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I MONTI | 1
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2 | R. I MONTI
Rione Monti.
Il rione, il cui nome ricorda la movimentata altimetria del suo territorio,
comprende un settore cospicuo dell'area racchiusa dalle mura repubblicane
(parte del Quirinale, il Viminale e le propaggini dell'Esquilino) benché l'assai
più vasta estensione originaria sia stata ridotta dopo il l870 per formare i rioni
Castro Pretorio ed Esquilino.
La parte meridionale era prossima ai rilievi su cui sorsero i nuclei abitati
della città primitiva; al centro era la valle della Subura (il nome significherebbe
"zona sotto la città"), già in età repubblicana occupata da modeste dimore (le
domus patrizie punteggiavano le vicine alture), con un tono popolare per certi
aspetti protrattosi sino a oggi. L'antica struttura viaria, come l'attuale che spesso
la ricalca, era condizionata dall'orografia: la Suburra era percorsa
dall'Argiletum (l'odierna via della Madonna de' Monti), che sotto il Cispio,
prominenza dell'Esquilino, si biforcava nel vicus Patricius (l'attuale via
Urbana) e nel clivus Suburanus (la moderna via in Selci); uno schema, questo,
riproposto sfalsato e ingrandito dalle ottocentesche vie Cavour e G. Lanza.
L'età imperiale confermò il carattere residenziale della zona, che vide
sorgere a sud la Domus Aurea di Nerone, poi in parte sepolta dalle terme di
Tito e di Traiano. Con l'avvento del Cristianesimo nacquero, in dimore private,
luoghi di culto (tituli) che furono all'origine di alcune basiliche (S. Pudenziana,
S. Prassede, S. Martino ai Monti, S. Pietro in Vincoli).
La caduta dell'Impero e il taglio degli acquedotti spopolarono le alture:
nel Medioevo piccoli nuclei rimasero solo presso le chiese titolari e gli abitanti
si concentrarono nella Suburra, mentre intorno sorsero recinti fortificati a
controllo delle strade tra l'abitato, i colli orientali e il Laterano: il rione resta
tuttora il più ricco di torri di quel periodo.
Sostanziali mutamenti avvennero solo con Sisto V, che realizzò
l'acquedotto Felice, tracciò via Panisperna e sistemò via dei Serpenti. Tali
interventi posero le premesse per il ripopolamento della parte più alta del rione,
edificata tra Sei e Settecento: oltre alla villa di Sisto V e alle successive
Aldobrandini e Sforza, pochi furono i palazzi nobiliari, a conferma del carattere
popolare e periferico della zona, numerosi invece i conventi e le case d'affitto
settecentesche.
Il 1870 segnò cambiamenti ben più radicali: l'apertura di via Nazionale e
l'urbanizzazione dell'Esquilino, prevista dal piano regolatore del 1873 insieme
alle opere viarie di collegamento con il centro; esemplare della cesura del
vecchio tessuto urbanistico è via Cavour, sulla quale si allineano compatti
caseggiati di fine Ottocento che mascherano le variazioni altimetriche e
nascondono la retrostante minuta edilizia antica.
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viario della zona che qui si biforcava per salire sull'Esquilino evitando la
prominenza del Cispio. Con l'apertura di via Cavour tale funzione è passata al
vicino largo Visconti Venosta e la piazza, già infossata dalla nuova viabilità, è
stata deturpata da costruzioni recenti (a d., su un angolo, iscrizioni e
bassorilievi di fine '400 dalla distrutta chiesetta di S. Salvatore ad tres
imagines).
Si prosegue tra edifici settecenteschi lungo da via Urbana, che ricalca il
vicus Patricius e che deriva il nome attuale da Urbano VIII, cui è riferita la sua
sistemazione definitiva.
Oltre piazza degli Zingari, dalla quale risale le pendici del Viminale, la
breve via Clementina, aperta da Clemente XII (1734), si lascia a d. S.
Lorenzo in Fonte o Ss. Lorenzo e Ippolito, cosi detta dalla presenza, in
sotterranei di età romana, di un pozzo con la cui acqua Lorenzo avrebbe
battezzato il suo carceriere Ippolito. L'attuale chiesa, a navata unica con tre
cappelle per lato, venne costruita dal cardinale Juan Alvarez de Toledo per
opera dell'architetto Domenico Castelli (1656).
Sull'altare maggiore, Battesimo di Sant'Ippolito attribuito a Andrea
Camassei, autore anche delle due tele laterali, Martirio di San Lorenzo e San
Lorenzo che distribuisce i pani ai poveri (c. 1640). Nella sagrestia: busto di
papa Urbano VIII attribuito al Bernini o alla sua scuola. La chiesa ospita la
tomba del famoso architetto ticinese Carlo Fontana, allievo prediletto ed
assistente del Bernini.
Fabbricati di fine '800 segnano l'incrocio con le vie di S. Maria Maggiore
e Panisperna.
Bambin Gesù, iniziata da Carlo Buratti (1731) e completata da
Ferdinando Fuga (1736).
La facciata, a ordine gigante di lesene, contrasta nell'andamento
verticale con l'orizzontalità del convento che la ingloba e appare sproporzionata
in seguito all'eliminazione, per l'innalzamento della quota stradale (c. 1872),
della doppia scala d'accesso.
Nell'interno, a croce greca allungata dal profondo coro e dal vestibolo in
cui si apre a d. la cappella della Passione, di Virginio Vespignani (1856): le
decorazioni sono di Francesco Grandi. All'altare d. S. Agostino trionfa
sull'eresia di Domenico Maria Muratori (1736).
S. Pudenziana, fondata secondo la tradizione da Pudenziana, sorella di
Prassede, nella casa del padre, il senatore Pudente, che aveva ospitato S. Pietro.
L'edificio sorse, come titulus Pudentis, da cui per corruzione Pudenziana,
all'interno di una casa romana dove nel sec. II fu eretto un impianto termale
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Malta) e oggi dell'Antiquarium del Foro di Augusto (v. sotto); il complesso non
è attualmente (1992) visitabile.
I Cavalieri si stabilirono a fine sec. XII sopra la chiesa e il convento di S.
Basilio costruendo la loro sede su strutture romane; Paolo II affidò nel 1466
l'amministrazione del Priorato al nipote cardinale Marco Barbo, che diede alla
casa l'assetto attuale utilizzando maestranze venete, forse le stesse del palazzo
di Venezia (a tale periodo risalgono l'ingresso dal foro di Augusto, ove affaccia
un bel balcone tra due finestre a croce guelfa, e la loggia verso il foro di
Traiano). Trasferito definitivamente nel 1566 il Priorato all'Aventino vi si
insediarono le suore della SS. Annunziata finché nel 1924 si avviò la
demolizione della chiesa e del convento per lo scoprimento del foro di
Augusto; nel 1946 la casa fu concessa all'ordine di Malta, che la fece restaurare
ripristinando l'ingresso su piazza del Grillo.
La FACCIATA sullo slargo ha una cornice a dentelli romanica e una
finestra a croce del '400. Dalla porta a sin. ai piedi della scala si entra
nell'*ATRIO PORTICATO augusteo, mirabilmente conservatosi, ad arcate e
pilastri in travertino. La parte centrale, coperta da una volta nel Rinascimento, è
stata adattata nel 1946 a CAPPELLA DI S. GIOVANNI BATTISTA (visitabile
solo la domenica), ambiente quadrangolare con tre arcate per lato (una sola, più
grande, è nel lato verso l'ingresso); un ambulacro, già parte dell'antico portico,
corre intorno alla cappella; nel vano dell'altare, scavato nel muro romano,
affreschi staccati dalla demolita casa di Flaminio Ponzio.
Dall'atrio porticato si accede a d. all'Antiquarium del Foro di Augusto,
sistemato nel 1949 in tre tabernae, che ospita materiali romani e medievali
provenienti dall'omonimo foro (notevoli le *teste di Giove che ornavano il
fregio delle basiliche e il *capitello con Pegaso).
Si retrocede all'ingresso e, per la scala romana (restaurata), si sale
all'AULA MAGGIORE (interessanti i portali marmorei del '400 con lo stemma
Barbe), dove in fondo è una specie di arengo da cui si poteva parlare ai
Cavalieri raccolti nella sala. A sin. si passa nella SALA DEL BALCONCINO,
situata sopra l'atrio porticato (a d., ricostruzione con frammenti originali di un
tratto del fregio dell'attico dei portici del foro di Augusto, costituito da clipei
alternati a copie delle cariatidi dell'Eretteo di Atene), e nella SALA
BIZANTINA (frammenti architettonici dalle chiese medievali della zona
distrutte per l'apertura di via dell'Impero e affreschi del sec. XII dalla chiesa di
S. Basilio).
Per una porta in fondo all'Aula maggiore si accede a una scaletta (nel
ripiano, disegno a carboncino del sec. XV raffigurante Virgilio con i versi
danteschi che lo ricordano e, intorno, versi virgiliani) che conduce all'aerea
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FORI IMPERIALI
Il colle Oppio
Da largo Ricci si prende a d., all'imbocco di via Cavour (per entrambi, v.
pag. 280), via del Colosseo, uno dei principali accessi all'anfiteatro prima
dell'apertura di via dei Fori Imperiali, sulla quale, oltre via Frangipane -
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tracciato di età romana che conduceva alla basilica di S. Pietro in Vincoli prima
degli interventi ottocenteschi - prospetta al N. 61 la severa fabbrica
cinquecentesca di palazzo Rivaldi, iniziato da Antonio da Sangallo il Giovane
per Eurialo Silvestri, cameriere di Paolo III, e ristrutturato attorno al 1586 da
Jacopo Del Duca; il complesso, divenuto nel 1662 istituto assistenziale col
nome di Ascanio Rivaldi, perse nel 1932 gran parte del giardino, che
originariamente arrivava fino alla basilica di Massenzio, per l'apertura di via
dell'Impero.
Tra gradevoli scorci si giunge in largo Agnesi (bella vista sul Colosseo,
l'arco di Costantino e il tempio di Venere e Roma: v. pagine 262-265), dal
quale si diparte a sin. via degli Annibaldi, prevista dal piano regolatore del
1873 ma aperta nel 1894, profonda trincea che taglia le pendici O
dell'Esquilino: sul lato sin. affacciano fabbricati scolastici di fine '800, su
quello d., c. a metà della strada, la mozza torre degli Annibaldi dei primi del
'200. Dalla parte opposta del largo si stacca via Nicola Salvi, sottostanti alla
quale, a d., sono i pochi resti attualmente visibili delle terme di Tito (nel 1992
in corso di scavo), dall'imperatore erette e dedicate nell'80; orientate come la
Domus Aurea, si componevano di svariati ambienti disposti lungo un asse
centrale (al portico di accesso al complesso appartengono i pilastri laterizi con
semicolonne prospicienti il Colosseo).
Al termine della discesa si entra, per il viale della Domus Aurea, nel
parco del Colle Oppio, che Raffaele De Vico realizzò nel 1928-32
espropriando parte dei giardini del palazzo Brancaccio (v. pag. 489) sul pendio
tra le terme di Traiano e le vie Labicana e Mecenate (l'area interna al perimetro
delle terme e attraversata dal viale del Monte Oppio si deve ad Antonio
Mufloz, 1936) e al cui interno sono i resti della Domus Aurea e delle terme di
Traiano che a essa in parte si sovrapposero.
Subito a sin., in corrispondenza delle sostruzioni dell'esedra del
complesso termale, è l'accesso alle rovine della
Domus Aurea di Nerone (non visitabile), una delle più grandiose
testimonianze dell'architettura romana antica.
Costruita dopo l'incendio del 64, che aveva distrutto la "Domus
Transitoria", dagli architetti Severus e Celer e ornata dal pittore Fabullus (i
motivi decorativi, studiati e riproposti dagli artisti del Rinascimento, presero il
nome di "grottesche"), la villa, che si stendeva dalle pendici del Celio e del
Palatino fino agli "horti Maccenatiani" su un'area di c. un miglio quadrato,
comprendeva, oltre all'edificio residenziale, un ampio giardino (sull'area poi
occupata dal Colosseo era un lago artificiale).
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La parte di palazzo fino a oggi scavata, che si stende per c. m 300 x 100,
mostra nella parte O, incentrata su un cortile porticato, un impianto regolare,
mentre la zona E, articolata attorno a un'esedra trapezoidale e alla sala
ottagona, presenta un impianto più movimentato. Tra gli ambienti che si
dispongono in tale zona spiccano:
il GIARDINO PORTICATO, fiancheggiato a O da un corridoio sul
quale affacciavano stanze e a N da un criptoportico; Un NINFEO, con volta
rivestita di pomici e, al centro, mosaico con Ulisse che offre la coppa di vino a
Polifemo;
la famosa SALA DELLA VOLTA DORATA, dagli stucchi oggi mal
ridotti;
l'altissimo CRIPTOPORTICO, le cui pareti sono rivestite di intonaco
dipinto e le cui volte conservano firme di artisti del Rinascimento
(testimonianza dell'antico aspetto del monumento si conserva nella decorazione
pittorica di un ambiente sul lato opposto al criptoportico);
la SALA OTTAGONA, con la cupola dal grande occhiale centrale e le
pareti aperte su sale disposte a raggiera. Recenti indagini lasciano supporre che
il complesso fosse più esteso a E (sotto gli attuali viale Mizzi e via Mecenate)
di quanto ipotizzato, mentre gli scavi condotti al livello dei giardini del parco
del Colle Oppio hanno rivelato l'esistenza di un piano superiore della Domus
Aurea sistemato a ninfei e peristili.
Si prosegue nel parco tenendo a sin. per i viali Serapide e Mizzi, sul cui
lato sin. sono i cospicui resti dell'abside di un'aula e dell'esedra della palestra E
delle terme di Traiano; opera probabilmente di Apollodoro di Damasco,
l'architetto del foro di Traiano, che le costruì in opus latericium in parte sopra
la Domus Aurea, testimoniano per la prima volta lo schema - poi imitato dagli
impianti di Caracalla e di Diocleziano -costituito da un corpo centrale (c. m 210
x 190) racchiuso da un recinto (c. m 330 x 315) con esedra.
Il viale Mizzi sbocca in via delle Terme di Traiano di fronte alle *Sette
Sale (visita: ore 9-13.30, domenica 9-13, lunedì chiuse; dal l° aprile al 30
settembre martedì, giovedì e sabato anche 16-19), grandiosa cisterna (c. m 40 x
60) appartenente al summenzionato complesso e costituita da nove ambienti
paralleli intercomunicanti, coperti a volta. Sul terrazzo superiore della cisterna,
disposta su due piani (quello inferiore fungeva da sostruzione), si impiantò una
ricca domus, della quale gli scavi del 1966-67 hanno riconosciuto due fasi
edilizie (secoli II e IV).
Da via Nicola Salvi la visita continua per via delle Terme di Tito, largo
della Polveriera (a sin.) e via Eudossiniana (a d.), che oltrepassa la facoltà
d'Ingegneria, trasformazione (G.B. Milani, c. 1915-25) del convento della
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vicina basilica di S. Pietro in Vincoli (il chiostro del primo '500 accoglie un bel
pozzo coevo). Su piazza di S. Pietro in Vincoli, parte dell'antico "Fagutal" (la
pendice O dell'Esquilino) e oggi spazio emarginato dagli interventi urbanistici
ottocenteschi, prospettano a sin. l'alta torre dei Margani già creduta dei
Borgia (sec. XII), trasformata in campanile della chiesa di S. Francesco di
Paola (v. pag. 291) e a d. La
basilica di *S. Pietro in Vincoli, detta anche Eudossiana perché
ricostruita da Eudossia minore moglie dell'imperatore Valentiniano III.
Ricevute dalla madre le catene che avevano avvinto S. Pietro a
Gerusalemme, essa, secondo la tradizione, le donò a S. Leone Magno, che le
avvicinò a quelle della prigionia romana dell'apostolo: le due catene si fusero
miracolosamente in una sola, qui conservata. Scavi condotti nel 195659 nel
sottosuolo della basilica (vi si accede mediante una scala sul lato d. Del
portico) hanno accertato l'esistenza di una domus del sec. ~III con aula
absidata, sostituita nel IV da una basilica dedicata agli apostoli; questo edificio
venne ricostruito al tempo di Eudossia minore, consacrato sotto Sisto III nel
439, modificato nella seconda metà del sec. XV dai futuri Sisto IV e Giulio II,
e poi ancora ai primi del XVIII e nella seconda metà dell'800.
Precede la facciata un PORTICO (pianta, 1; c. 1475), con arcate su
pilastri ottagonali in pietra (nei capitelli, stemma Della Rovere), attribuito dal
Vasari a Baccio Pontelli ma forse opera di Meo del Caprino; la cancellata che
lo chiude risale al tempo di Clemente XI, la dimessa sopraelevazione della
facciata al 157078. Sulla sin., canonica di fine '400 restaurata nel 1861.
