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PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO

Ramo della psicologia che studia come un bambino si sviluppa e cresce e come ciò possa essere
condizionato da elementi ambientali quali la famiglia e la scuola.
Gli psicologi dello sviluppo studiano:
 La crescita sociale del bambino dalla relazione madre-bambino allo sviluppo delle amicizie e delle
relazioni sentimentali.
 Lo sviluppo cognitivo, del linguaggio del disegno, dei numeri
 Lo sviluppo emozionale e morale del bambino e dell’adolescente.

Cos’è una teoria?


Sistema organico di concetti, ipotesi, principi generali e leggi, funzionali a descrivere, spiegare e prevedere
un dato fenomeno, o una serie di fenomeni. Tre sono le funzioni di una teoria:
1. Descrivere il fenomeno – oggetto di indagine (un comportamento, uno stato psicologico, un
cambiamento ecc.)
2. Dare una spiegazione del fenomeno (perché si verifica o non si verifica)
3. Prevedere i fenomeni successivi sulla base delle condizioni attuali e passate

TEORIE DELL’APPRENDIMENTO SOCIALE


Teorie dell’apprendimento sociale tradizionale
WATSON (1878-1958)
Idea che il bambino possa essere liberamente modellato
 Bambino visto come una tabula rasa. Tutti i bambini nascono uguali alla nascita e si
diversificheranno in rapporto ai condizionamenti ambientali che agiranno su di essi.
 “Datemi una dozzina di bambini di sana e robusta costituzione e ambiente organizzato che sarò in
grado di farne un medico, un avvocato, un artista, un imprenditore, un delinquente.
La teoria dell’apprendimento sociale classica supporta la fede nella possibilità di svolgere un’ingegneria
sociale, la convinzione cioè che sia possibile plasmare società ed individui agendo sull’ambiente.
La teoria tradizionale dell’apprendimento sociale è di impronta comportamentista. Essa spiega
l’apprendimento degli specifici comportamenti facendo riferimento a due meccanismi fondamentali:
 Il condizionamento classico
 Il condizionamento operante
Si tratta di meccanismi semplici che accomunano l’apprendimento del comportamento che si verifica
nell’essere umano a quello che si verifica nelle altre specie animali.
Gran parte degli studi che vengono svolti studiano il comportamento animale e poi essere estesi all’essere
umano. La differenza tra il comportamento umano e animale è di tipo QUANTITATIVO. Nelle altre specie
animali i meccanismi del condizionamento si presentano nelle forme di catene associative più semplici
mentre nell’essere umano queste catene associative di risposta si presentano più complesse. Il rilievo che
nella teoria dell’apprendimento ha il ruolo dell’ambiente si accorda bene con gli ideali democratici
dell’America, se l’ambiente offre le stesse opportunità a tutti allora tutte le persone possono sviluppare le
stesse potenzialità.

TEORIA DEL CONDIZIONAMENTO CLASSICO (PAVLOV 1849-1936)


Il condizionamento classico è stato approfondito da Watson ma è stato studiato per la prima volta da
Pavlov che ha studiato al possibilità di condizionare la risposta di salivazione del cane alla presentazione del
cibo. In natura ci sono catene associative stimolo-risposta, vi sono certi stimoli, come la presentazione del
cibo che determinano certe risposte, come la salivazione. Nella fase del condizionamento il cibo viene
presentato in associazione ad una luce intensa, se la presentazione della luce accesa si presenta più volte in
associazione con la presentazione del cibo questo porterà ad un vero e proprio condizionamento. Questo
condizionamento ha come risultato il fatto che la sola presentazione della luce accesa indurrà la risposta di
salivazione.
Il caso più famoso di condizionamento classico sull’essere umano è rappresentato dall’esperimento del
piccolo (povero) Albert condotto da Watson.
Risposta condizionata di paura di Albert (11 mesi)
Gli misero davanti un piccolo ratto bianco e quando egli tentava di prenderlo, colpivano col martello una
sbarra d’acciaio producendo un suono sgradevole e doloroso. Albert sobbalzava e piangeva. Dopo
parecchie ripetizioni di queste presentazioni di ratto e suono, Albert piangeva e correva via a gattoni anche
quando il ratto veniva mostrato da solo. La paura di Albert era la risposta condizionata allo stimolo
condizionato il riflesso iniziale era data dal fatto che il suono sgradevole/ stimolo incondizionato/ procurava
dolore (risposta incondizionata) la riposta condizionata si generalizzò ad oggetti come coniglio, pelliccia e
maschera di babbo natale.

TEORIA DEL CONDIZIONAMENTO OPERANTE (SKINNER 1904-1990)


Meccanismo di apprendimento postulato dalla teoria dell’apprendimento sociale classica. Sono famosi gli
esperimenti che Skinner condusse con la Skinner’s box : scatola in cui veniva inserito un topo e in cui è
presente una leva e produce il rilascio di cibo nella gabbietta. Il topo esplora la gabbietta e in modo casuale
abbassa la levetta e ciò produce il rilascio di cibo. Da qui, si stabilisce un’associazione tra l’abbassamento
della leva e il rilascio del cibo. Ciò produce, un’acquisizione del cibo che consiste nel condizionamento del
comportamento. L’acquisizione del cibo funge da rinforzo del comportamento di abbassamento della leva
che viene così condizionato da questo rinforzo. Nella Skinner box vi è anche la possibilità di dare scosse
elettriche al topo che fungono da RINFORZO NEGATIVO. Il topo dopo aver appreso il comportamento di
abbassamento della leva potrà essere poi decondizionato in ragione di rinforzi negativi. E questo, porterà
all’estinzione del comportamento di abbassamento della leva.
Secondo il condizionamento operante di Skinner le conseguenze di un comportamento producono
comportamenti nella probabilità che questo comportamento si ripeta o meno. Un comportamento seguito
da una gratificazione ha più probabilità di ripetersi di un comportamento seguito da una punizione. Questo
costituirebbe una chiave di lettura per spiegare lo sviluppo del comportamento aggressivo. Il bambino è
spinto ad agire in maniera aggressiva in ragione del fatto che l’ambiente che lo premia, oppure il bambino
impara ad inibire comportamenti aggressivi se si trova in un ambiente che punisce, non gratifica questi
comportamenti. Stessa cosa vale per comportamenti conformi agli stereotipi di genere, maschile e
femminile.
La fortuna della teoria classica dell’apprendimento sociale subì una storica battuta d’arresto in rapporto alla
polemica Chomsky-Skinner, in rapporto all’apprendimento e allo sviluppo del linguaggio. Secondo il
condizionamento operante di Skinner il bambino imparerebbe a parlare stabilendo catene associative che
vengono rinforzate dall’ambiente. Così il bambino imparerebbe ad assodare la parola mamma alla mamma,
perché l’insieme rinforza queste associazioni.
Esempio: la mamma si volta e sorride. In maniera analoga il bambino imparerebbe a costruire delle frasi, ad
associare tra di loro le parole sulla base del condizionamento operante ovvero sulla base del fatto che
l’ambiente rafforza o meno queste associazioni. Chomsky invece pone un risalto l’inadeguatezza del
meccanismo operante per spiegare l’acquisizione del linguaggio da parte del bambino. Argomentazioni a
favore della non capacità del condizionamento operante a spiegare l’acquisizione del linguaggio possono
essere raggruppate in due categorie:
 Incredibile velocità con cui il bambino acquisisce il linguaggio tra (1-3 anni) passa all’suo di parole
isolate alla capacità di costruire vere e proprie frasi che presentano una certa complessità.
 Il bambino non impara quelle specifiche parole che gli vengono presentate e rinforzate ma il
bambino impara a parlare, impara ad usare il linguaggio in maniera creativa.
Sulla base di queste considerazioni Chomsky postula l’esistenza del LAD, del meccanismo di acquisizione del
linguaggio che ha una base innata. Si pone per l’ipotesi che le basi del linguaggio sono date da una capacità
di elaborazione cognitiva e che non siano il riflesso di meccanismi di apprendimento determinati da rinforzi
positivi o inibiti da rinforzi negativi.

TEORIA MODERNA DELL’APPRENDIMENTO SOCIALE


Bandura si dedica all’apprendimento.
L’apprendimento per osservazione riguarda l’acquisizione di nuove capacità o di informazione o il
cambiamento di vecchi comportamenti attraverso la semplice osservazione degli altri bambini o adulti. Non
occorre che il modello dia rinforzato per portare l’osservatore ad apprendere. L’apprendimento osservativo
è importante per spiegare come sono appresi i comportamenti nuovi e complessi, il condizionamento
operante può produrre gradualmente comportamenti relativamente nuovi attraverso il modellamento ma
non può spiegare come mai un bambino mostri improvvisamente di avere acquisito nuovi comportamenti
dopo aver guardato ad esempio i compagni giocare ad un nuovo gioco. Secondo la teoria classico
dell’apprendimento sociale il comportamento aggressivo verrebbe appreso nella misura in cui viene
rinforzato e viene inibito nella misura in cui viene punito. L’apprendimento per osservazione postulato della
teoria moderna dell’apprendimento sociale pone le cose in maniera più complessa. Riguardo ad esempio la
funzione televisiva, la stessa esposizione e comportamenti aggressivi presenti nei protagonisti di un film
avrebbe come conseguenza l’apprendimento di comportamenti aggressivi indipendentemente dal fatto che
questi vengano ricompensati o meno. Altro aspetto dell’apprendimento del comportamento sociale
enfatizzato da Bandura è il modellamento astratto, cioè quando il bambino osserva uno specifico modello
non apprende le specifiche modalità comportamentali agite dal modello ma apprende delle leggi generali
che guidano i comportamenti messi in atto da quello specifico modello.
Esperimento famoso condotto da Bandura: pupazzo
Un gruppo di bambini in età prescolare vedeva un modello adulto aggressivo che dava pugni ad un grosso
pupazzo e lo colpiva con un martello. Un gruppo di bambini della stessa età che fungeva da confronto
osservava invece un modello adulto che giocava in modo aggressivo con il pupazzo. Infine un terzo gruppo
di bambini che fungeva da controllo non veniva esposto ad alcun modello comportamentale. Tutti i bambini
dei tre gruppi furono poi condotti in una stanza che conteneva giochi aggressivi e giochi non aggressivi.
Risultati: i bambini che avevano osservato il modello aggressivo furono poi più aggressivi dei bambini che
avevano visto il modello non aggressivo e di quelli che non avevano visto alcun modello.
Questo esperimento verifica l’apprendimento del comportamento aggressivo per semplice osservazione.

Bandura costituisce un punto di riferimento importante per il sapere psicologico attuale.


Il concetto psicologico da lui principalmente elaborato è quello di SELF EFFICACY, convinzione relativa alle
proprie capacità di organizzare ed eseguire la sequenza delle azioni richieste per raggiungere un dato
obiettivo. La self-efficacy riguarda credenze positive relative alle proprie possibilità di azione. La teoria
dell’apprendimento sociale moderna pone una distinzione tra i comportamenti sociali appresi e quelli che
l’individuo è propenso a mettere in atto. La self – efficacy costituisce una condizione interna all’individuo
estremamente significativa per attualizzare le potenzialità di azione.
Esso delinea la possibilità, la propensione dell’individuo, a mettere in atto, a perfezionare, a praticare, ed
appropriarsi dei comportamenti che ha appreso attraverso l’osservazione. Dal punto di vista psicologico la
condizione ottimale è quella in cui l’individuo è dotato di una credenza rispetto alle proprie possibilità di
azione leggermente superiore a quelle che sono le possibilità di azione reale. Questo lo spinge ad agire
positivamente, a perfezionarsi.
Curare la self-efficacy del bambino vuol dire curare lo sviluppo, un motore fondamentale dello
sviluppo/riprendere la definizione di sviluppo. La self efficacy ha a che fare col diventare motivati e a capaci
di impegnarsi in attività che portano l’individuo a scoprire caratteristiche dell’ambiente, ad accettarlo o
ristrutturarlo a livelli di complessità che sono analoghi o maggiori sia nella forma che nel contenuto.
Quali sono i fattori che incidono sullo sviluppo della self-efficacy:
1. Capacità di mettere in atto quello specifico comportamento
2. Supporto sociale: la persona che sente di essere supportata cresce nella sua self-efficacy. Il sentire
che gli altri credono nelle sue capacità stimola le persone in maniera decisiva ad impegnarsi con
successo.
3. Modalità cognitive messe in atto nelle situazioni di successo e di insuccesso: vi sono persone
ottimiste e persone pessimiste. Le persone ottimiste attribuiscono l’insuccesso a cause transitorie
(sfortuna), e nel caso di successo a cause stabili (fortuna). Le persone pessimiste nelle situazioni di
insuccesso attribuiscono le cause a condizioni stabili, alla propria l’incapacità di eseguire quel
compito. E attribuiscono le condizioni di successo a situazioni notevoli come la fortuna o contesto
che ha favorito l’esecuzione del compito.
JEAN PIAGET (1896-1980)
È il più grande studioso dello sviluppo cognitivo del bambino. Il suo approccio di caratterizza per l’elevato
livello di scientificità e la grande sistematicità con cui ha condotto i suoi studi. Di fatto ha prodotto la più
grande teoria dello sviluppo cognitivo con cui ogni studioso successivo si è poi confrontato. Piaget si
interessa in primis di biologia (studi dell’evoluzione umana). Il suo interesse primario è l’adattamento cioè
la capacità dell’organismo di adeguarsi/adattarsi all’ambiente ma velocemente Piaget sposta il suo
interesse dall’adattamento biologico all’adattamento psicologico, che caratterizzerà tutto il suo enorme
lavoro di studio. L’intelligenza è un caso particolare di adattamento che si caratterizza come psicologico e
che in maniera piuttosto netta distingue l’essere umano dalle altre specie viventi. Dunque l’obiettivo
fondamentale di Piaget è studiare lo sviluppo dell’adattamento da biologico a psicologico.
Nella prospettiva di Piaget l’adattamento biologico è quello che caratterizza il neonato mentre
l’adattamento psicologico che nella sua forma più matura coincide con l’esercizio del pensiero scientifico
con l’intelligenza che viene resa possibile dal pensiero scientifico e si realizza nell’adolescente (punto finale
dello sviluppo).
Tutto il lavoro di Piaget può essere compreso nel termine epistemologia genetica che fa riferimento
all’esercizio del pensiero scientifico e fa riferimento al processo tramite cui dall’adattamento biologico si
arriva all’esercizio della capacità di pensare in maniera scientifica e quindi esercitare l’intelligenza come
tramite per adattarsi all’ambiente.
Un concetto fondamentale nell’opera Piagetiana è quello di SCHEMA. Lo schema è un modello di azione o
pensiero che il bambino usa per organizzare, rappresentare e interpretare la realtà. Inizialmente fanno la
loro compreso gli schemi motori (d’azione), poi successivamente si configurano gli schemi cognitivi. Gli
schemi sono unità elementari dell’azione e della conoscenza del comportamento motorio e del pensiero
che si sviluppano nel corso della vita, attraverso due varianti funzionali che sono:
1. L’assimilazione: Processo tramite cui il bambino incorpora dati della realtà negli schemi già
esistenti. Questi dati di realtà rispetto agli schemi motori sono soprattutto gli oggetti, mentre
rispetto agli schemi cognitivi sono le conoscenze.
2. L’accomodamento: costituisce il meccanismo tramite cui i bambini modificano i propri schemi in
rapporto alla realtà fisica o cognitiva.

Il terzo invariante postulato da Piaget è:


3. L’equilibrazione: tendenza verso un equilibrio sempre maggiore tra assimilazione e
accomodamento in cui ciascun meccanismo non prevale sull’altro in modo che riusciamo
simultaneamente a ricondurre il nuovo ai nostri schemi e arricchire i nostri schemi con le novità. Il
massimo equilibrio tra assimilazione e accomodamento si realizza con lo sviluppo del pensiero
scientifico che Piaget vedeva come la fase finale.

ESEMPI:
1. Un esempio di assimilazione può essere l’uso dello schema motorio della suzione. Lo schema della
suzione fa parte del repertorio comportamentale del neonato ed è dato dalla sua stessa biologia. Si
può parlare di assimilazione quando il bambino estende questo schema a qualsiasi oggetto, cioè
assimila ogni dato di realtà al suo schema.
2. Si può parlare di accomodamento, quando il bambino modifica le caratteristiche dello schema che
fa parte del suo repertorio comportamentale in rapporto alle caratteristiche degli oggetti.

LA TEORIA EVOLUTIVA DI PIAGET


Si caratterizza per essere una teoria stadiale dello sviluppo. Lo sviluppo è un processo continuo se
consideriamo le funzioni (varianti assimilazione, accomodamento e equilibrazione) ma è anche un processo
discontinuo se consideriamo il succedersi delle strutture, che coincide con il succedersi degli stadi.
Stadio di sviluppo: tappa di crescita caratterizzata da un particolare modo di agire sulla realtà o di
organizzare il pensiero secondo certi schemi e certe operazioni. La sequenza degli schemi è universale e
invariante: tutti i bambini attraverso gli stessi stadi nello stesso ordine, ma non tutti nello stesso modo con
la stessa intensità. Ogni stadio è qualitativamente diverso da quelli precedenti e da quelli successivi ed
internamente coerente.
Lo sviluppo attraversa 4 stadi fondamentali:
1. STADIO SENSO MOTORIO (0-2 anni): il bambino comprende il mondo in base a ciò che può fare con
gli oggetti e con le informazioni sensoriali.
2. STADIO PRE-OPERATORIO (2-6/7 anni): si rappresenta mentalmente gli oggetti e può usare i simboli
(le parole e le immagini mentali).
3. STADIO DELLE OPERAZIONI CONCRETE (7-11/12 anni): prima maturazione/sviluppo di pensare in
maniera logica e fa la sua comparsa la capacità di compiere le azioni mentali sulla realtà pensata.
4. STADIO OPERAZIONI FORMALI (12 anni): coincide con lo sviluppo del pensiero scientifico. La
persona è capace di organizzare le conoscenze in modo sistematico e pensare in termini ipotetici-
deduttivi

STADIO SENSO MOTORIO (0-2 anni)


Porta all’acquisizione di un’intelligenza preverbale, pur essendo di natura essenzialmente pratica, vale a
dire diretta a conseguire risultati e non ad enunciare verità, tale intelligenza riesce non di meno a risolvere
un insieme di problemi d’azione. Costruendo un complesso sistema di schemi assimilativi e ad organizzare il
reale secondo strutture spazio temporali e casuali. In mancanza di linguaggio e di funzione simbolica,
queste costruzioni si effettuano sulla base esclusiva delle percezioni e dei movimenti, dunque per mezzo di
una coordinazione senso-motoria delle azioni senza l’intervento del pensiero.
L’intelligenza senso-motoria riguarda l’arco di tempo compreso tra la nascita e i 24 mesi e si articola in 6
sottostadi:
1. (Nascita- 2 mesi) caratterizzato da un egocentrismo radicale ad un uso dei riflessi incondizionato.
Consolidamento dei riflessi che forma parte del suo patrimonio biologico; più importanti sono
quelli che sono funzionali a mantenere vicinanza col caregiver. Ad esempio: esercizio dello schema
della suzione e della prensione. Più che di schemi riflessi si può parlare di comportamenti innati, nel
senso che il bambino mette in atto questi schemi d’azione indipendentemente dalla realtà, può
succhiare a vuoto, può succhiare in presenza del capezzolo: in questo senso questo primo
sottostadio viene classificato da Piaget con egocentrismo radicale, cioè la realtà viene assimilata
tout court. Il bambino è capace di un numero limitato di schemi d’azione e assimila ed esercita tali
schemi indipendentemente dalla realtà.

2. (1-4 mesi) caratterizzato dalla comparsa delle reazioni circolari primarie. I comportamenti innati
(riflessi) vengono agiti all’interno di uno schema d’azione più complesso e questo schema d’azione
viene ripetuto. Si osserva la capacità dell’infante di accomodare gli schemi di azione innati
combinandoli tra di loro, in questo sottostadio fa la sua comparsa l’azione del bambino di succhiare
il dito: azione semplice ma che assegna la prima capacità di coordinare due schemi d’azione:
suzione e movimento del braccio che permette l’avvicinamento del pollice alla bocca. In questo
sottostadio compaiono le prime abitudini; routine entro cui agire gli schemi di azioni primari.

3. (4-10 mesi) compaiono le reazioni circolari secondarie. Il patrimonio comportamentale del piccolo
si arricchisce non comprende più solo comportamenti innati ma si vanno ad aggiungere altri
comportamenti ad esempio quelli di azione su oggetti esterni. Il bambino pur mantenendo grande
intesa per le azioni centrate sul proprio corpo matura un interesse verso gli oggetti del mondo
circostante e diventa propenso verso la manipolazione degli oggetti a maturare un atteggiamento
di esplorazione della realtà e in questa esplorazione acquisisce nuovi schemi d’azione che ampliano
quelli primari fondamentalmente limitati agli schemi d’azione innati. Qui il bambino ripete quei
comportamenti che ha scoperto utili a produrre “spettacoli interessanti” ( si tratta di esplorazione
non ancora sistemica né volontaria, in quanto manca la distinzione mezzi-fini). Si evidenzia una
maggiore consapevolezza del mondo esterno.

4. (8-12 mesi) si osserva un ulteriore complicazione delle possibilità d’azione del piccolo con la
capacità di coordinare gli schemi secondari che sono quelli che il bambino agisce sulla realtà
esterna. Traguardo che viene raggiunto: il piccolo inizia ad operare distinzione mezzi-fini, inizia a
mettere in atto comportamenti mirati all’acquisizione di un fine. Sottostadio mirato all’acquisizione
di un intelligenza in senso stretto. L’azione si fa più complessa: il bambino comincia a coordinare
due schemi motori in sequenza. L’altro importante traguardo raggiunto è l’acquisizione della
permanenza dell’oggetto, precedentemente l’oggetto è come incorporato nello schema d’azione,
esiste nel momento in cui l’oggetto viene agito, non esiste da sé indipendentemente.

5. (12-18 mesi) compaiono le reazioni circolari terziarie. Segnano un ulteriore differenziazione delle
reazioni circolari secondarie, il bambino esercita uno schema d’azione ma viene variato, modulato.
Caratterizzato dalla comparsa delle reazioni circolari terziarie che costituiscono una variazione
sistematica degli schemi motori già acquisiti in vista di un effetto desiderato. Attraverso questa
sperimentazione attiva, il bambino acquisisce nuovi schemi di azione e al tempo stesso articola,
progredisce nella conoscenza della realtà che viene riconosciuta nella sua oggettività.

6. (18-24 mesi) momento decisivo del passaggio da intelligenza. Senso motorio alla possibilità di
sviluppare un intelligenza psicologica basata nelle capacità di pensiero. Ci sono gli elementi che
permettono di passare allo stadio successivo dove ci sono capacità di operare mentalmente nella
realtà. Pur legato all’esercizio degli schemi motori fa la sua comparsa la FUNZIONE
RAPPRESENTATIVA che aprirà la strada alla capacità di pensiero: questa capacità di rappresentativa
si evidenzia in un’attività tipica del periodo pre-operatorio ma che fa già una sua prima comparsa
tra i 18-24 mesi. Si tratta del gioco simbolico che è dato dall’uso di uno schema senso motorio in
rapporto ad un oggetto che non attiva quello schema senso motorio. Vero e proprio inizio della
capacità di simbolizzazione e quindi delle capacità di pensare la realtà che si evidenzia anche nel
grado di imitazione in assenza del modello.

