In chimica, le proteine (o protidi) sono macromolecole biologiche costituite da catene di amminoacidi legati
uno all'altro da un legame peptidico (ovvero un legame tra il gruppo amminico di un amminoacido e il
gruppo carbossilico dell'altro amminoacido, creato attraverso una reazione di condensazione con perdita di
una molecola d'acqua). Le proteine svolgono una vasta gamma di funzioni all'interno degli organismi viventi,
tra cui la catalisi delle reazioni metaboliche, funzione di sintesi come replicazione del DNA, la risposta agli
stimoli e il trasporto di molecole da un luogo ad un altro. Le proteine differiscono l'una dall'altra soprattutto
nella loro sequenza di amminoacidi, la quale è dettata dalla sequenza nucleotidica conservata nei geni e che
di solito si traduce in un ripiegamento proteico e in una struttura tridimensionale specifica che determina la
sua attività.
In analogia con altre macromolecole biologiche come i polisaccaridi e gli acidi nucleici, le proteine
costituiscono una parte essenziale degli organismi viventi e partecipano praticamente in ogni processo che
avviene all'interno delle cellule. Molte fanno parte della categoria degli enzimi, la cui funzione è catalizzare
le reazioni biochimiche vitali per il metabolismo degli organismi. Le proteine hanno anche funzioni
strutturali o meccaniche, come l'actina e la miosina nei muscoli e le proteine che costituiscono il
citoscheletro, che formano una struttura che permette di mantenere la forma della cellula. Altre sono
fondamentali per la trasmissione di segnali inter ed intracellulari, nella risposta immunitaria, per l'adesione
cellulare e per il ciclo cellulare. Le proteine sono elementi necessari anche nell'alimentazione degli animali,
dal momento che essi non possono sintetizzare tutti gli amminoacidi di cui hanno bisogno e devono
ottenere quelli essenziali attraverso il cibo. Grazie al processo della digestione, gli animali scindono le
proteine ingerite nei singoli amminoacidi, che poi vengono utilizzati nel metabolismo.
Una volta sintetizzate nell'organismo, le proteine esistono solo per un certo periodo di tempo per poi venire
degradate e riciclate attraverso i meccanismi cellulari per il processo di turnover proteico. La durata di una
proteina è misurata in termini di emivita e può essere molto varia. Alcune possono esistere per solo alcuni
minuti, altre fino ad alcuni anni, tuttavia la durata media nelle cellule di un mammifero è tra 1 e 2 giorni.
Proteine anomale e mal ripiegate possono causare instabilità se non vengono degradate più rapidamente.
Le proteine possono essere purificate da altri componenti cellulari utilizzando una varietà di tecniche come
l'ultracentrifugazione, la precipitazione, l'elettroforesi e la cromatografia; l'avvento dell'ingegneria genetica
ha reso possibile una serie di metodi per facilitare tale purificazione. I metodi comunemente usati per
studiare la struttura e la funzione delle proteine includono immunoistochimica, la mutagenesi sito specifica,
la cristallografia a raggi X, la risonanza magnetica nucleare. Le proteine si differenziano principalmente per
la sequenza degli amminoacidi che le compongono, la quale a sua volta dipende dalla sequenza nucleotidica
dei geni che all'interno della cellula ne esprimono la sintesi.
Una catena lineare di residui amminoacidici è chiamata "polipeptide" (ovvero una catena di più
amminoacidi legati da legami peptidici). Una proteina è generalmente costituita da uno o più polipeptidi
lunghi eventualmente coordinati a gruppi non peptidici, chiamati gruppi prostetici o cofattori. Polipeptidi
brevi, contenenti meno di circa 20-30 amminoacidi, vengono raramente considerati proteine e sono
comunemente chiamati peptidi o talvolta oligopeptidi. La sequenza degli aminoacidi in una proteina è
definita dalla sequenza presente in un gene, la quale è codificata nel codice genetico. In generale, il codice
genetico specifica 20 amminoacidi standard; tuttavia, in alcuni organismi il codice può includere la
selenocisteina (SEC), e in alcuni archaea, la pirrolisina ed infine un 23° amminoacido, la N-formilmetionina,
un derivato della metionina, che inizia la sintesi proteica di alcuni batteri.
Poco dopo o anche durante la sintesi proteica, i residui di una proteina vengono spesso modificati
chimicamente mediante la modificazione post traduzionale, che se presente altera le proprietà fisiche e
chimiche, la piegatura, la stabilità, l'attività e, in ultima analisi, la funzione della proteina. Le proteine
possono anche operare insieme per raggiungere una particolare funzione e spesso associarsi in complessi
multiproteici stabili.