Sotto il portico, un portale marmoreo quattrocentesco (stemma Della
Rovere) introduce all'interno (se chiuso rivolgersi al N. 4A), imponente per le
proporzioni e le 20 colonne doriche antiche di marmo imezio (le basi ioniche
sono settecentesche).
La navata centrale, conclusa da un arco trionfale su due colonne antiche
di granito con capitelli corinzi, presenta la veste datale nel 1705-06 da
Francesco Fontana che aggiunse la pesante volta lignea ribassata e cassettonata
(restauro 1989-91; al centro, Miracolo delle catene di G.B. Parodi, 1706); le
navi laterali e il transetto furono coperti a fine '400 con volte a crociera
(stemma Della Rovere). A sin. dell'ingresso, monumento di Antonio e di Fiero
del Pollaiolo con busti dei fratelli, opera di Luigi Capponi (post 1498); sopra,
Processione propiziatoria per la peste del 1476, affresco di scuola di
Antoniazzo Romano.
NAVATA DESTRA. 1° altare (2): S. Agostino del Guercino. 2° (3):
Liberazione di S. Pietro, copia dal Domenichino; ai lati, monumenti del
cardinale Girolamo Agucchi (sin.; m. 1605) e di Lanfranco Margotti (d.; m.
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Dal lato sin. dello slargo si stacca via dei Quattro Cantoni, dove al N. 50,
oltre un recinto settecentesco rimaneggiato a fine '800, è l'ex villa Sforza ora
Ufficio delle Imposte di Fabbricazione, costruita nella prima metà del sec.
XVII ispirandosi a prototipi palladiani nella pianta con salone centrale (le ali
laterali risalgono ai primi del '700); la facciata, preceduta da una doppia
scalinata, presenta belle cornici barocche ed è sormontata da un belvedere in
corrispondenza del salone centrale.
Chiude il lato SE dello slargo l'abside e il cinquecentesco portale
posteriore della basilica di
S. Martino ai Monti, la cui facciata principale, prospettante su viale del
Monte Oppio, è articolata da due ordini di lesene a fascio (ai lati del portale, S.
Martino e S. Silvestro, stucchi di Stefano Castelli). Sull'antico "titulus Equitii"
venne eretta da papa Simmaco una prima chiesa, dedicata ai Ss. Silvestro e
Martino, poi riedificata da Sergio II; la veste attuale risale ai restauri iniziati nel
1636.
L'interno è a tre navate, divise da colonne antiche con capitelli
compositi su cui poggia la trabeazione (sopra questa, medaglioni in stucco e
statue di santi di Paolo Naldini, c. 1655). Le navate laterali conservano bei
soffitti lignei seicenteschi monocromi a rilievo e, sulle pareti, affreschi di
Gaspard Dughet (a d., storie di S. Elia; a sin., Paesaggi della Campagna
romana) e prospettive di Filippo Gagliardi (Interno di S. Giovanni in Laterano
prima del rinnovamento borrominiano; Antica basilica di S. Pietro).
NAVATA DESTRA. 1° altare: S. Maria Maddalena de' Pazzi di Matteo
Piccione (1647). 2°: Estasi di S. Teresa di Gesù di Giovanni Greppi. 3°: S.
Martino di Fabrizio Chiari. La scalinata centrale scende alla scenografica
CRIPTA (Filippo Gagliardi, c. 1650), con profusione di colonne doriche
e, sulle volte, stucchi del Naldini. Dalla cripta si accede a sin. a una suggestiva
AULA (m 18 x 11; per la visita rivolgersi al sagrestano), coperta da volte a
crociera su pilastri e preceduta da un vestibolo, databile al sec. III e facente
parte del "titulus"; in essa sono frammenti architettonici romani e medievali,
resti di affreschi del sec. IX (nella volta, avanzo di Croce gemmata), un
ciborietto cosmatesco e un mosaico Madonna con S. Silvestro) del sec. VI.
NAVATA SINISTRA. 2° altare: S. Alberto carmelitano di Girolamo
Muziano (1575). 1°: S. Angelo di Pietro Testa (1646). All'inizio della navata,
S. Cirillo battezza un sultano, affresco di Jan Miel (1651).
Dalla piazza, la visita volge al termine per la via di S. Martino ai Monti,
tratto superiore del "Cliviis Suburaineuls"(nel palazzo al N. 20° un'iscrizione
ricorda un soggiorno lungo la quale s'incontra, serrato tra e se d'abitazione il
protiro medievale, con due colonne antiche granito con capitelli ionici, di *
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All'estremità sin. Dell'antico transetto, ora base del campanile (sec. XV;
non visitabile), storie di martiri, affreschi del sec. IX.
SAGRESTIA (12). All'altare, pala di S. Giovanni Gualberto di Agostino
Ciampelli; alle pareti, Flagellazione già ritenuta da Giulio Romano, Cristo
deposto e santi di Giovanni De Vecchi, S. Giovanni Gualberto eremita di
Francesco Gai. NAVATA SINISTRA. 4a cappella (di S. Giovanni Gualberto;
13), a croce greca e cupola (Ernesto Leschiutta, 1933): affreschi e mosaici di
Giulio Bargellini (1935). 3a (Olgiati; 14), di Martino Longhi il Vecchio: Gesù
sotto la Croce di Federico Zuccari; volta affrescata dal Cavalier d'Arpino. 2a
(15): Preghiera di S. Carlo di Ludovico Stern (1739; firma), cui appartengono
anche il S. Carlo in meditazione e il S. Carlo in estasi ai lati.
La via S. Prassede, che costeggia il fianco duce in piazza di S. Maria
Maggiore (v. pag. 492).
Poco oltre si interseca l'antica strada Felice (v. pag. 333), oggi
denominata a d. via delle Quattro Fontane (v. pag. 307) e a sin. Via Depretis (v.
sotto; sullo sfondo, l'abside di S. Maria Maggiore: v. pag. 493).
Eretta dai Conti agli inizi dei sec. XIII, fu acquistata da Bonifacio VIII,
che la fortificò contro i Colonna; il terremoto del 1348 provocò il crollo del
terzo piano e il cedimento del terreno, causa della forte inclinazione tuttora
visibile. Nel '500 fu di nuovo dei Conti e dal 1619 delle monache di S.
Caterina, che l'inglobarono nel convento; dopo i restauri e i consolidamenti
operati da Antonio Mufloz nel 1914, è stata annessa dal 1927 al complesso dei
mercati di Traiano ma attualmente non è visitabile. Su un basamento a blocchi
di tufo si levano due piani a paramento esterno in laterizio (del terzo resta un
moncone) e coronamento a merli, quest'ultimo di restauro; il rivestimento
interno è a blocchi di tufo irregolarmente alternati a filari di mattoni.
Sul lato opposto del largo (N. 158) è il palazzo Antonelli, di origine
cinquecentesca ma ristrutturato da Andrea Busiri Vici nel 1854-69 e
nuovamente trasformato per la prosecuzione di via Nazionale, che appartenne
al cardinale Giacomo Antonelli e oggi alla Banca d'Italia; in fondo all'androne,
decorato da numerosi frammenti antichi, è un eccezionale avanzo (scoperto nel
1875 e visibile su permesso del portiere) delle mura Serviane (v. pag. 149),
costituito da un *arco a conci di tufo pertinente a una camera balistica (sec. I a.
C.).
Via Nazionale cambia qui direzione e pendenza, e si riduce in larghezza
per scendere a piazza Venezia utilizzando i preesistenti vicolo dei Colonnesi e
via S. Romualdo: questa soluzione (1876-77) scongiurò la prima, ideata da
Alessandro Viviani nel 1873, che prevedeva dopo la curva un rettilineo fino a
piazza di Trevi e ulteriori sventramenti fino al Pantheon; dal 1918 questo tratto
ha preso i nomi di via IV Novembre e via Cesare Battisti.
Oltre l'ingresso, a sin., ai mercati di Traiano (v. pag. 256) è, al N. 100, la
casa Ruboli (Pietro Carnevale, 1884-86), nella quale l'eclettismo adotta il
linguaggio minuto del '400 fiorentino (decorazione in maioliche dipinte) per
'adeguarsi' all'adiacente torre dei Colonna, eretta alla fine del sec. XII da
Gilido Carbone e annessa al sistema difensivo dei Colonna e poi dei Molara:
tutta in laterizio e originariamente a tre piani (lato su via delle Tre Cannelle; le
sei aperture su via IV Novembre sono recenti) con coronamento a beccatelli di
travertino (di restauro), conserva in basso tre frammenti di rilievi classici e lo
stemma Colonna.
Al secondo gomito della via, e a scenografico fondale neobarocco di via
del Plebiscito (v. pag. 193), s'incurva nel portico d'entrata il prospetto del
palazzo dell'INAIL (Armando Brasini, 1928-34, restauro 1989); subito a d. è
via della Pilotta, con l'inconfondibile profilo dei quattro ponticelli che
collegano palazzo Colonna (v. pag. 296) all'omonima villa sul Quirinale (v.
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Il rione, il cui nome deriva dal trivio presso piazza dei Crociferi, accolse
nel Medioevo la massima concentrazione di abitazioni attorno alle piazze di
Trevi, dove restava attiva l'Acqua Vergine, e dei Ss. Apostoli; la sommità del
Quirinale, denominato Monte Cavallo dai colossali Dioscuri e sulle cui pendici
era stato costruito al tempo di Caracalla il tempio di Serapide, rimase invece
scarsamente abitata, conservando un aspetto suburbano fino alla metà del
Cinquecento quando agli insediamenti difensivi medievali si sostituirono casini
e ville (villa Carafa d'Este, nucleo del palazzo del Quirinale), nonché edifici di
carattere religioso oggi in gran parte scomparsi.
Con Pio IV si iniziò una parziale rivitalizzazione della zona con il
livellamento e l'ampliamento dei percorsi classici dell'"Alta Semita" e del
"vicus Portae Collinae", che presero il nome di strada Pia (le attuali vie del
Quirinale e XX Settembre), ma fu soprattutto sotto Sisto V, con l'apertura nel
1585 della strada Felice (il rettifilo che ancora oggi collega Trinità dei Monti a
S. Croce in Gerusalemme) e con la costruzione del condotto dell'Acqua Felice
(1585-89), che cominciò una vera e propria urbanizzazione.
Nel corso del Seicento si restaurarono antiche chiese (S. Susanna, sorta
nel Medioevo come "titulus Gai") e se ne costruirono di nuove (S. Paolo poi S.
Maria della Vittoria, S. Nicola da Tolentino, S. Basilio) mentre nella parte
bassa del rione attorno a piazza i Ss. Apostoli, importanti palazzi (Odescalchi,
Colonna, Grimaldi, Muti Papazzurri) sorsero a fianco di abitazioni di borghesi
e artigiani formando un fitto tessuto urbano; il complesso del Quirinale sede
papale alternativa al Vaticano, divenne il fulcro della zona, che dal XVIII
secolo ebbe assetto definitivo con la costruzione degli edifici connessi alla
residenza e al governo pontificio (scuderie, palazzo della Consulta, palazzo
della Famiglia Pontificia, Manica Lunga, palazzina del Segretario della Cifra).
Sostanziali cambiamenti si verificarono dopo il 1870 nella parte alta del
rione per adeguarla alle funzioni di Roma capitale: la costruzione degli edifici
dei ministeri mutò completamente l'aspetto della strada Pia, asse di
collegamento tra il Quirinale - divenuto residenza del re - e la stazione
ferroviaria, mentre la sistemazione di via della Dataria (1866) e il livellamento
di via XXIV Maggio (1877) crearono i collegamenti fra il centro storico e i
nuovi quartieri a nord-est della città; l'apertura delle vie del Tritone (1885-
1925), Barberini (1926-32), Bissolati (1933) e del traforo Umberto I (1902-03)
hanno accentuato la trasformazione del rione, che ha mantenuto le
caratteristiche più suggestive intorno al polo di fontana di Trevi e che ha nella
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bugnato su tutta la superficie, nel doppio piano di bifore entro archi e nel netto
cornicione.
La via di S. Marcello, che si stacca dall'angolo NO della piazza
costeggiando a d. il fianco di palazzo Balestra, già Muti Papazzurri (1644),
incontra al N. 41B l'accesso alla cappella della Madonna dell'Archetto, eretta
nel 1851 da Virginio Vespignani per i marchesi Alessandro e Caterina
Papazzurri; nonostante le esigue dimensioni, è notevole per l'armonia delle
proporzioni architettoniche e la varietà delle decorazioni (sull'altare, venerata
immagine della Madonna causa nostrae letitiae, dipinta su pietra maiolicata da
Domenico Maria Muratori nel 169,0).
Al termine della via si è in piazza dell'Oratorio, che prende nome
dall'oratorio del Crocifisso eretto da Giacomo Della Porta. La manieristica
facciata (1568), finemente decorata, ha un forte slancio verticale e reinterpreta
con libertà la tradizionale struttura a ordini sovrapposti.
L'interno, ad aula rettangolare e con soffitto a lacunari è interamente
affrescato: in controfacciata a d. Processione per la peste del 1522 di Paris
Nogari e Approvazione degli statuti della confraternita di Baldassarre Croce; a
sin. Il Crocifisso rimane intatto nell'incendio della chiesa, di S. Marcello e
Fondazione del convento delle Cappuccine del Pomarancio.
Sulle pareti, tra profeti e sibille, *Invenzione ed esaltazione della Croce:
ad. (restauro 1989), S. Elena fa abbattere gli idoli e Invenzione della Croce di
Giovanni De Vecchi (1579), e Miracolo della vera Croce di Nicolò Circignani
(1589); a sin., Duello fra Cosroe ed Eraclio e Visione di Eraclio del Circignani,
ed Eraclio porta la Croce a Gerusalemme di Cesare Nebbia.
Sulla d. dell'oratorio è la galleria Sciarra, passaggio pedonale verso via
Marco Minghetti aperto nel 1885-86 da Giulio De Angelis, nel quadro della
ristrutturazione del vicino palazzo Sciarra (v. pag. 243), con schema crociato e
volta a padiglione di ferro e vetro; nel vano centrale, a ordini sovrapposti di
lesene, decorazione eclettica affrescata da Giuseppe Cellini (1886-88; restauro
1986-87).
Da piazza dell'Oratorio, seguendo il tratto di d. di via dell'Umiltà che
costeggia a sin. il prospetto del teatro Quirino, si raggiungono la chiesa di S.
Rita, già S. Maria delle Vergini (la facciata, di gusto tardo-manieristico, fu
edificata forse su disegno di Mattia de Rossi, mentre l'interno è opera di
Francesco Peparelli del 1634-36), e l'edificio (Andrea Busiri Vici, 1859) che
ingloba la chiesa di
S. Maria dell'Umiltà, eretta nel 1641-46 da Paolo Marucelli e
trasformata da Carlo Fontana, autore anche della primitiva facciata (1681);
questa conserva l'ordine unico di paraste e la decorazione tardo-seicentesca, ma
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con maschera tragica di Edoardo Muller; Bacco e Arianna del Reni; Marina di
Antonio Tempesta; Assunta di scuola del Baciccia; ritratto del cardinale
Bartolomeo Pacca di Francesco Laboureur; copia della Galatea di Raffaello
eseguita da Pietro da Cortona; Gloria di angeli di Luigi Garzi; busto di
Napoleone di Antonio Canova; ritratto di Antonio Canova di Filippo Albacini;
Atleta trionfante di Francesco Hayez; Monte Circello di Giulio Aristide
Sartorio; Flora, gesso di Pietro Tenerani.
SALA I: *ritratto di Clemente XI del Baciccia; Pastorale di Girolamo e
G.B. Bassano; Filatrice di Pier Francesco Mola; S. Girolamo, riferito alla
bottega di Tiziano; *Putto reggifestone, frammento di affresco di Raffaello;
*Annunzio ai pastori di Jacopo Bassano; la cosiddetta Maschera di
Michelangelo, probabile calco in gesso da uno dei bronzi di Daniele da
Volterra; Deposizione di Marcello Venusti; Venere allo specchio di Carletto
Caliari; Modestia di Giovanni Conca; Giaele e Sisara di Carlo Maratta; Trionfo
di Bacco di Nicolas Poussin (da Tiziano); ritratto ritenuto di Marino Corner di
Francesco Beccaruzzi.
SALA II: Seduzione di Paris Bordone; Giuditta e Oloferne di G.B,
Piazzetta; studio per la Cena in casa del fariseo di Pierre Subleyras; Marina di
Anzio di Claude Joseph Vernet; Perseo e Andromeda del Cavalier d'Arpino;
Madonna con Bambino, tavola attribuita a Francesco di Giorgio Martini;
Riposo in Egitto di Federico Barocci; Annunciazione di Lorenzo di Credi;
Madonna con Bambino del Baciccia; Madonna con Bambino e S. Giovannino
di scuola fiorentina; Autoritratto di Federico Zuccari; Cattura di Cristo del
d'Arpino; bozzetto per la Deposizione di Cristo (in S. Pietro in Montorio) di
Dirk van Baburen; ritratti di Tiziano, di Frans (II) Pourbus e di Alessandro
Allori; al centro della sala, S. Bartolomeo e S. Andrea, frammenti su tavola del
Bronzino.