STADIO PRE-OPERATORIO (2-7 anni)


Si caratterizza per il rapido sviluppo delle capacità rappresentative che si esprimono nel fiorire delle attività
ludiche:
 Gioco simbolico: far finta che un oggetto sia un altro
 Gioco di imitazione: presente la componente di accomodazione alla realtà. Si cercano oggetti che
imitino la realtà
 Attività grafica, disegno: usa disegno per rappresentare la realtà in maniera creativa
 Linguaggio: più di ogni altro strumento permette lo sviluppo di una rappresentazione della realtà ed
operare mentalmente in questa realtà evocata.
In questo stadio il bambino acquisisce delle prime capacità per operare mentalmente sulla realtà ma queste
capacità sono limitate. Le azioni mentali non sono ancora sistematiche e coordinate tra di loro dunque non
si può ancora parlare di operazioni mentali in senso stretto. Il ragionamento non è ancora logico, i bambini
non sanno compiere né induzioni, né deduzioni: compiono ragionamenti trasduttivi. Tendono a vedere una
relazione causale che non esiste tra due elementi concreti solo perché i due elementi si verificano insieme,
oppure invertono causa ed effetto.
In questo stadio il bambino non ha ancora acquisito l’idea di conservazione della materia. In questo stadio il
bambino si centra su un unico aspetto della realtà e non è capace di centrare l’attenzione più elementi delle
realtà e di coordinarli tra di loro. Esempio: due recipienti, in questo stadio pre-operatorio il bambino non è
capace di reversibilità del pensiero, se ne fosse capace risolverebbe facilmente i due problemi dei due
recipienti.
L’incapacità del bambino di centrare l’attenzione sui due aspetti della realtà determina l’egocentrismo che
consiste nell’incapacità di tener conto del punto di vista altrui. L’egocentrismo infantile tipico di questo
stadio si evidenzia nel compito di 3 MONTAGNE.
Questo egocentrismo è dato da una confusione tra il proprio punto di vista e quello altrui, tra le proprie
attività e i movimenti degli oggetti inanimati, tra il mondo psichico e quello fisico.
Essa si manifesta attraverso tre tendenze:
 Animismo: attribuire ad oggetti inanimati proprietà che il bambino sperimenta in se stesso e che
sono tipiche degli essere viventi (es. volontà coscienza, pensiero).
 Realismo: tendenza ad attribuire esistenza reale e attribuire caratteristiche materiali a fatti ed
eventi psicologici (nomi delle cose, pensieri, sogni. Si pensa con la bocca o le orecchie)
 Artificialismo: tendenza a ritenere che tutto ciò che ci circonda nel mondo fisico sia stato creato
dall’uomo per raggiungere i propri fini (es. il sole, il cielo, la notte costruite da Dio o da primi
uomini).

STADIO DELLE OPERAZIONI CONCRETE (7-11 anni)


Il bambino diventa capace di impegnarsi in delle operazioni mentali. Capacità di dare plasticità del pensiero
e capacità di reversibilità.
 Seriazione: organizzare mentalmente degli elementi in base a determinati criteri. Possibilità di
compiere inferenze transitive legate all’esperienza concreta.
 Classificazione: classificare gli oggetti in gruppi basandosi su certi criteri, individuando le relazioni
fra i gruppi. Es: inclusione in categorie.
 Numero: idea più matura del numero e della sua invariabilità.
 Conservazione: di volume, lunghezza, numero, dimensione, massa

STADIO OPERAZIONI FORMALI (11 anni- fine adolescenza)


Il pensiero di presenta al massimo livello, è un pensiero scientifico. Il soggetto riesce a condurre
ragionamenti corretti senza la necessità di partire da un dato di esperienza e di verificare il ragionamento
attraverso un dato di esperienza. L’adolescente è in grado di sviluppare un ragionamento ipotetico-
deduttivo, probabilistico.

AUTORI PIÚ IMPORTANTI DELLA PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO


JEAN PIAGET: esprime visione organismica dello sviluppo psicologico, ovvero parte dalla biologia.
L’individuo è un organismo psicologico che progressivamente passa da una fase maggiormente
indifferenziata e prosegue verso una differenziazione delle sue parti. L’ambiente può
accelerare/rallentare/bloccare lo sviluppo però non entra nella dinamica
evolutiva/organizzativa/strutturale dello sviluppo, l’individuo si sviluppa secondo una sua logica interna.

VYGOTSKIJ (1896-1934): attualmente si presenta in una posizione di rilievo, perché costituisce la base di
riferimento per lo sviluppo di una prospettiva contestualista. Studia l’individuo nella sua prospettiva è un
sistema ma questo organismo non si sviluppa secondo una logica interna ma interagendo con un contesto
storico-culturale che entra nell’organizzazione di processi psicologici. Vygotskij aveva una cultura
psicologica, filosofica e letterale.
La teoria storico culturale dello sviluppo vede l’adattamento umano come modificazione attiva della natura
da parte dell’uomo. L’individuo interagisce con l’ambiente fisico e umano utilizzando strumenti materiali e
psicologi (linguaggio, calcolo). L’uomo condivide con gli animali le attività psichiche inferiori
(comportamenti istintivi) e permettono la formazione delle attività psichiche superiori attraverso
l’interazione con i propri simili e gli strumenti psicologici di cui l’uomo è dotato. Le capacità psichiche
superiori sono le capacità possedute dall’uomo non presenti nel mondo animale (ragionamento, volontà,
pensiero logico). Per Vygotskij le funzioni psichiche superiori che caratterizzano il funzionamento
psicologico sono il risultato dello sviluppo storico delle società umane. Il cervello umano è la condizione
necessaria ma non sufficiente per il loro sviluppo, perché questo avvenga infatti, sono necessari anche gli
strumenti psicologici prodotti nel corso della storia dell’uomo e tra questi spicca il LINGUAGGIO.
Con Vygotskij non si parla di uno sviluppo cognitivo che riguarda un individuo astratto ma di una storia
sociale dei processi cognitivi.
Si fa riferimento al materialismo storico di Karl Marx e si distingue:
 Forze di produzione: azione dell’essere umano sulla natura; la produzione di strumenti tramite cui
l’essere umano agisce sulla natura. Lo sviluppo delle forze di produzione porta a:
 Rapporti di produzione: sta alla base delle forze di produzione. Determinano il ruolo in cui le
persone pensano se stesse, gli altri e la realtà.
 Forme di coscienza: si costituiscono tramite il linguaggio

Il sogno di Marx è quello di una società in cui le persone avessero il controllo delle forze di produzione
mentre il sogno di Vygotskij è quello di una persona nuova da avere il controllo dei processi del proprio
comportamento, per poter essere il padrone della propria mente, cioè che sia in grado di esercitare due
funzioni:
 Essere cosciente dei propri pensieri
 Essere capace di agire in maniera volontaria
Esse differenziano le funzioni psichiche inferiori da quelle superiori.

VYGOTSKIJ
Le funzioni psichiche superiori fanno la loro comparsa nello sviluppo due volte:
 Prima sul piano interpersonale, sono divise tra due persone, possiamo pensare ad un adulto che guida
l’attività del bambino attraverso il linguaggio, costituendo un sistema di sistema di segnalazione
culturale che si va a sovrapporre a quello percettivo.
 Poi diventano patrimonio esclusivo della persona (vengono interiorizzate), la persona può fare quello
che prima faceva sotto la guida dell’adulto.
Strumento che permette il passaggio dall’interpsichico all’intrapsichico è il linguaggio. Esso permette la
comunicazione, permette ad una persona di guidare l’altra e permette di essere guidata ad un’altra, esso
inoltre è anche interiorizzato e utilizzato per pensare e dirigere il proprio comportamento.
Dunque il linguaggio svolge per prima una funzione comunicativa e poi svolge una funzione squisitamente
mentale intrapsichica.
Il linguaggio è lo strumento che permette di mettere in relazione l’interpsichico con l’intrapsichico. Esso ha
una funzione comunicativa e può servire per pensare. Il linguaggio è un prodotto culturale (Vygotskij sposa
una visione storico-culturale dei processi cognitivi). E centra l’attenzione sull’evoluzione storico culturale
del linguaggio mettendo in gioco due costrutti:

 Concetti quotidiani (linguaggio quotidiano): non si realizza quello che Vygotskij individuava come
fine dello sviluppo cioè il controllo dei processi del proprio comportamento. Il linguaggio
quotidiano guida ed organizza il pensiero ma il soggetto non è del tutto consapevole delle
operazioni mentali che organizza attraverso il pensiero (spesso svolgevano operazioni in modo
spontaneo senza sapere come). Il linguaggio quotidiano caratterizzato dal fatto che il soggetto non
è consapevole pienamente di ciò che dice (del valore semantico delle parole e della sintassi), dal
modo in cui organizza il pensiero.
 Concetti scientifici (linguaggio scientifico): la persona è consapevole del valore concettuale delle
parole. È in grado di definire categorie di fenomeni e oggetti a cui si riferisce. È consapevole
dell’organizzazione logica della frase. La persona tende ad acquisire il controllo del proprio
comportamento all’uso del linguaggio.

Per Vygotskij l’acquisizione del linguaggio scientifico è un prodotto culturale e va visto nella prospettiva
della modernità, è il risultato dello sviluppo di certe forze di produzione che richiedono certe forme di
pensiero astratte. Per Vygotskij lo sviluppo si intreccia con l’apprendimento e in particolar modo la
scolarizzazione. Esso si connette con lo sviluppo con il passaggio dal pensiero concreto (linguaggio
quotidiano) ad un pensiero scientifico. Dunque la scolarizzazione struttura lo sviluppo.
 Grammatica: operazione metacognitiva, deve riflettere nella struttura del linguaggio.
 Seconda lingua: acquisizione non spontanea ma la persona impara a riflettere nelle strutture del
linguaggio.
 Algebra: metacognizione riguardo le operazioni matematiche

Per Vygotskij lo sviluppo cognitivo è il risultato dell’interazione del bambino con altre persone più
competenti che gli trasmettono strumenti necessari per l’attività intellettuale.
Sviluppo cognitivo: impresa di co-costruzione, cooperativa, il bambino è una sorta di apprendista che si
sviluppa seguendo la guida dell’adulto.
La convinzione di Vygotskij sull’importanza delle influenze sociali, specialmente nell’istruzione nello
sviluppo cognitivo dei bambini si riflette nella ZONA DI SVILUPPO PROSSIMALE. Definita come l’area di
sviluppo potenziale o prossima, si riferisce alla differenza tra il livello di sviluppo effettivo dell’individuo
manifestato quando risolve un compito da solo e il livello si sviluppo potenziale che si potrebbe esprimere
se il compito venisse svolto con indicazioni, suggerimento di un soggetto più competente. Solitamente
l’adulto potrebbe anche essere un coetaneo più competente. Prima le capacità psichiche superiori sono
divise tra due persone e poi vengono interiorizzate.

COSTRUZIONE SOCIALE DELL’INTELLIGENZA (DOISE E MUGNY, 1970)


Riprendendo il lavoro di Vygotskij e Piaget, Doise e Mugny spostano l’attenzione delle relazioni
asimmetriche e quelle tra i coetanei dove vi è un analogo livello cognitivo. Loro ripresero il problema della
conservazione del liquido .
Da Piaget: da due identiche quantità di liquido il problema è riconoscere la conservazione del liquido anche
quando queste due medesime quantità vengono versate, una in un recipiente alto e stretto e uno in un
altro basso e largo.
Proposero questo problema in un contesto sociale in cui stimolavano, in una situazione relazionale la
centrazione in elementi diversi della realtà dicendo: “tu ne hai di più perché è più alto” o “tu ne hai di più
perché è più lungo”.
Questi bambini entrano in un conflitto socio-cognitivo e verificarono che questo conflitto socio-cognitivo
promuove lo sviluppo cognitivo. I bambini entrando in conflitto erano stimolati a superare le centrazioni
egocentriche e ad acquisire una visione più ampia del problema tenendo in conto due elementi della realtà:
sia l’altezza che la larghezza del contenitore.

Piano interpsichico: dato dal conflitto CONFLITTO

Piano intrapsichico: dato dalle implicazioni che questo conflitto per lo sviluppo cognitivo individuale

Il conflitto socio-cognitivo mette a confronto due centrazioni diverse del problema divise tra due individui.
Questo confronto tra due individui ognuno dei quali porta una centrazione del problema produce
INTELLIGENZA. Differenza con Vygotskij e che quest’ultimo centrava l’attenzione sulle relazioni aritmetiche
(adulto-bambino) mentre Doise e Mugny sulle relazioni tra pari.

TEORIA ECOLOGICA DI BRONFENBRENNER


Secondo tale teoria, lo sviluppo è definito come una modificazione permanente del modo in cui un
individuo percepisce e affronta il suo ambiente. In questo contesto l’ambiente ecologico è percepito come
un insieme di strutture incluse l’una nell’altra.
 MICROSISTEMA: uno schema di attività, ruoli e interazioni interpersonali di cui l’individuo in via di
sviluppo ha esperienza in un determinato contesto.
 MESOSISTEMA: comprende la interrelazione tra due o più situazioni ambientali alle quali
l’individuo in via di sviluppo partecipa attivamente (per bambini: relazioni tra casa, scuola e gruppo
dei coetanei; per gli adulti: relazioni tra famiglia, lavoro e vita sociale).
 ECOSISTEMA: costituito da uno o più situazioni ambientali in cui l’individuo in via di sviluppo non è
un partecipante attivo ma in cui si verificano degli eventi che determinano o sono determinati da
ciò che accade nelle situazioni ambientali che comprende l’individuo stesso (per un bimbo: punto di
lavoro dei genitori).
 MACROSISTEMA: cerchio concentrico più esterno costituito da idee, sistemi individuali, valori della
società, rappresentazioni sociali, leggi, ideologie, credenze.

L’orientamento ecologico fa propria e traduce in termini operativi una posizioni teorica per la quale ciò che
è importante per lo sviluppo è l’ambiente così com’è è percepito fenomenico.
La chiave di volta della visione fenomenica dell’ambiente è dato dalla centralità del ruolo che assume la
persona nell’ambiente. Il ruolo non è qualcosa di oggettivo ma un qualcosa che sia nella mente delle
persone. Il ruolo è ciò che definisce il microsistema, la persona ha esperienza nel microsistema in rapporto
al ruolo che assume e in rapporto al ruolo che assumono gli altri nei suoi confronti.
Secondo la prospettiva ecologica lo sviluppo dipende dalle transizioni ecologiche si verifica una transizione
ecologica ogni qualvolta la posizione di un individuo nell’ambiente ecologico si modifica in seguito ad un
cambiamento di ruolo, situazione ambientale o di entrambe. Lo sviluppo è fatto di transizioni ecologiche
che a loro volta sono fatte di cambiamenti di ruolo.
Lo stato evolutivo dell’individuo si riflette nella varietà dei contenuti e nella complessità strutturale
dell’attività che egli inizia e fa perdurare senza essere incitato o essere diretto da altri. Le attività che
l’individuo può acquisire dal suo ambiente di vita, dai microsistemi, dipende dalla varietà delle attività che
sono presenti. La possibilità dell’individuo di far propri i modelli di attività che gli vengono offerti e sono
presenti nei microsistemi dipende dal ruolo che assume l’individuo e dalle aspettative che gli altri rivolgono
all’individuo e queste aspettative si concretizzano nel tipo di relazione che gli altri stabiliscono con
l’individuo stesso. Diventa centrale il ruolo che l’individuo ha nelle relazioni interpersonali.

TEORIA PSICOANALITICA DI FREUD (1856-1936)


Ha inciso sul pensiero psicologico e nella cultura contemporanea del suo complesso. È riconosciuta come
poco scientifica perché è interpretativa e l’interpretazione non si lega col pensiero scientifico. Nella
psicologia accademica alla teoria psicoanalitica viene dato poco rilievo. La psicologia psicoanalitica ha come
sinonimo quello di psicologia dinamica, cioè tutto il problema della vita psicologica è quello di incanalare
questa energia entro determinate strutture per far funzionare determinati meccanismi che determineranno
poi alla locomotiva di viaggiare ed andare avanti invece di esplodere.
Ciò che sta alla base della vita è l’energia psichica che nel linguaggio psicoanalitico è chiamato PULSIONI.
Le pulsioni è un concetto difficile da definire, ma vi si possono fare due differenziazioni:
 Possiamo parlare di pulsioni libidiche che alla base di tutto vi è il desiderio sessuale.
 Pulsioni aggressive e di autoconservazione dall’altro.
Queste due categorie di pulsioni si trovano nei due fondamentali motori dell’evoluzione della specie che
sono costitutivi dall’istinto di autoconservazione (pulsioni aggressive) e nell’istinto di conservazione della
specie (pulsioni sessuali). Esse però tendono ad entrare in conflitto.
Nell’essere umano il contesto entrano in conflitto è costituito dal complesso di Edipo.
Il patrimonio pulsionale è fonte di gravi e drammatici conflitti, le pulsioni entrano in contrasto tra di loro ed
entrano in contrasto con le costrizioni poste dal mondo esterno e limitano la loro espressione. Le pulsioni
tendono ad una loro realizzazione ma la realizzazione di una pulsione tende ad entrare in contrasto con la
realizzazione di un’altra pulsione e con i limiti posti dalla realtà esterna.
Due diversi modelli di funzionamento delle pulsioni:
 Il principio di piacere (infante): tende alla scarica pulsando secondo una modalità immediata e
incondizionata, l’organismo lotta per avere una riduzione della tensione che fa diminuire il dolore e
produce piacere. Ad esempio la fame e mangiare. Il principio del piacere non tiene conto della
realtà.
 Il principio di realtà: caratteristica della personalità adulta. Vengono scaricate piccole quantità di
energia ma solo seguendo una via indiretta. L’apparato mentale esamina la realtà e vanta varie
reazioni possibili da intraprendere prima di permettere all’energia di scaricarsi. Tiene conto della
realtà.

I severi limiti posti alla soddisfazione pulsionale derivano soprattutto dal mondo sociale, la nascita e lo
sviluppo della civiltà ha come diretta controparte la richiesta di una limitazione dei moti pulsionali.
La forma più immediata di realizzazione della pulsione libidica è costituita dall’incesto in cui si realizza
l’unione con la persona che ci ha generati. Secondo la prospettiva psicoanalitica la nascita della civiltà
coincide con il tabù dell’incesto. La civiltà nasce con la richiesta di abbandonare la dimensione istintuale.

STRUTTURE PSICOLOGICHE CHE REGOLANO LA DIMENSIONE PULSIONALE


 ES: sede delle pulsioni su base biologico
 IO: meccanismo di adattamento alla realtà
 SUPER-IO: analogo alla coscienza

L’ES vuole la soddisfazione immediata seguendo il principio del piacere, l’energia dell’ES viene investita in
un’azione su un oggetto che soddisfa un istinto. Il bambino impara che c’è differenza tra se e il mondo
esterno e nasce l’IO. Lo sviluppo dell’IO trae origine dall’incapacità dell’ES di produrre ogni volta l’oggetto
desiderato, l’IO si sviluppa perché necessario per la sopravvivenza fisica e psicologica cui costituisce grazie
al pensiero del processo secondario che è relazionale. Nella sostanza l’io fa da mediatore tra ES e MONDO
ESTERNO, l’io combatte tra due fronti: difendere la sua esistenza dal mondo esterno che lo minaccia,
dall’altro contro un mondo interno troppo esigente. Il super io si sviluppa per ultimo ed è composto di due
parti:
 La coscienza: determinata dalle proibizioni dei genitori. La coscienza punisce la persona con senso
di colpa o con comportamento autodistruttivo.
 L’io ideale: si riferisce ad uno standard di condotte verso cui il bambino tende i propri sforzi.

PSICOANALISI – MECCANISMI DI DIFESA


L’io è al servizio di tre maestri tirannici: l’es, super io e mondo esterno.
L’es: pulsioni che chiedono di essere espresse
Super io e mondo esterno: pongono limiti alla realizzazione pulsante
Il rapporto tra io ed es può essere paragonato a quello tra cavaliere e cavallo, il cavaliere determina la meta
e dirige il movimento; il cavallo da energia per spostarsi.
L’io è sotto costante minaccia, è minacciato dall’es che chiede il soddisfacimento pulsionale dal super io e
dal mondo esterno che chiudono di limitare tale soddisfacimento. Quando la minaccia non può essere
fronteggiato e l’io non ha una soluzione per realizzare tale mediazione insorge l’angoscia e per fronteggiare
l’angoscia l’io ricorre a meccanismi di difesa. Dinamica dei meccanismi di difesa è costituita dalla rimozione
che consiste in un’attività dell’io la quale sbarra la via della coscienza all’impulso indesiderato proveniente
dall’es o qualsiasi suo derivato (es. ricordi, emozioni..). Tutto ciò è come se non esistesse un ricordo rimosso
è un ricordo dimenticato.
Tutto ciò porta allo sviluppo dell’ampio dominio della psiche identificato come inconscio che insieme alla
libido costituisce un altro grande concetto che caratterizza la prospettiva psicoanalitica.
L’inconscio consiste in pensieri e sentimenti rimossi e pertanto sconosciuti. Non può aprirsi alla coscienza
senza cambiamenti come un aumento delle pulsioni, un indebolimento delle difese dell’io o la guida di un
terapeuta. Tra conscio e inconscio c’è un dominio intermedio il preconscio che può diventare conscio
perché non è bandito dalla coscienza in maniera attiva. Diventa conscio tramite il collegamento con il
linguaggio. Secondo la prospettiva di Freud tutto ciò che fa parte dell’es risiede nell’inconscio mentre l’io e
il super io si estendono verso i tre modelli: conscio, preconscio e inconscio.
Il meccanismo di difesa principale è la rimozione che prende forma nell’ambito di specifiche declinazioni dei
meccanismi di difesa che sono:
1. Formazione reattiva: l’io maschera emozioni inaccettabili concentrandosi su emozioni di segno
opposto, spesso in modo esagerato. Es: gelosia o odio di un bimbo per il nuovo fratellino possono
essere esperiti in amore in modo stravagante.
2. Proiezione: meccanismo per cui i pensieri ansiogeni vengono attribuiti a nuove persone e oggetti
del mondo esterno piuttosto che a se stessi
3. Regressione: una persona torna ad un livello di sviluppo precedente, se l’angoscia del presente è
troppo difficile da sopportare si tornerà a momenti più sereni. Le persone agiscono in modo
infantile.
4. Fissazione: avviene quando lo sviluppo di una componente della personalità si ferma. Essa può
avvenire quando la modalità di soddisfacimento del momento è gratificante che il bambino non
vuole abbandonarla.

Un meccanismo di difesa ottimale a cui l’io può ricorrere per mediare la difficile relazione tra esigenze poste
dall’es da un lato e limiti posti da super io e ambiente esterno dall’altro è la SUBLIMAZIONE, cioè il
meccanismo di difesa ottimale. Essa evoca il termine sublime (campo delle belle arti) sia il termine
sublimazione (usato in chimica per far passare un corpo da uno stato solido a gassoso). Freud ricorre a
questo concetto per spiegare attività sostenute da un desiderio libidico ma che non sono rivolte verso una
meta sessuale.

PSICOANALISI – SVILUPPO PSICOSESSUALE


La pulsione libica si sviluppa nel corso della vita secondo un modello stadiale. Secondo Freud lo sviluppo
della sessualità procede in ogni essere umano in una dimensione temporale dell’infanzia all’età adulta. Gli
stadi educativi seguono il principio per cui la crescita sia biologica che psicologica avanza secondo una
progressione che si verifica con regolarità. Nel corso dello sviluppo cambia la zona erogena su cui si
concentra la libido. La transizione da uno stadio a quello successivo dipende da un’interazione di fattori
biologici, motivazionali e ambientali.

 STADIO ORALE (1 ANNO): È dominato dalla bocca, le esperienze orali sono il limite per entrare in
relazione con la realtà, sono fonte di piacere come punto di dolore. In questo stadio il piacere viene
dalla soddisfazione delle pulsioni orali (succhiare, masticare, mangiare) danno gratificazione
sessuale alleviando eccitazioni sessuali che altrimenti sono motivo di tensione. Le tensioni sessuali
sono piacevoli se soddisfatte ma divengono dolorose se non sono appagate. Le conseguenze
negative sono angoscia e pessimismo. Non deve nemmeno avere esperienze eccessivamente
gratificanti altrimenti si generano le fissazioni.

 STADIO ANALE (1-3 ANNI): Investimento pulsionale di una seconda zona erogena quello
uretrale/anale. Il significato erogeno dell’area anale è allegato ad una funzione fisiologica vitale,
l’eliminazione delle feci. La gratificazione pulsionale deriva dal trattenere/espellere le feci, cioè il
controllo dello sfintere. Il bisogno fisiologico di defecare crea una tensione che viene alleviata dalla
defecazione e ciò produce piacere. Anche questa zona erogena come quella dello stadio
precedente oltre al piacere porta alla frustrazione e angoscia. I genitori esigono che il bambino
impari ad usare il vasino e si autocontrolli. Il bambino d’altra parte è frustrato e si trova davanti al
conflitto o di trattenere o di lasciarsi andare.

