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«EIKASMOS» XVII (2006) - RECENSIONI 565

dente della sua parabola si dispiega nell’ultimo trentennio della sua vita, segnato da
amarezze e delusioni, non ultime quelle che scaturirono in séguito all’assegnazione
dell’incarico di direttore del Museo Nazionale di Napoli e soprintendente agli Scavi,
a cui evidentemente egli ambiva, a Giuseppe Fiorelli.
Le otto missive sono un’ulteriore conferma del notevole ascendente culturale
e politico di cui godeva a quei tempi Comparetti, al cui appoggio Minervini non
esitò a ricorrere per favorire il medico Luigi Romanelli e il medico e botanico
Giuseppe Antonio Pasquale, e forniscono altresì una testimonianza delle attività
culturali che si svolgevano in seno all’Accademia Reale di Archeologia, Lettere e
Belle Arti di Napoli.
Il lavoro di Cerasuolo offre un importante spaccato dell’ambiente culturale
napoletano, in cui nei decenni successivi all’unità nazionale assumono un intenso
fervore gli studi classici; un ambiente con il quale Comparetti si trovò ad interagire
a vario titolo e ad intessere rapporti fecondi; un ambiente in cui trova la sua natu-
rale humus il monumentale volume dedicato alla Villa ercolanese, la cui rilevanza
storica è confermata dalla ristampa anastatica del 1972, dovuta all’iniziativa del
Centro Internazionale per lo Studio dei Papiri Ercolanesi. Il Carteggio raccolto,
inoltre, proietta luce sulla instancabile e poliedrica attività di Giulio de Petra, che
apportò il suo rimarchevole contributo nell’interpretazione delle antichità napole-
tane, e sull’operosità di una figura di spicco della cultura ufficiale partenopea quale
Giulio Minervini. Elementi tutti che, nel loro insieme, concorrono alla composizio-
ne di un quadro generale quanto mai complesso e articolato.

Napoli MASSIMILIANO LONGOBARDO

Giorgio Pasquali nel «Corriere della Sera», a c. di MARGHERITA MARVULLI, con una
Nota di L UCIANO C ANFORA («Ekdosis», 3), Bari (Edizioni di Pagina) 2006,
X-172 pp., € 12,00, ISBN 88-7470-022-9.

Il terzo volume di una nuova e ben curata collana, che ha nel catalogo altri due
originali studi1, è dedicato al contributo di Giorgio Pasquali al più importante quotidiano
italiano. Dei ventinove articoli scritti tra il 1926 e il 1943 per il «Corriere della
Sera» sono qui ripubblicati i sette non riproposti in raccolte di scritti di Pasquali
(per una sintesi della situazione editoriale cf. p. 163), preceduti da pagine introduttive
che ripercorrono la storia della collaborazione. L’antologia è integrata da un arti-
colo sulle biblioteche apparso in «Quadrivio», settimanale diretto da Telesio Interlandi,
ormai rarità bibliografica; dall’inedito carteggio tra Pasquali e il direttore del gior-
nale Aldo Borelli (dodici lettere scritte tra il 3 dicembre 1942 e il 6 aprile 1943);
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e, infine, dal necrologio pubblicato da Eugenio Montale all’indomani del mortale