SALA III: ritratti di Domenico Pellegrini, di Andrea Appiani, di Joseph
Grassi, di Joseph Nollekens, di Antonie Joseph Wiertz e di Periry Williams;
autoritratti di Marie-Renée-Geneviève Brossard de Beaulieu e di Elisabeth
Vigée Lebrun; Paride ed Ecuba di Vincenzo Camuccini; Venere e Adone del
Pellegrini; Funerali di Cesare di Pietro Gagliardi; Ulisse alla corte di Alcinoo,
bozzetto di Francesco Hayez; bozzetto per il Soffitto dell'Opera di Parigi di
Jules-Eugène Lenepveu; Speranza di Angelica Kauffmann; busto di Antonio
Canova attribuito ad Alessandro d'Este; paesaggi del sec. XVIII; al centro,
gesso delle Tre Grazie di Bertel Thorvaldsen.
SALA IV: Visione di Giuseppe di Nicolas Wleughels; Autoritratto di
Giuseppe Cades; Sogno di Giacobbe di Aniello Falcone; Sposalizio di S.
Caterina di Adriaen Isenbrandt; Deposizione di scuola tedesca del sec. XVI;
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giardini nel corso del '500; con la strada Felice (v. pag. 333) assunse carattere
di spazio urbano, e tra l'ultimo quarto dell'800 e il primo del '900 anche un
aspetto moderno grazie all'apertura delle vie Veneto (v. pag. 509) e Regina
Elena, ora Barberini (v. pag. 312).
Al centro è la *fontana del Tritone (restauro 1986-87), inconfondibile e
spettacolare creazione di Gian Lorenzo Bernini (1642-43) per Urbano VIII con
motivi allegorici e un'abile fusione di elementi naturalistici e antropomorfi: da
una vasca molto bassa, che conferisce maggior risalto all'insieme, quattro
delfini con le api barberiniane (la famiglia dette nome alla piazza già nel 1625)
sollevano con la coda una conchiglia sulla quale poggia un tritone che manda
verso il cielo uno zampillo d'acqua.
Nella quinta edilizia che chiude la piazza spicca per 'estraneità' l'hotel
Bernini Bristol, eretto da Ettore Rossi nel 1943.
La via delle Quattro Fontane, tratto della strada Felice, sale dall'angolo
SE della piazza, costeggiando, in corrispondenza di via Rasella (di fronte al N.
155, presso il tardo-seicentesco palazzo Tittoni, il 23 marzo 1944 33 soldati
tedeschi furono uccisi da un'esplosione provocata da partigiani; per
rappresaglia 335 civili vennero trucidati alle Fosse Ardeatine: v. pag. 775), la
sontuosa cancellata a pilastrate (Francesco Azzurri ' 1864; sua la fontana a
candeliere nel retrostante giardino) che segna l'ingresso di
palazzo Barberini (nel 1992 in restauro). Il progetto iniziale
dell'edificio, eretto sul luogo della villa del cardinale Rodolfo Pio da Carpi (poi
villa Sforza) che il cardinale Francesco Barberini acquistò nel 1625, si deve a
Carlo Maderno, che ideò dapprima una costruzione quadrangolare, inglobante
il preesistente complesso, secondo lo schema classico del palazzo
rinascimentale e poi elaborò un progetto ad ali aperte che rivoluzionava tale
concetto in quello di palazzo-villa sull'esempio di villa Farnesina di Baldassarre
Penizzi) unendo le funzioni di abitazione di rappresentanza della famiglia
papale con l'uso della villa urbana dotata di vasti giardini e di prospettive
aperte. Gian Lorenzo Bernini, subentrato nella direzione dei lavori, mantenne il
progetto originale: sua la concezione del salone centrale, della LOGGIA vetrata
corrispondente al porticato sottostante, con i tre ordini (dorico nel porticato,
ionico al piano nobile, corinzio al piano superiore con fasci di lesene fra i
finestroni strombati) e della grandiosa
SCALA A POZZO QUADRATO, con rampe sostenute da colonne
doriche binate fino al primo piano, per la quale si accede, dal lato sin. del
porticato, alla Galleria d'Arte antica (v. sotto); a Francesco Borromini sono
riferibili il disegno delle finestre del corpo centrale del piano nobile, alcuni
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Pietro; Incoronazione della Vergine di Nicolò di Pietro (fine sec. XIV); opere
veneziane della fine del sec. XV e fiorentine del sec. xv.
SALA II: Madonna con Bambino, scultura di area napoletana con
influenze toscane (primi decenni sec. XV); *Madonna con Bambino (datata
1437 sulla base del trono) e Annunciazione di Filippo Lippi; tavola lunettata
del Maestro della Natività Johnson.
SALA III (opere toscane del sec. xv): Crocifissione di Girolamo di
Benvenuto; Pietà, bozzetto in terracotta di Francesco di Giorgio Martini;
Maddalena di Piero di Cosimo (inizi sec. XVI).
SALA IV (opere di ambito unibro- marchigiano e laziale dei secoli XV-
XVI): tavole di Pietro Alemanno e di Bernardino di Mariotto; Madonna in
trono con i Ss. Pietro e Michele di Lorenzo da Viterbo (firma; 1471); Madonna
con Bambino e i Ss. Paolo e Francesco di Antoniazzo Romano (firma; 1488);
Madonna e i Ss. Francesco, Giovanni Battista, Girolamo e Chiara di Niccolò di
Liberatore (1460-70); S. Pietro e S. Paolo attribuito a Marco Meloni; S.
Niccolò da Tolentino, tavola del Perugino (1505-07); S. Girolamo di ambito
del Perugino, come la piccola croce stazionale con l'Eterno, la Maddalena, S.
Giovanni, la Vergine, S. Sebastiano (recto) e S. Francesco e S. Antonio da
Padova (verso).
SALA V (opere di area settentrionale e toscana del sec. XVI): sulla
volta, Divisione delle acque, tela di Lorenzo Pécheux, e monocromi di Nicolò
Ricciolini. Pietà di Giacomo Francia; S. Giuseppe di Amico Aspertini; S.
Girolamo di Marco Palmezzano; Madonna con Bambino firmata da Michele
Giambono (post 1430); S. Sebastiano e S. Caterino di Francesco Pagano;
Crocifissione di Bernardino Butinone; Pellegrini in un santuario del Maestro di
S. Sebastiano; Sacra famiglia e Madonna con i Ss. Giuseppe e Pietro martire di
Andrea del Sarto; *Madonna con Bambino (non finita) di Domenico
Beccafumi; Madonna della cintola del Maestro dei Paesaggi Kress (c. 1533);
Madonna con Bambino e S. Giovannino di Tommaso di Stefano; Ritratto di
donna con turbante di Andrea del Brescianino (c. 1510-20).
SALA VI (opere di ambito raffaellesco): nel soffitto, Creazione degli
angeli di Andrea Camassei. Busto di Cerere di Baldassarre Peruzzi; Ratto delle
Sabine e Sposalizio mistico di S. Caterina del Sodoma; al centro, *La
Fornarina, celebre dipinto di Raffaello, che ritrasse, secondo la tradizione, la
donna amata; Madonna con Bambino di Giulio Romano (c. 1525); Sposalizio
mistico di S. Caterina di Girolamo Genga; ritratto di Stefano Colonna del
Bronzino (firma; 1546).
SALA VII (opere lombarde, ferraresi e venete): sulla volta, Trionfo della
Divina Sapienza di Andrea Sacchi (1629) e *cornice in stucco con Dafni e
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conserva nei sotterranei una monumentale cisterna per acqua di età adrianea
formata da quattro navate separate da pilastri e mantenente l'originario
rivestimento in cocciopesto), si interseca via Barberini, aperta nel 1926- 32
col nome di via Regina Elena per collegare la stazione di Termini con il centro
demolendo il teatro Barberini di Pietro da Cortona (c. 1630-35) e una
suggestiva schiera di case sotto l'omonimo palazzo, che oggi si caratterizza per
la presenza degli uffici di rappresentanza di numerose compagnie aeree e
marittime.
Si sale con leggera curva fino a largo di S. Susanna (nell'aiuola, resti in
blocchi di tufo delle mura Serviane: v. pag. 149), avendo di fronte il *palazzo
dell'Ufficio Geologico (chiuso per restauri), istituzione fondata a Firenze nel
1869, trasferita a Roma nel 1873 e destinata al lavoro della carta geologica
d'Italia. L'edificio, costruito da Raffaele Canevari (1873-80), è interessante per
l'impiego di realizzazioni strutturali innovative in ferro: l'originale facciata
risulta particolarmente imponente con le ampie vetrate e i decorativi elementi
funzionali; l'interno, caratterizzato dall'uso di materiali tradizionali e moderni,
ha una struttura mista che ha consentito di realizzare vaste sale di esposizione.
Vi sono annessi il Museo del Servizio Geologico (ingresso al N. 13; per la
visita telefonare al 4880982), fondato nel 1875, e una biblioteca specializzata.
Contermine al largo di S. Susanna è piazza di S. Bernardo, individuata
nella seconda metà del sec. XVI dal tracciato della strada Pia (v. pag. 315) e
delle vie delle Terme e S. Susanna; tra la fine del '500 e gli inizi del '600
acquisì carattere monumentale grazie alla fontana del Mosè e alle chiese di S.
Susanna, di S. Maria della Vittoria e di S. Bernardo alle Terme, trasformandosi
intorno al 1870, per la rapida urbanizzazione della zona, in nodo primario di
collegamento tra il centro e la stazione. Vi si riconosce l'imponente *fontana
del Mosè (restauro 1988-89), che Domenico Fontana ideò nel 1587 come
mostra dell'acquedotto Felice (v. pag. 654) ispirandosi alle tipologie dell'arco
trionfale e del ninfeo.
Sotto il grande attico (iscrizione con soprastante stemma sorretto da
angeli) si aprono tre nicchioni: in quelli laterali, Giosuè fa attraversare agli
Ebrei il Giordano asciutto (Flaminio Vacca) e Aronne guida il popolo ebreo a
dissetarsi (G.B. Della Porta), al centro la colossale e sproporzionata statua del
Mosè di Leonardo Sormani e Prospero Bresciano (1588). Dalla base dei
nicchioni l'acqua sgorga nelle vasche ornate di quattro leoni (copie degli
originali egizi trasportati da Gregorio XVI ai Musei Vaticani); la balaustra
marmorea che le cinge proviene da un edificio del tempo di Pio IV.
A sin. della fontana, al di là di via XX Settembre (v. pag. 315), è la
chiesa di S. Maria della Vittoria (da un'immagine della Madonna. Trovata tra
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i rifiuti del castello di Pilsen, alla quale fu attribuita la vittoria degli eserciti di
Ferdinando II d'Asburgo su Praga protestante nel 1620), sorta su una
precedente cappella dei Carmelitani Scalzi dedicata a S. Paolo e ricostruita nel
160820 a spese del cardinale Scipione Borghese su progetto di Carlo Maderno.
La solenne e snella facciata (restauro 1990-91), realizzata nel 1626 da
G.B. Soria ispirandosi a quella della vicina S. Susanna e preceduta da una
breve scalinata, è a due ordini, di cui quello superiore, nel quale si apre un
finestrone con timpano arcuato, coronato da un frontone triangolare e da una
balaustra.
L'interno, uno dei più sontuosi modelli di decorazione barocca per la
ricchezza dei marmi, degli stucchi e dei fregi, è a navata unica, con volta a
botte e tre cappelle per lato intercomunicanti; sui decoratissimi arconi della
crociera poggia la cupola priva di tamburo: sulla volta, Trionfo della Madonna
sulle eresie e Caduta degli angeli ribelli di Giovanni Domenico Cerrini (1675),
autore anche dell'Assunta in gloria nella cupola.
Sopra la porta d'ingresso, organo con scenografica cantoria barocca di
Mattia de Rossi (1680). 2a cappella d.: pala d'altare raffigurante la *Madonna
col Bambino e S. Francesco; ai lati, *S. Francesco in estasi e S. Francesco che
riceve le stimmate, ultime opere del Domenichino a Roma (1630). Transetto d.:
Sogno di S. Giuseppe, gruppo marmoreo di Domenica Guidi; ai lati, Fuga in
Egitto (d.) e Adorazione dei pastori (sin.), altorilievi in marmo di Pierre-
Etienne Monnot (1699); nella volta, Gloria di Bonaventura Lamberti. Cappella
maggiore (restaurata dai Torlonia nel 1833): nel catino absidale, La Madonna
della Vittoria entra in Praga con gli eserciti cattolici di Luigi Serra (1885); nel
coro posto dietro l'altare, Rapimento di S. Paolo al terzo cielo di Gherardo delle
Notti (1620).
Transetto sin. (*cappella Cornaro, creazione di Gian Lorenzo Bernini):
entro edicola marmorea mistilinea, S. Teresa trafitta dall'amore di Dio,
capolavoro dello stesso (1646; dalla volta a cassettoni piove sul celebre gruppo
una luce dorata che crea suggestive e segrete penombre: un angelo dal sorriso
ambiguo sta per colpire il cuore della santa); assistono allo 'spettacolo',
affacciati a nicchie a guisa di palchetti di teatro, i membri della famiglia
Cornaro, opera di Bernini e aiuti; nella volta, Gloria dello Spirito Santo di
Guidobaldo Abbatini. 3a cappella sin.: SS. Trinità del Guercino (c. 1642); alla
parete d., monumento funebre del cardinale Berlinghiero Gessi (il ritratto del
defunto è di Guido Reni, c. 1641). 2a: Apparizione di Cristo a S. Giovanni
della Croce, pala d'altare di Nicolas Lorrain (c. 1667), autore anche della
Madonna salva S. Giovanni della Croce (d.) e della Morte del santo (sin.).
Nella sagrestia, dipinti raffiguranti la Battaglia di Praga, cimeli storici della
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otto nicchie con statue di santi in stucco di Camillo Mariani (c.1600). All'altare
d., Visione di S. Bernardo di Giovanni Odazzi (c. 1710).
Al 5' pilastro, S. Giovanni de la Barrière di Andrea Sacchi. Cappella di
S. Francesco (a d. del presbiterio): statua del santo di Giacomo Antonio
Fancelli (c. 1647); a sin., monumento funebre del pittore Federico Overbeck di
Karl Hoffmann (1869); alle pareti, busti di membri della ' famiglia Nobili del
Fancelli. Nel coro, Vergine Lauretana di Carlo Saraceni (1600). Subito a d.,
monumento dello scultore Carlo Finelli (m. 1853) di Rinaldo Rinaldi. All'altare
sin., Sacra famiglia e santi dell'Odazzi (1710).
Sì imbocca, in direzione del palazzo del Quirinale (v. pag. 319), il
segmento SO di via XX Settembre (a partire da pag. 507 è descritta invece la
sezione tra porta Pia e piazza di S. Bernardo), nome con il quale fu ribattezzato
il tratto tra il quadrivio delle Quattro Fontane e porta Pia della strada Pia aperta
da Pio IV attorno al 1560.
Il tracciato ricalcò in gran parte l'antichissimo percorso romano lungo la
dorsale del Quirinale, costituito dall'"Alta Semita" e dal "vicus Portae
Collinae", che già Sisto V aveva migliorato inserendolo nel suo sistema
stradale. Nel segmento tra le piazze del Quirinale e di S. Bernardo si
concentrarono le emergenze monumentali (palazzo pontificio e chiese con
annessi conventi), mentre quello successivo mantenne carattere suburbano per
tutto l'800, quando la strada, che conduceva al palazzo reale, si costituì come
asse direzionale. accogliendo svariati ministeri.
Oltre via Firenze, si costeggia a sin, il prospetto neorinascimentale, con
avancorpo centrale a ordine gigante, del palazzo del Ministero della Difesa,
sorto nel 1875-89 sul luogo delle chiese di S. Teresa e della SS. Incarnazione, i
cui monasteri furono in parte inglobati nella struttura a blocco con cortili
interni; sul lato opposto gli rispondono le facciate dei palazzi Caprara (N. 11;
1884) e Baracchini (N. 8; 1886) - entrambi di Giulio Podesti - della chiesa
presbiteriana scozzese di S. Andrea (N. 7A; 1885) e dei palazzi Calabresi (N. 5;
1882) e Bourbon (N. 3; 1884), questi ultimi su disegno di Gaetano Koch.
