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GALILEO GALILEI

LA VITA
Nasce nel 1564 a Pisa, da genitori di media borghesia i quali si trasferiscono a Firenze
dove Galileo compie i suoi studi di letteratura e logica. Per volere del padre si iscrive alla
facoltà di medicina di Pisa, ma non mostra interesse per questi studi. Tornato a Firenze
approfondisce gli studi matematici e la sua cultura in questa materia gli permette di
insegnare prima all’università di matematica di Pisa e poi a quella di Padova.
Nel 1609 costruisce e presenta il cannocchiale, soggetto del Siderus nuncius.
Nel 1616 viene ammonito dal cardinale Bellarmino di non divulgare le teorie di Copernico
(le cui opere verranno messe nell’indice dei libri proibiti nello stesso anno). Per un po’ non
si espose ma continuò a studiare e lavora alla stesura del “Dialogo sopra i due massimi
sistemi del mondo (il tolemaico e il copernicano)” che pubblica nel 1632 quando viene
eletto papa Urbano VIII Barberini, curioso dei suoi studi e Galileo si illude in una nuova
apertura mentale. Però Galileo aveva molto nemici nella Chiesa, che probabilmente
influenzarono il giudizio del papa. Perciò viene chiamato dal Sant’Uffizio e viene
processato non solo per l’opera, ma anche perché era venuto meno alla promessa fatta
nel 1616. Il processo si conclude con la famosa abiura nel 1633 e Galileo vive gli ultimi
anni della sua vita nella sua villa, assistito dalla figlia. Nonostante questo continua le sue
ricerche e scrive un’altra opera intitolata “Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno
a due nuove scienze”, che pubblicò in Olanda, non potendo farlo in Italia. Galileo muore
nel 1642 cieco a causa delle continue osservazioni (guardavail sole senza protezioni).

Galileo è una grande figura perché è un uomo fondamentalmente convinto che la scienza
debba essere autonoma. Si mette in gioco per difendere questa autonomia dalle
ingerenze della chiesa e dalla cultura tradizionale. Si espone a differenza di altri
personaggi che magari avevano avuto anche delle importanti intuizioni ma che non
avevano il coraggio di esporsi.

LA POLEMICA CONTRO LA CHIESA


Siamo nel periodo della controriforma che aveva stabilito che quello che era scritto nelle
sacre scritture era la verità. Quindi tutto il sapere non poteva contrastare con le sacre
scritture. Questo pone un problema, se lo scienziato si trova davanti a delle scoperte che
invece vi contrastano, la propria teoria doveva essere abiurata. Però quello che si scopre
è o non è verità visto che contrasta con i testi sacri? Quindi ci si pone il problema:
potrebbe essere che nelle sacre scritture ci sia qualcosa di vero e di falso?
La posizione della Chiesa era di chiusura totale, perché se si ammettesse che qualcosa è
falso ecco che allora si metterebbe tutto in dubbio. Si sosteneva che la bibbia fosse stata
scritta sotto ispirazione dello spirito santo e quindi non poteva che essere vera.
Galileo comunque è credente ma secondo lui la posizione della Chiesa nei confronti
del nuovo era sbagliata, perché sarà screditata successivamente dalla scienza, la quale
secondo lui avrebbe dimostrato la validità delle proprie tesi prima o poi.
Perciò Galileo afferma che:
- la Bibbia ha una funzione morale, cioè quella di spiegarci come ci dobbiamo comportare,
ed è fondata sulla fede;
- il sapere invece ci spiega come è fatta la natura ed è fondato sulla ragione. Famosa la
frase “la bibbia ci insegna come andare al cielo ma non com’è”.
Ma allora perché nella bibbia ci sono scritte delle cose che la scienza smentisce?
Perché la Bibbia è stata scritta molti anni prima, quando non si avevano ancora tutte

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quelle conoscenze e doveva essere compresa da tutti. Come la Bibbia non può interferire
nell’ambito della scienza, la scienza non interferisce nell’ambito morale.
Secondo galileo la bibbia è stata scritta sotto l’ispirazione di dio, ma anche la natura è
un’espressione di Dio, quindi Bibbia e natura non possono contraddirsi fra di loro.
Perciò il problema che si pone è se ci sono dei contrasti, questi sono solo apparenti e
proprio perché una ha uno scopo e l’altro ne ha un altro.
Infatti Galileo non accetta la teoria della doppia verità perché la ragione è data da Dio
all’uomo, la natura ha origine da Dio, la sacre scritture sono la parola di Dio, quindi se uno
fosse in contraddizione con l’altro verrebbe da pensare che Dio si contraddica nei suoi 2
modi di esprimersi (natura e bibbia). A noi sembrano in contraddizione nel momento in cui
usiamo la Bibbia per uno scopo (la scienza) che non è il suo.

POLEMICA CONTRO LA CULTURA TRADIZIONALE E GLI ARISTOTELICI


Gli aristotelici erano coloro che si interessavano allo studio della natura, ma solo
attraverso lo studio di Aristotele (accettano come un dogma le sue teorie), mentre secondo
Galileo bisogna osservare la natura, se no non si arriva a nessuna nuova conclusione.
“Gli aristotelici vivono in un mondo di carta” chiusi sui libri, accettando passivamente la
teoria di Aristotele. Questo non vuol dire che Galileo non ammirasse Aristotele, ma se
fosse vivo si renderebbe lui stesso conto che le sue teorie sono sbagliate e sarebbe
pronto ad accettarne di nuove (esempio autopsia).