 STADIO FALLICO (3-5 ANNI): Chiamato così perché il principale centro di interesse dei bambini è
rappresentato dal possesso del fallo nei maschi e dalla sua assenza nelle femmine. Il conflitto è più
intenso per i maschi. Il bambino prova desiderio sessuale per la propria madre e non vuole dividerla
con il padre. Allo stesso tempo il bambino ha paura che il padre per vendicarsi lo possa castrare,
questa situazione è chiamata complesso di Edipo. Per uscire da questa situazione angosciosa il
bambino rimuove il suo desiderio per la madre sia l’ostilità per il padre. Il bambino arriva ad
indentificarsi con il padre si sforza ad essere come lui e lo interiorizza. Questa identificazione serve
come base per molti aspetti della socializzazione, in particolare lo sviluppo del super io e quello di
comportamenti appropriati al proprio sesso. Il super io aumenta il controllo del bambino e
l’adesione alla moralità dei genitori.

 PERIODO DI LATENZA (DA 5 ALL’INIZIO DELLA PUBERTÀ): Subentra un periodo di calma relativa in
cui le pulsioni sono rimosse e non emerge alcun area del corpo che sia fonte di eccitamento. Il
bambino dimentica le pulsioni sessuali dei primi anni rivolgendo i suoi pensieri alle attività
scolastiche. In questo periodo vengono acquisite abilità cognitive e vengono assegnati i valori
culturali. L’io e il super io continuano a svilupparsi.
 STADIO GENITALE (ADOLESCENZA): Gli impulsi sessuali repressi durante lo stadio di latenza
ricompaiono alla luce dei cambiamenti fisiologici che avvengono nella pubertà. Questi impulsi
sessuali si fondano con quelli precedenti ma ora sono diretti verso la sessualità adulta l’azione
diventa più altruistica, la scelta del partener è influenzata dagli atteggiamenti e dal quadro sociale
sviluppato nei primi anni. Alla fine dello stadio genitale viene raggiunto uno stato di relativa
stabilità.

PSICOANALISI – METODO DI FREUD


Freud utilizzò tre metodi fondamentali per la cura delle psicopatologie e sono:
1. Le associazioni libere: questo metodo richiede che il paziente riferisca verbalmente il suo corrente
flusso di pensiero, durante questa sessione di associazione libere il paziente si rilassa in una stanza
tranquilla, mentre Freud si metteva dietro la testa del paziente fuori dal suo campo visivo. Questo
stato di rilassamento e di accettazione favoriva una diminuzione del controllo dal parte dell’io sui
pensieri inconsci, potevano venire a galla pensieri rimossi. Freud riteneva che ogni evento
psicologico avesse un significato, vale a dire che c’è sempre una causa a un pensiero sentimento o
emozione.
2. L’analisi dei sogni: se tutti i pensieri sono significativi e stanno in relazione causale, gli psicologi non
possono ignorare i sogni. Per Freud il materiale più inconscio viene a galla quando un individuo
dorme. Durante i sogni i controlli psicologici usuali sono addormentati e permettono così
l’espressione dei pensieri disturbanti e il suo disfacimento dei desideri. Tuttavia questi pensieri
sono spesso mascherati fino a che non vengono svelati tramite l’interpretazione psicoanalitica
3. Il metodo del transfer: implica un particolare tipo di relazione che si sviluppa tra paziente e analista
durante la terapia. Il paziente vede nell’analista qualche persona importante della sua infanzia
come un genitore e di conseguenza trasferisce nell’analista, i sentimenti e le relazioni che provava
per questa persona. Il transfer aiuta l’analista a scoprire la natura delle relazioni che il paziente
intratteneva con i genitori durante l’infanzia. Certi modelli di interazione sociale si ripetono per
tutta la vita in varie situazioni, inclusa quella che si crea con lo studio dell’analista ma non solo
anche nelle relazioni successive.

PSICOANALISI – IL SOGNO
Opera più famosa di Freud è “L’Interpretazione dei sogni” pubblicata nel 1900, che ha portato un
contributo fondamentale. Il sogno riesce a portare a galla processi psichici molto più facilmente che si può
dire che i sogni sia la strada maestra per l’inconscio. Il sogno conduce ai contenuti psichici che sono stati
rimossi o esclusi dalla coscienza e scaricati ad opera difensive dell’io. L’ipotesi fondamentale è che il sogno
costituisca la realizzazione di un desiderio non realizzato nella realtà, secondo Freud infatti, un uomo felice
non sogna. Il sogno è unna fantasia, e nel sogno avviene che il soggetto per mezzo di questa fantasia
ottiene una gratificazione parziale del desiderio non realizzato nella realtà. Il desiderio che preme verso la
sua realizzazione trova una chiave diretta per la sua espressione nel sogno infantile (es. sognare che il
fratellino non ci sia più).
Diversamente per quanto si verifica nell’infanzia, la maggior parte dei sogni della fanciullezza e della vita
adulta non è affatto riconoscibile come la realizzazione di un desiderio. La gran parte dei sogni appare poco
comprensibile e stravagante e poco collegata alla vita volitiva del soggetto. Gran parte dei desideri sono
inaccettabili per l’io che deve render conto dei limiti posti alla realizzazione delle pulsioni dal mondo
esterno e dal super io. D’altra parte l’io deve render conto anche dell’es, per poter far esprimere le proprie
pulsioni. L’io trova così un accomodamento una via di mezzo per il sogno, permette al desiderio alla
pulsione di esprimersi e di trovare un suo appagamento fantastico, ma a condizione che venga deformata. Il
desiderio non appagato nella realtà, a differenza dell’infanzia, non si esprima chiaramente ma in forma
nascosta.
Differenziazione tra:
 Contenuto manifesto del sogno: risultato dell’azione di censura operata dall’io sul contenuto
latente che opera nel senso di una sua trasformazione.
 Contenuto latente del sogno: esprime il desiderio che tende alla sua realizzazione.

Il sogno utilizza un linguaggio poetico però altamente criptico che può essere spiegato solo entrando nel
particolare mondo soggettivo della persona che lo ha prodotto. Il sogno parla per immagini e si pongono
come simboli che sono il frutto di un lavoro di condensazione e di spostamento. La condensazione rimanda
alla metafora e lo spostamento rimanda alla metonimia. Attraverso il processo della condensazione un
simbolo può revocare, assumere in se una catena di esperienze vissute, pensieri, pulsioni, situazioni anche
tra di loro slegate e anche in contrasto. Attraverso il processo dello spostamento un elemento saliente, un
desiderio, un ricordo, un trauma può essere rappresentato da un elemento neutro che è in una qualche
relazione con il primo. Attraverso i processi di condensazione e di spostamento si opera appunto la
deformazione del contenuto latente del sogno che è costituito dal desiderio non realizzato nella realtà.
Nel 1918 pubblica la sua opera “Al di là del principio del piacere”, in cui riconosce che ci sono alcune
categorie di sogni che non rispettano il principio che il sogno è un appagamento del desiderio e sono le
persone che hanno subito un trauma. Per queste persone il sogno si ripresenta l’evento penoso. Questi tipi
di sogni si ripresentano per Freud nelle nevrosi traumatiche. Nelle situazioni traumatiche i vissuti emotivi
vengono dissociati dall’esperienza. Il sogno ripronendo alla persona l’evento traumatico cerca di ricucire
questo strappo. Questa dimensione al di là del principio del piacere, si può ritrovare nel gioco infantile,
spesso i bambini l’oggetto del gioco è quello di rappresentare esperienze sgradevoli.

ERIK ERIKSON – LA TEORIA PSICOSOCIALE


Da vita sempre in prospettiva psicoanalitica una teoria dello sviluppo psicosociale. Secondo la prospettiva
psicosociale la maturazione fisica ha ripercussione personali e sociali. La maturazione porta con sé una
nuova abilità che apre al bambino nuove possibilità ma che aumenta anche le richiesta della società. Ad
esempio parlare invece di piangere. Si può parlare di adeguamento tra il bambino e la cultura in cui vive.
Erikson parla dei cicli vitali come di un ingranaggio come quando il bisogno che l’adulto ha di prendersi cura
di qualcuno coincide con il bisogno del bambino di ricevere cure, in altre parole ogni bambino è un ciclo
vitale in una comunità di cicli vitali. Il bambino è circondato da altri bambini che stanno attraversando
anch’essi vari stadi, mentre la cultura nel corso di molte generazioni si è adattata al bambino e anche il
bambino a sua volta si adatta alla cultura ad esempio quando si adatta alla scuola.
Lo sviluppo psicosociale è connesso alla cultura in due modi:
 In primo luogo anche se i bambini in tutte le culture possono attraverso la stessa sequenza di stadi,
ogni cultura rivela un modo suo proprio di prendere e promuovere il comportamento del bambino
ad ogni età.
 In secondo luogo c’è relatività culturale anche all’interno di una cultura via via che cambia col
passare del tempo, vi è un progressivo cambiamento della cultura in rapporto al modificarsi delle
situazioni.

Per molti versi Erikson si pone in una prospettiva storica culturale analoga a quella configurata da Vygotskij.
In definitiva, nel mondo esterno esistono culture diverse ed ogni singola cultura presenta una sua
evoluzione e trasformazione nel corso del tempo ma in ogni caso la cultura in rapporto alla motivazione
della persona pone specifici compiti di sviluppo che originano crisi evolutive. Rispetto al compito dello
sviluppo l’individuo può rispondere in due modi, o può riuscire ad adempiere a rispondere al compito
evolutivo oppure può fallire (la crisi può avere esito negativo o positivo). Mentre l’interesse di Freud era
rivolto al lavoro dell’io, a come l’io poteva fronteggiare sia le esigenze del mondo esterno che quelle del
mondo interno.
Erikson si centra sul tema dello sviluppo dell’identità personale. Il tema principale della vita è costituito
dalla costruzione e dall’evoluzione dell’identità personale.
L’identità personale è il senso consapevole dell’identità individuale, uno sforzo inconscio verso la
continuità di un carattere personale, un criterio per il silenzioso agire della sintesi dell’io, il mantenimento
di ideali e dell’identità del gruppo. Dunque è l’accettazione e la comprensione sia del sé che della propria
società. Per tutta la vita ci chiediamo chi sono io? In ogni stadio diamo una risposta diversa, se tutto va
bene alla fine ciascuno studio il senso di identità del bambino viene riconfermato ad un livello nuovo.
Nonostante lo sviluppo dell’identità attraversi una crisi nell’adolescenza, Erikson nota che ciò ha inizio
quando il bambino per la prima volta riconosce la madre e si sente a sua volta da lei riconosciuto.
La crisi dell’identità (adolescenza) si accentua quando vi è uno scollamento delle richieste poste dal mondo
sociale e ciò che l’individuo si sente di dover /poter realizzare. Questo scollamento tra individuale e
culturale si accentua nelle figure giovani in guerra ecc.. ma poi si propone anche se informa ridotta nella
vita di ogni persona.

MODELLO DI SVILUPPO PSICOSOCIALE


Comprende 8 stadi che ricoprono l’intero arco di vita, ogni stadio pone un compito evolutivo (situazione
critica, la persona può risolvere il compito evolutivo oppure no, e avere un esito positivo o negativo).
Esito positivo: fiducia, autostima, iniziativa, operosità, identità, intimità, generosità, integrità.
Esito negativo: sfiducia, vergogna, dubbio, colpa, inferiorità, disperazione.

I primi quattro stadi dello sviluppo psicosociale indicati da Erikson riprendono quelli dello sviluppo
psicosessuale indicati da Freud.
1. STADIO ORALE (FIDUCIA/SFIDUCIA) – FINO 12 MESI: Compito di sviluppo fondamentale di questo
stadio è quello di imparare a fidarsi di noi stessi e degli altri, se ricevono cura e attenzione
imparano ad aver fiducia negli altri che badano a noi e si preoccupano di soddisfare i nostri bisogni.
Senza farne esperienza il bambino non può imparare ad avere fiducia nel fatto che i genitori
presenti quando è necessario e non può sviluppare senso di soddisfazione o di sicurezza personale.
Per Erikson è importante che il bambino impari che non sempre gli altri e se stesso sono degni di
fiducia infatti, senza conoscere la sfiducia il bambino non potrebbe coltivare il sentimento di fiducia
o diventerebbe vulnerabile. Quindi la cosa migliore in questa fase è l’esperienza di un altissimo
livello di fiducia temperato dalla consapevolezza della sfiducia. Il bambino che riesce a raggiungere
questo stadio sviluppa la SPERANZA.

2. STADIO ANALE (AUTONOMIA/VERGOGNA) – DAI 12 MESI AI 3 ANNI: L’infante impara a


controllare le proprie azioni. Lo sviluppo dell’individuo è dominato dall’addestramento all’uso della
toilette ed è anche sostenuto dalla capacità di controllo dell’apprendimento. Nella misura in cui nel
bambino cresce l’espressione della necessità di controllo il genitore comincia a fissare le regole di
comportamento. Erikson suggerisce che attraverso questo processo il bambino impari a sentire
vergogna circa alcuni modi in cui desidera agire diventando sensibile al bisogno di tenere un
comportamento che sia d’accordo con le regole della società. Il bambino deve affrontare una crisi
che consiste nello sviluppo di indipendenza e autonomia rispetto ai genitori e nell’adozione del
comportamento che desidera, restando nell’ambito delle norme sociale evitando sentimenti di
vergogna. La risoluzione della crisi porterà allo sviluppo della VOLONTÀ.

3. STADIO FALLICO (INIZIATIVA/SENSO DI COLPA) DAI 3-6 ANNI: I bambini iniziano ad introdurre un
elemento di competitività nelle loro azioni. Questa fase dimostra il bisogno di iniziativa dei bambini.
Il loro gioco diventa più orientato all’obiettivo/scopo e più animato, può velocemente andare fuori
controllo richiedendo l’intervento dell’adulto che pone dei limiti. Ciò può causare la terza crisi: il
SENSO DI COLPA, quando si trova a bilanciare il proprio desiderio con la richiesta contrastante
dell’adulto.

4. STADIO LATENZA (INDUSTRIOSITÀ/SENSO DI INFERIORITÀ) DAI 6 ANNI ALLA PUBERTÀ:


Caratterizzato da una crescente industriosità, in molte culture sono questi gli anni
dell’apprendimento sia in famiglia che nel contesto scolastico strutturato. Al bambino sono
trasmesse le competenze necessarie per prepararsi alla vita adulta ed indipendente. In questa fase
la crisi deriva dalle interazioni con il dispensatore di queste competenze, il problema sorge quando
invece di ricevere un elogio si è ridicolizzati con uno scarso risultato. Ne deriva un senso di
inferiorità che dura a lungo. Erikson sostiene che noi tutti possiamo mettere a frutto i talenti di cui
disponiamo ed ottenendo il giusto bilanciamento tra industriosità e senso di inferiorità sviluppiamo
un senso di COMPETENZA che costituisce la quarta caratteristica personale fondamentale.

5. STADIO ADOLESCENZA (IDENTITÀ/DISPERSIONE): Si accentua il compito evolutivo di definire la


propria identità personale. Gli adolescenti devono affrontare la creazione di un’identità basata su
un nuovo sé fisico, sessuale e un sé che è molto preoccupato di prima per cose del mondo (es: fede
religiosa, appartenenza politica). L’adolescenza cambia ad una velocità tale che il suo unico modo
per far fronte agli impulsi nei confronti dell’identificazione conduce i ragazzi verso differenti stili di
musica, abbigliamento e attività. Esso è il riflesso del loro bisogno di appartenenza. La crisi della
dispersione si basa nel fatto che il giovane può non essere in grado di assimilare queste scelte della
sua identità e avvertire di essere andato fuori strada o che la vita gli sta passando davanti.

6. STADIO DELLA PRIMA ETÀ ADULTA (INTIMITÀ/ISOLAMENTO): Ricerca dell’intimità con un’altra
persona solo in età adulta quando il senso del sé è forte e l’identità è certa può iniziare a svilupparsi
una relazione che promuove l’intimità e lascia esprimere gli elementi di forza e debolezza di chi ne
è coinvolto. La crisi che affrontano i giovani adulti è quella dell’isolamento, l’essere soli senza una
relazione di intimità con nessuno. Tuttavia con il tempo molti adulti riescono a mantenere relazioni
intime e gratificanti dal punto di vista emotivo e sessuale. Caratteristica presente di cui fanno
esperienza è AMORE.

7. STADIO DELLA SECONDA ETÀ ADULTA (GENERATIVITÀ/STAGNAZIONE): Compito della CURA e


dell’educazione dei figli, non basta avere dei figli per essere generativi, questi ultimi devono essere
allevati e bisogna rinunciare a qualcuna delle proprie necessità per soddisfare le loro. Se non si da
agli altri l’adulto diventa stagnante e assorbito da se. Elemento importante per Erikson è dato dal
fatto che questi ruoli richiedono di spostare l’attenzione dei propri sforzi da se alla cura degli altri.

8. STADIO DELLA VECCHIAIA (INTEGRITÀ DELL’IO/SAGGEZZA): Intensa riflessione sul proprio passato
per una riconciliazione del passato ed presento e col futuro. Se l’anziano avverte di aver raggiunto
ciò che si era prefissato ed è riuscito a soddisfare i propri bisogni riesce a mantenere l’integrità
dell’io. Ha vissuto una vita desiderata. Gli adulti che non possono dire di aver vissuto come
avrebbero desiderato provano disperazione e delusione e temono l’avanzare del tempo. La
riflessione positiva e lo sviluppo di una forte integrità dell’io sono premiati con la caratteristica
personale della SAGGEZZA.

IL GIOCO SIMBOLICO
Nell’ambito dell’analisi psicoanalitico dell’attività ludica infantile assume ruolo di primo piano il gioco del
rocchetto analizzato da Freud. Si parla di un bambino di appena un anno, elogiato per il non buon
comportamento obbedisce costantemente agli ordini di non toccare certi oggetti e non andare in certe
stanze, non piangeva, ma quando la madre si allontanava per alcune ore. Questo bravo bambino aveva
l’abitudine, che disturbava le persone che lo circondavano, di scaraventare lontano da se in un angolo della
stanza tutti i piccoli oggetti di cui riusciva ad impadronirsi, nel fare posto emetteva un “ooo” forte e
prolungato accompagnato da un’espressione di interesse e soddisfazione secondo il giudizio della madre.
Questo suono significava via. Per il bambino questo era un gioco e usava tutti i suoi giocattoli solo per
giocare e gettarli via.
L’osservazione di Freud per confermare la sua tesi è che il bambino aveva un racchetto di legno, intorno a
cui era avvolto un filo, non giocava con questo tirandolo come se fosse una carrozza ma lo getta oltre il suo
letto per farlo sparire, pronunciando il suo “ooo” poi tirava nuovamente il rocchetto fuori dal letto e
salutava la sua ricomparsa con un allegro “da” (da qui). Questo era dunque il gioco completo cioè la
sparizione di un giocattolo e la sua riapparizione. L’ipotesi fondamentale che Freud sviluppa è che il gioco
simbolico è il tramite per il bambino per esprimere esperienze difficili ed assumere in esse un ruolo attivo.
Il gioco del rocchetto era il rapporto come grande risultato di civiltà raggiunto dal bambino e cioè con la
rinuncia al soddisfacimento funzionale che consisteva nel permettere senza proteste che la madre se ne
andasse. Il bambino si risarciva di questa pronuncia nascendo l’atto stesso dello scomparire e del riapparire
servendosi degli oggetti che riusciva a raggiungere. Il primo atto della madre, quello di andarsene era
inscenato come gioco assestante e si verificava più spesso che non la rappresentazione completa con il suo
piacevole finale del ritorno della madre. Il bambino di fronte all’esperienza difficile da gestire della
separazione della madre, attraverso il gioco passa da una posizione passiva ad una attiva. All’inizio il
bambino era stato passivo, aveva subito l’esperienza ora invece ripetendo l’esperienza, che pure era stata
spiacevole, sottoforma di gioco, il bambino assumeva una parte attiva. L’atto di gettare via l’oggetto serve
per il soddisfacimento di un impulso che il bambino ha represso nella vita reale. L’impulso di vendicarsi
della madre che ne è andata. Il tema del gioco in prospettiva psicoanalitica è stata oggetto di
approfondimento da parte di Winnicott. Secondo Winnicott il gioco simbolico si pome come uno spazio
transizionale, che permette la mediazione tra la realtà esterna che costringe ad un ridimensionamento del
soddisfacimento delle pulsioni e la realtà interna.
Winnicott è noto per aver concettualizzato gli oggetti transizionali. Il tipico oggetto transizionale è il teddy
bear che svolge la funzione di mediazione tra realtà interna e realtà esterna (tra il principio del piacere e il
principio di realtà).
L’oggetto transizionale costituisce l’evoluzione dell’esperienza primaria maturata con la madre
“sufficientemente buona”. La madre all’inizio con un allontanamento quasi del 100% fornisce al bambino
l’opportunità di un’illusione, che il suo seno sia parte del bambino. È per così dire sotto il controllo magico
del bambino. Il compito attuale della madre è di disilludere gradualmente il bambino ed introdurlo al
principio di realtà e non di farlo stazionare nel principio del piacere ma la madre non ha speranze di riuscire
a meno che non sia stata capace da principio di fornire sufficienti opportunità di illusione di poter
controllare la realtà. Quando l’adattamento della madre ai bisogni del bambino è sufficientemente buono
esso da al bambino l’illusione che vi sia una realtà esterna che corrisponde alla capacità propria del
bambino di creare e questa sarebbe l’esperienza della creatività primaria. L’oggetto transizionale /lo spazio
transizionale si pone come area intermedia tra la creatività primaria e la realtà oggettiva basata sulla prova
di realtà. Quest’area intermedia di esperienza costituisce la maggior parte dell’esperienza del bambino e
per tutta la vita viene mantenuta nell’intensa esperienza che appartiene alle arti, alla religione, al vivere
immaginativo. In definitiva: il gioco simbolico centrato sull’oggetto transizionale si pone come prototipo
della creatività umana a cui seguiranno altre forme. Per creatività si intende ciò che ha a che fare con lo
sforzo e la capacità di tenere insieme, trovare una mediazione tra il principio del piacere e il principio di
realtà. L’oggetto transizionale dato che è parte di un’area di esperienza intermedia (tra principio del piacere
e principio di realtà) presenta aspetti paradossali, esso non è totalmente sotto il controllo magico del
bambino né al di fuori di ogni controllo. L’oggetto è trattato con affetto e amato, non deve mai cambiare a
meno che non venga cambiato dal bambino. Deve sopravvivere all’amore istintuale e anche all’odio. Al
bambino deve sembrare che l’oggetto dia calore o che si muova che abbia un suo tessuto oche faccia
qualcosa che provi l’esistenza di una sua vitalità. Proviene dall’esterno secondo il nostro punto di vista ma
non secondo quello del bambino, né viene dall’interno, ma non è un’allucinazione. Con la crescita l’oggetto
transizionale non viene dimenticato e rimpianto ma perde valore perché i fenomeni transizionali si sono
diffusi, si sono sparsi.

PSICOANALISI CONDIZIONE POST MODERNA


Anche la psicoanalisi si offre ad una lettura storico culturale. Freud si configura come pensatore di impronta
ottocentesca, secondo la sua prospettiva il problema principale dell’essere umano è quello rappresentato
dal complesso Edipico: problema pulsionale che riguarda la pulsione libidica e pulsione aggressiva. Il
problema fondamentale relativa all’espressione pulsionale è quello della limitazione, di ridurre o
trasformare l’oggetto della scarica pulsionale. A partire dagli anni 70 gli studiosi di orientamento
psicoanalitico cominciano a concentrarsi in un altro problematica che non riguarda la gestione delle
dinamiche pulsionali quanto piuttosto lo sviluppo del senso del sé, al sentimento esistenziale di avere in sé
dotato di coerenza e di stabilità. Interprete di questo orientamento è l’Amleto di Shakespeare.
A partire dagli anni 70 del 900 si delinea la condizione postmoderna in cui si pone la centralità del sé e del
sentimento di essere al mondo con un’identità stabile. Nella condizione post moderna l’enfasi va non sugli
esiti del complesso edipico e nello svilupparsi poi della genitalità quanto piuttosto sugli stadi pre-genitali e
pre-edipici che sono gli stadi in cui si sviluppa e consolida il senso del se.
Nella fase orale si struttura la sicurezza di base.
Nella fase anale si struttura l’idea che esiste in dentro e in fuori, qualcosa d’interno al sé e di esterno al sé.
Nella fase fallica, l’elemento focale è quello di agire sulla realtà, poi pone con forza il problema di limitare le
pulsioni che fa precedere l’individuo verso la fase genitale, verso la sessualità matura.
Secondo la prospettiva di Freud i primi stadi sono sotto dominio materno, è la madre che cura il senso di
sicurezza di esistere e cura e che promuove l’idea che la persona ha un interno e un esterno. Mentre le fasi
successive (a partire dal contesto edipico) cadono sotto il dominio paterno. È il padre che porta al super io.
Tema ricorrente nell’ambito della psicoanalisi attuale e della condizione post moderna la crisi della figura
paterna, il venir meno dell’importanza dell’apporto del padre, di portare le norme. Mentre emerge la
funzione materna che svolge la funzione affettiva. La funzione materna non è una crisi. Il cambiamento
della condizione umana da moderna a post moderna è trattato da Bauman che è il punto di partenza della
riflessione. Riprende il nucleo centrale della sua riflessione, costituito da Freud.