Il fianco sin. dell'austero palazzo Albani Del Drago (ingresso al N. 20 di
via delle Quattro Fontane), iniziato ai primi del sec. xvii su disegno di
Domenico Fontana e terminato un secolo dopo da Alessandro Specchi che vi
inserì la torre belvedere, porta al *quadrivio delle Quattro Fontane, punto
d'intersezione dell'omonimo rettifilo (v. pag. 307) con l'asse XX Settembre-via
del Quirinale e punto tra i più significativi delle sistemazioni urbanistiche di
Sisto V e poi ottocentesca. Agli angoli smussati dell'incrocio, che ha per
fondali gli obelischi della fontana di Monte Cavallo (v. pag. 319), Sallustiano
presso Trinità dei Monti (v. pag. 347) e di piazza dell'Esquilino (v. pag. 493),
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completamento della cosiddetta Manica Lunga (il lato SE del palazzo del
Quirinale). Quest'ultima fu eretta a più riprese da Sisto V, Alessandro VII e
Clemente XII, che la fece prolungare dal Fuga nel 1730-32: il lungo (m 360) e
monotono prospetto, caratterizzato da una predominante orizzontalità
accentuata dalla successione di finestre e dal marcapiano sotto il quarto ordine,
fu sopraelevato dal Cipolla nel 1872.
Una gradinata semicircolare a sin. introduce alla chiesa di *S. Andrea al
Quirinale, altro capolavoro di architettura sacra barocca, commissionata dal
cardinale Camillo Pamphilj nel 1658 a Gian Lorenzo Bernini, che la edificò sul
luogo della chiesa di S. Andrea a Montecavallo.
Al centro della singolare facciata, a un solo ordine con paraste corinzie
sorreggenti un frontone triangolare, è un finestrone semicircolare dal quale
sembra 'ribaltarsi' il protiro poggiato su colonne ioniche.
L'interno, ricco di marmi policromi, dorature e stucchi, è a pianta
ellittica, con l'asse principale sul lato minore e quattro cappelle. La serie
ininterrotta dei pilastri che sorreggono la trabeazione focalizza l'attenzione
sull'altare, preceduto da un'edicola a colonne con frontone concavo (statua di S.
Andrea di Antonio Raggi); la cupola a cassettoni dorati è popolata da figure in
stucco del Raggi la lanterna da cherubini.
1a cappella d. (pianta, 1): pala d'altare (Morte di S. Francesco Saverio) e
tele laterali del Baciccia (1705); nella volta, Gloria del santo di Filippo Bracci
(1746). 2a (2): Deposizione, Flagellazione e Salita al Calvario di Giacinto
Brandi (1682). Cappella maggiore (3): altare in bronzo dorato e lapislazzuli su
disegno di Bernini; Martirio di S. Andrea del Borgognone (1668); sopra,
splendida raggiera dorata con angeli e cherubini, del Raggi.
2a cappella sin. (4): Madonna col Bambino e S. Stanislao Kostka di
Carlo Maratta (1687); nella volta, Gloria del santo di Giovanni Odazzi.
Cappella dei Fondatori (5): Madonna col Bambino e santi di Ludovico
Mazzanti; nella volta, Gloria di angeli di Giuseppe Chiari. Nell'attiguo
convento, le camere di S. Stanislao ospitano la statua marmorea del santo
(Pierre Legros) e dodici tempere (storie del santo) di Andrea Pozzo.
Superato a sin. il giardino creato nel 1888 per la visita a Roma
dell'imperatore di Germania Guglielmo Il demolendo le cinquecentesche chiese
di S. Chiara e di S. Maria Maddalena (il monumento equestre a Carlo Alberto è
di Raffaele Romanelli, 1900), si sbocca in
*piazza del Quirinale, aperta verso O sul panorama della città. Il luogo,
posto sulla sommità dell'omonimo colle (m 61; il nome deriverebbe da un
tempio di Quirino o da "Curii", città donde secondo la leggenda mossero i
Sabini di Tazio per venire a stabilirsi su questa altura) e qualificato in età
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classica dal tempio di Serapide e dalle terme di Costantino (da esse provengono
i Dioscuri che fecero chiamare la contrada, dal Medioevo in poi, "De Caballo"
o "Monte Cavallo"), per il disagevole collegamento con le zone sottostanti
cominciò ad assumere un assetto organico solo a partire da Sisto V; nel '700 le
scuderie del Quirinale e il palazzo della Consulta completarono i lati SO ed E,
mentre con Pio IX (1866) si ebbe l'ultima radicale trasformazione, che permise
il collegamento della piazza con la parte bassa della città (via della Dataria: v.
oltre).
Fulcro dello spazio urbano è la fontana di Monte Cavallo, con i due
colossi (m 5.60) di Castore e Polluce, i Dioscuri, che frenano i rispettivi cavalli.
Provenienti dalle terme di Costantino, le statue, copie di età imperiale romana
di originali greci del sec. v a. C., erano rivolte fino al 1589 verso l'attuale
palazzo della Consulta; in quell'anno Sisto V le restaurò e per valorizzare la
prospettiva della strada Pia le spostò al centro della piazza con una fontana
alimentata dall'acquedotto Felice (v. pag. 654). Pio VI (1786) incaricò
l'architetto marchigiano Giovanni Antinori di orientare le statue con i cavalli
divergenti verso il Quirinale per poter erigere al centro l'obelisco proveniente
dal mausoleo di Augusto; solo nel 1818 Pio VII commissionò a Raffaele Stern
una nuova fontana, nella quale fu utilizzata la vasca proveniente dal Campo
Vaccino.
Lo slargo prende nome dal *palazzo del Quirinale, iniziato da Martino
Longhi il Vecchio (1573-77) e continuato da Ottaviano Mascherino (1578-85).
Eretto sul luogo della quattrocentesca villa del cardinale Oliviero Carafa
e poi del cardinale Ippolito d'Este come residenza estiva dei papi, fu ingrandito,
sul finire del Cinquecento e nel corso del secolo successivo, da Domenico
Fontana, Flaminio Ponzio, Carlo Maderno e Gian Lorenzo Bernini; sotto
Alessandro VII, Pietro da Cortona eseguì le decorazioni pittoriche, Clemente
XII completò l'edificio e Benedetto XIV ne arricchì i giardini. A partire da
Clemente VIII (1592) fu sede papale fino al 1870, quando divenne reggia dei
Savoia che trasformarono lo spirito severo degli ambienti nell'ala E verso il
giardino per renderlo più rappresentativo; dal 1947 è la residenza del presidente
della Repubblica.
La facciata, eretta dal Fontana per Sisto V (1589) nelle austere forme del
tardo Rinascimento e restaurata nel 1987, è a due piani, con finestre a
piattabanda e timpano, ed è animata dal portale del Maderno (1615) con
colonne sorreggenti un ricco timpano, su cui sono le statue di S. Pietro (Stefano
Maderno) e di S. Paolo (Guillaume Berthélot); al di sopra è la LOGGIA
DELLE BENEDIZIONI (1638) di Gian Lorenzo Bernini (al centro, Madonna
con Bambino di Pompeo Ferrucci, 1635). Il TORRIONE circolare, pure di
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Felice eretto sotto Pio IX nel 1864 da Filippo Martinucci sul luogo del
convento dei Cappuccini (1580) poi annesso alla chiesa di S. Croce e S.
Bonaventura dei Lucchesi, che accoglie nel cortile quadrato interno strutture
della chiesa superiore di S. Nicola de Portiis (v. pag. 301) e nel sotterraneo i
resti del sepolcro dei Semproni (per la visita rivolgersi alla presidenza della
Repubblica), scoperto nel 1863: la facciata in blocchi di travertino della tomba,
che prospettava sull'antico tracciato verso il Quirinale, è sormontata da un
elegante fregio a palmette con cornice a dentelli e ovuli (sopra la porta di
accesso alla cella, iscrizione dedicata a Sempronio, alla sorella e alla madre).
Seguono (numeri 94-95) il palazzo della Dataria Apostolica oggi
dell'ANSA, rinnovato da Andrea Busiri Vici (1860) che inglobò il palazzo del
cardinale Orazio Maffei sede dal 1615 della suddetta istituzione papale, e (N.
22) il palazzo Testa Piccolomini di Filippo Barigioni (1718-19).
Fronteggia il palazzo del Quirinale il basso fabbricato già delle scuderie
del Quirinale, iniziato nel 1722 da Alessandro Specchi per Innocenzo XIII e
terminato nel 1730 da Ferdinando Fuga sotto Clemente XII (stemma in
facciata), con elegante prospetto e due avancorpi laterali fra i quali è un'ampia
balconata; l'aspetto attuale è il risultato delle mutilazioni ottocentesche volute
da Pio IX (stemma sul portale) per l'apertura della contermine via della Dataria
(v. sopra), quando si eliminò il portico d'angolo e la bella scalinata a rampe
ricurve che collegava l'edificio allo slargo.
Sul lato E della piazza è il *palazzo della Consulta (poi Ministero
dell'Africa Italiana e dal 1955 sede della Corte Costituzionale), che fu edificato
da Ferdinando Fuga (1732-34) come sede del Tribunale della Consulta, della
Segnatura dei Brevi e delle caserme delle Corazze e dei Cavalleggeri.
La vivace facciata, ripristinata nei colori originari nel 1988-91, è a due
piani con ammezzato: in quello terreno è un leggero bugnato, mentre la zona
centrale è scandita da lesene, con parti laterali ritmate da fasce che inquadrano
ricche finestre. La Giustizia e la Religione (1739) coronano il portale centrale
di ispirazione michelangiolesca; sulle porte secondarie sono trofei di Filippo
Della Valle (1735); in alto, stemma di Clemente XII con figure alate (Paolo
Benaglia, 1735). Nel cortile si proietta lo scenografico scalone a due piani e
doppierampe con aperture centinate al centro.
Si discende il colle per via XVIV Maggio, già del Quirinale, aperta nel
1877 per creare un accesso monumentale da via Nazionale (v. pag. 170) al
Quirinale abbassando il dislivello e demolendo parzialmente gli edifici sul lato
destro. A tale periodo risale la scenografica scalinata - con doppia rampa,
ricchissimo portale e balaustrata - di accesso alla villa Colonna (1618),
annessa a palazzo Colonna (v. pag. 296); nei giardini, risistemati nel 1611-25
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per volere di Filippo I Colonna, sono resti delle murature laterizie e giganteschi
frammenti della trabeazione del monumentale tempio di Serapide, eretto da
Caracalla.
La fronteggia, all'interno di un ampio giardino cinto da un muraglione
con finestre cieche, il palazzo Pallavicini Rospigliosi sorto sul luogo delle
terme di Costantino, l'ultimo grande impianto pubblico antico (resti nel
muraglione sopracitato, al piano cantinato del palazzo e sotto il giardino);
commissionato dal cardinale Scipione Borghese a Flaminio Ponzio (1605) e
completato da Carlo Maderno (1616), il palazzo appartenne al cardinale Giulio
Mazzarino e ai suoi eredi che lo ampliarono, e nel 1704 fu acquistato dai
Pallavicini Rospigliosi, che tuttora lo detengono.
A sin. del portale del muro di cinta sorge il CASINO PALLAVICINI
(ingresso al N. 43; visita il 1° del mese, ore 10-12 e 15-17), graziosa loggetta
con tre ambienti di cui il centrale arretrato: al soffitto del salone centrale,
*Aurora di Guido Reni (1614); alle pareti, Trionfo dell'Amore e della Fama,
fregio di Antonio Tempesta, e le Quattro Stagioni di Paul Brill.
Nelle stanze adiacenti, Rinaldo e Armida di Giovanni Baglione (1614) e
Combattimento di Armida del Passignano. In fondo al cortile interno è il
palazzo, con due semplici avancorpi: al primo piano è la Galleria Pallavicini
(visitabile con presentazione particolare), una delle più importanti raccolte
romane. Il genovese Nicolò Pallavicini, amico di Peter Paul Rubens, e il figlio,
cardinale Lazzaro (1602-80), costituirono H primo nucleo della raccolta; il
matrimonio (1670) di Maria Camilla Pallavicini con G.B. Rospigliosi portò alla
fusione delle rispettive collezioni. La successiva separazione delle raccolte, in
seguito al ripristino del ramo Pallavicini (1679), fu operante solo nell'800: la
collezione Rospigliosi andò dispersa nel 1931-32, la Pallavicini si arricchii di
dipinti della scuola piemontese provenienti dai Medici del Vascello. Si notino:
14, Madonna col Bambino e S. Giovannino del Guercino; 17, Madonna col
Bambino di Federico Barocci; 19, Sacra famiglia di Jacopo Bassano; 43,
Riposo nella fuga in Egitto di Pietro da Cortona; 49-57, Paesaggi di Jan Frans
van Bloemen; 58-59, Pastore e armmti e Maniscalco di Pieter van Bloemen;
67-69, Trasfigurazione e i Ss. Gerolamo e Agostino e Madonna col Bambino e
S. Giovannino, di Sandro Botticelli; 78-79, Paesaggi di Paul Brill; 85, S.
Cecilia di Denys Calvaert; 112, Gentildonna con cagnolino di Annibale
Carracci; 114-115, Miracolo del cieco nato e S. Pietro di Ludovico Carracci;
140, I cinque sensi di Carlo Cignani; 141, Ercole che fila di Antonio
Circignani; 147-151, S. Agostino e Teste femminli di Sebastiano Conca; 153,
Riposo nella fuga in Egitto di Placido Costanzi; 154157, Battaglie del
Borgognone; 158, Paesaggio con S. Gerolamo di Nicolò dell'Abate; 169-170,
Ritratti di Antonie Van Dyck; 204-206, Sacra famiglia, Cupido e una ninfa e
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Venere e Cupido di Luigi Garzi; 207, ritratto di Clemente IX del Baciccia; 218-
227, Rinaldo e Armida, Venere allatta Amore, Riposo nella fuga in Egitto, S.
Clemente portato in cielo dagli angeli, Allegoria, Estasi di S. Pietro
d'Alcantara, Miracolo di S. Maria Maddalena de' Pazzi, Riposo nella fuga in
Egitto, Pietà e gruppi di amorini, tutti di Giacinto Gimignani; 234, Madonna
col Bambino del Giampietrino; 235-239, Morte di Giuliano l'Apostata,
Conversione di Saul, Morte di Lucrezia, Giudizio di Paride e Comunione degli
apostoli, di Luca Giordano; 271, Derelitta di Filippino Lippi; 281, Esequie di S.
Francesco di Lorenzo Monaco; 288, *La Lussuria scacciata dalla Castità di
Lorenzo Lotto; 295-296, Il cardinale Giacomo Rospigliosi e Madonna della
neve di Carlo Maratta; 335-336, Adamo ed Eva e Cristo morto e angeli di
Palma il Giovane; 341, Genietto con il corno dell'abbondanza di Nicolas
Poussin; 351-352, Perseo e Andromeda e Crocifisso di Guido Reni; 422, S.
Giovanni nel deserto del Pornarancio; 430-443, ritratto di Hélène Fourment,
Cristo e I dodici apostoli di Peter Paul Rubens; 448, Madonna del Sassoferrato;
449, Ritratto virile di Francesco Salviati; 450 Madonna col Bambino e S. Anna
di Carlo Saraceni; 452-453 Enoc portato in cielo e Giuseppe venduto dello
Scarsellino; 461 Madonna col Bambino, S. Giovannino e un santo di Luca
Signorelli; 462, S. Ignazio in gloria di Francesco Soliniena; 463, Natura morta
dello Spadino; 466, Loth e le figlie di G.B. Speranza; 470, Cristo risana il
paralitico di Pierre Subleyras; 471, Ferdinando Il de' Medici di Justus
Sustermans; 481-482, Caccia al cervo e Battaglia di Antonio Tempesta; 484,
Cucina vista dalla dispensa di David Teniers II il Giovane; 485-486 Animali di
David Teniers III; 489, ritratto di Primo Lechi di Tintoretto; 490, S. Giacomo
maggiore del Garofalo; 503, Cristo morto e angeli di Francesco Trevisani; 513,
Rissa davanti all'ambasciata di Spagna di Diego Velázquez; 546, Peccato
originate del Domenichino.
Dietro il palazzo, sulla sin., in un secondo giardino è un NINFEO detto
"Il teatro"; la decorazione della vicina loggia delle Muse si deve ad Agostino
Tassi (quadrature) e Orazio Gentileschi (muse e Concerto di musici).
Proseguendo lungo via XXIV Maggio si incontra a d. la chiesa di S.
Silvestro al Quirinale, menzionata già nel 1030 e denominata dapprima in
Caballo e successivamente in Arcioni dall'omonima famiglia; riedificata nel
1524, ebbe demolite, per l'allargamento della strada, l'originaria facciata tardo-
cinquecentesca e le prime due cappelle: l'attuale prospetto a due ordini (Andrea
Busiri Vici, 1873-77), che si ispira agli schemi cinquecenteschi, è puramente
decorativo.
