8 mm 130 mm
210 mm
Claudio Bisoni La critica cinematografica
La critica cinematografica incontra oggi una rinascita
grazie al web. Sempre più siti e portali ospitano di-
scussioni sul cinema e recensioni di film. Il cinema
continua a stare al centro della discussione culturale.
Il volume presenta un’agile introduzione alla storia
della critica, ai metodi per scrivere recensioni, ai truc-
chi del mestiere di critico.
Attraverso uno strumento scritto con linguaggio ri-
goroso e al contempo accessibile il lettore ha a dispo-
sizione una panoramica sulle principali correnti che
hanno animato la storia della critica cinematografica
e sulle voci di scrittori o critici che hanno attraversato CLAUDIO
il Novecento, fino ai giorni nostri: da François Truffaut
a Jacques Rivette, da Eric Rohmer a Serge Daney, da
Giuseppe De Santis a Enzo Ungari. BISONI
Claudio Bisoni insegna Ricezione e consumo dei
media e Storia e metodologia della critica cine-
matografica presso l’Università di Bologna. Si
LA CRITICA
occupa dei rapporti tra critica, estetica e processi
culturali.Tra le sue pubblicazioni: Brian De Palma
(Recco, 2002); La critica cinematografica. Meto-
CINEMATOGRAFICA
do, storia e scrittura (Bologna, 2006); Gli anni
affollati. La cultura cinematografica italiana
(1970-1979) (Roma, 2009), Elio Petri. Indagine
Un’introduzione
su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (To-
rino, 2011). Suoi saggi e articoli sono apparsi in
volumi collettivi e su varie riviste, tra le quali
«La valle dell’Eden», «Fotogenia», «Close-up»,
«Bianco e Nero», «Cinéma & Cie».
ISBN 978-88-6633-121-6
€ 10,00
AB 5301
00Pag_Bisoni.qxp:Layout 1 7-03-2013 14:56 Pagina I
Centopagine
Collana diretta da Stefano Calabrese, Alberto De Bernardi,
Elisabetta Menetti e Guglielmo Pescatore
00Pag_Bisoni.qxp:Layout 1 7-03-2013 14:56 Pagina II
00Pag_Bisoni.qxp:Layout 1 7-03-2013 14:56 Pagina III
Claudio Bisoni
La critica cinematografica
Un’introduzione
00Pag_Bisoni.qxp:Layout 1 15-03-2013 11:08 Pagina IV
© 2013 by CLUEB
Cooperativa Libraria Universitaria Editrice Bologna
ISBN 978-88-6633-121-6
ArchetipoLibri
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INDICE
Capitolo 4 – Dagli anni delle lotte politiche alla fine del secolo ... 49
4.1 Sessantotto e dintorni ........................................................... 49
4.2 Dagli anni Ottanta agli inizi del nuovo millennio ............... 56
VI Indice
Introduzione
VIII Introduzione
Introduzione IX
X Introduzione
Introduzione XI
stione la natura della critica come parte del circuito dei discorsi
sociali. Che tipo di genere letterario è la critica cinematografica?
Come si organizza al proprio interno? Come si relaziona al-
l’esterno con altre forme di sapere? Rimandano a queste do-
mande gli interventi che si sono interrogati sul problema dei pre-
stiti intellettuali, sul rapporto tra la critica cinematografica e sa-
peri “limitrofi”, come l’estetica, la filosofia, la sociologia del con-
sumo, la semiotica, la psicanalisi ecc.
