dente della sua parabola si dispiega nell’ultimo trentennio della sua vita, segnato da
amarezze e delusioni, non ultime quelle che scaturirono in séguito all’assegnazione
dell’incarico di direttore del Museo Nazionale di Napoli e soprintendente agli Scavi,
a cui evidentemente egli ambiva, a Giuseppe Fiorelli.
Le otto missive sono un’ulteriore conferma del notevole ascendente culturale
e politico di cui godeva a quei tempi Comparetti, al cui appoggio Minervini non
esitò a ricorrere per favorire il medico Luigi Romanelli e il medico e botanico
Giuseppe Antonio Pasquale, e forniscono altresì una testimonianza delle attività
culturali che si svolgevano in seno all’Accademia Reale di Archeologia, Lettere e
Belle Arti di Napoli.
Il lavoro di Cerasuolo offre un importante spaccato dell’ambiente culturale
napoletano, in cui nei decenni successivi all’unità nazionale assumono un intenso
fervore gli studi classici; un ambiente con il quale Comparetti si trovò ad interagire
a vario titolo e ad intessere rapporti fecondi; un ambiente in cui trova la sua natu-
rale humus il monumentale volume dedicato alla Villa ercolanese, la cui rilevanza
storica è confermata dalla ristampa anastatica del 1972, dovuta all’iniziativa del
Centro Internazionale per lo Studio dei Papiri Ercolanesi. Il Carteggio raccolto,
inoltre, proietta luce sulla instancabile e poliedrica attività di Giulio de Petra, che
apportò il suo rimarchevole contributo nell’interpretazione delle antichità napole-
tane, e sull’operosità di una figura di spicco della cultura ufficiale partenopea quale
Giulio Minervini. Elementi tutti che, nel loro insieme, concorrono alla composizio-
ne di un quadro generale quanto mai complesso e articolato.
Giorgio Pasquali nel «Corriere della Sera», a c. di MARGHERITA MARVULLI, con una
Nota di L UCIANO C ANFORA («Ekdosis», 3), Bari (Edizioni di Pagina) 2006,
X-172 pp., € 12,00, ISBN 88-7470-022-9.
Il terzo volume di una nuova e ben curata collana, che ha nel catalogo altri due
originali studi1, è dedicato al contributo di Giorgio Pasquali al più importante quotidiano
italiano. Dei ventinove articoli scritti tra il 1926 e il 1943 per il «Corriere della
Sera» sono qui ripubblicati i sette non riproposti in raccolte di scritti di Pasquali
(per una sintesi della situazione editoriale cf. p. 163), preceduti da pagine introduttive
che ripercorrono la storia della collaborazione. L’antologia è integrata da un arti-
colo sulle biblioteche apparso in «Quadrivio», settimanale diretto da Telesio Interlandi,
ormai rarità bibliografica; dall’inedito carteggio tra Pasquali e il direttore del gior-
nale Aldo Borelli (dodici lettere scritte tra il 3 dicembre 1942 e il 6 aprile 1943);
566 «EIKASMOS» XVII (2006) - RECENSIONI
Nell’articolo del maggio 1926 (Per riformare le biblioteche: gli insegnamenti del-
l’esperienza) l’attenzione si concentra su una serie di aspetti vitali per il buon funzionamen-
to delle biblioteche: da una più razionale politica degli acquisti, all’accorpamento o coor-
dinamento di biblioteche pubbliche minori, al potenziamento delle sale pubbliche e delle
sale di consultazione, insieme con la salvaguardia di biblioteche scientifiche e specialisti-
che. Argomento che insieme ad altri ritorna nell’articolo pubblicato nel 1935 su «Quadrivio»
(La Biblioteca del Littorio), in cui viene prospettato un obiettivo che la massima parte delle
biblioteche italiane è ancora oggi lontana dal raggiungere, quello di una biblioteca «aperta
senza restrizioni dalle 8 di mattina alle 22; la sala delle riviste potrebbe rimanere aperta
ancora sino a mezzanotte» (p. 136).
poesia antica, che Vitelli aveva studiato per anni. E alla sua attenzione non sfuggiva, signi-
ficativamente, l’imitazione formale del libro antico ricercata dai curatori del volumetto (la
realizzazione, intrapresa da Ermenegildo Pistelli, fu portata a termine da Medea Norsa e
Goffredo Coppola). Vitelli è ancora protagonista dell’ampio articolo del maggio 1933 dedi-
cato alla papirologia fiorentina (Dalla poesia greca al diritto romano: nuove scoperte nei
papiri fiorentini), saggio che si inizia dalla segnalazione del primo papiro fiorentino, il P.