INSICUREZZA E TRAUMA
Si accentua nell’esperienza del trauma. La modernità ha introdotto maggiori e più frequenti situazioni
traumatogene. L’esperienza del trauma può essere dovuta all’espressione ad eventi acuti ma anche a
condizioni croniche che in maniera continua pongono in crisi il sentimento di integrità personale. Secondo
la definizione di Freud il trauma è costituito da un evento della vita del soggetto che è caratterizzato dalla
sua intensità, dall’incapacità del soggetto di rispondervi adeguatamente e dagli effetti patogeni e durevoli
che provoca nell’organizzazione psichica. In termini dinamici è organizzato da un afflusso di eccitazioni che
è eccessivo rispetto alla sua tolleranza del soggetto di dominare, di elaborare queste eccitazioni.
Meccanismo di difesa messo in atto in caso di trauma è la dissociazione, che appare ricorrente oggi nell’età
post moderna. Diversamente dai meccanismi di difesa già visto, la dissociazione non è funzionale alla
rimozione delle pulsioni ma è piuttosto funzionale a mantenere l’integrità del sé o dell’io. Una persona può
dissociare l’esperienza traumatica dalla coscienza e dalla memoria creando una fuga mentale dalla paura e
dal dolore evocati dal vissuto traumatico. Ipervigilanza, dissociazione, confusione sono esempi di operazioni
efficaci al momento dell’avvenimento traumatico ma che possono poi provocare alterazioni dei processi
psichici che nel tempo si traducono in modelli di relazione e strategie di difesa che compromettendo sensi
di continuità della propria identità.
Dissociazione: via di fuga, la difesa estrema contro acuti stati di dolore fisico ed emotivo. Grazie a questo
processo pensieri, sentimenti e ricordi e percezione dell’esperienza traumatiche vengono separate
psicologicamente consentendo alla vittima di funzionare come se il trauma non fosse avvenuto.

TEORIA ETOLOGICA
Teorie di riferimento per la psicologia dello sviluppo. Padre indiscusso della teoria ecologica è Darwin che
pose al centro dell’attenzione il problema della sopravvivenza (come spinta istintuale dell’individuo e della
sopravvivenza della specie). La questione della sopravvivenza rimanda direttamente al processo della
selezione naturale. Gli individui più adatti a sopravvivere e a far sopravvivere la propria specie sopravvivono
e si riproducono mentre quelli meno adatti muoiono e hanno nuove possibilità di riprodursi e trasmettere i
propri geni alle generazioni successive. Conseguenza diretta della selezione naturale è che le specie
cambiano e si dividono in sotto specie. Darwin propose che l’intelligenza e alcuni comportamenti fossero un
prodotto dell’evoluzione, se aumentano le probabilità di sopravvivenza vengono conservati altrimenti
scompariranno. Darwin si è concentrato maggiormente sulla morfologia e la fisiologia degli esseri viventi su
come questa potesse essere tramandato alle generazioni successive e su come fosse plasmata dalla
selezione naturale in prospettiva di migliorare l’adattamento all’ambiente, sia per la sopravvivenza di se
stessi che per la sopravvivenza della propria specie. Gli etologi centrano l’attenzione sul comportamento,
anche il comportamento come la morfologia e la fisiologia può essere ereditato da una generazione all’altra
e svolge una funzione adattiva. Gli schemi comportamentali sono oggetto della selezione naturale.
L’etologia diventa vera e propria disciplina negli anni 30 e figure di riferimento sono Lorenz e Tinbergen che
studiano il comportamento animale. Gli animali sono visti come organismi attivi a differenza del
comportamentismo classico che li vedeva come meccanismi passivi.
La teoria etologica ha posto in primo luogo l’esistenza di comportamenti innati delle specie/specifici. I
comportamenti innati sono gli stessi in una specie e sono ereditati e sono adattivi. Sono sotto il controllo
genetico. Dal momento che sono sempre espressi in un particolare ambiente pre e post natale, l’etologia
mette in luce il contributo biologico al comportamento.

Gli etologi sono d’accordo nel fatto che un comportamento innato abbia le seguenti 4 caratteristiche:
1. Presenza di una forma stereotipata come una sequenza di azioni che non variano in più individui di
una specie
2. È presente senza che ci sia stato un’esperienza precedente che abbia potuto farlo apprendere
3. È universale per la specie
4. Una volta stabilito è slegato da esperienza e apprendimento

I comportamenti innati sono elementi specie/specifici dunque vuol dire che hanno luogo in tutti i membri
della specie. Un comportamento specie/specifico che ha rilevanza per l’attaccamento che è uno delle
tematiche più importanti trattate dalla prospettiva etologica, è costituito dalla risposta, che consiste nella
messa in atto di un comportamento di cura, di fronte alla gestalt del cucciolo.
Gli etologi fanno riferimento a 2 tipologie di comportamenti innati:
1. I riflessi: sono semplici risposte degli stimoli
2. Coordinazione ereditarie: fenomeni comportamentali più complessi sono azioni motorie
coordinate

Un secondo elemento caratterizzante la teoria ecologica è l’assunzione di una prospettiva evoluzionistica. Il


corso dello sviluppo di un individuo segue uno schema che è stato acquisito dalla specie in quanto ne
facilitava la sopravvivenza. Comportamenti sociali come la comunicazione e la cooperazione tra individui
incoraggiano la coesione del gruppo perciò aumentavano la probabilità di sopravvivenza. Attraverso
variazioni genetiche naturali o mutazioni nacquero così nuovi comportamenti. Se permettevano
all’organismo di sopravvivere abbastanza da riprodursi venivano trasmessi alle generazioni successive.
Questi comportamenti diventavano diffusi nella popolazione intera.
Il controllo biologico del comportamento si realizza non solo verso i comportamenti innati acquisiti durante
l’evoluzione ma anche nei termini della predisposizione verso certi tipi di apprendimento. La biologia può
sia attivare che vincolare l’apprendimento.
 In ambito etologico in primo luogo si parla di periodi di sensibilità e di imprinting, che
costituiscono fasi della vita in cui gli animali sono pronti per imparare un nuovo comportamento.
 Un secondo modo in cui la biologia controlla indirettamente il comportamento si trova nelle
capacità di apprendimento generali come ha notato Lorenz, gli esseri umani sono specialisti nella
non specializzazione, cioè della flessibilità dell’apprendimento umano e l’organismo si può adattare
ad un ambiente in trasformazione, per sopravvivere ci si basa meno sulle coordinazione ereditarie
specialmente durante l’età adulta.
 Troviamo poi le capacità di apprendimento specifiche (apprendimento del linguaggio) Chomsky.
I neonati umani sono predisposti ad acquisire il linguaggio.

TEORIE DELL’ATTACCAMENTO
JOHN BOWLBY
Punto di convergenza tra prospettiva psicoanalitica e prospettiva ecologica. Bowlby è legato alla teoria
dell’attaccamento. I primi lavori di Bowlby hanno mostrato che i bambini che facevano esperienza della
separazione e della privazione provavano intense emozioni di dolore, infelicità, disperazione. Egli aveva
anche mostrato che gli affetti a lungo termine di queste separazioni dai genitori potevano essere disastrose
e condurre alla nevrosi nei bambini e adolescenti e alla malattia mentale negli adulti. Veniva rotto il legame
fondamentale tra adulto e bambino.
Qual è la natura di questo legame e come si sviluppa?
Per rispondere a questo Bowlby fa riferimento a due corpi teorici.
 Psicoanalisi: sviluppo del senso del sé, di quelle sicurezze messa in crisi quando viene a mancare il
genitore, tipica della realtà post-moderna.
 Etologia: concetto di imprinting e periodo sensibile, lo rapporta alla centralità della madre. Il
bambino alla nascita ha un periodo sensibile in cui si crea un legame con una figura di riferimento
che costituirà la sua base sicura (madre).

Gli schemi emozionali e comportamentali dell’attaccamento pur essendo frutto della selezione naturale
possono essere viste come risposte prodotte quando nell’individuo si attiva un sistema di controllo di tipo
cibernetico. Il sistema dell’attaccamento si basa su processi di elaborazione delle informazioni che
provengono dall’ambiente esterno ed è organizzato secondo un processo neostatico, la vicinanza con la
madre e l’esplorazione dell’ambiente son i poli questo processo. Quando il piccolo si trova in presenza di un
pericolo scatta l’ansia, il sistema si attiva e il bambino mette in atto comportamenti che producono la
vicinanza con la madre (come il pianto). Quando le circostanze ambientali cambiano e il sistema da il
segnale di cessato pericolo il piccolo riprende ad esplorare. Nel frattempo la sicurezza è stata mantenuta ad
un livello ottimale.
L’attaccamento alla madre è un bisogno primario di stabilire lo stretto contatto fisico con questa figura.
Bowlby confuta l’affermazione di Freud: amore interessato per avere cibo citando l’esperimento con la
scimmia.
Per far sì che la madre sia una base sicura è essenziale la sua disponibilità emotiva. La sensibilità materna
nel riconoscere i segnali del bambino e nel rispondere ad essi in modo tempestivo ed adeguato.
La disponibilità della madre a fungere da base sicura può essere tuttavia compromessa da fattori pratici, la
condizione di avere un lavoro, di dover essere spesso lontano dal bambino. E dalle condizioni psicologiche,
psicopatologiche come la depressione. Per il bambino si fonda una predisposizione innata ed è massima al
momento della nascita del bambino. La madre si identifica totalmente col suo piccolo è come se vivesse
attraverso il suo piccolo e sente in maniera intensa i suoi stati affettivi e fisiologici ed è nelle condizioni
migliori per rispondervi in maniera adeguata.

IPOTESI DELLA DEPRIVAZIONE MATERNA: ipotesi che un sostanziale disturbo dello sviluppo dei legami di
attaccamento con la madre porti a gravi disturbi nello sviluppo. Secondo l’ipotesi della deprivazione
materna i bambini deprivati da cure materne possono essere colpiti nello sviluppo fisico, intellettuale,
emozionale e sociale.
Lo stabilirsi di un legame di attaccamento è il risultato di uno sviluppo .

 Nei primi due mesi si parla di pre attaccamento: il bambino è in grado di riconoscere la madre e la
differenzia dalle altre persone ma non differenzia in maniera netta le risposte. Dunque accetta di
essere in braccio e nutrito anche da altre persone.

 Tra i 2-7 mesi si parla di primo attaccamento: il bambino inizia a prediligere la madre rispetto alle
altre figure, si fa confortare più dalla madre che dagli altri.

 Tra i 7-9 mesi e i 2 anni ansia di separazione: il bambino inizia a fare una netta distinzione tra le
figure di attaccamento e le altre figure, tra i familiari e non i familiari. Inizia la paura dell’estraneo.
Si parla dell’inizio del costruirsi di un legame di attaccamento in senso stretto; il bambino matura
un’intimità con la figura di attaccamento e quest’intimità non può stabilirsi con figure familiari.

 Dai 2-3 anni in poi si ha lo sviluppo del linguaggio, del pensiero: da un lato il bambino diventa più
capace di stabilire un rapporto con la madre, di capire quando è stanca, quando è arrabbiata ,
quando è preoccupata e quando è più tranquilla, dall’altro con lo sviluppo del pensiero inizia a
sperimentare il fatto che la madre è psicologicamente presente anche quando materialmente è
assente. Per queste ragioni il bambino procede verso una progressiva indipendenza.
MARY AINSWORTH
Ha lavorato nella qualità del legame di attaccamento, nel diversificarsi della qualità del legame di
attaccamento, nel diversificarsi della qualità del legame di attaccamento. Il legame di attaccamento si può
anche instaurare ma non per forza è una base sicura.
Diverse tipologie di attaccamento individuate attraverso esperimento strange situation: 7 fasi.

TIPI DI ATTACCAMENTO:
 SICURO: La procedura dello strange situation lo vedrà in seguito all’ingresso dell’estraneo
sospendere l’esplorazione per spingersi più vicino alla madre in particolare l’allontanamento della
madre dovrebbe interrompere la sua esplorazione inducendolo a piangere e cercarla. Tuttavia il suo
successivo ritorno dovrebbe confortarlo abbastanza da porre fine al disagio. I bambini dotati di
attaccamento sicuro sono in genere angosciati da separazione dalla madre ma al momento della
riunione salutano il genitore, ricevano conforto se c’è bisogno e poi tornano a giocare felici e
soddisfatti.
 INSICURO –EVITANTE : Infanti appaiono indifferenti all’allontanamento del caregiver. Ignorano ed
evitano il contatto al momento del ritorno.
 INSICURO – AMBIVALENTE: Sembrano estremamente angosciati al momento della partenza del
caregiver cosicché non solo mostrano resistenza al tentativo dell’estraneo di confortarlo ma lo sono
anche con i genitori al ricongiungimento; cercano vicinanza ma mostrano allo stesso tempo collera.

La qualità del legame di attaccamento entra in gioco nello sviluppo del sé, dell’altro e della relazione tra sé
e l’altro. Il modo in cui si struttura il legame di attaccamento funge da prototipo rispetto a cui il soggetto
struttura un’idea di se stesso. Il sé diviso in due parti: me ed io. L’io è la parte attiva, il soggetto si fa un’idea
di come può agire nella realtà esterna e si struttura un’idea del sé come me, come oggetto dell’azione degli
altri.

 Se c’è stato attaccamento sicuro il soggetto ha un’idea di sé come (io) in termini della possibilità di
agire sulla realtà esterna, in termini di richiamare l’attenzione degli altri.
Me: struttura un’idea di stesso come oggetto meritevole di cure.

 Se c’è stato attaccamento insicuro il soggetto tende a sviluppare un’idea di sé debole e poco capace
di agire sulla realtà e un’idea di sé poco meritevole di essere curato.

La qualità dell’attaccamento include anche sull’idea dell’altro, nei termini di che cosa ci si può aspettare
dall’altro, delle relazioni che si possono strutturare con l’altro.
I modelli operativi interni che si strutturano all’interno dei legami di attaccamento regolano le relazioni che
la persona ha con altri. Ad esempio: i bambini con legame di attaccamento sicuro nella relazione con i padri
nella scuola d’infanzia presentano modalità di relazione cooperativa. Mentre i bambini con attaccamento
insicuro evitante si rapportano con gli altri in maniera fredda e distaccata.

STERN
La vita quotidiana è fatto di episodi per il bambino (allattamento, svegliarsi, essere calmato ecc…). Secondo
la sua prospettiva l’altro che può fungere da figura di attaccamento svolge la funzione di regolatore del sé,
nell’episodio di addormentamento svolge la funzione di regolare questa attività, aiutare il bambino a
calmarsi. Il caregiver quando calma il bambino prova dolore oppure quando spinge il bambino verso
l’esplorazione degli oggetti.
Molto presto il bambino è in grado di ricordare l’episodio di cui fa parte integrante l’altro come regolatore
del sé. La memoria episodica inizia a svilupparsi dai 4 mesi. Gli episodi vissuti diventano immediatamente
per la memoria episodi specifici e con il loro ripetersi episodi generalizzati. Il bambino interiorizza prototipi
mentali che comprendono l’esperienza, episodio vita quotidiana, il sé che è coinvolto in questa esperienza
e l’altro. Regolatore del sé che media il rapporto tra sé e l’esperienza. L’esperienza di essere con un altro
regolatore del sé gradualmente forma delle RIG e queste memorie sono recuperabili ogni qualvolta sia
presente uno degli attributi della RIG, quando un bambino prova una certa sensazione questa richiamerà
alla mente la RIG di cui la sensazione stessa è un attributo.
RIG: Rappresentazioni generalizzate delle interazioni
In definitiva nel corso di esperienze successive il bambino struttura delle RIG tramite cui l’altro regolatore
del sé viene interiorizzato e viene di volta in volta evocato per regolare l’azione del soggetto ogni qual volta
l’esperienza in cui la RIG si è costituita si ripresenta. I compagni possono essere anche richiamati alla
memoria attiva quando il bambino è solo.
La RIG presenta delle analogie se pur se ne discostano che ritroviamo in Bowlby si tratta di strutture mentali
che organizzano senso di sé, dell’altro e offrono un registro su cui strutturare la relazione.

TRASMISSIONE INTERGENERAZIONALE DEI LEGAMI DI ATTACCAMENTO


Stern: idea che la qualità del legame di attaccamento si trasmetta da una generazione all’altra. Questo
schema pone in evidenza il fatto che anche la madre ha le sue RIG, le sue interpretazioni di interazione
generalizzata che rievoca nella relazione col proprio piccolo. Le RIG della madre sono quelle che ha
sviluppato nella interazione con altre persone significative. Tuttavia nella prospettiva di Stern le RIG che la
madre mette in atto per regolare la relazione col piccolo saranno quelle che ha sviluppato nella relazione
con la propria madre. La madre ha una propria storia personale che influenza il modo in cui sperimenta.
Soggettivamente l’interazione con il bambino è un interazione tra bambino-madre che è un ponte tra due
mondi soggettivi. La madre ha modelli operativi del bambino. La trasmissione intergenerazionale dei legami
di attaccamento ha costituito oggetto di molti studi. Figura importante in questo ambito Mary Main che per
studiare le relazioni tra attaccamento infantile e attaccamento adulto ha sviluppato la ADULT
ATTACHMENT INTERVIEW: intervista semistrutturata usata per sondare, in un adulto, le esperienze
relazionali della prima fanciullezza con le figure di attaccamento e per valutare in quale misura egli integra
tali esperienze con le sue relazioni attuali.

QUADRO TEORICO DI RIFERIMENRTO DELLA PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO


CONTEMPORANEA
Articoliamo questo quadro attraverso 3 punti caratterizzarsi da un superamento di vecchie concezioni.
1. Superamento dell’opposizione tra natura e cultura
2. Superamento opposizione tra persone e ambiente
3. Superamento di una visione meccanicistica e determinista dello sviluppo

1. Superamento dell’opposizione tra natura e cultura


Messa in relazione all’assunzione di una prospettiva sistemica. Con natura si fa riferimento al bagaglio
genetico che costituisce la base del comportamento, delle personalità o di qualsiasi altra parte di noi
stessi. Con cultura si fa riferimento alla famiglia, società, educazione e tutti gli elementi ambientali che
condizionano il nostro comportamento e la nostra personalità e qualsiasi altra parte di noi stessi. La
contrapposizione tra natura e cultura, tra coloro che sostengono il peso della natura e coloro che
sostengono il peso della cultura nella dinamica dello sviluppo, è radicata nella storia del nostro pensiero
occidentale.
Al riguardo 2 figure importanti sono John Locke e Jean-Jacques Rousseau.
 Locke: sosteneva che il bambino è una tabula rasa, tutto sta nelle influenze ambientali. Prevalenza
delle culture nello sviluppo.
 Rousseau: configura l’idea del bambino come un buon selvaggio, essere dotato dalla natura di
qualità sociali che l’ambiente rischia di corrompere. Contrapposizione tra natura (positiva) e cultura
(negativa). Nel senso comune vi sono persone che sostengono il peso della natura (ideologia
conservatrice) e persone che sostengono il peso della cultura (progressisti). Dipende da posizione
ideologica e politica.
Inizialmente la psicologia dello sviluppo si è mostrata contraria a riconoscere il peso della natura
sull’evoluzione psicologica dell’essere umano è a partire dagli anni 80 che si è intensificato il lavoro di
ricerca che ha verificato il peso della natura nello sviluppo. Uno studio al riguardo è quello si Bouchard
(1981) che prende il nome di Minnesota Twin Study, lavoro che pone a confronto le esperienze di
gemelli identici monozigoti cresciuti con genitori diversi. La natura accomuna le coppie di gemelli
mentre l’ambiente le diversifica. Se è l’ambiente l’elemento determinante i gemelli avrebbero dovuto
mostrare differenze notevoli invece emerse che i gemelli erano diversi ma solo leggermente ma vi
erano tante somiglianze, nel temperamento, nelle scelte scolastiche e nelle modalità di mettersi in
relazione con gli altri.
Questo studio costituisce un importante punto di riferimento a verifica del peso della natura nelle
dinamiche dello sviluppo. Oggi è ampiamente condivisa la convinzione che lo sviluppo psicologico delle
persone sia funzione tanto dei fattori biologici quanto di quelli ambientali. La prospettiva che porta al
superamento dell’opposizione tra questi 2 ordini di fattori è data dall’idea che fattori biologici e fattori
ambientali interagiscono tra di loro, il che significa che i fattori biologici agiscono sullo sviluppo e si
modulano in rapporto a fattori ambientali e viceversa.
Aspetti genetici e ambientali si intrecciano in ogni singola persona configurando un sistema unico.
Concetto cardine che permette il superamento dell’opposizione tra natura e cultura è quello di sistema.
Schema in cui si da rappresentazione schematica delle relazioni tra sistemi significativi per una
comprensione degli elementi che entrano in gioco nella dinamica dello sviluppo. In primo luogo c’è il
bambino che è un sistema cioè un insieme organizzato di elementi (salute, livello di sviluppo,
personalità, temperamento ecc..). Il sistema del bambino che ha una sua dinamica interna interagisce
con altri sistemi: in primo luogo, il sistema genitoriale che anch’esso è organizzato da elementi interni.
Poi questi sistemi che sono in interazione tra di loro a loro volta interagiscono con altri sistemi
(contesto scolastico, sociale, matrimoniale, lavorativo). Questi sistemi che riguardano i microsistemi
della vita quotidiana a loro volta interagiscono con sistemi più ampi (comunità, società, cultura,
ambienti naturali e artificiali). Il punto fondamentale della prospettiva sistemica è che ogni elemento
del sistema non pesa sull’organizzazione complessiva, in maniera meccanicistica ma pesa in rapporto
agli altri elementi di intersistema, al modo in cui gli altri elementi del sistema entrano in relazione con
l’elemento stesso.

2. Superamento della contrapposizione tra persona e ambiente:


Nella prospettiva attuale la persona non costituisce un polo separato dall’ambiente ma persona e
ambiente sono in interazione. Per argomentare l’idea che l’ambiente non è un elemento statico ma
si ponga come una realtà plastica e dinamica che si struttura e modifica in rapporto allo sviluppo
della persona.
Testo di Daniel Dunn: Analisi vite separate perché i fratelli sono così diversi.
Tema costituito da diversità dei fratelli che vivono nello stessa famiglia ma da un punto di vista
psicologico vivono in ambienti diversi perché ciascuno di essi nel corso dello sviluppo di struttura
uno specifico ambiente di vita che è suo proprio, diverso da quello dell’altro fratello. Il punto di
partenza è costituito da un dato di fatto che i fratelli sono differenti.
Perché l’ambiente porta differenze e non somiglianze?
Proprio nell’ambito familiare entra nell’esperienza del soggetto nella forma di un ambiente non
condiviso, non nella forma di un ambiente condiviso. I fratelli pur vivendo nella stessa famiglia
fanno esperienze di ambienti diversi e questa diversità produce differenze. I fratelli fanno anche
esperienze di un ambiente condivido; condividono l’orientamento culturale, lo status
socioeconomico ma sono più incisivi nella dinamica dello sviluppo gli aspetti che non condividono.