In quarto luogo, ci si interroga sui criteri di legittimità di
giudizio, sul grado di oggettività/soggettività dell’enunciato va-
lutativo. Quanto il momento di valutazione è intrinseco alla
critica? Si può fare a meno della fase di giudizio e limitarsi al
commento-analisi del proprio oggetto? Ammesso pure che la
presenza del giudizio sia legittima in linea di principio, come
renderla in linea di fatto qualcosa di più di un capriccio della
soggettività? A questo ambito di interrogazioni appartengono
i discorsi incentrati sul livello più o meno alto di impressioni-
smo della critica cinematografica. In genere due sono le posi-
zioni antitetiche più ricorrenti. Da una parte c’è chi afferma
che l’elemento del giudizio è l’aspetto più arbitrario dell’atti-
vità critico-interpretativa e in certi casi è del tutto non perti-
nente. Un esempio di questa posizione è l’articolo di Bruno già
citato: nel momento in cui tutto il cinema contemporaneo fun-
ziona come un oggetto concettuale, non ha senso esprimere
enunciati del tipo «buona le recitazione» o «bella la fotogra-
fia». Sul fronte opposto invece si colloca chi continua a riven-
dicare un ruolo determinante per l’enunciato di gusto in ogni
tipo di discorso critico [Carroll 2009].
XII Introduzione
Introduzione XIII
In questo libro
XIV Introduzione
Prima parte
La critica cinematografica
dagli inizi del Novecento a oggi
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01Capitolo_1.qxp:Layout 1 7-03-2013 15:02 Pagina 3
Capitolo 1
1.1 In Italia …
4 Capitolo 1
6 Capitolo 1
8 Capitolo 1
1.2 … e in Francia
10 Capitolo 1
Capitolo 2
14 Capitolo 2
Primo approfondimento 15
16 Capitolo 2
Primo approfondimento 17
zione generica del cinema d’autore. Ciò era già stato fatto dai cri-
tici che, richiamandosi alle categorie della critica d’arte e lettera-
ria, avevano mutuato proprio da queste la nozione di autore-crea-
tore dell’opera [Costa 1995]. L’aspetto specifico della politique è
di avere applicato la categoria di autore a terreni inediti, in luo-
ghi nei quali fino a quel punto si era voluto vedere solo mercato,
industria, mestiere. Così, quei film che poco prima erano consi-
derati prodotti di equipe, oggetti privi di reali tratti distintivi, se-
gni di standardizzazione produttiva, diventano manifestazione
del talento individuale. Non si deve dimenticare che in un’altra
tradizione culturale (la sociologia critica francofortese) Theodor
Adorno e Max Horkheimer avevano appena finito di liquidare al-
la stregua di differenti modelli di giardinette Ford fatte in serie al-
cune delle commedie americane oggi considerate dalla storia e
dalla critica del cinema tra le migliori degli anni Trenta e Qua-
ranta [Adorno, Horkheimer 1966]. Se oggi, contro il giudizio di
Adorno, studiamo quei film nelle università di tutto il mondo, lo
si deve anche all’apprezzamento promosso con vigore proprio
dalla politica degli autori. In una Francia fieramente nazionalista
e arroccata nella difesa della qualità del cinema francese (altro
pilastro della tradizione che la politique aveva cominciato a sbri-
ciolare), il cinema americano è il luogo principale dello scanda-
lo. Ma i registi americani non sono l’unico oggetto d’amore. Al-
tri europei sono al centro del dibattito: Rossellini, Bresson, so-
pra tutti Renoir. E anche Jacques Becker.
