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UROLOGIA

DOLORE DEL TRATTO GENITOURINARIO


Dolore renale
Il dolore renale può essere causato da flogosi o da ostruzione dei calici o della pelvi renale. I due tipi di
dolore si distinguono essenzialmente perché il dolore della flogosi è continuo mentre quello dell’ ostruzione
è colico, con accessi nei momenti in cui c’è contrazione della muscolatura liscia per cercare di vincere l’
ostruzione. Quando in caso di ostruzione il dolore cessa senza alcun intervento può essere dovuto al fatto
che si è instaurata una dilatazione calico pielica talmente importante che la zona a monte dell’ ostruzione è
distesa e non riesce a contrarsi.
Per quanto riguarda la localizzazione il dolore renale è tipicamente riferito all’ angolo costo vertebrale. Può
irradiarsi al fianco e alla regione lombare postero anteriormente fino allo scroto/grandi labbra.
Per distinguerlo da un dolore alla colonna bisogna chiedere al paziente se il dolore varia con la posizione.
Nel caso in cui non variasse indicherebbe dolore di natura renale.
Altri sintomi associati possono essere nausea e vomito dovuti ad una stimolazione vagale.

Dolore ureterale
Il dolore ureterale è essenzialmente dovuto a ostruzione ed è quindi di tipo colico per il motivo suddetto.
La localizzazione varia a seconda di dove si trova l’ ostruzione: nel caso dell’ uretere lombare il dolore è
riferito alla fossa iliaca appena lateralmente al punto di McBurney (a destra, a sinistra simmetricamente
opposto )e possibile irradiazione a scroto o grandi labbra. Nel caso dell’ uretere pelvico il dolore è simile a
quello della vescica cioè sovrapubico con possibile irradiazione fino alla punta del pene.

Dolore vescicale
Può essere dovuto a flogosi o a ritenzione urinaria quindi alla sovra distensione della vescica. Tuttavia
mentre nel primo caso parliamo di un dolore vero e proprio quello della ritenzione è più un fastidio.
Localizzato a livello sovrapubico con possibile irradiazione fino alla punta del pene.
Le alterazioni della minzione frequentissimamente associate sono l’ urgenza e la pollachiuria.

Dolore uretrale
O è il risultato di un dolore riferito dalla vescica o dall’ uretere pelvico oppure, se è un dolore la cui origine è
l’ uretra allora parliamo di stranguria cioè dolore associato alla minzione.

Dolore prostatico
È dovuto a prostatite ed è tipicamente perineale con possibile propagazione in sede rettale e sacrale. Si può
estendere all’ inguine se la flogosi va a interessare anche il dotto deferente.

Dolore in sede peniena


Può essere riferito come nel caso dell’ uretra oppure abbiamo patologie del pene come:
 Parafimosi, in cui il prepuzio non risale a ricoprire il glande quindi non va più oltre il solco balano
prepuziale;
 Priapismo, erezione non associata a eccitamento sessuale ma a problemi vascolari. L’ erezione
prolungata provoca dolore;
 Malattia di La Peyronie, in cui si formano delle placche fibrotiche sulla cute del pene per cui nell’
erezione provocano dolore non essendo elastiche.
Dolore in sede testicolare
Il dolore vero e proprio può essere dato da infiammazione acuta di didimo o epididimo, oppure da torsione
testicolare o dell’ appendice testicolare. Il dolore causato da idrocele o varicocele è piuttosto un fastidio.

EMATURIA
Definizione
Presenza di almeno 5 emazie per campo microscopico ad alto ingrandimento nell’ analisi del sedimento
urinario. Distinguiamo poi micro e macroematuria in base alla visibilità o meno, ad occhio nudo, del
cambiamento di colore delle urine.

Cause
Le cause possono essere:
 Nefrologiche quali patologie glomerulari, patologie cistiche del rene, infarto renale o necrosi
papillare o tubulare, neoplasie;
 Urologiche quali litiasi, infezioni,neoplasie maligne (uroteliali o prostatiche),presenza di corpi
estranei, rottura di varici vescicali, diverticoli vescivali, papilloma vescicale;
 Ematologiche; le più frequenti sono linfomi, mielomi e anemia falciforme;
 Ematuria factitia, non è in realtà ematuria poiché si tratta del sanguinamento vaginale che viene
scambiato per uretrale;
 Pseudoematuria, in questo caso le urine assumono colori simili a quando si verifica una vera
ematuria ma a colorarle non sono le emazie piuttosto l’ emoglobina libera o altre sostanze:
o Emoglobina nel caso di emolisi intravascolare;
o Mioglobina nel caso di rabdomiolisi più o meno importante;
o Bilirubina nel caso di ittero soprattutto se da bilirubina non coniugata;
o Farmaci e sostanze alimentari.
 Idiopatica (10-20% dei casi).

Cause urologiche nello specifico (solo lettura)


 Rottura di varici vescicali; le varici vescicali si formano a causa dell’ iperplasia prostatica benigna;
 Diverticoli; i diverticoli sono praticamente privi di strato muscolare per cui tendono ritenere urina
all’ interno del loro lume, questa ritenzione porta a irritazione fino a sanguinamento;
 Carcinoma della prostata, si verifica ematuria solo se il tumore ha invaso la vescica;
 Carcinoma del rene;
 Urotelioma (più spesso della vescica);
 Litiasi, può causare sanguinamento perché i calcoli non hanno una forma perfettamente sferica e
liscia per cui costituiscono un insulto meccanico cronico a cui consegue infiammazione cronica da
cui il sanguinamento.
INQUADRAMENTO DIAGNOSTICO DEL PZ CON EMATURIA
Anamnesi
 Indagare, se presente, il tipo e la sede del dolore.
 Indagare fattori di rischio per diverse patologie urologiche/renali (tabagismo, tipo di professione,
malattie sistemiche, farmaci assunti..)

Esame obiettivo
 Manovra di Giordano;
 Palpazione punti ureterali superiore (a tre dita dall’ombelico sull’ombelicale trasversa), medio
(appena esternamente al punto di MacBurney) e inferiore (esplorazione rettale/vaginale).
 Palpazione rene (se presente una grossa massa tumorale può diventare facilmente palpabile).

Esami di laboratorio
 Esami ematochimici: indici infiammatori e creatininemia;
 Esame delle urine: è quello che ci permette di distinguere la sede della perdita di eritrociti. Se
questi sono dismorfici il sanguinamento è renale, se sono isomorfici sta avvenendo dalle vie
urinarie. Inoltre con l’esame del sedimento e fisico chimico può insorgere il sospetto di infezione se
ritroviamo rispettivamente leucocituria (presenza di più di 10 leucociti per campo microscopico ad
alto ingrandimento) e nitrati e/o innalzamento del pH.
 Urinocoltura (se l’esame delle urine è suggestivo di infezione).
 Citologia, per escludere o confermare l’ipotesi neoplastica.

Esami strumentali
 Se la citologia è positiva si dovrà eseguire ecografia sovrapubica (1), cistoscopia (2) e UroTC (3). (cfr.
carcinoma della vescica per spiegazione);
 Se i dati clinici e di laboratorio sono suggestivi di calcolosi si eseguirà Rx diretta addome + ecografia
apparato urinario (1) che insieme hanno accuratezza diagnostica per calcolosi del 90%. Se non si
giunge a diagnosi fare TC spirale (TC senza mdc);
 Se la citologia è negativa e non c’è nemmeno sospetto di calcolosi si procede comunque con
ecografia sovrapubica per indagare cause come diverticoli vescicali, papillomi o presenza di corpi
estranei.
CARCINOMA DELLA VESCICA
Definizione
Il carcinoma della vescica più frequente è il carcinoma uroteliale, il quale origina appunto dalle cellule
dell’urotelio. Meno frequente nelle nostre zone è il carcinoma squamoso, gravato da prognosi peggiore, e
che è più frequente in Egitto in quanto strettamente associato all’infezione da Schistosoma Haematobium,
diffuso in questo paese.

Fattori di rischio
 Sesso maschile;
 Età tra 60 e 70 anni;
 Fumo di sigaretta, aumenta il rischio in maniera direttamente proporzionale al numero di sigarette.
 Esposizione a sostanze cancerogene volatili in ambito professionale (es. lavoratori in industrie di
vernici che sono esposti all’anilina).

Lesioni non neoplastiche che possono precedere l’urotelioma (considerate fattori di rischio anch’esse)
 Metaplasia squamosa, dovuta a ripetute cistiti.
Oltre a predisporre a carcinoma della vescica è causa di cistiti ricorrenti poiché l’ epitelio non è
distendibile come quello transazionale e quindi c’è una flogosi continua dovuta alla naturale
distensione della vescica per raccogliere le urine;
 Metaplasia ghiandolare, in cui l’ epitelio vescicale tende a rassomigliare a quello intestinale. Si
verifica spesso nei neonati con estrofia vescicale;
 Cistite cistica e ghiandolare. È caratterizzata dalla presenza dei nidi di Brunn, che sono delle lesioni
benigne iperplastiche indotte da flogosi cronica o riscontrabili in pazienti anche senza storia di
flogosi. Questi nidi di Brunn crescono all’interno della mucosa (cioè al contrario delle lesioni
esofitiche) e sono di due tipi: lesioni cistiche ricoperte da epitelio piatto oppure nidi di cellule
ghiandolari secernenti mucina.
 Iperplasia uroteliale.

Manifestazioni cliniche
L’ 80% dei carcinomi della vescica esordisce con ematuria non dolorosa. Il restante 20% invece esordisce
come fosse una cistite quindi dolori sovra pubici, pollachiuria e urgenza minzionali.

Diagnosi
Quando il paziente presenta ematuria si deve escludere sempre la causa neoplastica per cui la prima
indagine a tale scopo è la citologia. Se la citologia è negativa non si procede oltre. Se la citologia è positiva si
deve ricercare la neoplasia. La prima indagine è l’ecografia sovrapubica, con la quale tuttavia non si riesce a
indagare bene né la parete anteriore, perché viene attraversata dal fascio di ultrasuoni completamente, né
il restante apparato urinario, né lesioni piatte (carcinoma in situ).
L’indagine successiva è la cistoscopia, con la quale possiamo indagare invece la vescica e l’uretra e inoltre
se si utilizza l’acido 5 aminolevulinico si possono evidenziare anche lesioni macroscopicamente non visibili.
L’indagine successiva è l’UroTC, con la quale posso indagare tutto l’apparato urinario, stabilire se il tumore
ha invaso organi vicini e stabilire anche l’interessamento linfonodale.
Terapia
La terapia è fondamentalmente di due tipi e dipende dal fattore T. Da una parte abbiamo la terapia per i
Ta,T1 e Tis primitivo e dall’ altra la terapia per T2, T3 e Tis o T1G3 recidivante, carcinoma squamocellulare e
sarcoma della vescica.
Nel primo caso si eseguirà la TURB (Trans Uretral Resection of Bladder) che consiste nella selettiva
resezione della lesione in endoscopia e prelievo bioptico dall’ uretra.
A seguire il tessuto prelevato viene inviato al laboratorio di anatomia patologica che provvederà a stabilire
il grado della neoplasia.
In base al fattore T e al grado si stabilisce una certa terapia. A prescindere dopo la TURB si esegue
immediatamente un’instillazione di chemioterapico laddove è stata prelevata la lesione.
Dopodiché non si fa nessuna terapia adiuvante se il tumore è stato giudicato TaG1 e non era recidivante. Al
contrario si farà chemioterapia e/o immunoterapia. La chemioterapia prevede l’ utilizzo del cisplatino
eventualmente associato ad altri farmaci. L’immunoterapia prevede l’ utilizzo del bacillo di Calmette Guerin
cioè bacillo di Koch attenuato o anche farmaci più moderni come inibitori di PD1 o di PD-L1. Come si può
pensare l’utilizzo del bacillo può comportare delle complicazioni di tipo infettivo infatti c’è la possibilità che
si sviluppi una forma di tubercolosi, se pur attenuata. A quel punto dovremo trattare il paziente con terapia
antiTBC.
A seguito di TURB ci sarà un follow up che consiste nell’ esecuzione periodica di cistoscopie con acido 5
aminolevulinico, con frequenza direttamente proporzionale al grado del tumore.
L’ acido 5 aminolevulinico costituisce il substrato iniziale nella via della sintesi dell’ eme e siccome le cellule
neoplastiche utilizzano molto questa via ma hanno una ridotta attività della ferro chelatasi si accumula
protoporfirina IX all’ interno delle cellule tumorali, che viene resa fluorescente se illuminata con luce blu
(lunghezza d’onda 400 nm).
Per quanto riguarda l’ altro tipo di terapia, per i tumori più aggressivi, si eseguirà cistectomia. Nell’ uomo
saranno prelevati anche prostata e vescichette seminali mentre nella donna utero e annessi.
Prima di eseguire la cistectomia è molto utile terapia neoadiuvante mentre non è lo stesso per l’ adiuvante,
in cui gli effetti collaterali non sono bilanciati dagli effetti benefici.
Controindicazione assoluta alla cistectomia è l’ insufficienza renale.
Alla cistectomia dovrà ovviamente seguire un intervento finalizzato a sostituire la funzione della vescica e a
tal proposito esistono tre soluzioni:
 Derivazioni esterne non continenti:
o Ureterocutaneostomia, in cui gli ureteri vengono connessi direttamente alla cute dell’
addome;
o Ureteroileocutaneostomia, in cui viene utilizzata una porzione di ileo che funge da vescica
facendo da tramite tra ureteri ed esterno. Il più comune è il condotto ileale secondo
Bricker.
 Derivazioni esterne continenti; gli ureteri vengono connessi ad una tasca continente costruita
sempre utilizzando una porzione di ileo che a sua volta riverserà all’ esterno attraverso la cute dell’
addome;
 Neovesciche ortotopiche; in questo caso la vescica viene sempre ricostruita usando l’ ileo ma si
mantiene l’ utilizzo dell’ uretra per cui la neovescica andrà esattamente al posto di quella prelevata
senza alterare le altre strutture anatomiche. I tipi più comuni sono la neovescica secondo Studer e
la VIP (vescica ileale padovana). Come dal nome si comprende che quest’ ultima è un’ invenzione
italiana e consiste nell’utilizzo di 40 cm di ileo prelevati a distanza di circa 20 cm dalla valvola
ileociecale lasciando intatto il mesentere corrispondente (per mantenere la vascolarizzazione) ed
eseguendo, come anche in tutti gli altri interventi simili, la detubularizzazione intestinale del
condotto utilizzato. Questa metodica consiste nel rendere il più sferico possibile il condotto.

