Sei sulla pagina 1di 121

R.

I MONTI | 1

http://www.hot-map.com/es/roma
http://www.hot-map.com/es/roma
http://www.skyscrapercity.com/showthread.php?t=306185&page=325
http://www.medioevo.roma.it/
2 | R. I MONTI

Rione Monti.
Il rione, il cui nome ricorda la movimentata altimetria del suo territorio,
comprende un settore cospicuo dell'area racchiusa dalle mura repubblicane
(parte del Quirinale, il Viminale e le propaggini dell'Esquilino) benché l'assai
più vasta estensione originaria sia stata ridotta dopo il l870 per formare i rioni
Castro Pretorio ed Esquilino.
La parte meridionale era prossima ai rilievi su cui sorsero i nuclei abitati
della città primitiva; al centro era la valle della Subura (il nome significherebbe
"zona sotto la città"), già in età repubblicana occupata da modeste dimore (le
domus patrizie punteggiavano le vicine alture), con un tono popolare per certi
aspetti protrattosi sino a oggi. L'antica struttura viaria, come l'attuale che spesso
la ricalca, era condizionata dall'orografia: la Suburra era percorsa
dall'Argiletum (l'odierna via della Madonna de' Monti), che sotto il Cispio,
prominenza dell'Esquilino, si biforcava nel vicus Patricius (l'attuale via
Urbana) e nel clivus Suburanus (la moderna via in Selci); uno schema, questo,
riproposto sfalsato e ingrandito dalle ottocentesche vie Cavour e G. Lanza.
L'età imperiale confermò il carattere residenziale della zona, che vide
sorgere a sud la Domus Aurea di Nerone, poi in parte sepolta dalle terme di
Tito e di Traiano. Con l'avvento del Cristianesimo nacquero, in dimore private,
luoghi di culto (tituli) che furono all'origine di alcune basiliche (S. Pudenziana,
S. Prassede, S. Martino ai Monti, S. Pietro in Vincoli).
La caduta dell'Impero e il taglio degli acquedotti spopolarono le alture:
nel Medioevo piccoli nuclei rimasero solo presso le chiese titolari e gli abitanti
si concentrarono nella Suburra, mentre intorno sorsero recinti fortificati a
controllo delle strade tra l'abitato, i colli orientali e il Laterano: il rione resta
tuttora il più ricco di torri di quel periodo.
Sostanziali mutamenti avvennero solo con Sisto V, che realizzò
l'acquedotto Felice, tracciò via Panisperna e sistemò via dei Serpenti. Tali
interventi posero le premesse per il ripopolamento della parte più alta del rione,
edificata tra Sei e Settecento: oltre alla villa di Sisto V e alle successive
Aldobrandini e Sforza, pochi furono i palazzi nobiliari, a conferma del carattere
popolare e periferico della zona, numerosi invece i conventi e le case d'affitto
settecentesche.
Il 1870 segnò cambiamenti ben più radicali: l'apertura di via Nazionale e
l'urbanizzazione dell'Esquilino, prevista dal piano regolatore del 1873 insieme
alle opere viarie di collegamento con il centro; esemplare della cesura del
vecchio tessuto urbanistico è via Cavour, sulla quale si allineano compatti
caseggiati di fine Ottocento che mascherano le variazioni altimetriche e
nascondono la retrostante minuta edilizia antica.
R. I MONTI | 3

A nord di via Cavour.

La visita prende avvio da largo Corrado Ricci, creato dalle demolizioni


del 1932 per l'apertura di via dell'Impero (ora dei Fori Imperiali) e dominato a
N. dal poderoso basamento della torre dei Conti.
Torre dei Conti faceva parte del complesso fortificato della famiglia
Conti ed era conosciuta nel Medioevo per la sua maestosità anche come Turris
Maior, per via della sua mole: l'altezza originaria doveva essere di circa 50-60
metri, contro i 29 attuali.
Il primo nucleo fortificato sorse sui resti di una delle esedre del Forum
Pacis a opera di Pietro dei Conti di Anagni, sotto il pontificato di Niccolò I
(858 - 867). La realizzazione del primitivo corpo turrito (ancora affiorante sul
lato di via dei Fori Imperiali) fu seguita da un’opera di ampliamento che foderò
nel 1203 (su disegno di Marchione Aretino) la fabbrica precedente. Nelle
intenzioni dell’allora papa Innocenzo III (1198 - 1216) la torre doveva
rappresentare il potere ecclesiastico e tutelava le processioni papali da S. Pietro
al Laterano.
La torre era composta da tre corpi di fabbrica a pianta quadrilatera
irregolare, uno dentro l’altro, in parte crollati dai terremoti del 1348, 1630 e
1644. Presenta inferiormente un alto basamento a scarpata a fasce di selce e
scaglie dei marmo (si noti che sul lato ovest, interamente di restauro, le bande
sono in ordine inverso, a sottolineare la non originalità). Sopra il basamento, il
corpo della torre si restringe ed è rinforzato da due robusti contrafforti per lato,
ormai privi del coronamento ad arco. La torre era poi rivestita di travertino, che
però fu asportato per essere utilizzato a Porta Pia (1561).
Su via Tor de’ Conti è infissa un’epigrafe, a circa m. 3 dal piano di
calpestio.
HAEC DOMUS EST PETRI VALDE DEVOTA NYCOLE
STRENUUS ILLE FIDUS MILES FORTISSIMUS ATQUE
CERNITE QUI VULTIS SECUS HANC TRANSIRE QUIRITES
QUAM FORTIS INTUS NIMIS COMPOSITA FORIS
EST UMQUAM NULLUS VOBIS QUI DICERE POSSIT.
“Questa casa, fortemente obbediente a Niccolò, è di Pietro, colui che è
cavaliere valoroso, fedele e fortissimo. Osservate, Quiriti che volete passare
nei pressi di questa: mai nessuno può esprimervi a parole quanto sia forte
dentro e fin troppo salda fuori,”
4 | R. I MONTI

L’epigrafe dovrebbe risalire al pontificato di Niccolò I (Conti), epoca in


cui si data la costruzione del primitivo nucleo della Tor de' Conti a opera di
Pietro de’Conti (858). Tale datazione permetterebbe di identificare il Pietro e il
Niccolò citati nell’epigrafe rispettivamente con il Pietro fondatore della torre e
con Niccolò I papa.
Accanto alla Tor de' Conti, sulla via omonima, si conserva una casetta
rivestita in tufelli databile al XIV secolo. L'edificio ha subito un pesante
restauro (1939), che per fortuna non ha completamente cancellato la tessitura, il
colore e la confezione della cortina muraria.
Percorsa per breve tratto via Cavour, rumorosa arteria di collegamento
tra l'area dei fori e la stazione di Termini aperta sbancando le pendici
dell'Esquilino e fiancheggiata da grandi case d'affitto di fine '800, si volta a sin.
in via dell'Agnello, incrociando via della Madonna de' Monti
Nel tratto di d., oltre la chiesa di S. Salvatore ai Monti, testimoniata per
la prima volta in una bolla di papa Niccolò IV (1289), distrutta durante il sacco
di Roma (1527), ma riedificata nel 1762 è l'adiacente Collegio dei Neofiti
(Gaspare De Vecchi, 1635), fatto costruire dal card. Antonio Marcello
Barberini come seminario per convertiti. L'alta costruzione che si affaccia
davanti alla chiesa di S. Salvatore ai Monti è da identificare con Torre Secura
o Subura (volgarmente detta ancheTorre Scura), che fino a pochi anni fa si
riteneva distrutta. In origine (s. XIII) la torre aveva tre livelli al di sopra di
quello terreno, con apertura molto diverse tra loro per forma e dimensioni, e
terminava con una copertura a capanna. Si erge, pure a sin., Madonna dei
Monti, una delle chiese romane più interessanti del periodo di transizione tra
Rinascimento e barocco.
Madonna dei Monti, eretta su disegno di Giacomo Della Porta (1580)
per celebrare il rinvenimento di una miracolosa immagine della Vergine.
Nel luogo in cui sorge la Chiesa, vi era un antico monastero che ospitava
una comunità di Clarisse. Quando la comunità abbandonò il complesso, le sale
del monastero furono adibite sia ad abitazioni che ad altri scopi e addirittura
una come fienile. Un giorno di aprile del 1579 l'edificio fu interessato da
numerose scosse, simili ad un terremoto, e si udì anche una voce che pregava di
non far male al bambino: a parlare era stato un affresco rappresentante la
Madonna con il Bambino.
La notizia si sparse per tutta Roma e la gran folla che ogni giorno si
accalcava dinanzi alla casa convinsero papa Gregorio XIII a far rimuovere
l'affresco e a dare incarico a Giacomo della Porta di costruire una chiesa dove
custodire l'immagine miracolosa della Vergine col Bambino.
R. I MONTI | 5

La facciata, derivata da quella del Gesù, è a due ordini di lesene:


l'inferiore, corinzio, è raccordato da volute al superiore, composito e più stretto;
le tre campate centrali, lievemente avanzate, ospitano tra nicchie il portale e il
finestrone a edicola.
L'interno si ispira ache a quello del Gesù, sebbene in scala minore. Nella
volta, Ascensione, angeli e dottori della Chiesa di Cristoforo Casolani (1609).
Nella volta e negli arconi delle cappelle, angeli in stucco di Ambrogio
Buonvicino (1588). Risalgono i quattro profeti maggiori dell'Antico
Testamento (di Giovanni Anguilla, 1599) che si trovano nelle nicchie della
cupola.
Nave destra. 1a cappella: Madonna con Bambino e S. Car1o Borromeo
(1624); gli affreschi: storie di S. Carlo Borromeo di Giovanni da S. Giovanni
(1624). 2a: Pietà, copia (c. 1588) copiata da quella di Lorenzino da Bologna da
Antonio Viviano; alla parete d. Andata al Calvario di Paris Nogari. e la
Resurrezione del Salvatore di Giovanni Battista della Marca.
Presbiterio. Altare maggiore opera di Giacomo Della Porta costituito da
una edicola sormontata dalle statue del Salvatore tra Angeli e contenente la
miracolosa immagine: Madonna con Bambino e i Ss. Stefano e Lorenzo (inizi
sec. XV). Nell'abside, dipinti di Giacinto Gimignani: S. Michele; Crocifissione;
S. Pietro battezza i Ss. Processo e Martiniano; Apparizione di Cristo alla
Vergine e Battesimo di Cristo e Ilario Casolani: storie di Maria ed evangelisti
che si trovano nella cupola; al di sopra, angeli di Orazio Gentileschi (1599).
San Benedetto Giuseppe Labre, che morì nelle vicinanze nel 1783, è
sepolto nel transetto sinistro, sotto un altare.
Nave sinistra. 3a cappella: Natività, di Girolamo Muziano; ai lati,
Adorazione dei Magi e Sogno di S. Giuseppe di Cesare Nebbia. La cappella:
Annunciazione di Durante Alberti (1588).
Sulla piazza della Madonna de' Monti, fontana disegnata da Giacomo
Della Porta (1589), con vasca ottagonale su gradini ornata dagli stemmi di
Sisto V e del Popolo romano, e due coppe sovrapposte circolari. Affaccia la
chiesa dei Ss. Sergio e Bacco (chiesa nazionale ucraina), nota già nel sec. IX e
detta anche Madonna del Pascolo da una immagine mariana copiata da quella
di Zirovich in Lituania scoperta sotto l'intonaco del muro contiguo alla
sagrestia (1718) e collocata sull'altare maggiore. Fu proprio in seguito a questa
scoperta che alcuni fedeli finanziarono la ricostruzione della chiesa da
Francesco Ferrari (1741). Presenta una facciata di forme cinquecentesche
(l896).
La via Leonina, in continuazione di via della Madonna de' Monti,
conduce in piazza della Suburra, sin dall'antichità uno dei nodi del sistema
6 | R. I MONTI

