressivo
Area di Wernicke: comprensione del linguaggio, un danno a quest’area impedisce ai bambini di
comprendere il linguaggio a cui sono esposti (danno allo sviluppo).
Connesse tra di loro
Nell’ambito della prospettiva innatista si delinea l’ipotesi del periodo critico, idea per cui esiste uno
specifico periodo temporale. Nella prima parte della vita del bambino, durante il quale il linguaggio
dovrebbe essere appreso per potersi sviluppare normalmente. Le indicazioni relative all’inizio e alla fine di
questo periodo variano (primi 18 mesi-10 anni).
Plasticità: abilità del cervello di riorganizzare le vie neurali sia in risposta all’apprendimento derivato da
nuove esperienze sia per recuperare funzioni perse in seguito ad un danno cerebrale subito.
L’approccio teorico più attuale è quello interazionista dove si integrano le due prospettive teoriche
precedenti: ambientalista e innatista.
Gli approcci interazionisti volti alla comprensione dello sviluppo del linguaggio si fondano sull’interazione di
abilità specifiche del linguaggio (anche innate) con altre abilità cognitive (anche innate) e con gli input del
mondo sociale. Dunque esistono dei programmi interni innati di acquisizione del linguaggio verbale ma che
questi linguaggi interni interagiscono con altre dimensioni della vita psichica e tutto questo interagisce con
stimolazioni che derivano dal mondo sociale.
La semantica infantile segue il gioco delle libere associazioni dunque le parole infantili assumano un
carattere soggettivo ed egocentrico perché il gioco delle libere associazioni non è codificato, ma segue la
libera soggettività della persona.
La semantica infantile segue un flusso di coscienza (soggettivo, spontaneo) dettato dall’esperienza e dalle
emozioni.
Nel corso dello sviluppo la semantica infantile cede il posto alla semantica dell’adulto ma le cose non sono
lineari perché la semantica infantile entra in gioco nello stesso sviluppo del linguaggio codificato ed entra in
gioco nel definire il significato più profondo delle parole, nel dare alle parole una consistenza intuitiva, nel
far si che una parola concettualmente simile ad un’altra sia poi diversa da un punto di vista psicologico per
quello che riguarda il suo potere evocativo.
Il linguaggio adulto se da un lato è dominato dalla semantica adulta dall’altro rimane colorato dalla
semantica infantile. Nel linguaggio adulto se da un lato ci sono i significati delle parole dall’altro ritorna ad
una dimensione infantile della parola che Vygotskij denomina il senso della parola. Nel linguaggio adulto le
parole hanno un loro significato ma presentano anche un loro senso, il significato rimanda alla dimensione
concettuale della parola, mentre il senso è l’insieme di elementi psicologici (catene associative soggettive
che rimandano ad esperienze di vita e a contenuti affettivi) che sono rievocati dalla parola.
Sviluppo L.Sen:
o 12-15 mesi: Il bambino inizia ad utilizzare le prime parole referenziali, che hanno una consistenza
psicologica. Scoperta improvvisa della denominazione , capisce che tutte le cose hanno un nome
(base cognitiva per l’esplorazione del vocabolario).
o 18 mesi: Esplosione del vocabolario. Ritmo del processo di acquisizione delle parole che cresce in
maniera esponenziale, si passa dall’apprendimento di 10 parole la settimana all’apprendimento di
40/70 parole la settimana.
Dopo l’esplosione del vocabolario, il lessico dei bambini continua ad arricchirsi. Entro i 6 anni d’età si
possiede un vocabolario di 14.000 parole. Con l’uso delle parole referenziali i bambini iniziano a pensare
per categorie e nell’uso delle parole come organizzatori categoriali.
I bambini commettono 4 errori tipici (errori solo dal punto di vista della semantica adulta):
Sottoestensione
Sovraestensione
Sovrapposizione
Associazione impropria
1. Agentività: responsabilità umana delle azioni e il senso delle azioni (il fatto che l’azione è orientata
al perseguimento di uno scopo).
2. Sequenzialità: riguarda l’organizzazione e il collegamento tra eventi di una vicenda.
3. Alternanza tra il canonico e lo straordinario: riguarda la sensibilità del narratore di riconoscere ciò
che segna la natura di una regola e dare ad esso maggior spazio nella narrazione perché ciò che è
straordinario e inatteso richiede una spiegazione
4. Prospettiva: riguarda la capacità narrativa di tener conto dei differenti punti di vista “prospettive
dei protagonisti”.
Sorriso: Alla nascita è un sorriso endogeno e riflette uno stato diffuso di benessere del bambino. Ma già a 2-
3 mesi assume un valore comunicativo. Il bambino mette in atto il sorriso in rapporto al volto umano. Verso
i 3-9 mesi il sorriso diventa espressione di gioia.
Ogni azione del bambino ha valenza comunicativa, ogni vocalizzo, ogni movimento degli occhi, delle mani…
Questi comportamenti messi in atto dal neonato entrano a far parte di una struttura comunicativa
dialogica segnata dall’alternarsi del ruolo del “parlare” e “dell’ascoltare”. È uno pseudo dialogo non vi è un
contenuto specifico che viene ascoltato e viene espresso, ma quello che emerge è la struttura del dialogo
che è dato dall’alternanza di momenti di azioni e momenti di pausa.