Grading e fattore T (il grading non è da sapere con precisione)


La gradazione è un’ inquadramento del tumore in base al suo grado di differenziamento. Per stabilirlo
vengono presi in considerazione: numero degli strati di cellule, presenza o meno di cellule superficiali
(nettamente diverse da quelle basali), grandezza e colorazione nucleari.
Numero strati Cellule superficiali Grandezza nucleo Ipercromasia
Papilloma <7 Sì Normale No
G1 7-10 Sì Modico aumento No
G2 Aumento Variabili Aumento Moderata
G3 Elevatissimo Assenti Aumento marcato > 50% dei nuclei

Per quanto riguarda la classificazione TNM viene preso in considerazione il parametro T, oltre al grado, per
stabilire un trattamento:
 Ta: non infiltrante la sottomucosa;
 T1: infiltrante la sottomucosa;
 T2a: infiltrante la metà interna della muscolare propria;
 T2b: infiltrante oltre la metà interna della muscolare propria;
 T3a: infiltrazione microscopica del grasso periviscerale;
 T3b: infiltrazione macroscopica del grasso periviscerale;
 T4a: infiltrazione organi viciniori;
 T4b: infiltrazione parete pelvica o addominale.
 Tis= il carcinoma in situ della vescica non è da interpretare assolutamente come quello degli altri
epiteli. Infatti il carcinoma in situ della vescica è sempre una lesione di alto grado, altamente
invasiva e di solito multifocale. Al contrario delle altre è una neoplasia non esofitica che anzi porta a
denudazione della mucosa.
CALCOLOSI URINARIA
Definizione
Precipitazione nelle cavità escretrici di componenti poco solubili dell’ urina con formazione di aggregati
cristallini.

Eziologia
I fattori di rischio sono differenti:
 Familiarità per calcolosi. Esistono casi in cui la calcolosi ricorrente è dovuta a precise e determinate
mutazioni genetiche come nella cistinuria;
 Qualsiasi condizione che provochi stasi urinaria;
 Dieta. In molti casi il tipo di dieta influenza la tendenza alla calcolosi. Per esempio nei casi di
ipercalciuria idiopatica, in cui si formano spesso calcoli contenenti calcio, una correzione della dieta
può determinare (nelle forme dieta dipendenti) una diminuzione della probabilità che si formino
calcoli;
 Diabete mellito. Costituisce un fattore di rischio importante per la formazione di diversi tipi di
calcoli quali quelli contenti calcio ma soprattutto quelli di acido urico, che sono i più frequenti nei
pazienti diabetici.

Tipi di calcoli
Esistono diversi tipi di calcoli in base alla composizione chimica:
 I più frequenti sono quelli di ossalato di calcio, spesso in associazione con fosfato di calcio;
 I secondi in frequenza sono quelli di acido urico, mentre sono i primi nei diabetici;
 Quelli di struvite sono i terzi;
 I più rari in assoluto sono quelli di cistina, in quanto si verificano solo nei pazienti affetti da
cistinuria.

Patogenesi
Solitamente i calcoli si formano attraverso due fasi: enucleazione e successivo accrescimento tramite
aggregazione di altri cristalli (facilitata dall’iniziale nucleo cristallino).
La prima fase della formazione di un calcolo è la formazione di un nucleo iniziale il quale favorisce
l’ulteriore precipitazione di Sali. L’esempio più importante è rappresentato dalle placche di Randall cioè
depositi interstiziali (nell’interstizio renale) di fosfato di calcio il cui motivo della formazione non è ben
chiaro (si ipotizza trans differenziamento delle cellule del tubulo in cellule della linea osteoblastica). Queste
placche di Randall favoriscono la precipitazione di ossalato di calcio. Questo processo rappresenta la
modalità principale di formazione dei cristalli di ossalato di calcio.

Ad ogni modo la predisposizione alla calcolosi si può avere per due motivi: aumento della concentrazione di
uno o di entrambi dei due ioni liberi costituente il sale oppure per la compromissione dei meccanismi che
nelle urine inibiscono la formazione di calcoli. Tra questi il più importante è la presenza dei citrati. Questi
sono in grado di chelare il calcio per cui ne diminuiscono effettivamente la concentrazione diminuendo la
possibilità che si formino calcoli costituiti da calcio. Quindi una diminuzione della citraturia è foriera di
aumentata possibilità di formazione di calcoli contenenti calcio. Altro meccanismo è il pH, nel senso che
diminuzione di pH (solitamente si ha nei diabetici perché l’insulino dipendenza provoca una diminuzione
dell’ammoniogenesi nelle cellule tubulari) favorisce la precipitazione di acido urico mentre aumento di pH
(si ha nelle IVU da batteri produttori di ureasi) favorisce la formazione di calcoli di struvite.
Diagnosi
Anamnesi: Dobbiamo farci descrivere tipo e sede di dolore dal paziente. Il dolore dato dalla presenza di un
calcolo a livello del giunto pielo ureterale (spesso si incastrano a questo livello i calcoli) causerà la tipica
“colica renale” cioè un dolore violento, continuo, con possibili remissioni e riaccentuazioni dovuti ad
ostruzione intermittente, localizzato a livello della zona lombare e che spesso si irradia al fianco.
Il dolore dato dalla presenza di un calcolo in uretere è della stessa qualità mentre la zona varia a seconda
della sede dove è incastonato il calcolo per cui può andare dal fianco fino in avanti e in basso interessando
l’addome nonché l’inguine, scroto o grandi labbra.
Esame obiettivo: Per quanto riguarda l’ esame obiettivo si eseguirà la manovra del Giordano e si palperanno
i punti ureterali per conoscere la sede del calcolo.
Esami ematochimici: valutare la creatininemia per valutare se la funzione renale è alterata (il calcolo può
provocare idronefrosi).
Esame delle urine: Può evidenziare la presenza di micro/macroematuria e anche leucocituria se c’è sovra
infezione oppure calcolosi infetta (calcoli di struvite).
La parte più importante della diagnosi è senz’ altro quella degli esami strumentali:
 L’ indagine di primo livello da eseguire sempre è l’ ecografia dell’apparato urinario. Questa ha una
sensibilità del 60% e una specificità del 100% cioè spesso non ci da risultato ma se lo da è un
risultato certo. Per cui nel 60% dei casi non si va oltre questo esame.
La sensibilità è così bassa per diversi motivi: è una metodica operatore dipendente e paziente
dipendente (l’obesità può ostacolare la visione), l’uretere lombare non è ben visibile e nemmeno il
tratto intramurale dell’ uretere (un calcolo in questa sede viene individuato solo se c’è dilatazione
dell’ uretere a monte);
Una nota positiva è che l’ ecografia permette anche di diagnosticare idronefrosi (condizione in cui
c’è un ostacolo al deflusso dell’ urina e questa causa una dilatazione delle strutture a monte). Il
segno più specifico di idronefrosi è la dilatazione pielo caliceale.
Per la diagnosi può aiutare la metodica color doppler per valutare il jet ureterale in vescica (se
assente depone per ostruzione ureterale).
 Se non si è ottenuta una diagnosi si procede con Rx diretta addome (senza mdc). Questa ha una
sensibilità del 60% e specificità del 75% circa. La sensibilità non è del 100% perché ci possono
essere dei falsi negativi a causa di calcoli radiotrasparenti (ac.urico) o troppo piccoli (<4 mm) o per
sovrapposizione di strutture ossee o per la presenza di aria nell’ intestino (frequente se il paziente
non ha fatto una preparazione). La specificità non è del 100% perché possiamo avere dei falsi
positivi per la presenza di calcificazioni vascolari, linfonodi calcifici o fleboliti (formazioni cristalli
formi nei vasi venosi, di normale riscontro negli adulti);

Ad ogni modo Ecografia + Rx addome diretta nel complesso hanno un’ accuratezza diagnostica del 90%.

 Se non si è giunti a una diagnosi o ci sono ulteriori dubbi si procede con la TC spirale (la TC spirale
ha lo stesso funzionamento di una TC normale ma è più rapida ed emette molte meno radiazioni,
infatti non si utilizza nemmeno il mdc). Questa metodica è molto accurata e permette di stabilire
molto bene sede, dimensioni e forma del calcolo nonché la presenza di idronefrosi;
 Altro esame è l’ UroTC (con mdc), che sostituisce l’ urografia (con mdc) che anni fa era invece
preferita. Questa metodica non si usa spesso perché alla diagnosi si giunge prima. Tuttavia se si
tratta di una calcolosi importante o recidiva tale metodica diventa utile per valutare malformazioni
delle vie urinarie o renali che potrebbero favorire la formazione di calcoli. Inoltre con l’ UroTC,
grazie al mdc, valutiamo anche la componente vascolare e la funzionalità renale. Cioè se vediamo
che il mdc rimane nel rene per molto tempo c’è qualche problema. L’accuratezza di questa
metodica è del 100%.

Terapia
La terapia varia a seconda delle dimensioni del calcolo e dalla loro persistenza. Si inizia infatti, per i calcoli
minori di 1 cm di diametro, con una terapia medica.
Per calcoli minori di 0,6 cm è molto probabile che si verifichi un’ estrusione spontanea o comunque con
terapia conservativa mentre sopra questo valore cala a picco la possibilità di estrusione con la sola terapia
medica. Questa prevede la prescrizione di FANS per la diminuzione del dolore (o derivati morfinici se il
dolore è intenso) e dell’ edema, e alfa1 bloccanti selettivi per apparato urinario (inibiscono la contrazione
della muscolatura liscia), da prescrivere solo se il calcolo si trova nel terzo inferiore dell’uretere, altrimenti
inibendo la peristalsi si impedisce la progressione.
Nel caso in cui il calcolo sia costituito da acido urico si può optare anche per il suo scioglimento tramite
alcalinizzazione delle urine con alcali. Inoltre per contrastare l’uricemia si utilizza allopurinolo.
Se presente infezione vanno naturalmente somministrati antibiotici specifici.
Per quanto riguarda invece la terapia chirurgica abbiamo diverse opzioni.
 Litotripsia extracorporea, o ESWL (Extracorporeal Shock Wave Lithotripsy);
Questa metodica consiste nel bombardamento del calcolo con onde d’urto sotto guida ecografica o
fluoroscopica. Il macchinario che emette le onde d’urto va ben settato poiché un puntamento sbagliato
potrebbe causare danni al parenchima renale o altre strutture.
La complicanza più importante è l’ematoma renale che può essere tale da ricorrere alla chirurgia. L’
ematuria invece non è una complicanza bensì una conseguenza naturale di questo processo.
Si utilizza questa tecnica quando il calcolo ha dimensioni minori di 2 cm e non si è riusciti a eliminarlo con
terapia medica. Se il calcolo ha dimensioni superiori c’è il grosso rischio che i frammenti derivati dalla
rottura del calcolo si impilino l’ uno sull’ altro lungo l’uretere causando a loro volta ostruzione difficilmente
trattabile. Per questo motivo si deve posizionare uno stent ureterale e poi procedere con la ESWL oppure
procedere direttamente con le metodiche invasive (perché tanto per mettere lo stent la metodica diventa
comunque invasiva) che sono la nefrolitotripsia percutanea (PCNL) e la litotripsia endoscopica
ureteroscopica.
Queste tecniche vengono utilizzate per calcoli maggiori di 2 cm oppure quando un calcolo pur essendo più
piccolo si trova nel calice inferiore e quindi distruggendolo con metodiche extracorporee questo non
verrebbe comunque espulso.
La PCNL consiste nel trattare endoscopicamente il calcolo ma con l’accesso attraverso la cute.
In primo luogo si inserisce per via ascendente tramite catetere un palloncino che non permetta la
migrazione dei frammenti di calcolo che si formeranno. Dopodiché si inserisce un ago dalla cute della
schiena del paziente fino ai calici renali, sotto guida ecografica e fluoroscopica. Attraverso l’ ago si inserisce
un filo guida e attraverso quest’ ultimo grazie ai dilatatori di Alken si aumenta il calibro del tramite
percutaneo fino al raggiungimento di un diametro tale da consentire l’ inserimento dello strumento
operatorio, il nefroscopio. Una volta inserito e individuato il calcolo si procede alla sua eliminazione tramite
onde d’urto, laser (più comune) o onde elettroidrauliche e all’ asportazione dei residui.
Si utilizza questa tecnica quando il calcolo è maggiore di 2 cm di diametro come già detto oppure maggiori
di 1,5 cm nella calcolosi caliceale. Altra indicazione può essere la presenza di calcolo in un diverticolo
caliceale, che tuttavia è spesso asintomatico poiché il diverticolo è escluso dal resto delle vie urinarie.
Per quanto riguarda invece la litotripsia endoscopica ureteroscopica si inserisce attraverso l’ uretra uno
strumento detto ureterorenoscopio. Si incannula l’ uretere da trattare dopo avervi inserito un filo guida e si
risale fino al calcolo. Quest’ultimo viene frantumato con laser e i frammenti ottenuti, per quanto possibile,
vengono estratti. Nella maggior parte dei casi si richiede l’inserimento di uno stent ureterale.

FATTORI PREDISPONENTI ALLO SVILUPPO DI DETERMINATI TIPI DI CALCOLO


Calcolosi calcica
È favorita dall’ipercalciuria, dall’ipocitraturia e dall’iperossaluria.
L’ipercalciuria viene distinta in primitiva (idiopatica) o secondaria. Le primitive sono caratterizzate da
normali livelli di calcemia e si distinguono essenzialmente in dieta dipendenti e dieta indipendenti a
seconda della possibilità o meno di correggere il disturbo attraverso modificazioni della dieta (diminuzione
dell’introduzione di carne animale, poiché acidifica il pH, e diminuzione dell’introduzione di Na+. Entrambe
le condizioni predispongono alla calciuria).
Le forme secondarie sono dovute ad aumentata calcemia per cui è questo il motivo per cui c’è
ipercalciuria. La forma più frequente di ipercalciuria secondaria è l’iperparatiroidismo primitivo (ma
comunque tutte le cause di ipercalcemia sono possibili).
L’ipocitraturia può essere dovuta ad acidosi metabolica oppure è spesso idiopatica.
L’iperossaluria può essere primitiva o secondaria. Le forme primitive sono più gravi e dovute a deficit di
enzimi che catalizzano reazioni in cui c’è consumo di ossalato. La forma più comune è il deficit di alanina-
gliossilato-aminotransferasi che è un enzima epatico.
L’iperossaluria secondaria è anche detta enterica poiché è dovuta ad aumentato assorbimento intestinale
di ossalati. A sua volta questo può essere dovuto a malattie infiammatorie come il morbo di Chron oppure a
scarsa introduzione di calcio (il calcio nell’intestino lega l’ossalato in modo che nessuno dei due ioni viene
assorbito).

Calcolosi di acido urico


La precipitazione di acido urico è favorita dal pH acido, per cui è molto frequente nei diabetici.

Calcolosi di cistina
La calcolosi di cistina si verifica solo in pazienti affetti da cistinuria, una patologia autosomica recessiva
dovuta a mutazioni di geni codificanti per proteine che costituiscono canali adibiti al trasporto di aminoacidi
dibasici quali arginina, lisina e cistina, ma le conseguenze rilevanti a livello clinico sono solo quelle relative
al deficit di riassorbimento della cistina.