L'interno, cui si accede da una porta a sin. (se chiusa, suonare al N. 10)
per una scala pure del Busiri Vici, è a navata unica, con due cappelle per lato,
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Il rione, il cui nome deriva dalla colonna di Marco Aurelio e che era
compreso nel Campo Marzio classico (di tale epoca restano le colonne dei
tempio di Adriano), è caratterizzato da una zona pianeggiante lungo via del
Corso (già tratto urbano della Via Flaminia) e da una zona che sale verso il
Pincio (il "collis hortulorum"). Nel Medioevo, la parte bassa fu discretamente
abitata e caratterizzata dalla presenza di chiese, mentre lungo la via sorgevano
modeste case e numerose torri, poi inglobate nei successivi edifici; l'area sotto
il Pincio, chiamata "ad capita domorum" (a capo le case) per indicare il limite
dell'abitato, fu invece occupata soprattutto da vigne e orti ("infra bortos"; "de
fractis" da cui il nome della chiesa di S. Andrea delle Fratte). Nel Cinquecento
nella zona di Montecitorio sorsero case con facciate dipinte e si tracciarono
nuovi percorsi (l'asse vie del Pantheon-della Maddalena-di Campo Marzio);
sotto il Pincio si installarono invece conventi e arciconfraternite (le
Carmelitane a S. Giuseppe a Capo le Case, gli Eremitani Scalzi di Spagna a S.
Ildefonso), cui si affiancarono nuovi edifici (palazzo Tonti) e ville intorno a
piazza Grimana (attuale piazza Barberini).
Una decisa urbanizzazione si ebbe però solo sotto Gregorio XIII e
soprattutto sotto Sisto V, con il tracciamento della strada Felice (1585-89),
mentre nel Seicento e Settecento furono sistemate, nella zona pianeggiante, le
piazze Colonna, di Pietra, di Montecitorio e della Maddalena e si rinnovarono i
complessi di S. Maria Maddalena e di S. Maria in Aquiro.
La zona ai piedi del Pincio, che accoglie la chiesa di S. Silvestro in
Capite e la borrominiana S. Andrea delle Fratte, ha mantenuto abbastanza
inalterate le sue caratteristiche ambientali, mentre quella intorno a
Montecitorio, dove si segnalano la chiesa di S. Maria Maddalena e il palazzo
Capranica, ha subito dopo il 1870 profonde trasformazioni con l'allargamento
delle vie del Corso e del Tritone e soprattutto con il raddoppiamento del
palazzo di Montecitorio (1903-27), che cancellò il suggestivo tessuto urbano
circostante; la lacerazione non è più stata completamente sanata, mentre la 'città
politica' continua ancora oggi a estendersi in modo allarmante, assorbendo i
circostanti edifici a destinazione residenziale.
L'itinerario ha inizio - a 0 di piazza Colonna, oltre il palazzo Wedekind,
v. pag. 242 - da piazza di Montecitorio (il medievale "Mons Acceptorius"),
altura artificiale da cui svetta l'obelisco di Psammetico II (594-589 a. C.),
trasportato da Heliopolis per volere di Augusto che lo pose nel Campo Marzio
come gnomone dell'orologio solare (v. pag. 238); caduto nel sec. IX, fu
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La Biblioteca della Camera dei Deputati, fondata nel 1848, contiene oltre
400000 volumi e periodici relativi a storia, politica, economia, diritto, e, dal
1990, la collezione Kissner.
Prendendo a d. dell'edificio la stretta via dell'Impresa, su cui incombono
i fianchi posteriori dei palazzi Chigi e Verospi (v. pag. 239-240), si giunge in
piazza del Parlamento, creata in funzione del nuovo edificio cancellando un
suggestivo tessuto urbano, che occupa una parte dell'antico largo dell'Impresa,
così chiamato perché vi aveva sede l'impresa del lotto.
Qui è la turrita facciata posteriore del palazzo di Montecitorio,
estranea per mole e colore all'ambiente circostante; eretta dal Basile (1903-27)
in mattoni rossi e travertino con enorme stilobate e modesto portale, è
pregevole soprattutto per i particolari decorativi liberty (gruppi allegorici di
Domenico Trentacoste, 1911). Sul lato opposto della piazza è il palazzo del
Banco di S. Spirito già della Banca d'Italia, in forme classicheggianti di
Marcello Piacentini (1918); al N. 33 della retrostante via in Lucina è la casa
Vacca, eretta da don Pedro de Vaca in via della Vignaccia a fine '400 e qui
ricostruita.
Da piazza di Montecitorio, presso l'angolo sin. dell'omonimo palazzo, si
imbocca in leggera discesa la via degli Uffici del Vicario, che tra case
sei-settecentesche giunge in piazza in Campo Marzio, dove, con ingresso
laterale al N. 45A, sorge la chiesa, cattolica orientale di rito antiocheno, di S.
Maria della Concezione in Campo Marzio, già annessa a un monastero di
Benedettine fondato intorno al 750 da papa Zaccaria. Costruita con l'opera di
Giacomo Della Porta, Carlo Maderno e Francesco Peparelli, fu trasformata in
forme barocche nel 1668-85 da Giovanni Antonio de Rossi, autore anche della
decorazione architettonica dell'atrio e dell'elegante cortile antistante, reso
illusionisticamente più ampio, e restaurata nel 1986-87.
L'interno consta di un'imponente croce greca con sette altari; originale la
cupola ellittica senza tamburo. Altare della crociera d. (a sin. entrando):
Battesimo di Gesù, Nascita del Battista e Decapitazione del Battista di Pasquale
Marini. 1a cappella d. (sul fianco d. dell'abside): S. Gregoriio Nazianzeno di
Luigi Garzi (1666). All'altare maggiore, inserito in un'abside movimentata da
due colonne con angeli berniniani, icona della Madonna avvocata (sec. XII-
XIII) da Costantinopoli; il catino absidale fu affrescato da Placido Costanzi (c.
1730). Altare della crociera sin.: Morte di S. Benedetto di Lazzaro Baldi (sue le
storie del santo alle pareti). 1° cappella sin. (a sin. della porta che dà sul
cortile): Natività di Maria di ambito di Baccio Ciarpi.
L'ex monastero di S. Maria della Concezione in Campo Marzio, oggi
della Camera dei Deputati (raggiungibile a sin. della chiesa per via Metastasio
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e a d. per vicolo Valdina, dove è l'accesso al N. 3), ingloba sull'angolo sin. del
chiostro la chiesa di S. Gregorio Nazianzeno, sorta su una costruzione del sec.
IV: la facciata a timpano (con rifacimenti del sec. XVIII) è fiancheggiata dalla
torre campanaria (secoli XII-XIII) a quattro ordini di trifore; all'interno, a
navata unica con volta a botte e abside, affreschi dell'XI-XII secolo. Nel
refettorio del monastero, lunettone (Cristo in casa di Marta e Maria) di
Sebastiano Conca.
Da piazza in Campo Marzio si segue in direzione S via della Maddalena,
pervenendo nell'omonima piazza che mantiene intatto l'aspetto sette-
ottocentesco e sulla quale prospetta la chiesa di *S. Maria Maddalena, una
delle più rappresentative del tardo barocco romano. Originata da una cappella
trecentesca, fu affidata nel 1586, con l'annesso ospedale della confraternita dei
Disciplinati o Battuti, a S. Camillo de Lellis quale sede dei Ministri degli
Infermi; questi ultimi (1621) aprirono la piazza antistante e iniziarono la nuova
chiesa: ai primi lavori (1631-34) si susseguirono Giovanni Francesco Grimaldi
(autore soprattutto del convento), Carlo Fontana (1673), che realizzò la cupola
e la volta, Giovanni Antonio de Rossi (1695), Giulio Carlo Quadri e Francesco
Felice Pozzoni, che la terminarono nel 1699. La movimentata facciata (restauro
1987), aggiunta solo nel 1735 da Giuseppe Sardi, è l'esempio più significativo
di stile rococò a Roma: un andamento continuo concavo si propaga sui due
ordini, arricchiti da nicchie, statue e ornamenti di stucco.
L'interno, con navata ellittica e cappelle sui lati, transetto e cupola, è
un'originale fusione dell'impianto longitudinale con quello centrale. Sopra
l'ingresso, ricchissimo organo con cantoria in legno dorato e figure allegoriche
in stucco (1740); alle pareti, entro nicchie, statue (quelle di d. in stucco, quelle
di sin. in marmo) delle Virtù, opera di Carlo Monaldi, Paolo Morelli e altri;
sulla volta, storie della Maddalena di Michelangelo Cerruti (1732); la cupola
con la SS. Trinità e i pennacchi con i Dottori della Chiesa sono di Etienne
Parrocel (1739). Il cappella d.: S. Francesco di Paola resuscita un bambino di
Biagio Puccim (1720). 2a: venerata immagine della Madonna della Salute. 3a:
S. Camillo ha lo visione della Croce , pala di Placido Costanzi (1749); volta
affrescata da Sebastiano Conca (Gloria di S. Camillo); alle pareti, storie del
santo di scuola del Conca. Cappella a d. dell'altare maggiore: venerato
Crocifisso di S. Camillo (sec. XVI); sul lato opposto, pregevole statua lignea
della Maddalena (sec. XV). Altare maggiore: Maddalena in preghiera, pala di
Michele Rocca (1698); alle pareti, Noli me tangere e Le Marie al sepolcro
(1756). Nel catino absidale, Predicazione di Gesù alle turbe, affresco di
Aureliano Milani (1732). 3a cappella sin.: Cristo, la Vergine e S. Nicola di Bari
del Baciccia (1698); alle pareti, Miracoli del santo di Bonaventura Lamberti.
2a: S. Lorenzo Giustiniani adora il Bambino di Luca Giordano (1704). La
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sagrestia è la più bella del '700 romano per l'armonioso insieme della
decorazione e degli arredi, "rocaille".
Costeggia il fianco d. della chiesa la via delle Colonnelle, che sbocca in
piazza Capranica avendo di fronte la chiesa di S. Maria in Aquiro, di antica
fondazione (fu restaurata da Gregorio III) e già denominata "a Cyro"; concessa
da Paolo III alla confraternita degli Orfani (1540), venne ricostruita nel 1590-
1620 per il cardinale Antonio Maria Salviati da Francesco da Volterra e poi da
Filippo Breccioli e Carlo Maderno. La facciata, del Breccioli su disegno del
Maderno nella parte inferiore, fu completata nell'ordine superiore - a una sola
campata con finestrone a loggia e due piccoli campanili laterali - da Pietro
Camporese il Vecchio nel 1774.
L'interno, preceduto da un vestibolo con pietre tombali (secoli XIV-XV)
dalla distrutta chiesa di S. Stefano del Trullo e completamente decorato nel
1866 da Cesare Mariani, è a tre navate, con tre cappelle per lato, transetto e
cupola. 3a cappella d.: storie della Madonna, affreschi di Carlo Saraceni
(1617). Nell'edicola dell'abside, affresco staccato (Madonna col Bambino e S.
Stefano) di scuola cavalliniana (sec. XIV). 2a cappella sin.: Compianto sul
Cristo morto attribuito a Maestro Jacobbe (post 1634); la Flagellazione e la
Coronazione di spine ai lati sono ascritte a Trophime Bigot (c. 1635-40).
La piazza deriva il nome dal severo *palazzo Capranica (restauro
1991), eretto dal cardinale Domenico nel 1451 inglobando case preesistenti e la
cappella di S. Agnese (v. sotto), che ne chiude il lato N; tipico esempio di
edificio del primo Rinascimento romano, era originariamente a un solo piano
con torre laterale e senza cortile, e presenta una fase costruttiva tardo-gotica (a
tufelli con bifore marmoree trilobate) e una fase con finestre a croce e torre con
loggia.
L'interno è in gran parte occupato dal cinema Capranica, una delle più
antiche sale da spettacolo della città. Nato come sala teatrale privata per
Pompeo e Federico Capranica (1678), fu ricostruito nel 1694 da Carlo Euratti
con la pianta a "U" tipica dell'epoca e ricche ornamentazioni, aggiungendo a
metà '700 il massimo splendore grazie alle scenografie di Filippo Juvarra e
Francesco Galli Bibiena; riedificato a metà '800, nel '922 fu adibito a
cinematografo.
li portale al N. 98 dà accesso al Collegio Capranica, fondato nel 1456
dal cardinale Domenico per educare i giovani alla carriera ecclesiastica (fu il
primo del genere a Roma); disposto su due lati di un cortile, accoglie
nell'interno, trasformato come la facciata nel 1955, la CAPPELLA DI S.
AGNESE, dov'è la pregevole tavola della Madonna in trono col Bambino, due
santi e i cardinali Capranica di Antoniazzo Romano (c. 1451).
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di S. Maria in Via, posta in angolo con largo Chigi (il palazzo della
Rinascente è a pag. 240). Già menzionata nel 955 e famosa per la cappella del
Pozzo, eretta per ospitare l'immagine della Madonna rinvenuta nel 1256,
secondo la tradizione, tra le acque sgorganti di un pozzo (ancora visibile a d.
dell'altare), fu riedificata nel 1491 sotto Innocenzo VIII, affidata da Leone X ai
padri serviti, ricostruita nel 1594 da Francesco da Volterra su progetto di
Giacomo Della Porta, che iniziò anche la facciata, e completata da Carlo
Rainaldi (1670). Il prospetto
(restauro 1989-91) è a due ordini, con finestrone, eleganti volte di
raccordo e coronamento con doppio timpano. Nell'interno, a navata unica con
quattro cappelle per lato, la 1a cappella d. accoglie la venerata Madonna del
Pozzo, frammento di dipinto su tegola (sec. XIII-XIV); la 3° (Aldobrandini)
Annunciazione e, ai lati, Adorazione dei Magi e Natività del Cavalier d'Arpino
(1596).
Attraversata via dei Tritone (v. pag. 307), si è nella piazza di S. Claudio,
dove si trova la chiesa dei Ss. Andrea e Claudio dei Borgognoni, edificata per
la colonia di quella nazione in luogo di un oratorio acquistato nel 1656 e
ricostruita nel 1728-29 da Antoine Dérizet: in facciata, statue di S. Andrea di
Lue Francois Breton e di S. Claudio.
Nell'interno, a croce greca con cupola, all'altare maggiore, in alto,
affresco con L'Eterno di Antonio Bicchierai (gli angeli adoranti sono di scuola
berniniana); all'altare d., S. Carlo Borromeo di Placido Costanzi; all'altare sin.,
Risurrezione di Jean Francois De Troy.
Un blocco di case separava, fino al 1940, la piazza di S. Claudio dalla
contermine piazza di S. Silvestro, importante nodo di traffico sin da fine '800 (a
tale periodo risale la pretenziosa facciata neorinascimentale del palazzo della
Posta Centrale che ne chiude il fondo). Le dà nome la chiesa di S. Silvestro in
Capite, già annessa al convento eretto sulle rovine del tempio del Sole sotto
Stefano II e chiamata "inter duos hortos" perché era circondata da orti o "in
capite" perché vi è conservata la reliquia della testa di S. Giovanni Battista.
Completamente restaurata nel 1198-1216 (al 1210 data la costruzione del
campanile su cinque ordini di doppie bifore), deve l'aspetto attuale risalente al
1595-1601, a Francesco da Volterra e Carlo Maderno; alla fine del '600 fu
completata nelle decorazioni da Carlo Rainaldi Mattia e Domenico de Rossi '
autore quest'ultimo anche della facciata (1703; restauro 1992), a un solo ordine,
tripartita da lesene e ornata di statue.
Per un portale con cornice del sec. XIII e un cortile con frammenti di
lapidi, si accede all'interno sontuosamente barocco a navata unica con cappelle
laterali e volta a botte affrescata da Giacinto Brandi (Assunta in gloria e santi,
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1680). Sopra l'ingresso, fastosa cantoria con organo (1680). la cappella d.:
Madonna col Bambino e i Ss. Antonio da Padova e Stefano I di Giuseppe
Chiari, cui appartengono anche i dipinti con storie dei due santi (1695). 2a: S.
Francesco riceve le stimmate di Orazio Gentileschi (1610); alle pareti e sulla
volta, storie del santo, dipinti di Luigi Carzi. 3a: Pentecoste di Giuseppe
Ghezzi, autore di tutta la decorazione Pittorica della cappella. Transetto d.:
Madonna col Bambino e santi di Baccio Ciarpi; sulla volta storie di S.
Silvestro, di Ludovico Gimignani (1690). Gli affreschi della cupola sono del
Pornarancio e aiuti (ante 1605). Cappella maggiore, a forma di arco trionfale e
preceduta da un recinto bronzeo con candelabri e putti di fine sec. XVII: *altare
marmoreo, opera di scultori toscani (1518); il tabernacolo è del Rainaldi
(1667). Abside: Martirio di S. Stefano I (d.) e Messaggeri di Costantino
chiamano S. Silvestro (sin.) attribuiti a Orazio Borgianni (1610); nel catino,
Battesimo di Costantino del Gimignani (1688). Transetto sin.: Madonna col
Bambino e santi di Terenzio Terenzi da Urbino. 3a cappella sin.: Immacolata
dei Gimignani, autore anche degli affreschi della volta (1696); alle pareti,
Adorazione dei Magi (d `) e Visitazione (sin.) del Morazzone. 2a: S. Marcello
papa ha la visione della Sacra famiglia del Gimignani, del quale sono le tele
laterali (Sacra famiglia e Transito di S. Giuseppe) e la Gloria di S. Giuseppe
nella volta (1695). 1a: Crocifissione di Francesco Trevisani (1695), autore della
Salita al Calvario e della Flagellazione sulle pareti, e del Trionfo della Croce
sulla volta. Nella sagrestia, Crocifissione (affresco del sec. XIII), Madonna del
latte (affresco del sec. XV), Flagellazione (sec. XIV-XV), tutti provenienti
dall'ex monastero; inoltre, prezioso reliquiario della testa del Battista (sec.