Alì Babà e “la politica degli autori” è un articolo nel quale
Truffaut prende le difese di un film minore di Becker e così fa-
cendo espone le caratteristiche principali della politique. Queste
caratteristiche sono state descritte da Antoine De Baecque [De
Baecque 1993 e 2003] e si possono riassumere in tre punti:
18 Capitolo 2
Primo approfondimento 19
20 Capitolo 2
Primo approfondimento 21
22 Capitolo 2
Primo approfondimento 23
lo. Anzi, il formalismo è uno dei motivi della sua condanna. Po-
co conta che nei fatti lo stesso Pontecorvo abbia fatto notare che
il tipo di movimento di macchina a giustificazione dell’accusa di
abominio non sia esattamente come lo descrive Rivette. La mo-
rale della politique ha qualcosa di visionario. Rivette nell’ultima
inquadratura della sequenza del suicidio di Riva vede una car-
rellata in avanti (in realtà è laterale) per re-inquadrare il cadave-
re in contro-piano dal basso, con la preoccupazione di inscrive-
re esattamente la mano levata in un angolo del piano finale. L’in-
quadratura è stilizzata nel senso di una crocefissione, ma non
più di tanto in un film formalmente anche più complesso, so-
prattutto nell’uso della disposizione dei corpi in profondità di
campo. La preoccupazione figurativa esibita in questa occasio-
ne non è affatto superiore a quella che si trova, per esempio, nel-
la prima parte del film. Ma il problema si pone a contatto con la
realtà storica dei campi. L’enfasi sulla composizione dell’inqua-
dratura e il movimento in avanti sarebbero esattamente la nega-
zione della messa in scena, la violenza perpetrata ai danni del-
l’ontologia stessa dell’immagine cinematografica. Cosa non tol-
lera Rivette? Quel carrello e quel modo di concludere l’inqua-
dratura. Cioè, una doppia intenzionalità spettacolare di mani-
polazione del reale. Non è che non si possa mettere in scena l’or-
rore. È che non si può farne un problema di individualità stili-
stica, di intenzione artistica esibita. Il cinema potrebbe registra-
re i corpi nello spazio dell’orrore, della nuda vita, ma non deve
sovrapporre alla messa in scena lo sguardo di un uomo che si
manifesta in uno stile. Il luogo dello stile coincide con il luogo
del disprezzo critico. La messa in scena, almeno in questo caso,
è l’opposto del formalismo.
Su questa linea di pensiero e nella volontà di esasperarne i
paradossi logici ed estetici si colloca il lavoro di Michel Mour-
let: il principale esponente della così detta «scuola del Mac-Ma-
hon». Il nome della corrente viene dalla sala cinematografica
omonima già frequentata dai giovani turchi. A lungo i mac-ma-
honiani sono stati considerati una versione parodica e manieri-
sta della politique, il suo versante estremo, più politicamente
scorretto (e propriamente fascista). De Baecque, senza negare
del tutto questi aspetti, considera gli articoli di Mourlet coe-
renti agli assunti della politique. Per Mourlet il cinema è un’ar-
te ipnotica e catartica che deve privare lo spettatore di ogni di-
02Capitolo_2.qxp:Layout 1 7-03-2013 15:09 Pagina 24
24 Capitolo 2
Primo approfondimento 25
Modernità/tradizione
Quando la politique rifiuta la distinzione forma/contenuto in
nome della messa in scena, rivaluta la serie b o considera Hit-
chcock un genio perché in lui riconosce proprio ciò che la criti-
ca precedente gli ha negato (realismo, soggetto, contenuti), com-
pie un capovolgimento delle regole consolidate dalla tradizione
critica. Ma si tratta di un rinnovamento integrale? Quanto è ac-
cettato e quanto è rifiutato della tradizione culturale?
Su un piano generale la politica dei giovani turchi si presen-
ta come un compromesso tra innovazione ed elementi familiari.
Lo abbiamo detto: la politique applica determinate categorie
estetiche su un territorio nuovo: il cinema commerciale, pro-
dotto in serie dall’industria hollywoodiana e un certo cinema
della modernità. Il luogo di applicazione è del tutto inedito ma
gli strumenti concettuali spesso vengono dal passato, a comin-
ciare dall’idea-cardine della politique, la nozione di autore, la
quale deriva proprio dalla teorizzazione del genio creatore pro-
posta dal Romanticismo [Caughie 1981].
I nuovi moralisti promuovono un amore per il cinema in ter-
mini di contro-cultura. Eppure partono da gusti piuttosto con-
divisi nel sistema delle arti consolidate. Come è stato notato, tra
gli scrittori più citati dai «Cahiers» anni Cinquanta, oltre a Bal-
zac, sono Gide, Valéry, Cocteau, cioè i continuatori del classici-
smo francese. Il gusto letterario dei «Cahiers» è tradizionale e
anti-moderno. Non vengono affatto amati gli scrittori del Nou-
veu Roman. E poco citati sono Klossowski, Char, Queneau,
Blanchot, Bataille, Genet.