Calcolosi di struvite o calcolosi infetta


La precipitazione di fosfato di calcio, di magnesio e di ammonio (da cui il nome di triplo fosfato per indicare
i calcoli di struvite) è favorita dal pH alcalino. Un pH delle urine particolarmente alcalino si riscontra nelle
IVU da parte di batteri produttori di ureasi (questo enzima scinde l’urea in due molecole di ammoniaca e
una di CO2). I principali agenti eziologici sono: Proteus Vulgaris, Klebsiella Pneumoniae, Morganella
Morganii e Providencia Rettgeri.
Da tenere in considerazione che molto spesso l’esame colturale in corso di infezioni da parte di questi
batteri può risultare negativo. Questo perché tali batteri sono in grado di produrre un biofilm di
polisaccaridi aderendo saldamente alla parete delle vie urinarie.
CARCINOMA PROSTATICO
Classificazione tumori prostata
Come nei tumori di tutti gli altri organi abbiamo tumori primitivi e secondari.
Tra i tumori primitivi distinguiamo gli epiteliali e gli stromali. Tra i tumori primitivi epiteliali il più frequente
è senz’ altro l’ adenocarcinoma il quale è più probabile che nasca dalla zona periferica della prostata in
quanto più ricca di ghiandole mentre la zona centrale, ricca di dotti ghiandolari, è maggiormente colpita da
iperplasia prostatica benigna o, per quanto riguarda i tumori maligni, dal carcinoma transizionale.
Quest’ ultimo non è confondere con il tumore secondario transizionale che ha invece origine dall’ urotelio
della vescica.

Diagnosi e stadiazione
Gli strumenti per fare diagnosi e stadiazione di carcinoma prostatico sono:
 Dosaggio PSA e derivati;
 Esplorazione rettale;
 Tecniche di imaging (ecografia trans rettale e RM multiparametrica);
 Biopsia prostatica.

PSA
Il PSA non è da considerarsi un marker tumore specifico perché in realtà questo si innalza molto nelle
infiammazioni della prostata per cui è sinonimo di malattia prostatica in generale piuttosto che di tumore.
Ad oggi questo analita e i suoi derivati vengono utilizzati essenzialmente per tre motivi:
 Stabilire indicazione o meno alla biopsia;
 Stabilire la classe di rischio (insieme alla valutazione di altri parametri) in base alla quale sarà
adottata la scelta terapeutica, una volta che è stata fatta la diagnosi di carcinoma prostatico dal
patologo che ha analizzato la biopsia;
 Follow-up dopo prostatectomia radicale per controllare l’ insorgenza di recidive.
Per quanto riguarda l’ indicazione alla biopsia questa prende in considerazione PSA e derivati cioè PSA
velocity, rapporto tra PSA libero e PSA totale, PSA density. La PSA velocity viene stabilita attraverso
misurazioni successive a distanza di tempo (di solito 1 anno) l’ una dall altra. Il razionale di questo analita è
il fatto che il tumore più cresce più aumenterà la produzione di PSA. Questo aumento se dovuto a un
tumore non sarà rapidissimo per cui se il PSA aumenta moltissimo (ad es. da 2 a 12) in pochi mesi allora ci
sarà quasi sicuramente una flogosi piuttosto che tumore e quindi ci saranno anche sintomi come bruciore
minzionale. Per cui il PSA totale è logico dosarlo una volta l’ anno.
Il rapporto tra PSA libero e PSA totale è molto utile perché in caso di carcinoma prostatico questo rapporto
è molto basso mentre nel caso di iperplasia prostatica benigna o in condizioni normali è più alto.
La PSA density è il rapporto tra PSA totale e il volume della ghiandola misurato eco graficamente. Questo
derivato del PSA è molto utile poiché il tessuto tumorale produce molto più PSA del tessuto normale a
parità di volume.
Come utilizzare questi analiti per dare indicazione alla biopsia in caso di esplorazione rettale negativa (se
quest’ultima è positiva c’è già indicazione alla biopsia)?
Se il PSA totale è superiore a 10 ng/ml c’è indicazione per la biopsia. Se il PSA totale è tra 4 e 10 si va a
vedere il rapporto PSA libero/PSA totale. Se questo rapporto è inferiore a 0,07 c’è indicazione alla biopsia
mentre se è superiore ma inferiore a 0,25 ripeterò tra pochi mesi (3 mesi) il dosaggio di PSA totale e libero.
Se invece il PSA totale è inferiore a 4 il rapporto suddetto perde di accuratezza diagnostica poiché a queste
concentrazioni di PSA totale il PSA libero non viene dosato con precisione. Allora si prende in
considerazione la PSA density. Il cutoff del PSA density è di 19 ng/ml/ml ( o anche ng/ml 2 ).

PCA3
Questo analita come il PSA è organo specifico e viene preso in considerazione quando dopo una biopsia
negativa abbiamo PSA alto. Se anche questo analita è alto c’è indicazione a ripetere la biopsia.

Screening
Il dosaggio del PSA totale non può essere adottato come metodica di screening poiché, pur essendo il costo
non elevato, è dotata di una specificità eccessivamente bassa. Questo perché il PSA è alto anche
nell’iperplasia prostatica benigna e nelle infiammazioni della prostata.
Quindi piuttosto che ad una metodica di screening si è pensato alla early detection: ad ogni paziente in età
avanzata (sopra i 50 anni) che si sottopone ad una visita urologica ambulatoriale per qualsivoglia motivo va
eseguita un’ esplorazione rettale cosicché non vi è di fatto un costo aggiuntivo per il sistema sanitario
nazionale. Per lo stesso motivo sarebbe ottimo, ma non succede, che anche il medico di medicina generale
faccia la stessa cosa.

Ecografia transrettale
Le utilità sono:
 Stabilire il volume della ghiandola per calcolo del PSA Density;
 Stabilire l’ estensione locale del tumore (fattore T);
 Valutazione della presenza di aree ipoecogene, molto probabilmente identificabili in un tumore;
 Guidare la biopsia.

Risonanza magnetica multiparametrica


Consiste in una risonanza magnetica con mezzo di contrasto e in più va posizionata una bobina endorettale.
Viene detta multiparametrica perché valuta oltre alla morfologia della lesione anche metabolismo e
vascolarizzazione. Infatti le cellule tumorali hanno un metabolismo diverso e molto più esigente in fatto di
substrati e la vascolarizzazione è caratterizzata da un’ aumentata permeabilità, ancora di più rispetto a una
zona infiammata, dovuta alla particolare neoangiogenesi tumorale, in cui i vasi crescono così rapidamente
che non si verifica la loro stabilizzazione.
Secondo le linee guida è consigliato eseguire l’RMmp prima della prima biopsia in modo da individuare al
meglio la lesione e poi effettuare la biopsia sotto guida ecografica, passando così da una biosia random (in
passato molto praticata) a una biopsia targeted.
Nel caso in cui invece un paziente abbia già eseguito una biopsia risultata negativa è fortemente consigliato
eseguire una RMmp prima della successiva in modo da confermarne o escluderne la necessità, anche in
base ad altri parametri (età, PSA e derivati).
Inoltre l’RM è utile per stabilire l’ estensione locale del tumore (fattore T).

Agobiopsia prostatica
L’ agobiopsia è guidata dalla ecografia trans rettale. L’approccio è trans rettale o trans perineale.
A prescindere da ciò il numero di prelievi deve essere tra 8 e 12 oltre a eventuali prelievi mirati ad aree
individuate dall’RM o dall’ ecografia. Se la prostata è piuttosto voluminosa può aumentare il numero di
prelievi. Grazie alla biopsia prostatica l’anatomo patologo attribuirà un grado alla neoplasia, secondo il
Gleason Score. I criteri presi in considerazione sono le atipie ghiandolari e l’infiltrazione stromale. In base
alla valutazione di questi criteri si assegna un punteggio da 1 a 5 a ogni pattern che si riscontri differente nel
contesto di una biopsia (va assegnato uno score a ogni biopsia). Per il calcolo del Gleason score si somma il
punteggio assegnato al pattern più esteso (che costituisce il cosiddetto pattern primario) al punteggio
assegnato al pattern con le caratteristiche più maligne (che costituisce il pattern secondario e che sarà
quindi meno esteso del primario). Se non si riscontra un pattern secondario si raddoppia il punteggio
assegnato al pattern primario per stabilire il Gleason Score.

Categorie di rischio
Per categorie di rischio si intendono categorie in cui facciamo rientrare pazienti con prognosi più omogenea
possibile. Queste categorie sono 5:
 Rischio bassissimo: T1 (tumore non visibile con imaging), Gleason score < 6, PSA < 10 ng/ml;
 Rischio basso: uguale ma T2a (tumore visibile con imaging ma confinato alla prostata, che interessa
meno della metà di un lobo);
 Rischio intermedio: T2b (interessa più di metà di un lobo) oppure T2c (interessa entrambi i lobi)
oppure Gleason Score 7 oppure PSA tra 10 e 20 ng/ml;
 Rischio alto: T3a (superamento capsula prostatica) oppure Gleason Score 8 o 9 oppure PSA >20
ng/ml;
 Rischio altissimo: T3b (invasione di almeno una vescichetta seminale) oppure T4 (invasione altre
strutture della pelvi compresa la parete pelvica) oppure più di 4 biopsie con Gleason 8 oppure
Gleason 10.

Terapia
La terapia viene decisa in base alla categoria di rischio, all’ aspettativa di vita e alle comorbidità (che
possono costituire una controindicazione a una determinata terapia).
Nei pazienti a bassissimo e basso rischio con un aspettativa di vita minore di 10 anni si opta per la watchful
waiting. La watchful waiting consiste nel non trattare il paziente finché non ha sintomi e quando ce li avrà si
attueranno cure palliative, non curative, poiché non sarebbe in grado di sostenerne (troppe comorbidità o
troppo anziano per prostatectomia o controindicazioni alla radioterapia). Tali cure palliative sarebbero la
TURP (per rendere pervia l’uretra ostruita dal tumore), radioterapia per le metastasi ossee e terapia
ormonale (con anti androgeni). Per i pazienti con aspettativa di vita maggiore di 10 anni sarebbe più logica
l’active surveillance che invece consiste nel monitorare il paziente tramite esami (dosaggio PSA, ER, RM,
biopsia se necessario) ed intervenire quando il rischio aumenta ma in tal caso la terapia mira all’
eradicazione del tumore. Quindi parliamo di prostatectomia radicale (se il paziente non è molto anziano,
altrimenti sarebbe un costo eccessivo) oppure di radioterapia mirata al tumore primitivo.
In ogni caso nei pazienti in questa categoria non va eseguita linfadenectomia se si decide di effettuare
prostatectomia radicale senza che aumenti il rischio.
Nei pazienti a rischio intermedio è fortemente consigliata la prostatectomia radicale in pazienti con
aspettativa di vita maggiore di 10 anni mentre sempre watchful waiting per gli altri. La linfadenectomia è
effettuata solo in alcuni di questi pazienti in base al rischio di coinvolgimento dei linfonodi.
Nei pazienti a rischio alto e altissimo si eseguirà prostatectomia radicale solo in coloro con aspettativa di
vita maggiore di 10 anni, in cui si prospetta aderenza alla terapia post operatoria che può essere
radioterapia e/o terapia ormonale. La linfadenectomia va eseguita.
Prostatectomia radicale
Si può eseguire open o con tecniche mininvasive (in laparoscopia con o senza robot).
Per quanto riguarda la open una metodica è la trans perineale, in cui si incide appunto a livello del perineo
e dopo 3-4 cm si arriva alla prostata. Altra metodica open è la retro pubica in cui si incide al di sotto
dell’ombelico.
Ad oggi si preferiscono la laparoscopica e la robotica. Con queste metodiche la visualizzazione delle
strutture è senz’ altro migliore per cui si è ridotta la mortalità e molte complicazioni.
Complicanze:
 Disfunzione erettile (circa 2% nella chirurgia mininvasiva);
 Incontinenza (40% dei casi);
 Lesioni rettali, dovute al fatto che ad un certo punto dell’ operazione è necessario passare nello
spazio compreso tra parete posteriore della prostata e parete anteriore del retto dove si trova la
fascia di Denonvillier;
 Morte (0,3% dei casi).
DISFUNZIONE ERETTILE
Definizione
Significativa e ricorrente inabilità nell’ottenere o nel mantenere l’ erezione fino alla fine del rapporto
sessuale.

Fisiologia e fisiopatologia
Sono tre i sistemi che principalmente concorrono all’instaurazione dell’erezione: nervoso, endocrino e
vascolare. Per quanto riguarda il sistema nervoso questo raccoglie stimoli visivi, olfattivi, tattili e
immaginativi che concorrono alla formazione di un impulso che arriva fino ai corpi cavernosi. Il sistema che
stimola l’erezione è il parasimpatico mentre il simpatico la inibisce. Il simpatico arriva ai corpi cavernosi a
partire dagli ultimi due neuromeri toracici e dai primi due lombari da cui si staccano fibre che vanno a far
parte del plesso mesenterico inferiore e dell’ ipogastrico superiore e da quest’ ultimo si staccano i nervi
ipogastrici che arrivano al plesso pudendo, stessa destinazione delle fibre parasimpatiche, da cui si stacca il
nervo cavernoso che contiene fibre sia simpatiche che parasimpatiche per le arterie dei corpi cavernosi ed è
quello che quindi regola l’erezione. Le fibre parasimpatiche derivano dal parasimpatico sacrale e da qui
quelle dirette ai corpi cavernosi vanno prima a far parte del plesso pudendo mentre ce ne sono altre che
senza passare per questo plesso si dirigono ai muscoli ischio cavernoso e bulbo cavernoso attraverso il
nervo pudendo. Questi muscoli servono per l’ eiaculazione e per mantenere l’erezione.
Le fibre simpatiche rilasciano noradrenalina e neuropeptide Y che stimolano la contrazione della
muscolatura liscia delle arterie che irrorano i corpi cavernosi (arterie elicine) per cui viene limitata l’afflusso
di sangue. Le fibre parasimpatiche rilasciano invece acetilcolina, che blocca il rilascio dei neurotrasmettitori
dalle fibre simpatiche, ossido nitrico e CGRP (peptide correlato al gene della calcitonina) che stimola la
secrezione di ossido nitrico e prostaglandine da parte delle cellule endoteliali. Questi mediatori concorrono
al rilassamento della muscolatura delle arterie elicine al quale consegue maggior afflusso di sangue ai corpi
cavernosi. Ciò determina una dilatazione dei corpi cavernosi che porta alla compressione sulla tunica
albuginea delle vene del pene limitando il deflusso del sangue. La stasi di sangue a livello dei corpi
cavernosi determina la turgidità.
Per quanto riguarda il sistema endocrino è invece importante un’ adeguata secrezione di testosterone,
come dimostrato dal fatto che abbiamo recettori per il testosterone anche a livello delle arterie dei corpi
cavernosi. Per quanto riguarda il sistema vascolare questo è di gran lunga il più importante dal punto di
vista della fisiopatologia perché il suo malfunzionamento è il motivo più frequente di disfunzione erettile.
L’ arteria destinata ai corpi cavernosi è detta arteria cavernosa (pari) e proviene dall’arteria pudenda
interna. I rami terminali dell’ arteria cavernosa sono le arterie elicine. Il sangue viene drenato da vene che si
trovano alla periferia dei corpi cavernosi di cui la principale è la vena dorsale del pene e proprio per la loro
posizione riescono ad essere compresse contro la tunica albuginea che ricopre i corpi cavernosi.
Quindi affinché si instauri l’erezione c’è bisogno dell’ integrità tanto della componente arteriosa che della
componente venosa ma per quanto riguarda quest’ ultima è importante in realtà la tunica albuginea che se
non è integra potrebbe non essere abbastanza rigida da far comprimere le vene.