Inizialmente è la madre che gestisce lo pseudo dialogo e da subito valore comunicativo a queste alternanza
naturale e innata (inconsapevole da parte del neonato) e la considera da subito come un prendere la parola
da parte del bambino e un ascoltare. Esempio: l’allattamento al seno. Il bambino agisce (suzione) e la
madre ascolta il bambino, poi il bambino va in pausa e la madre si rivolge al bambino come se avesse
qualcosa da dirgli.
Poi il neonato acquisisce una competenza comunicativa in senso stretto ed è capace di agire in maniera
sempre più intenzionale assumendo il ruolo di chi parla e di chi ascolta. La capacità del neonato di entrare a
far parte dello pseudo dialogo è strettamente connessa alla maturazione biologica.
Un altro aspetto fondamentale della competenza comunicativa preverbale è data dalla gestione dei CICLI
ATTENTIVI: il neonato ha scarsa capacità di muovere la testa però è capace di muovere gli occhi,
naturalmente il guardarsi corrisponde all’attivazione di una reazione interpersonale. Quando il bambino
guarda negli occhi la madre sente di essere in relazione con lei, ha a che fare con le capacità innate. Il
contatto visivo è per il neonato motivo di interesse ma è anche motivo di eccitazione e nello stabilire una
relazione di neonato può andare incontro a una sovraeccitazione e stanchezza e sente il bisogno di
interrompere questa relazione e lo fa distogliendo lo sguardo (chiudendo gli occhi). Nel neonato l’uso dello
sguardo è un fondamentale competenza comunicativa. Tra gli 8 e i 12 mesi compare un comportamento
comunicativo fondamentale che è il pointing. Il pointing consiste nel gesto di indicare ma per il modo in cui
viene agito nel contesto relazionale assume il valore di rivolgere l’attenzione dell’interlocutore verso
l’oggetto che viene indicato. Ha a come obiettivo quello di condividere l’attenzione verso un focus comune.
Il bambino clinico
Il bambino clinico è compreso nei termini della sua soggettività secondo la prospettiva fenomenologica.
Tradizionalmente, la psicoanalisi ha definito il bambino clinico tramite il lavoro analitico con l’adulto. Il
rischio è che l’infanzia venga compresa solo in base a ciò che viene espresso e interpretato a posteriori.
Il bambino osservato
Il bambino osservato è quello degli studi empirici della psicologia dello sviluppo. Esso si costituisce come un
insieme di capacità che possono essere osservate direttamente. Il limite è che non si coglie la qualità
dell’esperienza vissuta, come il senso del sé, dell’altro e della relazione.
La percezione dell’altro
Il neonato manifesta subito la preferenza per il volto umano. A 2 mesi esplora visivamente le parti interne
del volto. È progressivamente in grado di percepire l’altro come “un’isola di coerenza”, integrando la
percezione della voce, dei movimenti della bocca e del corpo.
Intersoggettività primaria
L’intersoggettività primaria è data dalla sincronia tra le espressioni facciali, vocali e gestuali del bambino e
quelle della madre. Il rispecchiamento è intuitivo e non è mediato da alcuna elaborazione cognitiva o
simbolica.
Musicalità comunicativa
Trevarthen si riferisce al duetto di movimenti e suoni che diffonde motivazioni e stati intenzionali tra i due
interlocutori. La musicalità comunicativa trasforma il “simile a me” in “con me” e fa dell’altro un regolatore
del sé.
Stern, inizialmente, quando si riferisce all’intersoggettività fa riferimento a quella secondaria, segnata dalla
prima comparsa della consapevolezza della condivisione di intenzioni e significati. Successivamente riferisce
l’intersoggettività primaria ai primi 6 mesi di vita, caratterizzati dal sé nucleare, quando il senso del sé e
dell’altro sono inscindibili dall’esperienza corporea.
La costellazione materna
Il neonato non viene alla luce sotto un cielo proprio, ma sotto quello della madre; se nasce sotto una
costellazione questa è la “costellazione materna”. Prima ancora della soggettività del neonato esiste quella
della madre, ben radicata e strutturata. La costellazione materna è determinata, da un lato, dalle
preoccupazioni legate alla vita e al benessere del piccolo, dall’altro, dai mondi interpersonali di cui la
madre ha fatto esperienza; primo fra tutti quello vissuto con la propria madre. La costellazione materna
determinerà una nuova serie di azioni, tendenze, sensibilità, fantasie, paure e desideri. La madre porta
nell’interazione con il neonato le proprie RIG, ovvero il sedimento di tutta la propria storia personale. Non
solo ha un modello operativo del suo bambino, ma ha anche un modello operativo della propria madre e
del proprio padre, del partener e vari altri modelli operativi che potrebbero entrare in gioco. Attraverso
l’attivazione di specifiche RIG, il mondo psichico delle rappresentazioni della madre, in maniera forte e
decisa, è in grado di forgiare il sé del lattante, pur secondo percorsi non consapevoli e nascosti.
