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Quella domenica in galleria, la lieve climatizzazione dello stabile gli diede maggior pace al corpo

che alla mente solleticata dall'arte delle forme, e dei colori, di quelle tele protette da ogni genere di
danno. Che lo abbia voluto il caso o solo uno dei loro comuni interessi, egli non pensava che
potesse incappare in un simile incontro.
“L’erba del vicino è più bella perché da noi è sempre festa” se ne uscì lei al termine di una lite.
“L’erba del vicino è più bella perché è curata!” fu la risposta di Michele alla sciocca massima di
Elena.
I cioccolatini incartati di “frasi fatte” gli erano sempre stati indigesti. A parte gli aforismi di qualche
filosofo che riusciva di tanto in tanto a sciogliergli una smorfia di approvazione.
Cominciò a disprezzare i proverbi alle scuole elementari, quando un giorno il maestro Marco
richiamando un alunno del quale Michele era molto amico, alla fine della ramanzina, guardò
Michele e con voce tonante disse: “… e tu cerca di stare attento; chi va con lo zoppo impara a
zoppicare!”.
“Perché?” rispose Michele. “E’ lui che è zoppo, mica io”, e dietro lui la classe in coro intonò:
“perché? E’ zoppo?”.
L’imbarazzo di Elena era palese; ma il disagio era reciproco. I loro occhi saltellavano da un punto
all’altro della sala per l’incertezza che, sotto i ponti del loro astio, non fosse passata sufficiente
acqua dolce da trascinare lontano i ricordi amari.
La scolaresca si spostò in una sala adiacente e i due si ritrovarono come soggetti nudi di fronte
all’estro di un pittore.

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