Teoria Bronfenbrenner:
I fratelli espediscono un ambiante condiviso dato il loro essere nella stessa famiglia perché
assumono ruoli diversi. Il concetto di ruolo rimanda al sistema di aspettative che gli altri rivolgono
al soggetto e che il soggetto stesso riconosce come proprie. Possono vivere nella stessa famiglia ma
psicologicamente viviamo in ambienti diversi nella misura in cui assumiamo in quegli stessi
ambienti ruoli diversi. È il caso dei fratelli che assumono ruoli diversi.
Per spiegare le ragioni per cui i fratelli pur avendo patrimonio genetico simile assumono ruoli
diversi e quindi espediscono ambienti diversi si fa riferimento a 2 processi:
 Processo di identificazione operato dai genitori: per varie ragioni cognitive, affettive, l’intento di
ridurre le rivalità tra fratelli i genitori tendono a polarizzare l’identità dei figli pensandoli in termini
contrapposti uno è creativo e l’altro è meticoloso, uno è introverso e l’altro estroverso ecc…
Questo fa sì che i genitori trattano in maniera diversa i figli i quali a loro volta sperimentano
ambienti familiari diversi.
 Confronto sociale operato dai fratelli: il confronto sociale fa si che la relazione tra fratelli sia critica
e difficile. Il confronto sociale riprende la definizione di se stessi in rapporto agli altri. Si definisce se
stessi in rapporto agli altri. Si valutano le proprie capacità e abilità in rapporto all’altro (elemento di
paragone). Questo fa sì che si amplifichino le differenze e la tendenza dei fratelli a percepirsi in
maniera differente e li porterà a rapportarsi all’ambiente in maniera diversa. In definitiva:
l’ambiente non è un qualcosa di totalmente esterno all’individuo ma è un qualcosa che è in parte
interno e in parte esterno. Offre la possibilità di fare esperienze in un certo ambiente ma le
esperienze che il soggetto svolgerà in quel certo ambiente dipendono dall’interazione dinamica tra
persona e ambiente.

3. Superamento di modelli deterministici unicausali in favore di modelli probabilistici multicausali


La psicologia è stata dominata per tanto tempo da modelli di spiegazione che facevano risalire ad
una o poche cause in modo deterministico (obbligato) la spiegazione del comportamento umano.
Le ragioni di questa semplificazione sono riconducibili al fatto che la psicologia doveva affiancarsi
alla religione da un lato e alla filosofia dall’altro. Nel momento in cui rivendicavano la possibilità di
studiare l’uomo in modo scientifico, gli psicologi facendo propri i modelli dominati dalle scienze
forti quelli della fisica. Questi modelli erano di tipo unicausale e deterministico. La fiducia positivista
nella scienza si fondava sulla convinzione che fosse possibile individuare alcune catene casuali certe
e semplici tali da consentire una chiara comprensione del fenomeno ed una loro precisa
manipolazione. L’adozione di questi modelli ha portato a postulare una casualità lineare per la
quale alcune semplici cause esercitano un’influenza unidirezionale sul comportamento. Sono
modelli superati da tempo a partire dalle scienze fisiche. Scienze fisiche che hanno dimostrato che
non è possibile in presenza di numerose variabili fare previsioni deterministiche e ricondurre un
fenomeno all’azione di un'unica variabile. L’introduzione dalla visione sistemica ha modificato il
modo di considerare le variabili e ha spostato l’attenzione alle reciproche interazioni delle variabili
lungo il tempo. Queste interazioni non sono fisse, ma si modificano nel tempo, perciò ad una
visione statica si sostituisce una visione dinamica. Quindi, ogni variabile è allo stesso tempo causa
ed effetto di altre. È impossibile ipotizzare una causalità certa e unilaterale dal momento che tutti
gli elementi del sistema si influenzano reciprocamente. Questo cambio di prospettiva introduce un
elemento di grande complessità. Niente può essere previsto, a partire dal sistema persona,
composto da varie componenti e dai sistemi che fanno parte dell’ambiente in cui la persona cresce
e fa esperienza, a partire da questi elementi di complessità di introduce la complessità del modo in
cui ogni sistema funziona e il rapporto al modo in cui ogni sistema funziona nella relazione con altri
sistemi. Questo porta a grande imprevedibilità negli esiti dello sviluppo.

LINGUAGGIO
Il linguaggio costituisce diversi capitoli della psicologia dello sviluppo. Il linguaggio verbale è un sistema
simbolico logico che usiamo per comunicare con gli altri. Sono suoni che possiamo combinare in vario modo
per formare le parole e ogni parola ha un significato, rappresenta qualcosa. Esistono regole grammaticali
che disciplinano il modo in cui le parole possono essere messe insieme per costruire frasi corrette e norme
sociali che disciplinano l’uso del linguaggio in situazioni differenti.
Il linguaggio umano è creativo e produttivo. Tutti i linguaggi umani hanno caratteristiche comuni tra cui le
regole della generatività e dell’organizzazione.
Le regole della generatività: è la capacità di produrre un numero infinito di frasi di senso compiuto a
partire da un numero finito di parole e regole. Le regole descrivono il modo incui questo sistema funziona.
Le 4 componenti del linguaggio:
1. Fonologia: sistema di suoni di una lingua
2. Semantica: la parte del linguaggio interessata ai significati delle parole e delle loro componenti.
Apprendendo il linguaggio i bambini formano il proprio vocabolario in cui collegano le parole e
determinati significati che non sempre sono corretti all’inizio. Quando il loro lessico si arricchisce
diventano capaci di organizzare le parole che conoscono in gruppi di parole semanticamente
correlate.
3. Sintassi: parte del linguaggio interessata alle regole di combinazione delle parole per formare frasi.
4. Pragmatica: parte del linguaggio interessato al suo uso nei contesti sociali. Riguarda il modo in cui il
linguaggio può essere usato in maniera appropriata in contesti diversi.
1-2-3: uso cognitivo 4: uso sociale

Prima del linguaggio parlato, le espressioni dell’infante possono essere espresse attraverso le espressioni
facciali (linguaggio corporeo) e le prime vocalizzazioni come il pianto, l’urlo, il sorriso e la risata. Il
linguaggio corporeo fa la sua comparsa sin da subito nell’essere umano, dalla nascita. Il bambino esprime
stati d’animo e il linguaggio corporeo è il tramite per comunicarlo per entrare in relazione con gli altri
secondo una dimensione affettiva, empatica. Il linguaggio corporeo poi viene interpretato con quello
verbale. Tuttavia per tutta la vita il linguaggio corporeo rimane il fondamento dell’espressione delle tonalità
emozionali, è fondamentale per la realizzazione e la felicità della persona. Capacità di mettere in relazione
l’uso del linguaggio corporeo con quello verbale.

Teorie:
I teorici dell’apprendimento sociale sostengono che il linguaggio è un tipo di comportamento che
apprendiamo anche se è un comportamento verbale. Sottolineano il fatto che i bambini sono circondati dal
linguaggio dalla nascita anche se inizialmente sappiamo che non possono capirci e rispondere. I teorici
dell’apprendimento sociale, nello sviluppo del linguaggio, enfatizzano l’importanza del rinforzo positivo da
parte dei genitori capaci di influenzare quali suoni, parole e frasi che verranno poi ripetuti in futuro e quindi
attuare un modellamento dello sviluppo del linguaggio del bambino. Dunque suggeriscono che il linguaggio
è appreso attraverso un processo di graduale modellamento che va dai suoni ai suoni simili a parole e poi
diventeranno parole associati a specifici significati.
Alcuni studiosi ritengono che l’apprendimento sociale durante l’infanzia non basta a spiegare gli aspetti
dello sviluppo del linguaggio. Chomsky ha suggerito che gli esseri umani possiedono un innato dispositivo di
acquisizione del linguaggio. Egli non crede che l’apprendimento sociale che si verifica nell’infanzia possa
giustificare tutti gli aspetti dello sviluppo del linguaggio. È improbabile, nella sua prospettiva, che i bambini
possono sviluppare la comprensione delle regole della grammatica o della sintassi di una lingua attraverso il
semplice apprendimento per imitazione e rinforzo. Chomsky pone in risalto il fatto che adulti spesso non
parlano correttamente e ciò renderebbe improbabile che i bambini imparino le norme che regolano il
linguaggio in questo modo. I bambini sono in grado di rilevare le regolarità che esistono nel discorso
quotidiano grazie ad un LAD con cui essi nascono. Il LAD è una struttura cognitiva innata che permette
l’acquisizione del linguaggio e lo sviluppo di grammatica e sintassi.

Polemica Chomsky/Skinner
I bambini non imparano quelle parole o frasi che hanno sentito ma imparano a parlare, acquisiscono regole
e sulla base di queste regole esprimono una creatività linguistica.

È possibile che il LAD rappresenti una specifica parte del cervello e certamente è dimostrato che particolari
parti del cervello sono coinvolte nel linguaggio: emisfero sinistro del linguaggio, che svolge la funzione
fondamentale per il linguaggio verbale
 Area di Broca: linguaggio espressivo
 Area di Wernicke: comprensione del linguaggio, un danno a quest’area impedisce ai bambini di
comprendere il linguaggio a cui sono esposti (danno allo sviluppo).
Connesse tra di loro
Nell’ambito della prospettiva innatista si delinea l’ipotesi del periodo critico, idea per cui esiste uno
specifico periodo temporale. Nella prima parte della vita del bambino, durante il quale il linguaggio
dovrebbe essere appreso per potersi sviluppare normalmente. Le indicazioni relative all’inizio e alla fine di
questo periodo variano (primi 18 mesi-10 anni).
Plasticità: abilità del cervello di riorganizzare le vie neurali sia in risposta all’apprendimento derivato da
nuove esperienze sia per recuperare funzioni perse in seguito ad un danno cerebrale subito.
L’approccio teorico più attuale è quello interazionista dove si integrano le due prospettive teoriche
precedenti: ambientalista e innatista.
Gli approcci interazionisti volti alla comprensione dello sviluppo del linguaggio si fondano sull’interazione di
abilità specifiche del linguaggio (anche innate) con altre abilità cognitive (anche innate) e con gli input del
mondo sociale. Dunque esistono dei programmi interni innati di acquisizione del linguaggio verbale ma che
questi linguaggi interni interagiscono con altre dimensioni della vita psichica e tutto questo interagisce con
stimolazioni che derivano dal mondo sociale.

SVILUPPO FONOLOFICO DEL LINGUAGGIO


Sviluppo della percezione dei suoni del linguaggio.
Fonologia: sistema di suoni di una lingua e le loro possibili combinazioni. Percepire i suoni del linguaggio
vuol dire percepire i fonemi del linguaggio.
La complessità di questa operazione emerge in maniera chiaro quando siamo esposti ad una lingua che non
conosciamo, molto diversa dalla nostra. Quando si verifica questo noi non sentiamo un linguaggio ma un
accavallarsi caotico di suoni, non riusciamo a percepire i fonemi. Quando concepiamo i fonemi, la
percezione dei suoni si organizza attorno a delle unità e poi questa unità si possono combinare tra loro ed
organizzarsi in parole. Nella prima infanzia la percezione dei suoni del linguaggio è superiore a quella tipica
degli adulti estendendosi oltre la lingua madre. A partire tra i 6 e i 12 mesi questa capacità declina in
relazione alle lingue che devono apprendere.
Questo fenomeno sembra in linea con le ipotesi innatiste di Chomsky: se tutti gli individui sono dotati alla
nascita di un sistema/meccanismo di acquisizione del linguaggio allora nel bambino lo sviluppo del
linguaggio qualunque sia la lingua a cui sia esposto deve essere agevolato dal momento che possiamo
assumere che il LAD non conoscerà in anticipo per quale lingua predisporsi. Tuttavia quest’ultimo deve
essere in grado di rispondere in modo specifico a qualsiasi lingua il bambino abbia bisogno di apprendere.
Dunque, forse il LAD è inizialmente fornito di capacità generali per rispondere a tutte le lingue possibili ma
quando inizia a specializzarsi in una lingua, sviluppa una capacità di ascolto e risposta ai suoni di quelle
lingue specifiche a spese degli altri.

Sviluppo della produzione dei suoni di linguaggio:


STADIO CARATTERISTICHE PRINCIPALI FASCIA D’ETÀ
1. Vocalizzazione Pianto, ruttino e tosse 0-6/8 settimane
riflessa/suoni fisiologici
2. Produzione interattiva di Tubare, ridere 6-19 settimane
suoni (risposta al sorriso
dell’adulto con suoni
vocalici)
3. Gioco vocale inizia a Indagine deliberata di suoni 18-30/35 settimane
giocare con i suoni, a
combinare i suoni tra di
loro
4. Lallazione canonica Cantilena che ha come oggetto la 35 settimane - 1 anno
vocalizzazione di suoni (suoni
vocalici) poi questi si legano ai
suoni consonantici fino a che si
ha la produzione di vere e
proprie sillabe in cui vi è
l’accostamento tra consonanti e
vocali contemporaneamente vi è
la ripetizione di queste sillabe.
Diventa canonica quando
comprende suoni e combinazioni
di suoni simili alle parole.
5. Lallazione complessa Uso interattivo della lallazione, 10-15 mesi
esplorazioni di accenti,
intonazioni
6. Parole referenziali Prime parole usate per riferirsi a 12-15 mesi
cose

SVILUPPO SEMANTICO DEL LINGUAGGIO


Il significato della parola riguarda il suo potere evocativo. Il significato riguarda l’insieme degli elementi che
vengono evocati nella mente in corrispondenza a questa specifica parola. Il potere evocativo della parola si
intreccia con il suo potere generalizzante. Le parole, come diceva Vygotskij, è una generalizzazione della
realtà, non evoca un singolo elemento ma un’associazione di elementi. Parlare dello sviluppo semantico
della parola equivale a parlare dello sviluppo del modo in cui la realtà viene generalizzata attraverso la
parola. L’iter evolutivo che scandisce il passaggio dalla semantica tipica delle prime parole del bambino alla
semantica che caratterizza l’uso delle parole nell’adulto e nell’adolescente può essere dettagliato da 2
concetti fondamentali:
 Complessi a catena: caratterizzano la semantica delle prime parole
 Concetti astratti: caratterizzano l’uso maturo delle parole. La parola generalizza la realtà attraverso
un percorso concettuale. Es. parola gatto fa riferimento a concetto ampio: famiglia di animali che
rientra nella categoria felini, categoria mammiferi. Questo modo scientifico, astratto di
generalizzare la realtà attraverso la parola è nettamente diverso dalla semantica tipica del
linguaggio infantile. Vi è dunque, un’organizzazione logica.

La semantica infantile segue il gioco delle libere associazioni dunque le parole infantili assumano un
carattere soggettivo ed egocentrico perché il gioco delle libere associazioni non è codificato, ma segue la
libera soggettività della persona.
La semantica infantile segue un flusso di coscienza (soggettivo, spontaneo) dettato dall’esperienza e dalle
emozioni.
Nel corso dello sviluppo la semantica infantile cede il posto alla semantica dell’adulto ma le cose non sono
lineari perché la semantica infantile entra in gioco nello stesso sviluppo del linguaggio codificato ed entra in
gioco nel definire il significato più profondo delle parole, nel dare alle parole una consistenza intuitiva, nel
far si che una parola concettualmente simile ad un’altra sia poi diversa da un punto di vista psicologico per
quello che riguarda il suo potere evocativo.
Il linguaggio adulto se da un lato è dominato dalla semantica adulta dall’altro rimane colorato dalla
semantica infantile. Nel linguaggio adulto se da un lato ci sono i significati delle parole dall’altro ritorna ad
una dimensione infantile della parola che Vygotskij denomina il senso della parola. Nel linguaggio adulto le
parole hanno un loro significato ma presentano anche un loro senso, il significato rimanda alla dimensione
concettuale della parola, mentre il senso è l’insieme di elementi psicologici (catene associative soggettive
che rimandano ad esperienze di vita e a contenuti affettivi) che sono rievocati dalla parola.

Sviluppo L.Sen:
o 12-15 mesi: Il bambino inizia ad utilizzare le prime parole referenziali, che hanno una consistenza
psicologica. Scoperta improvvisa della denominazione , capisce che tutte le cose hanno un nome
(base cognitiva per l’esplorazione del vocabolario).
o 18 mesi: Esplosione del vocabolario. Ritmo del processo di acquisizione delle parole che cresce in
maniera esponenziale, si passa dall’apprendimento di 10 parole la settimana all’apprendimento di
40/70 parole la settimana.

Dopo l’esplosione del vocabolario, il lessico dei bambini continua ad arricchirsi. Entro i 6 anni d’età si
possiede un vocabolario di 14.000 parole. Con l’uso delle parole referenziali i bambini iniziano a pensare
per categorie e nell’uso delle parole come organizzatori categoriali.
I bambini commettono 4 errori tipici (errori solo dal punto di vista della semantica adulta):
 Sottoestensione
 Sovraestensione
 Sovrapposizione
 Associazione impropria

SVILUPPO SINTATTICO DEL LINGUAGGIO


La sintassi riguarda il modo in cui le parole si combinano tra di loro. Nella prima fase di acquisizione del
linguaggio 14-18 mesi il bambino usa una singola parola (frase monoverbale) e attribuiscono a questa
parola significati più complessi.
L’olofrase (es. orsacchiotto) una parola racchiude il significato di una frase. Con l’olofrase il bambino
denomina una successione di affetti, intenzioni, pensieri che con quella singola parola trovano
un’espressione.
A partire dai 15 mesi i bambini cominciano a costruire espressioni verbali attraverso l’associazione tra due
parole. Il bambino attraverso due semplici parole accompagnandoli con gesti ed interazione della voce
riesce ad esprimere una buona quantità di significati, cioè compone un discorso telegrafico. Il discorso
telegrafico è una frase composta da due parole solitamente nomi, verbi o aggettivi.
A partire dai 2 anni i bambini iniziano a mettere insieme 3 o 4 parole. La frase che ne risulta non è
grammaticalmente corretta ma i loro errori dimostrano che sono in grado di capire alcune regole che
governano la propria lingua.
Entro i primi anni della scuola il bambino acquisisce una notevole competenza linguistica fino a diventare
un interlocutore competente capace di usare le regole grammaticali in maniera corretta e di tener conto
delle eccezioni.
Attorno ai 3/4 anni il bambino diventa capace di organizzare l’espressione verbale secondo un formato
narrativo (J.Bruner).
La narrazione si svolge secondo 4 dimensioni fondamentali che si pongono sia come organizzatori del
pensiero che come organizzatori del linguaggio:

1. Agentività: responsabilità umana delle azioni e il senso delle azioni (il fatto che l’azione è orientata
al perseguimento di uno scopo).
2. Sequenzialità: riguarda l’organizzazione e il collegamento tra eventi di una vicenda.
3. Alternanza tra il canonico e lo straordinario: riguarda la sensibilità del narratore di riconoscere ciò
che segna la natura di una regola e dare ad esso maggior spazio nella narrazione perché ciò che è
straordinario e inatteso richiede una spiegazione
4. Prospettiva: riguarda la capacità narrativa di tener conto dei differenti punti di vista “prospettive
dei protagonisti”.

SVILUPPO DELLA PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE


La pragmatica considera il linguaggio in rapporto agli effetti che esso produce in particolar modo in
rapporto agli effetti che segnano al fatto che si riesca o meno a comunicare il pensiero. La pragmatica
riguarda la capacità del soggetto di agire l’espressione verbale tenendo conto del contesto, tenendo conto
degli elementi del contesto. È tenendo conto di questi elementi che l’espressione verbale acquisisce un
efficacia comunicativa. Il punto fondamentale è che il bambino è dotato di una competenza comunicativa
prima ancora di acquisire una competenza verbale. Il bambino è capace sin dai primi mesi di vita di
modulare la messa in atto di comportamenti espressivi in rapporto al contesto comunicativo, dunque sin
dall’inizio è dotato di una pragmatica della comunicazione prima ancora di dotarsi di una capacità di
espressione verbale. La competenza comunicativa pre verbale si pone a fondamento degli sviluppi
successivi che progrediscono verso l’acquisizione di una competenza verbale. La dimensione pragmatica
dei comportamenti espressivi presenta una sua specificità che è verificata da un punto di vista neurologico
dalle parti della corteccia che sono responsabili della pragmatica della comunicazione. Per quanto riguarda
la pragmatica e l’aspetto sociale del linguaggio è l’emisfero destro ad essere coinvolto. La competenza
comunicativa del neonato è sostenuta dall’esistenza di comportamenti espressivi connessi a specifici stati
fisiologici. Questi comportamenti espressivi sono il pianto e il sorriso.
Pianto: Secondo la prospettiva di Bowlby il pianto ha una valenza sociale ed è funzionale a richiamare la
vicinanza dell’adulto , non solo per acquisire nutrimento e calore ma anche per lo sviluppo del benessere
sociale. Inizialmente il pianto si presenta come comportamento espressivo indifferenziato che segnala un
generico stato di sofferenza. Poi però si articola e infatti la madre riesce a riconoscere diversi tipi di pianto.

Sorriso: Alla nascita è un sorriso endogeno e riflette uno stato diffuso di benessere del bambino. Ma già a 2-
3 mesi assume un valore comunicativo. Il bambino mette in atto il sorriso in rapporto al volto umano. Verso
i 3-9 mesi il sorriso diventa espressione di gioia.

Ogni azione del bambino ha valenza comunicativa, ogni vocalizzo, ogni movimento degli occhi, delle mani…
Questi comportamenti messi in atto dal neonato entrano a far parte di una struttura comunicativa
dialogica segnata dall’alternarsi del ruolo del “parlare” e “dell’ascoltare”. È uno pseudo dialogo non vi è un
contenuto specifico che viene ascoltato e viene espresso, ma quello che emerge è la struttura del dialogo
che è dato dall’alternanza di momenti di azioni e momenti di pausa.
Inizialmente è la madre che gestisce lo pseudo dialogo e da subito valore comunicativo a queste alternanza
naturale e innata (inconsapevole da parte del neonato) e la considera da subito come un prendere la parola
da parte del bambino e un ascoltare. Esempio: l’allattamento al seno. Il bambino agisce (suzione) e la
madre ascolta il bambino, poi il bambino va in pausa e la madre si rivolge al bambino come se avesse
qualcosa da dirgli.
Poi il neonato acquisisce una competenza comunicativa in senso stretto ed è capace di agire in maniera
sempre più intenzionale assumendo il ruolo di chi parla e di chi ascolta. La capacità del neonato di entrare a
far parte dello pseudo dialogo è strettamente connessa alla maturazione biologica.
Un altro aspetto fondamentale della competenza comunicativa preverbale è data dalla gestione dei CICLI
ATTENTIVI: il neonato ha scarsa capacità di muovere la testa però è capace di muovere gli occhi,
naturalmente il guardarsi corrisponde all’attivazione di una reazione interpersonale. Quando il bambino
guarda negli occhi la madre sente di essere in relazione con lei, ha a che fare con le capacità innate. Il
contatto visivo è per il neonato motivo di interesse ma è anche motivo di eccitazione e nello stabilire una
relazione di neonato può andare incontro a una sovraeccitazione e stanchezza e sente il bisogno di
interrompere questa relazione e lo fa distogliendo lo sguardo (chiudendo gli occhi). Nel neonato l’uso dello
sguardo è un fondamentale competenza comunicativa. Tra gli 8 e i 12 mesi compare un comportamento
comunicativo fondamentale che è il pointing. Il pointing consiste nel gesto di indicare ma per il modo in cui
viene agito nel contesto relazionale assume il valore di rivolgere l’attenzione dell’interlocutore verso
l’oggetto che viene indicato. Ha a come obiettivo quello di condividere l’attenzione verso un focus comune.

DANIEL STERN – COMUNICAZIONE INFANTILE


I primi 6-9 mesi di vita: i primi mesi di vita sono come l’altra faccia della Luna, quella che non è mai visibile
direttamente. Ciò che rimane celato è la qualità dell’esperienza soggettiva e come questa possa dare
un’impronta al modo di sentire sé stessi e si rapportarsi alla realtà. La direzione di studio proposta da Stern
è di mettere in relazione il “bambino clinico” con il “bambino osservato”.

Il bambino clinico
Il bambino clinico è compreso nei termini della sua soggettività secondo la prospettiva fenomenologica.
Tradizionalmente, la psicoanalisi ha definito il bambino clinico tramite il lavoro analitico con l’adulto. Il
rischio è che l’infanzia venga compresa solo in base a ciò che viene espresso e interpretato a posteriori.
Il bambino osservato
Il bambino osservato è quello degli studi empirici della psicologia dello sviluppo. Esso si costituisce come un
insieme di capacità che possono essere osservate direttamente. Il limite è che non si coglie la qualità
dell’esperienza vissuta, come il senso del sé, dell’altro e della relazione.