Esiste una stretta relazione tra sviluppo della teoria della mente e sviluppo del linguaggio
La teoria della mente implica delle capacità rappresentative e il linguaggio è lo strumento fondamentale per
la mente umana per costruire e sviluppare le rappresentazioni della realtà in generale e una
rappresentazione dell’altro in modo particolare.
Molti studi empirici hanno verificato l’esistenza di una relazione tra sviluppo della teoria della mente e i
punteggi che il soggetto ottiene in un corso di prove di competenza linguistica. Un ruolo significativo nel
corso dello sviluppo della teoria della mente è dato dallo sviluppo del lessico psicologico. Il linguaggio che
utilizzano i bambini è piano di parole psicologiche che esprimono intenzioni, desideri, stati interni dell’altro.
Importante è il ruolo del caregiver nel dare nome alle emozioni. Da un punto di vista psicologico l’uso del
linguaggio verbale può essere sostituito dall’uso di altri sistemi di simbolizzazione. I risultati di uno studio
condotto da Meristo et al. (2007) hanno mostrato che i bambini sordi introdotti alla lingua dei segni sin
dalla nascita (segnanti nativi) possedevano l’abilità di teoria della mente paragonabili a quelle dei bambini
in grado di sentire, mentre i bambini segnanti non nativi ottenevano un punteggio molto più basso nei
compiti di falsa credenza.
In rapporto alla spiegazione della teoria della mente si delinea oggi 2 prospettive teoriche:
N.B: sono due distinti modelli teorici che si applicano a differenti fasi dello sviluppo della teoria della mente.
Teoria – teoria: Riguarda la meta-rappresentazione che prende in considerazione il bambino a
partire dai 3-4 anni. Spiegazione rappresentativa della teoria della mente suggerisce che un
bambino non può avere una piena comprensione della nature delle false credenze fino a
quando non compie una decisione cognitiva usando la meta-rappresentazione. (non prima dei
3/4 anni)
Teoria della simulazione: Bambini più piccoli e ipotizza l’esistenza di meccanismi innati sulla cui
base si costruisce la possibilità di comprendere l’altro. I teorici della simulazione suggeriscono
che siano programmati biologicamente per comprendere le credenze, i desideri e le
motivazioni nelle menti degli altri. Ad un livello innato comprendono l’altro attraverso noi
stessi come se fosse un “come me”. Questo sente l’altro come me è dato dalla naturale
tendenza del bambino ad imitare il comportamento dell’altro. La teoria della simulazione
sostenere che sono i “neuroni specchio” a rendere possibile la valutazione dell’altro “come
me”. Per esempio: se vediamo un comportamento, i neuroni specchio rievocano l’azione
dell’altro dentro di noi e di conseguenza sperimentano empatia (comprensione empatica
dell’altro).
Le aree cerebrali in cui sono collocati i neuroni specchio coincidono in buona parte con le aree cerebrali che
vengono attivate nell’esecuzione dei compiti che richiedono l’esercizio della Teoria della mente.
METACOGNIZIONE
La metacognizione riguarda la cognizione della cognizione. In generale riguarda la conoscenza che il
soggetto ha del suo funzionamento mentale e questa conoscenza è il presupposto per ottimizzare l’utilizzo
delle proprie capacità mentali. In termini pragmatici l’espressione della metacognizione consiste
nell’ottimizzazione delle proprie capacità mentali. La metacognizione aumenta la capacità del soggetto
nell’esecuzione di differenti compiti cognitivi (a scuola).
La metacognizione comprende aspetti diversi del funzionamento mentale, come diverse strategie utili per
apprendere e risolvere problemi. Una componente fondamentale della metacognizione è la metamemoria,
che comprende la conoscenza generale sulla memoria e in particolare include la conoscenza rispetto alla
propria memoria personale.
IL TEMPERAMENTO
Cattel e Guilford per classificare diversi aspetti del comportamento distinguono tra :
Il che cosa: si riferisce al livello di abilità
Il perché: si riferisce alle motivazioni e alle finalità
Il come: si riferisce allo stile comportamentale definisce il temperamento
Non esiste una definizione di temperamento condiviso da tutti ma autori diversi enfatizzano aspetti diversi.
Allport : Il temperamento si riferisce ai fenomeni caratteristici della natura emotiva dell’individuo, inclusa la
sua suscettibilità alla stimolazione emotiva, la sua usuale forza e velocità di risposta, la qualità prevalente
del suo umore, e tutte le peculiarità della fluttuazione e dell’intensità dell’umore; questi fenomeni sono
concepiti come dipendenti dalla composizione contestuale, e perciò largamente ereditari nella loro origine.
Bates: Il temperamento consiste nelle differenze individuali a base biologica rilevabili nel comportamento,
che compaiono molto precocemente e sono stabili nel corso del tempo e in situazioni diverse.
Buss e Plomin hanno elaborato un modello del temperamento più semplice di quello di Thomas e Chess,
costituito da:
Emotività: Tendenza a provocare paura e collera
Attività: Ritmo, vigore e tenuta del comportamento
Socievolezza: Tendenza a cercare di essere sentirsi gratificato dall’interazione sociale e dalla
responsività verso gli altri.
