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Eziopatologia
Lo sviluppo del DMT2 è causato da una combinazione tra alimentazione, stile di vita, anomalie
endocrinologiche, sesso femminile e predisposizione genetica (7). Altri potenziali fattori sono la mancanza di
sonno e lo stato nutrizionale della madre durante la gravidanza che può indurre anomalie fetali attraverso
meccanismi epigenetici (8). Altri fattori di rischio per lo sviluppo del DMT2 comprendono l’assunzione di certi
farmaci (glucocorticoidi, beta bloccanti, tiazidici, certi alcuni antipsicotici e statine) e altre patologie quali il
diabete gestazionale (9), l’acromegalia, la sindrome di Cushing, l’ipertiroidismo e il feocromocitoma, certi tumori
e il deficit di testosterone (10,11).
Per quanto riguarda lo stile di vita, il rischio di sviluppo del DMT2 risente di fattori quali l’obesità (un indice
di massa corporea > 30), la ridotta attività fisica, l’errata alimentazione (consumo eccessivo di zucchero,
alimentazione ricca di acidi grassi saturi e trans e povera di acidi grassi insaturi) (7) e condizioni di stress (4,12).
Nella maggior parte dei casi, la predisposizione al DMT2 coinvolge molti geni (oltre 36 riconosciuti al 2011)
ognuno dei quali può dare un piccolo contributo (4,13). Tra questi si annoverano geni appartenenti alla famiglia
delle lipasi, diversi geni per recettori dell’adrenalina e dell’insulina (14) e l’allele TCF7L2, quello apparentemente
più importante. La maggior parte dei geni correlati al diabete sono coinvolti in funzioni delle cellule beta del
pancreas che secernono l’insulina (15). Molti sono i geni, gli alleli e le combinazioni alleliche che favoriscono
l'insorgenza del diabete mellito, per esempio geni appartenenti alla famiglia delle lipasi, diversi recettori
dell’adrenalina, vari alleli dei recettori dell'insulina (14), l’allele TCF7L2, quello apparentemente più importante,
etc. Rari casi di diabete, come il Maturity onset diabetes of the young (MODY), sono legati ad anomalie di un
singolo gene (forme monogeniche) (4,15).
Il DMT2 è dovuto all'insufficiente produzione di insulina da parte delle cellule beta del pancreas e a una
condizione di insulino-resistenza, consistente in una ridotta risposta delle cellule dell’organismo, in particolare
del fegato e del tessuto adiposo, all'azione dell'insulina (15,16). L’insulino-resistenza può localizzarsi a livello
pre-recettoriale, recettoriale o post-recettoriale e ha un. L ’effetto è analogo a quello prodotto da una carenza di
insulina. Normalmente, il fegato ha la funzione di rilasciare il glucosio in circolo e l’insulina blocca questa
funzione; tale blocco viene perso in una condizione di insulino-resistenza, in presenza della quale e il fegato
continua e immettere glucosio nel sangue anche quando non è necessario (4). Inizialmente il difetto è relativo, in
quanto l’organismo mantiene ancora una buona produzione di insulina, sebbene insufficiente a compensare
l’insulino-resistenza. In queste condizioni le cellule beta compensano l’insulino-resistenza con l’aumento
dell’increzione di insulina che assicura il mantenimento di valori di glicemia normali o solo leggermente elevati.
Tuttavia, nel tempo (10-30 anni) si instaura un progressivo danno pancreatico e le cellule beta del pancreas
diminuiscono progressivamente la produzione di insulina fino alla completa cessazione. Ciò impedisce il
controllo ottimale dei valori ematici di glucosio con conseguente iperglicemia. Probabilmente il danno a carico
delle cellule beta è causato dallo stress a cui queste sono sottoposte nel corso degli anni come conseguenza del
perpetuarsi di stimoli infiammatori e di danni di altro tipo; tale stress causa una diminuzione della
sopravvivenza e del numero (25-50%) delle cellule beta. La percentuale di cellule beta non funzionanti distingue
il grado di gravità della malattia (15).
Altre anomalie potenzialmente importanti si associano al DMT2 e alla insulino-resistenza. Queste
comprendono (i.) un maggiore deposito dei lipidi nelle cellule adipose; (ii.) una condizione di dislipidemia e di
epatopatia/steatosi epatica non alcolica; (iii.) la mancanza o bassi livelli di ormoni come testosterone, estrogeni,
fattori di crescita insulino-simili, ecc., che aumentano la sensibilità all'insulina; (iv.) la presenza di elevati livelli di
altri ormoni (ormoni corticosurrenalici, glucagone, adrenalina) che inibiscono l'azione dell’insulina; (v.)
l’inadeguata regolazione del metabolismo da parte del sistema nervoso centrale (4).
