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Diritto del mare

Si analizza il diritto internazionale marittimo o diritto del mare. Il diritto internazionale si sviluppa proprio intorno allo studio del diritto del mare.
Fin dai latini il mare era considerato res nullius, quindi inalienabile e non rivendicabile da parte degli stati. Questo garantiva lo sviluppo dei rapporti
commerciali. Per primi i romani cercarono di definire giuridicamente il mare. Per esempio fu introdotto il concetto di mare nostrum, che prevedeva
l'estensione della sovranità romana a tutto il mare Mediterraneo. Fino al Seicento il mare fu considerato in generale res nullius. Tuttavia si
affermarono molte consuetudini anche molto diverse da quelle vigenti sulla terra ferma. Per esempio vi era obbligo per tutte le navi commerciali o
militari di soccorrere eventuali naufraghi. Vi era per esempio il diritto al bottino, cioè il diritto di godere di eventuali ritrovamenti in mare avvenuti
in acque internazionali. Tali beni per due terzi divengono proprietà di colui che ha trovato questi beni. Solo recentemente il mare fu diviso in vari
settori con specifici regimi giuridici. Vi è per esempio il mare territoriale. Questa materia è regolata da una convenzione promossa dall'ONU firmata
a Montego Bay del 1982, entrata in vigore nel 1994 e ratificata dall'Italia nel 1985. Questa convenzione, che sostituiva quella di Ginevra del 1958 è
stata ratificata da circa 160 stati.

Il primo concetto inserito nella convenzione è quello di mare territoriale, la cui ampiezza è stata oggetto di controversie internazionali. Esso è la
parte di mare adiacente alle coste dello stato che include baie, golfi e stretti. In passato i romani avevano tentato di codificare questo concetto con
l'idea di mare nostrum. Cicerone affermava che lo stato poteva controllare il mare con la forza e la gettata massima delle armi ed in particolare della
catapulta dava luogo al concetto di mare territoriale, pur restando tutto il Mediterraneo sotto il controllo romano. Vi fu in tal senso una grande
evoluzione con l'introduzione del cannone che ampliava considerevolmente la gittata delle armi, che fino al novecento non superava le tre miglia
marine.
Molti stati si dichiararono però contrari a questo principio in particolare per il manifestarsi di molte disparità tecnologiche. Questi paesi sostenevano
che il mare territoriale si estendeva da 10 a 12 miglia dalla costa. I tedeschi realizzarono inoltre un cannone che aveva una gittata di 36 miglia
marine. Prima della seconda guerra mondiale fu accettato il principio delle 12 miglia marine.

La convenzione stabilisce la facoltà per gli stati di determinare l'ampiezza del mare territoriale fino a 12 miglia calcolate dalla linea di base, che,
normalmente, è la linea di bassa marea lungo la costa, cioè la linea di bassa marea è indicata dalle carte nautiche ufficiali. Il mare territoriale può
essere chiaramente inferiore per casi di contiguità tra due stati come accade per esempio tra Turchia e Grecia nel caso di Rodi. Le 12 miglia sono
ormai divenute consuetudine. Ad esse si può derogare se la costa è molto frastagliata come nel caso dei fiordi norvegesi o nel caso in cui vi siano
isole assai numerose lungo la costa come nel caso croato. In questi casi la linea di base è tracciata con il metodo alternativo delle linee rette,
seguendo tre criteri guida. Il tracciato di tali linee non deve discostarsi eccessivamente dall'andamento della costa. Inoltre gli spazi marini all'interno
delle linee devono essere collegati al dominio terrestre per poter essere assoggettati al regime di acque interne. Si presuppone che lo stato eserciti
piena e completa sovranità come sulla terra ferma e le acque interne. Infine il metodo delle linee rette non può essere utilizzato per separare il mare
territoriale di un altro stato dall'alto mare. In tal senso all'altro stato non si può precludere l'accesso all'alto mare. Per individuare la linea di base vi
possono essere difficoltà per la presenza di baie, che sono di due tipi. Baie semplici e baie storiche. Una baia storica è per esempio il golfo di
Taranto. Lo stato costiero vanta diritti esclusivi consolidati del tempo, e quindi accettati, a prescindere dalla dimensione della baia. Una baia è ogni
insenatura bene marcata la cui penetrazione nella terra ferma in rapporto con la larghezza della sua entrata sia tale che le sue acque siano racchiuse
dalla costa. Un'insenatura non è baia se la sua superficie non è almeno uguale ad un semicerchio avente per diametro la linea tracciata attraverso
l'entrata della baia. Se tuttavia la distanza tra i punti di bassa marea situati all'entrata naturale della baia non supera le 24 miglia si può tracciare una
linea di chiusura tra questi due punti e le acque interne sono considerabili acque territoriali. Se l'ampiezza è superiore alle 24 miglia si traccia una
linea interna alla baia con ampiezza non superiore a 24 miglia. L'unica eccezione a questa regola è quella delle baie storiche. Lo stato ha l'onere di
dimostrare la storicità della baia che deve essere accettata dagli altri stati.

