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Santi Apostoli
In questo luogo, nel secolo IV papa Giulio I fece costruire una chiesa che venne
chiamata Basilica Iulia dal nome del fondatore. La basilica viene già citata in testi del
secolo V con la qualifica di "titulus apostolorum"[2]. In età bizantina, sui resti della chiesa
originaria venne ricostruita una nuova basilica con pianta a croce greca[3], la cui
edificazione fu poi proseguita da papa Pelagio I sotto il governo Narsete, nel VI secolo. La
basilica conserva le reliquie degli apostoli Filippo e Giacomo il Minore.
Quella dei Santi Apostoli è l'unica basilica di Roma che non sia stata edificata su edifici
romani preesistenti, anche se furono precocemente utilizzati materiali di spoglio (si pensa
provenienti dalle terme di Costantino, e non, come vuole una leggenda, dal vicino Foro di
Traiano). Come modello architettonico della chiesa originale spesso viene menzionato
quello a pianta centrale del bizantino Apostoleion di Costantinopoli[4]. Ma invece di una
pianta a croce la basilica romana molto probabilmente possedeva una pianta triconca privo
di cupole[5].
Papa Adriano I, in un trattato diretto a Carlo Magno, accenna alla meravigliosa ampiezza di
questa chiesa, che dice adorna di mosaici.
Nel 1348, fu distrutta da un terremoto. Si veda l'Armellini:
«Della chiesa medievale rimane fra le cose più notevoli uno dei leoni che sosteneva
una colonna, opera di uno dei più celebri maestri marmorari romani del secolo XIII,
cioè Vassalletto: sulla base dove è il leone adagiato si legge infatti il suo nome
preceduto da croce † Bassallectus; monumento che per mio suggerimento fu posto in
luogo d'onore nell'interno del portico attuale della chiesa.»
(Mariano Armellini, Le chiese di Roma dal secolo IV al XIX)
La chiesa venne restaurata solo nel XV secolo per iniziativa di Papa Martino V, che
apparteneva alla famiglia Colonna, da secoli insediata nelle vicinanze. Sempre nel XV
secolo fu eretto il portico antistante la facciata e l'abside della basilica fu ornata da un
affresco raffigurante l'Ascensione, opera di Melozzo da Forlì, i cui frammenti, dopo il
rifacimento settecentesco, sono oggi suddivisi tra i Musei Vaticani e il Palazzo del
Quirinale. Il lavoro di Melozzo, notevole soprattutto per il magistrale uso della prospettiva
da sotto in su, influenzò Michelangelo che ad esso si ispirò per gli affreschi della Cappella
Sistina, in particolare per il Cristo del Giudizio Universale.
Nel 1702 Clemente XI commissionò il totale rifacimento dell'edificio all'architetto Francesco
Fontana, che però morì prematuramente nel 1708. Gli succedette il padre Carlo Fontana,
ormai molto anziano, che perciò nel 1712 fu sostituito da Nicola Michetti. La nuova chiesa
fu consacrata da papa Benedetto XIII il 17 settembre 1724.
Adiacente a Palazzo Colonna, la basilica si presenta oggi con il portico quattrocentesco
che nasconde la facciata neoclassica di Giuseppe Valadier. All'interno del nartece si
notano la stele funeraria dell'incisore Giovanni Volpato, opera di Antonio Canova e altre
lapidi.
Neoclassico rimane il piano superiore della facciata con il grande finestrone, dove Giovanni
Torlonia, all'epoca ancora soltanto duca, volle incisa la fastosa memoria del proprio
intervento del 1827: "IOANNES DVX TORLONIA FRONTEM PERFECIT A D MDCCCXXVII".
All'interno, caratterizzato da un'architettura solenne e severa, si possono ammirare opere
di Antoniazzo Romano, Benedetto Luti, Giuseppe Cades (la Estasi di San Giuseppe da
Copertino) e alcuni rilievi tombali del XV secolo, di cui uno ad opera di Mino da Fiesole.
Pure ammirevole è la Tomba di Lorenzo Colonna, opera rinascimentale di Luigi Capponi,
seguace di Andrea Bregno. Impressionante per l'effetto illusionistico è la Caduta degli
Angeli ribelli sopra il presbiterio, di Giovanni Odazzi. Ma le due opere più note sono il
fastoso affresco della volta, decorata dal Trionfo dell'Ordine
Francescano del Baciccio (1707) e il monumentale sepolcro di papa Clemente
XIV di Antonio Canova (1787). La volta della sacrestia è decorata
dal veneziano Sebastiano Ricci. Nella basilica sono sepolti i cardinali Basilio
Bessarione, Lorenzo Brancati, Agostino Casaroli e il compositore Girolamo Frescobaldi.
La vasta cripta sotto l'altar maggiore fu realizzata da Luigi Carimini nel 1869-71 riunendovi,
oltre alle spoglie degli apostoli titolari Filippo e Giacomo, le reliquie di vari altri martiri
venute alla luce in occasione di tali scavi, e le tombe di due dei Riario, un tempo proprietari
del presbiterio[non chiaro]. Le decorazioni a tempera dell'ambulacro si ispirano a quelle
delle catacombe di San Callisto e di Domitilla.