Il DMT2 è una malattia cronica a cui è associata
un’aspettativa di vita inferiore di dieci anni
rispetto alla media (4,17). Tale riduzione è in
parte dovuta a varie complicanze legate alla
condizione, tra cui l’aumentato rischio (i.) di
incorrere in malattie cardiovascolari, disfunzione
cognitiva e demenza (morbo di Alzheimer,
demenza vascolare) (18); (ii.) di dover subire
amputazioni a carico degli arti inferiori; e (iii.) di
necessitare di una ospedalizzazione (4). Nel
mondo sviluppato, il DMT2 è causa di
insufficienza renale di disfunzioni sessuali e di un
aumento della frequenza di infezioni (19) ed è la
principale causa non traumatica di cecità (20).
Diagnosi
Difficilmente il paziente in fase iniziale di DMT2 si presenta con i sintomi classici del diabete (poliuria e
polidipsia); frequentemente si arriva alla diagnosi di DMT2 indirettamente, spesso nel corso di accertamenti per
altre malattie come malattie intercorrenti acute o complicanze di malattie croniche. Tuttavia, essendo presente la
possibilità di complicanze già alla prima diagnosi, è necessario un approfondimento diagnostico che vada oltre la
semplice diagnosi di diabete. L'OMS riconosce la condizione di diabete sia di tipo 1 che di tipo 2 dopo la
rilevazione di elevati valori di glicemia e in presenza di sintomi tipici. Si parla di uno stato di pre-diabete in
presenza di valori di glicemia a digiuno di 1,00-1,20 g/L e di glicemia post prandiale di 1,40-2,00 g/L. Si parla di
diabete tipo 2DMT2 conclamato se la glicemia a digiuno è superiore a 1,26 g/L e in fase post-prandiale è
superiore a 2,00 g/L. In assenza di cambiamenti nello stile di vita e nell’alimentazione, i soggetti in fase di pre-
diabete hanno il 5% di rischio di diventare diabetici entro un anno ed il 95 % nei dieci anni successivi.
La soglia per la diagnosi di diabete si basa sul rapporto tra i risultati dei test di tolleranza al glucosio (curva
da carico), sul valore della glicemia a digiuno e dell'emoglobina glicosilata (HbA 1c) e sulla possibile presenza di
complicanze (per esempio problemi retinici) (4). In genere, il DMT2 può essere distinto dal diabete di tipo 1 in
base alle circostanze di presentazione (1). In caso di dubbio, i test anticorporali permettono di escludere un
diabete di tipo 1 mentre il dosaggio del peptide C può essere utile per confermare il DMT2 (21).
Lo screening è consigliato negli adulti asintomatici con pressione arteriosa superiore a 135/80 mmHg.
L'Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda di proporre il test solo ai gruppi di popolazione ad alto
rischio che includono soggetti con età superiore ai 45 anni con familiarità per la malattia, sovrappeso e con
condizioni associate alla sindrome metabolica (19), donne con una storia di diabete gestazionale o con sindrome
dell’ovaio policistico.
In anni recenti si è affermata una teoria unificante sull'obesità centrale DMT2, cancro e malattie
cardiovascolari. Tutte queste condizioni sembrano essere collegate ial con il concetto di sindrome metabolica,
ma non se nei conoscono le cause sottostanti (19a). I criteri per la diagnosi di sindrome metabolica definiti
dall’OMS e dal National Cholesterol Education Program (NCEP) differiscono leggermente tra loro, come mostrato
nella tabella seguente.
CONDIZIONE OMS NCEP ATP III (Adult
Treatment Panel III)
Presenza di DMT2 o IGT e di un'altra condizione Presenza di tre condizioni tra quelle indicate.
tra quelle indicate.
Lo schema seguente descrive, in sintesi, l’ipotesi più accreditata sul processo patogenetico alla base della
sindrome metabolica.
L’ energia in eccesso provoca il deposito di lipidi tossici in eccesso nelle cellule del tessuto
adiposo centrale e nelle cellule non-adipose
Trattamento
La gestione del DMT2 si concentra su interventi sullo stile di vita, sulla riduzione degli altri fattori di rischio
per malattie cardiovascolari come ipertensione, ipercolesterolemia e microalbuminuria e sul mantenimento di
valori corretti di glicemia. L'obiettivo del trattamento è in genere il raggiungimento di un valore di HbA 1c di
menoinferiore al del 7% o di una glicemia a digiuno inferiore a 1,20 g/L. Tuttavia, questi obiettivi possono essere
modificati dopo la consultazione di medici specialisti clinici, tenendo conto dei possibili rischi di ipoglicemia. E’
opportuno effettuare regolari visite oftalmologiche.