Nella pratica critica i fattori di rottura sono numerosi. L’ele-
mento più moderno è probabilmente ciò che Rohmer ha indica-
to come il passaggio dalla politica dei brani scelti a quella delle
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26 Capitolo 2
Primo approfondimento 27
Sapere/credere
Non bisogna confondere la cinefilia popolare, basata sul
culto dell’attore e delle star, con la “cinefilia critica” dei «Ca-
hiers». La politica degli autori discende dalla cinefilia critica,
è un tipo di pratica interpretativa che lega efficacia e ragion
d’essere al sapere, vale a dire alla realtà ben documentata, al-
l’evidenza dei fatti. L’amore per il cinema che informa la poli-
tique è un amore di conoscenza. Si può ben dire che la politi-
que, pur essendo fieramente anti-accademica, prende dall’uni-
versità criteri di apprendimento e standard di erudizione. E
condivide il desiderio di portare l’analisi del film a un grado
di precisione di linguaggio che, in altro campo e con altri mez-
zi, era stato espresso anche dal progetto di fare della filmolo-
gia una scienza esatta, obiettivo primario della «Revue Inter-
national de Philmologie».
Quando Truffaut veste i panni del critico della critica, l’at-
tacco all’istituzione rappresentata dai recensori di vecchia gene-
razione è durissimo. In I sette vizi capitali della critica egli elen-
ca una serie di difetti della categoria, tra i quali: mancanza di im-
maginazione, saccenteria, incapacità di ricostruire le intenzioni
degli autori se non quando evidenti, ignoranza della storia e del-
la tecnica del cinema [Truffaut 1988]. Le alternative per reagire
al relativismo impressionista della critica più frettolosa sono:
l’erudizione esercitata sulla compilazione delle filmografie com-
plete e sulla correzione degli errori fattuali presenti nelle storie
del cinema pubblicate (per esempio quella di Sadoul), il fetici-
smo analitico che ripercorre tutti i particolari di una messa in
scena.
Da questo punto di vista la politica degli autori è legata al-
l’idea fondamentale della critica come espressione del progetto
illuminista. La tradizione critica moderna ha per scopo il fare sì
che la verità sia indipendente dall’autorità: si giunge alla verità
attraverso una procedura analitica che esamina i pro e i contro
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28 Capitolo 2
Primo approfondimento 29
30 Capitolo 2
Verità/relativismo
Una conseguenza della commistione tra elementi di cono-
scenza e di fede, di sapere e di credere, è che c’è qualcosa di ir-
razionale nella politique. L’idea stessa di assumere l’autore come
parametro pressoché unico di valutazione di un’opera significa
teorizzare l’esclusione dall’interpretazione di elementi che ra-
gionevolmente non dovrebbero essere esclusi (fattori storici, di
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Primo approfondimento 31
Capitolo 3
Secondo approfondimento:
dal sonoro al canone (neo)realista in Italia
34 Capitolo 3
Secondo approfondimento 35
36 Capitolo 3
Secondo approfondimento 37
38 Capitolo 3
Secondo approfondimento 39
40 Capitolo 3
Secondo approfondimento 41
42 Capitolo 3
Secondo approfondimento 43
44 Capitolo 3
Secondo approfondimento 45
46 Capitolo 3
Secondo approfondimento 47
Capitolo 4
50 Capitolo 4
52 Capitolo 4
54 Capitolo 4
56 Capitolo 4
Nel corso degli anni Novanta e nel passaggio alla prima par-
te del decennio successivo, accanto al persistere del processo di
assottigliamento degli spazi di recensione sulla grande stampa e
all’assestarsi delle riviste specializzate su dati di vendita esigui, si
osservano fenomeni inediti. I due principali sono: il recupero al-
la coscienza critica della produzione nazionale di genere più
sommersa, la prima fase di riorganizzazione della cultura cine-
matografica mediante i new media e il web.