Sul mare territoriale lo stato esercita potestà di imperio esclusiva, sia sula superfice sia nel sottosuolo e nel fondale, sia sopra la superfice.
Vi sono comunque due limiti. Il primo è il diritto di passaggio inoffensivo che deve essere garantito alle navi di altri paesi. Tale diritto riguarda sia
navi mercantili che militari che di linea. Tale diritto deve essere garantito se questo passaggio non si configura come minaccia alla pace, se non è
contrario all'ordine interno o alla sicurezza dello stato costiero. Altro caso in cui il diritto non deve essere garantito è la minaccia alla sicurezza dello
stato costiero. Il passaggio può essere garantito a patto di rispettare le norme interne in materia di trasporti e navigazione.

Tale diritto è escluso davanti a minaccia o uso della forza, casi conclamati di spionaggio, casi di violazione di regole fiscali, doganali o sanitarie,
casi di immigrazione clandestina e casi di inquinamento grave e non casuale.

Il secondo limite alla sovranità è costituito dal divieto dell'esercizio della propria giurisdizione penale e civile in relazione a fatti commessi a bordo
di una nave straniera transitante in acque territoriali. Vi sono eccezioni per crimini molto gravi come quello dell'Achille Lauro sequestrata da Abu
Abbas. Per l'omicidio commesso a bordo competenti furono le autorità italiane in quanto la nave era italiana. Tre casi fanno eccezione. Quando le
conseguenze del reato si estendono allo stato costiero, come nel caso di trasporto di droga. Inoltre quando il reato è tale che pregiudica l'ordine
interno e la pace dello stato costiero. Infine quando l'intervento mira a reprimere il traffico internazionale di esseri umani e di stupefacenti.

Le acque interne, tra cui le lagune, non sottostanno a queste limitazioni.

Altro settore di mare è la zona contigua. Essa è un tratto di mare che si estende oltre il mare territoriale per un massimo di 24 miglia calcolate dalla
linea di base. In questa zona lo stato può intervenire per reprimere o prevenire la violazione della disciplina interna in materia di immigrazione, di
lotta al terrorismo, di lotta al traffico di stupefacenti, fiscale, doganale e sanitaria. Questo è motivato dal fatto che le navi di oggi sono molto veloci e
l'intercettarle diviene più difficile limitandosi solo alle acque territoriali. Vi è poi un settore detto zona economica esclusiva, priva però di
fondamento consuetudinario. Questa definizione si sviluppò in seguito al progresso economico. Tale zona può avere un ampiezza massima di 200
miglia marine a partire dalla linea di base. In questa zona lo stato costiero è titolare di diritti esclusivi e sovrani. In primo luogo l'esplorazione
superficiale e sottomarina di ogni tipo, inoltre il diritto di sfruttamento, conservazione e gestione di eventuali risorse naturali in superfice, negli
abissi e nel sottosuolo. Inoltre vi è il diritto di installazione e uso di isole artificiali, impianti, strutture, basi sottomarine e protezione dell'ambiente.

Spesso non è facile definire con precisione la zona di interesse economico esclusivo, come dimostra il contenzioso in atto tra Panama e la Colombia.