Eziologia e classificazione
In base all’ eziologia distinguiamo disfunzioni erettili:
 Vascolari, le più frequenti, se il danno è a livello di arterie o vene (o tunica albuginea piuttosto che
vene in sé);
 Psicogene, se il problema non è di natura organica;
 Neurogene, se il danno risiede nel sistema nervoso;
 Endocrine, se il problema risiede nel deficit di testosterone;
 Da fattori locali, se la causa è un alterazione locale del tessuto erettile stesso, ma sono le più
infrequenti.
Per quanto riguarda i fattori di rischio:
 Diabete, il fattore causale più frequente di disfunzione erettile (non è semplicemente associato ma
è proprio fattore causale, al contrario delle cardiopatie come vedremo). Ciò è dovuto
essenzialmente alle alterazioni dei vasi arteriosi a cui il diabete porta che sono sia dislipidemia
(l’aterosclerosi può colpire anche l’arteria peniena) che infiammazione e insieme contribuiscono
alla diminuzione del flusso arterioso;
 Dislipidemia, c’è associazione per il fatto che la dislipidemia a sua volta è fattore di rischio per
aterosclerosi;
 Ipertensione, è associata con disfunzione erettile poiché costituisce un insulto cronico per le cellule
endoteliali causando arteriolosclerosi e allo stesso tempo è anche fattore di rischio per
aterosclerosi;
 Fumo, è associato con disfunzione erettile perché portando alla formazione di ROS questi ultimi
causano danno ossidando le componenti cellulari endoteliali e inoltre neutralizzano l’ossido nitrico,
che serve al rilassamento delle cellule muscolari lisce (ossido nitrico e ROS sono entrambi radicali
liberi per cui quando reagiscono tra loro si neutralizzano a vicenda);
 Cardiopatie. Sono associate con disfunzione erettile non perché ne costituiscono un fattore causale
ma perché riconoscono una patogenesi comune che è l’ aterosclerosi. Ciò è importante saperlo
perché un paziente che sviluppa disfunzione erettile molto probabilmente presenta ostruzione
arteriosa anche a livello coronarico per cui la disfunzione erettile può costituire in questo senso un
campanello d’ allarme per coronaropatia e questo è vero specie perché l’ arteria peniena ha un
calibro che è la metà delle arterie coronarie soggette ad aterosclerosi per cui tendenzialmente si ha
prima disfunzione erettile e poi coronaropatia ma ciò non è sempre vero per cui i cardiologi
dovrebbero sempre indagare la disfunzione erettile in pazienti con aterosclerosi;
 Obesità è legata ad una minore qualità dell’ erezione intesa come grado di rigidità, misurato
tramite metodica ecocolordoppler;
 L’esercizio fisico è protettivo nei confronti della disfunzione erettile per i benefici sulle cellule
endoteliali;
 Iperplasia prostatica benigna è associata a disfunzione erettile;
 Depressione è associata con disfunzione erettile allo stesso tempo sia come causa che come
conseguenza. Infatti la disfunzione erettile potrebbe dar luogo a depressione o inasprire una
depressione già presente mentre la depressione può essere la causa di disfunzione erettile che a
sua volta inasprirà la condizione di depressione;
 Prostatectomia radicale, è indubbiamente un fattore di rischio per disfunzione erettile poiché
quest’ ultima è una delle complicanze dell’ intervento. A sei mesi dall’ intervento il 70 % ha
disfunzione erettile a causa dello shock elettrico subito dai fasci vascolonervosi per cui si tratta nella
maggioranza dei casi si una condizione reversibile che può richiedere un trattamento farmacologico
temporaneo con inibitori della PDE5;
 Patologie del sistema nervoso come Parkinson, Alzheimer, sclerosi multipla, lesioni traumatiche,
neuropatia periferica diabetica, ernia del disco, sono tutte patologie che possono avere un ruolo
nella disfunzione erettile;
 Ipogonadismo è ovviamente associato a disfunzione erettile per deficit di testosterone.

Diagnosi
In un paziente che sostiene di non riuscire ad avere soddisfacenti erezioni bisogna prima di tutto stabilire se
la causa è organica o psicogena.
Spesso è sufficiente l’ anamnesi per distinguere queste due forme chiedendo:
 Il tipo di esordio, poiché se acuto è indice di una causa psicogena, se progressivo invece è indice di
una causa organica;
 Presenza o meno di buone erezioni notturne (se sono presenti ovviamente si penserà di più a una
causa psicogena);
 Presenza di buona risposta durante la masturbazione (idem alla precedente);
 Normale eiaculazione (idem alla precedente);
 Andamento (se è ingravescente si pensa a una causa organica se invece è episodico cioè capita
qualche volta si qualche volta no, con una partner sì e con un'altra no, allora si penserà a un
problema di natura psicogena).
A seguire è buona norma eseguire un esame obiettivo per indagare ipogonadismo attraverso la valutazione
della massa muscolare, della distribuzione di grasso e peli. Sempre con l’esame obiettivo è necessario
ispezionare il pene per valutare presenza di fimosi, frenulo corto o malattia di La Peyronie che possono
ostacolare l’ erezione.
Per quanto riguarda gli esami di laboratorio è molto importante dosare:
 Glicemia a digiuno ed emoglobina glicata (per valutare la presenza di diabete se non è già nota);
 Assetto lipidico (colesterolo totale, HDL e trigliceridi) per indagare dislipidemia;
 Testosterone totale, SHBG, LH e FSH per la valutazione dell’ asse ipotalamico ipofisario e della
funzionalità gonadica.
Dopodiché se non si è esclusa la causa organica si passa alle indagini strumentali.
La principale è senz’altro l’ecocolordoppler peniena. Questa metodica valuta l’afflusso e l’efflusso di sangue
verso e dai corpi cavernosi ed è la metodica più importante perché la causa del 90% delle disfunzioni erettili
è un problema vascolare. L’ esame si effettua sia in condizioni basali cioè a pene flaccido sia in condizioni
dinamiche cioè a pene eretto e per ottenere l’erezione si inietta nel pene l’ alprostadil cioè prostaglandina
E2. Per l’ iniezione si afferra il pene per il solco balano prepuziale e lo si tende e sposta verso la radice della
coscia del paziente per poi inserire l’ ago attraverso la cute laterale del pene dalla parte opposta, senza
penetrare fino alla linea mediana poiché il setto dei corpi cavernosi comunque è permeabile.
Anche la sola iniezione costituisce di per sé un test che valuta la risposta al farmaco (test di farmaco
erezione intracavernosa).
Per il resto abbiamo dei test di diagnostica neurologica per indagare alterazioni delle fibre nervose o anche
il Rigiscan, uno strumento che consta di due anelli che vanno applicati uno alla base del pene e uno al solco
balano prepuziale prima di addormentarsi. Durante la notte è noto che, nella fase REM, si verifica erezione,
e quindi grazie a questa metodica ci si può aiutare nella diagnosi differenziale tra cause organiche e
psicogene.

Terapia
La terapia deve mirare innanzitutto a risolvere o quantomeno ad attenuare la patologia sottostante, se
presente. Per esempio se il paziente è diabetico si deve pensare prima di tutto ad abbassare l’ emoglobina
glicata, se è iperteso a trattare l’ipertensione, se c’è iperlipidemia a trattarla ecc.. Questo perché si è visto,
ma è anche abbastanza prevedibile, che la terapia specifica per la disfunzione erettile ha molto più effetto
se viene attenuata la patologia di base.
Per quanto riguarda il trattamento farmacologico distinguiamo i farmaci prima di tutto in due gruppi:
iniziatori e condizionatori. La differenza è la dipendenza dal desiderio sessuale: i primi prescindono da esso
mentre per i secondi è necessario affinché si instauri l’erezione quindi è importante informare il paziente
circa questa caratteristica dei condizionatori.
I farmaci iniziatori, così come quelli condizionatori, sono divisi in centrali e periferici a seconda di dove
agiscono. Un iniziatore centrale è l’ apomorfina, che non è più in vendita per il fatto che provocava vomito
incoercibile. Un iniziatore periferico invece è proprio l’ alprostadil, che può essere somministrato sia
tramite iniezione intracavernosa sia attraverso l’ uretra inserendo una capsula dal meato uretrale esterno
(in tal caso si parla di muse alprostadil). Controindicazione all’ iniezione è che dopo molte iniezioni si può
avere dolore ed ematoma locale per cui si consiglia di effettuarle sempre in punti diversi.
Per quanto riguarda i condizionatori tra i centrali abbiamo il testosterone, utilizzato in caso di deficit di tale
ormone, mentre tra i periferici abbiamo i farmaci in assoluto più utilizzati per il trattamento della
disfunzione erettile cioè gli inibitori della PDE5. In questa classe rientrano: sildenafil (il primo elaborato,
nome commerciale Viagra), tadalafil (nome commerciale Cialis), vardenafil (nome commerciale Levitra o
Vivanza, avanafil (nome commerciale Spedra).
Il sildenafil (2-3 ore) e il vardenafil (4-5 ore) hanno l’ emivita più basso, l’avanafil di 6 ore e il tadalafil di 18
ore e inoltre quest’ ultimo può essere assunto anche lontano dai pasti mentre per gli altri era necessario un
pasto per un assorbimento ottimale. L’unico effetto collaterale in più del tadalafil è il back pain.
Controindicazioni sono un trattamento in corso con nitroderivati (calcio antagonisti e beta bloccanti) poiché
si rischierebbe uno shock cardiogeno e anche la presenza di retinite pigmentosa, poiché tutti hanno un po’
di specificità per la PDE6, che è specifica della retina.
Un metodo poco utilizzato in Italia rispetto agli USA è il Vacuum Device che sarebbe un dispositivo cilindrico
in cui va inserito il pene e che ha una chiusura stagna alla base. All’ interno di questo viene generato
appunto un vuoto che causa il richiamo di sangue all’ interno del pene. Gli svantaggi sono la sensazione di
pene freddo e che l’ erezione non dura più di 30 minuti.
L’ultima opzione è quella chirurgica che consiste nell’ applicazione di protesi peniene. La più diffusa è quella
tricomponente che consiste in un serbatoio posto in sede prevescicale e da due cilindri gonfiabili posti nei
corpi cavernosi (per l’ inserimento di questi ultimi è necessario erodere parte dei corpi cavernosi tramite i
dilatatori di Hegar e tale procedura è molto sanguinosa come ci si può aspettare). Per il gonfiaggio dei
cilindri bisogna quindi attivare l’ apparecchio tramite interruttore posto a livello scrotale.
È molto importante il counselling prima di intraprendere questa scelta terapeutica poiché molte persone
finiscono col non utilizzare la protesi. Dato che per il suo inserimento è stata provocata una lesione la
protesi va utilizzata per distendere i corpi cavernosi ed evitare la fibrosi retrattiva che porterebbe poi a un
peggioramento della situazione.
OSTRUZIONE CERVICOURETRALE
Definizione
Viene così definita qualsiasi condizione in cui c’è ostacolo al deflusso dell’urina dalla vescica attraverso
l’uretra.

Eziologia
La causa più frequente nel maschio adulto è l’ipertrofia prostatica benigna mentre nella femmina adulta il
prolasso dell’utero. In quest’ultimo caso l’ ostruzione si verifica perché c’è un cedimento del pavimento
pelvico che normalmente fa da supporto non solo all’ utero ma anche alla vescica. Ciò porta a uno
scivolamento verso il basso della vescica e dato che l’uretra della donna è piuttosto breve (4 cm) questa
piuttosto che incurvarsi tenderà a subire un vero e proprio inginocchiamento con conseguente ostruzione.
Nel bambino invece la causa più frequente è la presenza di valvole uretrali.

Fisiologia
Per comprendere la parte patologica è bene conoscere cosa succede in condizioni fisiologiche. Quando la
vescica non è distesa dall’urina gli stimoli ortosimpatici, che provocano rilassamento del muscolo detrusore
e contrazione dello sfintere liscio dell’uretra, vincono su quelli parasimpatici, che fanno l’ esatto contrario.
Durante il riempimento della vescica a causa della sua distensione vengono stimolate delle fibre sensitive
“delta” e “c” le quali raggiungono il midollo dove i neuroni sensitivi invieranno due informazioni: si verifica
l’inibizione dei motoneuroni alfa che innervano i muscoli dell’ addome anteriore corrispondenti alla zona
della vescica in modo che noi non percepiamo il suo riempimento; allo stesso tempo i neuroni sensitivi
suddetti inviano fibre al grigio periacqueduttale e quest’ ultimo alla corteccia per l’innesco dello stimolo
minzionale. Questa via però non viene attivata dalla minima distensione ma soltanto quando la vescica si
riempie di 400-500 ml.

Fisiopatologia e manifestazioni cliniche


Quando c’è un ostruzione al deflusso di urina la vescica mette in atto dei meccanismi di compenso che
semplicemente consistono in un aumento della forza e della frequenza di contrazione, detta appunto
iperattività detrusoriale. In questa fase i sintomi del paziente saranno urgenza minzionale e pollachiuria. Se
il problema di fondo non viene risolto la prima cosa che accade come ci si può aspettare è l’ipertrofia del
detrusore. Così come accade nell’ipertrofia patologica del cuore, quella della vescica non è un ipertrofia
armonica come quella del muscolo scheletrico, l’ispessimento della parete non corrisponde esattamente ad
un aumento di forza di contrazione. Questo è dovuto al fatto che in questa situazione la parete vescicale
subisce dei danni che vengono riparati con deposizione di tessuto connettivo fibrotico. Si arriva in questo
modo alla fase di scompenso: la vescica non è più in grado di aumentare la contrazione per vincere l’
ostruzione ma al contrario si instaura una situazione peggiore di quella iniziale cioè la vescica non fa altro
che lasciarsi riempire come una sacca inerte. In questa fase i sintomi possono addirittura scomparire e in
questo senso si tratta di una patologia insidiosa. A questo punto se non si risolve la patologia sottostante
l’ostruzione si instaurerà un idroureteronefrosi che a sua volta porterà a insufficienza renale, non perché il
rene smette di funzionare, ma perché le vie urinarie saranno così colme di urina che il rene non potrà più
liberarsi della sua produzione. Nell’ ostruzione cervicoureterale l’insufficienza renale ha decorso cronico per
cui può sopraggiungere l’ exitus per edema polmonare o per l’eccesso di cataboliti nel sangue (rifiuti
azotati). In acuto invece l’ insufficienza renale causa un aumento della potassiemia che esiterà in arresto
cardiaco (quando potassio è oltre i 7 mmol questo è già possibile). Se invece la patologia di base viene
risolta ma si è già entrati nella fase di scompenso si avrà un ristagno di urina dovuto al fatto che, se pur il
condotto uretrale è libero, il detrusore non riesce più a contrarsi. A peggiorare il quadro c’è il fatto che nella
fase di scompenso si possono formare dei diverticoli che a loro volta possono riempirsi di urina e causarne il
ristagno poiché queste strutture sono prive di muscolatura. Il ristagno di urina a sua volta porta a infezioni e
calcolosi. Quindi la soluzione ottimale sarebbe diagnosticare l’ostruzione in fase di compenso e intervenire
immediatamente.