incidente di Belluno («Corriere della Sera» 10 luglio 1952). Diversi antichisti ita-
liani furono reclutati nel tempo per collaborare alla testata2, ma una ricognizione
sistematica della loro presenza nel quotidiano non è stata finora tentata: questo
lavoro, condotto dall’interno di un archivio storico importante come quello del
«Corriere», ne è una riuscita premessa.
Gli articoli qui riediti sono documenti non secondari della personalità scienti-
fica e umana di un intellettuale che ha dato un grande apporto, con la sua opera e
con l’insegnamento, al rinnovamento dell’antichistica e della cultura italiana. La
divulgazione giornalistica fu una delle strade attraverso cui quell’impegno si rea-
lizzò, in forme di intervento efficace e vivace, che assicurò allo studio dell’antichi-
tà un posto nella circolazione delle idee3. L’incessante tentativo di Pasquali di
connettere i problemi e gli àmbiti di studio, la sua nota predisposizione
all’interdisciplinarità (che ha la formulazione più compiuta nella Storia della tra-
dizione e critica del testo)4, trovano in queste pagine ulteriore conferma.
La collaborazione di Pasquali al quotidiano si compone di due momenti distin-
ti. Il primo è compreso negli anni della direzione di Ugo Ojetti (dal 1926 al 1927),
periodo al quale risalgono quattro articoli, due dei quali sono riproposti (Per rifor-
mare le biblioteche: gli insegnamenti dell’esperienza. Poesie greche e latine di un
filologo). Si trattò di una collaborazione episodica e, come nota la curatrice, ricon-
ducibile soprattutto all’amicizia con Ojetti. Nei quasi due anni successivi (dal di-
cembre 1927 al settembre 1929), nei quali la direzione del giornale passò nelle
mani di un giornalista che era anche un antichista, Maffio Maffii (1881-1957), non
si registrano invece interventi di Pasquali (Maffii intraprese un’intensa opera di
fascistizzazione del quotidiano; Pasquali nel 1925 aveva aderito al manifesto anti-
fascista di Croce). Il riavvicinamento di Pasquali al giornale si realizzò durante la
direzione di Aldo Borelli (direttore dal 1929 al 1943): in questo secondo periodo
(1933-1943) Pasquali firmò quindici pezzi, cinque dei quali sono qui riuniti (Dalla
poesia greca al diritto romano: nuove scoperte nei papiri fiorentini; Nuove ricer-
che sulla romanità: la storia sociale e economica dell’Impero; Sulle vie tracciate
dai Greci e dai Romani: civiltà mediterranea in Etiopia; Angosce dell’adolescenza:
confessione al sole; Novità in archeologia: un libro che farà cambiare molte idee
in materia di arte classica). A partire però dalla fine del 1942, non appena lo
studioso fu nominato Accademico d’Italia, la sua collaborazione fu formalizzata in
maniera esclusiva e con un impegno specifico. Come si apprende dal carteggio con
Borelli incluso nel volume, Pasquali fu arruolato non come studioso di antichità
classica, ma come esperto di letteratura dell’Ottocento e del Novecento (effetto
della sua versatilità anche nell’àmbito degli studi moderni). L’8 settembre 1943
mise fine anche a quell’esperienza: l’ultimo articolo scritto da Pasquali, verosimil-
mente già pronto da prima, apparve il 17 settembre del 1943 (è una recensione al
Dizionario moderno di Panzini, poi ristampata postuma)5. Negli anni della RSI,
durante la direzione di Ermanno Amicucci (ottobre 1943-aprile 1945), sarà poi
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Goffredo Coppola, vitelliano di formazione, studioso di valore e insieme uomo


della propaganda fascista e antisemita, l’antichista del «Corriere»6.
Negli articoli giornalistici di Pasquali il motivo occasionale è spesso il punto
d’avvio di una analisi che si snoda in direzioni diverse, secondo una dinamica che
si riscontra anche nella sua produzione scientifica (ne è un esempio macroscopico
la genesi della Storia della tradizione e critica del testo). Aspetti rilevanti della
cultura antica e contemporanea sono affrontati con la costante attenzione al proble-
ma concreto, che fu un suo forte tratto personale, e con uno stile ancora più carat-
terizzato da quella mobilità e vivacità che gli furono proprie: «l’esercizio della
filologia» – ha scritto Scevola Mariotti – «significava prima di tutto, per Pasquali,
arricchimento di umanità. E la prova meno dubitabile l’ha data lui stesso. Nato agli
studi come filologo classico, maturò poi in sé qualità non comuni di scrittore, che
lo fecero passare dalla rivista tecnica al periodico letterario e al quotidiano, dal
libro specializzato alle raccolte “stravaganti”, che soddisfacevano il suo bisogno di
colloqui meno ristretti»7.
Pasquali fu sempre sensibile alle articolazioni pratiche della cultura, attento ai
luoghi e alle forme in cui la ricerca si svolgeva, e il cui miglioramento era da lui
avvertito come condizione necessaria per il progresso della scuola e dell’Università
italiane, verso le quali ebbe un’attenzione duratura (fu anche nel Consiglio Supe-
riore della Pubblica Istruzione, nominato da Giovanni Gentile, dal 1923 al 1927)8.
Una serie di suoi interventi riguarda l’organizzazione delle biblioteche, un interesse
segnato dalla proficua esperienza giovanile in Germania, che ebbe un corrispettivo
nell’indagine sulle forme storiche di quell’istituzione (a lui si deve la sezione delle
biblioteche antiche nella voce Biblioteca dell’Enciclopedia Italiana).