Un corretto regime alimentare unito e all'attività fisica sono fondamentali per la cura del DMT2 (19,22). E’
anche importante seguire una dieta che faciliti la perdita di peso e caratterizzata da un basso indice glicemico
(23). Un’adeguata educazione può aiutare le persone con DMT2 a controllare i livelli di glicemia per un tempo
adeguato (sei mesi) (24). Nei pazienti con diabete lieve in cui i cambiamenti alimentari e dello stile di vita non
hanno migliorato il controllo della glicemia è opportuno prendere in considerazione il trattamento farmacologico
(19).
Esistono varie classi di farmaci disponibili come anti-diabetici. La metformina è generalmente raccomandata
come trattamento di prima linea. Nei casi in cui la metformina si riveli insufficiente è possibile utilizzare un
secondo farmaco ad assunzione orale appartenente ad altre classi quali sulfaniluree, inibitori dell’alfa-glucosidasi
tiazolidinedioni, inibitori della dipeptidilpeptidasi IV, ecc. (20). Generalmente la terapia a base di metformina
prevede una dose iniziale di 500 mg dopo colazione. Nel caso di mancata normalizzazione della glicemia, dopo
qualche giorno la dose di farmaco può essere aumentata distribuendola in maniera frazionata dopo i pasti
principali della giornata, comunque all’interno di una dose
complessiva di 2-2,5 g al giorno. Il frazionamento del farmaco
nella giornata limita i fastidiosi effetti collaterali
gastrointestinali comprendenti nausea, vomito, anoressia,
diarrea e dolore addominale. Generalmente questi effetti
collaterali compaiono all'inizio della terapia, tendono ad
essere transitori e mostrano dose-dipendenza, comparendo
soprattutto in pazienti che assumono dosi elevate del farmaco.
Tuttavia, nel 3-5% dei casi la diarrea può essere persistente;
in questo caso occorre sospendere il trattamento. Talvolta
l’uso della metformina si accompagna allo sviluppo di uno
stato di acidosi lattica, più frequente in soggetti alcolisti, con
insufficienza renale o con malattie epatiche. Pertanto la
metformina non deve essere somministrata in pazienti con gravi problemi renali o epatici (19). La metformina
non deve essere mai somministrata nei pazienti con gravi problemi renali o epatici (19). La maggior parte dei
diabetici necessità prima o poi di insulina, che rappresenta l’ultima terapia in caso di fallimento delle altre (15).
Le iniezioni di insulina possono essere utilizzate da sole o in aggiunta ai farmaci per via orale (20). Quando viene
somministrata, si preferisce una formulazione a lunga durata di azione, che prevede l’assuntazione alla sera
prima di dormire (19,20). Quando l'insulina serale è insufficiente, la somministrazione due volte al giorno può
permettere di ottenere un controllo migliore della glicemia (19).
Recentemente è in costante aumento il ricorso a preparazioni nutraceutiche a base di polifenoli vegetali e di
altre sostanze di origine vegetale come complemento alla terapia farmacologica. Queste sostanze si sono rivelate
efficaci nel ridurre la resistenza all’insulina, nel migliorare il controllo della glicemia e nel ripristinare un corretto
quadro metabolico con riduzione dell’epatopatia, della steatosi epatica e dell’obesità e miglioramento del quadro
lipidico ematico (vedi più avanti).
I polifenoli alimentari
I composti fenolici contenuti negli alimenti di origine vegetale costituiscono un insieme estremamente
eterogeneo di sostanze che studi recenti hanno dimostrato svolgere un’azione protettiva sulla salute umana.
Chimicamente, i fenoli derivano da idrocarburi aromatici per sostituzione di uno o più atomi di idrogeno con
gruppi ossidrilici. Iil cui capostipite della classe è rappresentato dal fenolo, o idrossibenzene, comunemente noto
come acido fenico (C6H5OH). Le sostanze fenoliche si ritrovano soprattutto negli alimenti di origine vegetale,
mentre la loro presenza negli alimenti di origine animale è occasionale e riconducibile alla ’assunzione di
1
alimenti vegetali da parte degli animali .
Negli organismi vegetali Si conoscono noti più dioltre 10.000 composti organici diversi di natura fenolica che
vi scolgono negli organismi vegetali. I composti fenolici svolgono, nei vegetali che li producono,
numerosesvariate e importanti funzioni.: aAlcuni di essi sono repellenti per gli erbivori e per gli insetti,
difendendo da questi le piantei vegetali che li producono; altri (flavoni e flavonoli) assorbono le componentei
ionizzanti della radiazione ultravioletta, proteggendo da queste le cellule superficiali di foglie, steli, ecc.; le
antocianine, i flavoni e i flavonoli, sonocostituiscono i pigmenti vegetali che attraggono gli insetti impollinatori e
pertanto sono quindi in indispensabili per la riproduzione; alcuni polifenoli, in particolare gli isoflavonoidi,
possiedsono dotati di attività antimicrobica (fitoalessine) e insetticida, fungendo da difesa contro le infezioni e le
infestazioni; altri polifenoli, come l’acido caffeico e l’acido ferulico, rilasciati nel terreno, agiscono da inibitori
della crescita di specie vegetali competitrici per lo stesso habitat.