viario della zona che qui si biforcava per salire sull'Esquilino evitando la
prominenza del Cispio. Con l'apertura di via Cavour tale funzione è passata al
vicino largo Visconti Venosta e la piazza, già infossata dalla nuova viabilità, è
stata deturpata da costruzioni recenti (a d., su un angolo, iscrizioni e
bassorilievi di fine '400 dalla distrutta chiesetta di S. Salvatore ad tres
imagines).
Si prosegue tra edifici settecenteschi lungo da via Urbana, che ricalca il
vicus Patricius e che deriva il nome attuale da Urbano VIII, cui è riferita la sua
sistemazione definitiva.
Oltre piazza degli Zingari, dalla quale risale le pendici del Viminale, la
breve via Clementina, aperta da Clemente XII (1734), si lascia a d. S.
Lorenzo in Fonte o Ss. Lorenzo e Ippolito, cosi detta dalla presenza, in
sotterranei di età romana, di un pozzo con la cui acqua Lorenzo avrebbe
battezzato il suo carceriere Ippolito. L'attuale chiesa, a navata unica con tre
cappelle per lato, venne costruita dal cardinale Juan Alvarez de Toledo per
opera dell'architetto Domenico Castelli (1656).
Sull'altare maggiore, Battesimo di Sant'Ippolito attribuito a Andrea
Camassei, autore anche delle due tele laterali, Martirio di San Lorenzo e San
Lorenzo che distribuisce i pani ai poveri (c. 1640). Nella sagrestia: busto di
papa Urbano VIII attribuito al Bernini o alla sua scuola. La chiesa ospita la
tomba del famoso architetto ticinese Carlo Fontana, allievo prediletto ed
assistente del Bernini.
Fabbricati di fine '800 segnano l'incrocio con le vie di S. Maria Maggiore
e Panisperna.
Bambin Gesù, iniziata da Carlo Buratti (1731) e completata da
Ferdinando Fuga (1736).
La facciata, a ordine gigante di lesene, contrasta nell'andamento
verticale con l'orizzontalità del convento che la ingloba e appare sproporzionata
in seguito all'eliminazione, per l'innalzamento della quota stradale (c. 1872),
della doppia scala d'accesso.
Nell'interno, a croce greca allungata dal profondo coro e dal vestibolo in
cui si apre a d. la cappella della Passione, di Virginio Vespignani (1856): le
decorazioni sono di Francesco Grandi. All'altare d. S. Agostino trionfa
sull'eresia di Domenico Maria Muratori (1736).
S. Pudenziana, fondata secondo la tradizione da Pudenziana, sorella di
Prassede, nella casa del padre, il senatore Pudente, che aveva ospitato S. Pietro.
L'edificio sorse, come titulus Pudentis, da cui per corruzione Pudenziana,
all'interno di una casa romana dove nel sec. II fu eretto un impianto termale
R. I MONTI | 7

(Terme di Novato). Altri, al contrario, sostengono che l'ubicazione in un


edificio termale è da ritenersi infondata poiché non sono stati trovati bacini,
condotti acquiferi e soprattutto vasche, manufatti tipici di un edificio di quel
genere.
Un'aula di questo fu trasformata sotto il pontificato di papa Siricio (c.
380), in basilica a tre navate, restaurata da Adriano I e Gregorio VII, e
rimaneggiata a fine '500.
La facciata venne rifatta da Antonio Manno (1870). Precede il portale,
con motivo a intreccio rilavorato nell'800, un protiro, rimaneggiamento
cinquecentesco di elementi medievali: due colonne a scanalatura elicoidale
reggono la trabeazione con fregio a motivi vegetali (sec. XI), in origine cornice
del portale; nei medaglioni, partendo da sin., Pastore, Pudenziana, Agnello
mistico, Prassede e Pudente. A sin. si leva l'alto campanile romanico a cinque
ordini, gli ultimi tre a trifore su colonne, che si fa risalire ai primi del sec. XIII.
L'interno, originariamente a tre navate divise da sei colonne antiche per
lato, è stato trasformato da Francesco da Volterra (1588), per volere del
cardinale Enrico Caetani, in navata unica murando le prime tre arcate di d. e di
sin. e rimettendo in luce le colonne di marmo bigio inglobate in pilastri di
rinforzo forse nel sec. VIII. Il restauro del 1927 ha lasciato in vista sopra le
arcate la muratura antica.
Nave destra. 1a cappella: sulla controfacciata, S. Agostino di Giacinto
Gimignani. 2a: Madonna della Clemenza (fine sec. XVI); ai lati, Natività di
Maria e Presepe, tele di Lazzaro Baldi. Nel corridoio di accesso alla sagrestia,
nella volta, Conversione di S. Guglielmo d'Aquitania attribuita al Domenichino
(1625) e Assunzione di Ludovico Gimignani.
Presbiterio. La cupola, opera del da Volterra, fu affrescata da Nicolò
Circignani: Paradiso. Sull'altare maggiore, di forme neoclassiche, Gloria di
S. Pudenziana di Bernardino Nocchi (1803); suoi i Ss. Novato e Timoteo ai
lati. A sin. del presbiterio, in fondo, nella cappella di S. Pietro: Consegna delle
chiavi, gruppo marmoreo di G.B. Della Porta (1596).
Nell'abside, mosaico (c. 410), malamente ritagliato nelle zone
periferiche in seguito al rimodernamento cinquecentesco: Cristo in trono
circondato dagli apostoli (ne sono rimasti dieci, gli altri sono scomparsi con le
ristrutturazioni cinquecentesche) e da due donne che gli porgono una corona
ciascuna, la cui identità è oggetto di discussione: secondo alcuni sarebbero le
sante Pudenziana e Prassede, figlie di Pudente, secondo altri
rappresenterebbero la "Chiesa" e la "Sinagoga", cioè i templi dei cristiani e
degli ebrei. Solo la figura del Cristo ha l'aureola, e tiene in mano un libro
8 | R. I MONTI

aperto sul quale campeggia l'iscrizione DOMINUS CONSERVATOR


ECCLESIAE PUDENTIANAE.
Le figure si stagliano davanti a un'esedra porticata, dietro la quale si
intravede il profilo di una città, che potrebbe essere identificata con
Gerusalemme, di cui si intravederebbero le chiese costruite da Costantino I.
Questa interpretazione è resa plausibile dalla presenza, al centro del mosaico,
di una croce ricoperta di gemme che, secondo la tradizione, sarebbe stata fatta
erigere dall'imperatore Teodosio II, nel 416 sul Calvario,in ricordo,
probabilmente di una miracolosa apparizione della croce. Accanto alla Croce
svettano in un cielo animato da nuvolette rosacee e azzurre i quattro Viventi
dell'Apocalisse (l'angelo, il bue, il leone e l'aquila), una delle più antiche
rappresentazioni del Tetramorfo giunte sino a noi in sede monumentale.
Discusso è il significato che il maestro di questo mosaico, artista di
grande fantasia e potenza comunicativa, ha voluto offrire assemblando tanti
simboli ed elementi iconografici. Prevale certamente un significato legato al
Cristo-docente, o al Cristo-filosofo, se non al Cristo-re, arguibile da un
confronto con l'iconografia del tempo. Probabile che, stante anche l'ordine dei
quattro simboli del Tetramorfo, la mente iconografica che ha elaborato questo
mosaico fosse legata ai circoli culturali che si muovevano intorno a San
Girolamo: l'ordine dei quattro Viventi è infatti quello che compare nel
commento di San Girolamo a Origene, che a sua volta commentava la profezia
di Ezechiele. In generale è comunque evidente l'allusione al Cristo come fonte
di Salvezza, in relazione alla Seconda venuta (il Tetramorfo) e alla protezione
accordata alla chiesa sorta sulla domus di Pudente.
Presso l'ultima arcata sin. si sale all'Oratorio Mariano (lungo la scala,
stemma Caetani), che ospita i bolli doliari recuperati negli scavi e affreschi
databili tra il pontificato di Gregorio VII (1073-1085) e il primo quarto del XII
secolo. Sull'altare, Madonna con Bambino in trono tra le Ss. Pudenziana e
Prassede, contraddistinte dalla corona del martirio; sulla sinistra, nel registro
superiore, Predicazione di S. Paolo, Battesimo di Novato e Timoteo, in quello
inferiore il Battesimo delle sante e l’ordinazione di Novato; sul lato opposto,
frammentari Ss. Valeriano, Tiburzio e papa Urbano; nella volta, Agnello e i
simboli degli evangelisti); a d. dell'altare, Crocifisso, affresco del sec. XVI. Il
pavimento riutilizza materiali antichi.
Sul fianco sin. della navata si apre la Cappella Caetani, iniziata dal da
Volterra e terminata da Carlo Maderno, trasformazione della cappella di S.
Pastore ritenuta il primo luogo di culto della domus di Pudente: i marmi
policromi sono dei Della Porta, gli stucchi dei Valsoldo; nella volta, negli
sguinci delle finestre e sulla parete di controfacciata, mosaici di Paolo Rossetti
R. I MONTI | 9