Galileo fu il primo ad utilizzare il CANNOCCHIALE per osservare il cielo, che fino a


quel momento era considerato di etere, quindi immutabile e perciò non c’era nulla da
vedere. Galileo non solo intuisce che c’era molto da vedere, ma ebbe il coraggio di usare
questo strumento perché era considerato diabolico dalla Chiesa (= dio ci ha dato la vista e
quello che noi vediamo con gli occhi è vero, quello strumento ci da delle illusioni).
Ma che cosa vede?
1) la Luna, osserva la superficie lunare e scopre che non è liscia ma irregolare e quindi
non è fatta di etere ed assomiglia alla Terra;
2) Giove e i suoi satelliti, smentendo ciò che aveva detto Aristotele cioè che i satelliti non
si muovono intorno al sole (motivo per cui metteva la Terra al centro). Quindi se si muove
Giove si muove anche la Terra.
3) le macchie solari, che sono regioni che presentano una temperatura minore rispetto al
resto della superficie solare, andando a smentire il fatto che il Sole fosse fatto di etere e
che per questo fosse immutabile;
4) le fasi di Venere, cioè scopre che il pianeta Venere aveva delle fasi precise in cui si
illuminava, dimostrando che non era cristallino e che invece era fatto da parti buie dove
non arrivava il Sole, come la Terra.

Galileo riporta le sue conclusioni nel DIALOGO SOPRA I DUE MASSIMI SISTEMI.
Riguarda il confronto fra il sistema aristotelico-tolemaico e copernicano scritto sotto forma
di dialogo e confrontando le teorie dei due rappresentanti (Simplicio e Salviati) di questi
sistemi ed è scritto in volgare.
- Simplico, rappresenta Aristotele e l’arretratezza della Chiesa (e si credeva
erroneamente che rappresentasse il papa);
- Salviati, rappresentava Copernico ed era amico di Galileo;
- Sagredo, era l’intermediario ed esisteva anche lui, ed era un uomo di una grande onestà
intellettuale perciò alla fine sta con Salviati.
L’opera si divide in 4 giornate, una di queste (la 3°) è quella riguardante la Teoria della
Relatività, nella quale riesce a rispondere a quelle domande a cui Copernico non sapeva
rispondere (esempio Nave = mettetevi sottocoperta in una nave, in una stanza chiusa,
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nella quale sono presenti delle farfalle che volano e sospendete in aria un vaso pieno
d’acqua e versate l’acqua goccia a goccia in un altro recipiente sottostante. Se la nave è
ferma si avrà questa situazione. Fate muovere la nave con quanta velocità si voglia,
purchè il moto sia costante. Non riconoscerete una minima mutazione. Le gocce cadranno
in modo perpendicolare esattamente come quando la nave era ferma).
La Terra è come un sistema chiuso e tutto ciò che avviene segue il suo movimento.

PROBLEMA DEL METODO


Se il nuovo concetto di scienza prevedeva che dovesse essere sperimentale, rifiutando
quindi i dogmi e la tradizione, doveva basarsi su dati e osservazioni.
Ma come si raccolgono i dati? Un problema che non ci si poneva prima, perché si
accettava passivamente la teoria artistotelica e la tradizione.
Galileo non scrive/non teorizza nulla su questo problema, al contrario di Cartesio e
Bacone, ma utilizza un metodo di ricerca che è diviso in due momenti:
1) analitico = è il momento dell’analisi, bisogna osservare e raccogliere i dati rispetto
all’argomento, poi dobbiamo tradurre i fenomeni in termini matematici/quantificare (es
esprimere una temperatura/velocità/peso) e sviluppare una ipotesi, cioè una supposizione
che deve essere confermata per diventare legge;
2) sintetico = è il momento del cimento, e consiste nella verifica dell’ipotesi con degli
esperimenti. Se è verificata diventa legge cioè ha valore universale.

Per Galileo concorrono a formare una conoscenza le “SENSATE ESPERIENZE e


NECESSARIE DIMOSTRAZIONI”, questo vuol dire che la scienza si basa
sull’osservazione dei dati e quindi sulla sensate esperienze e nel momento in cui osservo i
dati e tento di formulare una legge applico il metodo induttivo (dal particolare al generale),
ad esempio quando galileo osservava il cielo. Altre volte usano invece le necessarie
dimostrazioni, cioè i ragionamenti logici, come quelli matematici.
In conclusione per arrivare a delle conoscenze certe non basta solo l’osservazione
induttiva ma serve anche quella deduttiva. Per esempio quando galileo ha l’intuizione del
principio di inerzia, lui non parte da delle osservazioni, ma basa il suo ragionamento
partendo da un’intuizione e ragionando, quindi facendo delle deduzioni (quello che non
può osservare in natura lo immagina).