Diagnosi
Il sospetto diagnostico è evocato dai dati clinici (per sintomi cfr. iperplasia prostatica benigna).
Se c’è sospetto diagnostico si passa all’ esecuzione di un’ ecografia sovrapubica per valutare lo spessore
della vescica e con delle formule il macchinario è anche in grado di calcolarne il peso. Nel maschio l’
ecografia è utile anche alla valutazione del volume della prostata e a tale esame sarà associata anche l’
esplorazione digito rettale per la valutazione di altri parametri della ghiandola (cfr. iperplasia prostatica
benigna). È buona norma eseguire anche un’ecografia renale sia per valutare la presenza di idronefrosi sia
per valutare la presenza di tumori renali (che non c’entrano niente in tal caso ma i tumori renali purtroppo
si scoprono più per caso che per la presenza di una certa sintomatologia). Altro esame di primo livello è
l’uroflussometria. Questa può essere eseguita in due modi:
uroflussometria a cella di carico in cui il paziente deve urinare in un water che scarica all’interno di un
becker che a sua volta si trova su una bilancia. La variazione di peso registrata dalla bilancia nel tempo
viene trasformata in un grafico flusso/tempo. Più accurata è invece l’uroflussometria a disco rotante in cui il
paziente urinerà sempre all’ interno di un water al quale però è abbinato un disco che gira ad una velocità
basale e il flusso di urine ne causerà quindi un’accelerazione. Anche in tal caso il grafico genererà un grafico
flusso/tempo. Il grafico di una minzione fisiologia presenta un picco di flusso a un terzo della minzione,
massimo a metà, per poi riscendere e terminare poco dopo. Il grafico dell’ostruito invece non ha
praticamente un picco ma ha un flusso costante per tutto il tempo. Alla fine dell’esame è necessaria
un’ecografia sovrapubica per valutare il residuo postminzionale e per valutare anche se il test è stato
valido. Se sommiamo la quantità di urina emessa e quella rimasta in vescica ed è di molto superiore ai 500
ml il test non sarà attendibile e ciò può essere dovuto ad un’inadeguata preparazione.
Per quanto riguarda gli esami di secondo livello quello principe è senz’altro l’esame urodinamico. Questo
consiste nell’ inserimento di un piccolo catetere in vescica e uno nell’ ampolla rettale. Il primo servirà per
valutare la pressione in vescica e l’ altro per valutare quella addominale (in cm di acqua). Sono misurate
entrambe per ottenere la pressione differenziale, detta pressione detrusoriale, che sarebbe la componente
della pressione vescicale dipendente dalla sola vescica. La pressione vescicale infatti può essere aumentata
aumentando la pressione addominale poiché questa spinge sulle pareti dell’organo e l’aumento della
pressione addominale è ciò che istintivamente fa il paziente per urinare meglio quando vede il flusso
diminuire.
A questo punto la prima fase dell’ esame consiste nell’infondere in vescica soluzione fisiologica a una certa
velocità (50 ml/min). In questo modo si valuta la compliance della vescica cioè quanto è in grado di
aumentare il proprio volume all’ aumentare della pressione quindi la formula fisica è ΔV/ΔP. Se la
compliance è alta vuol dire che all’ aumentare del proprio contenuto non corrisponde una forte variazione
della pressione luminale. Una vescica normale ha un’ alta compliance (100 ml/ 2-3 cm di acqua, ciò vuol
dire che all’ aumento di 100 ml di volume corrisponde un aumento di soli 2 o 3 cm di acqua). Una vescica
scompensata invece vede la sua compliance nettamente diminuita.
La seconda parte dell’ esame prevede la minzione, durante la quale vengono prese in considerazione la
pressione luminale della vescica e il flusso di urina attraverso l’ uretra. In condizioni normali non sono
necessarie elevate pressioni per far fuoriuscire l’urina dall’uretra, per cui ad una pressione luminale di
35/40 cm di acqua corrisponde un flusso di urina di 15 ml/s, al contrario se c’è un ostruzione avremo
maggiore pressione e minore flusso. Quindi con la prima parte dell’ esame valutiamo lo stato delle pareti
della vescica mentre con la seconda parte valutiamo il grado di ostruzione.
Un esame che viene utilizzato per valutare la dinamica della minzione e il residuo post minzionale è
l’uretrocistografia retrograda minzionale nella quale viene immesso mdc attraverso l’uretra in vescica (il
catetere non arriva fino in vescica) quindi vengono eseguite radiografia ripetute durante l’ atto minzionale e
alla fine dello stesso.

Terapia
Deve mirare a risolvere la patologia di base poiché è l’ unico modo per risolvere l’ ostruzione. Se siamo già
nella fase di scompenso può accadere che anche se si è risolta l’ostruzione si ha il problema del residuo
post minzionale. Questo può richiedere prima di tutto la rimozione chirurgica dei diverticoli se presenti, e
poi l’ autocateterismo, cioè il paziente va istruito alla manovra di inserimento di un catetere perché poi
dovrà eseguirla da solo per evitare infezioni e formazione di calcoli. Quest’ultimo provvedimento può anche
essere solo temporaneo perché può accadere che il paziente riassuma la capacità di svuotamento totale.
IPERPLASIA PROSTATICA BENIGNA
Definizione
Condizione caratterizzata da aumento del numero di cellule della prostata, in particolar modo delle cellule
dei dotti, che occupano il centro della ghiandola. L’ aumento del numero di cellule causa ovviamente
aumento del volume della ghiandola in toto.

Fisiopatologia e manifestazioni cliniche


Quello a cui porta l’ iperplasia prostatica è essenzialmente un’ ostruzione cervicouretrale, di cui
riconosciamo una componente organica e una componente dinamica. La componente organica è data dall’
ingombro della ghiandola e a tal proposito c’è da evidenziare che la crescita volumetrica può essere
simmetrica o asimmetrica e in alcuni casi può formarsi quello che viene definito terzo lobo, quando c’è un
espansione craniale della ghiandola. In quest’ ultimo caso basta anche un lieve aumento volumetrico per
causare sintomi. La componente dinamica invece è dovuta al tono muscolare dell’uretra.
Questa situazione di ostruzione determina un quadro clinico dominato dai cosiddetti lower urinary tract
symptoms (LUTS) che si suddividono in sintomi della fase di riempimento e della fase di svuotamento.
Per quanto riguarda la fase di riempimento abbiamo:
 Pollachiuria diurna e notturna (quest’ultima anche detta nicturia);
 Urgenza minzionale.
Questi sintomi sono tipici della fase di compenso, nella fase di iperattività detrusoriale.
Per quanto riguarda la fase di svuotamento abbiamo:
 Esitazione minzionale, cioè un aumento del lasso di tempo tra rilassamento dello sfintere striato e
inizio del flusso di urina. Questo accade soprattutto al mattino quando la vescica è ben distesa dal
contenuto di urina e in questi casi il detrusore non riesce a contrarsi bene se il paziente è
scompensato o quasi;
 Sgocciolamento post minzionale, dovuto al fatto che alla fine della minzione quando si ricontrae lo
sfintere liscio dell’ uretra rimane dell’ urina nell’ uretra a causa dell’ ostruzione a valle di tale
sfintere;
 Aumento del tempo di svuotamento;
 Sensazione di incompleto svuotamento cioè persistenza dello stimolo alla minzione dopo aver
emesso una certa quantità di urina;
 Intermittenza del mitto, si intende una variazione irregolare del flusso durante la minzione ma
senza interruzione dello stesso;
 Mitto interrotto, quando il flusso di urina si interrompe e poi riprende;
 Ritenzione urinaria e iscuria paradossa sono i sintomi che riflettono la condizione più grave. Per
ritenzione urinaria si intende l’incapacità di urinare in presenza di stimolo minzionale mentre per
iscuria paradossa si intende la stessa situazione ma viene emessa poca urina, a gocce. La ritenzione
urinaria è dovuta al fatto che la vescica, pur essendo piena di urina, non riesce a espellerla poiché il
muscolo detrusore è scompensato, non ce la fa più a contrarsi. L’iscuria paradossa è il passo
successivo: la vescica è talmente distesa che la poca urina che viene emessa è dovuto non alla
contrazione del muscolo detrusore ma piuttosto al fatto che la pressione all’ interno della vescica è
talmente elevata che vince per un momento l’ ostruzione; In entrambi i casi, ritenzione urinaria e
iscuria paradossa, è richiesto urgente cateterismo per lo svuotamento.

Nella fase di scompenso i sintomi possono anche essere assenti!


Diagnosi
Gli esami di primo livello sono: esplorazione digito rettale, ecografia prostatica sovrapubica,
somministrazione di questionari standardizzati, esami di laboratorio, uroflussometria.
Per quanto riguarda l’esplorazione digito rettale (EDR) questa serve a valutare diversi parametri della
ghiandola prostatica ma bisogna tenere in considerazione che non può essere valutata la porzione
anteriore e anterosuperiore. I parametri valutati sono:
 Volume; ovviamente non ci sarà una valutazione precisa del volume prostatico ma apprezzando i
margini laterali ci si può fare un’idea se la distanza tra questi margini si paragona allo spessore delle
proprie dita (di solito due dita fanno 4 cm, che è una dimensione normale). Se già non si riescono
nemmeno ad apprezzare i margini vuol dire che la ghiandola è piuttosto estesa. Ad ogni modo una
volta stimata la distanza tra i due margini si fa il cubo di questo valore e lo si moltiplica per 0,52 per
ottenere una stima del volume;
 Superficie; di norma la superficie è regolare con una depressione sulla linea mediana laddove si
uniscono i due lobi della prostata. La presenza di noduli fa sospettare una vera e propria neoplasia
poiché noi stiamo apprezzando la porzione più periferica della ghiandola, che è dove si formano
tendenzialmente i tumori della prostata;
 Consistenza; la consistenza normale è quella dell’ eminenza tenar durante l’opposizione pollice-
indice. Tale consistenza è definita parenchimatosa. Quella percepita nell’ iperplasia prostatica
benigna e in altre lesioni benigne è teso elastica mentre quella percepita nelle lesioni maligne è
duro lignea;
 Mobilità; l’assenza di mobilità è una caratteristica di malignità di una lesione generalmente;
 Dolorabilità; è indice di infiammazione in corso in genere;

Per quanto riguarda l’ecografia prostatica sovrapubica questa è utile alla valutazione del volume prostatico
in modo non accuratissimo ma sicuramente di più rispetto alla valutazione tramite EDR.
Per quanto riguarda l’utilizzo di questionari standardizzati questi risultano essere molto utili per ottenere
una vera e propria valutazione numerica dell’ entità dei sintomi del paziente. Oltre a questo otteniamo
diversi vantaggi tra cui la possibilità di valutare un miglioramento a seguito di una certa terapia e nel caso in
cui il paziente dovesse cambiare medico quest’ultimo potrà avvalersi dei precedenti questionari per
valutare la situazione passata e confrontarla con l’attuale.
Per quanto riguarda gli esami di laboratorio vanno dosati PSA, creatinina e azotemia (i marker di
funzionalità renale sono molto importanti perché possiamo escludere o avere il sospetto diagnostico di
idroureteronefrosi), esame completo delle urine.
Per quanto riguarda l’uroflussometria cfr. ostruzione cervicouretrale.
Per quanto riguarda gli esami di secondo livello abbiamo l’ ecografia prostatica trans rettale e l’esame
urodinamico.
L’ ecografia trans rettale in realtà non serve per la diagnosi di IPB bensì per:
 Valutare rigorosamente il volume e la forma della ghiandola prostatica per impostare l’intervento
chiurgico;
 Valutare la ghiandola in caso di sospetto di neoplasia maligna;
 Guidare la biopsia.
Per l’esame urodinamico cfr. ostruzione cervico uretrale.

Terapia
Il trattamento di prima linea è quello farmacologico con alfa bloccanti (tra i più utilizzati abbiamo la
tamsulosina). Questi farmaci agiscono sui recettori alfa adrenergici inibendoli tant’è che sono nati come
farmaci antipertensivi. Questi recettori però sono presenti anche a livello della muscolatura del trigono
vescicale e dello sfintere liscio dell’uretra andando così a inibire la componente dinamica dell’ ostruzione.
Secondo alcuni studi l’ inibizione degli stessi recettori che sarebbero presenti anche a livello prostatico
avrebbe anche un effetto limitante nei confronti dei pathway dei fattori di crescita. A questo punto ci
possono essere due problemi: l’inefficacia del trattamento o un eccesso di effetti indesiderati quali l’
ipotensione (se il paziente è già in trattamento con antipertensivi non si possono usare questi farmaci) e
l’eiaculazione retrograda (lo sperma può finire in vescica a causa del rilassamento dello sfintere liscio che in
teoria è contratto durante l’eiaculazione).
Nel caso in cui ci fosse una di queste due evenienze si può passare al trattamento con inibitori della 5 alfa
reduttasi (tra i più utilizzati abbiamo finasteride e dutasteride), il cui razionale è che la prostata è molto
dipendente dal diidrotestosterone. Quindi questo farmaco ha un effetto sulla componente organica poiché
diminuisce il volume della ghiandola.
L’effetto indesiderato di questo farmaco è la diminuzione della libido per cui il paziente va ben informato su
questo.
Nei casi in cui abbiamo una sintomatologia di livello moderato-severa sarebbe ottimale una terapia
combinata.
Se il paziente presenta idroureteronefrosi ovviamente dovremmo provvedere allo svuotamento tramite
catetere.
Per quanto riguarda le opzioni chirurgiche la principale è sicuramente la resezione prostatica trans uretrale
(TURP) che si esegue per prostate del peso non superiore ai 130 g circa poiché se la prostata è molto
voluminosa è richiesto l’intervento a cielo aperto piuttosto che in endoscopia.
Per la TURP si utilizza uno strumento chiamato resettore che si immette in uretra e non è altro che un
canale metallico attraverso il quale passano diversi strumenti. In primo luogo abbiamo il traslatore che
sarebbe una semiluna metallica che viene portata ad alte temperature e letteralmente scava all’ interno
dell’uretra. Abbiamo inoltre un raccordo per una luce bianca, un raccordo per un ottica e un raccordo per
immettere fluidi (di solito soluzione fisiologica poiché avendo la stessa osmolarità del plasma non causa
squilibri elettrolitici al paziente). L’ ottica inizialmente ha un angolo di 0° rispetto all’ asse maggiore dello
strumento (e dell’ uretra) mentre man mano che ci si avvicina alla zona da operare si inclina per esplorare
le pareti dell’ uretra.
Come si può immaginare è una procedura piuttosto sanguinosa per cui per limitare il sanguinamento si
abbassa il più possibile la pressione arteriosa del paziente e si utilizzano elevate pressioni del getto
idraulico. Inoltre si può associare la terapia con inibitori della 5 alfa reduttasi per limitare il sanguinamento
poiché anche l’ angiogenesi della prostata dipende dagli androgeni.
Per quanto riguarda la chirurgia a cielo aperto parliamo di adenomectomia prostatica trans vescicale (prima
la IPB veniva chiamata adenoma prostatico). In questa procedura si esegue un incisione di 2-3 cm lungo la
linea alba tra ombelico e sinfisi pubica. In questo modo si accede allo spazio di Retzius attraverso il quale
vediamo il peritoneo che ricopre la vescica. Dobbiamo effettuare lo scollamento della sierosa dal viscere e
poi eseguire un incisione di circa 2 cm sulla parete anteriore della vescica all’ interno della quale si inserisce
il divaricatore di Bracci. In questo modo si ottiene accesso al collo vescicale dall’ interno e a livello di
quest’ultimo si fa un incisione a racchetta così da ottenere l’ accesso alla prostata sottostante. A questo
punto si inserisce uno strumento tra la capsula della prostata e il parenchima per asportare quest’ultimo. È
come fare un’incisione a un’arancia per poi mettere il dito tra la buccia e la sua polpa per estrarre
quest’ultima.
TUMORI RENALI
Classificazione
Nell’85% dei casi i tumori renali sono rappresentati dal carcinoma a cellule chiare o tumore di Grawits o
ipernefroma, che è un tumore maligno. Nel 15% dei casi abbiamo tutti gli altri tipi di tumore maligno tra cui
i sarcomi (che solitamente sono secondari a un tumore iniziato nello psoas o muscoli adiacenti al rene) e
nel restante 10% tumori benigni.
Tra i tumori benigni i più frequenti sono l’oncocitoma e l’angiomiolipoma.

