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Le metriche
da monitorare
per definire il successo
Insights by
Come si quantifica il successo? Nel veloce mondo delle PR e del marketing, dare tangibilità
al nostro lavoro può sembrare impossibile. Noi interveniamo per modificare le percezioni,
aggiungere legami emotivi e influenzare il modo in cui i consumatori percepiscono una
moltitudine di brand.
Come si fa a misurare qualcosa di tanto astratto?
Per migliorare il monitoraggio del tuo brand e aiutarti a dimostrare concretamente il valore delle
tue attività per il resto dell’anno, ho chiesto ad alcuni dei maggiori esperti di analisi del mondo di
fare un elenco delle metriche che contano di più per il tuo business, così potrai sveltire il lavoro di
monitoraggio e dedicare più tempo a trasformare i dati in insight.
“L’azienda aveva funzioni econometriche, di analisi e di insight gigantesche, con più di 900
persone e 2000 KPI. La situazione si era creata perché queste funzioni effettivamente non
comunicavano tra loro e trasmettevano ciascuna i propri dati ai ruoli esecutivi seguendo
iter diversi.”
MarketingWeek, ottobre 2018
Ora la compagnia si concentra su solo 30 KPI. Il monitoraggio fine a se stesso non genera
risultati, ma piuttosto accresce il carico e la pressione di lavoro. Prima di iniziare a monitorare
una metrica, considera l’effettiva maturità dei vostri dati. E in ultima battuta, è veramente
essenziale per generare risultati?
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Vanity metrics
Metriche di engagement
Le metriche relative all’engagement possono essere un terreno complicato. Classificate da alcuni
come vanity metrics (ossia cifre che si presentano bene, ma non significano effettivamente
nulla), le metriche di engagement consentono di monitorare efficacemente l’accettazione dei
contenuti, perché offrono i dati di riferimento di base e l’acceleratore per migliorarli.
L’engagement deve essere considerato in 2 forme. Attiva e passiva.
Gli engagement passivi sono semplici gesti che i consumatori fanno senza alcuna difficoltà
e sforzo, come mettere mi piace su uno stato, rilanciare un tweet e così via. Non c’è tanto da
pensarci e non significano che il consumatore sia realmente entrato in sintonia con il messaggio
condiviso.
Gli engagement attivi sono gesti per cui il consumatore deve pensare e impegnarsi: commentare,
condividere il suo parere, ripubblicare i contenuti del tuo blog e altre cose così.
Gli engagement attivi dimostrano che il tuo messaggio è stato recepito e ha avuto impatto sulla
tua audience.
Quando consideriamo le metriche di engagement, quello che ricerchiamo non sono i picchi, ma
le tendenze. Se individui un contenuto che ottiene un picco importante, non significa che sia un
valore di riferimento. Potrebbe essere solo un colpo di fortuna, imbroccare un trend.
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Piuttosto guarda all’engagement attivo, di qualità. E, allo stesso tempo, accertati che il contenuto
sia sostenibile:
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Utenti attivi giornalieri
L’audience è la linfa vitale della tua strategia. E bisogna considerarla nell’ambito del
monitoraggio. Tuttavia non basta valutare soltanto le dimensioni del tuo seguito: quegli utenti
potrebbero essersi coinvolti con il tuo brand una volta, per poi dimenticarlo nel brusio dei social.
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Visualizzazioni qualificate
“La popolarità del canale o medium video è esplosa negli ultimi anni, e
con la sempre maggiore sofisticazione e precisione degli strumenti di
trascrizione automatica in testo da audio e video assistiamo a una radicale
trasformazione del panorama, in cui il video rappresenterà un nuovo
componente chiave delle strategie SEO ecc. del futuro.
Ma ancora oggi la nostra principale metrica per il video è rappresentata dalle
“visualizzazioni” e questo pone non pochi problemi. Una “visualizzazione”
non è la stessa, ad esempio, se considerata su piattaforme social o suite
di analisi differenti. Nell’ultima verifica che ho fatto, per essere considerata
valida su Facebook una “visualizzazione” doveva durare 3 secondi, mentre su
YouTube 25 secondi o più. Ciò significa che, sovente, quando cerchiamo di
determinare il successo della nostra campagna sulle diverse piattaforme ci
troviamo a confrontare le mele con le arance.
Molto spesso calcolare le semplici “visualizzazioni” è un esercizio privo di
un reale significato, perché non ci dice a quanta parte del nostro messaggio
è stato, eventualmente, esposto il destinatario. Quanto si può veramente
capire da un’esposizione di 3 secondi?
Conseguentemente come metrica è più utile monitorare il numero di
minuti visualizzati. In questo modo si potrà capire meglio se gli utenti
hanno effettivamente visto abbastanza per presumere che abbiano
ricevuto il messaggio, o se magari stavano solo scorrendo e si è attivata la
visualizzazione automatica.