- sensate esperienze metodo induttivo


- necessarie dimostrazioni ragionamenti logici/matematici

Comunque non da più importanza ad uno rispetto che ad un altro metodo. L’atteggiamento
di Galileo è quello dello scienziato moderno, che quando studia, osserva e conosce e lo fa
sempre escludendo qualsiasi ricerca finalistica della natura, cercando la causa efficiente
del fenomeno (quindi non il fine del fenomeno ma la sua causa).
Il pensiero di Galileo viene detto Realismo perché ritiene che il pensiero, quindi la
conoscenza, rispecchi l’essere (= la natura è ciò che è, noi conosciamo la natura perché il
nostro pensiero la rispecchia. Quello che sostiene la scienza rispetto al mondo,
corrisponde esattamente a quello che il mondo è).
Ci saranno poi filosofi (come Kant) che smentiranno questa teoria: quello che è il mondo
noi non lo sappiamo, quello che noi conosciamo è il risultato dei dati che ci vengono
dall’esterno e le nostre forme mentali (= categorie) ci fanno ordinare quei dati in un certo
modo. Quindi quello che noi conosciamo non sappiamo se è il mondo in sé ma
conosciamo il fenomeno, cioè il mondo come ci appare.

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BACONE
LA VITA
Era inglese e si chiamava Francise Bacon e nasce nel 1561 (contemporaneo di Galileo).
Nasce in una famiglia aristocratica di Londra e il padre lavorava come guardia sigilli alla
corte della regina Elisabetta Tudor. Bacone studia a Cambrige, dedicandosi agli studi di
diritto e inizia la sua carriera politica sotto il regno di Giacomo I Stuart (prima diventa
guardia sigilli, poi Lord Cancelliere quindi amministrava la giustizia). Comunque Bacone
era un personaggi particolare e gli piaceva molto il lusso: si dice che avesse molte case.
Perciò si lascia corrompere e altera il corso di un processo e viene scoperto. Accetta il
suo destino e viene arrestato nella torre di Londra, dove sta pochi giorni. Paga una multa
ed è costretto a ritirarsi dalla vita politica. Così si appassiona alla scienza, ma durante
uno studio sul freddo si ammala e muore.

Bacone non scopre nessuna legge, non usa la matematica, non si interessa alle
teorie di Copernico.

Si concentra sul PROBLEMA DEL METODO ed è il primo ad affermare che sapere è


potere (= con questa affermazione sottolinea l’importanza della conoscenza della natura
per ricavarne dei benefici per la nostra esistenza).
Per conoscere la natura bisogna osservarla e sperimentare. Rivede tutto il sapere
rifondandolo in base sperimentale. Un suo ambizioso obbiettivo, che non riesci a
terminare, era quello di riscrivere un’enciclopedia delle scienze, dove ridefiniva ogni
scienza organizzandola su base sperimentale. Solo una parte di questo progetto possiamo
dire di poter avere, cioè il NUOVO ORGANO (= nome che si dava agli scritti di logica di
Aristotele a cui lui contrappone il nuovo organo e in questa opera espone il suo modo di
pensare sulla scienza, conoscenza e metodo).

POLEMICA CONTRO ARISTOTELE


Secondo Bacone, Aristotele si era interessato alla natura, ma che come molti altri aveva
voluto anticipare la natura. Ciò vuol dire che i risultati che questi filosofi/scienziati hanno
raggiunto, sono stati raggiunti solo attraverso delle generalizzazioni della natura molto
frettolose (sillogismo = metodo di ragionamento per eccellenza – tutti i felini sono animali,
il gatto è un felino, il gatto è un animale – Aristotele arriva a queste conclusioni attraverso
il metodo induttivo, dopo alcune osservazioni il nostro intelletto ha la capacità di riuscire a
cogliere l’universale).
Per Bacone i risultati presi in questo modo, facendoci quindi basare sull’osservazione di
alcuni casi è sbagliato, ci porta a fare degli errori. La natura invece deve essere
interpretata, non anticipata:
- si partirà dall’osservazione dei dati immediati che possiamo avere,
- arriveremo a delle conoscenze che hanno valore intermedio e non universale
- e da quelle si arriverà sempre gradualmente all’elaborazione di principi generali.
Per fare ciò bisogna avvalersi del metodo induttivo, che si divide in 2:
prevede che la mente si liberi da tutti i pregiudizi che possano influenzare o limitare la
conoscenza. Questi pregiudizi della mente sono chiamati idola (= fantasmi in latino).
Quali sono?