Eziologia
Per quanto riguarda l’ eziologia dobbiamo fare una grossa distinzione tra i tumori sporadici e quelli
ereditari. Per quanto riguarda quelli ereditari ci può essere una predisposizione genetica (ad esempio
mutazioni cromosomiche a carico del braccio corto del cromosoma 3) più o meno significativa, altre volte
possiamo individuare precisamente il gene mutato responsabile del tumore. È il caso della sindrome di Von
Hippel Lindau, causata dalla mutazione dell’ omonimo gene oncosoppressore (VHL).
Per quanto riguarda i tumori sporadici i fattori di rischio sono obesità, ipercolesterolemia e in parte il fumo
di sigaretta (non c’è la stessa associazione come col tumore al polmone o alla vescica).

Manifestazioni cliniche
Purtroppo la maggior parte dei tumori renali viene individuata per caso.
Come sintomi principi viene indicata tipicamente una triade caratterizzata da ematuria, dolore e massa
palpabile ma quando sopraggiungono questi sintomi la patologia è già ad uno stadio avanzato.
Sintomi più precoci possono essere:
 Calo ponderale;
 Comparsa improvvisa di varicocele (per compressione della vena testicolare a sinistra o della vena
cava inferiore a destra da parte del tumore);
 Sudorazione notturna;
 Febbricola.
In altri casi ci può essere anche una sindrome paraneoplastica dovuta alla secrezione di renina, PTHrP o EPO
quindi avremo rispettivamente ipertensione sistemica, iperparatiroidismo e policitemia.
Dato che il tumore renale metastatizza principalmente a cervello e ossa si possono avere in corso di
patologia avanzata sintomi neurologici e/o dolore osseo.

Diagnosi
Solitamente la diagnosi è accidentale in corso di ecografia addominale per altre ragioni.
Se all’ecografia emerge la presenza di una massa solida o di una cisti complessa (non del tutto anecogena)
è necessario sottoporre al paziente a una TC addome con mdc.
Fermo restando che una neoplasia del rene va considerata maligna fino a prova contraria le caratteristiche
radiologiche di una neoplasia maligna alla TC sono un assorbimento disomogeneo del mdc e un’area di
necrosi centrale (che non assorbe mdc). Inoltre la TC è utile alla stadiazione del tumore, come nella maggior
parte dei tumori.
Per il grading invece è necessaria una biopsia che tuttavia presenta due problemi: è poco sensibile poiché
possiamo non ricavare alcuna informazione da una piccola formazione e presenta un alto rischio di
sanguinamento renale che costituisce un’emergenza chirurgica.
Il grado viene dato in base alla scala ISUP/WHO, mentre il Fuhrman Grade è stato abbandonato.
Terapia
La terapia d’elezione è chirurgica ma abbiamo diverse opzioni e la scelta verrà effettuata in base al Renal
Score, un punteggio che viene dato in base al risultato di TC e/o RM e rappresenta l’ oggettiva complessità
anatomica e la grandezza del tumore. Non viene presa in considerazione la presenza di metastasi perché il
paziente si opera lo stesso, se questo non costituisce per egli un elevato rischio chirurgico.
Per le lesioni con un diametro trasverso maggiore di 4 cm si opta per la nefrectomia radicale. A volta si
fanno delle eccezioni riservando alla nefrectomia parziale anche lesioni di 7 cm nel caso in cui il paziente sia
monorene o entrambi i reni presentino tumori di questa dimensione.
In passato la nefrectomia parziale prevedeva la rimozione di rene e surrene omolaterale e linfonodi loco
regionali mentre ad oggi si preferisce togliere esclusivamente il rene se non c’è interessamento linfonodale
e del surrene.
Quando possibile quindi si esegue nefrectomia parziale poiché per tumori al di sotto di 4 cm questa è
sovrapponibile alla nefrectomia radicale in termini di radicalità oncologica mentre allo stesso tempo
abbiamo la riduzione di complicanze chirurgiche, dei tempi operatori e manteniamo anche una maggiore
funzionalità renale.
Altre tecniche sono riservate alle lesioni di piccole dimensioni e sono la crioablazione e la ablazione con
radiofrequenze. La crioablazione si effettua per via percutanea TC guidata e consiste nel congelamento
della componente tumorale cui segue cavitazione del parenchima. L’ ablazione con radiofrequenze ha lo
stesso risultato ma si utilizzano ultrasuoni che determinano invece un’ipertermia.
I risultati possono essere apprezzati poi tramite RM o TC.
Per quanto riguarda la terapia medica c’è da sapere che i tumori renali sono chemio e radio resistenti.
Per una terapia adiuvante o neoadiuvante dobbiamo optare quindi per l’immunoterapia o per la targetted
therapy. L’immunoterapia può essere attiva o passiva. La passiva consiste nella somministrazione di
anticorpi (il più possibile specifici per antigeni di superficie di cellule tumorali) legati a farmaci antitumorali.
L’immunoterapia passiva consiste nel stimolare il sistema immunitario del paziente stesso, attraverso
diverse metodiche. Per esempio attraverso la somministrazione di IL-2 oppure anticorpi anti PD-1 o anti PD-
L1 o ancora attraverso lo sviluppo di una sorta di “vaccino” anti tumorale. In quest’ ultimo caso si
stabiliscono quali sono gli antigeni tumorali più immunogeni cosicché se ne creano di sintetici che verranno
iniettati nel paziente.
La targetted therapy invece è molto promettente e consiste nell’inibizione di pathway di fattori di crescita.
Le note negative sono l’ alto costo (circa 5000 euro al mese) e il fatto che è necessaria una biopsia renale.
I farmaci più utilizzati in questo senso vanno a bloccare VEGFR e PDGFR quindi inibiscono in primis la
neoangiogenesi tumorale.

Fattore T
 T1a: Tumore confinato entro la capsula renale di diametro trasverso < 4cm;
 T1b: Idem, tra 4 e 7 cm;
 T2: Idem, maggiore di 7 cm;
 T3a: tumore oltre la capsula renale ma non invade strutture vascolari;
 T3b: idem ma invade strutture vascolari sottodiaframmatiche (vena cava o vena renale);
 T3c: invade vena cava oltre il diaframma fino all’atrio destro;
 T4: tumore oltre la loggia renale (supera la fascia del Gerota).
Oncocitoma
È un tumore benigno ma la diagnosi differenziale con un tumore maligno è spesso complessa.
Caratteristiche a favore nel suo riconoscimento alla TC sono i margini netti e la mancanza di necrosi
centrale ma comunque alla fine va rimosso chirurgicamente e sarà l’anatomo patologo a dare la diagnosi.
Istologicamente deriva dalle cellule del tubulo prossimale ed è caratterizzata da cellule eosinofile altamente
differenziate dette appunto oncocitomi. La sua rimozione può prevedere la nefrectomia totale o parziale se
la struttura renale non è completamente sovvertita.

Angiomiolipoma
Questi tumori possono essere sporadici o far parte di una sindrome detta sclerosi tubulare complessa.
Questo tipo di tumore si riconosce bene alla TC perché costituito da molto tessuto adiposo. Dal punto di
vista istologico abbiamo le strutture “elencate” nel nome: adipociti, cellule muscolari (lisce) e strutture
vascolari anomale.
La terapia è chirurgica per i tumori sopra i 4 cm perché possono provocare emorragia renale, emergenza
chirurgica! Al di sotto dei 4 cm solo active surveillance.

Tumore di Wilms o neuroblastoma


È il tumore associato con mutazioni del gene VHL.
Solitamente è asintomatico oppure può causare ipertensione o rendersi manifesto come massa palpabile.
Fortunatamente è chemio e radiosensibile ma la terapia è comunque spesso chirurgica.
TUMORI DELLA VIA ESCRETRICE (leggi solo)
Classificazione
Si tratta di tumori delle vie urinarie dai calici primari agli ureteri.
Nel 90% dei casi abbiamo carcinomi a cellule transizionali come ci si poteva aspettare, nel 7-9 % dei casi
squamocellulari, più aggressivi e solo nell’1% dei casi adenocarcinomi.

Eziologia
Come per il tumore della vescica abbiamo associazione con fumo di sigaretta.

Manifestazioni cliniche
Nel 75% dei casi questi tumori si manifestano con macroematuria per cui vengono diagnosticati seguendo
l’algoritmo diagnostico dell’ematuria.
Ci può essere dolore lombare sordo e ingravescente se abbiamo un’ostruzione del flusso graduale data
dalla massa tumorale.
Allo stesso tempo possiamo avere dolore tipo colica renale se c’è un coagulo che fa ostruzione.

Diagnosi
Per la diagnosi seguiamo l’algoritmo diagnostico dell’ ematuria. Può essere utile ureteronefroscopia per
approfondire reperti della UroTC.

Terapia
Il gold standard è la nefroureterectomia cioè asportazione di rene omolaterale, uretere e meato ureterale.
Se evidenziato interessamento linfonodale alla UroTC si provvede alla rimozione dei linfonodi loco
regionali.
In casi selezionati si può pensare anche alla resezione endoscopica della sola neoplasia ma questa manovra
non esenta il paziente dal rischio di sottoporsi a nefroureterectomia in futuro.
TUMORI DEL TESTICOLO
Classificazione
Sono suddivisibili in tumori a cellule germinali (95% dei casi) e in tumori dei cordoni sessuali/stromali.
I tumori a cellule germinali si dividono in seminomatosi e in non seminomatosi e la differenza sta nel fatto
che i primi somigliano a cellule germinali primordiali o a gonociti (cellule sessuali che non hanno mai fatto
meiosi ma solo mitosi) mentre le cellule dei tumori non seminomatosi possono essere costituiti da cellule
simili a quelle embrionali staminali (carcinoma embrionario) oppure le cellule tumorali possono
differenziare dando luogo a tumori del sacco vitellino, coriocarcinoma e teratoma.
I tumori dei cordoni sessuali-stromali sono i tumori a cellule del Leydig e a cellule del Sertoli o misti.
I tumori a cellule germinali sono in genere molto più aggressivi di quelli stromali ma molto spesso risultano
curabili. Caratteristica comune a quasi tutti i tumori del testicolo (fa eccezione il seminoma spermatocitico)
è che sono tumori che insorgono nei giovani, in particolare i tumori testicolari sono le neoplasie più
frequenti negli uomini tra i 15 e i 34 anni di età.

Seminoma
 Seminoma tipico. Istologicamente è caratterizzato da lobuli di cellule uniformi suddivisi da setti
fibrosi sottili con ricco infiltrato linfocitario. Le cellule sono relativamente grandi, grande nucleo con
uno o due nucleoli e citoplasma chiaro, frequenti calcificazioni. Nel 10-15 % dei casi sono presenti
cellule del sinciziotrofoblasto che producono beta hCG (in tal caso ha una prognosi differente);
 Seminoma anaplastico. Non è in realtà un tipo istologico a sé ma è solo una variante del seminoma
tipico in cui le cellule mostrano anaplasia morfologica. Nonostante ciò si è visto che non c’è alcuna
differenza di prognosi tra il tipico e l’anaplastico a parità di stadiazione;
 Seminoma spermatocitico (raro). Al contrario degli altri è tipico negli uomini oltre i 65 anni.
Prognosi assolutamente favorevole (non metastatizza mai) tranne se ha trasformazione
sarcomatoide.
Immunoistochimica: PLAP+ (fosfatasi alcalina placentare), CD117+ (c-KIT), Oct4+. Circa KIT c’è da dire che in
moltissimi seminomi è stata riscontrata iperespressione di KIT o per mutazioni gain of function o per
amplificazione del gene o per motivi sconosciuti.

Carcinoma in situ del testicolo o germ cell neoplasia in situ (GCNIS)


La GCNIS è caratterizzata istologicamente da cellule germinali maligne confinate ai tubuli seminiferi. È stata
definita come la lesione precursore di quasi tutti i tumori a cellule germinali fatta eccezione per il seminoma
spermatocitico, per il tumore del sacco vitellino e per il teratoma prepuberale.
Circa il 50% dei pazienti non trattati per questa condizione sviluppano neoplasia invasiva entro 5 anni.

Eziologia
Per quanto riguarda i fattori di rischio per i tumori a cellule germinali
questi sono:
 Germ cell neoplasia in situ, come già detto;
 Criptorchidismo viene subito dopo come forza di associazione ma questo dato possiamo conoscerlo
anche dall’ anamnesi. Il criptorchidismo aumenta di 4-14 volte la possibilità di sviluppare tumore
del testicolo e questo rischio non diminuisce nemmeno se viene risolta la condizione patologica
tramite orchidopessi;
 Familiarità;
 Alcune forme di sterilità come la sindrome a cellule del Sertoli o anche la sindrome di Klinefelter
sono correlate con tumore del testicolo;
 Assunzione di androgeni esogeni in pazienti con assetto ormonale normale (doping);
 Traumi, possono concorrere a causa della flogosi che causano;
 Tumore controlaterale;
 Valori elevati dei marker tumorali. Gli unici che possono avere rilevanza sono alfa feto proteina e
beta hCG. È fuori dubbio che un’ elevazione dei loro livelli nel maschio può essere dovuta solo a un
tumore, e quasi sempre tumore del testicolo. Aumentano soprattutto nei tumori non
seminomatosi. Al contrario se questi livelli rimangono bassi non ci danno alcuna indicazione cioè
una loro assenza non è indice di migliore prognosi o assenza di recidive per cui non sono nemmeno
utili per il follow up.

Manifestazioni cliniche
 Tumefazione non dolente (circa 70% dei casi);
 Tumefazione dolente (circa 20% dei casi);
 Dolore testicolare (circa 5% dei casi);
 No tumefazione e no dolore nella restante percentuale dei casi.