La cinefilia politicizzata degli anni Settanta e Ottanta aveva
contribuito a colmare i vuoti della storia del cinema ufficiale in-
dagando i fenomeni di continuità (in termini di maestranze, sce-
neggiatori, pratiche di contaminazione) tra gli autori riconosciu-
04Capitolo_4.qxp:Layout 1 7-03-2013 15:16 Pagina 58
58 Capitolo 4
Capitolo 5
62 Capitolo 5
64 Capitolo 5
Cose che ci sono nel nuovo film di Soldini, che per fortuna qual-
cuno ha finanziato perché non vorremo mica impedire all’arte di
esprimersi, scritto da Guia Soncini il 16 ottobre 2012, alle ore
14:27 (28 commenti)
– Una che dipinge malissimo e fa opere concettuali urende e
però noi dobbiamo empatizzare perché è artista, come dimo-
stra la salopette perfettamente istoriata di colori mentre la ma-
glietta è intonsa.
– Mastandrea con un sopracciglio bianco perché i poveri non
possono permettersi la tintura.
– Un tredicenne che invece di farsi le pippe tenta di praticare la
zoofilia con una cicogna renitente.
– Il punto di vista della statua di Garibaldi: sostanzialmente,
che gli italiani non siano all’altezza.
– Il punto di vista della statua di Leonardo: pure.
– Un soggettista che ha detto «Ho un’ideona: facciamo parla-
re le statue di Garibaldi e Leonardo!» – e nessuno gli ha spu-
tato.
– La soggettiva della cicogna.
– Un affitto pagato in ritardo e un lavoro non pagato sceneg-
giati da gente che, beata lei, non ha un’idea neanche vaga del-
le due situazioni (ma a quest’ora starà certamente stigmatiz-
zando il precariato in conferenza stampa).
– Una corsa in bici nella metropoli trafficata, delle nuvole al-
l’alba e altri effetti visivi fatti col fotosciòp gratuito in prova
che gira su un Commodore 64.
– Una baita svizzera: la riconosci perché fuori c’è la bandiera
bianca e rossa, che tutte le baite svizzere piantano sulla soglia
casomai qualcuno non sapesse dove si trova.
– La Gerini fantasma in bikini che a un’ora e un quarto di film
diventa improvvisamente genovese.
– Battiston che studia le lingue e non sa come si dica «dove» in
tedesco.
– Gente genericamente corrotta, la riconosci perché dice le uni-
che cose di buonsenso, invece d’essere poetica e tentare d’in-
gropparsi cicogne o artiste con la fasciatura del naso rotto di-
pinta con le tempere.
– Poveri che hanno la sveglia col display rosso.
– Poveri che mettono i fiori a centrotavola per cena.
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66 Capitolo 5
1 I due articoli sono stati consultati on line l’ultima volta il 30/11/2012 ri-
68 Capitolo 5
70 Capitolo 5
5.5 La de-istituzionalizzazione
72 Capitolo 5
2 Alessandro Stellino, Daniela Persico, Tutto ciò che è solido si dissolve, con-
Seconda parte
Istituzione, metodo, pratica
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06Capitolo_6.qxp:Layout 1 7-03-2013 15:27 Pagina 75
Capitolo 6
Definizioni
76 Capitolo 6
Definizioni 77
78 Capitolo 6
Specificità di un mestiere
Un medico, uno psichiatra, un architetto hanno in comune il
fatto di appartenere a un esercizio professionale definito. Il ca-
pitale di conoscenze che gli occupanti di un campo disciplinare
hanno accumulato riguarda saperi storico-teorici e abilità appli-
cative. L’insieme di questi due elementi qualifica le competenze
specifiche di un soggetto appartenente a una disciplina.