Nell’articolo del maggio 1926 (Per riformare le biblioteche: gli insegnamenti del-
l’esperienza) l’attenzione si concentra su una serie di aspetti vitali per il buon funzionamen-
to delle biblioteche: da una più razionale politica degli acquisti, all’accorpamento o coor-
dinamento di biblioteche pubbliche minori, al potenziamento delle sale pubbliche e delle
sale di consultazione, insieme con la salvaguardia di biblioteche scientifiche e specialisti-
che. Argomento che insieme ad altri ritorna nell’articolo pubblicato nel 1935 su «Quadrivio»
(La Biblioteca del Littorio), in cui viene prospettato un obiettivo che la massima parte delle
biblioteche italiane è ancora oggi lontana dal raggiungere, quello di una biblioteca «aperta
senza restrizioni dalle 8 di mattina alle 22; la sala delle riviste potrebbe rimanere aperta
ancora sino a mezzanotte» (p. 136).

Durante la direzione di Ojetti, la pubblicazione (limitata e non venale) dei versi


greci e latini di Girolamo Vitelli (Subsiciva) diede a Pasquali l’occasione per com-
porre un ritratto del maestro fiorentino, il nucleo del ricordo che sarebbe in séguito
apparso nel volume In memoria di Girolamo Vitelli (Firenze 1936).

Nel tratteggiare il carattere di quella privata produzione poetica, Pasquali coglieva la


presenza, nel «filologo documentario per eccellenza», di una profonda congenialità con la
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poesia antica, che Vitelli aveva studiato per anni. E alla sua attenzione non sfuggiva, signi-
ficativamente, l’imitazione formale del libro antico ricercata dai curatori del volumetto (la
realizzazione, intrapresa da Ermenegildo Pistelli, fu portata a termine da Medea Norsa e
Goffredo Coppola). Vitelli è ancora protagonista dell’ampio articolo del maggio 1933 dedi-
cato alla papirologia fiorentina (Dalla poesia greca al diritto romano: nuove scoperte nei
papiri fiorentini), saggio che si inizia dalla segnalazione del primo papiro fiorentino, il P.
Flor. 1, in «Atene e Roma» del 1901. Nell’articolo è delineato lo sviluppo della scuola
papirologica fiorentina attraverso l’opera di Evaristo Breccia, Pistelli, Carlo Anti, che con
scavi e acquisti garantirono il costituirsi della collezione; dopo aver ricordato l’importanza
dei papiri documentari per la storia dell’Egitto dai Tolomei alla conquista araba, Pasquali si
diffonde sulle ‘novità’ che la raccolta fiorentina aveva prodotto nel campo della poesia lirica,
tragica e comica, e della prosa storica e letteraria. La vivace descrizione dell’abilità e delle
competenze dell’anziano Vitelli difficilmente potrebbe essere più riuscita: «il papirologo
deve a volta a volta appropriarsi lingua e stile dello scrittore del documento, notaio di paese
o impiegatuccio o contadino greco o greco-copto, lingua e stile del poeta o del prosatore;
questo è per il filologo il compito più alto, penetrare nell’anima di ogni antico, sì da seguitare
a parlare, dov’egli tace, con pensieri e con parole che a lui non disdicano. Il Vitelli v’è
riuscito a meraviglia, perché era già un grande filologo prima di toccare i papiri» (pp. 74s.).
In questo articolo Pasquali metteva per la prima volta in rilievo l’indispensabile apporto della
Norsa alla papirologia fiorentina: «lo aiuta nell’opera una scolara, Medea Norsa, esercitata
ormai da decenni a lavorare con lui e per lui: essa legge, descrive, delinea i segni là dove gli
occhi del maestro, che ha ormai ottantaquattr’anni, non basterebbero più; egli indovina il
pensiero e trova le parole che completano meglio il pensiero in quel determinato stile; la
signorina Norsa riscontra ancora una volta il papiro, se le integrazioni corrispondano bene
alle lettere spezzate o illeggibili, agli spazi» (p. 75). La conclusione del pezzo, riservata
all’importante papiro delle Institutiones di Gaio, acquistato dalla Norsa, e studiato poi da
Vincenzo Arangio-Ruiz, non si sottraeva a un’estemporanea celebrazione della ‘romanità’.