Resveratrolo
Quercetina
Epigallocatechina-3-
gallatoCurcumina Morina
L’olio di oliva, ottenuto dalla spremitura di Olea Europaea, rappresenta uno degli alimenti cardine della Dieta
Mediterranea e il condimento per eccellenza dei piatti della tradizione; pertanto il suo consumo può essere
considerato un comune denominatore dello stile di vitae aree mediterraneeo. L’impiego dell’olio d’oliva nella
preparazione degli alimenti offre al consumatore indubbi vantaggi nutrizionali, salutistici e organolettici
1
Con l’eccezione della tirosina e dei suoi metaboliti (catecolamine, ormoni tiroidei, melanina e intermedi della sua sintesi)
compresi già nell’antichità , tanto che l’olio d’oliva è tradizionalmente considerato una sostanza a metà tra
alimento e medicinale. Un aspetto importante, di cui spesso non si tiene conto nei Paesi Ppaesi non produttori di
olio d'oliva è che la freschezza dell’olio è un fattore determinante sotto il profilo organolettico e nutrizionale. Un
olio di prima spremitura o comunque molto fresco, come quelli disponibili nei territori di produzionettori, ha un
sapore completamente diverso dagli oli più vecchi. Col tempo, gli oli si deteriorano, sono meno saporiti, perdono
il loro retrogusto amarognolo e diventano stantii; un olio di un anno di età può essere comunque piacevole al
gusto, ma è sicuramente meno profumato di un olio fresco e la sua composizione risulta sensibilmente
modificata. Dopo il primo anno, l'olio d'oliva dovrebbe essere utilizzato per la cottura, non per il condimento di
alimenti da consumare crudi, come le insalate.
Oltre che come alimento, l’olio di oliva è stato utilizzato per le sue proprietà terapeutiche, come lassativo,
epatoprotettore e anche contro l’ulcera gastrica e per la preparazione di saponi, balsami e profumi nell’industria
cosmetica. Il cospicuo e costante uso di questo alimento ha spinto molti studiosi a indagare per discernere la
tradizione dalla reale validità per il benessere dell’uomo. La conoscenza della composizione chimica di questo
prodotto è stata fondamentale per comprenderne il potenziale biologico come nutriente fino a giungere a
definirlo sostanza nutraceutica.
L’olio di oliva è costituito in prevalenza da trigliceridi contenenti acidi grassi monoinsaturi, come l’acido
oleico, ed è abbastanza ricco di vitamine A, B1, B2, C, D, E, K e ferro. Contiene antiossidanti che prevengono
l’aterosclerosi e le malattie degenerative. Non contiene colesterolo ma quantità rilevanti di polifenoli, tra i quali
l’oleocantale e l’oleuropeina (vedi più avanti), che agiscono anche come antiinfiammatori, antibiotici e rinforzano
il sistema immunitario. In Tabella 1 è riportata la composizione media in macro e micronutrienti dell’olio di oliva;
dal dato “energia” risulta che Un kg di olio di oliva fornisce circa 9000 kcal all’organismo.
.
Tab. 1 - Valori nutrizionali medi per 100 g (corrispondenti a 109 mL)
Energia 885 kcal (3,701 kJ)
Carboidrati 0 g
Lipidi 100 g
Saturi 14 g
Monounsaturi 73 g
Poliinsaturi 11 g
omega-3 <1,5 g
omega-6 3,5–21 g
Proteine 0 g
Vitamine
Vitamina E 14 mg
Vitamina K 62 μg
L’olio di oliva contiene una frazione saponificabile, formata da trigliceridi e acidi grassi, e una frazione non
saponificabile, costituita da molecole con potere antiossidante, inclusi i polifenoli, e da componenti minori come
terpeni e steroli. La variabilità del contenuto di questi tali costituenti spiega la diversa validità nutrizionistica di
oli di origine e freschezza diverse. Nell’olio di oliva prevalgono gli acidi grassi monoinsaturi, quasi totalmente
rappresentati da acido oleico, a 18 atomi di C (C18:1), ma sono anche presenti acidi grassi poliinsaturi essenziali
come l’acido linoleico (C18:2) e linolenico (C18:3). Risulta sorprendente come la ripartizione in acidi grassi possa
essere equiparata a quella presente nell’organismo umano. Ciò sarebbe alla base della facile digeribilità e
assimilazione di questo alimento (Tabella 2).