Ancor più efficace che non contare i minuti totali di visualizzazione è poter
determinare in qualche modo il numero di utenti che hanno oltrepassato il
“punto X” nel tuo video, ossia il punto in cui bisogna portarli per comunicare
adeguatamente la maggior parte del messaggio, se non tutto. In alternativa
si può guardare la media dei minuti e secondi visualizzati, e confrontare il
dato con il timestamp collocato nel punto X. Per dichiarare il successo della
campagna bisognerà che il tempo medio di visualizzazione sia superiore al
segnatempo del punto X”
Jesper Andersen, consulente in strategia e insight,
Quantum PR Measurement
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Aspetti concernenti le metriche conversazionali
Il punto nei dati dei social non sono solo le cifre. Ma anche le conversazioni. I consumatori
parlano quotidianamente di te, sia che li ascolti o meno.
Monitora in modo coerente gli argomenti che emergono nelle conversazioni dei consumatori,
come il nome e i prodotti del tuo brand, i concorrenti, le tematiche di settore, oppure le tendenze.
Questi dati ti aiuteranno a ricostruire un’immagine più accurata di chi sono i tuoi clienti, come
interagiscono con il tuo brand e come percepiscono la tua azienda. Ti guideranno a identificare
le conversazioni in cui dovresti essere coinvolto e a evidenziare eventuali problemi prima che si
verifichino effettivamente.
Questi dati conversazionali sono essenziali per monitorare l’intenzione dei consumatori:
Ricorda, i dati non devono necessariamente essere testuali. Facendo leva sul riconoscimento
delle immagini e le tecniche di video analytics, esamina in che modo il tuo brand viene integrato
nella vita dei consumatori, in qualsiasi formato. Ciò ti consentirà di accedere a nuovi insight circa
l’engagement con il tuo brand e ti offrirà solide ispirazioni per la tua strategia social.
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SEO
“È difficile definire con certezza una metrica critica, in una marea di metriche.
Personalmente mi sono sempre concentrato sulle metriche che consentono
di dimostrare che la copertura generata sui media crea engagement, genera
traffico verso il sito web, e sulle metriche che dimostrano come si comportano
di conseguenza i consumatori.
Tuttavia c’è un’altra metrica che si può aggiungere al mix e che consente di
orientare i media pitch contribuendo ad aumentare la credibilità attraverso
Domain Authority e SEO. Oggi bisogna puntare sulla SEO anche con i contenuti
mediali.
I CMO, ad esempio, si preoccupano della Domain Authority e di ottenere
copertura mediatica sui siti web che hanno una valutazione in termini di
Domain Authority di 70 o superiore. Questo porta necessariamente a fare un
passo indietro e a rivalutare l’approccio utilizzato. Perché significa che non
bastano i dati di intelligence necessari a creare una storia avvincente per una
certa audience, ma bisogna anche riconsiderare il luogo in cui questa storia
viene lanciata.
Più backlink (“do-follow”) hai su siti web credibili con valutazioni di Domain
Authority elevate, più il tuo sito web sarà premiato nella pagine dei risultati del
motore di ricerca Google, con l’effetto di migliorare visibilità e credibilità.
Naturalmente il fatto che il link o la pagina di destinazione dell’azienda siano
inseriti nella copertura mediatica non dipende dai professionisti delle PR che
lanciano le storie. Nonostante questo per te come CMO la SEO resta comunque
una preoccupazione, e un ulteriore elemento sul quale verrai valutato.”
Deirdre Breakenridge, CEO, Pure Performance Communications
Audience
Quando esamini i dati conversazionali, usali per definire la tua audience, per capire le persone
che la compongono, di cosa parlano, dove ne parlano e in che modo. Questo avrà un’importanza
essenziale al momento di definire la strategia e per assicurarti che i contenuti che crei abbiano
effettivamente impatto sulla tua audience.
“Una delle maggiori sfide con cui si confrontano i digital marketer è misurare
una correlazione diretta tra spesa di marketing e ROI. Sarebbe fantastico
disporre di strumenti, software e tecnologie capaci di calcolare il rapporto tra
investimenti e risultati.
Per rimanere a galla i marketer oggi devono accertarsi che i contenuti prodotti
siano effettivamente pertinenti per il target a cui sono destinati. Se ad esempio
crei un video, in cui investi del denaro dedicandogli parte del budget, ma
questo poi non risuona con le persone alle quali era mirato, allora è solo uno
spreco di risorse e non ci sarà un ROI.”
Sarah Curtis, cofondatrice e direttore,
POP Communications (Emirati Arabi Uniti)
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Share of voice
Per quanto qualcuno ancora consideri la share of voice come un’altra metrica vanity, essa in
realtà ha più peso di quanto si percepisse all’inizio. Uno studio di Milward Brown ha mostrato
una correlazione diretta tra share of voice online e quota di mercato complessiva. Se i tuoi sforzi
incrementano la tua share of voice complessiva sui dati social, anche l’impatto sulla quota di
mercato dovrebbe essere positivo. E portare a incrementare le vendite.