su disegno di Federico Zuccari; all'altare, Adorazione dei Magi, rilievo di


Pietro Paolo Olivieri (c. 1599) terminato da Camillo Mariani; ai lati,
monumenti funebri del cardinale Enrico (m. 1599) e del duca Filippo Caetani
(m. 1614) del Maderno, con angeli reggistemma del Mariani; nelle nicchie,
statue delle Virtù cardinali di Giovanni Antonio Mari e altri berniniani (c.
1650).
Di ritorno all'incrocio, si segue a d. via Panisperna (incerto è l'etimo del
nome), tracciata da Sisto V per collegare S. Maria Maggiore a Piazza Venezia.
La strada rivela l'origine cinquecentesca nell'andamento rettilineo che,
indifferente all'orografia, fa un doppio saliscendi tra Esquilino, Viminale e
Quirinale e presenta oggi, nel tratto intermedio, un vivace carattere popolare.
Lasciata a d. via Balbo, prevista dal piano regolatore del 1883 ma completata
agli inizi del '900 e delimitata a sin. dal muraglione del Viminale, si costeggia a
sin. il palazzo Cimarra (N. 198), iniziato nel 1736, con facciate articolate da
cornici e paraste angolari.
S. Lorenzo in Panisperna, eretta secondo la tradizione al tempo di
Costantino sul luogo del martirio del santo e riedificata nel 1300 da Bonifacio
VIII (1300) e dal cardinale Sirleto (1574) che ne fu titolare durante il
pontificato di Gregorio XIII.
Il portale esterno, aggiunto nel XVII secolo e restaurato da Leone XIII
(1893), che fece costruire la doppia scala, si apre su un cortile che conserva a d.
una rara casa d'impianto medievale con scale esterne. La facciata, opera di
Francesco da Volterra: ripartita in due ordini, è scandita da paraste e chiusa da
un piccolo timpano, al di sotto del quale è situato un grande occhio e una porta
lignea (1664).
L'interno è a navata unica con tre cappelle per lato. Il soffitto affrescato
con la Gloria di san Lorenzo, da Antonio Bicchierai (1757). La cappella ipogea
contiene il forno in cui sarebbe stato martirizzato san Lorenzo.
Nave destra: 1a cappella; Santa Chiara d'Assisi, di Antonio Nessi
(1756); 2a, Tomba di san Crispino e san Crispiniano; 3a, Immacolata
concezione, di Giuseppe Ranucci (1757). Presbiterio. Nella tribuna Martirio
di S. Lorenzo di Pasquale Cati (1589), a sin. Crocifisso del sec. XV. Nave
sinistra: 1a cappella, Stimmate di san Francesco, di Niccolò Lapiccola; 2a,
Santa Brigida che prega di fronte al crocifisso, di Giuseppe Montesanti (1757).
Sulla vigna del monastero di S. Lorenzo, espropriata dopo il 1873,
sorsero il palazzo del Viminale e l'edificio dove ebbe sede l'Istituto di Fisica
dell'Università di Roma, legato agli esperimenti di Enrico Fermi ed Ettore
Majorana.
10 | R. I MONTI

Al N. 76 della perpendicolare via Milano, nel complesso dell'Istituto di


Patologia del Libro "Alfonso Gallo", è una torre medievale mozza, ritenuta
dei Capocci, è stata recentemente identificata con la torre Gallina Alba, citata
in una biografia di Innocenzo III papa (1198‐1216).
La struttura dell'edificio è il risultato di una serie di trasformazioni. A
base quadrangolare, si sviluppa su due soli piani fuori terra; la cortina è in
mattoni e malta di calce a composizione e tessitura irregolare e le finestre
quadrangolari e riquadrate di travertino. Su tutte le superfici murarie sono
presenti tracce di intonaco.
Oltre via dei Serpenti, cosiddetta da un graffito scomparso raffigurante
il Laocoonte (nel tratto di d. si riconoscono l'abside e il campanile di S. Agata
dei Goti: v. sotto), la via Panisperna risale le pendici del Quirinale tra edifici
otto-novecenteschi. In angolo con via di S. Agata dei Goti si erge
S. Bernardino da Siena sorge sulle rovine dell'antico monastero di santa
Veneranda, consacrata solennemente nel 1625. L'interno, a pianta ellittica,
accoglie nella cupola la Gloria di S. Bernardino e di santi francescani, di
Bernardino Gagliardi e, sulla porta della sagrestia, ì Ss. Francesco, Chiara e
Agata, di Giovanni Baglione (1617).
S. Agata dei Goti o in Suburra. fondata nel sec. V; unica testimonianza
rimasta del culto ariano praticato dalla comunità gotica di Roma, venne
consacrata da S. Gregorio Magno alla religione cattolica, col titolo attuale, nel
593.
La facciata, opera di Francesco Ferrari (1729), prospetta su via
Mazzarino. Nel quadriportico tra la facciata e l'interno, bel pozzo
cinquecentesco.
L'interno conserva in parte la struttura del sec. V, con aggiunte barocche
e ottocentesche: è a tre navate, divise da arcate su colonne con capitelli ionici e
pulvini rivestiti in stucco nel'600. Al centro della navata centrale, pavimento
cosmatesco risalente alla seconda metà del Quattrocento e realizzato per
volontà del cardinale Francesco Gonzaga. Sull'altare maggiore, ciborio
cosmatesco (sec. XII-XIII). Nel catino Gloria di S. Agata, di Paolo Gismondi
(c. 1636).
Segue, sul lato d. di via Panisperna (N. 28), il prospetto di villa
Aldobrandini.
Villa Aldobrandini risale alla metà del Cinquecento, quando la famiglia
Vitelli realizzò qui la propria dimora estiva, su progetto di Carlo Lambardi
(1590) che costruì il palazzo con la facciata su via Panisperna e il casino con
torrione d'angolo verso la chiesa di San Domenico e Sisto. Papa Clemente VIII
R. I MONTI | 11

acquistò la villa (1601) e la donò a suo nipote, il cardinale Pietro, Aldobrandini.


Successivamente, i suoi familiari ristrutturarono gli edifici, adattando il
complesso ad una dimora museo, riempiendo le sale del piano nobile del
palazzo di bellissime pitture e i viali dell'edificio di antiche sculture.
La maggior parte delle modifiche della villa Aldobrandini avvennero con
l'apertura della via Nazionale (1876); la villa è stata dimezzata dagli
sbancamenti acquisendo le dimensioni attuali, inoltre, l'abbassamento del
livello stradale ha portato a modifiche alle strutture edilizie: venero edificati
lungo i muraglioni di cinta i due padiglioni angolari gemelli; è stata aumentata
l'altezza del muro di cinta chiudendo il portone del Lambardi prospicente
all'attuale Largo Magnanapoli che fungeva da ingresso e aprendo un altro
ingresso in via Panisperna, con un grande portale ad arco fiancheggiato da due
solenni colonne sovrastate da due mezzi timpani che introduce ad un cortile al
quale fa da fondale un grande ninfeo costituito da un emiciclo con balaustra
superiore arricchita da colonne e da statue, alcune mutile, altre visibilmente
mancanti. Alla destra del portale c’è un basso fabbricato a grandi arcate,
costruito da Clemente Busiri Vici (c. 1920) e ad angolo su via Mazzarino, un
edificio simile costruito da Marcello Piacentini. Un ingresso, costruito da
Cesare Valle (1938), permette di accedere dall'esterno alla parte superiore del
giardino. L'interno della villa, nonostante i vari rifacimenti conserva ancora il
soffitto a cassettoni e medaglioni in stucco del XVII e del XVIII secolo,
affreschi, carte geografiche e vedute, tra queste una raffigura la stessa villa
Aldobrandini.
Gli Aldobrandini rimasero proprietari della villa fino al 1929, quando fu
acquistata dallo stato Italiano. L'edificio principale ha accolto l'Istituto
Internazionale per l'unificazione del diritto Privato (UNIDROIT), il resto del
complesso con il giardino pensile è diventato parco pubblico.
La parte di giardino, oggi di proprietà comunale, si stende verso via
Mazzarino, dalla quale un accesso consente di osservare ruderi di magazzini,
forse da identificare con i magazzini di Lucio Nevio Clemente, costruiti alla
fine del I secolo d.C. e restaurati più volte in epoca traianea e severiana. Il
complesso venne poi coperto dal terrapieno sul quale sorsero le terme di
Costantino. Altre parti riemersero in occasione dello scavo di un rifugio
antiaereo nel 1940.
La via Panisperna piega a d. seguendo un tracciato preesistente al piano
sistino e, avendo sullo sfondo la torre delle Milizie e la chiesa di S. Caterina a
Magnanapoli (v. pag. 173), costeggia a sin. la chiesa dei
Ss. Domenico e Sisto, detta anche S. Sisto Nuovo perché eretta sul luogo
dell'antica S. Maria a Magnanapoli per le suore del convento di S. Sisto presso
12 | R. I MONTI

le terme di Caracalla; venne edificata a partire dal coro (1569-77) a opera di


Giacomo Della Porta, proseguita nella navata (1609-36) da Nicola e Orazio
Torriani e completata da Vincenzo Della Greca.
La facciata – di effetto scenografico per il sito elevato, la scalea a
tenaglia opera del Della Greca (1655-63) e i candelabri fiammeggianti sul
timpano - è a due ordini di lesene accoppiate: il primo (Nicola Torriani) reca
nelle nicchie le statue di S. Tommaso d'Aquino e di S. Pietro Martire (Stefano
Maderno, 1636); nelle nicchie del secondo, opera del Della Greca (1654) e più
decorato, statue di S. Domenico e di S. Sisto di Marcantonio Canini.
L'interno (se chiuso rivolgersi alla portineria del Pontificio Ateneo
Angelicum) è a navata unica coperta a botte e presenta tre altari per lato; nella
volta, Apoteosi di S. Domenico e Patrocinio di Maria sull'ordine, affreschi di
Domenico Maria Canuti ed Enrico Haffner (1674-75).
1° altare d. (Alaleona), disegnato da Gian Lorenzo Bernini: *Noli me
tangere, gruppo marmoreo di Ercole Antonio Raggi (c. 1649). 3°: Visione di S.
Domenico di Pier Francesco Mola (1648).
Altare maggiore, su disegno di Bambini (1640): Madonna col Bambino,
terracotta policroma di scuola fiorentina (sec. XV).
3° altare sin.: Madonna col Bambino attribuita a Benozzo Gozzoli (c.
1460). 2°: Sposalizio mistico di S. Caterina di Francesco Allegrini (1532). 1°:
Madonna del Rosario di Giovanni Francesco Romanelli (1652).
A d. della chiesa è il convento domenicano (dalla scala d'accesso, bella
vista della torre delle Milizie e del giardino di villa Aldobrandini), raccolto
attorno a un chiostro a pilastri e lesene e oggi sede del Pontificio Ateneo
Angelicum in un ambiente al piano terreno, Crocifisso di scuola toscana del
sec. XIII e trittico a sportelli di Lippo Vanni (firma) raffigurante la Madonna in
trono col Bambino tra i Ss. Domenica e Aurea (centro) e scene del martirio
della santa (sportelli).
Si percorre a sin. la salita che prende nome dal palazzo del Grillo, poi di
Robilant, tra i più interessanti del '700 romano, con eleganti cornici in stucco
delle finestre. Un cavalcavia lo collega sulla d. alla
torre del Grillo, eretta nel sec. XIII dai Carboni e passata nel '600 ai
marchesi del Grillo che aggiunsero l'iscrizione e il singolare coronamento a
gigli tra volute su mensole e angolari.
Sulla contermine omonima piazza, all'angolo d. del muraglione in
peperino che isolava il foro di Augusto dalla Suburra, è la
*casa dei Cavalieri di Rodi, sede un tempo del Priorato romano
dell'ordine dei Cavalieri di S. Giovanni di Gerusalemme (poi detti di Rodi e di
R. I MONTI | 13