Il sapore piccante dell’olio di oliva diminuisce con la maturazione dell’olio in quanto le sostanze che ne
sono responsabili, come l’oleuropeina, si trovano in sospensione nella fase oleosa e tendono lentamente a
sedimentare, separandosirsi da questa. Pertanto iIl contenuto, perciò , in polifenoli dell’olio di oliva diminuisce
con l’invecchiamento e tende a divenire minimo quando l’olio è stato filtrato o da esso si è separata, per
precipitazione, la fase acquosa.
Acido grasso %
Acido miristico 0-0,1
Acido palmitico 7-20
Acido palmitoleico 0,3-3,5
Acido stearico 1-4
Acido oleico 56-84
Acido linoleico 3-21
Acido linolenico 0,2-1,5
Acido arachico 0,1-0,7
Acido eicosenoico 0,1-0,5
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Molte sostanze presenti nelle foglie e nell’olio di oliva hanno proprietà benefiche
Oltre ai costituenti presenti in quantità maggiore, l’olio di oliva e gli estratti di foglie di olivo contengono
moltissime altre sostanze che, anche se vengono definitei minori perché presenti in bassa concentrazione, sono
indispensabili per la gradevolezza del sapore dell’olio e influiscono anche sui processi metabolici e sullo stato di
benessere dell’uomo. A questo tale riguardo, hanno grande importanza i fenoli, (tirosolo e idrossitirosolo) che
Struttura molecolare
dell'oleuropeina
glicoside. E’
abbondante nelle
foglie e nelle drupe
verdi dell’olivo.
Nell’olio di oliva e
nelle olive mature è
invece prevalente la
forma aglicata.
conferiscono all’olio un sapore leggermente dolce, a differenza dell’oleuropeina (un
polifenolo) che fornisce all’olio un gusto lievemente amaro e piccante e
dell’oleocantale (un altro polifenolo). Infine, sono presenti carotenoidi, tocoferoli
(principalmente α-tocoferolo) e tocotrienoli, entrambi precursori della vitamina E, Struttura
catechine, alcoli triterpenici, fitosteroli, etc. Tali componenti agiscono come dell’oleocantale (in alto)
antiossidanti e sono in grado di contrastare lo stress ossidativo legato e dell’ibuprofene (in
all’invecchiamento e a numerose situazioni patologiche. Oltre che nei frutti, molti di basso)
questi componenti, in particolare i polifenoli, si ritrovano nelle foglie col significato
di fitoalessine, composti che proteggono la pianta contro infezioni da funghi e altri patogeni.
Come accade per il vino, anche Iil contenuto fenolico dell’olio di oliva può variare considerevolmente nei
vari tipi di oli, come accade per il vino, per effetto di molte variabili, tra cui: varietà dell’olivo, clima, coltivazione,
grado di maturazione delle olive, tecniche di produzione e modalità di conservazione. Le concentrazioni più
elevate si ritrovano nell’olio di oliva extravergine, dove tali sostanze possono raggiungere valori massimi di 600 –
800 mg/kg. Molti sono iNumerosi territori dell’area Mediterranea che vantano produzioni di olio extravergine di
oliva molto pregiate; tra queste. Aalcune produzioni della Toscana, che raggiungono livelli qualitativi di
eccellenza.
Nella regione a nord di Bari, da una varietà di olivo denominata Coratina (da Corato, un Comune che si
estende sulle pendici orientali delle Murge), si produce un olio di oliva tra i più ricchi di polifenoli, con sapore
amarognolo e piccante per l’elevata concentrazione di oleuropeina, a bassa acidità e con ridotto tenore di
perossidi.
La composizione e le proprietà dei vari tipi di olio di oliva in
commercio dipendono dalle tecniche di spremitura, dalle cultivar,
dal terreno di coltivazione, dal clima, ecc.
La figura a lato, che riporta il contenuto di polifenoli in alcune varietà di olivo, mostrando come questo possa
variare in misura rilevante. Le proprietà benefiche dell’olio di oliva e degli estratti di foglie di olivo sono legate
principalmente alla composizione. Importanti, da questo punto di vista, sono L’olio di oliva possiede un elevato il
contenuto di acido oleico, di e contiene vitamine (A, E), di composti fenolici semplici (idrossitirosolo, tirosolo) e
complessi (oleuropeina, oleocantale). Questi ultimi sono tra i principali costituenti degli estratti di foglie di olivo.