Nel campo della critica cinematografica la specificità in que-
stione non è così chiara. Da qui la difficoltà stessa di insegnare a
fare critica. Certo, esistono manuali di analisi del film, storie del ci-
nema, contributi teorici. Ma non esiste un curriculum di studi per-
fettamente definito, condiviso e accademicamente sedimentato per
stabilire lo specifico professionale di un critico cinematografico.
Quest’ultimo può venire da studi universitari genericamente uma-
nistici, da saperi settoriali (Dams, curriculum cinema ecc.) o esse-
re un operatore culturale cresciuto in autonomia, un critico “fai da
te”. In altri termini, non esiste un criterio universalmente condiviso
per stabilire il quantitativo e il tipo di capitale collettivo accumu-
lato necessari per fare parte del campo critico.
Definizioni 79
80 Capitolo 6
Definizioni 81
82 Capitolo 6
Capitolo 7
7.1 Regolarità
84 Capitolo 7
7.2 La forma-recensione
86 Capitolo 7
Capitolo 8
88 Capitolo 8
90 Capitolo 8
92 Capitolo 8
Capitolo 9
96 Capitolo 9
Significato implicito
Il significato implicito riguarda gli elementi simbolici che lo
spettatore può attribuire al film come manifestazione di senso
non immediatamente evidente. Si presume che il film comunichi
in modo indiretto e mediato questo tipo di significati. Un signi-
ficato implicito di Blade Runner è che la ribellione dei replican-
ti è più che giustificata in termini esistenziali e politici. Altri si-
gnificati impliciti nel film riguardano il tema della visione, dello
sguardo inteso come attività percettiva che si svincola dai limiti
del corpo umano (l’occhio del replicante ha visto cose che noi
umani non possiamo neanche immaginare, ma è anche l’organo
che tradisce la natura artificiale del replicante stesso).
Significato sintomatico
È quel tipo di significato che si ottiene partendo dall’idea che
il film comunichi non solo in modo indiretto, ma anche in modo
involontario. Nell’esperienza ordinaria facciamo largo uso di si-
gnificati sintomatici. Se per esempio, se sentiamo un uomo dire
alla propria moglie «taci e vai in cucina» e poi affermare che non
ha nulla contro le donne, siamo autorizzati a pensare che la fra-
se, malgrado le affermazioni successive, esprima sintomatica-
mente il dominio patriarcale sulla donna codificato nella nostra
società. È la società che parla attraverso i significati sintomatici,
oppure il sintomo rivela l’ossessione nascosta di chi lo esprime
involontariamente. Infatti i significati sintomatici presuppongo-
no che l’autorità e l’intenzione del parlante non siano d’aiuto nel-
l’attribuzione di significato (egli può anche smentire l’attribuzio-
ne, ma la cosa non invalida l’attribuzione medesima), come nel-
la terapia psicanalitica in cui è l’analista che possiede la verità del
discorso del paziente. Nel campo del cinema, le femministe nord-
americane hanno spesso accusato il cinema horror contempora-
neo di veicolare un’immagine violenta e sadica nei confronti del
corpo della donna. I registi hanno puntualmente smentito. Ma
le femministe hanno avuto buon gioco nell’affermare che quella
smentita era priva di valore, in quanto i cineasti possono creare
testi carichi di terrore per il corpo femminile senza saperlo. In
Blade Runner, per esempio, una lettura femminista individue-
rebbe significati sintomatici di tipo misogino nella considerazio-
ne del fatto che Deckard reprime la propria sessualità attraverso
atti di violenza che richiamano la dinamica della castrazione (l’uc-
cisione di Pris) e nel fatto che quando il protagonista comincia a
09Capitolo_9.qxp:Layout 1 8-03-2013 8:27 Pagina 97
98 Capitolo 9
100 Capitolo 9
102 Capitolo 9
104 Capitolo 9
Capitolo 10
108 Capitolo 10
10.2 Storia della critica e storia della cultura: gli studi sulla ricezione
110 Capitolo 10
Bibliografia
114 Bibliografia
Bibliografia 115
116 Bibliografia
Bibliografia 117
118 Bibliografia