Malta) e oggi dell'Antiquarium del Foro di Augusto (v. sotto); il complesso non
è attualmente (1992) visitabile.
I Cavalieri si stabilirono a fine sec. XII sopra la chiesa e il convento di S.
Basilio costruendo la loro sede su strutture romane; Paolo II affidò nel 1466
l'amministrazione del Priorato al nipote cardinale Marco Barbo, che diede alla
casa l'assetto attuale utilizzando maestranze venete, forse le stesse del palazzo
di Venezia (a tale periodo risalgono l'ingresso dal foro di Augusto, ove affaccia
un bel balcone tra due finestre a croce guelfa, e la loggia verso il foro di
Traiano). Trasferito definitivamente nel 1566 il Priorato all'Aventino vi si
insediarono le suore della SS. Annunziata finché nel 1924 si avviò la
demolizione della chiesa e del convento per lo scoprimento del foro di
Augusto; nel 1946 la casa fu concessa all'ordine di Malta, che la fece restaurare
ripristinando l'ingresso su piazza del Grillo.
La FACCIATA sullo slargo ha una cornice a dentelli romanica e una
finestra a croce del '400. Dalla porta a sin. ai piedi della scala si entra
nell'*ATRIO PORTICATO augusteo, mirabilmente conservatosi, ad arcate e
pilastri in travertino. La parte centrale, coperta da una volta nel Rinascimento, è
stata adattata nel 1946 a CAPPELLA DI S. GIOVANNI BATTISTA (visitabile
solo la domenica), ambiente quadrangolare con tre arcate per lato (una sola, più
grande, è nel lato verso l'ingresso); un ambulacro, già parte dell'antico portico,
corre intorno alla cappella; nel vano dell'altare, scavato nel muro romano,
affreschi staccati dalla demolita casa di Flaminio Ponzio.
Dall'atrio porticato si accede a d. all'Antiquarium del Foro di Augusto,
sistemato nel 1949 in tre tabernae, che ospita materiali romani e medievali
provenienti dall'omonimo foro (notevoli le *teste di Giove che ornavano il
fregio delle basiliche e il *capitello con Pegaso).
Si retrocede all'ingresso e, per la scala romana (restaurata), si sale
all'AULA MAGGIORE (interessanti i portali marmorei del '400 con lo stemma
Barbe), dove in fondo è una specie di arengo da cui si poteva parlare ai
Cavalieri raccolti nella sala. A sin. si passa nella SALA DEL BALCONCINO,
situata sopra l'atrio porticato (a d., ricostruzione con frammenti originali di un
tratto del fregio dell'attico dei portici del foro di Augusto, costituito da clipei
alternati a copie delle cariatidi dell'Eretteo di Atene), e nella SALA
BIZANTINA (frammenti architettonici dalle chiese medievali della zona
distrutte per l'apertura di via dell'Impero e affreschi del sec. XII dalla chiesa di
S. Basilio).
Per una porta in fondo all'Aula maggiore si accede a una scaletta (nel
ripiano, disegno a carboncino del sec. XV raffigurante Virgilio con i versi
danteschi che lo ricordano e, intorno, versi virgiliani) che conduce all'aerea
14 | R. I MONTI

*LOGGIA ( * panorama), con cinque arcate verso i mercati di Traiano e tre su


uno dei lati brevi; eretta dal cardinale Barbo nel 1470 (stemma nello zoccolo)
sul muro di età augustea che verso il foro di Traiano, in seguito
all'abbassamento del livello del terreno, ebbe ai tempo di Domiziano un
rivestimento di cortina, conserva nelle pareti paesaggi in affresco, deteriorati,
di scuola di Andrea Mantegna e nel fregio busti di imperatori.
Si scende per via Tor de' Conti (alla base del muraglione sono tre fornici
del foro di Augusto - v. pag. 258 - seguiti dal portale e da due bifore della
distrutta chiesa dell'Annunziata), lasciando a sin. via Baccina, dove dopo il N.
35 è un mercato coperto in stile littorio del 1934, e raggiungendo la chiesa dei
Ss. Quirico e Giulitta, testimoniata già nel sec. VII. La facciata con
lievi spartiture in stucco (Filippo Raguzzini, e. 1733) accoglie un portale
rinascimentale, attribuito a Baccio Pontelli, e un'iscrizione risalenti al restauro
di Sisto IV (1475) e qui spostati nel 1584 quando fu invertito l'orientamento
della chiesa. Nelle strutture dell'ex convento (Gabriele Valvassori, 1750-53),
oggi hotel Forum, è inglobato il piccolo campanile romanico.
L'interno, a navata unica con arcate laterali (se chiuso suonare al N. 31°
di via della Madonna de' Monti), fu coperto attorno al 1730 da una volta a botte
(nella tribuna, affreschi di Pietro Gagliardi) che celò gli archi acuti trasversali
di una sopraelevazione del '300. Alla chiesa è annesso il Museo &W Presepio
(visita: da ottobre a maggio, mercoledì e sabato ore 18-20).
Superata a d. una casetta medievale (ripristinata) che si addossa alla
torre dei Conti (v. pag. 280), si ritorna in largo Ricci.

FORI IMPERIALI

A sud di via Cavour.

Il colle Oppio
Da largo Ricci si prende a d., all'imbocco di via Cavour (per entrambi, v.
pag. 280), via del Colosseo, uno dei principali accessi all'anfiteatro prima
dell'apertura di via dei Fori Imperiali, sulla quale, oltre via Frangipane -
R. I MONTI | 15

tracciato di età romana che conduceva alla basilica di S. Pietro in Vincoli prima
degli interventi ottocenteschi - prospetta al N. 61 la severa fabbrica
cinquecentesca di palazzo Rivaldi, iniziato da Antonio da Sangallo il Giovane
per Eurialo Silvestri, cameriere di Paolo III, e ristrutturato attorno al 1586 da
Jacopo Del Duca; il complesso, divenuto nel 1662 istituto assistenziale col
nome di Ascanio Rivaldi, perse nel 1932 gran parte del giardino, che
originariamente arrivava fino alla basilica di Massenzio, per l'apertura di via
dell'Impero.
Tra gradevoli scorci si giunge in largo Agnesi (bella vista sul Colosseo,
l'arco di Costantino e il tempio di Venere e Roma: v. pagine 262-265), dal
quale si diparte a sin. via degli Annibaldi, prevista dal piano regolatore del
1873 ma aperta nel 1894, profonda trincea che taglia le pendici O
dell'Esquilino: sul lato sin. affacciano fabbricati scolastici di fine '800, su
quello d., c. a metà della strada, la mozza torre degli Annibaldi dei primi del
'200. Dalla parte opposta del largo si stacca via Nicola Salvi, sottostanti alla
quale, a d., sono i pochi resti attualmente visibili delle terme di Tito (nel 1992
in corso di scavo), dall'imperatore erette e dedicate nell'80; orientate come la
Domus Aurea, si componevano di svariati ambienti disposti lungo un asse
centrale (al portico di accesso al complesso appartengono i pilastri laterizi con
semicolonne prospicienti il Colosseo).
Al termine della discesa si entra, per il viale della Domus Aurea, nel
parco del Colle Oppio, che Raffaele De Vico realizzò nel 1928-32
espropriando parte dei giardini del palazzo Brancaccio (v. pag. 489) sul pendio
tra le terme di Traiano e le vie Labicana e Mecenate (l'area interna al perimetro
delle terme e attraversata dal viale del Monte Oppio si deve ad Antonio
Mufloz, 1936) e al cui interno sono i resti della Domus Aurea e delle terme di
Traiano che a essa in parte si sovrapposero.
Subito a sin., in corrispondenza delle sostruzioni dell'esedra del
complesso termale, è l'accesso alle rovine della
Domus Aurea di Nerone (non visitabile), una delle più grandiose
testimonianze dell'architettura romana antica.
Costruita dopo l'incendio del 64, che aveva distrutto la "Domus
Transitoria", dagli architetti Severus e Celer e ornata dal pittore Fabullus (i
motivi decorativi, studiati e riproposti dagli artisti del Rinascimento, presero il
nome di "grottesche"), la villa, che si stendeva dalle pendici del Celio e del
Palatino fino agli "horti Maccenatiani" su un'area di c. un miglio quadrato,
comprendeva, oltre all'edificio residenziale, un ampio giardino (sull'area poi
occupata dal Colosseo era un lago artificiale).
16 | R. I MONTI