Diagnosi
Per quanto riguarda l’ anamnesi questa deve sicuramente mirare all’individuazione dei fattori di rischio
(criptorchidismo, pregressi tumori del testicolo, familiarità, doping).
Per quanto riguarda l’esame obiettivo del testicolo è importante ispezione e palpazione che mirano ad
individuare masse e loro consistenza.
Esami ematochimici: dosare hCG e AFP.
La parte più importante è ovviamente riservata alle tecniche di imaging.
La metodica di primo livello è l’ecografia scrotale che non solo permette di vedere se l’ aumento di volume
scrotale è dovuto o meno ad aumento di volume testicolare (dd con idrocele) ma permette anche di
valutare la presenza di masse tumorali non palpabili all’interno del testicolo. Ancora più utile è la
sonoelastografia che è sempre una metodica che sfrutta gli ultrasuoni ma mira a vedere la differenza di
elasticità tra il parenchima normale e quello tumorale (meno elastico).
Se non è stata confermato che si tratta di una patologia benigna allora si passa all’inguinotomia esplorativa.
Si effettua un’ incisione della cute a livello inguinale, viene estratto il testicolo e si esegue un piccolo
prelievo del nodulo sospetto per l’analisi istologica. Se si tratta di neoplasia maligna si dovranno eseguire
anche altre indagini per la stadiazione cioè TC addome con mdc e TC total body per valutare
rispettivamente fattore N e fattore M. Il fattore T è valutabile con l’ecografia.
Fattore N: I linfonodi primariamente infiltrati da tumori del testicolo sinistro sono quelli paraortici sinistri
compresi tra vena renale e arteria spermatica (sinistre). I linfonodi primariamente infiltrati da tumori del
testicolo destro sono i preaortocavali compresi tra vene renali e biforcazione aortica mentre
secondariamente sono poi gli stessi del testicolo sinistro poiché il drenaggio linfatico prosegue verso
sinistra. La sede di questi linfonodi evidenzia anche la difficoltà della linfadenectomia.

Terapia
Si opta per una chirurgia testis sparing (risparmio di una parte del testicolo) solo per neoplasie benigne
come cisti epidermoide. In tutti gli altri casi la terapia d’elezione è l’orchifunicolectomia. Si toglie anche il
funicolo spermatico perché potrebbe essere infiltrato da cellule neoplastiche.
Se c’è evidenza di interessamento linfonodale si procede con linfadenectomia.
PATOLOGIE BENIGNE DEL TESTICOLO
Anomalie genetiche dei testicoli
Sono rappresentate da:
 Ectopia testicolare, cioè la presenza di un testicolo in una sede che non è ne quella naturale ne
lungo il percorso che naturalmente svolge il testicolo dall’ addome allo scroto;
 Criptorchidismo, mancata discesa del testicolo;
 Monorchidismo, mancanza di un testicolo;
 Anorchidismo, mancanza di entrambi i testicoli;
 Poliorchidismo, testicoli soprannumerari.
In pazienti con anomalie genetiche anatomiche è bene eseguire una RM per indagare la presenza di altre
alterazioni poiché spesso si presentano associate. Ad esempio l’agenesia di un rene è associata con
l’iposviluppo del rene controlaterale e quest’ultimo può anche avere uno sbocco anomalo per esempio in
uretra o anche nelle vescichette seminali causando ostruzione a livello del dotto deferente e azoospermia
da ostruzione.

Criptorchidismo
Eziologia
Ci sono essenzialmente due ipotesi eziologiche cioè l’alterazione ormonale, poiché la discesa dei testicoli è
guidata da ormoni (INSL3 e AMH nella fase trans addominale e testosterone nella fase inguinoscrotale)
mentre l’ altra ipotesi sono difetti genetici intrinseci.

Manifestazioni cliniche
Le conseguenze del criptorchidismo sono essenzialmente due: una è certamente la sterilità, dovuta al fatto
che la temperatura dei testicoli deve essere continuamente regolata dal muscolo cremastere per cui se il
testicolo non si trova in scroto questo non si verifica e sarà sempre a temperature troppo alte. Per questo
motivo si deve intervenire il prima possibile, poiché il danno può diventare irreversibile. Ciò si verifica
anche nella condizione clinica nota come testicolo in ascensore, in cui il testicolo è libero di muoversi tra
scroto e canale inguinale a causa di lassità del gubernaculum testis (nella vita post-natale è una lamina
fibrosa che unisce il polo inferiore del testicolo alla superficie interna dello scroto) o dell’anello inguinale
interno.
L’altra conseguenza o piuttosto un’associazione con il criptorchidismo è l’aumentata probabilità di
sviluppare tumori del testicolo.

Terapia
L’operazione chirurgica per correggere il criptorchidismo è detta orchidopessi ma non è la scelta primaria
poiché fino un certo periodo post natale (1-2 anni) si aspetta, poi si prova con terapia ormonale (hCG) e poi
si pensa alla chirurgia.

Spermatocele
Definizione
Formazione cistica dell’epididimo contenente spermatozoi, solitamente polare superiore.

Manifestazioni cliniche
La cisti non è né dolente né dolorabile alla palpazione, al massimo può causare fastidio.
Diagnosi
All’esame obiettivo osserviamo una tumefazione solitamente localizzata al polo superiore del testicolo.
La diagnosi si basa sull’ecografia scrotale. Questa mette in evidenza una cisti dal contenuto semiliquido cioè
non è perfettamente anecogena come una cisti contente liquido ma ha dei tratti isoecogeni per la presenza
di spermatozoi.

Terapia
Ci si può limitare all’osservazione o se è troppo fastidiosa si può asportare.

Idrocele
Definizione
Raccolta di liquido all’interno della cavità vaginale che diventa da virtuale a reale.

Eziologia
Nella maggior parte dei casi l’idrocele è idiopatico.
Nei neonati può esserci il cosiddetto idrocele comunicante dovuto al fatto che non si è chiusa
completamente la comunicazione tra cavità peritoneale e cavità vaginale (il residuo della loro
comunicazione dovrebbe essere solo il legamento vaginale).
Nell’adulto invece può essere anche secondario in una minoranza di casi e può essere dovuto a:
 Interventi chirurgici in pelvi o retro peritoneo (soprattutto interventi di varicocele) che alterano il
drenaggio linfatico;
 Traumi;
 Infiammazione per infezione o altri motivi noti;
 Radioterapia.

Manifestazioni cliniche
Avremo ovviamente un aumento volumetrico dell’ emiscroto (se idrocele è monolaterale).
Nella grande maggioranza dei casi l’idrocele è asintomatico cioè da solo il segno dell’aumento volumetrico.
In altri casi può causare fastidio al paziente.

Diagnosi
Si effettua ecografia scrotale e si nota un’area anecogena che circonda il testicolo.
È importante diagnosi differenziale con cisti (che sono localizzate) e anche anse intestinali erniate. La
diagnosi differenziale con masse testicolari è facile perché queste non sono ovviamente anecogene.

Terapia
Solitamente l’idrocele si riassorbe nel giro di qualche mese ma comunque non si interviene se asintomatico.
In altri casi può essere richiesta l’aspirazione del liquido con ago o l’idrocelectomia che richiede l’accesso
chirurgico alla cavità vaginale.

Varicocele
Definizione
Dilatazione varicosa del plesso pampiniforme che corrisponde all’incompetenza, di grado variabile, delle
vene in cui questo drena (vena testicolare quasi sempre, in altri casi vene meno importanti).
Eziologia
L’eziologia non è completamente chiarita ma in molti casi di varicocele si è osservata l’ assenza di valvole
venose o incompetenza delle stesse nelle vene che drenano il testicolo.
È piuttosto chiaro invece il motivo per cui il varicocele si forma più spesso a sinistra che a destra (90% dei
casi a destra, 8% bilaterale, 2% solo a destra). Ciò avviene perché la vena testicolare sinistra drena nella
vena renale mentre la vena testicolare destra drena nella vena cava inferiore. Ciò porta a due conseguenze
cioè che la vena testicolare sinistra è più lunga di 5-10 cm della destra per cui il sangue deve fare più strada
e in secondo luogo la vena testicolare sinistra fa un angolo di 90 gradi con la vena renale mentre la vena
testicolare destra un angolo di 15-20 gradi con la vena cava inferiore quindi l’immissione di sangue in
quest’ultima sarà favorito.
Detto ciò se un paziente presenta un varicocele destro dobbiamo pensare che molto probabilmente non è
idiopatico (spesso c’è neoplasia renale che comprime vena testicolare destra).

Fisiopatologia e manifestazioni cliniche


Il varicocele coincide quindi con una stasi di sangue a livello testicolare e ciò porta a diverse conseguenze
fisiopatologiche:
 Ipertermia;
 Accumulo di cataboliti e ROS;
 Reflusso di cataboliti dal circolo venoso renale;
 Ipossia dovuta al reflusso di sangue venoso che si mescola a quello arterioso.
Questi fattori concorrono nel causare danno ai tubuli seminiferi e alterazioni ormonali quali diminuzione
dell’FSH e aumento dell’ inibina e ciò ha come risultato netto la diminuzione della spermatogenesi.
Le conseguenze a livello clinico sono:
 Senso di pesantezza e/o fastidio testicolare;
 Riduzione del volume testicolare;
 Iposviluppo testicolare se si verifica nel bambino;
 Alterazione della qualità e del numero degli spermatozoi, valutabili con spermiogramma.

Diagnosi
Il paziente giunge alla nostra osservazione solitamente per fastidio o pesantezza del testicolo o perché non
riesce ad avere figli.
Si inizia con l’esame obiettivo di cui sono importanti palpazione ed ispezione, in orto e clinostatismo, con e
senza manovra di Valsalva.
Già solo con l’esame obiettivo potremmo dare un grado al varicocele ma se non rileviamo nulla nemmeno
alla palpazione (alla palpazione si sentono i reticoli venosi) si tratta di un varicocele subclinico, se presente
varicocele.
Per la diagnosi si deve eseguire ecografia scrotale con e senza metodica color doppler, sia in orto che in
clinostatismo, sia a riposo che durante la manovra di Valsalva.
L’ecografia scrotale senza metodica color doppler va eseguita per valutare la eventuale copresenza di altre
patologie del testicolo anche perché delle cisti possono essere la causa di varicocele. Si valuta inoltre il
volume e l’ecogenicità del testicolo.
La metodica color doppler è quella che ci da molte informazioni circa l’emodinamica testicolare in quanto ci
permette di valutare se c’è un reflusso e di che grado è il reflusso. A tal proposito esistono diverse scale, la
più usata è quella di Dubin, che prende in considerazione anche i risultati dell’ esame obiettivo:
 Varicocele subclinico: non evidenziabile all’EO ma soltanto con metodica strumentale. A sua volta il
varicocele subclinico può essere più o meno grave a seconda del grado di reflusso evidenziato
all’ecocolordoppler;
 Varicocele I grado: evidenziabile alla palpazione durante solo durante manovra di Valsalva;
 Varicocele II grado: evidenziabile alla palpazione senza Valsalva;
 Varicocele III grado: evidenziabile all’ispezione.
Prima di eseguire l’intervento chirurgico di correzione del varicocele va eseguito lo spermiogramma cioè
analisi del liquido seminale.
L’esame consiste nella raccolta di liquido seminale tramite masturbazione alla quale deve eseguire
un’adeguata preparazione cioè astinenza da eiaculazione per più di 3 giorni ma non per più di 5.
L’esame deve essere fatto a fresco quindi la sede della raccolta deve essere molto vicina al laboratorio.
I parametri valutati nel caso di varicocele sono:
 Volume di liquido seminale eiaculato;
 Concentrazione di spermatozoi;
 Quantità di spermatozoi;
 Motilità degli spermatozoi;
 Morfologia degli spermatozoi.
Se c’è una diminuzione della quantità degli spermatozoi parliamo di oligospermia o addirittura
azoospermia.
Se c’è una diminuzione della motilità in più del 60% degli spermatozoi parliamo di astenozoospermia.
Se c’è un’alterazione della morfologia in più del 70% degli spermatozoi parliamo di teratozoospermia.
Nel varicocele abbiamo più spesso alterazioni della qualità piuttosto che della quantità.

Terapia
Le scelte terapeutiche possono essere la scleroembolizzazione, l’intervento a cielo aperto e l’intervento in
laparoscopia.
La logica è sempre la stessa: andiamo a occludere le vene patologiche, che generano reflusso, cosicché il
sangue venga drenato dalle vene più competenti.
La scleroembolizzazione può essere anterograda o retrograda.
La retrograda è totalmente percutanea e prevede l’inserimento di catetere in vena femorale per poi
arrivare alla vena spermatica attraverso la cava inferiore a destra o attraverso la vena renale a sinistra. Una
volta giunti in questa sede si esegue una flebografia cioè si immette mezzo di contrasto e si fa una
radiografia per avere una mappatura delle vene e capire in tal modo quali vene occludere. Dopodiché si
procede con l’immissione di sostanza sclerosante all’interno delle vene da occludere.
Nella scleromebolizzazione anterograda (sec. Tauber) si fa un’incisione trasversale di 1,5 cm sullo scroto e si
espone il plesso pampiniforme all’interno del quale viene inserito il catetere. Anche in questo caso si fa
flebografia cui segue la sclerotizzazione delle vene patologiche.
Queste tecniche si usano molto in caso di recidiva perché con la flebografia possiamo bene esplorare quali
sono effettivamente le vene patologiche.
L’intervento a cielo aperto può essere per via scrotale (non si fa più), per via inguinale o per via retro
peritoneale (preferito).
Nell’intervento retro peritoneale si esegue un’incisione trasversale di 3-4 cm, 2 cm medialmente alla spina
iliaca AS. Si deve giungere fino alla cavità addominale dove ci troveremo prima di tutto di fronte al
peritoneo e dietro di esso abbiamo le anse intestinali. Carichiamo sul divaricatore il peritoneo e le anse
intestinali spostandoli ed esponendo in tal modo le strutture retrostanti tra cui la vena testicolare. La
legatura della vena si effettua il più in alto possibile così da permetterci di chiudere solo la vena principale,
altrimenti dovremmo chiudere tante vene collaterali e così ci si espone a un rischio più alto di recidiva.
Se andiamo tanto in basso non possiamo chiudere la vena principale perché altrimenti il sangue non
verrebbe più drenato.
L’intervento in laparoscopia è sovrapponibile a questo ed è preferibile nel caso di varicocele bilaterale.

Torsione del testicolo


Consiste nella torsione del funicolo spermatico e il problema principale è l’ischemia causata dall’occlusione
dell’arteria testicolare. Rappresenta dunque un’emergenza chirurgica che va affrontata entro 6 ore,
altrimenti va asportato il testicolo poiché la sua necrosi può portare alla formazione di anticorpi
antitesticolo che possono danneggiare anche il controlaterale.
La diagnosi si fa con ecocolordoppler poiché bisogna differenziare la torsione testicolare da uno stato
infiammatorio, poiché in entrambi i casi il paziente si presenterà con dolore (anche se quello della torsione
insorge improvvisamente mentre nella flogosi è ingravescente). All’ecocolordoppler quindi avremo un
iperafflusso di sangue nel caso di flogosi, ipoafflusso in caso di torsione testicolare.
Se la diagnosi è certa si può provare una ritorsione manuale (verso l’esterno, poiché il testicolo si torce
verso l’interno), mentre se la diagnosi è dubbia oppure la ritorsione manuale non ha successo si deve
incidere lo scroto ed esporre il testicolo e a questo punto la ritorsione sarà sicuramente possibile. Prima di
richiudere si devono applicare garze bagnate con acqua calda/tiepida per favorire la riperfusione del
testicolo che visivamente riassumerà un colore da violaceo a roseo.
Dopodiché si procederà con l’orchidofissazione cioè si fissa con dei punti di sutura il funicolo spermatico.