Proteine che contengono lo stesso tipo e numero di amminoacidi possono differire dall'ordine in cui questi
sono situati nella struttura della molecola. Tale aspetto è molto importante perché una minima variazione
nella sequenza degli amminoacidi di una proteina (cioè nell'ordine con cui i vari tipi di amminoacidi si
susseguono) può portare a variazioni nella struttura tridimensionale della macromolecola che possono
rendere la proteina non funzionale. Un esempio ben noto è il caso della catena beta dell'emoglobina
umana, che nella sua normale sequenza porta un tratto formato da: valina-istidina-leucina-treonina-prolina-
acido glutammico-lisina.
AMMINOACIDI
I 20 amminoacidi standard possono essere divisi in gruppi a seconda della carica e della polarità delle loro
catene laterali: - Catene laterali neutre apolari: alanina, fenilalanina, glicina, isoleucina, leucina, metionina,
prolina, triptofano, valina;
- Catene laterali neutre polari: asparagina, glutammina, serina, treonina, cisteina, tirosina;
- Catene laterali cariche acide: aspartato, glutammato;
- Catene laterali cariche basiche: arginina, istidina, lisina;
ENZIMI
In biochimica, si definisce enzima un catalizzatore dei processi biologici.
La maggioranza degli enzimi è costituita da proteine globulari idrosolubili. Una piccola minoranza di enzimi
è costituita invece da particolari molecole di RNA, chiamate ribozimi (o enzimi a RNA).
Il processo di catalisi indotto da un enzima (come da un qualsiasi altro catalizzatore positivo) consiste in un
aumento della velocità di reazione e quindi in un più rapido raggiungimento dello stato di equilibrio
termodinamico. Un enzima incrementa unicamente le velocità delle reazioni chimiche, diretta e inversa (dal
composto A al composto B e viceversa), intervenendo sui processi che ne regolano la spontaneità, mediante
riduzione dell'energia di attivazione. In altre parole, agiscono dal punto di vista cinetico senza modificare la
termodinamica del processo, favorendo così reazioni che, a causa di un'elevata energia d'attivazione,
avverrebbero troppo lentamente o non avverrebbero affatto (pur essendo termodinamicamente favorite),
se non in condizioni non compatibili con la vita stessa, ad esempio a temperature troppo elevate (vedi
l'ossidazione degli zuccheri).
La spontaneità di una reazione è infatti legata strettamente all'energia d'attivazione, cioè alla cinetica, prima
ancora che alla stabilità termodinamica dei prodotti. A titolo d'esempio si pensi al legno, la cui reazione con
l'ossigeno (combustione) è termodinamicamente molto favorita, ma non può avvenire spontaneamente a
causa dell'elevata energia d'attivazione richiesta dalla stessa (necessita infatti elevata temperatura per
innescarla).
Il ruolo di un enzima consiste nel facilitare le reazioni attraverso l'interazione tra il substrato (la molecola o
le molecole che partecipano alla reazione) e il proprio sito attivo (la parte di enzima in cui avvengono le
reazioni), formando un complesso. Avvenuta la reazione, il prodotto viene allontanato dall'enzima, che
rimane disponibile per iniziarne una nuova. L'enzima infatti non viene consumato durante la reazione.
L’APPARATO DIGERENTE
L'apparato digerente di ogni essere vivente ha il compito di introdurre, di digerire ed assorbire i principi
nutritivi contenuti negli alimenti, eliminando i residui non utilizzabili per il metabolismo, sotto forma di feci.
È detto apparato in quanto è un raggruppamento di organi che collaborano ad uno scopo comune, ma
diversi sia per funzione che per struttura e per origine embriologica. L'espressione si riferisce ad organismi
pluricellulari, e in quanto in grado di assimilare è riferito a eterotrofi, pur utilizzando il concetto della
digestione per organismi autotrofi, come per esempio le piante carnivore, e i loro corrispondenti organi
digestivi. In genere è principalmente un organo animale.
I proctodeati sono animali con canale alimentare completo, cioè munito di una bocca per l'introduzione del
cibo e di un ano per l'espulsione delle feci, mentre gli organismi aprocti (cnidari, platelminti, gnatostomulidi)
mostrano un canale incompleto, con un'unica apertura che funge sia da bocca che da ano.
I metazoi celomati che hanno un apparato digerente differenziato sono classificati come protostomi e
deuterostomi, dove l'intestino si è evoluto due volte, per un esempio di evoluzione convergente. Si
distinguono in base al loro sviluppo embrionale. I deuterostomi sviluppano l'ano dal blastoporo e la bocca si
forma all'estremità opposta, viceversa per i protostomi. I Protostomi sono, come gruppi principali,
artropodi, molluschi e anellidi, mentre i deuterostomi comprendono echinodermi e cordati.