I due tipi temperamentali, inibiti e disinibiti, si distinguono per differenti misure fisiologiche. Gli inibiti
hanno battiti cardiaci più elevati e stabili, maggior tensione motoria e livelli più alti di cortisolo, ciò
suggerisce soglie di reattività inferiori nel loro sistema limbico che entra in gioco nella regolazione delle
emozioni e del comportamento. Kagan con vari studi longitudinali ha anche dimostrato che il modo in cui il
bambino risponde a situazioni nuove costituisce un tratto temperamentale dotato di forte stabilità nel
corso dell’età.
Le 4 dimensioni temperamentali di Rothbart
1. Emotività positiva (estroversione): tendenza ad accostarsi a nuove esperienze con emozioni
positive.
2. Affettività negativa (ansia): tendenza a rispondere alle nuove esperienze con ansia e
allontanamento.
3. Curva dell’attenzione: durata dell’orientamento o interesse.
4. Autoregolazione/controllo volontario: capacità di regolare l’attenzione o il comportamento
oppure di calmarsi.
Kagan che ha considerato il tratto temperamentale dell’inibizione e ha fatto uso di indici fisiologici, ha
portato prove a supporto dell’ipotesi che le differenze temperamentali individuali possono essere connesse
all’attivazione dell’amigdala.
L’amigdala prepara il corpo a rispondere a situazioni percepite come minacciose: frequenza cardiaca, livello
di cortisolo, dilatazione della pupilla, pressione sanguigna.
L’attività dell’amigdala è connessa all’attività della corteccia cerebrale, particolarmente a quella dei lobi
frontali.
La componente genetica del temperamento non fa si che gli stili di comportamento non si modifichino
questo perché il cervello è “plastico” e i sistemi biologici si modificano con lo sviluppo e l’esperienza.
Questo è particolarmente vero per i lobi frontali che svolgono una funzione autoregolativa. Inoltre, gli studi
sul temperamento enfatizzano anche l’azione di modellamento che può esercitare l’ambiente, a livello
familiare troviamo le aspettative parentali che è più peso del sistema culturale di norme, valori e credenze
del macrosistema di appartenenza. Un ruolo particolarmente significativo nella modificazione del
temperamento è svolto dalle variabili materne:
Stabilità: Qualità del legame di attaccamento. Correlazione tra stabilità e prevedibilità del
comportamento materno, che caratterizza l’attaccamento sicuro, e lo sviluppo nel bambino di tratti
temperamentali che predispongono ad un buon adattamento all’ambiente.
Depressione materna: Ruolo negativo svolto dalla depressione materna. I bambini presentano un
attaccamento non sicuro e hanno più probabilità di presentare difficoltà comportamentali di tipo
temperamentale (scatti d’ira, disturbi del sonno ecc..).
Thomas e Chess hanno focalizzato l’attenzione sulla stabilità o meno del temperamento difficile, un quadro
temperamentale a rischio perché può determinare ad età successive quadri psicopatologici. Sottolineano
l’importanza di riuscire, da parte dell’adulto, a predisporre una modalità relazionale col bambino che sia
compatibile col suo temperamento. Propongono il concetto di Godness of fit definisce come le componenti
genetiche e le forza ambientali si combinano e interagiscono per produrre nel corso del tempo a risultati di
sviluppo positivo o negativo.
Attività in cui il bambino interagisce con gli altri bambini è costituito dall’attività ludica in cui il bambino
mette in atto tutta una gamma di comportamenti prosociali a comportamenti aggressivi. Il modo in cui il
bambino si relaziona con gli altri presenta vari sviluppi. Mildren Parten propone delle categorie del
comportamento di gioco in età prescolare:
Categorie Descrizione
Libero Il bambino non è coinvolto in nessuna attività.
Da spettatore Il bambino osserva gli altri ma non si unisce a loro
Solitario Il bambino gioca solo lontano dagli altri.
Parallelo Il bambino gioca attorno agli altri, con gli stessi
oggetti, o svolge un’attività simile agli altri senza
interagire con loro. Vi è un gioco di reciproca
imitazione, il bambino tende ad imitare ciò che fa
l’altro e di conseguenza l’altro è condizionato.
Associativo Il bambino interagisce con gli altri mentre partecipa
alla loro stessa attività
Cooperativo Il bambino interagisce con gli altri in modo
coordinato e complementare che può richiedere
condivisione e sostegno reciproco.
Il gioco con regole introduce un elemento competitivo e possono presentare un aspetto aggressivo (per
l’elemento di prevalere sull’altro). Le regole fungono da tramite per la coordinazione dell’azione dell’uno
rispetto all’azione dell’altro.
Relazioni di gruppo
Parker definisce un gruppo come un insieme di individui interagenti che hanno un certo grado di reciproca
influenza l’uno verso l’altro.
Fanciullezza/età scolare: Entro la fine del primo anno di scuola i bambini manifestano una tendenza
molto forte verso l’appartenenza a un gruppo di pari. Nel corso dell’età scolare, la dimensione del
gruppo continua a crescere, mentre le attività e le interazioni al suo interno diventano più
complesse.
Adolescenza: È il periodo in cui il gruppo dei pari esercita probabilmente la maggiore influenza,
data la sua centralità per la costruzione dell’identità personale.