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1 – idola tribus (= tribù), cioè quelli della specie umana, comuni a tutti gli uomini, che
tendono a semplificare le cose o a vedere più armonia nella natura di quanta ce ne sia
veramente o studia ciò che gli interessa di più, tralasciando altro;
2 – idola specus (= caverna), cioè quei pregiudizi che rispecchiano la cultura,
educazione, abitudini, interessi del singolo individuo. Ogni uno di noi è come se fosse una
caverna che distorce la luce (della natura);
3 – idola fori (= piazza), cioè quelli che riguardano il linguaggio. Li chiama così perché
come nella piazza ci si scambia le merci, così sono vengono scambiate le parole fra gli
uomini. Però le parole costituiscono dei problemi nella conoscenza:
- il fatto che spesso si attribuisce un nome a qualche cosa che non esiste (come la fortuna,
umido e da qui si capisce anche che non è uno scienziato, pesante,…)
- e invita gli scienziati a specificare meglio il significato di queste parole che possono
indurre alla confusione;
4 – idola thiatri (= teatro), cioè quelli delle vecchie filosofie, che gli ricordano delle
rappresentazioni teatrali. Ad esempio critica:
- Platone perché la sua filosofia di avvale dei miti, che allontanano dalla natura e dalla
realtà;
- e Aristotele perché ci ha insegnato il sillogismo, ma questo non aumenta la nostra
conoscenza perché la conclusione è già contenuta nelle premesse.
Non dobbiamo essere succubi delle filosofie passate e afferma che “la verità è figlia del
proprio tempo” perché le conoscenze aumentano.
Una volta che ci siamo liberati da questi pregiudizi, possiamo procedere alla
conoscenza, che si fonda sull’esperienza.
Come si procede? Bacone in una sua opera ci fa l’esempio del calore:
1 – prima di tutto dobbiamo compilare una tavola in cui segniamo tutte le situazioni in cui il
fenomeno che stiamo analizzando si verifica. Questa tavola viene chiamata Tavola delle
presenze (es. il calore è presente col fuoco o col sole);
2 – poi bisogna compilare la Tavola delle assenze in cui si elencano le situazioni simili a
quelle della presenza ma in cui il fenomeno non si verifica (es. in presenza dei raggi della
luna o delle stelle c’è calore? No). Perché è importante questa tavola? Perché ci aiuta a
non sbagliare, se mi limitassi solo alle tavole della presenza potrei generalizzare e
sbagliare (es. se dico che i raggi del sole producono calore, potrei generalizzare dicendo
che tutti i raggi producono calore ed è sbagliato);
3 – infine c’è la Tavola dei gradi dove registro tutte le volte in cui un fenomeno si
presenta con gradi di intensità differenti.

Dopo aver completato le tavole, rigorosamente basate sull’osservazione, allora posso


formulare una prima ipotesi o “vendemmia”, che va verificata. Perciò si procede con
una serie di esperimenti fino all’istanza cruciale cioè il momento in cui posso affermare la
legge.

In tutto questo non compare mai la matematica e perciò Bacone non potrà mai
formulare una legge. Bacone si paragona al metodo delle api, che traggono il nettare dai
fiori, quindi dall’esterno e poi lo trasformano in miele. E così devono operare gli scienziati,
né come le formiche né come i ragni, perché le formiche prendono solo dall’esterno e
mettono da parte e i ragni invece producono la loro ragnatela autonomamente. Quindi lo
scienziato non può né solo raccogliere dati né fare a meno dell’esperienza e usare solo il
proprio ragionamento. Lo scienziato vero è quello che usa entrambi.

LA NUOVA ATLANTIDE (pag 273/74)

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Descrive il naufragio di alcuni marinai in un’isola utopica e ci mostra quello che vedono.
Sull’isola infatti si pratica molto la tecnologia. I tre punti che rendono quest’isola felice
sono:
- la conoscenza delle cose
- gli strumenti che vengono utilizzati
- l’organizzazione dei vari scienziati
Il messaggio che traspare da questo testo è l’importanza che da Bacone alla
collaborazione fra gli scienziati.

Empirismo – Aristotele
600
Razionalismo – Platone

EMPIRISMO
È una corrente filosofica inglese del 600 che si ispira alle filosofie passate.
Empirismo inglese – Bacone e Occam
Empirismo inglese moderno – Loch

È una corrente che ritiene che la conoscenza nasca dall’esperienza.


Nel 600 si riproduce la differenza tra Platone (conoscenza innata, bisogna ricordare)
e Aristotele (conoscenza è esperienza, la mente è tabula rasa).
Gli empiristi comunque non negano il ruolo della ragione, ma quando vogliamo studiare un
fenomeno bisogna sempre partire dall’osservazione. L’esperienza è sia punto di inizio che
di fine, si fa sempre ricorso all’esperienza e ogni ipotesi deve essere convalidata
dall’esperimento. Se tutta la conoscenza nasce dall’esperienza, la possibilità di conoscere
è limitata perché quello di cui non possiamo avere l’esperienza ci rimane sconosciuto.
Perciò possiamo dire che l’empirismo tende ad escludere la metafisica dall’esperienza,
che non può essere osservata. Ma non tutti la escludono, come Loch.

LOCKE
LA VITA
È padre dell’empirismo inglese moderno.
John Locke nasce nel 1632 in Inghilterra. Studia e insegna ad Oxford come maestro delle
arti, ma si interesso anche agli studi naturali e alla medicina. Verso i 35 anni si occupa
anche di studi economici e politici e divenne il segretario di Lord Ashley, il quale diventerà
poi conte. Nel 1675 quest’ultimo cadde in disgrazia e Locke fu costretto ad andare a
Londra. Torna poi nel 1679 per stare vicino al conte che era tornato al potere, ma questi fu
costretto a fuggire con l’accusa di alto tradimento e Locke dovette andare in esilio in
Olanda. In questi anni in Olanda si sta preparando la Gloriosa Rivoluzione inglese,
avvenuta perché tutto il Parlamento si trova d’accordo a dare i poteri ad un sovrano
esterno che non appartenesse alla dinastia Stuart, cioè Guglielmo d’Orange (che era
olandese, che aveva sposato Maria Stuart), i quali stavano facendo i preparativi per
approdare in Inghilterra. Quindi Locke entra a far parte della corte e segue Maria nel
ritorno in Inghilterra nel 1689. Proprio per la sua posizione a corte, Locke diventa un
filosofo molto importante, non solo per il suo legame con Maria, ma anche perché diventa
il simbolo di questo particolare momento politico (il grande cambiamento della rivoluzione
porta all’obbligo per i sovrani di firmare la carta dei diritti, grazie alla quale si toglie il potere

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assoluto al sovrano). Egli divenne il rappresentante intellettuale e filosofico del nuovo
regime liberale. Muore nel 1704.