La parte di palazzo fino a oggi scavata, che si stende per c. m 300 x 100,
mostra nella parte O, incentrata su un cortile porticato, un impianto regolare,
mentre la zona E, articolata attorno a un'esedra trapezoidale e alla sala
ottagona, presenta un impianto più movimentato. Tra gli ambienti che si
dispongono in tale zona spiccano:
il GIARDINO PORTICATO, fiancheggiato a O da un corridoio sul
quale affacciavano stanze e a N da un criptoportico; Un NINFEO, con volta
rivestita di pomici e, al centro, mosaico con Ulisse che offre la coppa di vino a
Polifemo;
la famosa SALA DELLA VOLTA DORATA, dagli stucchi oggi mal
ridotti;
l'altissimo CRIPTOPORTICO, le cui pareti sono rivestite di intonaco
dipinto e le cui volte conservano firme di artisti del Rinascimento
(testimonianza dell'antico aspetto del monumento si conserva nella decorazione
pittorica di un ambiente sul lato opposto al criptoportico);
la SALA OTTAGONA, con la cupola dal grande occhiale centrale e le
pareti aperte su sale disposte a raggiera. Recenti indagini lasciano supporre che
il complesso fosse più esteso a E (sotto gli attuali viale Mizzi e via Mecenate)
di quanto ipotizzato, mentre gli scavi condotti al livello dei giardini del parco
del Colle Oppio hanno rivelato l'esistenza di un piano superiore della Domus
Aurea sistemato a ninfei e peristili.
Si prosegue nel parco tenendo a sin. per i viali Serapide e Mizzi, sul cui
lato sin. sono i cospicui resti dell'abside di un'aula e dell'esedra della palestra E
delle terme di Traiano; opera probabilmente di Apollodoro di Damasco,
l'architetto del foro di Traiano, che le costruì in opus latericium in parte sopra
la Domus Aurea, testimoniano per la prima volta lo schema - poi imitato dagli
impianti di Caracalla e di Diocleziano -costituito da un corpo centrale (c. m 210
x 190) racchiuso da un recinto (c. m 330 x 315) con esedra.
Il viale Mizzi sbocca in via delle Terme di Traiano di fronte alle *Sette
Sale (visita: ore 9-13.30, domenica 9-13, lunedì chiuse; dal l° aprile al 30
settembre martedì, giovedì e sabato anche 16-19), grandiosa cisterna (c. m 40 x
60) appartenente al summenzionato complesso e costituita da nove ambienti
paralleli intercomunicanti, coperti a volta. Sul terrazzo superiore della cisterna,
disposta su due piani (quello inferiore fungeva da sostruzione), si impiantò una
ricca domus, della quale gli scavi del 1966-67 hanno riconosciuto due fasi
edilizie (secoli II e IV).
Da via Nicola Salvi la visita continua per via delle Terme di Tito, largo
della Polveriera (a sin.) e via Eudossiniana (a d.), che oltrepassa la facoltà
d'Ingegneria, trasformazione (G.B. Milani, c. 1915-25) del convento della
R. I MONTI | 17

vicina basilica di S. Pietro in Vincoli (il chiostro del primo '500 accoglie un bel
pozzo coevo). Su piazza di S. Pietro in Vincoli, parte dell'antico "Fagutal" (la
pendice O dell'Esquilino) e oggi spazio emarginato dagli interventi urbanistici
ottocenteschi, prospettano a sin. l'alta torre dei Margani già creduta dei
Borgia (sec. XII), trasformata in campanile della chiesa di S. Francesco di
Paola (v. pag. 291) e a d. La
basilica di *S. Pietro in Vincoli, detta anche Eudossiana perché
ricostruita da Eudossia minore moglie dell'imperatore Valentiniano III.
Ricevute dalla madre le catene che avevano avvinto S. Pietro a
Gerusalemme, essa, secondo la tradizione, le donò a S. Leone Magno, che le
avvicinò a quelle della prigionia romana dell'apostolo: le due catene si fusero
miracolosamente in una sola, qui conservata. Scavi condotti nel 195659 nel
sottosuolo della basilica (vi si accede mediante una scala sul lato d. Del
portico) hanno accertato l'esistenza di una domus del sec. ~III con aula
absidata, sostituita nel IV da una basilica dedicata agli apostoli; questo edificio
venne ricostruito al tempo di Eudossia minore, consacrato sotto Sisto III nel
439, modificato nella seconda metà del sec. XV dai futuri Sisto IV e Giulio II,
e poi ancora ai primi del XVIII e nella seconda metà dell'800.
Precede la facciata un PORTICO (pianta, 1; c. 1475), con arcate su
pilastri ottagonali in pietra (nei capitelli, stemma Della Rovere), attribuito dal
Vasari a Baccio Pontelli ma forse opera di Meo del Caprino; la cancellata che
lo chiude risale al tempo di Clemente XI, la dimessa sopraelevazione della
facciata al 157078. Sulla sin., canonica di fine '400 restaurata nel 1861.
Sotto il portico, un portale marmoreo quattrocentesco (stemma Della
Rovere) introduce all'interno (se chiuso rivolgersi al N. 4A), imponente per le
proporzioni e le 20 colonne doriche antiche di marmo imezio (le basi ioniche
sono settecentesche).
La navata centrale, conclusa da un arco trionfale su due colonne antiche
di granito con capitelli corinzi, presenta la veste datale nel 1705-06 da
Francesco Fontana che aggiunse la pesante volta lignea ribassata e cassettonata
(restauro 1989-91; al centro, Miracolo delle catene di G.B. Parodi, 1706); le
navi laterali e il transetto furono coperti a fine '400 con volte a crociera
(stemma Della Rovere). A sin. dell'ingresso, monumento di Antonio e di Fiero
del Pollaiolo con busti dei fratelli, opera di Luigi Capponi (post 1498); sopra,
Processione propiziatoria per la peste del 1476, affresco di scuola di
Antoniazzo Romano.
NAVATA DESTRA. 1° altare (2): S. Agostino del Guercino. 2° (3):
Liberazione di S. Pietro, copia dal Domenichino; ai lati, monumenti del
cardinale Girolamo Agucchi (sin.; m. 1605) e di Lanfranco Margotti (d.; m.
18 | R. I MONTI

1611), il primo su disegno del Domenichino cui si attribuiscono anche i due


ritratti dipinti a olio.
TRANSETTO DESTRO. Mausoleo di Giulio II (4), riduzione della
colossale opera ordinata a Michelangelo dal pontefice nel 1513 e concepita
dall'artista che vi attese per tre anni e che ne fu stornato da Leone X:
grandeggia in basso la figura seduta di *Mosè (1514-16?), che, sceso dal Sinai,
contempla sdegnoso gli Ebrei idolatri; ai lati, entro nicchie, statue di Lia e di
Rachele, simboli della vita attiva e contemplativa, opere di Michelangelo
ultimate da Raffaello da Montelupo (1542-45); le altre parti sono dei discepoli
(il Papa giacente è di Tommaso Boscoli; la Madonna col Bambino di Scherano
da Settignano; il profeta e la sibilla di Raffaello da Montelupo).
Una porta lignea intagliata (prima metà sec. XVI) immette
nell'ANTISAGRESTIA (5), che accoglie la Liberazione di S. Pietro del
Domenichino (1604) e S. Agostino di Pier Francesco Mola; nella
SAGRESTIA, altare marmoreo quattrocentesco con rilievo raffigurante la
Madonna col Bambino. Nella cappella a d. Della tribuna (6), S. Margherita del
Guercino. TRIBUNA (dipinta da Jacopo Coppi nel 1577; 7).
Sotto l'altare maggiore (il baldacchino è di Virginio Vespignani, 1876),
la CONFESSIONE (8), opera dello stesso, ospita nell'altare due sportelli di
bronzo dorato con scene della vita di S. Pietro in bassorilievo, attribuite al
Caradosso (1477); gli sportelli nascondono l'urna di bronzo dorato (1856)
contenente le supposte catene di S. Pietro.
Nella CRIPTA Sotto l'altare, *sarcofago paleocristiano (sulla fronte,
episodi del Nuovo Testamento) con le presunte reliquie dei fratelli Maccabei.
NAVATA SINISTRA. 2° altare (9): *S. Sebastiano barbuto, mosaico
bizantino (c. 680). Monumento del cardinale Cinzio Aldobrandini (1707; 10).
1° (11): Cristo deposto del Pomarancio; a sin., *tomba di Nicolò da Cusa (m.
1464) con bassorilievo (S. Pietro tra il cardinale e l'angelo liberatore) attribuito
ad Andrea Bregno.
Da un basso arcone sulla piazza si scende in via S. Francesco di Paola,
suggestiva scalinata che sottopassa il cosiddetto palazzo dei Borgia, in realtà
appartenuto ai Margani; secondo la tradizione sarebbe qui il "vicus Sceleratus"
(da identificarsi più probabilmente nell'odierna via Frangipane), ove Tullia
passò col cocchio sul corpo del padre, il re Servio Tullio.
Si sbocca in piazza di S. Francesco di Paola (a sin., sostruzioni medievali
a fasce bianche e nere di fortificazioni dei Cesarini), cui fa angolo l'omonimo
ex convento, costruito per i Minimi a metà '600 ma riedificato nel successivo
da Luigi Barattoni e oggi sede dell'Istituto centrale del Restauro.
R. I MONTI | 19

Gli è contigua la chiesa nazionale dei Calabresi di S. Francesco di


Paola, costruita da Orazio Torriani (1624-30), ampliata nel 1645-50 e
completata nella decorazione dal Barattoni (inizi sec. XVIII). La parte inferiore
della facciata è in travertino, con portale e due nicchie a edicola tra lesene con
teste di cherubini; la superiore ebbe una modesta finitura a intonaco nel '700.
L'interno (suonare al N. 10) è a navata unica coperta a botte, con tre
cappelle per lato, di cui le centrali più ampie. 2a cappella d,: sulle pareti e sulla
volta, Miracoli del santo di Giuseppe Chiari.
All'inizio del presbiterio, sopra le porte, monumenti di Lazzaro
Pallavicini (d.) e di Giovanni Pizzullo (sin.) con busti dei defunti (Agostino
Corsini, sec. XVIII). *Altare maggiore di Giovanni Antonio de Rossi (c. 1655),
con scenografico panneggio di stucco imitante il bronzo e sostenuto da angeli.
Nella volta della sagrestia, Apparizione della Vergine a S. Francesco di Paola
del Sassoferrato (c. 1660); nella cappella attigua, Crocifissione e S. Francesco
di Paola di Francesco Cozza.
Si scende in via Cavour (v. pag. 280) e la si risale a d. fino a largo
Visconti Venosta, da dove si prosegue ancora a d. in via in Selci, l'antico
"clivus Suburanus", costeggiando la facciata, tripartita da lesene a fascio e con
duplice frontone, della chiesa dei Ss. Gioacchino e Anna ai Monti, eretta nel
1770-78 da Giovanni Francesco Fiori con interno a croce greca.
Segue il seicentesco monastero delle Agostiniane (N. 82), che racchiude
la chiesa di S. Lucia in Selci, diaconia sorta sul lato N del portico di Livia e già
esistente nel sec. VIII; l'edificio sacro, cui si accede a sin. dell'atrio (suonare),
fu ricostruito da Carlo Maderno nel 1604.
L'interno è un'aula rettangolare voltata a botte, con due altari per lato in
nicchie tra lesene doriche. Sulla controfacciata, cantoria attribuita a Francesco
Borromini e Dio Padre del Cavalier d'Arpino. 1° altare d.: Martirio di S. Lucia
di Giovanni Lanfranco (firma). 2°: Visione di S. Agostino di Andrea Camassei.
L'altare maggiore, ottocentesco, sostituisce quello originario di Borromini (sua
la grata della mensa): Annunciazione di Anastasio Fontebuoni (1606). 2° altare
sin.: Comunione della Madonna dalle mani di S. Giovanni del Camassei;
ciborio con marmi policromi e statue dorate e in alabastro, attribuito al
Maderno. 1° (cappella Landi), opera di Borromini del 1637-39: SS. Trinità e i
Ss. Agostino e Monica del Cavalier d'Arpino.
Al termine della via, il cui ultimo tratto è fiancheggiato a d. Dal
prospetto di un edificio databile al sec. v (ne resta un portico murato con
pilastri di travertino), si sbocca in piazza di S. Martino ai Monti, aperta a fine
'800, sulla quale sorgono due torri medievali, con merli e cortina di restauro: a
sin. quella dei Graziani; a d., isolata, quella dei Capocci (m. 36.10).
20 | R. I MONTI