La presenza di tocoferoli e polifenoli conferisce all'olio di oliva proprietà un ruolo importante per le
proprietà antiossidanti e anti-radicali liberi di questi composti, che possiedono e quindi azione “anti-
invecchiamento” che protegge nei confronti dell'invecchiamento cellulare, mentre la presenza di alcuni fenoli
(idrossitirosolo) conferisceposseggono un importante azione effetto antiaggregante e antiinfiammatorioa. A tale
proposito, recenti ricerche hanno legato l’attività antiinfiammatoria dell’olio di oliva al contenuto di oleocantale,
una molecola con struttura simile a quella dell’ibuprofene, farmaco antiinfiammatorio di largo impiego. Come
l’ibuprofene, l’oleocantale agirebbe inibendo con simile efficienza l’attività delle cicloossigenasi, enzimi coinvolti
nella risposta infiammatoria (30). Oleuropeina, idrossitirosolo e oleocantale sono tra i principali componenti
degli estratti di foglie di olivo e sono ritenuti responsabili delle proprietà benefiche associate all’assunzione di
tali prodotti.
I benefici di unaella dieta riccacontenente di olio di oliva e dell’assunzione di prodotti nutraceutici a base di
estratto di foglie di olivo sono stati evidenziati con chiarezza negli ultimi anni da vari numerosi studi clinici
condotti su popolazioni sia Mediterranee che non.; iI risultati di questi studi hanno mostrato come le popolazioni
che seguono una dieta Mediterranea e pertanto consumano in abbondanza olio d’oliva, presentano una ridotta
incidenza non solo di malattie cardiovascolari ma anche di varie forme di cancro e di malattie neurodegenerative.
Questi effetti sono, almeno in parte, riconducibili alla presenza, nell’olio di oliva, di sostanze con azioni benefiche
sulla salute, come è stato dimostrato in trial clinici condotti su volontari che assumevano giornalmente quantità
variabili di estratti di foglie di olivo arricchiti delle sostanze sono ricordate (vedi più avanti).
Numerosi studi su animali e sull’uomo confermano le virtù benefiche di molte delle sostanze presenti nelle foglie
e nell’olio di oliva.
La Dieta mediterranea e il consumo di nutraceutici a base di estratti di foglie di olivo si associano alla
riduzione del rischio di malattia cardiovascolare, come dimostrato dal Seven Countries’ Study, iniziato nei primi
anni 60, un importante contributo alle nostre conoscenze sul rapporto tra consumo di acidi grassi monoinsaturi
all’interno di una dieta Mediterranea e rischio di malattia cardiovascolare (31). Successivamente, il Three-City-
Study, effettuato su circa 7000 soggetti e pubblicato nel 2009, ha suggerito l’esistenza di una correlazione tra
consumo di olio di oliva e riduzione del rischio di deficit cognitivo associato all’invecchiamento (32). Una recente
analisi della letteratura scientifica relativa a trial clinici e a studi di popolazione ha confermato queste idee,
giungendo alla conclusione che la dieta Mediterranea e l’integrazione dell’alimentazione con prodotti
nutraceutici a base di estratti di foglie di olivo forniscono una consistente e significativa protezione nei confronti
del rischio di contrarre le principali malattie croniche degenerative tra cui malattie cardiovascolari, cancro,
diabete mellito di tipo II e malattie neurodegenerative (33-35).
I meccanismi molecolari attraverso cui l’olio di oliva e gli estratti di foglie di olivo esercitano i loro effetti
benefici nei confronti delle malattie cardiovascolari sono diversi. Gli effetti sui fattori di rischio sono ormai
riconosciuti, e sono dovuti non solo agli alti livelli di acidi grassi monoinsaturi presenti nell’olio di oliva ma anche
ai diversi composti presenti sia in questo che negli estratti di foglie di olivo. Gli acidi grassi monoinsaturi
esercitano un ruolo importante a livello del profilo lipidico poiché riducono il colesterolo, sia totale che il
colesterolo LDL (quello “a rischio”) mentre, non modificano il colesterolo HDL (la frazione “buona”); essi inoltre e
diminuiscono il processo di ossidazione delle LDL, che costituisce il fattore determinante nella formazione delle
placche aterosclerotiche.
Inoltre, lL’elevato consumo di acidi grassi monoinsaturi presenti nell’olio di oliva e il ridotto consumo di
acidi grassi saturi tipici della dieta mediterraneaMediterranea, unitamente al consumo di integratori a base di
estratti di foglie di olivo arricchiti di polifenoli, determinano anche una
maggiore protezione nei confronti dell’insorgenza dell’obesità, il principale
fattore di rischio per il diabete, soprattutto la forma di tipoDMT 2. È stato
dimostrato che l’adozione di una dieta Mediterranea tipica in cui il 50%
dell’energia è fornita dai carboidrati e il 35% dai lipidi alimentari,
prevalentemente di tipo monoinsaturo, si accompagna alla riduzione
dell’emoglobina glicata (un segnale di iperglicemia diabetica) e ad un miglior
controllo glicemico (36). Questi effetti sono determinati anche dal contenuto di
polifenoli dell’olio di oliva, come è stato dimostrato da un recente trial clinico
effettuato in Nuova Zelanda (48).