IL SAGGIO SULL’INTELLETTO UMANO


Nella prefazione spiega che si trovava con amici a discutere di vari argomenti (etica,
politica,…) e alla fine della discussione non si riusciva a trovare una verità comune.
Quindi ci dice che prima di intraprendere un’indagine conoscitiva, dobbiamo chiederci
cosa la nostra conoscenza può conoscere. Locke è il primo esponente del criticismo,
atteggiamento che riflette sulle possibilità e i limiti della ragione dell’uomo.
Se noi partiamo dalla convinzione che la nostra esperienza è fondamentale per la
conoscenza, se l’esperienza costituisce il limite della ragione che cosa posso
conoscere? Se stabiliamo quali sono i nostri limiti non cadremo nell’errore di
intraprendere delle ricerche in ambiti che sono al di la delle nostre possibilità, alle quali
non troveremo delle risposte o troveremo tante dottrine diversi che si contraddirebbero
l’una con l’altra.
Locke afferma che quando conosciamo, la nostra conoscenza si fonda sulle idee.
Quando esistono le idee?
Quando le pensi (per Platone esiste sempre ed è autonoma).
Come facciamo ad avere le idee?
Attraverso l’esperienza dei dati sensibili.
Come giustifica le idee innate?
Per lui non esistono (al contrario di Cartesio). La sua spiegazione è che se ho un’idea
significa che la penso, ma se la penso ne sono cosciente. Se non ne sono consapevole,
non la sto pensando e quindi quell’idea non esiste. Se ci fossero delle idee innate
dovremmo tutti pensarle ed esserne consapevoli. Ma se per esempio prendessi come
esempio un principio molto evidente, cioè il principio di identità e non contraddizione
(= ogni cosa è e non può essere diversa da com’è, come diceva Parmenide). Se questa
fosse un’idea innata tutti dovrebbero sapere questo principio, ma bambini, selvaggi e idioti
non ne sono consapevoli. Lo stesso discorso vale per i principi morali, che sono diversi
da popolo a popolo o individuo e può cambiare durante la vita del singolo (es. idea di
giustizia o l’idea di Dio).
Visto che le idee innate non esistono, tutte le idee devono derivare dall’esperienza.
Ma quali sono queste idee? Locke le chiama idee semplici che si dividono in:

di sensazione
Idee semplici
di riflessione

Le idee semplici sono quelle che derivano dal nostro senso esterno, cioè che acquisiamo
dai sensi, dall’osservazione come il caldo o il rosso (sensazione), o dal nostro senso
interno (riflessione) quindi l’idea del mio pensiero/ragionamento/dubitare. Il nostro intelletto
acquisisce in modo passivo le idee semplici, quindi non si creano se non si ricevono
dall’esperienza, ma non le si può neanche rifiutare se l’esperienza le fornisce.
Quando l’intelletto diventa attivo?
Quando elabora/ordina/connette fra di loro queste idee semplici = idee complesse che
sono di 3 tipi:
1) L’idea di modi
Sono definite come affezioni della sostanza, cioè esprimono dei modi di essere di una
sostanza. Ad esempio l’idea della gratitudine (cioè la manifestazione di un uomo che
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riconosce un altro come suo benefattore) oppure l’idea di furto (mutamento del possesso
di una sostanza dal proprietario senza consenso)
2) L’idea di sostanza
Cos’è la sostanza? Può essere un tavolo/animale. Di solito è considerata come una cosa
che esiste da sé (perché il nostro intelletto la percepisce come un’idea semplice), ma in
realtà no. Il tavolo non è un’idea semplice perché è la somma dei sensi = sostanza
materiale, che è un insieme di idee semplici/esperienze esteriori.
Ma a che cosa corrisponde l’idea di sostanza? È un substrato (= un qualcosa che sta
sotto) che funge da punto d’appoggio di tutte le qualità sensibili, ma questa idea non
possiamo dire che corrisponda a qualcosa di concreto. In conclusione non possiamo
conoscerla (Locke non sa cosa sia), ma non ne nega l’esistenza. Questo discorso vale
anche per l’anima, cioè la sostanza spirituale, che è un insieme di esperienze interiori.
3) L’idea di relazione
Sono idee che presuppongono una relazione, cioè la considerazione di una cosa
racchiude già in sé stessa la considerazione di un’altra (es. l’idea di padre che comprende
la relazione implicita con il figlio). Un’altra idea di relazione è quella di casualità, che
contempla una relazione di causa effetto. Ancora un’altra idea è quella della diversità,
perché se considero una cosa diversa, è diversa da che cosa? Devo metterla in relazione
a qualcos’altro se la considero diversa.