Nell’ambito degli studi sulla posizione del soggetto all’interno del gruppo dei apri emerge l’interesse per lo
status sociale che è la misura dell’accettazione o dell’apprezzamento dell’individuo da parte del gruppo dei
pari. È diverso dall’amicizia perché rappresenta il punto di vista generale del gruppo sull’individuo.
Le domande sociometriche che sono state maggiormente utilizzate sono quelle relative “piace di più”
oppure “piace di meno”. Sulla base si individuano 4 tipologie di soggetti:
1. Bambini popolari: Coloro che ricevono molte scelte positive e nessuna o pochissime scelte
negative.
2. Bambini rifiutati: : Coloro che ricevono molte scelte negative e nessuna o pochissime scelte
positive.
3. Bambini isolati: Non sono indicati né come bambini che piacciono né come bambini che non
piacciono.
4. Bambini controversi: Sono quelli che ottengono un buon livello di scelte sia positive che negative.
POPOLARI: Sono soggetti scolasticamente e socialmente competenti. Sono capaci di comunicare
con gli altri in maniera amichevole, gentile e sensibile. Sono generalmente più positivi, cooperativi e
di sostegno verso i compagni. Nelle situazioni competitive e di conflitto sono capaci di autoregolare
il proprio comportamento. Più sporadicamente, e solitamente nella tarda fanciullezza o
adolescenza, i ragazzi sono popolari grazie al loro comportamento battagliero o “antisociale”. In
genere questa tipologia di soggetti assume lo status di controverso.
RIFIUTATI: Sono generalmente soggetti aggressivi. E possono essere di due tipi: aggressivi e
socialmente non competenti o introversi.
ISOLATI: Sono bambini socialmente inadatti e indecisi, e tendono a giocare da soli o ai margini di
gruppi di pari più ampi. Possono non essere infelici e preferire restare da soli: in questo caso
possono entrare nel gruppo dei pari e migliorare il livello di accettazione.
Bullismo
Il bullismo rimanda a relazioni interpersonali che rimanda a tre caratteristiche fondamentali:
Asimmetria di potere: Azioni aggressive, lesioni dell’altro all’interno di una relazione in cui un
individuo ha più potere dell’altro.
Stabilità della relazione: L’asimmetria di potere viene agita nel corso del tempo.
Intenzionalità dell’azione lesiva da parte del più forte verso il più debole: l’azione lesiva dell’altro
viene agita in maniera intensionale
L’amicizia
Nell’ambito dello studio dello sviluppo delle relazioni tra pari si colloca il tema dell’amicizia. Amicizia è
fortemente segnata dal sentimento di somiglianza tra i 2 partner infatti i fattori che guardano le scelte
amicali sono:
Similarità nell’età
Similarità nel sesso
Similarità nell’appartenenza culturale ed etica
Similarità riguarda caratteristiche personali, interessi e tratti del carattere.
Già nella scuola dell’infanzia i bambini mostrano preferenza per i compagni di gioco dello stesso sesso e
questa tendenza tende ad aumentare fino all’adolescenza. Le amicizie tra maschi tendono a formare veri e
propri gruppi, che si concentrano spesso sulla condivisione di attività (musica, sport, passione per
tecnologia o motori) e sul confronto competitivo rispetto alla scuola e allo sport.
Le amicizie tra femmine tendono ad essere organizzate in gruppi più piccoli, esclusivi ed intensivi poiché
esse condividono una maggiore intimità e un maggiore sostegno emotivo.
Uno degli indicatori fondamentali relativi alla qualità della relazione di amicizia è la stabilità nel tempo.
Già si presenta in modo consistente nei bambini della scuola primaria. Alcuni studi empirici hanno rilevato
una notevole stabilità delle relazioni di amicizia dall’inizio alla fine dell’anno scolastico, durante la scuola
elementare. Il 54% dei bambini di prima e il 76% dei bambini di IV mantenevano stabilmente le relazioni
(nominavano gli stessi amici ad inizio e a fine anno).
Gotman e Parker
6 funzioni dell’amicizia:
1. La compagnia
2. La stimolazione
3. Supporto fisico
4. Supporto all’io
5. Confronto sociale
6. Intimità (affetto)
Gillibrand
Funzioni dell’amicizia:
Concetto di sé
Risoluzione di problemi, apprendimento e sviluppo cognitivo
Adattamento psicologico e scolastico e relazioni future
ADOLESCENZA
Fase della vita che segna l’acquisizione di traguardi evolutivi estremamente significativa che al tempo
stesso è ricca di aspetti problematici. Nell’ambito della psicologia dello sviluppo nel corso del tempo si sono
delineate concezioni completamente diverse dell’adolescenza: inizio ‘900 vedevano l’adolescenza come
una serie di tempesta e impero, per riferirsi alla vulnerabilità emotiva e fisica dell’adolescenza. Nel corso
del tempo si è delineata una visione dell’adolescenza più articolata. Daniel Offer e Jeffrey Arnett hanno
messo in discussione in quella visione tempestoso dell’adolescenza che non tutti gli adolescenti vivono uno
sconvolgimento emotivo.