Flor. 1, in «Atene e Roma» del 1901. Nell’articolo è delineato lo sviluppo della scuola
papirologica fiorentina attraverso l’opera di Evaristo Breccia, Pistelli, Carlo Anti, che con
scavi e acquisti garantirono il costituirsi della collezione; dopo aver ricordato l’importanza
dei papiri documentari per la storia dell’Egitto dai Tolomei alla conquista araba, Pasquali si
diffonde sulle ‘novità’ che la raccolta fiorentina aveva prodotto nel campo della poesia lirica,
tragica e comica, e della prosa storica e letteraria. La vivace descrizione dell’abilità e delle
competenze dell’anziano Vitelli difficilmente potrebbe essere più riuscita: «il papirologo
deve a volta a volta appropriarsi lingua e stile dello scrittore del documento, notaio di paese
o impiegatuccio o contadino greco o greco-copto, lingua e stile del poeta o del prosatore;
questo è per il filologo il compito più alto, penetrare nell’anima di ogni antico, sì da seguitare
a parlare, dov’egli tace, con pensieri e con parole che a lui non disdicano. Il Vitelli v’è
riuscito a meraviglia, perché era già un grande filologo prima di toccare i papiri» (pp. 74s.).
In questo articolo Pasquali metteva per la prima volta in rilievo l’indispensabile apporto della
Norsa alla papirologia fiorentina: «lo aiuta nell’opera una scolara, Medea Norsa, esercitata
ormai da decenni a lavorare con lui e per lui: essa legge, descrive, delinea i segni là dove gli
occhi del maestro, che ha ormai ottantaquattr’anni, non basterebbero più; egli indovina il
pensiero e trova le parole che completano meglio il pensiero in quel determinato stile; la
signorina Norsa riscontra ancora una volta il papiro, se le integrazioni corrispondano bene
alle lettere spezzate o illeggibili, agli spazi» (p. 75). La conclusione del pezzo, riservata
all’importante papiro delle Institutiones di Gaio, acquistato dalla Norsa, e studiato poi da
Vincenzo Arangio-Ruiz, non si sottraeva a un’estemporanea celebrazione della ‘romanità’.
Il tono propagandistico incornicia una serie di informazioni che disegnano una rapida
storia dell’Etiopia nella sua fase antica e poi durante l’ellenizzazione. È su questo periodo,
sui contatti commerciali e culturali tra i regni etiopici e le monarchie ellenistiche che Pa-
squali si sofferma con più attenzione, valorizzando fonti letterarie ed epigrafiche. L’efficace
squarcio storico prosegue fino al tardoantico, all’innesto del cristianesimo nella cultura
autoctona ed ellenistica. Nonostante la qualità della divulgazione, il saggio rimane un do-
cumento inquietante dell’elaborazione dell’ideologia coloniale (e delle sue premesse razzi-
ste) anche da parte di Pasquali12.
1
N. Bianchi, Caritone e Senofonte Efesio. Inediti di Giovanni Lami (2004), e C. Schiano,
Il secolo della Sibilla. Momenti della tradizione cinquecentesca degli «Oracoli Sibillini» (2005).
570 «EIKASMOS» XVII (2006) - RECENSIONI
2
Giuseppe Fraccaroli (1849-1918), per esempio, fu un collaboratore fisso agli inizi del XX
secolo (cf. M. Moretti, La scuola di un classicista. Sugli scritti scolastici di Giuseppe Fraccaroli,
in AA.VV., Giuseppe Fraccaroli (1849-1918). Letteratura, filologia e scuola fra Otto e Nove-
cento, a c. di A. Cavarzere e G.M. Varanini, Trento 2000, 270 n. 157). O ancora, Evaristo Breccia
(1876-1967) vi collaborò con una serie di articoli di carattere egittologico e papirologico tra il
1929 e il 1935 (in parte poi ristampati in Egitto greco e romano, Napoli 1937, 19402, Pisa 19573).