Idee generali
Sono idee che non si riferiscono a una realtà esistente. Es. l’idea di uomo inteso come
umanità. Il nostro intelletto coglie gli elementi comuni e forma un’idea generale, ma
l’umanità non esiste, esistono tanti uomini che noi chiamiamo generalmente umanità.

Avere idee significa conoscere?


No, perché l’idea non è né giusta né sbagliata. (es. idea del marziano)
Quando ho la conoscenza?
Quando percepisco l’accordo o il disaccordo fra idee. Quindi avrò una conoscenza quando
è possibile inserire una nuova idea nel complesso delle idee che posseggo, cosa che a
volte è possibile e altre volte no. Ad esempio ho l’idea dell’asino e la connetto con l’idea
del volare. Posso affermare che l’ansino vola? L’idea del volare si connette con tutte le
altre idee che ho sull’altro argomento (= asino)? No, quindi non lo posso affermare perché
non c’è connessione tra le altre idee che già possiedo. Perciò non ho la conoscenza.

Quando l’accordo o il disaccordo fra idee viene colte in modo intuitivo/immediato (es. il
bianco non è nero) si parla di conoscenza intuitiva, che sono le conoscenze più certe
che abbiamo.
Quando l’accordo o il disaccordo fra idee non è immediatamente comprensibile, ma ha
bisogno di essere reso evidente attraverso delle idee intermedie, cioè dalle prove, che
sono delle dimostrazioni, si parla di conoscenza dimostrativa. Ad esempio le
dimostrazioni matematiche. A volte tra un’idea e un’altra, questa connessione non è colta
immediatamente, quindi è come se noi dovessimo collegare la prima idea con l’ultima e
per questo scopo abbiamo bisogno di anelli che formino una catena che colleghi la prima
idea con l’ultima, in modo tale da renderci chiara questa connessione. Ogni anello sarà poi
colto intuitivamente: alla prima idea ne colleghiamo un'altra che ci risulti immediatamente
evidente, a questa un’altra e così via, costruendo la nostra connessione.

Locke si rende conto che non è una conoscenza certa (quella dimostrativa) e quindi
possono esserci errori. Tutta la conoscenza si fonda sulle idee complesse.
Ma c’è una corrispondenza certa tra le idee e le cose reali?
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Posso formulare idee di qualsiasi tipo, volendo potrei crearmi l’idea di un mondo che non
esiste. Perciò Locke afferma che ci sono 3 realtà fondamentali:
1) io
2) dio
3) le cose del mondo
Io ho l’idea di queste 3 realtà, ma c’è corrispondenza tra la mia idea e questi 3 elementi?
- Si perché io ho l’idea dell’io e posso averne la certezza. Io penso/dubito/ragiono, tutti
questi sono atti del pensiero che mi attestano l’esistenza di me stesso.
Se penso esisto, quindi l’io è una realtà esistente = conoscenza intuitiva.
- io ho l’idea di Dio, che per Locke esiste. L’esistenza di Dio però va provata per via
dimostrativa. Posto che l’io esiste, se qualche cosa esiste deve avere una causa non
posso andare avanti all’infinito = causa incausata = conoscenza dimostrativa.
- Le cose del mondo esistono e la consapevolezza di ciò ci è data dalla sensazione
attuale, cioè dal momento. Dall’esterno riceviamo una sensazione, quindi vuol dire che
esiste un mondo esterno.

A conferma della sua tesi afferma che chi è privo di un organo di senso non potrà avere le
idee che derivano da quell’organo (es. i cechi non hanno l’idea del colore). Se abbiamo
un’idea sgradevole non la possiamo non conoscere (es. cattivo odore), perché ci viene
data dall’esterno e il nostro intelletto non si può rifiutare di ricevere delle sensazioni.
I sensi testimoniano l’uno per l’altro (vedo una cosa e la posso anche toccare = esiste).

Quando esco di casa ho la certezza che esista ancora?


No, perché io sono certa che una cosa esista solo nel momento in cui quella cosa mi da
una sensazione. In ogni caso finché noi parliamo di cose esterne testimoniate dalle
sensazioni attuali siamo nell’ambito della certezza quando usciamo da questo entriamo
nell’ambito della probabilità.
Loch sottolinea che la maggior parte delle nostre conoscenze esulano dall’ambito della
certezza. Se una persona mi racconta di un’esperienza simile alla mia non è certo che sia
vera ma che sia molto probabile. Bisogna vedere:
- che credito ha la persona (es. uno scienziato nel proprio ambito ha più credito di un
falegname);
- quanti testimoniano per la stessa cosa;
- se si ha interesse nell’ingannare.

CARTESIO
LA VITA
È il padre del razionalismo.
Nasce nel 1596 in Francia, Rene Descartes, da una famiglia aristocratica e frequenta una
scuola prestigiosa gesuita La Flèche. Successivamente sottoporrà a critica gli studi di
questo periodo, giudicandoli insufficienti per fornire un orientamento sicuro nell’indagine.
Nel 1620 di partecipare alla guerra dei 30 anni, ma essendo un nobile aveva ampia libertà
e inizia a girare l’Europa, mentre continua ad elaborare un proprio metodo d’indagine.
Tornato dalla guerra si stabilisce a Parigi dove approfondisce i suoi studi di matematica e
fisica, ma qui non riesce a concentrarsi a causa degli obblighi sociali che gli erano imposti
in quanto aristocratico. Perciò nel 1628 si stabilisce in Olanda, paese libero nel pensiero.
Qui scrive un’opera riferita alla teoria copernicana che doveva essere pubblicata nel 1663,
stesso anno del processo di Galileo. Perciò opta per estrapolare solo 3 parti dando loro
una prefazione dal nome “Discorso sul metodo”, che poi diventò un’opera a sestante.