XIV).
Dall'angolo NE della piazza, quasi al termine del prospetto del palazzo
della Posta, si segue in leggera salita la via della Mercede, tracciata da Paolo
V agli inizi del '600, incontrando sulla sin. il palazzo Bernini (Gian Lorenzo
Bernini lo acquistò nel 1641; l'iscrizione e il busto dell'artista posti dopo il
portale al N. 12 sono di Ettore Ferrari, 1898), attribuito a Gaspare De Vecchi e
Pier Paolo Drei.
Poco avanti la via si apre a d. in corrispondenza della chiesa di *S.
Andrea delle Fratte, nominata nel sec. XII "S. Andrea de hortis" perché fuori
dell'abitato, che costituisce, coli il prossimo palazzo di Propaganda Fide (v.
pag. 343), uno dei più intensi 'nodi' borrominiani della città. Appartenuta nel
Medioevo agli Scozzesi e donata nel 1585 da Sisto V ai padri minimi di S.
Francesco di Paola, fu ricostruita nel 1604-12 da Gaspare Guerra (sua
l'impostazione, in forme tardo-cinquecentesche, della facciata completata
nell'ordine superiore da Pasquale Belli nel 1826) per il marchese Paolo Dei
Bufalo, continuata dal 1653 sino alla morte da Francesco Borromini (cui si
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giovani poveri; ampliato sui lati nel 1698- 1712, conserva ancora le
caratteristiche originarie solo verso via del Tritone. La facciata, di austere
forme rinascimentali, ha un portale bugnato con balcone e finestre al piano
terra con mensole ornate di triglifi e teste leonine; il cortile, decorato di statue
antiche, presenta sul fondo un ninfeo; gli ambienti al piano terra conservano
resti della decorazione cinquecentesca, mentre al primo piano è la galleria, che
ospita busti antichi, ritratti di cardinali (secoli XVIII-XIX), scene allegoriche
ed emblemi dei principi dell'Accademia degli Incolti.
Costeggiando il palazzo lungo via del Nazareno si possono vedere, dietro
un cancello, i resti monumentali in opus quadratum di tre archi di travertino, in
parte interrati, dell'Acqua Vergine (v. pag. 302), riferibili, come prova
l'iscrizione sull'attico, al restauro di Claudio del 46 (per la visita rivolgersi alla
X ripartizione del comune).
Si sale, a sin. di S. Andrea delle Fratte, per via di Capo le Case, così
denominata perché posta fino ai primi del '600 al limite dell'abitato,
incontrando via Due Macelli, dove (N. 9) è il palazzo Chauvet (Giulio De
Angelis, 1886), dall'originale soluzione dei negozi svetrati e delle colonnine
metalliche a piano terra. Proseguendo su via di Capo le Case, si lascia a d.
(numeri 2-5) il barocco palazzo Centini poi Toni, detto Casa dei Pupazzi,
dove ebbe lo studio Massimo d'Azeglio; rinnovato nel 1722-42 per Felice
Centini, presenta una singolare facciata con finestre riccamente decorate e, al
primo piano, cariatidi e timpani mistilinei.
Intitolata a Francesco Crispi la strada sale a sin. a raggiungere la via
Sistina, nome del tratto fra Trinità dei Monti e piazza Barberini del rettifilo
della strada Felice ideata da Sisto V per congiungere la stessa Trinità dei Monti
(v. pag. 347) con la basilica di S. Croce in Gerusalemme (v. pag. 501). Per il
tronco di d. - che annovera ai numeri 128-131 il teatro Sistina (Marcello
Piacentini, 1949-50) e poco avanti sulla d. La seicentesca chiesa dei Ss.
Ildefonso e Tommaso da Villanova, con facciata (Francesco Ferrari) a due
ordini con timpano curvilineo e nicchie finemente intagliate e, all'interno,
rilievo marmoreo (Natività) di Francesco Grassia - si scende in piazza
Barberini (v. pag. 307).
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1587 all'Esquilino: v. pag. 493; l'altro collocato da Pio VI nel 1786 sulla
fontana di Monte Cavallo: v. pag. 319); a lato di questi, su due pilastri, erano
affisse tavole recanti l'autobiografia di Augusto. Del monumento, notevole per
l'uso sapiente di tecniche e materiali diversi nelle varie parti dell'edificio
(blocchi squadrati nei rivestimenti esterni e negli elementi portanti,
calcestruzzo nelle volte e nei nuclei murari, opus reticulatum nel paramento
degli ambienti non praticabili), rimane solo la parte inferiore, dalla
conformazione costruttiva particolarmente elaborata:
all'interno del muro perimetrale (alto c. m 12 e in origine rivestito di
travertino) era una serie di muri concentrici, che delimitavano nicchioni e vasti
ambienti non praticabili ma funzionali alla parte superiore del monumento. Al
centro era un pilastro cilindrico, alto m 44, che sorreggeva la statua
dell'imperatore e all'interno del quale era ricavata una cella quadrata per
accogliere le spoglie di Augusto; nell'anello che circondava il pilastro si
disponevano le sepolture di Livia, di Ottavia, dei nipoti Marcello, Gaio e Lucio,
di Agrippa, di Tiberio e di altri membri della famiglia Giulio Claudia, e infine
di Nerva e di Giulia Donina moglie di Settimio Severo.
A fianco del mausoleo, tra questo e il lungotevere, è stata ricomposta,
entro un padiglione vetrato, l'Ara Pacis Augustae (visita: martedì – sabato ore
9-13.30, domenica 9-13, chiusa il lunedì; dal l° aprile al 30 settembre, martedì
e sabato anche 1619), una delle più significative testimonianze dell'arte
augustea, votata nel 13 a. C. e dedicata nel 9 a. C. per celebrare la pacificazione
dopo le imprese di Gallia e di Spagna.
Il monumento fu ritrovato in corrispondenza del palazzo Fiano (v. pag. .
238) nel corso di scavi eseguiti a partire dal sec. XVI e proseguiti fino alle
sistematiche campagne del 1937-38, in seguito alle quali fu costruito 1'apposito
padiglione.
L'ara è costituita da un recinto rettangolare (m 11.65 x 10.62), elevato su
un podio e nei lati lunghi del quale si aprivano due porte, cui si accedeva da
una scala; all'interno, sopra una gradinata, era l'ara vera e propria. Tutta la
superficie del recinto presenta una raffinatissima decorazione a rilievo.
All'esterno sopra il registro inferiore con girali di acanto, sono nei lati
lunghi, a lato delle porte, il Lupercale ed Enea che sacrifica ai Penati e, sulla
fronte opposta, la Pace o Tellus e la dea Roma; sui lati brevi è raffigurata la
processione per il voto dell'ara: la scena più importante è quella sul fianco d.,
che mostra personaggi della famiglia imperiale (Augusto, Agrippa, Giulia,
Tiberio ecc.).
La superficie interna del recinto reca, nel registro superiore, corone
sorrette da bucrani e, nell'inferiore, profonde scanalature verticali che forse
R. I MONTI | 77
simulano uno steccato; anche l'altare era decorato con personaggi femminili
sullo zoccolo e, nel fregio superiore che girava all'interno e all'esterno della
mensa, con la scena dell'annuale sacrificio.
Sulla faccia del basamento verso via di Ripetta è riprodotto il testo delle,
"Res Gestae Divi Augusti" (il cosiddetto "rnonumentum Ancyranum", da
"Ancyra", l'odierna Ankara dove è conservato il testo completo), racconto della
carriera politica dell'imperatore.
Sulla via di Ripetta, subito dopo il mausoleo d'Augusto, sorge, isolata
sulla sin., la chiesa di S. Rocco, eretta nel 1499 dall'omonima confraternita su
quella precedente (sec. XI) di S. Martino e trasformata (1645-80) in moderate
forme barocche da Giovanni Antonio de Rossi; la facciata, a ordine gigante di
colonne corinzie al centro e paraste ioniche nelle ali (Giuseppe Valadier, 1834;
nel 1992 in restauro) esemplifica il neoclassicismo della Restaurazione, che qui
recupera la tipologia "a frontoni compenetrati" tipica delle chiese veneziane di
Palladio.
L'interno a navata unica presenta tre cappelle per lato, il transetto e una
cupola semiellittica. Sopra l'ingresso, bella cantoria d'organo (1721). La
cappella d.: Estasi di S. Francesco di Paola di Antonio Amorosi (1719). A d.
del presbiterio si apre l'elegante cappella, a pianta ellittica e cupoletta, della
Madonna delle Grazie del de Rossi, dove si venera l'immagine della Madonna
delle Grazie (sec. XVII). Altare maggiore: S. Rocco e il Redentore di Giacomo
Brandi (1674). 3a cappella sin.: S. Antonio da Padova, di Gregorio Preti (c.
1650). 2': Presepe, affresco di Baldassarre Peruzzi. In sagrestia, Madonna e i
Ss. Rocco e Antonio abate e gli appestati dei Baciccia (c. 1660).
Un cavalcavia moderno a doppio fornice, con al centro la fontana della
Botticella (1774) dal demolito palazzo Valdambrini, collega la chiesa di S.
Rocco a quella di S. Girolamo degli Illirici o degli Schiavoni, ora dei Croati,
dedicata al santo connazionale dei profughi giunti all'inizio del sec. XV a Roma
da quelle regioni; eretta sotto Sisto IV sulla chiesa di S. Marina (sec. XII), fu
ricostruita da Martino Lunghi il Vecchio (1588), autore anche della facciata
tardo-rinascimentale in travertino, a due ordini di lesene e coronata da timpano
(restauro 1987-91), che ha perso lo slancio originale in seguito al rialzamento, a
fine '800, della sede stradale.
L'interno barocco è a navata unica con tre cappelle per lato, finta cupola
(gli affreschi sono di Andrea Lilio) e transetto. Nella volta, Esaltazione della
Croce, affresco ottocentesco di Pietro Gagliardi. 1a cappella d.: Annunciazione
e santi di Michelangelo Cerruti (1718). 3a: Madonna col Bambino e S. Anna di
Giuseppe Puglia (1631). Tribuna: episodi della vita di S. Girolamo, affreschi di
Antonio Viviani e del Lilio (1588); nella volta, Gloria del santo di Paris Nogari
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(1588). 3a cappella sin.: S. Girolamo del Puglia (1632). 2a: Pietà (1633) dello
stesso. In sagrestia, busto di Pio XII, bronzo di Ivan Mestrovic.
Oltre via Tornacelli (v. pag. 237; a d, è il ponte Cavour, descritto a pag.
662), la via di Ripetta costeggia a sin. la "tastiera" di palazzo Borghese (v.
pag. 340), incrociando avanti, ancora a sin., la via del Clementino, il cui nome
deriva dal collegio fondato da Clemente VIII nel 1593 e sostituito nel 1936
dall'ingombrante edificio in mattoni prospiciente su piazza Nicosia (al centro
del largo, fontana, già davanti all'obelisco di piazza del Popolo e qui collocata
nel 1950, con vasca di Giacomo Della Porta e catino ornato dalle aquile
Borghese).
La via della Scrofa, prosecuzione di via di Ripetta, prende nome dal
bassorilievo murato sul fianco dell'ex convento degli Agostiniani e si
caratterizza per edifici sei-settecenteschi (il palazzo Galitzin al N. 117 è
cinquecentesco; il diagonale vicolo della Campana conduce alla chiesa di S.
Ivo dei Brettoni, concessa da Callisto 111 alla nazione francese della provincia
di Bretagna cui ancora appartiene e riedificata nel 1877 da Luca Carimini), Da
questa, voltando a d. in via dei Portoghesi, che costeggia a sin. un fianco dell'ex
convento degli Agostiniani (v. pag. 381), ci si addentra nella zona più appartata
del rione.
Di fronte è il palazzo Scapucci, nel quale è inclusa la quattrocentesca
torre dei Frangipane detta anche della Scimmia (sulla sommità arde, davanti a
una Madonna, una lampada che, secondo la leggenda, ì padroni del palazzo
accesero per la salvezza della loro neonata portata lassù da una scimmia).
Sul lato opposto si apre, inaspettata, l'animata facciata barocca, su due
ordini che fungono da supporto alla sovrabbondante decorazione (le volute di
raccordo si trasformano in telamoni e gli angeli, asimmetrici, poggiano
pesantemente sul timpano sopraffatto dai panneggi), della chiesa di S. Antonio
dei Portoghesi, riedificata da Martino Longhi il Giovane (1630-38) su un luogo
di culto del sec. XV e in una zona dove era insediata una colonia di quella
nazione.
Nell'interno, ornatissimo di marmi policromi, la cupola ribassata (1674-
76) è di Carlo Rainaldi, l'abside semiovale e l'altare maggiore sono di
Cristoforo Schor. 1a cappella d.: alla parete d., monumento di Alessandro de
Souza di Antonio Canova (1808). 2a: Battesimo di Cristo di Giacinto
Calandrucci, autore anche delle due lunette; sulla parete sin., Circoncisione del
Battista di Nicolas Lorrain (1682-86). Braccio d.: S. Elisabetta regina del
Portogallo di Luigi Agricola. Altare maggiore: Apparizione della Vergine a S.
Antonio del Calandrucci. Braccio sin.: monumenti Sampajo di Pietro Bracci
(1750). 2a cappella sin.: Natività, Adorazione dei Magi (parete sin.) e Riposo in
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Egitto (parete d.) del Lorrain. 1a: Madonna col Bambino tra i Ss. Antonio da
Padova e Francesco, tavola a fondo oro di Antoniazzo Romano.
Si continua nella via, popolata di negozi di antiquari e di artigiani, che
prende nome dall'albergo dell'Orso, aperto forse a fine sec. XV in un palazzetto
quattrocentesco e così chiamato da un frammento di sarcofago con leone
sbranante un cinghiale in angolo con via dei Soldati; su tale strada si apre la
caratteristica facciata con logge e portici, ripristinata nel 1935-37 e adorna di
pregiate decorazioni in cotto.
Per una scaletta moderna si sale a piazza di Ponte Umberto I (l'omonimo
passaggio sul Tevere è a pag. 663), dove prospetta il monumentale palazzo
Primoli, costruito nel '500 e trasformato per Giuseppe Primoli da Raffaele
Ojetti che aggiunse nel 1909 la nuova facciata sul lungotevere; alcuni ambienti
conservano ancora i soffitti del '700 a travetti dipinti, mentre i fregi che corrono
lungo le pareti delle sale VIII, IX e X risalgono ai primi dell'800 (la
decorazione delle sale Il e V, come indicano il leone rampante dei Primoli e
l'aquila del Bonaparte, è posteriore al 1848).
Il Museo Napoleonico (visita: ore 9-13.30, domenica 9-13, giovedì
anche 17- 20; lunedì chiuso), che qui ha sede assieme alla Fondazione Primoli
e alla collezione Praz (v. sotto), fu donato nel 1927 alla città dal conte
Giuseppe, figlio di Pietro Primoli e di Carlotta Bonaparte; disposto al piano
terreno del palazzo, raccoglie opere d'arte, memorie, cimeli e suppellettili legati
alle vicende del Bonaparte e documenta tre distinti momenti della storia della
famiglia: il periodo napoleonico vero e proprio, quello romano che segui la
caduta di Napoleone e il Secondo Impero, L'attuale ordinamento dei materiali
rispecchia nelle linee generali le indicazioni lasciate dal donatore proprio per
conservare una testimonianza del gusto dell'epoca; ricchi arredi si
accompagnano a busti e ritratti dei maggiori esponenti della famiglia: notevoli,
nella SALA I, i ritratti di Napoleone (Joseph Chabord) e quelli della famiglia
imperiale, Luciano Bonaparte di Francois-Xavier Fabre (1808; SALA II) e i
Figli di Gioacchino Murat di Jean-Baptiste Isabey. Tra i personaggi femminili
si segnalano il busto di Paolina di Antonio Canova (1805-07; SALA VI), i
ritratti di Zenaide e Carlotta di Jacques-Louis David (SALA X) e quello di
Carlotta in veste da contadina, di Jean-Baptiste Wicar, nella SALA XI.
Acquerelli, disegni (particolari quelli satirici e caricaturali della SALA VIII),
raffinate oreficerie e miniature completano la collezione.