Con la storiografia di Roma antica si misura invece la recensione, pubblicata


nel novembre 1933 (Nuove ricerche sulla romanità: la storia sociale ed economica
dell’Impero), del volume di Rostovtzeff, Storia economica e sociale dell’impero
romano, di cui Le Monnier aveva appena pubblicato la traduzione italiana a cura
di Giovanni Sanna, con prefazione di Gaetano De Sanctis9 .
L’analisi muove dallo studio di Mommsen sulle province romane per segnalare le inno-
vazioni contenute nello studio di Rostovtzeff. Il Pasquali storico degli studi non rinuncia a
caratterizzare i due studiosi: «per il Mommsen storia per eccellenza è la storia politica»
(p. 88); mentre Rostovtzeff, i cui studi ebbero spesso un taglio antiquario e archeologico, fu
«storico, storico senz’attributi, che restringono sempre. E storico per il quale non sono state
vane le esperienze politiche, principale quella dello sfasciarsi rapido dello Stato e della cul-
tura peculiare della sua Russia» (p. 91). Del lavoro di Rostovtzeff sono messi in rilievo nodi
problematici quali il rapporto tra élites e masse, tra centro e periferia, con accenti che si
rivelano – come nota la curatrice – in sintonia con l’articolo I purosangue, apparso meno di
un mese dopo su «Pan»: «l’Impero, premuto da ogni parte dai barbari, decadde e perì proba-
bilmente perché non aveva saputo innalzare a sé rurali di razza diversa e di bassa cultura,
perché non aveva saputo dar modo alla sua élite di rinnovarsi con sangue più fresco» (p. 96)10 .
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L’articolo si concludeva con la segnalazione dei risultati migliori della contemporanea


storiografia italiana, gli studi di Roberto Paribeni su Traiano e di Arnaldo Momigliano su
Claudio (lavoro, quest’ultimo, la cui suggestione sembra avvertirsi in tutta la recensione)11.

Un’istanza politica e d’occasione agisce alla base dell’articolo pubblicato il 25


ottobre 1935, a pochi mesi dalla proclamazione dell’Impero italiano (nel maggio
dello stesso anno), col titolo Sulle vie tracciate dai Greci e dai Romani: civiltà
mediterranea in Europa.

Il tono propagandistico incornicia una serie di informazioni che disegnano una rapida
storia dell’Etiopia nella sua fase antica e poi durante l’ellenizzazione. È su questo periodo,
sui contatti commerciali e culturali tra i regni etiopici e le monarchie ellenistiche che Pa-
squali si sofferma con più attenzione, valorizzando fonti letterarie ed epigrafiche. L’efficace
squarcio storico prosegue fino al tardoantico, all’innesto del cristianesimo nella cultura
autoctona ed ellenistica. Nonostante la qualità della divulgazione, il saggio rimane un do-
cumento inquietante dell’elaborazione dell’ideologia coloniale (e delle sue premesse razzi-
ste) anche da parte di Pasquali12.

L’unico pezzo che si occupa di letteratura ‘contemporanea’, una recensione del


romanzo La malinconia di Giovanni Leoni pubblicato nel 1942, appare meno riusci-
to: la pagina indulge nell’esposizione della trama e si fa più viva solo quando passa
alla rievocazione autobiografica della città di Pisa, dove il romanzo è ambientato.
Indubbiamente più significativo invece l’articolo che chiude la raccolta, uno
degli ultimi scritti per il «Corriere» e in assoluto l’ultimo di carattere antichistico.
È dedicato a un maestro della storia dell’arte antica, Ranuccio Bianchi Bandinelli,
di cui nel 1943 la casa editrice fiorentina Sansoni aveva pubblicato Storicità del-
l’arte classica13. Già in apertura è evidente il taglio ‘pasqualiano’ della recensione
(«ogni scienza è costituita di problemi», p. 113), che si concentra principalmente
sulle novità del metodo: «Il libro di Ranuccio Bianchi Bandinelli […] desterà in
molti più archeologi il dubbio metodico, li costringerà a ripiegarsi su se stessi,
provocherà una di quelle crisi che io auguro di cuore agli uomini e alle cose a cui
voglio bene, istituzioni e scienze comprese» (pp. 114s.). Nel riconoscimento delle
personalità artistiche e nella valorizzazione della dimensione storica nello studio
dell’arte antica il filologo individuava il principale apporto del libro di Bianchi
Bandinelli: non a caso veniva privilegiata l’idea dell’estensione dell’ellenismo fi-
gurativo fino a Traiano, veduta consonante con quella della continuità tra cultura
ellenistica e cultura romana, da Pasquali a lungo coltivata14.