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Nel 1649 Cartesio si fa convincere dalla regina Cristina di Svezia a stabilirsi nella sua
corte. Non abituato all’inverno rigido, si ammala e muore pochi mesi più tardi.

PROBLEMA DEL METODO


La sua scuola non gli insegna il nuovo sapere, per distinguere il vero e il falso e si inventa
un metodo. Cartesio non vuole tramandare solo un sapere teorico come aveva fatto la sua
scuola, ma anche delle nozioni pratiche che diventino tecnica e che permettano di
possedere la natura (sapere è potere – come Bacone). Col suo metodo pensa addirittura
di eliminare alcune malattie rendendo la vecchiaia più lunga e serena, cosa che poi si è
realizzata.
Cartesio utilizza un metodo già esistente, cioè il metodo matematico e propone di
applicarlo in tutti i campi della scienza. In questo modo queste discipline ci appariranno
certe come la matematica.
Questo metodo ha 4 regole:
1) regola dell’evidenza: dobbiamo accettare come vero solo quello che in modo intuitivo
riconosciamo come tale. Noi dobbiamo accettare solo le idee chiare e distinte, cioè
separate da ogni altra idea, in modo tale che non si possano confondere con nient’altro.
È un’idea che non può appartenere ad un’altra idea (il bianco non è nero);
2) regola dell’analisi: quando abbiamo un problema complesso lo dobbiamo scomporre
nelle sue parti più semplici, poi bisogna fare una sintesi;
3) regola della sintesi: bisogna partire dalle conoscenze semplici e risalire a quelle più
complesse = condurre i pensieri gradualmente (es. parti che formano un telefono o mate
elementari fino a mate superiori).
4) regola dell’enumerazione e revisione: rispettivamente controllo dell’analisi e controllo
della sintesi

GIUSTIFICAZIONE DEL METODO


Se il metodo mi dice che devo accettare solo ciò che è evidente, sono sicuro di applicare
questo metodo? È giustificato solo se c’è una qualche verità o principio che non può
essere messo in dubbio, quindi qualcosa che posso riconoscere come una verità
indubitabile. Se trovo la verità, questa sarà il fondamento sul quale potrò costruire tutte le
altre conoscenze.
Posso essere certo delle conoscenze dei sensi?
No, perciò usa 2 tipi di dubbi:
1) dubbio metodico – usa il dubbio come metodo per comprendere una verità assoluta.
Se la conoscenza sensibile ci ha ingannato una volta, potrebbe farlo sempre;
2) dubbio iperbolico – ma allora sarà certa la matematica? Potrebbe, ma mettendo il
dubbio su tutto potremmo considerare la matematica come un genio maligno che ci fa
credere che sia giusta. In conclusione non c’è nessuna verità assoluta, perché Cartesio
afferma che si può dubitare di tutto, si può essere anche ingannati da un eventuale genio
maligno, ma per dubitare o per essere ingannato devo esistere:
COGITO ERGO SUM – PENSO DUNQUE SONO
Se dubito di esistere, esisto perché dubito. In questo momento ho la certezza di esistere
ma solo come essere pensante, non so di avere un corpo (se penso ad un albero non so
se esiste veramente). Il cogito è l’unica certezza.

Il dubbio metodico ricorda anche in parte il dubbio sistematico degli scettici, con la
differenza che il primo è un modo per scoprire la verità e l’altro è una filosofia di vita,
perché per loro la verità non è raggiungibile.

CRITICA DEI CONTEMPORANEI AL COGITO


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Gassenti – è una conclusione di un sillogismo abbreviato, abbreviato perché deriva da:
tutti gli esseri che pensano esistono,
io sono un essere,
io esisto
Ma come faccio a dire che tutto ciò che pensa esiste? Nel sillogismo è affermato come
una certezza, ma se sono avvolto nel dubbio come posso affermarlo?
Cartesio risponde dicendo che il cogito non è un sillogismo e quindi non deriva da un
ragionamento, ma è un’intuizione immediata.
Sono sicuro di pensare, ma cosa penso e queste idee corrispondono alla realtà?
Io posso pensare anche a mondi fantastici, ma non so se c’è una corrispondenza fra idee
e realtà, perciò divide le idee in 3 gruppi:
1) innate – quelle intuite immediatamente, che sembrano essere dentro di me;
2) avvertizie – quelle che mi sembrano derivanti dal mondo esterno;
3) fattizie – le idee che produco io e ne sono consapevole = idee fantasiose
Queste idee corrispondono alla realtà? Se io penso un albero, esiste?
Non lo so ancora, sono un essere pensante e non so se quello che penso esiste.
Qual è la causa delle idee?
Inizia la sua riflessione partendo dalla …