All'ultimo piano del palazzo è previsto l'allestimento della collezione
Praz, appartenuta allo scrittore Mario Praz e acquistata dalla Galleria nazionale
di Arte moderna nel 1986, che si compone di più di 1000 oggetti di età
neoclassica. Alla Fondazione Primoli è annessa l'omonima biblioteca, ricca di
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primavera viene ornata di azalee, cippi con i gigli di Francia (Luigi XV) si
alternano alle aquile di Innocenzo XIII. I coevi edifici ai lati, pure del De
Sanctis, fungono da 'quinte' architettoniche: a d. (N. 26) è la Casina Rossa,
riportata al colore originario nel 1989, ove visse e morì nel 1821 John Keats;
dagli inizi del '900 è sede della Fondazione Keats Shelley Memorial (visita: ore
9-13 e 14.30-17.30 in inverno, 9-13 e 15-18 in estate; chiusa sabato e
domenica) con annessa biblioteca. L'edificio simmetrico (numeri 22-25) ospita
il famoso Babington's, la prima sala da tè romana.
Il 'triangolo' SE della piazza è ornato al centro dalla colonna
dell'Immacolata Concezione, rinvenuta nel 1777 nel monastero di S. Maria
della Concezione in Campo Marzio e qui innalzata da Luigi Poletti nel 1856 a
ricordo del dogma proclamato da Pio IX: la colonna, di cipollino venato,
sorregge la statua bronzea della Vergine (Giuseppe Obici) e poggia su un
basamento ottagonale ornato dalle statue dei profeti Mosè, Isaia, Ezechiele e
David di Ignazio Jacometti, Salvatore Revelli, Carlo Chelli e Adamo Tadolini;
sulle facce del basamento, quattro bassorilievi di Nicola Cantalamessa Papotti,
Giovanni Maria Benzoni e Pietro Galli.
L'isolato trapezoidale al N. 48 è quello del *palazzo di Propaganda
Fide, sede della congregazione omonima istituita da Gregorio XV nel 1622. Il
nucleo originario è costituito dall'edificio eretto per monsignor Bartolomeo
Ferratini (1586) e donato nel 1626 alla congregazione, che vi si trasferii nel
1633; negli anni 1639-45 Gaspare De Vecchi costruì per gli alunnati del
cardinale Antonio Barberini l'ala su via Due Macelli; nel 1644 Gian Lorenzo
Bernini modificò la semplice facciata sulla piazza, tutta in cotto, riquadrata da
lesene e fasce orizzontali in travertino e stretta da contrafforti angolari bugnati.
Francesco Borromini, subentrato come architetto della congregazione nel 1646,
realizzò l'ala sulle vie di Propaganda e di Capo le Case;
il *prospetto su via di Propaganda è una delle sue più ardite creazioni
per il vibrante corpo centrale, modulato da elementi curvilinei: il ritmo serrato
dell'ordine gigante di lesene, tra cui si incastrano finestre concave di complessa
struttura, culmina sull'asse centrale, anch'esso concavo, in contrasto con il
coronamento del finestrone convesso.
L'edificio ingloba la chiesa dei Re Magi (per la visita telefonare al
6796941), costruita da Borromini nel 1660-66 in sostituzione di quella ovale di
Bernini (1634). L'impianto, riportato all'originaria purezza borrominiana nel
1955, è un rettangolo con angoli arrotondati, serrato in un'intelaiatura che dalle
lesene prosegue sulla volta con costoloni intrecciati; tra le lesene risaltano i
vani decorati delle quattro cappelle intercomunicanti. La decorazione a stucchi
è su disegno di Borromini (1666); alle cappelle si alternano nicchie con busti.
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granito grigio, con trofei, provengono dal tempio di Venere e Roma); la salita
di d. porta alla seconda prospettiva (in restauro nel 1992), con la Fama che
corona i Geni delle Arti e del Commercio di Achille Stocchi e Felice Baini
(1831), e, dopo il successivo tornante, all'imponente loggia coperta a tre arcate,
con mostra d'acqua centrale: ai lati, due gradinate portano alla loggia
panoramica (1832-34). Al termine della salita converge da sin. viale
Mickiewiez (sul muraglione, lapide in ricordo di Pio VII che completò la
passeggiata).
Piegando per quest'ultimo, si passa sotto la casina Valadier, così
denominata dall'architetto che rielaborò (1813-17) in stile neoclassico il
precedente casino Della Rota, eretto su una cisterna romana degli "horti
Aciliani"; adibita a caffè secondo il gusto del giardino di paesaggio
settecentesco (durante il restauro del 1966 sono state rimesse in luce,
all'interno, decorazioni murali di gusto neoclassico), conserva tuttora tale
destinazione. Sulla d. dell'edificio, busto dell'astronomo Angelo Secchi, con
forellino che inquadra l'osservatorio astronomico del Collegio Romano; alle
spalle del busto, fontana dell'Anfora, con esile fanciulla in bronzo (Amleto
Cataldi, 1912).
Al termine di viale Mickiewiez si diparte verso NE il viale dell'Obelisco,
tracciato portante del giardino (gli assi alberati sono ornati di busti di Italiani
illustri) e strada di collegamento verso villa Borghese (v. pag. 683): su piazza
Bucarest svetta l'obelisco, dedicato da Adriano al favorito Antinoo, rinvenuto
presso la basilica di S. Croce in Gerusalemme nel sec. XVI e (lui eretto nel
1822 da Giuseppe Marini per volere di Pio VII. Si piega a sin. in viale
dell'Orologio, così denominato dall'orologio ad acqua eretto da G.B. Embriaco
(1867), e, lasciato alle spalle dell'orologio il viale che conduce alla fontana del
Mosè salvato dalle acque (1868), si percorre verso sin. viale Valadier (alla
testata d. del percorso, monumento a Enrico Tali di Arturo Dazzi), impostato su
antiche sostruzioni e su un tratto di mura Aureliane, raggiungendo piazzale
Napoleone I (dalla terrazza, splendido *panorama).
Dal termine della passeggiata del Pincio la visita continua per viale della
Trinità dei Monti, dove, subito sulla d., è il monumento ai fratelli Cairoli
(Ercole Rosa, 1883), di forte linguaggio verista. Avanti si individua il prospetto
turrito della cinquecentesca *villa Medici, la più 'panoramica' tra quelle
patrizie entro le mura. Un precedente edificio dei Crescenzi fu completamente
trasformato nel 1564-75 da Nanni di Baccio Bigio e Annibale Lippi per il
cardinale Giovanni Ricci da Montepulciano; il cardinale Ferdinando dei
Medici, che l'acquistò nel 1576, l'abbellì e l'ampliò sul lato d. con la galleria
delle statue. Dal 1804 è sede dell'Accademia di Francia, fondata nel 1666 da
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mentre l'area più settentrionale era in parte occupata dal campo di Marte,
destinato alle esercitazioni militari. Alle prime edificazioni, risalenti al II-I
secolo a. C. (il livello del terreno di età repubblicana è posto 5-6 m al di sotto
della quota attuale), si affiancarono complessi pubblici di grande importanza
(lo stadio di Domiziano e l'odeon) e si venne delineando anche la struttura
viaria, formata dalla "via Recta" Ce attuali vie del Collegio Capranica, delle
Coppelle, di S. Agostino, dei Coronari e il vicolo del Curato) che sfociava nel
tratto di Via Flaminia entro le mura Aureliane (la moderna via del Corso) e da
un tracciato che congiungeva il ponte Elio (l'odierno S. Angelo) al Pincio.
Nell'ansa con la quale il corso del Tevere più si avvicina al Vaticano si
venne concentrando nel Medioevo, forse per la vicinanza alla sede pontificia '
la contrazione urbana verificatasi dal tardo Impero al (il "quartiere" coincide
con la porzione di Roma che risulta abitata ininterrottamente dall'antichità ai
giorni nostri); lungo le "vie Papalis" (le attuali vie dei Banchi Nuovi, del
Governo Vecchio, di S. Pantaleo e di Torre Argentina) e "Peregrinorum" (le
moderne vie dei Banchi Vecchi e del Pellegrino, Campo de' Fiori e via de'
Giubbonari), che ricalcavano tracciati romani, si andò delineando una struttura
urbana cosi fitta, che all'inizio del XV secolo questa era l'unica zona entro il
perimetro delle mura Aureliane dove prevalessero gli spazi costruiti rispetto ai
terreni liberi. Nell'Anno Santo 1425 la bolla di Martino V reintegrando la
magistratura delle case e delle strade, dette il via al rinnovamento della città,
proseguito dal programma urbanistico di Niccolò V, da Sisto IV (ponte Sisto)
Giulio II (via Giulia), Leone X, Clemente VII e Paolo III (via Paola), e
compiuto sotto il pontificato di Sisto V. Il processo avviato dalle trasformazioni
sistine si protrasse sino alla prima metà del XVIII secolo e almeno fino al 1870
l'attività edilizia segui il piano di Domenico Fontana; al principio del XIX
secolo risalgono le prime fusioni e sopraelevazioni di edifici, mentre al periodo
post-unitario, con la realizzazione dei lungotevere e all'epoca fascista con le
demolizioni di piazza dell'Oro e l'apertura dà ponte Principe Amedeo Savoia
Aosta, datano le maggiori alterazioni dei quartiere.
Tre gli itinerari proposti per la visita:
il primo, che si svolge lungo gli assi rettilinei di via Giulia e via dei
Coronari, percorre le due metà del quartiere create dall'apertura di corso
Vittorio Emanuele II in uno dei quadri edilizi più eleganti - ma in alcuni casi in
inspiegabile stato di degrado -del centro di Roma, dove a nobili palazzi patrizi
(Sacchetti, Taverna, Altemps Lancellotti) si alternano splendide chiese (S.
Eligio degli Orefici, S. Giovanni dei Fiorentini, S. Maria della Pace, S.
Salvatore in Lauro);
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via, che costituisce il limite SO del "quartiere del Rinascimento", presenta una
numerazione civica continua: sul lato sin. è crescente (da 1 a 80), su quello
opposto decrescente.
Il vertice formato dalla via e dal lungotevere è occupato (N. 251) dalla
palazzina Pateras Pescara (Marcello Piacentini, 1910-24), oggi sede del
consolato di Francia a Roma, subito oltre la quale, a sin., è la fontana del
Mascherane (c. 1626), con rilievo in marmo e vasca di granito antichi;
da questa prende nome la via che di fronte a essa si diparte e sulla quale
prospetta la chiesa dei Ss. Giovanni Evangelista e Petronio (lei Bolognesi,
iniziata nel 1582 su disegno di Ottaviano Mascherino e rinnovata nel 1805
(nell'interno, all'altare d. Morte di S. Giuseppe di Francesco Gessi).
Presso l'arco del Passetto Farnese, aperto nel 1603, via Giulia taglia
perpendicolarmente il complesso di palazzo Farnese (v. pag. 369), ordinato su
un percorso interno riservato ("via Farnesiorium") che dall'omonima piazza
arrivava fino a villa Farnesina (v. pag. 539) in Trastevere.
Subito al di là dei passaggio, sulla sin., è la chiesa di S. Maria
dell'Orazione e Morte, eretta nel 1575 ma riedificata con pianta ellittica nel
1733-37 su disegno di Ferdinando Fuga; la facciata è a due ordini di colonne,
tra pilastri e lesene, con doppio timpano (due teschi alati costituiscono le
mensole del portale centrale), mentre ai lati sono due corpi minori con finestre
ovali sugli accessi.
Il movimentato interno, ricco di decorazioni e con due cappelle per lato,
è coperto da una cupola ellittica. Alle pareti tra le cappelle, affreschi staccati di
Giovanni Lanfranco (a d., S. Antonio abate e S. Paolo di Tebe; a sin., S.
Simeone stilita). 1a cappella d.: Sposalizio mistico di S. Caterina (sec. XVI).
Cappella maggiore: Crocifissione di Ciro Ferri (1680). 2a cappella sin.: S.
Giuliana Falconieri riceve l'abito da S. Filippo Benizi di Pier Leone Ghezzi
(1740). la: Riposo in Egitto di Lorenzo Masucci (1750).
Attiguo alla chiesa è (N. 1) il *palazzo Falconieri già Odescalchi
(stemmi sul cornicione), oggi sede dell'Accademia d'Ungheria (la biblioteca
specializzata riunisce c. 20000 volumi): grandi erme barocche, con busti
femminili e teste di falco, sono poste come lesene-cariatidi ai lati del prospetto,
opera in parte di Francesco Borromini come pure la *loggia a tre arcate (1646)
affacciata sul fiume e, all'interno, lo scalone e gli splendidi soffitti in stucco.
Avanti sulla d. si apre la concava facciata a due ordini, di ispirazione
borrominiana, della chiesa di S. Caterina da Siena, edificata dal 1526 forse su
disegno di Baldassarre Peruzzi e nuovamente nel 1766-76 da Paolo Posi.
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travertino, discoste dal muro, girano appaiate sotto una robusta trabeazione; le
arcate trasversali della volta si impostano sulle coppie di colonne della navata,
che si allarga in un vasto transetto e si prolunga nella tribuna. 1a cappella d.
(1628-30): Addolorata di Giuseppe Ghezzi; sopra, angeli di Camillo Rusconi.
2a : La Vergine appare a S. Carlo Borromeo di Alessandro Turchi. 3a: Natività
di Gesù di Pietro da Cortona.
Altare maggiore, su disegno (li Antonio Asprucci (1792): Gloria di
angeli di Vincenzo Pacetti, circondante la Madonna di Loreto. la cappella sin.:
Liberazione di Pietro di Antiveduto Grammatica (1624).
Nell'attiguo convento (N. 15), ora in locazione a privati, è un
*CHIOSTRO rinascimentale a due ordini di arcate su piccole colonne e
loggiato a pilastrini; nel vicino cortile sono due portali tardo-quattrocenteschi.
Nell'antico refettorio, alla parete di fondo Nozze, di Cono di Francesco
Salviati (1550); a sin., *monumento funebre di Eugenio IV di Isaia da Pisa
(145055); a metà della parete, monumento funebre di Maddalena Orsini
attribuito a Giovanni Dalmata (restauro 1988).
Si riprende via dei Coronari, incontrando ai numeri 156-157 un altra
casa detta di Fiammetta (prima metà sec. XV), ai numeri 148-149 la casa di
Prospero Mochi, costruita nel 1516 da Pietro Rosselli, e a sin., in angolo con
vicolo Domizio, l'Immagine di Ponte, tabernacolo rifatto da Antonio da
Sangallo il Giovane (c. 1523) con resti dell'affresco di Perin del Vaga.
Oltrepassati la casa Lezzani (numeri 122-123; sec. XVI), una delle
presunte dimore di Raffaello, e (numeri 135-143) il palazzo Emo Capodilista
già Vecchiarelli (la bellissima altana, attribuita a Bartolomeo Ammannati, è
ben visibile dal largo che si apre poco avanti), si sbocca in via di Panico (v.
pag. 355), il cui tratto di d. conduce in piazza di Ponte S. Angelo (l'omonimo
manufatto è a Pag. 663), un tempo centro di attività commerciali e teatro di
sentenze capitali.
Sulla piazza affaccia la chiesa della Natività di Gesù, fondata nel 1692
e più volte trasformata; l'attuale prospetto, che racchiude un portale del sec.
XV, è opera di Andrea Busiri Vici (1862).
Per la via di Pasquino, che si diparte a sin. della statua, si giunge in
*piazza Navona, straordinario complesso urbanistico della Roma barocca e
uno dei più spettacolari e caratteristici della città.
La forma e le dimensioni derivano dallo stadio di Domiziano, costruito
prima dell'86 con una capienza di c. 30000 spettatori e orientato esattamente in
direzione nord-sud per una lunghezza di m 275 e una larghezza di m 106
(alcuni resti sono inglobati nel palazzo ai numeri 13-12A di piazza di Tor
Sanguigna). Prima dello stadio esisteva qui un recinto in legno, eretto per i ludi
ginnici sotto Cesare e Augusto, e la destinazione pubblica era stata confermata
da Nerone, che vi aveva fatto costruire un anfiteatro per i ludi quinquennali.
Sullo stadio sorsero, a partire dal sec. VIII, alcuni oratori, alla metà del
sec. XIII case e torri; nel Rinascimento si edificarono chiese e palazzi sulla
piazza, dove dal 1477 fu trasferito il mercato del Campidoglio e che fu
ammattonata sotto Innocenzo VIII. Il nome della piazza originerebbe, per
corruzione, dai giochi agonali (in agone, nagone, navone, navona) che vi si
tenevano, ma probabilmente influirono la forma allungata e l'usanza,
sviluppatasi dal sec. XVII al XIX, di allagarne il fondo concavo per le sfilate
degli equipaggi dei prelati e dei principi in agosto, o su carrozze addobbate per
il carnevale.
Tre fontane, alimentate dall'Acqua Vergine (v. pag. 302), la ornano
lungo la linea mediana: la prima è la fontana del Moro, dalla statua dell'Etiope
che lotta con un delfino scolpita da Giovanni Antonio Mari (1654) su bozzetto
di Gian Lorenzo Bernini.