Cambiamenti fisici e neurologici
Principale cambiamento fisico durante l’adolescenza è rappresentato dalla pubertà e dal successivo
sviluppo della maturità sessuale. La pubertà è il periodo di sviluppo fisico che porta dalla fanciullezza all’età
adulta.
Per le ragazze si verifica tra i 10 e i 15/16 anni.
Per i ragazzi tra 6 e i 11 e i 17/18 anni
Menarca: il primo periodo mestruale di una donna
Nel corso di appena 150 anni l’età media di comparsa del menarca si è abbassata molto: dai 17 anni del
1850 ai 12-13 del 1990. Tra le cause, le diete ricche di grassi che producono l’ormone della leptina. Maschi
e femmine nel corso dell’adolescenza si trovano a confrontarsi con un corpo che cambia sostanzialmente e
con una velocità che non ha equali in altri periodi di vita. Se si esamina la velocità di crescita in centimetri
per anno relativa a maschi e femmine si vede come il periodo dell’adolescenza presenta un picco molto
evidente. I cambiamenti corporei che in maniera implacabile si presentano nel corso dell’adolescenza
vengono accolte in maniera diverse da maschi e femmine (soddisfazione per il proprio corpo è maggiore nei
maschi).
Cambiamenti neurologici
Oggi l’attenzione degli studiosi è progressivamente rivolta verso i cambiamenti neurologici che
caratterizzano la pubertà. In primo luogo nel corso della pubertà si ha il completamento delle
mielinizzazione degli assoni presenti nella corteccia frontale (gli assoni sono la parte lunga e filiforme dei
neuroni). Questa mielinizzazione permette una trasmissione più veloce delle informazioni nella corteccia
frontale che costituiscono la parte del cervello che permette di programmare eventi, immaginare il futuro o
usare argomentazioni logiche. Un secondo cambiamento neurologico è costituito dalla potatura sinaptica,
cioè l’eliminazione delle sinapsi in eccesso nella corteccia prefrontale. Le sinapsi costituiscono i
collegamenti tra i neuroni e questa diminuzione di collegamenti che si realizza nel corso della pubertà porta
ad una maggiore efficienza nella trasmissione delle informazioni intracerebrali. Una terza variazione è
costituita dalla diminuzione della materia grigia in favore dell’aumento della materia bianca. Il cervello è
composto da materia bianca e materia grigia.
Le azioni controllate da materia bianca includono; regolazione della temperatura corporea, cardiaca e
pressione sanguigna, più espressione emotiva e produzioni di ormoni.
La materia grigia consiste nel controllo dei muscoli, nella percezione sensoriale, nella memoria, nelle
emozioni e nel linguaggio.
Ai cambiamenti cerebrali che interessano soprattutto la parte frontale del cervello, segue uno sviluppo
delle funzioni esecutive quelli attenzione selettiva, il processo decisionale, l’inibizione della risposta, la
memoria prospettica. D’altra parte, all’inizio della pubertà si verifica un “calo” nella prestazione di
riconoscimento delle espressioni facciali, che costituiscono una funzione della corteccia frontale. Nella
prima adolescenza si verifica anche una significativa riduzione dell’abilità sia di interpretare le emozioni,
che di interpretare la situazione stessa in cui ci si trova.
Ipotesi di fondo: sviluppo morale è strettamente connesso allo sviluppo cognitivo che porta all’acquisizione
del pensiero logico formale porterebbe anche allo stadio post convenzionale. Se così fosse l’adolescente
sarebbe già un modello di moralità ma così non è. Non c’è coincidenza tra giudizio morale e decisioni
comportamentali le due cose non vanno sempre insieme. Si possono formulare giudizi morali che
rispecchiano lo stadio post convenzionale ma comportarsi poi di fatto sulla base del proprio torna conto
personale.
La qualità del legame di attaccamento con il “caregiver” si pone come prototipo delle relazioni intime
successive. La ricerca ha mostrato come il tipo di attaccamento sperimentato da bambino, spesso, si riflette
nel tipo di relazione in cui il giovane è coinvolto. Le persone con attaccamento sicuro hanno più probabilità
di avere relazioni di maggiore durata e minor numero di rapporti extrarelazionali ed occasionali, nonché
una maggiore disposizione al contatto fisico. Un giovane dall’attaccamento evitante, invece, dal punto di
vista statistico, presenta maggiori probabilità di sperimentare rapporti sessuali extrarelazionali e
occasionali; ha, inoltre, minori probabilità di avere una relazione intima ed è meno predisposto al contatto
fisico.
Interessano una buona porzione degli adolescenti anche se minore di quelle postulate da certi stereotipi
ampiamente condivisi nell’adolescenza. Le condotte a rischio diminuiscono nel corso dell’età distinzione
tra:
Adolescenti desistenti: Le condotte devianti svolgono funzioni connesso con lo sviluppo
dell’identità e con la partecipazione sociale.
Adolescenti persistenti: Alcuni adolescenti continuano a manifestare comportamenti devianti
anche negli ultimi anni dell’adolescenza e in età adulta. I cosiddetti non svolgono funzioni legate
allo sviluppo dell’identità ma rimangono a processi differenti e hanno origine diverse.