Oltre agli effetti positivi sul sistema cardiovascolare, l’olio di oliva e gli estratti di foglie di olivo arricchiti di
polifenoli presenta curare no notevoli proprietà benefiche anche nei confronti delle patologie neoplastiche. A tale
riguardo sono stati effettuati vari studi; in particolaretra questi, un recente studio di meta-analisi ha mostrato un
effetto benefico del consumo di olio di oliva nei confronti di qualunque tipo di tumore, indipendentemente dalla
regione di provenienza (Mediterranea e non-Mediterranea) (39). La riduzione delloi sviluppo tumorale per
coloro che assumevano quantità più elevate di olio di oliva era pari a circa il 60%, con un’associazione
significativa soprattutto nei riguardi dei tumori localizzati al seno e all’apparato gastrointestinale (-55% e -64%,
rispettivamente). Effetti simili sono stati associati anche all’assunzione di integratori a base di estratti di foglie di
olivo (40). In un estratto di foglie d’olivo l’oleuropeina può rappresentare il 75% dei polifenoli totali, è di cui
quindi è il più abbondante.
L’oleuropeina è la principale responsabile di molte delle proprietà nutraceutiche dell’olio di oliva. Studi
recenti condotti su questa molecolall’oleuropeina hanno fornito una più approfondita base scientifica per i noti
effetti anti-invecchiamento della dieta mMediterranea, aprendo la prospettiva dell’uso dell’oleuropeinai questa
molecola,, sia contenuta nell’olio di oliva sia come sostanza nutraceutica isolata dalle foglie dell’olivo in forma più
o meno pura. In particolare, appare raccomandabile l’uso di questa sostanza nel trattamento preventivo a lungo
termine di patologie dismetaboliche e dei danni neurologici legati all’invecchiamento, tra cui e in particolare ail
morbo di Alzheimer; quest’ultima è la forma più frequente di demenzauna patologia dell’età senile di crescente
diffusione per la quale non esiste ancora una terapia efficace e la cui crescente diffusione, legata all’aumento della
vita media, che pone gravi problemi sociali e di sostenibilità economica per i sistemi sanitari dei Paesi più
industrializzati. In generale, le virtù benefiche per la salute dell’oleuropeina, in particolare del suo derivato
privo della componente glicidica (aglicone), possono essere riassunte nella capacità di prevenire e contrastare
varie malattie degenerative quali: ipertensione, neoplasie, DMT2, steatosi epatica non alcolica, aterosclerosi e,
patologie neurodegenerative.
L’effetto benefico dell’oleuropeina nei confronti del DMT2 è stato dimostrato in numerosi esperimenti
effettuati su animali modello e in trial clinici su soggetti umani. Studi condotti sia in vitro che in vivo, unitamente
a trial clinici effettuati su soggetti umani, hanno dimostrato che l’oleuropeina o estratti di foglie di olivo arricchiti
nella sostanza hanno possiedono numerose proprietà i effetti beneficihe; tra queste, tra cui: (i.) ostacolano la
tendenza dell’amilina ad aggregare in materiale amiloide i cui depositi pancreatici sono stati dimostrati tra i
principali responsabili della sofferenza delle cellule insulina-secernenti che accompagna il DMT2, che per tale
ragione è considerata una patologia da amiloide (41); (ii.) diminuiscono la glicemia e la colesterolemia riparando
il danno ossidativo in modelli di diabete murini (42,43) e di coniglio (44); (iii.) riducono la digestione e
l’assorbimento dell’amido in modelli murini di diabete (45); (iv.) migliorano la tolleranza all’assunzione orale di
glucosio in ratti a dieta ricca di carboidrati e di grassi (46); (v.) migliorano l’omeostasi del glucosio riducendo i
livelli di emoglobina glicata e i livelli di insulina a digiuno in un trial clinico su soggetti umani (45); (vi.) in topi
alimentati con una dieta ricca di grassi modificano l’espressione, tra gli altri, di geni coinvolti nella litogenesi e
nella resistenza all’insulina in topi alimentati con una dieta ricca di grassi (47). Infine, come ricordato in
precedenza, un recentemente in Nuova Zelanda è stato condotto un trial clinico effettuato in Nuova Zelanda su
un gruppo di soggetti sovrappeso di mezza età a rischio per lo sviluppo della sindrome metabolica trattati con A
questi soggetti è stato somministrato per 12 settimane un estratto di foglie di olivo contenente polifenoli presenti
nell’olio di oliva. oleuropeina insieme a una piccola quantità di oleocantale. A questi soggetti è stato
somministrato per 12 settimane un estratto di foglie di olivo contenente polifenoli presenti nell’olio di oliva. Al
termine del trattamento i soggetti presentavano un significativo miglioramento della sensibilità all’insulina e
della funzionalità delle cellule pancreatiche secernenti insulina, suggerendo un significativo effetto anti-diabetico
(48). Questi effetti fanno ritenere che i polifenoli dell’olivo e in particolare l’oleuropeina abbiano una rilevante
azione anti-diabetica, soprattutto per quanto riguarda il DMT2 e sono in accordo con risultati ottenuti in vitro
concernenti l’effetto anti-aggregante a carico dell’amilina ricordato in precedenza.