La share of voice, però, non va mai considerata in modo isolato. Un incremento delle
conversazioni sul brand non significa necessariamente un beneficio. Potrebbe benissimo
segnalare una crisi, per te o un tuo concorrente. Nell’analisi perciò bisogna considerare anche il
sentiment (vedi sotto).
Non limitarti ad analizzare la tua voce rispetto a quella dei concorrenti. Considera anche la voce
totale del settore. Osserva come cambia la tua quota di mercato quando le tue menzioni totali
nel settore variano, per capire quanto è significativa la tua voce.
Se non ritieni la share of voice un parametro valido, in alternativa puoi misurare la share of
influence. Invece di considerare il tuo database di consumatori nel suo insieme, puoi osservare
le persone più influenti nel tuo settore e monitorare la tua share of voice all’interno di queste
conversazioni. In questo modo avrai una visione più chiara dell’assimilazione del tuo messaggio
presso i tuoi consumatori più importanti.
Sentiment analysis
Il tuo brand agli occhi dei consumatori rappresenta un concetto emozionale. Anche la sola
menzione di un prodotto può far scoccare l’amore, l’odio, il desiderio o la nostalgia. Un prodotto
non è mai percepito come un prodotto, ma come parte della storia di ogni consumatore.
L’analisi del sentiment aiuta a interpretare i dati conversazionali elaborandoli in una visione
concreta delle percezioni dei consumatori, e in questo modo offre insight per capire se amano
o odiano i tuoi ultimi prodotti o campagne e così via. Combinala con la share of voice, e otterrai
dati di prima mano vitali per capire come si colloca il tuo brand nella consapevolezza immediata
(top-of-mind awareness) dei tuoi consumatori.
Nell’analisi non ci sarà bisogno di considerare la percezione del brand. Monitorando il sentiment
sui temi essenziali del settore, gli elementi chiave del brand e i principali trend dei consumatori,
potrai ottenere gli insight per le finalità di ricerca e sviluppo e per modulare la strategia del
marchio nel suo insieme:
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Metriche di impatto operativo
Rimandano al modello di maturità dei dati di cui abbiamo parlato prima. Sono le metriche che
significano risultati. Cifre di vendita, profitti, valore dell’azienda. Perfino il prezzo delle azioni.
Non bisogna mai sottovalutare l’impatto che i social media possono avere sul prezzo delle azioni
della società.
Nel febbraio 2018 Kylie Jenner ha twittato che non avrebbe più usato Snapchat. La
conversazione che ne è scaturita sui social ha bruciato ben 1,3 miliardi di dollari sul valore di
mercato di Snapchat. Ancora oggi non si può dire che la società abbia recuperato.
L’ascolto dei social consente di gestire le conseguenze e di contribuire al ripristino dopo una crisi
di PR che potrebbe anche distruggere un’azienda. Il passo dalle metriche di engagement alle
metriche di impatto sull’azienda non è così lungo. Incrocia le metriche e analizza i risultati per
capire in che modo esattamente la tua strategia social media si converte in risultati:
Variazione
Un’ultima considerazione è che non basta limitarsi a monitorare le cifre tanto per farlo. Bisogna
stabilire i benchmark, ricercare le variazioni e reagire quando si verificano. Una metrica senza
storia non offre insight fruibili, ma una metrica monitorata in modo coerente sì:
“Oggi siamo al punto in cui raccogliere i dati pare essere diventato lo scopo,
invece che il mezzo per ottenere gli insight.
Quello che dobbiamo ricercare è la fluttuazione. Punto. Tutte le metriche in
uso oggi, come portata, impressioni, accessi, interazioni, engagement, SOV, e
così via sono solo numeri, a meno che non si vadano a cercare le fluttuazioni
rispetto alla nostra concorrenza o alla nostra performance precedente.
È in queste occasioni che possiamo usarle per avere maggiori informazioni
specifiche su cosa facciamo bene o male.”
Jamal Al Mawed, fondatore e consigliere delegato,
Gambit Communications
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Non smettere di imparare.
I social media sono realtà in continua evoluzione. E quindi neanche questo elenco potrà mai
esaurire il discorso delle metriche. Via via che l’attività matura, è necessario imparare, adattarsi
e ottimizzare costantemente la strategia. Analizza continuamente le metriche che monitori
e i valori di riferimento che hai stabilito in cerca delle variazioni. Quello che adesso funziona
potrebbe non andare più il prossimo anno. O addirittura la settimana prossima.
La cosa veramente importante nell’evoluzione degli stadi di maturità è crescere. E questo è
impossibile se anche le metriche non si evolvono a loro volta.
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