La ricerca svolta da Bonino afferma che: la scuola gioca un ruolo significativo nel modulare la propensione o
meno all’uso di sostanze psicoattive. Gli adolescenti che attribuiscono importanza e valore all’esperienza
scolastica, che hanno relazioni soddisfacenti con gli insegnanti, che sperimentano il successo, sono meno
implicati nel consumo abituale o elevato di sostanze psicoattive. Questi adolescenti infatti riescono a
costruire una identità forte attraverso l’impegno e l’adesione all’istituzione scolastica senza dover ricercare
forme alternative per affermare la propria adultità. Al contrario che non vive l’esperienza scolastica come
gratificante (es. bocciature) tende maggiormente a cercare modalità trasgressive appariscenti per
affermare la propria identità o utilizzano sostanze psicoattive e i loro effetti come strategie emotive di fuga.
Comportamenti rischiosi
Condotte che mettono in pericolo la sicurezza personale di chi le applica e anche quella altrui. Vengono
messi in atto allo scopo di provare eccitazione e sperimentare sensazioni forti. Tipico comportamento
rischioso: guida pericolosa.
Dalla ricerca condotta da Bonino risulta che sono diversi i fattori di protezione e i fattori che si associano
alla non adesione a modelli di comportamento rischiosi. In riferimento alla famiglia risulta significativo la
presenza di un modello paterno, l’azione di sostegno e di supervisione operata dalle famiglie
sull’adolescente. È cruciale il tipo di esperienza scolastica, l’esperienza scolastica positiva si associa alla non
adesione a modelli di comportamento rischiosi.
Riguardo i coetanei emerge il ruolo positivo svolto dalla presenza di modelli di comportamento di uso di
casco, di cinture di sicurezza e presenza di modelli di comportamento non trasgressivi. Inoltre l’elevato
grado di accordo tra i coetanei e le rispettive famiglie.
Riguardo al tempo libero assume un ruolo positivo il tempo dedicato a studio e lettura e il tempo trascorso
con la propria famiglia.
COMPORTAMENTI DEVIANTI
Condotte che vanno contro le norme, i valori e i principi della comunità sociale di appartenenza. Es:
aggressione, furto, danneggiamento e vandalismo.
Solo in parte tali condotte coincidono con comportamenti delinquenziali che assumono i caratteri estremi
delle rivalità e coinvolgono le autorità giudiziarie e di polizia.
Sono 3 categorie di comportamenti devianti:
1. Aggressione fisica
2. Furto e vandalismo
3. Bugia e disobbedienza (non delinquenziale)
Dai risultati della ricerca risulta che sono meno coinvolti in forme devianti gli adolescenti che attribuiscono
importanza e valore all’esperienza scolastica, che hanno relazioni soddisfacenti con insegnanti e che
sperimentano successo scolastico. Questi individui riescono ad affermare se stessi e la propria identità
attraverso impegno e successo nello studio.
Un fatto interessante è che si riscontrano associazioni positive tra la messa in atto di comportamenti
devianti da un lato e dall’altro l’essere maggiormente soddisfatti di se stessi e fiduciosi delle proprie
capacità di coping. In adolescenza la messa in atto di condotte devianti non è priva di fascino. Dalla ricerca
emerge che: come aggressione fisica, furto e vandalismo, bugie e disobbedienza assumono le funzioni di
ottenere visibilità sociali, di sentirsi interessanti per le persone dell’altro sesso attraverso l’affermazione di
sé e della propria volontà.
COMPORTAMENTI SESSUALI
Si differenzia dagli altri comportamenti perché non può essere quotato in termini di rischio. La capacità di
instaurare rapporti di coppia in grado di comunicare affettività e sessualità e di coinvolgersi in rapporti
sessuali paritari dove l’individualità di ciascuno non subisca nessuno coercizione fisica o psicologica, ma sia
rispettata e liberamente espressa, viene riconosciuta come una delle caratteristiche dell’individuo adulto
sano e felice. Dunque imparare ad impegnarsi in una relazione affettiva con il partner di sesso diverso e a
confrontarsi con la capacità sessuale adulta è considerato uno dei compiti di sviluppo fondamentali
dell’adolescenza. Il problema si pone quando all’adolescente vengono a mancare competenze sociali,
emotive e cognitive necessarie per vivere esperienze sessuali matura e armonica. Quando queste
competenze vengono a mancare la sessualità si configura con un comportamento a rischio. Rischi gravi per
il presente e per il futuro stato di benessere dell’individuo; rischio fisico connesso a malattie a trasmissione
sessuale.
Gravidanze precoci: Rischio psicosociali costituito dalle maggiori difficoltà di una madre adolescente ad
allevare un bambino e ha riduzione dell’opportunità di sviluppo e di realizzazione personale.
Ipotesi: Queste competenze vengono a mancare quando la sessualità è messa in atto in età precoce.
Da A
Semplice differenziato
Incoerente (incapacità di rapportare la definizione Coerente
di se alla natura del contesto)
Concreto Astratto
Assoluto Comparativo
Il sé pubblico Il sé privato
Nei bambini piccoli non c’è differenziazione tra un sé pubblico e un sé privato, la persona è ciò che appare.