Il mito della simbiosi neonatale


Il dialogo tra bambino clinico e bambino osservato pone in discussione la condizione di uno stato simbiotico
neonatale. La condizione fusionale non sarebbe iniziale, ma successiva al legame di attaccamento. Il
compito primario del neonato non sarebbe differenziarsi dall’altro ma entrare in relazione con lei.
I risultati delle ricerche empiriche verificano che il neonato è pre adattato all’interazione sociale.

La percezione dell’altro
Il neonato manifesta subito la preferenza per il volto umano. A 2 mesi esplora visivamente le parti interne
del volto. È progressivamente in grado di percepire l’altro come “un’isola di coerenza”, integrando la
percezione della voce, dei movimenti della bocca e del corpo.

Il comportamento espressivo del neonato


Con il pianto e il sorriso comunica la qualità dell’esperienza emozionale. La fonazione assume una valenza
comunicativa con i suoni sillabici e la musicalità del cooing. Con l’orientamento dello sguardo attiva,
mantiene o interrompe l’interazione.

Lo sviluppo dell’interazione – Pseudo dialogo


Il neonato è dotato di un’organizzazione endogena, data dall’alternanza di pausa e di attività. Questa
costituisce la trama comportamentale entro cui si inserisce la madre per sviluppare un’interazione
dialogica.

Lo sviluppo dell’interazione – Imitazione


Il neonato tende a imitare attivamente l’altro: azioni facciali, vocalizzazioni, movimenti delle mani e delle
dita. Egli è dotato di una predisposizione innata a percepire corrispondenze crossmodali tra l’azione altrui e
la propria.

Lo sviluppo dell’interazione – Protonarrazione


Pseudo-dialogo e imitazione fondano le protoconversazioni. Il lattante forma sequenze di azioni espressive,
cui la madre risponde come se fosse una storia interessante. A partire dai 4 mesi partecipa a format
narrativi dotati di un “contorno vitale”, come il gioco del “cucù”.

Co-costruzione delle proto-narrazioni


Costituito uno schema proto-narrativo, tipicamente la madre procede secondo un modello del tipo “tema
con variazioni”. Anche il bambino contribuisce ad apportare variazioni e innovazioni, anche se il
riconoscimento di queste dipende dalla sensibilità e disponibilità della madre.

Intersoggettività primaria
L’intersoggettività primaria è data dalla sincronia tra le espressioni facciali, vocali e gestuali del bambino e
quelle della madre. Il rispecchiamento è intuitivo e non è mediato da alcuna elaborazione cognitiva o
simbolica.

Musicalità comunicativa
Trevarthen si riferisce al duetto di movimenti e suoni che diffonde motivazioni e stati intenzionali tra i due
interlocutori. La musicalità comunicativa trasforma il “simile a me” in “con me” e fa dell’altro un regolatore
del sé.
Stern, inizialmente, quando si riferisce all’intersoggettività fa riferimento a quella secondaria, segnata dalla
prima comparsa della consapevolezza della condivisione di intenzioni e significati. Successivamente riferisce
l’intersoggettività primaria ai primi 6 mesi di vita, caratterizzati dal sé nucleare, quando il senso del sé e
dell’altro sono inscindibili dall’esperienza corporea.

Il sé nucleare e l’altro regolatore del sé


Elementi fondanti del sé nucleare, in cui il bambino sperimenta la madre come un “altro regolatore del sé”
sono:
a) Il sé agente: Il sé agente si fonda sul sentimento che le proprie azioni determinano delle
conseguenze. Le azioni rivolte al mondo sociale sono più rilevanti di quelle rivolte al proprio corpo.
Il bambino organizza il sentimento della propria agentività attraverso il feedback della madre.
b) Il sé affettivo: Le emozioni “darwiniane” come gioia, paura e rabbia sono appropriate per parlare
dell’intersoggettività secondaria, ma non di quella primaria e del sé nucleare. Per colmare questa
mancanza, Stern ha introdotto il concetto di “affetti vitali”, poi riformulato nei termini di “forme
dinamiche vitali”. Gli affetti vitali si identificano con il movimento, con il profilo di attivazione, con il
succedersi delle variazioni dello stato di arousal. Gli effetti vitali possono presentarsi o meno
insieme a quelli darwiniani. Ad esempio: un movimento esplosivo può legarsi a rabbia o a gioia,
oppure rimanere un affetto vitale allo stato puro. Il neonato può sentire la forma dinamica vitale
dentro di sé e, ad un tempo, può riconoscerla negli altri. L’organizzazione del sé affettivo si fonda
sul dialogo tra la forma vitale del neonato e quella della madre, sulla capacità della madre di fare da
cassa di risonanza dell’affetto del piccolo. Poiché i profili di attivazione si possono riferire ad ogni
genere di comportamento o di sensazione, un profilo di attivazione può essere astratto da ogni tipo
di comportamento manifesto. I bambini possono accoppiare una varietà di esperienze
comportamentali aventi profili di attivazioni simili, così da sperimentare un medesimo affetto vitale.
c) Il sé storico: Il sé storico fonda il sentimento di “continuare ad esistere” di Winnicott. La capacità
necessaria al bambino per questa forma di continuità è la memoria episodica, che inizia a fare la
sua comparsa nel secondo mese di vita. La memoria episodica si fonda sulle RIG, Rappresentazioni
di Interazioni Generalizzate, costruite sulla base delle caratteristiche comuni di eventi che si
ripetono nel tempo. Una data sensazione richiamerà alla mente la RIG di cui la sensazione stessa è
un attributo. Con la memoria episodica il bambino ha a che fare non solo con la madre presente qui
e ora, ma anche con quella che ha esperito precedentemente. Il compagno regolatore del sé può
essere evocato anche quando il bambino è solo, in situazioni analoghe a quelle che hanno
partecipato alla strutturazione della RIG.

Intersoggettività: connotazioni positive e negative


Per il neonato l’essere con un “altro regolatore del sé” non ha per forza un’eccezione positiva. Questa
regolazione potrà essere tanto salutare quanto patogena. Tutto dipenderà dalla qualità della relazione

La costellazione materna
Il neonato non viene alla luce sotto un cielo proprio, ma sotto quello della madre; se nasce sotto una
costellazione questa è la “costellazione materna”. Prima ancora della soggettività del neonato esiste quella
della madre, ben radicata e strutturata. La costellazione materna è determinata, da un lato, dalle
preoccupazioni legate alla vita e al benessere del piccolo, dall’altro, dai mondi interpersonali di cui la
madre ha fatto esperienza; primo fra tutti quello vissuto con la propria madre. La costellazione materna
determinerà una nuova serie di azioni, tendenze, sensibilità, fantasie, paure e desideri. La madre porta
nell’interazione con il neonato le proprie RIG, ovvero il sedimento di tutta la propria storia personale. Non
solo ha un modello operativo del suo bambino, ma ha anche un modello operativo della propria madre e
del proprio padre, del partener e vari altri modelli operativi che potrebbero entrare in gioco. Attraverso
l’attivazione di specifiche RIG, il mondo psichico delle rappresentazioni della madre, in maniera forte e
decisa, è in grado di forgiare il sé del lattante, pur secondo percorsi non consapevoli e nascosti.

Il temperamento del neonato


Ma il neonato non è affatto una tabula rasa che può essere attivata a piacimento, secondo i profili di
attivazione maggiormente congeniali e familiari alla madre. Il lattante è formato dal suo temperamento,
che costituisce una disposizione psicologica innata, pertinente non tanto al contenuto del comportamento
quanto alla sua forma.

Le tipologie di bambini delineate da Thomas e Chess:


 Facile
 Difficile
 Lento a scaldarsi
Queste evidenziano come ogni bambino possa configurare profili di attivazioni radicati nella sua natura
biologica.

Aspetti clinici dell’intersoggettività primaria


1. Assenza di sintonizzazione affettiva: Il caso di una madre in uno stato cronico di schizofrenia
paranoide che si prende cura della piccola come se fosse un guscio d’uovo in un letto di marmo. La
donna, incapace di sintonizzazione affettiva, è unicamente attenta all’ambiente esterno. La piccola,
facendo proprio il sentimento della madre, cresce centrandosi sui pericoli del mondo esterno.
2. Ipostimolazione: La diminuzione delle sintonizzazioni affettive, in termini di intensità e quantità,
tende ad associarsi alla depressione materna. Le madri depresse: non manifestano quelle
espressioni emozionali esagerate tipicamente utilizzate dalle altre madri; presentano una minore
capacità di agire in maniera consequenziale ai comportamenti del bambino; tendono a rispecchiare
lo stato emozionale del piccolo quando ha lo sguardo rivolto altrove e non quando è rivolto su di
loro. La depressione materna può attivare differenti sensi del sé nucleare: essere depresso con la
madre depressa; essere un rianimatore della madre depressa; essere con la madre come contesto
di sfondo per ricercare stimolazione altrove; essere con una madre non autentica con un sé non
autentico.
3. Sintonizzazione selettiva : La madre, in maniera selettiva e mirata, può interrompere il flusso delle
sintonizzazioni affettive rispetto a specifiche espressioni vitali del bambino e non rispetto ad altre. Il
bambino percepisce che solo certi stati sono considerati dalla madre importanti e che solo questi
costituiscono il tramite sicuro e diretto per raggiungere un’unione intersoggettiva con lei. Il caso di
Molly è segnato da una madre che si sintonizzava con gli stati di entusiasmo ma non con quelli più
calmi. Così Molly iniziò ad esprimere un certo grado di falsità nell’espressione dell’entusiasmo. La
sua predisposizione ad essere entusiasta si era combinata con la sintonizzazione selettiva materna,
con la progressiva formazione di un falso sé.
4. Iperstimolazione e intrusività materna : La propensione della madre, a portare il suo piccolo ad un
livello di eccitazione superiore a quello che sperimenta autonomamente, è parte integrante del
senso di vitalità dell’incontro con un altro regolatore del sé nucleare. A fronte di
un’iperstimolazione qualificabile come tollerabile e prevedibile, si configurano tuttavia forme di
iperstimolazione materna dai contorni patogeni. Un esempio è il caso di Stevie, la cui madre
iperstimolante e dominatrice trasformava regolarmente l’interazione faccia a faccia in un gioco di
“inseguimento ed evitamento”. Quando Stevie non riusciva più ad evitare lo sguardo della madre,
diventava più agitato e finiva per piangere. In altri casi il carattere dell’intrusività materna può
manifestarsi livelli di intensità tali da risultare devastante per l’equilibrio degli affetti vitali del
piccolo. Un esempio è il caso di Molly, segnato da una madre che assume in maniera estrema il
ruolo dominante. La visione delle registrazioni delle interazioni tra Molly e sua madre procurava
una tensione crescente, come “un pugno allo stomaco” che suscitava un sentimento di rabbia.
Molly era capace di guardare attraverso le persone con lo sguardo fisso su un punto. Sembrava aver
imparato che l’eccitazione non è qualcosa che viene regolato su un piano di parità tra due persone
– il sé e “l’altro regolatore del sé” – ma che è soprattutto “l’altro” ad effettuare la regolazione.

Il sé e l’intersoggettività: una dinamica complessa


Ogni determinismo viene escluso dal fatto che sia la madre che il neonato costituiscono dei sistemi
complessi, in cui agiscono elementi diversi: biologici, temperamentali, emozionali, cognitivi, esperienziali,
motivazionali e volitivi, per cui diventa impossibile prevedere come tutti questi si organizzeranno nel dare
vita all’esperienza intersoggettiva. Un esempio è il caso in cui la madre di Sam rispondeva al suo piccolo in
modo ipostimolante. La madre espresse il timore che il piccolo avrebbe teso a cederle l’iniziativa se lei fosse
stata più stimolante e che così sarebbe diventato passivo come il padre. In realtà il suo comportamento
sottotono, paradossalmente, avrebbe contribuito a creare nel bambino proprio ciò che più temeva.
Entrambi, sia la madre che il bambino avevano un temperamento vivace. Ma l’orientamento mentale della
madre avrebbe potuto produrre un esito in fondo meno probabile, con un Sam poco attivo. È sempre poco
prevedibile individuare quale sarà il vissuto della madre che entrerà in gioco nel regolare l’esperienza
dell’intersoggettività con il piccolo, come pure la traiettoria che prenderà l’interazione tra i due.
Riprendendo la metafora cosmica di Stern, ciascuno di noi opera sotto la propria costellazione. Rimane un
problema prevedere il modo in cui il proprio cielo determinerà il senso del sé, momento per momento, e il
modo in cui entrerà in interazione con il sistema stellare dell’altro, regolando così l’esperienza
intersoggettiva.

TEORIA DELLA MENTE


La teoria della mente ha la capacità di attribuire stati mentali, credenze, desideri, intenzioni, emozioni a se
stessi e agli altri e la capacità di comprendere che gli altri hanno stati mentali diversi dai propri. Inoltre ha
come oggetto la psicologia ingenua (del senso comune): le concezioni che le persone comuni hanno sulla
mente e nel modo di funzionare. La psicologia ingenua si basa su un insieme di tradizioni e di convenzioni
usate per spiegare le emozioni e il comportamento della gente.
Teoria della mente, termine connotato da Premack e Woodruff nel 1978: capacità di inferire l’intera gamma
degli stati mentali; credenze; desideri; i8ntenzioni; immaginazione; emozioni che sono causa dell’azione.

Sviluppo e precursori della teoria della mente


Esempio: tratto dalla vita quotidiana.
o 8 mesi : Inseguimento visivo. Il bambino segue lo sguardo dell’adulto
o 12 mesi: importante precursore della teoria della mente è il pointing pro-dichiarativo (gesto di
indicare). Il gesto di indicare assume una funzione proto-dichiarativa. Il bambino indica l’oggetto per
richiamare l’attenzione dell’adulto, dunque ha una funzione comunicativa.

Basi della lettura della mente


 3-4 anni: Il bambino intuisce che vedere porta a sapere (che la persona conosce ciò che vede e
che la visione comporta variazione della conoscenza.
La capacità del bambino di differenziare la realtà della rappresentazione si presenta con la
comparsa del gioco simbolico. È consapevole del gioco di sostituzione che un oggetto sta al
posto di un altro.

La teoria della mente attraversa 3 stadi evolutivi.


1. Stadio del desiderio: Capacità del bambino di cogliere nell’interlocutore un forte desiderio di avere
qualcosa o che qualcosa accasa (12-24 mesi)
2. Stadio di credenza-desiderio: Capacità di elaborare una rappresentazione mentale delle azioni
delle persone, le azioni possono essere presagite in base a desideri e alle credenze attribuiti
all’interlocutore. Nei primi due stadi il bambino presenta una teoria della mente ad un livello
empatico ed intuitivo.(entro i 3 anni)
3. Stadio rappresentativo: Capacità del bambino di distinguere la realtà oggettiva della realtà pensata
che sta nella mente della persona. Capacità che si evidenzia nella possibilità che l’altro costituisca
una rappresentazione della realtà falsa perché fondatesi su conoscenze errate.

Esiste una stretta relazione tra sviluppo della teoria della mente e sviluppo del linguaggio
La teoria della mente implica delle capacità rappresentative e il linguaggio è lo strumento fondamentale per
la mente umana per costruire e sviluppare le rappresentazioni della realtà in generale e una
rappresentazione dell’altro in modo particolare.
Molti studi empirici hanno verificato l’esistenza di una relazione tra sviluppo della teoria della mente e i
punteggi che il soggetto ottiene in un corso di prove di competenza linguistica. Un ruolo significativo nel
corso dello sviluppo della teoria della mente è dato dallo sviluppo del lessico psicologico. Il linguaggio che
utilizzano i bambini è piano di parole psicologiche che esprimono intenzioni, desideri, stati interni dell’altro.
Importante è il ruolo del caregiver nel dare nome alle emozioni. Da un punto di vista psicologico l’uso del
linguaggio verbale può essere sostituito dall’uso di altri sistemi di simbolizzazione. I risultati di uno studio
condotto da Meristo et al. (2007) hanno mostrato che i bambini sordi introdotti alla lingua dei segni sin
dalla nascita (segnanti nativi) possedevano l’abilità di teoria della mente paragonabili a quelle dei bambini
in grado di sentire, mentre i bambini segnanti non nativi ottenevano un punteggio molto più basso nei
compiti di falsa credenza.
In rapporto alla spiegazione della teoria della mente si delinea oggi 2 prospettive teoriche:
N.B: sono due distinti modelli teorici che si applicano a differenti fasi dello sviluppo della teoria della mente.
 Teoria – teoria: Riguarda la meta-rappresentazione che prende in considerazione il bambino a
partire dai 3-4 anni. Spiegazione rappresentativa della teoria della mente suggerisce che un
bambino non può avere una piena comprensione della nature delle false credenze fino a
quando non compie una decisione cognitiva usando la meta-rappresentazione. (non prima dei
3/4 anni)
 Teoria della simulazione: Bambini più piccoli e ipotizza l’esistenza di meccanismi innati sulla cui
base si costruisce la possibilità di comprendere l’altro. I teorici della simulazione suggeriscono
che siano programmati biologicamente per comprendere le credenze, i desideri e le
motivazioni nelle menti degli altri. Ad un livello innato comprendono l’altro attraverso noi
stessi come se fosse un “come me”. Questo sente l’altro come me è dato dalla naturale
tendenza del bambino ad imitare il comportamento dell’altro. La teoria della simulazione
sostenere che sono i “neuroni specchio” a rendere possibile la valutazione dell’altro “come
me”. Per esempio: se vediamo un comportamento, i neuroni specchio rievocano l’azione
dell’altro dentro di noi e di conseguenza sperimentano empatia (comprensione empatica
dell’altro).

Le aree cerebrali in cui sono collocati i neuroni specchio coincidono in buona parte con le aree cerebrali che
vengono attivate nell’esecuzione dei compiti che richiedono l’esercizio della Teoria della mente.

METACOGNIZIONE
La metacognizione riguarda la cognizione della cognizione. In generale riguarda la conoscenza che il
soggetto ha del suo funzionamento mentale e questa conoscenza è il presupposto per ottimizzare l’utilizzo
delle proprie capacità mentali. In termini pragmatici l’espressione della metacognizione consiste
nell’ottimizzazione delle proprie capacità mentali. La metacognizione aumenta la capacità del soggetto
nell’esecuzione di differenti compiti cognitivi (a scuola).
La metacognizione comprende aspetti diversi del funzionamento mentale, come diverse strategie utili per
apprendere e risolvere problemi. Una componente fondamentale della metacognizione è la metamemoria,
che comprende la conoscenza generale sulla memoria e in particolare include la conoscenza rispetto alla
propria memoria personale.

Sviluppo metacognizione nei bambini


Fino a 5-6 anni: Conoscenze limitate sul funzionamento della memoria tuttavia ha già acquisito regole di
base (es: sa che concetti familiari sono più facili da apprendere rispetto a concetti non familiari). Emerge la
tendenza del bambino a sovrastimare le proprie capacità mnestiche.
Nel corso della scuola primaria emerge progressivamente la capacità metacognitiva di monitore
consapevolmente i propri processi mentali. Si sviluppa l’apprendimento autoregolato cioè
l’automonitoraggio dei pensieri, sentimenti e comportamenti intrapresi per raggiungere in obiettivo
(accademico e socio-emozionale).
7-8 anni: I bambini iniziano ad usare segnali d’aiuto per migliorare il processo di memorizzazione.
Dagli 11-12 anni: Si sviluppano la consapevolezza e la conoscenza delle proprie capacità mnestiche.

Sviluppo metacognizione negli adolescenti


Con lo sviluppo del pensiero astratto si sviluppa anche la metacognizione. L’adolescente è capace di
riconoscere i livelli di attenzione richiesti da un compito e qual è la strategia più appropriata per affrontare
un determinato compito cognitivo. L’adolescente mostra un elevato livello di variabilità interindividuali.

IL TEMPERAMENTO
Cattel e Guilford per classificare diversi aspetti del comportamento distinguono tra :
 Il che cosa: si riferisce al livello di abilità
 Il perché: si riferisce alle motivazioni e alle finalità
 Il come: si riferisce allo stile comportamentale definisce il temperamento

Non esiste una definizione di temperamento condiviso da tutti ma autori diversi enfatizzano aspetti diversi.

Allport : Il temperamento si riferisce ai fenomeni caratteristici della natura emotiva dell’individuo, inclusa la
sua suscettibilità alla stimolazione emotiva, la sua usuale forza e velocità di risposta, la qualità prevalente
del suo umore, e tutte le peculiarità della fluttuazione e dell’intensità dell’umore; questi fenomeni sono
concepiti come dipendenti dalla composizione contestuale, e perciò largamente ereditari nella loro origine.

Bates: Il temperamento consiste nelle differenze individuali a base biologica rilevabili nel comportamento,
che compaiono molto precocemente e sono stabili nel corso del tempo e in situazioni diverse.

Il temperamento presenta 4 caratteristiche fondamentali:


 Stabilità: Nel corso dello sviluppo
 Continuità: Rispetto a differenti insiemi di comportamento
 Dipendenza dal contesto: Specifici tratti temperamentali si evidenziano un rapporto a specifiche
situazioni.
 Comparsa precoce: Numerosi schemi di temperamento e compaiono sin dalla nascita

Studio e misura del temperamento


Thomas e Chess (1987), con un ampio studio longitudinale, descrivono 9 dimensioni del temperamento.
1. Livello di attività: Attività motoria e proporzione tra periodi attivi e inattivi
2. Ritmicità o regolarità: Prevedibilità o imprevedibilità degli orari delle funzioni biologiche come
fame, sonno, defecazione
3. Approccio o ritirata: Carattere della risposta iniziale ad una nuova situazione o un nuovo stimolo
(nuovo giocattolo, persona o luogo)
4. Adattabilità: Risposta riferita a situazioni nuove o modificate, qui non interessa la risposta iniziale
ma la facilità o difficoltà con cui questa si trasforma nel senso desiderato.
5. Soglia sensoriale: Intensità della stimolazione necessaria ad evocare una risposta riconoscibile a
prescindere dalla forma specifica che può assumere la risposta.
6. Qualità dell’umore: Comportamenti ed espressioni di stati d’animo piacevoli e allegri.
7. Intensità sulle reazioni: Livelli di energia delle risposte positive-negative.
8. Distraibilità: Efficacia di uno stimolo esterno nello ostacolare o deviare il comportamento in corso.
9. Perseveranza e durata dell’attenzione: Queste due categorie sono generalmente correlate. La
perseveranza denota la capacità di continuare un’attività nonostante ostacoli o problemi. La durata
dell’attenzione riguarda al periodo di tempo consecutivo dedicato ad una particolare attività senza
interruzioni.
Thomas e Chess verificheranno l’esistenza di 3 tipi di temperamento di base:
 I bambini “facili”: Che costituiscono il 40% del campione. Sono socievoli, adattabili, di umore
positivo; hanno regolari funzioni corporee e un’intensità lieve di emotività.
 I bambini “lenti a scaldarsi”: tendono a fuggire ad uno stimolo nuovo ma poi vi si adattano
gradualmente, hanno generalmente un umore negativo e manifestano poche reazioni emotive pur
avendo funzioni biologiche regolari.
 Bambini “difficili” : Forte disagio psicologico e non si adattano facilmente alle nuove esperienze;
precedentemente hanno un umore negativo e forte intensità emotiva nonché funzioni corporee
irregolari.

Buss e Plomin hanno elaborato un modello del temperamento più semplice di quello di Thomas e Chess,
costituito da:
 Emotività: Tendenza a provocare paura e collera
 Attività: Ritmo, vigore e tenuta del comportamento
 Socievolezza: Tendenza a cercare di essere sentirsi gratificato dall’interazione sociale e dalla
responsività verso gli altri.

Kagan: l’inibizione comportamentale


Altro autore di riferimento che scommette sulla possibilità di semplificare ancor di più la questione
individuando un’unica categoria comportamentale denominata: inibizione comportamentale, cioè la
tendenza ad accogliere/evitare le novità.
Kagan verificò che l’unica qualità psicologica che si può preservare dai primi 3 anni di vita all’età adulta era
la disposizione chiamata passività; il modo in cui il bambino reagisce alle novità.
Individua 2 categorie di soggetti:
 Inibiti: timido, controllato e chiuso alle novità.
 Disinibiti: estroverso, spontaneo, aperto alle novità negli stessi contesti.