Dal lato sin. dello slargo si stacca via dei Quattro Cantoni, dove al N. 50,
oltre un recinto settecentesco rimaneggiato a fine '800, è l'ex villa Sforza ora
Ufficio delle Imposte di Fabbricazione, costruita nella prima metà del sec.
XVII ispirandosi a prototipi palladiani nella pianta con salone centrale (le ali
laterali risalgono ai primi del '700); la facciata, preceduta da una doppia
scalinata, presenta belle cornici barocche ed è sormontata da un belvedere in
corrispondenza del salone centrale.
Chiude il lato SE dello slargo l'abside e il cinquecentesco portale
posteriore della basilica di
S. Martino ai Monti, la cui facciata principale, prospettante su viale del
Monte Oppio, è articolata da due ordini di lesene a fascio (ai lati del portale, S.
Martino e S. Silvestro, stucchi di Stefano Castelli). Sull'antico "titulus Equitii"
venne eretta da papa Simmaco una prima chiesa, dedicata ai Ss. Silvestro e
Martino, poi riedificata da Sergio II; la veste attuale risale ai restauri iniziati nel
1636.
L'interno è a tre navate, divise da colonne antiche con capitelli
compositi su cui poggia la trabeazione (sopra questa, medaglioni in stucco e
statue di santi di Paolo Naldini, c. 1655). Le navate laterali conservano bei
soffitti lignei seicenteschi monocromi a rilievo e, sulle pareti, affreschi di
Gaspard Dughet (a d., storie di S. Elia; a sin., Paesaggi della Campagna
romana) e prospettive di Filippo Gagliardi (Interno di S. Giovanni in Laterano
prima del rinnovamento borrominiano; Antica basilica di S. Pietro).
NAVATA DESTRA. 1° altare: S. Maria Maddalena de' Pazzi di Matteo
Piccione (1647). 2°: Estasi di S. Teresa di Gesù di Giovanni Greppi. 3°: S.
Martino di Fabrizio Chiari. La scalinata centrale scende alla scenografica
CRIPTA (Filippo Gagliardi, c. 1650), con profusione di colonne doriche
e, sulle volte, stucchi del Naldini. Dalla cripta si accede a sin. a una suggestiva
AULA (m 18 x 11; per la visita rivolgersi al sagrestano), coperta da volte a
crociera su pilastri e preceduta da un vestibolo, databile al sec. III e facente
parte del "titulus"; in essa sono frammenti architettonici romani e medievali,
resti di affreschi del sec. IX (nella volta, avanzo di Croce gemmata), un
ciborietto cosmatesco e un mosaico Madonna con S. Silvestro) del sec. VI.
NAVATA SINISTRA. 2° altare: S. Alberto carmelitano di Girolamo
Muziano (1575). 1°: S. Angelo di Pietro Testa (1646). All'inizio della navata,
S. Cirillo battezza un sultano, affresco di Jan Miel (1651).
Dalla piazza, la visita volge al termine per la via di S. Martino ai Monti,
tratto superiore del "Cliviis Suburaineuls"(nel palazzo al N. 20° un'iscrizione
ricorda un soggiorno lungo la quale s'incontra, serrato tra e se d'abitazione il
protiro medievale, con due colonne antiche granito con capitelli ionici, di *
R. I MONTI | 21

S. Prassede. Le origini della basilica sono legate secondo la tradizione,


al "titulus Praxedis" cioè della figlia del senatore Pudente e sorella di
Pudenziana; nel 489 esisteva già sul luogo, ma con orientamento inverso
all'attuale, un edificio sacro, ricostruito da Pasquale I - che vi trasferì dalle
catacombe le spoglie di c. 2000 martiri - e restaurato più volte nei secoli
successivi.
Alla chiesa si accede abitualmente dal lato d., che dà su via S. Prassede.
Dal PROTIRO (pianta, 1), una SCALA (2; alle Pareti, archi del ciborio
del sec. IX) sale al CORTILE (3; a Sin., resti del C010nnato della basilica
paleocristiana), che precede la facciata laterizia a due spioventi del tempo di
Pasquale I, Con portale del '500 tre finestre centinate ( le transenne sono di
restauro) e cornicione medievale.
L'interno conserva, sotto le aggiunte, parte della struttura del sec. IX: le
tre navate sono divise da colonne di granito con capitelli in parte di restauro;
nel Medioevo tre colonne per parte furono inglobate in pilastri reggenti arcate
trasversali di rinforzo, nel '500 le 10 finestre originarie su ogni lato furono
sostituite da quattro finestroni, sotto i quali sono affreschi di inizio sec. XVII.
Al centro del pavimento (4) un disco di porfido copre il pozzo ove S. Prassede
avrebbe raccolto i resti dei martiri (iscrizione).
NAVATA DESTRA. 2a cappella (Cesi; 5): la volta e le pareti (a d.,
Famiglia della Vergine; a sin., Adorazione dei Magi) sono del Borgognone, le
lunette di Ciro Ferri.
*Cappella di S. Zenone (6) il più importante monumento bizantino in
Roma, eretta da Pasquale 1 come mausoleo della madre Teodora.
La precede un portale costituito da materiale in parte di spoglio (i
capitelli e gli stipiti sono del sec. IX), al di sopra del quale un lunettone a
mosaico, con doppio giro di medaglioni, circoscrive una finestra centinata con
urna marmorea di età classica: nel giro interno , Madonna con Bambino, i Ss.
Novato e Timoteo, le Ss. Prassede e Pudenziana e altri busti muliebri; nel giro
esterno, Cristo e gli apostoli; agli angoli. in alto due santi, in basso Pasquale I e
il suo successore (?), assai restaurati. L'interno della cappella si ispira ai
mausolei classici nella pianta cruciforme con colonne angolari e volta a
crociera: le colonne di granito, i capitelli e i pulvini sono di spoglio, tre basi
risalgono al sec. IX; il pavimento è uno dei più antichi esempi di opus sectile a
marmi policromi. I mosaici rappresentano: nella volta, il Salvatore entro un
medaglione sorretto da quattro angeli; nel lunettone d., i Ss. Giovanni
evangelista, Andrea e Giacomo; nella lunetta sottostante, Cristo tra i Ss.
Pasquale I e Valentiniano; nella nicchia all'altare, Madonna con Bambino in
trono e le Ss. Prassede e Pudenziana (sec. XIII); ai lati della finestrella quadrata
22 | R. I MONTI

sopra l'altare, S. Giovanni Battista e la Madonna; nel lunettone sin., S. Agnese


(d.) e le Ss. Prassede e Pudenziana (sin.); nella lunetta della nicchia sottostante,
Teodora episcopa (con il nimbo quadrato dei viventi), la Madonna e due sante.
Nel piccolo vano a d. dell'ingresso, colonna della Flagellazione, portata da
Gerusalemme nel 1223 e ritenuta quella cui sarebbe stato legato Gesù.
Sul 3° pilastro (7), affresco con Crocifissione (fine sec. XIII) e memoria
funebre con busto del vescovo G.B. Santoni (m. 1592), una delle prime opere
di Gian Lorenzo Bernini (c. 1614). 4a cappella (8): tomba del cardinale Alano
(1474) di Andrea Bregno. Cappella in fondo alla navata (del Crocifisso; 9), con
marmi provenienti dalla basilica paleocristiana e da quella medievale:
Crocifisso ligneo (sec. XVI); alla parete opposta, tomba del cardinale Pantaléon
Anchier de Troyes (m. 1286) attribuita ad Arnolfo di Cambio.
In fondo alla navata maggiore, l'arco trionfale è decorato con *mosaici
del tempo di Pasquale 1: entro le mura della Gerusalemme celeste, Gesù tra due
angeli e, in basso, gli apostoli divisi in due gruppi con S. Paolo preceduto dal
Battista e dalla Madonna; ai lati, Mosè (sin.) ed Elia con un angelo; alla porta
della città, Angeli eh aspettano gli eletti del Signore; nell'intradosso dell'arco,
monogramma di Pasquale I.
La zona del presbiterio e della cripta fu modificata dopo il 1730 da
Francesco Ferrari: per la scala centrale si scende in un corridoio (ai lati, quattro
sarcofagi strigilati, di cui uno con le spoglie delle Ss. Prassede e Pudenziana),
al termine del quale è l'originaria CRIPTA semianulare (10; sull'altare, paliotto
cosmatesco).
Due gradinate di rosso antico salgono al PRESBITERIO (11): il ciborio,
che utilizza quattro colonne"di porfido rosso di quello di Pasquale 1, è opera
del Ferrari (1730); gli angeli al sommo del fastigio sono di Giuseppe Rusconi,
la cupoletta accoglie affreschi di Antonio Bicchierai (c. 1730); alle pareti sono
addossate *colonne, probabilmente di età classica, scanalate e fasciate di
corone d'acanto. L'abside risplende di *mosaici, anch'essi forse dell'epoca di
Pasquale 1: nel mezzo del semicatino, Cristo benedicente; a sin., S. Paolo che
cinge col braccio S. Prassede, e papa Pasquale offerente la chiesa; a d., S.
Pietro nello stesso atteggiamento di S. Paolo, S. Pudenziana e S. Zenane; ai lati,
le palme (quella di sin. Con la Fenice, simbolo del Cristo risorto); sotto, il
Giordano, l'Agnello (simbolo del Redentore) e le pecore (i discepoli),
Gerusalemme e Betlemme (le città d'oro) e l'iscrizione dedicatoria; al sommo,
monogramma di Pasquale I. All'esterno, l'Agnus Dei in chiave d'arco e, più
sotto, spariti sui due lati, i 24 Seniori biancovestiti che offrono corone. Sulla
parete in fondo all'abside, S. Prassede in atto di raccogliere il sangue dei martiri
di Domenico Muratori (1735).
R. I MONTI | 23

All'estremità sin. Dell'antico transetto, ora base del campanile (sec. XV;
non visitabile), storie di martiri, affreschi del sec. IX.
SAGRESTIA (12). All'altare, pala di S. Giovanni Gualberto di Agostino
Ciampelli; alle pareti, Flagellazione già ritenuta da Giulio Romano, Cristo
deposto e santi di Giovanni De Vecchi, S. Giovanni Gualberto eremita di
Francesco Gai. NAVATA SINISTRA. 4a cappella (di S. Giovanni Gualberto;
13), a croce greca e cupola (Ernesto Leschiutta, 1933): affreschi e mosaici di
Giulio Bargellini (1935). 3a (Olgiati; 14), di Martino Longhi il Vecchio: Gesù
sotto la Croce di Federico Zuccari; volta affrescata dal Cavalier d'Arpino. 2a
(15): Preghiera di S. Carlo di Ludovico Stern (1739; firma), cui appartengono
anche il S. Carlo in meditazione e il S. Carlo in estasi ai lati.
La via S. Prassede, che costeggia il fianco duce in piazza di S. Maria
Maggiore (v. pag. 492).