Bari PASQUALE MASSIMO PINTO

1
N. Bianchi, Caritone e Senofonte Efesio. Inediti di Giovanni Lami (2004), e C. Schiano,
Il secolo della Sibilla. Momenti della tradizione cinquecentesca degli «Oracoli Sibillini» (2005).
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2
Giuseppe Fraccaroli (1849-1918), per esempio, fu un collaboratore fisso agli inizi del XX
secolo (cf. M. Moretti, La scuola di un classicista. Sugli scritti scolastici di Giuseppe Fraccaroli,
in AA.VV., Giuseppe Fraccaroli (1849-1918). Letteratura, filologia e scuola fra Otto e Nove-
cento, a c. di A. Cavarzere e G.M. Varanini, Trento 2000, 270 n. 157). O ancora, Evaristo Breccia
(1876-1967) vi collaborò con una serie di articoli di carattere egittologico e papirologico tra il
1929 e il 1935 (in parte poi ristampati in Egitto greco e romano, Napoli 1937, 19402, Pisa 19573).
3
Meno nota è forse l’attività di divulgazione radiofonica di Pasquali: tra il marzo 1949 e
il luglio 1951 egli tenne alla RAI una serie di interventi sulla lingua italiana, poi raccolti in
G. P., Conversazioni sulla nostra lingua, s.l. (ma Torino) s.d. (ma 1953), con prefazione di
Emilio Cecchi.
4
Storia della tradizione e critica del testo, Firenze 19522, XIV: «io sono convinto che
almeno nelle scienze dello spirito non esistano discipline severamente delimitate […] ma solo
problemi che devono essere spesso affrontati contemporaneamente con metodi desunti dalle più
varie discipline».
5
G. P., Lingua nuova e antica. Saggi e note a c. di G. Folena, Firenze 1964, 63-67. Gli
scritti lì riediti sono anche documenti del Pasquali ‘lettore’ del «Corriere», che proprio dalla
lingua del quotidiano trasse, in più occasioni, il motivo delle sue riflessioni.
6
Parte della straripante produzione giornalistica di Coppola, soprattutto quella apparsa sul
«Popolo d’Italia», è ora ripubblicata in G. Coppola, Scritti papirologici e filologici, a c. di
V. Maraglino, Bari 2006.
7
S. Mariotti, Maestro di filologia, in L. Caretti (cur.), Per Giorgio Pasquali. Studi e testi-
monianze, Pisa 1972, 29-31. Per lo stile di Pasquali cf. anche A. La Penna, Lo scrittore «stra-
vagante», «A&R», s. 4 II (1952) 234s. (poi in Per Giorgio Pasquali. Studi e testimonianze cit.
87-89).
8
Cf. G. P., Università e scuola, Firenze 1950; Scritti sull’Università e la scuola, a c. di
M. Raicich, Firenze 1978. Per una valutazione complessiva: M. Raicich, Pasquali e la politica
scolastica e universitaria: momenti e documenti, in F. Bornmann (cur.), Giorgio Pasquali e la
filologia classica del Novecento, Firenze 1988, 179-202.
9
Già riedito, fuori testo, da A. Saitta, «Critica storica» XXIV (1987) 379-384.
10
I purosangue, «Pan» I (1933) 57-62 (= Pagine stravaganti di un filologo, I, a c. di
C.F. Russo, Firenze 1994, 281-287). La sensibilità antirazzista di Pasquali si era manifestata,
anni prima, anche nella confutazione dell’antitedeschismo romagnoliano (Filologia e storia,
Firenze 1920).
11
Per la presenza della storia antica nella riflessione di Pasquali cf. F. Càssola, Pasquali e
la storia antica, in Giorgio Pasquali e la filologia classica del Novecento cit. 159-177.
12
Cf. M. Cagnetta, Antichisti e impero fascista, Bari 1979, 101s.
13
L’articolo fu in realtà già ripubblicato, parzialmente, in appendice a L. Franchi dell’Orto,
L’“Introduzione all’archeologia” di Ranuccio Bianchi Bandinelli, «QS» IV (1976) 183-193:
191-193.
14
Bianchi Bandinelli, a sua volta, pubblicò una recensione delle Stravaganze quarte e
supreme (1951) e delle Vecchie e nuove pagine stravaganti di un filologo (1952) nell’anno della
morte di Pasquali («Società» VIII, 1952, 564-566). Del ritratto del filologo tracciato in quell’oc-
casione, non privo di sfumature negative, Bianchi Bandinelli discusse in séguito per lettera con
Sebastiano Timpanaro, pochi mesi dopo la morte di Pasquali: cf. Ranuccio Bianchi Bandinelli.
Biografia ed epistolario di un grande archeologo, a c. di M. Barbanera, Torino 2003, 439-441.

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