La statua fu voluta da Olimpia Maidalchini per arricchire la vasca
polilobata eseguita da Giacomo Della Porta per Gregorio XIII nel 1575-76. 1
tritoni e gli altri ornamenti sono copie di Luigi Amici (1874) poste in
sostituzione degli originali trasferiti al giardino del Lago di villa Borghese (v.
pag. 693); le quattro maschere, anch'esse copie degli originali ora nel
summenzionato giardino, che si alternano ai tritoni provenivano dalla fontana
che il Della Porta aveva eretto nel 1573 in piazza del Popolo e che fu rimossa
da Giuseppe Valadier nel 1823. La piscina scavata attorno alla vasca è opera di
Bernini su disegno di Francesco Borromini.
Sul lato S della piazza, al N. 114, è il palazzo Lancellotti già Torres
(Pirro Ligorio, 1552), con bel cortile porticato adorno di rilievi e stucchi antichi
e sale affrescate da Agostino Tassi e dal Guercino (Allegorie e storie di
Rinaldo e Armida, 1621-23).
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navate (la centrale con volta a botte e le laterali con copertura in piano, tutte
con lacunari ornatissimi), passando poi nel *CORTILE: questo è circondato da
un portico ad arcate su pilastri, cui si addossano semicolonne doriche,
sormontato da due piani (il primo ripartito da un ordine di semicolonne ioniche,
il secondo da lesene corinzie) e con finestre a timpano nelle campate; ai lati del
portico di fondo, sarcofagi provenienti dalla tomba di Cecilia Metella (d.) e
dalle terme di Caracalla (sin.). Oltre il cortile un andito a lesene doriche, con
nicchie ai lati, coperto da volta a botte con cassettoni ornati dai gigli Farnese,
conduce al sottoportico della facciata posteriore, dove, nei nicchioni laterali,
sono composizioni di sculture e di frammenti architettonici romani.
Al piano nobile è la celebre *GALLERIA, lunga 20 m e larga 6: le pareti
sono ritmate da lesene in stucco con capitelli dorati alternate a nicchie con busti
marmorei, da porte e da finestre sopra le quali sono riquadri affrescati dal
Domenichino; la volta a botte e i lunettoni delle pareti minori sono scompartiti
in riquadri, simulanti dipinti entro cornici, che sono applicati alla volta o
appoggiati alla trabeazione in stucco lungo le pareti, oppure incassati nel
bellissimo fregio (erme, telamoni, maschere e balaustre) animato da figure di
ignudi che reggono festoni. La galleria fu affrescata nel 1597-1604 da Annibale
Carracci, con l'aiuto del fratello Agostino e con la collaborazione del
Domenichino e di Giovanni Lanfranco, con il *Trionfo dell'Amore
sull'universo, che segna il momento di passaggio dalla stanca decorazione
manieristica del tardo '500 a quella barocca; le principali raffigurazioni sono:
nel mezzo della volta, Trionfo di Bacco e Arianna con, ai lati, Pan e Selene e
Mercurio e Paride; nelle pareti minori, in alto, Polifemo e Galatea e Polifemo e
Aci; contro il fregio, verso le finestre, Diano ed Endimione, Cefalo e Aurora e
Venere e Anchise; sul lato opposto, Ercole e Onfale, tritone e nereidi e, Giove e
Giunone.
Il grandioso SALONE presenta un ricchissimo soffitto a cassettoni, alle
pareti arazzi riproducenti affreschi raffaelleschi delle Stanze vaticane e, ai lati
del monumentale camino, l'*Abbondanza e la *Pace del Della Porta; l'attigua
SALA DEI FASTI FARNESIANI è decorata ad affresco da Francesco Salviati
e Taddeo Zuccari.
Sul lato NO di piazza Farnese affaccia la chiesa di S. Brigida
(sec.XVIII). a navata unica e con volta a botte affrescata da Biagio Puccini; al
N. 44 è il palazzo del Gallo di Roccagiovine già Pighini, elegante architettura
settecentesca di Alessandro Specchi con scalone monumentale aperto sul
cortile.
Il vicolo de' Venti, che si diparte a sin. di palazzo Farnese e dove sono
(numeri 5-9) tre case rinascimentali, si apre a sin. in piazza della Quercia,
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ornata dalla chiesa di S. Maria della Quercia (nel 1727 Filippo Raguzzini la
ricostruì con impianto centrale e con facciata convessa a un solo ordine
sormontato da un alto attico) e al N. 1 dall'elegante palazzetto Ossoli,
attribuito a Baldassarre Peruzzi (c. 1525): la facciata è composta al piano
terreno da bugnatura liscia salvo che sulla porta, e nei due piani superiori è
ripartita da lesene (il piano soprastante il cornicione è aggiunta recente).
Il lato SO della contermine piazza Capo di Ferro è delimitato da
*palazzo Spada, costruito attorno al 1548-50 per il cardinale Girolamo
Capodiferro da Giulio Merisi, Girolamo da Carpi e Giulio Mazzoni, passato al
cardinale Bernardino Spada e rinnovato da Francesco Borromini; acquistato
dallo Stato nel 1927, è oggi sede del Consiglio di Stato.
L'elegante facciata è arricchita da decorazioni in stucco del Mazzoni
(1556-60): il piano terreno, molto alto, è a bugne lisce, mentre al primo piano,
tra le finestre, otto nicchie coronate da timpano ospitano, da sin., le statue di
Augusto, Cesare, Marcello, Numa, Romolo, Fabio Massimo, Gneo Pompeo e
Traiano; seguono un ammezzato ornatissimo (figure, festoni di stucco,
medaglioni tra le finestre quadre e, nel mezzo, grande stemma Spada retto da
due Virtù) e un ultimo piano con otto riquadri tra le finestre, con iscrizioni
riferentisi alle corrispondenti statue del primo piano.
Il *CORTILE porticato è ancor più riccamente decorato di stucchi del
Mazzoni: finissimi rilievi (Centauromachia e Caccia alle fiere) nelle fasce sotto
i davanzali del primo e del secondo piano; statue di divinità mitologiche e di
geni nelle nicchie, e stemmi sorretti da efebi al primo piano; chimere, satiri e
figure alate reggenti festoni all'ammezzato.
Ai centro del lato sin. del cortile si apre sulla biblioteca una grande
vetrata, attraverso la quale si vede la *GALLERIA PROSPETTICA di
Borromini: l'effetto di profondità illusiva dello spazio è ottenuto accentuando la
fuga prospettica con il pavimento in salita, le pareti convergenti e la volta in
discesa, mentre in dimensioni e altezza le colonne tuscaniche i
rimpiccioliscono verso il fondo; lo spazio appare così assai più lungo dei 9 m
reali.
Il piano nobile è occupato dal Consiglio di Stato (visita con speciale
permesso del segretariato generale): alle pareti del CORRIDOIO DEI
BASSORILIEVI, otto rilievi di marmo e due in gesso (da sin.: 1, Paride nel
momento che precede il giudizio; 2, Mito di Pasifae che fa fabbricare a Dedalo
la vacca; 3, Morte di Opheltes; 4, Anfione e Zeto; 5, Paride saluta la moglie
Enone; 6, Adone ferito circondato da cani; 7, Ratto del Palladio e il principio
della discordia tra Ulisse e Diomede; 8, Bellerofonte che abbevera Pegaso);
R. I MONTI | 115
nella volta a botte del CORRIDOIO è dipinta una meridiana catottrica, basata
sulla rifrazione della luce;
il CORRIDOIO DEGLI STUCCHI conserva ricchi altorilievi
incornicianti tele e affreschi. Tra le sale, magnifiche per la decorazione e per i
soffitti della scuola del Mazzoni, notevoli gli affreschi del SALONE DELLE
ADUNANZE GENERALI, opera di Angelo Michele Colonna e Agostino
Mitelli (1635); in esso è collocata la *statua di Pompeo, cosiddetta dal luogo di
rinvenimento in via dei Leutari, dove in antico si trovava la casa del
condottiero: datata al principio dell'Impero ma non ancora identificata, venne
donata da Giulio III al cardinale Capodiferro nel 1552-53.
In fondo al cortile di palazzo Spada, per un androne che conduce al
giardino (la cancellata decorata di termini e il balcone su due colonne sono di
Borromini) e per una porticina sulla sin. si sale alla Galleria Spada (visita:
feriali ore 9-14, festivi 9-13, domenica chiusa), piccola ma importante
collezione di opere nata per volere del cardinale Bernardino; essa conserva
tuttora il caratteristico aspetto di raccolta patrizia del sec. XVII, e i quadri, per
la massima parte del '600, sono ordinati in modo da dare risalto al loro valore
decorativo.
SALA I: Nature morte di Onofrio Loth; Battaglie del Borgognone;
Paesaggi di Gaspard Dughet, di Domenico Roberti, di Hendrick Frans van Lint;
Rovine romane di Viviano Codazzi; Ritratti del Domenichino, di Vincenzo
Camuccini, di Guido Reni, del Guercino, di Giovanni Maria Morandi, di
Sebastiano Ceccarini; Incontro di Bacco e Arianna di Giuseppe Chiari; S.
Francesco d'Assisi di Orsola Caccia; Mercurio affida Bacco alle ninfe del
Chiari; Davide di Giovanni Domenico Cerrini; Apollo e Dafne del Chiari;
Carità romana di Niccolò Tornioli; gli imperatori Claudio, Domiziano, Nerone,
Caligola, Tiberio e Vespasiano di Lazzaro Baldi; Latona trasforma in rane i
pastori della Licia del Chiari; S. Giovanni di Dio tra gli appestati e S. Ignazio
di Loyola del Baldi; Schiavo di Ripa Grande del Reni; S. Girolamo del Cerano;
Sacrificio di Mirtillo del Tornioli; S. Antonio abate di Filippo Lauri.
SALA II: due tavoli del 1695 con. piano impiallacciato in diaspro di
Sicilia, sorretti da una struttura lignea con due aquile dorate (su una, testa di
Laocoonte, copia di impronta berniniana della celebre scultura ellenistica); le
pareti lunghe recano in alto due frammenti di un fregio su tela (Perin del Vaga)
destinato a formare la zoccolatura al Giudizio universale nella Cappella Sistina.
Ritratti di Leandro Bassano, di Bartolomeo Passarotti, di Domenico Tintoretto,
di Jan vari Scorel, di Hans Dúrer; Scene di genere del Mastelletta; Davide re
del Passarotti; Astrologo di Prospero Fontana; Botanico del Passarotti; Mosè fa
scaturire le acque dalla rupe e Passaggio del Mar Rosso del Mastelletta; S.
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Gioseffo Dal Sole; Notturno del van Laer; Viandante e pastori del Cerquozzi;
Erodiade con la testa di S. Giovanni Battista e Sacra famiglia con S.
Giovannino di Valentin de Boulogne; S. Girolamo di Hendrick vari Somer.
Sulle mensole, Busto di fanciullo (età giulio claudia) e Deposizione attribuita a
Teodoro Della Porta (1602); davanti alla finestra, Statuette di fanciullo
indossante il pallio filosofale di età romana e, al centro della stanza, urna
cineraria (sec. II).
Si prosegue a sin. del palazzo per via Capo di Ferro, incontrando al N. 7
il palazzetto Spada (nel 1992 in restauro), attribuito a Baldassarre Peruzzi, con
facciata a membrature architettoniche in peperino su paramento di mattoni a
vista: l'alto portale centinato e a bugne, forse opera di ottaviano Mascherino, è
affiancato da arcate con aperture per botteghe; al primo piano sono finestre
architravate fra eleganti lesene ioniche sorreggenti una trabeazione, mentre
all'ultimo piano, sotto un cornicione aggettante, sono semplici aperture. Al
termine della via è la chiesa della
SS. Trinità dei Pellegrini (nel 1992 in restauro), concessa nel 1558 da
Paolo IV all'arciconfraternita dei Pellegrini e Convalescenti e ricostruita nel
1603-16 su disegno di Paolo Maggi; di Francesco De Sanctis (1723) è la
facciata leggermente concava, a due ordini di sei colonne corinzie e composite
(nelle nicchie, evangelisti di Bernardino Ludovisi).
L'interno, a vasta navata e tre cappelle per lato, fu rimaneggiato nel
1853 da Antonio Sarti. 3a cappella d.: storie di S. Giulio di G.B. Ricci.
Crociera d.: S. Matteo e l'angelo di Jacopo Cobaert e Pompeo Ferrucci (1614).
Nei peducci della cupola, evangelisti del Ricci; nel lanternino, Eterno Padre di
Guido Reni (1612). Altare maggiore: SS. Trinità del Reni (c. 1625); ai lati,
candelieri in bronzo di Orazio Censore (1616). Crociera sin.: venerata
Immagine mariana inserita entro un S. Giuseppe e S. Benedetto del Ricci
(1616). 3a cappella sin.: Messa di S. Gregorio di Baldassarre Croce. 2a:
Madonna con Bambino e i Ss. Agostino e Francesco del Cavalier d'Arpino. 11:
Madonna col Bambino e santi del Borgognone (1677).
In sagrestia, Annunciazione del Ricci e Messa di S. Gregorio di Jacopo
Zucchi.
Diritto per via di S. Paolo alla Regola, che costeggia a sin. il fianco
posteriore del palazzo del Monte di Pietà (v. pag. 376) e a d. l'edificio,
totalmente estraneo al contesto, costruito nel 195565 a sutura di uno
sventramento del 1940, si sbocca nella piazza cui dà nome la chiesa di S.
Paolo alla Regola, fondata secondo la tradizione sulla casa ove abitò il santo e
riedificata alla fine del sec. XVII da G.B. Bergonzoni; la facciata,
movimentata dal leggero andamento concavo-convesso, fu disegnata da
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La facciata in travertino (G.B. Soria, 1636-38), che reca nel fregio della
prima trabeazione il nome del cardinale G.B. Leni promotore della costruzione,
è a due ordini di lesene, con tre portali in basso e un balcone tra due finestre
cieche in alto, e presenta coronamento a timpano: le dà notevole slancio il
corpo mediano, assai aggettante. Su alto tamburo in cotto, scompartito da 12
lesene inquadranti finestroni ad arco, si slancia la cupola del Rosati, ultimata
nel 1620.
L'interno, originariamente a croce greca ma prolungato con l'abside nel
1638-46, fu restaurato da Virginio Vespignani nel 1857-61. Nella
controfacciata, affreschi di Mattia Preti (*Carità di S. Carlo Borromeo) e di
Gregorio Preti (*Missione del santo contro l'eresia) del 1641-42. Nei pennacchi
della cupola, *Virtù cardinali del Domenichino (1627-30).
La cappella d.: Annunciazione di Giovanni Lanfranco (1624). 2a, su
probabile progetto di Carlo Rainaldi: Martirio di S. Biagio di Giacinto Brandi
(1680). 3a (. S. Cecilia), scenograficamente decorata da Antonio Gherardi nel
1692-1700: S. Cecilia e angeli del Gherardi.
Altare maggiore (affidato a Girolamo Rainaldi ma eseguito da Martino
Longhi il Giovane): *S. Carlo Borromeo porta in processione il Sacro Chiodo,
pala di Pietro da Cortona (1650); nel catino absidale, Gloria di S, Carlo del
Lanfranco (1646); nel coro dietro l'abside, S. Carlo Borromeo in preghiera di
Guido Reni, S. Carlo Borromeo di Andrea Commodi (1620) e Miracolo di S.
Biagio di Giovanni Domenico Cerrini (1669), Sagrestia: Crocifisso bronzeo
attribuito ad Alessandro Algardi e Cristo deriso del Cavalier d'Arpino (1598).
3° cappella sin. (architettura di Paolo Marucelli, c. 1635): alla parete d.,
Martiri persiani di Giovanni Francesco Romanelli (1641); nelle lunette,
affreschi (storie dei santi martiri) di Giacinto Gimignani (1641). 2a: *Morte di
S. Anna di Andrea Sacchi (1649).
La chiesa sorge su un notevole complesso archeologico (restauro 1985;
per la visita rivolgersi alla Soprintendenza archeologica di Roma), costituito da
una serie di ambienti in laterizio risalenti alla fine del sec. i; due vani contigui
furono in seguito unificati e trasformati in ninfeo, e le pare ti e le volte rivestite
di pomici e di mosaici a eleganti motivi vegetali: di questi restano, caso assai
raro in Roma, tracce sul soffitto.
Da piazza Cairoli, lasciato al N. 6 uno dei tre ingressi al palazzo
Santacroce ora Pasolini dall'Onda, opera di Carlo Maderno (1598-1602)
completata nel 1630-40 da Francesco Peparelli, si prosegue per via de'
Giubbonari, così detta dalle botteghe dei fabbricanti di giubbe (numerosi
ancora oggi i negozi di abbigliamento) e parte dell'antica "via Peregrinorum"
(v. pag. 348); a metà c. si apre a d. largo dei Librari, dove, serrata tra i
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sorto nel sec. XVII sul precedente palazzo Orsini, con finestre ornate nei
timpani con aquile e leoni e ricco cornicione.