Da piazza della Repubblica si stacca in direzione SO via Nazionale, la


prima strada di Roma moderna, che riprende il percorso del "vicus Longus" tra
le terme di Diocleziano e il foro di Augusto. Il carattere celebrativo dell'Unità
nazionale riecheggia nella toponomastica: alla via, che punta al monumento a
Vittorio Emanuele II (v. pag. 189), convergono o sono parallele strade intitolate
alle capitali dell'Italia pre-unitaria, mentre alcuni tratti furono in seguito
ribattezzati a ricordo di personaggi e momenti salienti della storia del paese.
Il segmento fino all'incrocio con via delle Quattro Fontane, insieme a tre
trasversali (le odierne vie Torino, Firenze e Napoli) e una parallela (via
Modena), fu aperto da monsignor de Merode tra il 1864 e il 1866; nel 1864- 70
furono costruiti i primi edifici tra le vie Torino e Modena e lungo il tracciato
principale (chiamato "Nuova Pia" in onore del papa), e fu delineato il tratto
fino alla chiesa di S. Vitale, mentre all'urbanizzazione di quest'ultimo e alla
prosecuzione della via fino a piazza Venezia provvide il comune dopo il 1871
sotto la direzione di Alessandro Viviani, che nel 1875-76 studiò la soluzione
adottata nel segmento finale.
La qualità architettonica è mediocre nella prima parte del percorso, che
mostra il carattere speculativo dell'operazione del de Merode, mentre sale di
tono dopo l'incrocio con via delle Quattro Fontane grazie al palazzo delle
Esposizioni e a quello della Banca d'Italia; per l'edilizia abitativa fu riproposto
il tipo di palazzo 'sangallesco' con portale centrale (spesso balconato), finestre
incorniciate, fasce e cornici marcapiano, spigoli rinforzati da bugne e superfici
intonacate (di solito a finto bugnato nel piano inferiore).
24 | R. I MONTI

La prima traversa che l'asse tardo-ottocentesco interseca è via Torino,


tracciata a inquadrare, secondo il criterio sistino, la parte absidale della basilica
di S. Maria Maggiore (v. pag. 493) e la facciata della chiesa di S. Susanna (v.
pag. 314).
Il tratto di sin., su cui affaccia al N. 122 il palazzo Nathan (Cesare Janz,
1889; restauro 1990-91) clamoroso esempio di monumentalismo umbertino, si
apre a d. in piazza Gigli, dove è il prospetto attuale del teatro dell'Opera,
costruito nel 1878-80 ma restaurato radicalmente nel 1926-28 da Marcello
Piacentini, cui si deve la 'facciata' a portico; un ulteriore (1957-60) intervento
dello stesso conferì il banale aspetto sia all'esterno sia all'interno, dove la sala
conserva ancora la struttura ottocentesca (la cupola fu vivacemente affrescata
da Annibale Brugnoli), cui si è sovrapposta la decorazione a stucchi déco-
classicista. Tra le anonime facciate della piazza spicca, a sin. del teatro, il
palazzo dell'Istituto Bancario S. Paolo (Ennio Canino, 1982-84).
Nel tratto successivo di via Torino sono: al N. 6 il palazzo già
dell'ENPAIA (Adalberto Libera, Leo Calini ed Eugenio Montuori, 1956-59),
scandito da fasce orizzontali nei prospetti modulari (i primi a Roma in "curtain-
wall"); al N. 163 il palazzo Giolitti, altra altisonante opera dello Janz (1888).
Più avanti su via Nazionale, a sin., si fa notare la chiesa americana
episcopale (anglicana) di S. Paolo entro le Mura (St. Paul's within-the-Walls,
il primo tempio non cattolico accolto in città), che costituisce un documento
unico in Italia del movimento inglese "Arts and Crafts" e la più interessante
realizzazione d'arte sacra nella Roma di fine '800.
La costruzione, voluta dal reverendo Robert J. Nevin, è su progetto di
George Edmund Street (1872-76), che si sforzò di darle caratteri italianeggianti
nelle massicce murature 'romanico-gotiche' a corsi di travertino e mattoni rossi
e nel campanile a bifore e trifore. Intorno al rosone e sul portale gemino,
mosaici di George Breck (1909); le porte in bronzo (1977) hanno sostituito le
originali.
Nell'interno a tre navate, con archi ogivali su pilastri polistili, soffitto
ligneo a carena trilobata di tipo veneto e volte a crociera sulle navate laterali,
torna la dicromia nei corsi di mattoni e pietra rosa di Arles ed è presente un
raffinato apparato decorativo, con maioliche parietali su disegno di William
Morris; nel presbiterio, *mosaici, ispirati all'iconografia bizantino-medievale,
su cartoni del preraffaellita Edward Burne-Jones (1885-94) e terminati nella
parte inferiore da Thomas Matthews Rooke (1906-07).
R. I MONTI | 25

Poco oltre si interseca l'antica strada Felice (v. pag. 333), oggi
denominata a d. via delle Quattro Fontane (v. pag. 307) e a sin. Via Depretis (v.
sotto; sullo sfondo, l'abside di S. Maria Maggiore: v. pag. 493).

Lungo la prima si dispongono a sin., oltre via di S. Vitale, l'ex Pontificio


Collegio Canadese (Luca Carimini, c. 1888), e il palazzo dell'Istituto
Mobiliare Italiano e dell'Ufficio Italiano Cambi (Mario Paniconi, Giulio
Pediconi e Vincenzo Passarelli, 1953-56), una delle più espressive architetture
romane degli anni '50 e uno dei più intelligenti inserimenti nel tessuto storico:
il prospetto, rivestito di travertino con bugne irregolari lisce e rustiche, è
concepito come 'quinta urbana' che si apre, tramite l'atrio trasparente, sulla
retrostante via Piacenza.
La via Depretis, dov'è la chiesa sconsacrata di S. Paolo primo eremita,
ultima espressione del barocco romano (Clemente Orlandi, 1767-75), conduce
in piazza del Viminale, sistemata a esedra nel 1929-30 (la classicheggiante
fontana a vasca è di Publio Morbiducci); la domina il grandioso ma
freddamente cinquecentista palazzo del Viminale (Manfredo Manfredi, 1912-
21), sede del Ministero dell'Interno, fronteggiato (N. 14) da una casa per
appartamenti (Marcello Piacentini, 1914-19) che preannuncia il déco e cui si
affianca a d. il palazzo dell'ex Supercinema ora Teatro Nazionale (Arnaldo
Foschini e Attilio Spaccarelli, 1924-25).
Proseguendo ancora per via Depretis si raggiunge, in angolo con via
Balbo (v. pag. 283), il monumentale palazzo dell'Istituto Nazionale di
Statistica (1929-31); la biblioteca specializzata, con 150000 volumi, è tra le
più importanti d'Europa.

La via Nazionale, oltrepassato l'incrocio con via Genova, incontra a


d.,sprofondata in seguito alla colmata per l'apertura di questo tratto della strada,
la chiesa di
S. Vitale, consacrata da Innocenzo I ("titulus Vestinae") nel 412, in gran
parte ricostruita da Leone III (secoli VIII-IX) e restaurata in età romanica.
Originariamente a tre navate precedute da nartece, fu ridotta alle dimensioni
attuali da Sisto IV (1475); nel 1598 Clemente VIII la concesse ai Gesuiti, che
la collegarono alla chiesa di S. Andrea al Quirinale e ne iniziarono un integrale
restauro. Gli interventi del 1937-38 hanno ripristinato il prospetto evidenziando
la rarissima tipologia a facciata aperta (inizi sec. v): alle cinque arcate su
colonne del protiro ne corrispondevano altrettante, poi murate, nella facciata,
che ospita al centro un portale con iscrizione e stemma di Sisto IV e *battenti
lignei magnificamente scolpiti degli inizi del '600.
26 | R. I MONTI