Torsione appendice testicolare o idatide di Morgagni


Si verifica soprattutto nel bambino.
La diagnosi si fa sempre tramite ecocolordoppler ed è importante la diagnosi differenziale con torsione
testicolare.
La terapia è la ritorsione manuale o rimozione chirurgica dell’ appendice testicolare.
INFEZIONI DELLE VIE URINARIE
Definizioni
Le infezioni delle vie urinarie vengono classificate in base a diversi criteri:
 Si dividono in IVU delle alte e basse vie. Le basse vie urinarie sono uretra e vescica, le alte sono
ureteri, pelvi e calici;
 Altra suddivisione riguarda il decorso: acute e croniche;
 Possono essere non complicate o complicate a seconda della presenza di condizioni che
predispongono la proliferazione dei microrganismi. Classicamente nel maschio è l’IPB, per esempio;
 Infine le IVU possono essere isolate o ricorrenti. Si parla di IVU ricorrente se l’infezione urinaria si è
verificata per tre volte in un anno. Le IVU ricorrenti si verificano solo nelle donne.

Fattori predisponenti allo sviluppo di IVU


 Sindromi ostruttive (IPB, malformazioni del tratto urinario, calcolosi, vescica neurologica, muscolo
detrusore scompensato, neoplasie, insomma tutte le condizioni che portano a stasi o ritenzione
urinaria);
 Cateterismo;
 Ospedalizzazione;
 Sesso femminile (per via dell’anatomia dell’uretra, che è molto vicina all’orifizio anale);
 Scarsa igiene dei genitali;
 Gravidanza (causa diminuzione del peristaltismo ureterale e l’utero comprime le vie urinarie);
 Immunosoppressione.

Agenti eziologici
Nel paziente ambulatoriale il 90% delle IVU è causata da E. Coli e talvolta da enterococchi. Il serbatoio di
queste infezioni è l’intestino cioè si tratta di microrganismi commensali che passano dall’ano all’uretra e da
qui per via ascendente si verifica l’infezione delle vie urinarie prossimali.
Nel paziente ospedalizzato E. Coli è responsabile del 50% delle IVU mentre diventano molto più frequenti le
infezioni da Klebsiella, Proteus e Pseudomonas Aeruginosa.

Manifestazioni cliniche
Differiscono tra IVU alte e basse.
Per quanto riguarda le IVU basse:
 Pollachiuria;
 Disuria (non si riesce a urinare nonostante lo stimolo);
 Stranguria;
 Dolore sovrapubico continuo (anche al di fuori della minzione);
Per quanto riguarda le IVU alte:
 Febbre remittente o intermittente (per cui accompagnata da brividi);
 Dolore al fianco continuo(Giordano positivo).

Diagnosi
Anamnesi: ricercare i fattori di rischio.
Esame obiettivo: Manovra di Giordano e palpazione punti ureterali.
Essenziali sono gli esami di laboratorio: esame delle urine completo e urino coltura.
Esame organolettico: possiamo riscontrare urine torbide per la presenza di molti batteri e leucociti e
possono essere rossastre per la presenza di sangue.
Esame chimico fisico: il pH può essere alcalino in infezioni urinarie da batteri produttori di ureasi, di cui
Proteus è il principale. La presenza di nitriti è indicativa di infezione urinaria (batteri come E.Coli,
enterococchi e stafilococchi sono in grado di trasformare nitrati in nitriti.
Altra indicazione di infezione urinaria all’esame chimico fisico è la forte positività all’esterasi neutrofilica.
Esame del sedimento: questo ci informa circa la quantità di leucociti, eritrociti o cilindri ma ciò che ci
interessa sono soprattutto i leucociti. Parliamo di leucocituria solo se abbiamo più di 10 leucociti per campo
microscopico.
Dopo l’esame delle urine, che sarà suggestivo di IVU se presente leucocituria, passiamo all’urinocoltura,
grazie alla quale possiamo valutare la carica batterica e anche svolgere l’antibiogramma. La carica batterica
è misurata in CFU/ml (Colony Forming Unit / ml). Se questo valore non è superiore a 10 5 la carica batterica
non è significativa e non viene considerata batteriuria.
Esiste il caso in cui abbiamo batteriuria e leucocituria ma non ci sono sintomi e in tal caso parliamo di
batteriuria asintomatica. Ma se è asintomatica come faccio a scoprirla? La scopro perché in alcuni casi è
necessario proprio andare a ricercare questa condizione poiché da asintomatica potrebbe diventare
sintomatica. I casi in cui si ricerca sono in gravidanza e nei pazienti prima di un intervento di competenza
urologica. Nelle donne in gravidanza si può optare anche solo per una sorveglianza attiva mentre nel caso in
cui la batteriuria asintomatica sia presente in un pz che deve essere operato si tratterà con terapia
antibiotica. In tutti gli altri casi in cui si riscontri per caso questa condizione non va mai trattata.

Altri esami opzionali


Se sospetto reflusso vescico ureterale eseguirò cistografia minzionale. Questo esame consiste
nell’immissione di mdc in vescica fino al suo riempimento mentre si esegue radiografia. Se c’è reflusso nella
fase di riempimento parliamo di reflusso passivo, mentre se avviene nella fase di svuotamento cioè nella
minzione (mentre il paziente espelle il mdc come se fosse urina) parliamo di reflusso attivo (dato dalla
contrazione del detrusore).
Altro esame opzionale è l’ecografia sovrapubica e quella renale.
Con la sovrapubica posso valutare se pur grossolanamente delle alterazioni dell’apparato urinario (es.
ipertrofia del detrusore). Con la renale posso valutare lo stato del parenchima renale dopo un’infezione in
cui sia stato coinvolto il parenchima dell’organo.
PROSTATITI
Classificazione NIH

Category Definition Symptoms Comments


Type I Infezione acuta della prostata, Febbre Condizione rara,
(prostatite diagnosticata attraverso Dolore lombare, perineale, risponde bene
batterica acuta) l’identificazione di un aumento del articolare, muscolare, al agli antibiotici.
numero di batteri nelle urine e nel pene e testicolare (se c’è
liquido seminali. dolore testicolare è più
grave perchè l’infezione si è
estesa alle vie seminali)
Pollachiuria
Urgenza minzionale
Bruciore e dolore
minzionali e durante l’
eiaculazione.
Type II Infezione ricorrente della prostata. Sintomi come i precedenti Più comune della
(prostatite ma in genere meno intense condizione
batterica cronica) (febbre < 38,5 °C). precedente.
Richiede una
terapia antibiotic
prolungata.
Type III Non c’è infezione batterica Dolore perineale e lombare Rappresenta più
(Prostatite cronica dimostrabile. Emergenza minzionale del 90% dei casi
non batterica o  IIIA (infiammatoria): Pollachiuria di prostatite.
Chronic Pelvic Pain leucociti in urine e liquido Dolore minzionale e Eziologia
Syndrome) seminal. durante l’eiaculazione. sconosciuta e
 IIIB (non infiammatoria): nessun
non presenza di leucociti in trattamento
urine e liquido seminale. clinicamente
provato.
Type IV Presenti leucociti nel liquido None Non necessario
(Prostatite seminale (riscontro accidentale trattamento.
infiammatoria durante spermiogramma per altri
asintomatica) motivi).
Diagnosi
Partiamo ovviamente dai sintomi che ci vengono riferiti dal paziente.
La diagnosi si basa su urinocoltura e analisi del liquido seminale.
VESCICA NEUROLOGICA
Fisiologia
Per comprendere le alterazione funzionali di natura neurologica della vescica è necessario prima conoscere
come, fisiologicamente, avviene il controllo della stessa.
Abbiamo diversi sistemi di controllo che sottendono a diverse funzioni:
 Centri sovra pontini. Si tratta di neuroni presenti in corteccia telencefalica e nuclei della base che
hanno funzione fondamentalmente inibitoria cioè inibiscono lo stimolo della minzione e la
contrazione del detrusore per riempimenti della vescica minori di 400 ml;
 Centri pontini. Si tratta di nuclei di neuroni situati tra ponte e mesencefalo ma anche cervelletto
che hanno funzione di coordinamento cioè questi permettono che quando si contrae il muscolo
detrusore lo sfintere liscio dell’uretra si rilassa e viceversa;
 Simpatico toracolombare. Vi sono dei neuroni nel simpatico toracolombare che innervano lo
sfintere liscio dell’uretra e il trigono vescicale passando per il plesso ipogastrico; lo sfintere liscio
dell’uretra però non è di fondamentale importanza per la minzione bensì è importante nel maschio
poiché permette l’eiaculazione anterograda chiudendo l’accesso alla vescica da parte dello sperma
che proviene dai dotti eiaculatori;
 Parasimpatico sacrale (S2-S4). In questo segmento abbiamo neuroni che vanno a innervare il
muscolo detrusore della vescica. Prima vanno a costituire il plesso pelvico, lateralmente al retto, di
cui la parte anteriore è detta plesso vescicale. Da quest’ultimo vengono raggiunti gangli che si
trovano nel contesto della vescica da cui nascono le fibre postsinaptiche. Questo sistema ha
funzione facilitatoria poiché quando attivato fa contrarre la vescica;
Gli stessi nervi che portano le fibre simpatiche e parasimpatiche per la vescica accolgono anche fibre
sensistive di tipo Aδ e c che captano lo stiramento della vescica. Inoltre le fibre c sono sensibili a stimoli
dolorifici, termici e osmotici.
 Nucleo di Onuf. Sempre alla stessa altezza del parasimpatico sacrale abbiamo un nucleo che si trova
nelle corna anteriori del midollo spinale per cui innerva un muscolo volontario: lo sfintere striato
dell’uretra, tramite il nervo pudendo. Come per tutti gli altri muscoli striati il primo neurone si trova
nella corteccia prefrontale.

Quindi è ben chiaro che avremo diversi tipi di vescica neurologica a seconda di quale parte del sistema di
controllo è compromessa.

Lesioni sovrapontine
Queste sono spesso causate, soprattutto nel caso di giovani pazienti, da tumori cerebrali.
Altre cause sono l’atrofia multisistemica (malattia neurodegenerativa ad eziologia sconosciuta), la malattia
di Parkinson e la sclerosi multipla. Causa frequente sono l’ictus o ripetuti TIA.
La conseguenza di una lesione dei sistemi sovrapontini è un’ iperattività del detrusore con sinergia
conservata. Dato che si tratta di sistemi inibitori è ovvio che la loro compromissione causi iperattività, ma
dato che i sistemi di coordinamento sono conservati abbiamo iperattività con sinergia tra detrusore e collo
vescicale conservata.
Gli strumenti diagnostici per la vescica neurologica sono principalmente l’esame urodinamico e
l’elettromiografia. Ovviamente sono esami di secondo livello per cui ci si arriva dopo aver eseguito un diario
della minzione, un’approfondita anamnesi (che possa far pensare ad un problema neurologico piuttosto
che intrinseco delle vie urinarie) e esami ecografici.
L’esame urodinamico è già stato spiegato. L’elettromiografia consiste nell’utilizzo di elettrodi o di aghi che
fungono da elettrodi allo scopo di valutare l’attività elettrica della vescica come fosse un ECG. Gli aghi si
possono inserire in punti diversi:
 Nel maschio a livello del muscolo bulbocavernoso, appena la di sopra dei testicoli, è palpabile;
 A livello parauretrale;
 A livello dello sfintere anale interno nella donna. Si utilizza lo sfintere anale perché è innervato dagli
stessi neuroni dello sfintere liscio dell’uretra per cui riflettono la sua attività.
Tornando alla diagnosi delle lesioni sovrapontine all’esame urodinamico vediamo che a bassi riempimenti
della vescica la pressione detrusoriale aumenta da subito a causa della contrazione del muscolo detrusore,
testimoniata anche dall’attività elettrica registrata dall’elettromiografia.

Lesioni sottopontine
Queste lesioni sono quelle tipiche dei traumatizzati, in cui c’è stata una vera e propria resezione, non
necessariamente totale, a livello del midollo spinale, per cui si tratta di pazienti anche paraplegici o
tetraplegici. Altre cause possono essere la mielite infettiva e la sclerosi multipla.
La conseguenza di queste lesioni è l’interruzione della connessione tra centri superiori e nuclei del midollo
per cui avremo una iperattività del detrusore dovuta alla mancata comunicazione con i centri sovra pontini
e allo stesso tempo avremo una dissinergia tra muscolo detrusore e collo vescicale a causa dell’interruzione
della comunicazione con i centri pontini di coordinamento.
A livello urodinamico avremo aumenti repentini e irregolari della pressione detrusoriale mentre a livello
elettromiografico abbiamo dei caratteristici spike che ci testimoninano la presenza di iperattività con
dissinergia. Inoltre per la diagnosi di questa patologia ci si avvale anche dell’esame videourodinamico che
consiste nell’immissione di mezzo di contrasto in vescica mentre si esegue radiografia.
Nel caso dell’iperattività con dissinergia abbiamo dei reperti patognomonici:
 Uretra a ravanello. Assume questa forma poiché c’è la contrazione del detrusore e allo stesso
tempo quella dello sfintere liscio per cui la parte di uretra che si trova prima di quest’ultimo di
rigonfia. Nei casi più gravi questo rigonfiamento è maggiore e parliamo di uretra a trottola.
 Per quanto riguarda la vescica questa diventa ipertrofica e con una superficie interna irregolare (un
accentuazione della tipica vescica a righe e colonne) tanto che in proiezione anteroposteriore viene
detta vescica ad albero di natale.

Lesioni sacrali
Le cause di queste lesioni sono il diabete, interventi chirurgici o anche traumi che coinvolgano le radici
sacrali. Vien da sé che in questo caso avremo un’ipoattività del detrusore poiché viene compromessa la sua
stessa innervazione. Dobbiamo distinguere però le lesioni che riguardano il SNP e quelle che riguardano i
nuclei del midollo sacrale quindi del SNC. Nelle lesioni periferiche, che sono quelle causate da diabete o
interventi chirurgici come l’isteroannessectomia, abbiamo un’ ipoattività a bassa compliance mentre nelle
lesioni del SNC abbiamo un’ipoattività ad alta compliance.
La compliance è la capacità di mantenere inalterata la pressione all’aumentare del volume. Quindi se c’è
bassa compliance basterà un basso riempimento per aumentare la pressione all’interno della vescica.
Questo è un problema perché se la pressione all’interno della vescica aumenta molto viene meno il
meccanismo antireflusso a livello vescicoureterale così che può instaurarsi una idroureteronefrosi, la quale
porta progressivamente verso l’insufficienza renale cronica.
All’esame urodinamico quindi possiamo notare la differenza tra bassa e alta compliance poiché nella prima
aumenta molto prima la pressione detrusoriale mentre l’ elettromiografia è molto utile perché notiamo che
l’aumento pressorio non è in realtà dovuto alla contrazione del detrusore in realtà.

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