I due tipi temperamentali, inibiti e disinibiti, si distinguono per differenti misure fisiologiche. Gli inibiti
hanno battiti cardiaci più elevati e stabili, maggior tensione motoria e livelli più alti di cortisolo, ciò
suggerisce soglie di reattività inferiori nel loro sistema limbico che entra in gioco nella regolazione delle
emozioni e del comportamento. Kagan con vari studi longitudinali ha anche dimostrato che il modo in cui il
bambino risponde a situazioni nuove costituisce un tratto temperamentale dotato di forte stabilità nel
corso dell’età.
Le 4 dimensioni temperamentali di Rothbart
1. Emotività positiva (estroversione): tendenza ad accostarsi a nuove esperienze con emozioni
positive.
2. Affettività negativa (ansia): tendenza a rispondere alle nuove esperienze con ansia e
allontanamento.
3. Curva dell’attenzione: durata dell’orientamento o interesse.
4. Autoregolazione/controllo volontario: capacità di regolare l’attenzione o il comportamento
oppure di calmarsi.

Metodi usati per studiare il temperamento


 Somministrare ai genitori dei questionari che chiedono di valutare le modalità comportamentali del
bambino secondo la scala di Likert da 1 a 5. Metodo utilizzato da Thomas e Chess, ma anche da
Buss e Plomin.
 Osservazione diretta del comportamento e uso degli indici fisiologici: Kagan
 Valutazione sperimentale: Rothbard. Test per la valutazione della teoria della mente.

Spiegazione delle differenze di temperamento – Geni e Biologia.


Molti studiosi sono d’accordo sul fatto che il temperamento è dotato di una base biologica, verificare sia
dagli studi sui gemelli omozigoti sia da studi longitudinali sulla stabilità del temperamento nel corso
dell’età.
 Ricerca di Buss e Plomin sui gemelli monozigoti: Ha verificato che hanno un temperamento tra loro
più simile rispetto a quelli dei fratelli omozigoti.
 Ricerca longitudinale Australian Temperament Project: Condotta su 2333 famiglie ha verificato la
stabilità dei tratti temperamentali dell’infanzia fino all’età di circa 8 anni.

Kagan che ha considerato il tratto temperamentale dell’inibizione e ha fatto uso di indici fisiologici, ha
portato prove a supporto dell’ipotesi che le differenze temperamentali individuali possono essere connesse
all’attivazione dell’amigdala.
L’amigdala prepara il corpo a rispondere a situazioni percepite come minacciose: frequenza cardiaca, livello
di cortisolo, dilatazione della pupilla, pressione sanguigna.
L’attività dell’amigdala è connessa all’attività della corteccia cerebrale, particolarmente a quella dei lobi
frontali.
La componente genetica del temperamento non fa si che gli stili di comportamento non si modifichino
questo perché il cervello è “plastico” e i sistemi biologici si modificano con lo sviluppo e l’esperienza.
Questo è particolarmente vero per i lobi frontali che svolgono una funzione autoregolativa. Inoltre, gli studi
sul temperamento enfatizzano anche l’azione di modellamento che può esercitare l’ambiente, a livello
familiare troviamo le aspettative parentali che è più peso del sistema culturale di norme, valori e credenze
del macrosistema di appartenenza. Un ruolo particolarmente significativo nella modificazione del
temperamento è svolto dalle variabili materne:
 Stabilità: Qualità del legame di attaccamento. Correlazione tra stabilità e prevedibilità del
comportamento materno, che caratterizza l’attaccamento sicuro, e lo sviluppo nel bambino di tratti
temperamentali che predispongono ad un buon adattamento all’ambiente.
 Depressione materna: Ruolo negativo svolto dalla depressione materna. I bambini presentano un
attaccamento non sicuro e hanno più probabilità di presentare difficoltà comportamentali di tipo
temperamentale (scatti d’ira, disturbi del sonno ecc..).

Thomas e Chess hanno focalizzato l’attenzione sulla stabilità o meno del temperamento difficile, un quadro
temperamentale a rischio perché può determinare ad età successive quadri psicopatologici. Sottolineano
l’importanza di riuscire, da parte dell’adulto, a predisporre una modalità relazionale col bambino che sia
compatibile col suo temperamento. Propongono il concetto di Godness of fit definisce come le componenti
genetiche e le forza ambientali si combinano e interagiscono per produrre nel corso del tempo a risultati di
sviluppo positivo o negativo.

RELAZIONI TRA PARI


Relazioni verticali Relazioni orizzontali o tra pari
Si formano con una persona che ha un potere Si formano con persone di livello paritario
superiore a quello dei bambini (es. genitori, (accezione dei pari come simili a sé)
insegnanti)
Interazione di tipo complementare (es. insegnare- Interazioni di tipo reciproco (non esiste una
imparare) distinzione dei ruoli)
Funzione principale: fornire sicurezza e facilitare Funzione: fornire ai bambini l’opportunità di
l’acquisizione di conoscenze apprendere le abilità tipiche delle relazioni tra pari:
cooperare, competere condividere, assumere ruoli
di prestigio nel gruppo, fronteggiare gli attacchi dei
compagni.
N.B: Distinzione tra essere coetanei e essere pari. Il fatto di essere coetanei e avere la stessa età non
significa essere dei pari, spesso i coetanei presentano rapporti di forza che non sono paritari. Per paritari si
possono dire due interlocutori che presentano lo stesso potere.
Le relazioni fra pari svolgono un ruolo fondamentale nello sviluppo delle competenze sociali.
Nell’ambito delle relazioni tra pari il bambino esprime comportamenti prosociali, di sostegno e di aiuto
all’altro. A fondamento dei comportamenti prosociali si pone l’empatia che è data sia dalla capacità di
comprendere il punto di vista dell’altro sia dalla capacità di provare le emozioni che prova l’altro. Dal
sentimento di empatia si può originare il sentimento di simpatia ovvero una risposta affettiva di dispiacere
o preoccupazione per lo stato di difficoltà o sofferenza o bisogno in cui si trova l’altro. Fin dalla nascita il
bambino presenta una sorta di empatia globale che consiste nella tendenza a farsi contagiare dallo stato
emozionale dell’altro. Al partire dal 2 anno di vita il bambino è in grado anche di rispondere alla condizione
emozionale dell’altro mettendo in atto comportamenti di aiuto, in cui si delineano sia il contatto fisico e il
conforto verbale.
Un comportamento si definisce aggressivo quando reca danno all’altro in termini fisici o psicologici. A
partire dal primo anno di vita al bambino possono apparire comportamenti che recano danno all’altro, ma
esprimono l’incapacità del bambino di coordinarsi, di controllare il proprio comportamento. Ad esempio
urtare, buttare a terra l’altro, battere con la mano il viso dell’altro.
 Aggressione strumentale: Presente nei bambini piccoli e riguarda l’uso di azioni che assumono una
tonalità aggressiva, funzionali ad ottenere gli oggetti.
 Aggressione ostile: Prima costruzione di aggressività contro gli altri. I bambini prima si avvalgono
dell’aggressività fisica per poi cedere il passo all’aggressività verbale.
 Aggressione fisica e aggressione verbale sono aggressioni dirette.
 Aggressione indiretta: riguarda una forma di comportamento più raffinata che è volta a emarginare
una persona può anche essere denominata aggressività relazionale.

Attività in cui il bambino interagisce con gli altri bambini è costituito dall’attività ludica in cui il bambino
mette in atto tutta una gamma di comportamenti prosociali a comportamenti aggressivi. Il modo in cui il
bambino si relaziona con gli altri presenta vari sviluppi. Mildren Parten propone delle categorie del
comportamento di gioco in età prescolare:
Categorie Descrizione
Libero Il bambino non è coinvolto in nessuna attività.
Da spettatore Il bambino osserva gli altri ma non si unisce a loro
Solitario Il bambino gioca solo lontano dagli altri.
Parallelo Il bambino gioca attorno agli altri, con gli stessi
oggetti, o svolge un’attività simile agli altri senza
interagire con loro. Vi è un gioco di reciproca
imitazione, il bambino tende ad imitare ciò che fa
l’altro e di conseguenza l’altro è condizionato.
Associativo Il bambino interagisce con gli altri mentre partecipa
alla loro stessa attività
Cooperativo Il bambino interagisce con gli altri in modo
coordinato e complementare che può richiedere
condivisione e sostegno reciproco.

Il gioco con regole introduce un elemento competitivo e possono presentare un aspetto aggressivo (per
l’elemento di prevalere sull’altro). Le regole fungono da tramite per la coordinazione dell’azione dell’uno
rispetto all’azione dell’altro.

La competizione animale VS competizione umana


La competizione animale è funzionale alla sopravvivenza ed è scatenata dalla scarsità delle risorse
necessarie alla sopravvivenza. Questa scarsità di risorse determina la competizione e ogni individuo lotta
contro gli altri per caparrarsi le risorse.
Nella competizione umana è si presente questo aspetto, ma non solo. È rilevante la dimensione cognitiva, la
competizione umana è funzionale alla conoscenza di se stessi e degli altri. Anche nella competizione umana
è motivata dall’esigenza di acquisire risorse che per la loro natura sono limitate o più in generale è motivata
dall’esigenza di acquisire un certo successo sociale. La competizione in questo senso verrebbe rafforzata
che quando si vince si viene ricompensati e quando si perde vengono ricompensati gli altri. Di fatto, la
competizione umana avviene anche quando l’uomo non deve combattere per l’acquisizione di risorse. Le
condizioni fondamentali della competizione umana sono date dalla condivisione del compito e dalla
condivisione di criteri di valutazione dell’esecuzione del compito.
Festinger (1954) studiò il confronto sociale a quale egli ha elaborato una propria teoria. Secondo lui gli
umani ricorrono al confronto sociale in primo luogo per verificare la correttezza o meno delle proprie idee
sul mondo e di acquisire conoscenze su stessi sulle proprie capacità. Per definire le proprie abilità occorre
fare un confronto con le abilità degli altri. Il confronto con gli altri porta a un fondamentale elemento di
lealtà necessario per definire se stessi, può farsi che un successo risulti privo di valore come pure un
insuccesso. Questo si verifica quando tutti riescono in quel compito o quando nessuno riesce in quel
compito.
La competizione si associa ad uno stato di ansia che può essere più o meno forte, più o meno gestibile a
seconda delle caratteristiche delle situazioni e anche a seconda delle caratteristiche del soggetto. L’ansia
costituisce sempre comunque un elemento che insorge quando si entra in competizione. Difatti, la persona
mette in gioco la definizione di se stesso a livello di abilità. L’ansia è attivata in una situazione di pericolo
intrinseca, perché rischia di veder sconfermate le proprie abilità, mentre la competizione è mossa dal
tendere ad affermare il livello delle proprie abilità.
Il valore adattivo della competizione fa sì che il bambino conosca se stesso, e modalità comportamentali
per l’adattamento alla realtà.
Possono variare le modalità per cui una persona affronta una certa competizione:
Competizione centrata sul compito vs competizione centrata sul risultato
Nella competizione centrata sul risultato il problema è dato dall’altro e dalla sua capacità di superare l’altro
anche barando. La soddisfazione deriva dal fatto di aver superato l’altro. L’altro non viene visto come un
avversario ostile, è più un occasione di confronto. Diversamente, la competizione centrata sul compito il
problema non è l’altro, il focus dell’attenzione è di esprimere al meglio le capacità, di progredire
nell’espressione delle proprie capacità. Quello che deve essere superato è se stessi.

Relazioni di gruppo
Parker definisce un gruppo come un insieme di individui interagenti che hanno un certo grado di reciproca
influenza l’uno verso l’altro.
 Fanciullezza/età scolare: Entro la fine del primo anno di scuola i bambini manifestano una tendenza
molto forte verso l’appartenenza a un gruppo di pari. Nel corso dell’età scolare, la dimensione del
gruppo continua a crescere, mentre le attività e le interazioni al suo interno diventano più
complesse.
 Adolescenza: È il periodo in cui il gruppo dei pari esercita probabilmente la maggiore influenza,
data la sua centralità per la costruzione dell’identità personale.

Nell’ambito degli studi sulla posizione del soggetto all’interno del gruppo dei apri emerge l’interesse per lo
status sociale che è la misura dell’accettazione o dell’apprezzamento dell’individuo da parte del gruppo dei
pari. È diverso dall’amicizia perché rappresenta il punto di vista generale del gruppo sull’individuo.
Le domande sociometriche che sono state maggiormente utilizzate sono quelle relative “piace di più”
oppure “piace di meno”. Sulla base si individuano 4 tipologie di soggetti:
1. Bambini popolari: Coloro che ricevono molte scelte positive e nessuna o pochissime scelte
negative.
2. Bambini rifiutati: : Coloro che ricevono molte scelte negative e nessuna o pochissime scelte
positive.
3. Bambini isolati: Non sono indicati né come bambini che piacciono né come bambini che non
piacciono.
4. Bambini controversi: Sono quelli che ottengono un buon livello di scelte sia positive che negative.
 POPOLARI: Sono soggetti scolasticamente e socialmente competenti. Sono capaci di comunicare
con gli altri in maniera amichevole, gentile e sensibile. Sono generalmente più positivi, cooperativi e
di sostegno verso i compagni. Nelle situazioni competitive e di conflitto sono capaci di autoregolare
il proprio comportamento. Più sporadicamente, e solitamente nella tarda fanciullezza o
adolescenza, i ragazzi sono popolari grazie al loro comportamento battagliero o “antisociale”. In
genere questa tipologia di soggetti assume lo status di controverso.
 RIFIUTATI: Sono generalmente soggetti aggressivi. E possono essere di due tipi: aggressivi e
socialmente non competenti o introversi.
 ISOLATI: Sono bambini socialmente inadatti e indecisi, e tendono a giocare da soli o ai margini di
gruppi di pari più ampi. Possono non essere infelici e preferire restare da soli: in questo caso
possono entrare nel gruppo dei pari e migliorare il livello di accettazione.

Bullismo
Il bullismo rimanda a relazioni interpersonali che rimanda a tre caratteristiche fondamentali:
 Asimmetria di potere: Azioni aggressive, lesioni dell’altro all’interno di una relazione in cui un
individuo ha più potere dell’altro.
 Stabilità della relazione: L’asimmetria di potere viene agita nel corso del tempo.
 Intenzionalità dell’azione lesiva da parte del più forte verso il più debole: l’azione lesiva dell’altro
viene agita in maniera intensionale

Le prepotenze possono essere dirette o indirette:


 Bullismo diretto: azioni fisiche o verbali
 Bullismo indiretto: sono difficilmente riconducibili al responsabile e la vittima può essere esclusa dal
gruppo e portata all’isolamento. Sono dette anche come relazionali in quanto mirano a danneggiare
le relazioni della vittima e a danneggiare il suo status.
 Cyberbullismo: Uso di messaggi online violenti e volgari, denigrazione delle persone che vogliono
danneggiare.
Profilo psicologico del bullo
Il bullo è aggressivo verso i coetanei, ma può esserlo anche con i genitori o insegnanti.
o Difficoltà nel rispettare le regole
o Ha rendimento scolastico vario che rende ad abbassarsi con l’aumentare dell’età
o Impulsivo
o Bassa tolleranza alla frustrazione
o Atteggiamento positivo verso la violenza
o Ha buona considerazione di sé
o Scarsa empatia nei confronti della vittima
Profilo psicologico della vittima
 Ansiosa, insicura e introversa rispetto agli altri bambini
 Pianto e si chiude in sé stessa quando subisce attacchi
 Bassa autostima
 Si sente poco intelligente e inferiori rispetto agli altri

L’amicizia
Nell’ambito dello studio dello sviluppo delle relazioni tra pari si colloca il tema dell’amicizia. Amicizia è
fortemente segnata dal sentimento di somiglianza tra i 2 partner infatti i fattori che guardano le scelte
amicali sono:
 Similarità nell’età
 Similarità nel sesso
 Similarità nell’appartenenza culturale ed etica
 Similarità riguarda caratteristiche personali, interessi e tratti del carattere.
Già nella scuola dell’infanzia i bambini mostrano preferenza per i compagni di gioco dello stesso sesso e
questa tendenza tende ad aumentare fino all’adolescenza. Le amicizie tra maschi tendono a formare veri e
propri gruppi, che si concentrano spesso sulla condivisione di attività (musica, sport, passione per
tecnologia o motori) e sul confronto competitivo rispetto alla scuola e allo sport.
Le amicizie tra femmine tendono ad essere organizzate in gruppi più piccoli, esclusivi ed intensivi poiché
esse condividono una maggiore intimità e un maggiore sostegno emotivo.
Uno degli indicatori fondamentali relativi alla qualità della relazione di amicizia è la stabilità nel tempo.
Già si presenta in modo consistente nei bambini della scuola primaria. Alcuni studi empirici hanno rilevato
una notevole stabilità delle relazioni di amicizia dall’inizio alla fine dell’anno scolastico, durante la scuola
elementare. Il 54% dei bambini di prima e il 76% dei bambini di IV mantenevano stabilmente le relazioni
(nominavano gli stessi amici ad inizio e a fine anno).

Sviluppo della relazione di amicizia (Selman)


Si passa nel corso dello sviluppo della relazione di gioco, dal compagno di gioco, alla cooperazione e poi
all’intimità tipica dell’adolescenza.

Stadio Età (anni) Descrizione


Compagno di gioco 3-5 Definizione dell’amicizia in
provvisorio e fisico termini di attività condivise e di
associazioni geografiche; gli amici
sono i bambini con cui gioca, a cui
si vive vicino o che frequentano la
stessa scuola; gli amici sono quelli
che si trovano “qui e ora”; nessun
riferimento alle caratteristiche
personali o agli attributi
psicologici.
Aiuto a senso unico 6-8 L’amico è qualcuno che ti aiuta o
che fa cose che ti piacciono;
bisogno di diventare consapevoli
di ciò che rispettivamente piace e
non piace; natura non ancora
reciproca.
Cooperazione “solo nella 9-12 Comprensione reciproca come
buona sorte” caratteristica fondamentale;
valutazione delle azioni degli
amici e consapevolezza che gli
amici possono giudicarci;
adattamento o presa in
considerazione delle preferenze
altrui. I conflitti concludono
tuttavia l’amicizia.
Interessamento reciproco 11-15 Capacità di assumere la
prospettiva di altre persone;
amicizia come legame edificato
nel tempo e reso forte/stabile dal
sostegno reciproco,
interessamento e comprensione;
interessi, valori e personalità
compatibili; forte protezione
dell’amicizia, che può resistere a
leggeri conflitti
Funzioni dell’amicizia – Bukowski e Hoza
 Offre un contesto per lo sviluppo di competenze fondamentali per il successo in interazioni sociali
(competenze comunicative, competenze di regolazione del comportamento, socializzazione)
 Contribuiscono alla formazione del senso di sicurezza e di supporto sociale
 Contribuiscono allo sviluppo del concetto del sé

Gotman e Parker
6 funzioni dell’amicizia:
1. La compagnia
2. La stimolazione
3. Supporto fisico
4. Supporto all’io
5. Confronto sociale
6. Intimità (affetto)

Gillibrand
Funzioni dell’amicizia:
 Concetto di sé
 Risoluzione di problemi, apprendimento e sviluppo cognitivo
 Adattamento psicologico e scolastico e relazioni future

ADOLESCENZA
Fase della vita che segna l’acquisizione di traguardi evolutivi estremamente significativa che al tempo
stesso è ricca di aspetti problematici. Nell’ambito della psicologia dello sviluppo nel corso del tempo si sono
delineate concezioni completamente diverse dell’adolescenza: inizio ‘900 vedevano l’adolescenza come
una serie di tempesta e impero, per riferirsi alla vulnerabilità emotiva e fisica dell’adolescenza. Nel corso
del tempo si è delineata una visione dell’adolescenza più articolata. Daniel Offer e Jeffrey Arnett hanno
messo in discussione in quella visione tempestoso dell’adolescenza che non tutti gli adolescenti vivono uno
sconvolgimento emotivo.
Cambiamenti fisici e neurologici
Principale cambiamento fisico durante l’adolescenza è rappresentato dalla pubertà e dal successivo
sviluppo della maturità sessuale. La pubertà è il periodo di sviluppo fisico che porta dalla fanciullezza all’età
adulta.
Per le ragazze si verifica tra i 10 e i 15/16 anni.
Per i ragazzi tra 6 e i 11 e i 17/18 anni
Menarca: il primo periodo mestruale di una donna
Nel corso di appena 150 anni l’età media di comparsa del menarca si è abbassata molto: dai 17 anni del
1850 ai 12-13 del 1990. Tra le cause, le diete ricche di grassi che producono l’ormone della leptina. Maschi
e femmine nel corso dell’adolescenza si trovano a confrontarsi con un corpo che cambia sostanzialmente e
con una velocità che non ha equali in altri periodi di vita. Se si esamina la velocità di crescita in centimetri
per anno relativa a maschi e femmine si vede come il periodo dell’adolescenza presenta un picco molto
evidente. I cambiamenti corporei che in maniera implacabile si presentano nel corso dell’adolescenza
vengono accolte in maniera diverse da maschi e femmine (soddisfazione per il proprio corpo è maggiore nei
maschi).

Cambiamenti neurologici
Oggi l’attenzione degli studiosi è progressivamente rivolta verso i cambiamenti neurologici che
caratterizzano la pubertà. In primo luogo nel corso della pubertà si ha il completamento delle
mielinizzazione degli assoni presenti nella corteccia frontale (gli assoni sono la parte lunga e filiforme dei
neuroni). Questa mielinizzazione permette una trasmissione più veloce delle informazioni nella corteccia
frontale che costituiscono la parte del cervello che permette di programmare eventi, immaginare il futuro o
usare argomentazioni logiche. Un secondo cambiamento neurologico è costituito dalla potatura sinaptica,
cioè l’eliminazione delle sinapsi in eccesso nella corteccia prefrontale. Le sinapsi costituiscono i
collegamenti tra i neuroni e questa diminuzione di collegamenti che si realizza nel corso della pubertà porta
ad una maggiore efficienza nella trasmissione delle informazioni intracerebrali. Una terza variazione è
costituita dalla diminuzione della materia grigia in favore dell’aumento della materia bianca. Il cervello è
composto da materia bianca e materia grigia.
Le azioni controllate da materia bianca includono; regolazione della temperatura corporea, cardiaca e
pressione sanguigna, più espressione emotiva e produzioni di ormoni.
La materia grigia consiste nel controllo dei muscoli, nella percezione sensoriale, nella memoria, nelle
emozioni e nel linguaggio.
Ai cambiamenti cerebrali che interessano soprattutto la parte frontale del cervello, segue uno sviluppo
delle funzioni esecutive quelli attenzione selettiva, il processo decisionale, l’inibizione della risposta, la
memoria prospettica. D’altra parte, all’inizio della pubertà si verifica un “calo” nella prestazione di
riconoscimento delle espressioni facciali, che costituiscono una funzione della corteccia frontale. Nella
prima adolescenza si verifica anche una significativa riduzione dell’abilità sia di interpretare le emozioni,
che di interpretare la situazione stessa in cui ci si trova.

LO SVILUPPO COGNITIVO NELL’ADOLESCENZA


Per Piaget l’adolescente si trova nello stadio delle operazioni formali. Nel periodo operatorio concreto il
soggetto è capace di pensiero logico e compiere operazioni mentali a partire da una realtà concreta. Nel
periodo operatorio formale è capace di ragionare in una realtà astratta.
Con lo sviluppo del pensiero logico formale la mente pensante può spaziare verso nuovi e più ampi
orizzonti. Fa il suo ingresso la capacità di problem solving avanzato: capacità di costruire ipotesi, elaborare
mentalmente risultati e prospettare varie soluzioni possibili prima di sottoporle a verifica.
Si delinea la capacità di assumere per vera una proposizione generica e calcolare le conseguenze sulla base
del “se-allora”. Si sviluppa la capacità di ragionamento sulle astrazioni ovvero la capacità di ragionare sulle
cose mai sperimentate direttamente.
A differenza di quanto riteneva Piaget, non tutti gli individui raggiungono lo stadio delle operazioni logico-
formali . Nell’adolescenza e nel corso dell’età adulta, le persone presentano deficit più o meno coesistenti
nello sviluppo del ragionamento e nell’applicazione della logica formale (che avevamo visto in Vygotskij che
“lo sviluppo di queste capacità mentali è un rapporto con la scolarizzazione e gli apprendimenti che si
presentano con il processo della scolarizzazione presentano livelli diversi e hanno impatto diverso sugli
individui sullo sviluppo mentale”).
Ma soprattutto si pone il problema sempre secondo modello teorico di Piaget, dell’egocentrismo
adolescenziale che fa riferimento ad una radicalizzazione di una prospettiva mentale astratta che si
caratterizza come unilaterale, si caratterizza per il modo di porsi come se fosse l’unica possibile.