Si analizza il caso della piattaforma continentale, cioè una zona sommersa della terraferma. Essa viene definita come il prolungamento naturale del
territorio dello stato costiero a profondità costante di circa 150-200 metri che si estende in misura variabile prima di sprofondare negli abissi. Tale
piattaforma ha estensione variabile, dalle 5 miglia degli USA alle 300 dell'Australia. Nella convenzione si afferma che la piattaforma continentale di
uno stato costiero comprende il suolo ed il sottosuolo. Essa si calcola dal punto in cui termina il mare territoriale. Di conseguenza nell'esempio
citato degli USA essi non possono avanzare alcuna rivendicazione. L'estensione deve avvenire con il prolungamento naturale del suolo terrestre fino
all'orlo degli abissi. Vi deve essere perciò continuità in quanto la piattaforma non può essere interrotta da sprofondamenti per poi continuare per
esempio con isole. La piattaforma non può comunque eccedere le 200 miglia marine dalla linea di base dala quale si misura l'ampiezza del mare
territoriale. In tal senso si avrebbe perciò un'estensione massima di 188 miglia, fattore che ha dato adito a contestazioni. Lo stato può vantare diritti
relativi alla scoperta ed allo sfruttamento di risorse naturali. Tali diritti esistono ipso facto ed ab initio. Lo stato costiero può sopra la piattaforma
continentale costruire installazioni ed esplorare la piattaforma medesima creando zone di sicurezza intorno a tali installazioni, zone di sicurezza con
estensione di 500 metri attorno all'installazione medesima. I diritti esercitati dallo stato sulla piattaforma non pregiudicano il normale regime
giuridico delle acque e dello spazio aereo sovrastante. La piattaforma perciò riguarda solo il fondale ed il sottosuolo, non le acque. Anche a questo
riguardo vi sono state molte controversie. A Ginevra si era stabilito che in mancanza di accordi tra stati la delimitazione della piattaforma doveva
avvenire in base al principio dell'equidistanza, cioè tracciando una linea che univa tutti i punti che sono equidistanti dai punti più vicini delle linee di
base da cui si misura l'ampiezza del mare territoriale. SPesso però questo principio non si rivelava giusto, come nel caso tra Germania ed Olanda. In
questo caso si deve procedere in base al principio generale del diritto dell'equità unito all'accordo tra le parti.

Vi è poi il semplice mare. L'alto mare si situa al di là della zona contigua e della zona economica esclusiva, quando essa sia stata definita con
certezza. Il mare è res communis omnium. In esso vige il principio di libertà dei mari, cioè di navigazione, di commercio, di movimento e così via.
Esso perciò è aperto a tutti gli stati, costieri o privi di litorale. In primo luogo vi è la libertà di navigazione, la libertà di sorvolo, la libertà alla posa
di cavi o condotti sottomarini. Vi è quindi la libertà di costruire isole artificiali, libertà di pesca, tranne per le specie protette da convenzioni
internazionali come accaduto per i cetacei, chiaramente valevoli per i paesi sottoscrittori. Poi vi è libertà di ricerca scientifica e diritto di esercitare
in via esclusiva da parte degli stati di esercitare la giurisdizione civile e penale sui reati commessi a bordo delle navi. Anche in questo caso uno stato
può esercitare la propria giurisdizione con le proprie navi da guerra su altre navi di stati diversi in casi specifici. E' il caso della necessità di accertare
la nazionalità della nave. Si deve verificare che le navi non siano coinvolte in attività di pirateria. Si verifica che le navi non siano implicate in
operazioni connesse con la schiavitù. Infine il caso di trasmissioni radio e tv abusive. Infine le navi da guerra hanno diritto di inseguire e catturare
navi sospettate di aver violato il diritto dello stato. Vi è perciò diritto di inseguimento, che per poter essere esercitato deve aver inizio nelle acque
interne dello stato, cioè nelle acque territoriali o interne. L'inseguimento inoltre deve presentare caratteristiche di continuità. Oggi la continuità è
garantita dalla permanenza della nave sullo schermo radar. Questo diritto si esercita anche in caso di violazione di leggi e regolamenti dello stato
riguardanti la piattaforma continentale o la zona economica esclusiva. L'inseguimento deve cessare quando la nave entra in un altro mare
territoriale.

Vi sono poi molti principi consuetudinari inerenti l'obbligo del soccorso in mare, le trasmissioni radio, il lancio di messaggi di aiuto e così via. La
navigazione in alto mare è regolata dalla convenzione di Ginevra del 1949 che in particolare disciplina la guerra in mare.