Solo dopo e in maniera più evidente in adolescenza, la persona differenzia chi è in rapporto e come appare
nelle situazioni pubbliche chi è nei contesti intimi. Il modo in cui varia il concetto di sé, dall’infanzia
all’adolescenza, può essere approfondita esaminando il grafico esaminato da Hart nel 1993.
Dai 6-8 anni ai 14-16 anni diminuisce l’uso di caratteristiche fisiche per definire se stessi. Dai 6 ai 16 anni
risulta più ricorrente rispetto all’uso delle caratteristiche fisiche, in riferimento alle caratteristiche
dinamiche.
N.B: le categorie utilizzate per la definizione del concetto di sè a partire dai 6 anni sono quelli sociali e
psicologiche. Ciò che sembra caratterizzare il concetto di sé adolescenziale è il progressivo incremento del
ricorso a categorie psicologiche che diventano la più importanti nella definizione di se stessi. Questo è
concesso al fatto che nell’adolescenza si costruisce uno spazio psicologico, la persona riflette su se stessa,
sul proprio modo di essere, di sentire, di comportamenti, di agire.
Il concetto di sé è il prodotto di una elaborazione cognitiva personale ma è un’elaborazione cognitiva che si
realizza nel mondo sociale, nell’interazione con gli altri, nel contesto delle risposte che gli altri manifestano
nei propri confronti.
Gli altri funzionano da specchio e il modo in cui gli altri reagiscono a noi stessi e concepiscono noi stessi
costituisce un motore che entra in gioco nella costruzione del senso di sé. Bronfonbrenner ruolo.
Nella definizione dell’identità personale occorre tener conto non solo del concetto di sé ma anche del livello
di autostima, che è costituita dal valore che si modula lungo un continuum da negativo a positivo che la
persona attribuisce ai differenti aspetti dell’identità personale e del concetto di sé. I bambini piccoli
tendono ad esprimere una valutazione di sé in termini globali riferita al proprio modo di essere tout court.
Col progredire dell’età e in maniera evidente nell’adolescenza le valutazioni che la persona riferisce a se
stessa si articolano rispetto ai differenti domini che entrano in gioco nella definizione del concetto di sé.
Harter ha definito 5 diversi domini rispetto a cui la persona esprime la propria autostima:
1. La competenza scolastica
2. La competenza atletica
3. L’alienazione sociale
4. L’aspetto fisico
5. La condotta comportamentale
L’autostima è data da una discrepanza tra 2 valutazioni interne; da un lato il sé ideale cioè ciò che ci
piacerebbe essere e che pensiamo di dover essere, e da un lato il sé reale cioè ciò che sentiamo si essere
nella realtà.
Quando c’è poca discrepanza tra sé ideale e il sé reale, l’autostima è alta; quando invece la discrepanza è
elevata l’autostima è bassa.
Alcuni studi hanno verificato che nel corso dell’adolescenza vi è un forte declino dell’autostima (i maschi
hanno più autostima).
Questo calo dell’autostima nell’adolescente può essere spiegata attraverso due considerazioni:
Da un alto nell’adolescenza la persona è più realistica mentre nell’infanzia è più positiva, il valore
che riferisce a sé stesso è maggiormente dettato da ciò che vorrebbe essere piuttosto che dalla
considerazione realistica di ciò che è.
Nell’adolescenza la persona può esprimere livelli più bassi di autostima non solo perché assume un
atteggiamento più realistico ma anche perché sente di dover rispondere a compiti di sviluppo
impegnativi e sente spesso di non essere all’altezza nel rispondere a questi stessi compiti (compiti
in termini di sviluppo dell’identità personale).
DEPRESSIONE
Nell’adolescenza in maniera ricorrente assieme ad un abbassamento dell’autostima si pone il problema
della depressione. Lo stato d’animo depressivo diversamente da quello tipico della paura dell’ansia, è
rappresentata da una perdita di piacere e di interesse, un senso di piattezza e di vuoto, di tristezza. I
disturbi depressivi implicano pensieri negativi rivolti a sé, al mondo e al futuro che si riflettono sul senso di
autocommiserazione e disperazione. Si accompagnano inoltre ad una inadeguatezza sociale, capacità
ridotta di lavorare o impegnarsi in attività di tempo libero o interazioni sociali. Sono spesso associati a
sintomi somatici come insonnia, appetito, agitazione o diminuzione dell’attività psicomotorio.
LE STRATEGIE DI COPING
Nel corso dell’adolescenza la persona si trova a doversi confrontare con un’ampia gamma di problemi, di
compiti che riguardano sia la vita personale che quella relazionale e quella sociale. In riferimento alla
complessità dei compiti che si trova ad affrontare l’adolescente che si delinea il rischio di cadere in una
dimensione ansiogena e poi questa potrebbe trasformarti in depressione. In questo contesto si delinea il
valore dello sviluppo delle strategie di coping come meccanismo di protezione. Le strategie di coping sono
le modalità di affrontare preoccupazioni e problemi quotidiani.
Queste strategie sono raggruppabili in 2 macrocategorie:
Coping attivo
Coping passivo