BOCCA
Nella bocca avviene l'ingestione del cibo e inizia la frammentazione meccanica per mezzo dei denti e
chimica per mezzo dei secreti delle ghiandole salivari. Non tutti gli animali possiedono queste strutture
annesse alla cavità orale che si sono evolute nei tetrapodi terrestri principalmente per inumidire il cibo e
facilitarne l'ingestione, caratteristica spesso inutile in ambiente acquatico. Nei mammiferi la saliva contiene
anche alcuni enzimi come il lisozima che svolge una funzione antibatterica e l'amilasi ptialina, che inizia la
digestione degli amidi, soprattutto di quelli cotti.
FARINGE
La faringe è la seconda porzione del canale alimentare ed è un organo in comune con l'apparato
respiratorio. Riceve il bolo alimentare proveniente dalla cavità orale e lo convoglia, con la deglutizione,
nell'esofago. Contemporaneamente è in grado di convogliare l'aria inspirata verso la laringe. Con la
deglutizione, la laringe si alza e l'epiglottide (una piccola valvola) chiude l'ingresso verso la trachea,
spostandosi assieme alla parte iniziale della stessa verso l'alto ed in avanti procurando spazio per il
passaggio del bolo alimentare nell'esofago. Con questa azione semivolontaria inizia la peristalsi che si
propagherà attraverso l'esofago trasportando così il bolo verso lo stomaco. I movimenti peristaltici del tubo
digerente sono così potenti da far arrivare il cibo nello stomaco anche deglutendo a testa in giù.
ESOFAGO
L'esofago è un canale lungo circa 24 cm che attraversa il diaframma e arriva nello stomaco. La parete
dell'esofago, come quella di tutto il resto del canale alimentare, è costituita da due strati di muscolatura
liscia (longitudinale e circolare). La contrazione dello strato circolare più interno provoca la chiusura del
canale alimentare, mentre lo strato muscolare longitudinale provoca l'accorciamento dell'esofago. Le
contrazioni alternate della muscolatura circolare e di quella longitudinale sono responsabili dei movimenti
peristaltici, che spingono inferiormente il bolo verso la valvola cardioesofagea.
STOMACO
Lo stomaco è il primo organo cavo dell'apparato digerente individuabile in cavità addominale, ha una
temperatura di 37 gradi centigradi e un pH di 3,5. L'epitelio dello stomaco secerne principalmente enzimi
proteolitici come pepsina e chimosina, H2O e HCl (acido cloridrico, il quale ha la funzione di attivare
l'enzima (inattivo) pepsinogeno in pepsina (attivo), che idrolizza le proteine in amminoacidi). L'esofago,
dopo aver attraversato l'adito esofageo (lat: aditus esofageum), si fonde con lo stomaco a livello della
valvola (incontinente) del cardias. Nello stomaco avviene l'attacco principale alle sostanze del cibo e la loro
lisi (soprattutto per quanto riguarda le proteine), ad opera di enzimi litici, tra i quali la pepsina, che serve
per rendere le proteine sostanze più semplici, e l'acido cloridrico, che rende acido il contenuto dello
stomaco; queste sostanze, insieme all'acqua, costituiscono i succhi gastrici. Le pareti dello stomaco sono
inoltre ricoperte da uno strato di muco, prodotto dalle cellule mucipare delle fossette gastriche, che ha il
compito di proteggere la parete gastrica dall'azione corrosiva dell'acido cloridrico. Grazie ai movimenti
peristaltici il bolo, trasformato in chimo, si muove verso il piloro che lo porterà all'intestino tenue.
INTESTINO
L'intestino è un organo cavo tubiforme, che varia il suo diametro durante il suo tratto.
È suddiviso in: - intestino tenue;
- intestino crasso;
L'intestino tenue ha una lunghezza superiore ai 7 m; è suddiviso in duodeno, digiuno e ileo. Nell'intestino
tenue si completa la digestione grazie all'azione della bile (che emulsiona i grassi), del succo pancreatico
(composto dagli enzimi amilasi tripsina lipasi) e il succo enterico (contiene gli enzimi che concludono la
digestione, trasformando i vari principi nutritivi in amminoacidi, glucosio, acidi grassi e glicerina). L'intestino
tenue ha una membrana interiore che lo rende ruvido, i villi intestinali che sono ruvidi grazie ai vasi
sanguigni che hanno una parete sottile proprio per assorbire meglio le sostanze. Intestino tenue e crasso
sono suddivisi grazie alla valvola ileo-ciecale. L'intestino crasso è lungo circa 2 m ma è più grosso. Inizia con
il cieco, un sacchetto a fondo cieco posto in basso nel quadrante addominale destro alla cui estremità
inferiore è situata l'appendice (lunga da 2 a 7 cm), il colon ascendente, il colon trasverso, il colon
discendente, il colon sigmoideo, il retto e il canale anale, il quale permetterà il passaggio delle feci
attraverso gli sfinteri anali, prima l'interno e poi l'esterno.