Adolescente 4˚ stadio operazione formale


Sviluppo pensiero logico formale e questa capacità di pensiero apre la strada alla costruzione di teorie
(ideali, programmi di vita, progetti di rinnovamento del mondo sociale).
L’egocentrismo è l’assunzione di ideali, di teorie sul funzionamento della realtà, di una prospettiva teorica
unilaterale. La teoria si radicalizza e non possibile un confronto tra la propria teoria e quelle degli altri e in
più la teoria non si coordina con la realtà. Con il confronto e l’attività lavorativa l’egocentrismo viene
superato.
Il tema dell’egocentrismo adolescenziale di Piaget è stato ripreso da David Elkind (1985) e pone al centro il
concetto di mito personale. L’adolescente esalta, costruisce il sentimento di un mito personale, idea di
eccezionalità della propria esistenza, dei propri ideali e del proprio modo di sentire la realtà. L’idea di mito
personale fa riferimento al sentimento che la propria esistenza è unico, eccezionale, denso di valore e
dunque indiscutibile. La celebrazione del mito personale porta poi all’idea che la propria vita si volga al
centro di un palcoscenico, che tutti vi siano interessati. Al contempo l’adolescente prova il sentimento di
essere solo, perché è unico e quindi non comprensibile per gli altri.
Le differenze individuali sono maggiormente presenti di quanto non si verifichi in altre età. Diversi livelli
della capacità di avvalersi, del pensiero logico-formale, diversi livelli di egocentrismo, diversi ideali, teorie.
LO SVILUPPO MORALE IN ADOLESCENZA
Sviluppo della capacità del rapporto di affrontare e comprendere questioni morali. Lo sviluppo morale è un
ponte tra lo sviluppo cognitivo e lo sviluppo sociale. Esso fa riferimento alla capacità della persona di
regolare il proprio comportamento sociale in rapporto al contesto normativo più ampio che fa parte al
macrosistema.
Kohlberg studia una teoria composta da tre livelli cioè la teoria dello sviluppo morale
Kohlberg ha basato la sua teoria sui risultati ottenuti attraverso le ricerche e le interviste con gruppi di
bambini, adolescenti e adulti a cui aveva presentato dilemmi morali tar cui il dilemma di Heinz.
1. Moralità preconvenzionale
Stadio 1: Obbedienza e punizione. Le regole sono fisse e assolute e la decisione di obbedirvi è presa
solo per evitare la funzione.
Stadio 2: Individualismo e scambio. Il pensiero morale fa unicamente riferimento al bisogno
dell’individuo.
2. Moralità convenzionale
Stadio 3: Relazioni interpersonali. Il pensiero morale riflette l’importanza che la persona attribuisce
all’accordo e alla solidarietà e al mantenimento delle relazioni.
Stadio 4: Mantenimento dell’ordine sociale. Si fa riferimento alla società nel suo complesso,
mantenimento della legge e dell’ordine.
3. Moralità postconvenzionale
Stadio 5: Contratto sociale e diritti individuali.
Stadio 6: Principi etici universali.

Ipotesi di fondo: sviluppo morale è strettamente connesso allo sviluppo cognitivo che porta all’acquisizione
del pensiero logico formale porterebbe anche allo stadio post convenzionale. Se così fosse l’adolescente
sarebbe già un modello di moralità ma così non è. Non c’è coincidenza tra giudizio morale e decisioni
comportamentali le due cose non vanno sempre insieme. Si possono formulare giudizi morali che
rispecchiano lo stadio post convenzionale ma comportarsi poi di fatto sulla base del proprio torna conto
personale.

Stadio di Milgram – Divergenze tra giudizio morale e comportamento


Condotto su soggetti adulti, si verifica come questi si comportano ad un livello pre convenzionale. Seguono
ciò che gli viene detto da una persona autorevole, mettendo in atto un comportamento che appare poco
morale. Il comportamento morale può essere condizionato dalle persone che ci circondano.

SVILUPPO SOCIALE DELL’ADOLESCENTE


In rapporto ai diversi contesti sociali:
Adolescente nella famiglia
Idea comune: adolescenza segnata da forti conflitti tra genitori e figli. L’adolescente entra in conflitto per
acquisire maggior libertà personale che per affermare la propria personalità che si pone come adulta e
degna di attenzione. Molte ricerche tuttavia inducono a ridimensionare questo luogo comune, hanno
centrato l’attenzione sul valore che assume lo stile educativo adattato dal genitore in risposta alle richieste
di autonomia dell’adolescente. Lo stile educativo più dannoso risulta essere quello permissivo soprattutto
se caratterizzato da un sostanziale disinteresse per ciò che il figlio fa, desidera fare, prova ecc… Tipicamente
gli adolescenti con genitori permissivi o indifferenti presentano scarsa stima di sé, depressione,
comportamenti antisociali.
Le ricerche indicano anche che la richiesta di maggior autonomia da parte dell’adolescente incrementa il
conflitto con i genitori quando i genitori usano stile educativo autoritario.
La comunicazione ideale tra adolescenti e genitori dovrebbe avere queste caratteristiche:
 Avere punti di vista e comunicarli con chiarezza
 Saper distinguere e verbalizzare le differenze di opinioni
 Essere aperti alle opinioni altrui
 Essere rispettosi nelle interazioni sociali
Se all’inizio dell’adolescenza il problema ricorrente è quello del conflitto, nella post adolescenza si delinea
sempre più il problema della fuoriuscita dell’adolescente, giovane adulto dalla famiglia di origine. Sindrome
del rinvio, cioè rinviano tutto; fine degli studi; ingresso lavorativo; uscita famiglia di origine.

Adolescente nella scuola


L’impegno scolastico fa parte del compito di sviluppo di quelli socio-istituzionali, nei compiti di sviluppo
sottoistituzionali oltre che portare al termine la propria esperienza scolastica rientra anche prepararsi per
entrare nel mondo del lavoro , acquisire indipendenza economica, prepararsi per una famiglia propria. Il
riconoscimento dell’importanza della vita scolastica unito alle difficoltà poste dai compiti scolastici porta
l’adolescente a vivere situazioni di ansia, le problematiche poste all’adolescente dal contesto scolastico si
modulano in rapporto alle caratteristiche e alle qualità dell’insegnante.
Insegnante ideale: Trasmettere conoscenze e competenze essere modello di competenze giuste ed essere
d’esempio nella trasmissione di valori democratici.

Relazioni tar pari e di coppia


Nel corso dell’adolescenza si osserva una progressiva centralità delle relazioni di coppia. L’inizio
dell’adolescenza è un fenomeno della segregazione sessuale. In una seconda fase, i gruppi allargati avviano
un interazione da gruppo a gruppo.
Terza fase in cui il gruppo allargato è in una fase di transizione: Gruppi monosessuali diventano
eterosessuali.
Fine dell’adolescenza: Pieno sviluppo del gruppo allargato. Gruppi eterosessuali sono strettamente
connessi.
Fase 5: Post adolescenza. Dissoluzione gruppo allargato e vi sono associazioni di gruppi di coppie.

Con l’adolescenza emerge con chiarezza l’orientamento sessuale = eterosessuale o omosessuale.


Omosessuale: età media per inizio attività omosessuale per le femmine va dai 14-18 anni, per i maschi 13-
15 anni.
Il partner con cui solitamente viene iniziata una relazione omosessuale è l’amico più stretto.

La qualità del legame di attaccamento con il “caregiver” si pone come prototipo delle relazioni intime
successive. La ricerca ha mostrato come il tipo di attaccamento sperimentato da bambino, spesso, si riflette
nel tipo di relazione in cui il giovane è coinvolto. Le persone con attaccamento sicuro hanno più probabilità
di avere relazioni di maggiore durata e minor numero di rapporti extrarelazionali ed occasionali, nonché
una maggiore disposizione al contatto fisico. Un giovane dall’attaccamento evitante, invece, dal punto di
vista statistico, presenta maggiori probabilità di sperimentare rapporti sessuali extrarelazionali e
occasionali; ha, inoltre, minori probabilità di avere una relazione intima ed è meno predisposto al contatto
fisico.

COMPORTAMENTI A RISCHIO NELL’ADOLESCENZA


Ricerca connotata da bovino et coll. ha coinvolto circa 2300 adolescenti tra i 14 e 19 anni frequentanti
diverse tipologie di scuole superiori.
Comportamenti a rischio tipici dell’adolescenza
 Uso di sostanze psicoattive
 Comportamenti rischiosi
 Comportamenti devianti
 Comportamenti sessuali

Interessano una buona porzione degli adolescenti anche se minore di quelle postulate da certi stereotipi
ampiamente condivisi nell’adolescenza. Le condotte a rischio diminuiscono nel corso dell’età distinzione
tra:
 Adolescenti desistenti: Le condotte devianti svolgono funzioni connesso con lo sviluppo
dell’identità e con la partecipazione sociale.
 Adolescenti persistenti: Alcuni adolescenti continuano a manifestare comportamenti devianti
anche negli ultimi anni dell’adolescenza e in età adulta. I cosiddetti non svolgono funzioni legate
allo sviluppo dell’identità ma rimangono a processi differenti e hanno origine diverse.

Funzioni delle condotte a rischio


 Sviluppo identità personale
- Adultità: sigarette, alcool etc
- Acquisizione e affermazioni di autonomia
- Identificazione e differenziazione
- Affermazione e sperimentazione di sé
- Trasgressione e superamento dei limiti
- Percezione di controllo
- Esplorazione di sensazioni

 Sviluppo delle relazioni


Per i coetanei:
- Funzione comunicativa
- Condivisione di azioni ed emozioni
- Rito di legame e al passaggio (comportamento a rischio per fondare il legame sociale come
coetanei)
- Emulazioni e superamento
- Esplorazione delle reazioni dei limiti

Con gli adulti:


- Differenziazione ed opposizione
- Esplorazione delle reazioni e dei limiti posti dall’adulto

Uso di sostanze psicoattive


Tutte quelle sostanze naturali o di sintesi capaci di incidere sul sistema nervoso o di alterare l’assetto
biochimico provando modificazione nell’umore, nella percezione, nell’attività mentale e nel
comportamento. Durante l’adolescenza si fa riferimento a: tabacco (effetto eccitante e stimolante), alcool
(depressione), marijuana (effetto sedativi).

La ricerca svolta da Bonino afferma che: la scuola gioca un ruolo significativo nel modulare la propensione o
meno all’uso di sostanze psicoattive. Gli adolescenti che attribuiscono importanza e valore all’esperienza
scolastica, che hanno relazioni soddisfacenti con gli insegnanti, che sperimentano il successo, sono meno
implicati nel consumo abituale o elevato di sostanze psicoattive. Questi adolescenti infatti riescono a
costruire una identità forte attraverso l’impegno e l’adesione all’istituzione scolastica senza dover ricercare
forme alternative per affermare la propria adultità. Al contrario che non vive l’esperienza scolastica come
gratificante (es. bocciature) tende maggiormente a cercare modalità trasgressive appariscenti per
affermare la propria identità o utilizzano sostanze psicoattive e i loro effetti come strategie emotive di fuga.

Comportamenti rischiosi
Condotte che mettono in pericolo la sicurezza personale di chi le applica e anche quella altrui. Vengono
messi in atto allo scopo di provare eccitazione e sperimentare sensazioni forti. Tipico comportamento
rischioso: guida pericolosa.
Dalla ricerca condotta da Bonino risulta che sono diversi i fattori di protezione e i fattori che si associano
alla non adesione a modelli di comportamento rischiosi. In riferimento alla famiglia risulta significativo la
presenza di un modello paterno, l’azione di sostegno e di supervisione operata dalle famiglie
sull’adolescente. È cruciale il tipo di esperienza scolastica, l’esperienza scolastica positiva si associa alla non
adesione a modelli di comportamento rischiosi.
Riguardo i coetanei emerge il ruolo positivo svolto dalla presenza di modelli di comportamento di uso di
casco, di cinture di sicurezza e presenza di modelli di comportamento non trasgressivi. Inoltre l’elevato
grado di accordo tra i coetanei e le rispettive famiglie.
Riguardo al tempo libero assume un ruolo positivo il tempo dedicato a studio e lettura e il tempo trascorso
con la propria famiglia.

COMPORTAMENTI DEVIANTI
Condotte che vanno contro le norme, i valori e i principi della comunità sociale di appartenenza. Es:
aggressione, furto, danneggiamento e vandalismo.
Solo in parte tali condotte coincidono con comportamenti delinquenziali che assumono i caratteri estremi
delle rivalità e coinvolgono le autorità giudiziarie e di polizia.
Sono 3 categorie di comportamenti devianti:
1. Aggressione fisica
2. Furto e vandalismo
3. Bugia e disobbedienza (non delinquenziale)

Dai risultati della ricerca risulta che sono meno coinvolti in forme devianti gli adolescenti che attribuiscono
importanza e valore all’esperienza scolastica, che hanno relazioni soddisfacenti con insegnanti e che
sperimentano successo scolastico. Questi individui riescono ad affermare se stessi e la propria identità
attraverso impegno e successo nello studio.
Un fatto interessante è che si riscontrano associazioni positive tra la messa in atto di comportamenti
devianti da un lato e dall’altro l’essere maggiormente soddisfatti di se stessi e fiduciosi delle proprie
capacità di coping. In adolescenza la messa in atto di condotte devianti non è priva di fascino. Dalla ricerca
emerge che: come aggressione fisica, furto e vandalismo, bugie e disobbedienza assumono le funzioni di
ottenere visibilità sociali, di sentirsi interessanti per le persone dell’altro sesso attraverso l’affermazione di
sé e della propria volontà.

COMPORTAMENTI SESSUALI
Si differenzia dagli altri comportamenti perché non può essere quotato in termini di rischio. La capacità di
instaurare rapporti di coppia in grado di comunicare affettività e sessualità e di coinvolgersi in rapporti
sessuali paritari dove l’individualità di ciascuno non subisca nessuno coercizione fisica o psicologica, ma sia
rispettata e liberamente espressa, viene riconosciuta come una delle caratteristiche dell’individuo adulto
sano e felice. Dunque imparare ad impegnarsi in una relazione affettiva con il partner di sesso diverso e a
confrontarsi con la capacità sessuale adulta è considerato uno dei compiti di sviluppo fondamentali
dell’adolescenza. Il problema si pone quando all’adolescente vengono a mancare competenze sociali,
emotive e cognitive necessarie per vivere esperienze sessuali matura e armonica. Quando queste
competenze vengono a mancare la sessualità si configura con un comportamento a rischio. Rischi gravi per
il presente e per il futuro stato di benessere dell’individuo; rischio fisico connesso a malattie a trasmissione
sessuale.
Gravidanze precoci: Rischio psicosociali costituito dalle maggiori difficoltà di una madre adolescente ad
allevare un bambino e ha riduzione dell’opportunità di sviluppo e di realizzazione personale.
Ipotesi: Queste competenze vengono a mancare quando la sessualità è messa in atto in età precoce.

SVILUPPO DEL SENSO DEL SE E DELL’IDENTITA PERSONALE


Da questi aspetti dipende il benessere o il malessere della persona.
Distinzione tra: (Lewis)
 Se esistenziale: Riguarda il sentire che si esiste come esseri dotati di un’esistenza propria che si
rimane stabili nel tempo e che si è distinti dagli altri. Già affrontato con Stern che lo definisce Se
nucleare
 Se categorico: Autodefinizione di sé, in termine di categorie, come l’età, il sesso, le caratteristiche e
le inclinazioni personali. Incide con l’identità personale. Il sé categorico comprende la visione
politica di una persona, il credo spirituale, lo stato civile, le preferenze sessuali, quanto una persona
si riconosce nella propria cultura.
Molti autori nel trattare il sé categorico di cui parla Lewis, utilizzano il termine se concettuale riferendosi
agli aspetti cognitivi dell’organizzazione del sistema del sé ed esprime la conoscenza soggettiva, psicologica
e fisica che gli individui hanno di se stessi.
Il concetto di sé non è statico ed è fortemente influenzato dall’esperienza, soprattutto dalle sensazioni di
capacità o di incapacità causate dai successi e dai fallimenti. La persona inizia a definire se stessa a partire
dai 2-3 anni e continua a definire e modificare parzialmente le definizioni di se stessa per tutto l’arco della
vita. Però è nel corso dell’adolescenza che il concetto di se tende ad assumere una configurazione piuttosto
stabile che tende ad essere definitiva. Dall’infanzia all’adolescenza, in stretta relazione allo sviluppo
cognitivo, si modifica il modo in cui la persona organizza il concetto di sé.

Da A
Semplice differenziato
Incoerente (incapacità di rapportare la definizione Coerente
di se alla natura del contesto)
Concreto Astratto
Assoluto Comparativo
Il sé pubblico Il sé privato

Nei bambini piccoli non c’è differenziazione tra un sé pubblico e un sé privato, la persona è ciò che appare.
Solo dopo e in maniera più evidente in adolescenza, la persona differenzia chi è in rapporto e come appare
nelle situazioni pubbliche chi è nei contesti intimi. Il modo in cui varia il concetto di sé, dall’infanzia
all’adolescenza, può essere approfondita esaminando il grafico esaminato da Hart nel 1993.
Dai 6-8 anni ai 14-16 anni diminuisce l’uso di caratteristiche fisiche per definire se stessi. Dai 6 ai 16 anni
risulta più ricorrente rispetto all’uso delle caratteristiche fisiche, in riferimento alle caratteristiche
dinamiche.
N.B: le categorie utilizzate per la definizione del concetto di sè a partire dai 6 anni sono quelli sociali e
psicologiche. Ciò che sembra caratterizzare il concetto di sé adolescenziale è il progressivo incremento del
ricorso a categorie psicologiche che diventano la più importanti nella definizione di se stessi. Questo è
concesso al fatto che nell’adolescenza si costruisce uno spazio psicologico, la persona riflette su se stessa,
sul proprio modo di essere, di sentire, di comportamenti, di agire.
Il concetto di sé è il prodotto di una elaborazione cognitiva personale ma è un’elaborazione cognitiva che si
realizza nel mondo sociale, nell’interazione con gli altri, nel contesto delle risposte che gli altri manifestano
nei propri confronti.
Gli altri funzionano da specchio e il modo in cui gli altri reagiscono a noi stessi e concepiscono noi stessi
costituisce un motore che entra in gioco nella costruzione del senso di sé. Bronfonbrenner ruolo.

PROBLEMATICHE CHE DERIVANO NELLO SVILUPPO DEL SE DURANTE L’ADOLESCENZA


Marcia sviluppa il pensiero di Erikson e pone come elemento focale le situazioni di crisi.
- La crisi: Periodo dello sviluppo dell’identità durante il quale l’individuo esplora delle alternative,
che riguardano i differenti aspetti del concetto di sé (carriera lavorativa, religione, politica ecc)
- L’impegno: Investimento personale nell’identità e nella soluzione della crisi.

Secondo Marcia vi sono 4 stati di identità:


 Confusione dell’identità: è lo status di chi non ha ancora sperimentato una crisi o sperimentato
un impegno, non solo è indeciso sulle scelte lavorative o ideologiche ma mostra anche poco
interesse rispetto a questi ambiti. Questo può succedere quando i genitori impongono impegni
autoritari prima che gli adolescenti hanno avuto la possibilità di esplorare per conto proprio
approcci, ideologie e attitudini diverse.
 Moratoria dell’identità: è lo status di chi è in mezzo ad una crisi, ha di fronte delle alternative
ma non si impegna nella soluzione o comunque si impegna vagamente nella soluzione di questa
crisi.
 Conquista dell’identità: è lo status di chi è passato attraverso una crisi, si è confrontato con
delle alternative e rispetto a queste alternative ha preso un impegno.

Nella definizione dell’identità personale occorre tener conto non solo del concetto di sé ma anche del livello
di autostima, che è costituita dal valore che si modula lungo un continuum da negativo a positivo che la
persona attribuisce ai differenti aspetti dell’identità personale e del concetto di sé. I bambini piccoli
tendono ad esprimere una valutazione di sé in termini globali riferita al proprio modo di essere tout court.
Col progredire dell’età e in maniera evidente nell’adolescenza le valutazioni che la persona riferisce a se
stessa si articolano rispetto ai differenti domini che entrano in gioco nella definizione del concetto di sé.
Harter ha definito 5 diversi domini rispetto a cui la persona esprime la propria autostima:
1. La competenza scolastica
2. La competenza atletica
3. L’alienazione sociale
4. L’aspetto fisico
5. La condotta comportamentale

L’autostima è data da una discrepanza tra 2 valutazioni interne; da un lato il sé ideale cioè ciò che ci
piacerebbe essere e che pensiamo di dover essere, e da un lato il sé reale cioè ciò che sentiamo si essere
nella realtà.
Quando c’è poca discrepanza tra sé ideale e il sé reale, l’autostima è alta; quando invece la discrepanza è
elevata l’autostima è bassa.
Alcuni studi hanno verificato che nel corso dell’adolescenza vi è un forte declino dell’autostima (i maschi
hanno più autostima).
Questo calo dell’autostima nell’adolescente può essere spiegata attraverso due considerazioni:
 Da un alto nell’adolescenza la persona è più realistica mentre nell’infanzia è più positiva, il valore
che riferisce a sé stesso è maggiormente dettato da ciò che vorrebbe essere piuttosto che dalla
considerazione realistica di ciò che è.
 Nell’adolescenza la persona può esprimere livelli più bassi di autostima non solo perché assume un
atteggiamento più realistico ma anche perché sente di dover rispondere a compiti di sviluppo
impegnativi e sente spesso di non essere all’altezza nel rispondere a questi stessi compiti (compiti
in termini di sviluppo dell’identità personale).

DEPRESSIONE
Nell’adolescenza in maniera ricorrente assieme ad un abbassamento dell’autostima si pone il problema
della depressione. Lo stato d’animo depressivo diversamente da quello tipico della paura dell’ansia, è
rappresentata da una perdita di piacere e di interesse, un senso di piattezza e di vuoto, di tristezza. I
disturbi depressivi implicano pensieri negativi rivolti a sé, al mondo e al futuro che si riflettono sul senso di
autocommiserazione e disperazione. Si accompagnano inoltre ad una inadeguatezza sociale, capacità
ridotta di lavorare o impegnarsi in attività di tempo libero o interazioni sociali. Sono spesso associati a
sintomi somatici come insonnia, appetito, agitazione o diminuzione dell’attività psicomotorio.

Studio condotto da Hankin


Picco della depressione a partire dall’adolescente (ma non nel periodo della preadolescenza), le femmine
sono più colpite poiché tendono a rispondere in misura maggiore ai sentimenti di inadeguatezza personale
con la depressione mentre i maschi lo fanno con l’aggressione.

LE STRATEGIE DI COPING
Nel corso dell’adolescenza la persona si trova a doversi confrontare con un’ampia gamma di problemi, di
compiti che riguardano sia la vita personale che quella relazionale e quella sociale. In riferimento alla
complessità dei compiti che si trova ad affrontare l’adolescente che si delinea il rischio di cadere in una
dimensione ansiogena e poi questa potrebbe trasformarti in depressione. In questo contesto si delinea il
valore dello sviluppo delle strategie di coping come meccanismo di protezione. Le strategie di coping sono
le modalità di affrontare preoccupazioni e problemi quotidiani.
Queste strategie sono raggruppabili in 2 macrocategorie:
 Coping attivo
 Coping passivo

Strategie di coping attivo: Strategie di coping passivo


Coping attivo: Rimozione o evitamento Assenza di coping: non far niente
dell’elemento di stress
Pianificazione: Riflessione su come affrontare Rassegnazione o accettazione dell’evento
l’elemento generatore di stress

Sostegno sociale strumentale: Ricerca di consigli, Focalizzazione e sfogo delle emozioni


informazioni
Sostegno sociale emotivo: ottenere empatia da Negazione: rifiuto della realtà dell’elemento
qualcuno generatore di stress

Soppressione dell’attività concomitanti Disimpegno mentale

Reinterpretazione positiva e crescita Uso di alcol e droga


Umorismo:

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