Un’altra patologia legata alla resistenza all’insulina e alla sindrome metabolica è la steatosi epatica non-
alcolica (Nonalcoholic nonalcoholic steatohepatitis, NASH). Vari studi su animali modello hanno dimostrato che
l’oleuropeina possiede significativi effetti atti a contrastare la sindrome. Tra questi. (i.) azione anti-lipidemicia
(49); (ii.), protezione digge cellule in coltura nei confronti della steatosi epatocellulare indotta da acidi grassi
liberi (50);, (iii.) proteziongge e cura nei confronti del danno epatico in topi trattati con CCl4 (51); (iv.),
previenzione dell’insorgenza spontanea della steatoepatite non-alcolica in un modello murino di NASH (52); (v.),
previenzione della progressione della steatoepatite verso la fibrosi epatica in topi a dieta ricca di grassi (53);
(vi.) e soppressionime in modo dose-dipendente dell’accumulo intracellulare di trigliceridi durante il
differenziamento degli adipociti (54). Questi I polifenoli dell’olivo appaiono efficaci anche nel prevenire
l’insorgenza di stati associatie al DMT2 aumentando la tolleranza al glucosio assunto oralmente ed, attenuando la
steatosi epatica e l’obesità indotte da diete ricche di grassi somministrate a modelli murini (46,55,56). Infine, un
trial clinico effettuato su volontari sani ha dimostrato che l’assunzione di polifenoli dell’olivo nel contesto di una
tradizionale dieta Mediterranea riduce l’espressione di geni pro-aterogenici (57). Anche in questo caso un
recente studio effettuato su topi tenuti a una dieta a elevato contenuto di grassi ha evidenziato come la
somministrazione di oleuropeina invertiva l’aumento del peso del fegato indotto da tale dieta e diminuiva i
livelli dei lipidi ematici attraverso l’interferenza con vie di segnalazione implicate nella lipogenesi e
nell’insorgenza della steatosi epatica.
I dati riportati in letteratura sugli effetti protettivi dei polifenoli dell’olivo forniscono basi sperimentali
scientifiche cheper la spiegazioneo detaligli effetti riportati. Queste comprendono: (i.) la riduzione dellai
digestione e assorbimento intestinali dei carboidrati alimentari (45); (ii.) la riduzione dell’attività metabolica
unita a effetti cardioprotettivi; (iii.) la prevenzione della risposta infiammatoria e del danno ossidativo cellulare
citochina-mediato (42,58); (iv.) l’gli aumentatio dei livelli di molecole segnalatrici attive in condizioni di digiuno
quali IL-6, IGFBP-1 e IGFBP-2. Gli; gli effetti anti-obesità e anti-steatosi sono stati sono stati associati all’aumento
dell’utilizzazione metabolica dei lipidi e della spesa energetica e alla modulazione dell’omeostasi del glucosio ,; al
alla riduzione dell’espressione dei geni implicati del differenziamento degli adipociti (54) e dei geni coinvolti
nell’inibizione di Wnt10b nonché alall’aumento dell’espressione di geni coinvolti nella termogenesi (55) e nella
biogenesi mitocondriale nel tessuto adiposo viscerale (56). Infine, altri studi effettuati su animali modello e su
cellule in coltura hanno mostrato che uno dei meccanismi con cui l’oleuropeina esercita l’azione di citoprotezione
è un potente stimolo dell’autofagia (59) Questa è una risposta con cui le cellule si difendono nei confronti di
stress e stimoli esterni potenzialmente nocivi, come un ridotto apporto di nutrienti. Attualmente la stimolazione
della risposta autofagica è considerata un importante potenziale obiettivo della ricerca di terapie efficaci contro
patologie neurodegenerative e dismetaboliche come il DMT2.
Gli effetti dell’oleuropeina sono simili a quelli prodotti da altri polifenoli naturali contenuti negli alimenti
delle così dette diete Mediterranea e Asiatica (resveratrolo presente nel vino rosso, curcumina presente nel
curry, epigallocatechina gallato (EGCG) presente nel tè verde) (35). Spesso questi effetti sono il risultato di
modificazioni dei quadri di espressione dei geni coinvolti riconducibili a effetti epigenetici posseduti da queste
molecole come quelli recentemente dimostrati per l’oleuropeina e altri polifenoli in numerose patologie
cancerose e neurodegenerative (60).
Biodisponibilità