3
Meno nota è forse l’attività di divulgazione radiofonica di Pasquali: tra il marzo 1949 e
il luglio 1951 egli tenne alla RAI una serie di interventi sulla lingua italiana, poi raccolti in
G. P., Conversazioni sulla nostra lingua, s.l. (ma Torino) s.d. (ma 1953), con prefazione di
Emilio Cecchi.
4
Storia della tradizione e critica del testo, Firenze 19522, XIV: «io sono convinto che
almeno nelle scienze dello spirito non esistano discipline severamente delimitate […] ma solo
problemi che devono essere spesso affrontati contemporaneamente con metodi desunti dalle più
varie discipline».
5
G. P., Lingua nuova e antica. Saggi e note a c. di G. Folena, Firenze 1964, 63-67. Gli
scritti lì riediti sono anche documenti del Pasquali ‘lettore’ del «Corriere», che proprio dalla
lingua del quotidiano trasse, in più occasioni, il motivo delle sue riflessioni.
6
Parte della straripante produzione giornalistica di Coppola, soprattutto quella apparsa sul
«Popolo d’Italia», è ora ripubblicata in G. Coppola, Scritti papirologici e filologici, a c. di
V. Maraglino, Bari 2006.
7
S. Mariotti, Maestro di filologia, in L. Caretti (cur.), Per Giorgio Pasquali. Studi e testi-
monianze, Pisa 1972, 29-31. Per lo stile di Pasquali cf. anche A. La Penna, Lo scrittore «stra-
vagante», «A&R», s. 4 II (1952) 234s. (poi in Per Giorgio Pasquali. Studi e testimonianze cit.
87-89).
8
Cf. G. P., Università e scuola, Firenze 1950; Scritti sull’Università e la scuola, a c. di
M. Raicich, Firenze 1978. Per una valutazione complessiva: M. Raicich, Pasquali e la politica
scolastica e universitaria: momenti e documenti, in F. Bornmann (cur.), Giorgio Pasquali e la
filologia classica del Novecento, Firenze 1988, 179-202.
9
Già riedito, fuori testo, da A. Saitta, «Critica storica» XXIV (1987) 379-384.
10
I purosangue, «Pan» I (1933) 57-62 (= Pagine stravaganti di un filologo, I, a c. di
C.F. Russo, Firenze 1994, 281-287). La sensibilità antirazzista di Pasquali si era manifestata,
anni prima, anche nella confutazione dell’antitedeschismo romagnoliano (Filologia e storia,
Firenze 1920).
11
Per la presenza della storia antica nella riflessione di Pasquali cf. F. Càssola, Pasquali e
la storia antica, in Giorgio Pasquali e la filologia classica del Novecento cit. 159-177.
12
Cf. M. Cagnetta, Antichisti e impero fascista, Bari 1979, 101s.
13
L’articolo fu in realtà già ripubblicato, parzialmente, in appendice a L. Franchi dell’Orto,
L’“Introduzione all’archeologia” di Ranuccio Bianchi Bandinelli, «QS» IV (1976) 183-193:
191-193.
14
Bianchi Bandinelli, a sua volta, pubblicò una recensione delle Stravaganze quarte e
supreme (1951) e delle Vecchie e nuove pagine stravaganti di un filologo (1952) nell’anno della
morte di Pasquali («Società» VIII, 1952, 564-566). Del ritratto del filologo tracciato in quell’oc-
casione, non privo di sfumature negative, Bianchi Bandinelli discusse in séguito per lettera con
Sebastiano Timpanaro, pochi mesi dopo la morte di Pasquali: cf. Ranuccio Bianchi Bandinelli.
Biografia ed epistolario di un grande archeologo, a c. di M. Barbanera, Torino 2003, 439-441.