ANALISI DELL’IDEA DI DIO (ispirata a Sant’Anselmo)


1° prova – quando pensiamo a Dio, lo pensiamo perfetto ma chi l’ha creata quest’idea?
Io? La causa di un’idea deve sempre contenere tanta perfezione quanta è insita nell’idea
stessa (= la causa dell’idea di Dio che considero perfetto, deve essere perfetta a sua
volta). Ma io non ho tanta perfezione (= non sono infinito) quanta ne ha Dio.
2° prova – se io mi fossi creato solo e quindi fossi causa di me stesso, dato che ho l’idea
di perfezione, verrebbe da pensare che mi sarei creato perfetto. Dato che non lo siamo
deve essere Dio la nostra causa prima.

creato
Dio mia ha
dato l’idea dell’infinito

3° prova – l’idea di Dio è innata (per negare Dio bisogna averne il concetto). Dio è un
qualcosa di cui non si può pensare nulla di maggiore e non può non esistere, se no non
potrei averne l’idea di Dio. Tutto ciò che mi appare (quindi le idee chiare e distinte) è vero
perché Dio non permette che io mi inganni. Dio è il garante di quelle verità che appaiono
evidenti. E quindi con l’esistenza di Dio io acquisisco la certezza che esista il mondo
esterno e quindi anche il mio corpo.
Ma se Dio è garante perché noi a volte sbagliamo?
Perché non siamo fatti solo di intelletto (che se segue il metodo, accetta solo ciò che è
evidente) ma anche di volontà (che è libera di decidere se vuole accettare ciò che è
evidente oppure no e mi può portare all’errore).
Cartesio richiama la prova ontologica di Sant’Anselmo.

Cartesio afferma che la realtà è formata da 2 sostanze.


L’uomo è sostanza pensante e materia = anche tutta la realtà si divide in:
- pensante (res cogitans) – il pensiero, che non ha estensione perché non è spaziale, è
consapevole di sé ed è libero dalle leggi naturali. Anche se non avessi il corpo
continueremmo ad esistere come mente.
- materia (res extensa) – il corpo per essere tale deve ha l’estensione, perciò occupa uno
spazio. La materia è inconsapevole di sé ed è determinata dalle leggi della natura.
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Come fanno ad agire una sull’altra?
Cartesio afferma che esiste una parte del cervello la ghiandola pineale, che fa da tramite
fra la res cogitas e la res extensa, perché è unica (mentre il cervello è doppio avendo 2
emisferi). La ghiandola è l’organo grazie al quale è possibile unificare le sensazioni che ci
arrivano dagli organi di senso.

Es. penso di fare un gesto e il mio corpo lo fa – (pensiero determina materia)


con il dolore fisico, penso solo al dolore – (materia determina pensiero)

RAZIONALISMO
È quell’indirizzo della filosofia moderna che considera la ragione fondamento della
conoscenza, in quanto possiede e trae dalla sua interiorità i principi (le idee innate non
derivanti dall’esperienza ma dalla mente) da cui è possibile ricavare la spiegazione
razionale della realtà indipendentemente dall’esperienza sensibile. Prende a modello il
metodo matematico: come la matematica si avvale di postulati (= ciò che è certo) evidenti
che sono dei principi certi (= idee chiare e distinte) e da queste premesse fa derivare
conseguenze ugualmente certe, così la ragione intuisce immediatamente certe, così la
ragione intuisce immediatamente le verità fondamentali e da queste deduce altre verità e
costruisce la scienza. Per le intrinsiche caratteristiche delle idee innate, il criterio della
verità è fondato sulla certezza che ogni soggetto conoscente trova in sé stesso, certezza
che ha carattere universale perché è dio che ha impresso le idee innate nella mente di
ogni uomo e dio per la sua perfezione offre garanzia di verità.

SPIEGAZIONE
Il razionalismo segue il modello matematico, quindi il fatto che Cartesio ci dica che
dobbiamo accettare solo ciò che è evidente, in termini matematici parla dei postulati
evidenti (= che sono dei principi evidenti che non hanno bisogno di dimostrazione).
Se si vuole estendere il metodo matematico a tutti gli altri campi cosa si deve fare?
Visto che non possiamo avere sempre dei postulati, il corrispondente è un principio certo.
E cos’è il principio certo?
Le idee chiare e distinte. Come la matematica su questi principi evidenti costruisce tutte le
varie dimostrazioni dei teoremi, allo stesso modo noi suoi nostri principi certi, quindi sulle
nostre idee chiare e distinte andremo a costruire la scienza.
Noi possiamo essere certi che quella che noi chiamiamo scienza è la verità?
Si, perché sono riuscito a dimostrare l’esistenza di Dio e quindi non posso essere
ingannato. Queste conoscenze hanno Dio come garante di verità, perché è Dio che ha
dato agli uomini le idee chiare e distinte. Quindi queste idee hanno carattere universale,
cioè Dio le ha date a tutti.

In sostanza mentre per l’empirista chi vuole conoscere deve per forza dipendere dal
mondo esterno, perché si nasce come tabula rasa, per i razionalisti l’io è autonomo e
non dipende più dalle cose ed è il centro di ogni certezza. Il soggetto pensante inizia ad
essere più importante dell’oggetto.

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