Ultimo caso è quello del fondo marino internazionale, cioè suolo e sottosuolo dell'alto mare. In questo caso vi è disciplina convenzionale più che
consuetudinaria. Si riteneva che lo sfruttamento delle risorse su tali fondali dovesse avvenire secondo principi di solidarietà. Nel 1967
l'ambasciatore maltese Pardo ritenne che tali risorse potessero essere considerate patrimonio comune. Si rilevò che il progresso avrebbe reso
possibile lo sfruttamento di tali risorse. Vi erano perciò due possibilità. La prima era seguire la strada dell'imperialismo colonialista dell'Ottocento,
cioè acquisire diritti sovrani sul fondo dell'alto mare. In tal senso gli stati più ricchi avrebbero avuto maggiori possibilità rischiando di mettere a
repentaglio la pace. Per la seconda possibilità si poteva istituire un regime internazionale su questo settore che ne assicurasse lo sfruttamento per fini
pacifici a vantaggio di tutta l'umanità. Si doveva applicare la nozione di patrimonio comune dell'umanità. Questa qualifica è composta da cinque
elementi. Per il primo gli stati non hanno diritto di impadronirsi di queste nuove risorse. Vi è l'obbligo di sfruttare tali risorse nell'interesse
dell'umanità per avantaggiarne tutti gli stati. L'esplorazione e lo sfruttamento possono avvenire solo per finalità pacifiche. Vi è l'obbligo per gli stati
di tenere in debito conto le esigenze della ricerca scientifica. Perciò si afferma la necessità di proteggere l'ambiente. La convenzione di Montego
Bay accolse in parte queste proposizioni. Si definisce il suolo ed il sottosuolo dell'alto mare come patrimonio comune dell'umanità. Si pensò ad
un'autorità internazionale dei fondi marini su proposta jugoslava e indiana. Tale autorità è costituita da tre organi. Un organo assembleare, cioè
l'assemblea, ai cui lavori partecipano tutti gli stati firmatari della convenzione. Essi vi sono rappresentati a titolo paritario. Vi è poi un consiglio
costituito da 36 stati eletti ogni tre anni per un terzo dall'assemblea. Infine vi è l'impresa, cioè l'organo che insieme agli stati rappresentati, a livello
di imprese private o statali, pone in essere lo sfruttamento e l'esplorazione dei fondali. Questo organo sovrintende al trasporto, al trattamento ed alla
commercializzazione dei minerali estratti. Gran Bretagna e Stati Uniti non si dimostrarono favorevoli a questo tipo di organizzazione internazionale,
ritardandone l'attuazione. Inoltre l'impresa avrebbe deciso come ripartire tra gli stati e le imprese i vantaggi economici derivati dalle attività legate
allo sfruttamento di tali minerali. Tale ripartizione sarebbe stata stabilita su base maggioritaria dall'assemblea, pur caratterizandosi sempre come
ripartizione equa. Fino al 1994 vi furono perciò grandi resistenze da parte dei paesi più industrializzati. Fu quindi trovato un accordo che permise di
trovare il quorum di 98 stati necessario per l'entrata in vigore della convenzione. Oggi i firmatari della convenzione sono 186 e l'autorità è stata
istituita. L'accordo però sminuì l'idea iniziale della convenzione. Fu deciso che l'autorità sarebbe stata istituita con gradualità riducendo al minimo i
costi per gli stati membri. L'autorità cominciò a lavorare solo nel 2001 in quanto mancavano risorse. Si previde che gli stati membri non dovevano
più sostenere finanziariamente l'impresa su base annua. In precedenza si ipotizzavano prestiti di 50 anni senza interessi per sostenere l'impresa. In
terzo luogo si previde che l'impresa doveva sottostare alle regole di mercato. In precedenza si era ipotizzato che i minerali estratti sarebbero stati
venduti a prezzi agevolati per i paesi poveri, con riduzioni dal 10 al 30 per cento. Si previde un nuovo sistema di voto per assemblea e consiglio, con
l'introduzione del diritto di veto per ogni stato. Infine mentre la convenzione prevedeva che le imprese pubbliche e private avrebbero trasmesso
know how ai paesi in via di sviluppo, si criticò e si accantonò questo principio. La nozione di patrimonio comune dell'umanità sussiste ma non ha
più il senso iniziale. Spesso i paesi studiano e sfruttano unilateralmente i fondali marini.

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