L'interno è oggi ridotto a una sala rettangolare absidata. Alle pareti,


entro riquadri incorniciati da colonne binate dipinte, e sulla controfacciata,
storie di martiri e profeti di Tarquinio Ligusti e Andrea Commodi. Le Ss.
Vergini martiri (1 altare d.) e i Ss. Confessori (l sin.) sono di G.B. Fiammeri.
Gli affreschi del transetto (Lapidazione e Martirio di S. Vitate) e ai lati
dell'abside sono di Agostino Ciampelli (1601-03), quelli dell'abside del
Commodi.
Contiguo a S. Vitale è il palazzo delle Esposizioni, eretto su progetto di
Pio Piacentini - vincitore del concorso del 1877 - e inaugurato nel 1883
destando critiche per le caratteristiche distributive: l'enfatizzazione
dell'ingresso un'enorme serliana su colonne corinzie sotto cui prosegue la
scalinata – e l'assenza di aperture sulle pareti delle ali, ritmate da paraste e
coronate da 12 statue di artisti celebri. Ai lati del fornice, l'Arte Industriale e
l'Architettura di Giuseppe Trabacchi, la Pittura e la Scultura di Giovanni Biggi;
i due altorilievi raffigurano i Festeggiamenti per la Madonna di Cimabue
(Giovanni Puntoni) e il Ritrovamento del Laocoonte (Filippo Ferrari). Il gruppo
marmoreo a fastigio (l'Arte tra la Pace e lo Studio) è di Adalberto Cencetti.
Nell'interno, riallestito da Costantino Dardi, le sale sono illuminate
tramite lucernai nei soffitti.
Subito oltre è via Milano, rettifilo in prosecuzione di via del Babuino e
via Due Macelli previsto assieme al traforo dal piano regolatore del 1873 e che
secondo quello del 1909 avrebbe dovuto proseguire fino a piazza di S.
Giovanni in Laterano; il traforo Umberto I sotto il Quirinale fu aperto da
Alessandro Viviani nel 1902-03 (la testata su via Milano fu realizzata da Pio
Piacentini e Giulio Podesti nel 1905). Seguono ai numeri 191-193 il villino
Húffer (Jules-Antoine Pellechet, 1880-83), che si distingue per la tipologia e il
linguaggio tra Rinascimento e "Luigi XVI", e, tra le vie Parma e della
Consulta, il palazzo per uffici della Banca d'Italia (Marcello Piacentini 1954-
60).
Via Nazionale, che si innesta qui nel nucleo antico della città tagliando le
pendici del Quirinale, accoglie uno degli episodi più rilevanti del liberty
romano (1914): lo compongono il teatro Eliseo già Apollo, nato come arena
all'aperto nel 1901 e ricostruito in muratura nel 1906-10 (l'interno è stato
completamente ristrutturato con criteri razionalisti da Luigi Piccinato nel 1936-
38); gli ex magazzini Rovatti (1901) ora saloni Renault, con strutture in ghisa
e cemento armato che consentono superfici vetrate a tutta altezza; il Piccolo
Eliseo.
Sul lato opposto si contrappone il poderoso blocco di travertino del
palazzo della Banca d'Italia (1887-1902), significativa espressione del
R. I MONTI | 27

classicismo di matrice tardo-cinquecentesca di Gaetano Koch: è a tre ordini '


con parte centrale in leggero aggetto coronata da attico e doppio ingresso a tre
fornici.
Il lungo rettifilo sbocca in largo Magnanapoli, su cui convergono: a d.
Via XXIV Maggio (v. pag. 321), con sullo sfondo il palazzo del Quirinale (v.
pag. 319); a sin. via Panisperna (v. pag. 283) e la salita del Grillo (v. pag. 285);
da O le vie IV Novembre e Magnanapoli, che salgono rispettivamente da
piazza dei Ss. Apostoli e dal foro di Traiano. L'attuale largo si è formato nel
1875-76 in seguito all'abbassamento del livello stradale, che portò al
ritrovamento di esigui resti di mura Serviane (v. pag. 149), ora nell'aiuola,
prossime alla porta Sanqualis. A sin. si erge isolata - in seguito alla
demolizione del convento per l'isolamento della torre delle Milizie (v. sotto) e
la liberazione dei mercati di Traiano (v. pag. 256) - e sopraelevata
la chiesa di S. Caterina a Magnanapoli, fondata col convento delle
Domenicane da Porzia Massimi intorno al 1575; la ricostruzione della chiesa, a
opera di G.B. Soria, avvenne tra il 1628 e il 1641. La facciata di gusto tardo-
cinquecentesco, compiuta nel 1641 e nel 1992 in restauro, è a due ordini della
stessa ampiezza; al portico a tre arcate si accede dalla scala a doppia rampa
(moderna), sotto cui è stata ricavata la CRIPTA DEI CADUTI (1934; all'altare,
Crocifisso bronzeo di Romano Romanelli).
L'interno (se chiuso, rivolgersi all'Ordinariato Militare, salita del Grillo
N. 37) è a sala, con tre cappelle per lato e luminoso presbiterio,
armoniosamente ricco in seguito agli interventi decorativi sei-settecenteschi.
Nella volta, Gloria di S. Caterina di Luigi Garzi (sue le Virtù negli sguinci delle
finestre). 1a cappella d.: Comunione della Maddalena di Benedetto Luti. 2a:
Ognissanti del Garzì. 3a: S. Domenico risuscita un fanciullo di Biagio Puccini.
PRESBITERIO. Al monumentale altare maggiore, a due ordini di
colonne di marmo nero, Spirito Santo ed *Estasi di S. Teresa di Melchiorre
Caffà (ante 1667), e prezioso tabernacolo in agata, lapislazzuli e bronzo dorato
di Carlo Marchionni (1787); ai lati, S. Rosa da Lima e S. Agnese da
Montepulciano, altorilievi in stucco di Pietro Bracci; nella cupola, Eterno in
gloria di Francesco Rosa.
Sopra le porte del presbiterio, episodi della vita di S. Caterina di
Giuseppe Passeri. 3a cappella sin.: Madonna del Rosario del Passeri; alle
pareti, monumenti funebri Bonanni di Giuliano Finelli (1646-50). 2a: arcangeli
del Passeri. 1a: S. Nicola di Bari di Pietro Nelli.
Dietro la chiesa si leva la possente mole della *torre delle Milizie, una
delle più importanti testimonianze dell'architettura civile del Medioevo
romano.
28 | R. I MONTI

Eretta dai Conti agli inizi dei sec. XIII, fu acquistata da Bonifacio VIII,
che la fortificò contro i Colonna; il terremoto del 1348 provocò il crollo del
terzo piano e il cedimento del terreno, causa della forte inclinazione tuttora
visibile. Nel '500 fu di nuovo dei Conti e dal 1619 delle monache di S.
Caterina, che l'inglobarono nel convento; dopo i restauri e i consolidamenti
operati da Antonio Mufloz nel 1914, è stata annessa dal 1927 al complesso dei
mercati di Traiano ma attualmente non è visitabile. Su un basamento a blocchi
di tufo si levano due piani a paramento esterno in laterizio (del terzo resta un
moncone) e coronamento a merli, quest'ultimo di restauro; il rivestimento
interno è a blocchi di tufo irregolarmente alternati a filari di mattoni.
Sul lato opposto del largo (N. 158) è il palazzo Antonelli, di origine
cinquecentesca ma ristrutturato da Andrea Busiri Vici nel 1854-69 e
nuovamente trasformato per la prosecuzione di via Nazionale, che appartenne
al cardinale Giacomo Antonelli e oggi alla Banca d'Italia; in fondo all'androne,
decorato da numerosi frammenti antichi, è un eccezionale avanzo (scoperto nel
1875 e visibile su permesso del portiere) delle mura Serviane (v. pag. 149),
costituito da un *arco a conci di tufo pertinente a una camera balistica (sec. I a.
C.).
Via Nazionale cambia qui direzione e pendenza, e si riduce in larghezza
per scendere a piazza Venezia utilizzando i preesistenti vicolo dei Colonnesi e
via S. Romualdo: questa soluzione (1876-77) scongiurò la prima, ideata da
Alessandro Viviani nel 1873, che prevedeva dopo la curva un rettilineo fino a
piazza di Trevi e ulteriori sventramenti fino al Pantheon; dal 1918 questo tratto
ha preso i nomi di via IV Novembre e via Cesare Battisti.
Oltre l'ingresso, a sin., ai mercati di Traiano (v. pag. 256) è, al N. 100, la
casa Ruboli (Pietro Carnevale, 1884-86), nella quale l'eclettismo adotta il
linguaggio minuto del '400 fiorentino (decorazione in maioliche dipinte) per
'adeguarsi' all'adiacente torre dei Colonna, eretta alla fine del sec. XII da
Gilido Carbone e annessa al sistema difensivo dei Colonna e poi dei Molara:
tutta in laterizio e originariamente a tre piani (lato su via delle Tre Cannelle; le
sei aperture su via IV Novembre sono recenti) con coronamento a beccatelli di
travertino (di restauro), conserva in basso tre frammenti di rilievi classici e lo
stemma Colonna.
Al secondo gomito della via, e a scenografico fondale neobarocco di via
del Plebiscito (v. pag. 193), s'incurva nel portico d'entrata il prospetto del
palazzo dell'INAIL (Armando Brasini, 1928-34, restauro 1989); subito a d. è
via della Pilotta, con l'inconfondibile profilo dei quattro ponticelli che
collegano palazzo Colonna (v. pag. 296) all'omonima villa sul Quirinale (v.
R. I MONTI | 29

pag. 321), mentre a sin. è la chiesa Valdese, la prima di questa confessione a


Roma, inaugurata nel 1883 su progetto di Benedetto Andolfi.
Dopo via di S. Eufemia (v. pag. 324) è rimasto, staccato, il
cinquecentesco palazzo Valentini già Bonelli e ora della Provincia, che
delimita il lato SE dello slargo prospiciente piazza dei Ss. Apostoli (v. pag.
296): il prospetto si richiama, in piccolo, a quello di palazzo Farnese e si
potrebbe dire il prototipo di tutti quelli incontrati finora lungo il percorso.
L'edificio, che occupa l'arca del tempio di Traiano (v. pag. 256), fu eretto
dal cardinale Michele Bonelli nel 1583-85 e ampliato verso la Colonna Traiana
nella seconda metà del '600, sembra da Francesco Peparelli. Divenuto dal 1796
proprietà del banchiere! Vincenzo Valentini, che fece erigere da Filippo
Navone (c. 1830) il prospettino neoclassico verso il foro di Traiano, e dal 1873
della provincia di Roma, che ne iniziò la trasformazione a opera di Luigi Gabet
nel 1878 (lato di fondo del cortile e interni),il palazzo, a pianta trapezoidale con
androne e cortile centrale, conserva in quest'ultimo e nello scalone alcune
sculture d'età classica e, al secondo piano, un grande stemma del cardinale
Bonelli in piastrelle di maiolica colorata (fine sec. XVI).
La via Battisti costeggia a sin. un fianco del palazzo delle Assicurazioni
Generali di Venezia.
30 | R. I MONTI

1.4 Il rione Trevi.

Il rione, il cui nome deriva dal trivio presso piazza dei Crociferi, accolse
nel Medioevo la massima concentrazione di abitazioni attorno alle piazze di
Trevi, dove restava attiva l'Acqua Vergine, e dei Ss. Apostoli; la sommità del
Quirinale, denominato Monte Cavallo dai colossali Dioscuri e sulle cui pendici
era stato costruito al tempo di Caracalla il tempio di Serapide, rimase invece
scarsamente abitata, conservando un aspetto suburbano fino alla metà del
Cinquecento quando agli insediamenti difensivi medievali si sostituirono casini
e ville (villa Carafa d'Este, nucleo del palazzo del Quirinale), nonché edifici di
carattere religioso oggi in gran parte scomparsi.
Con Pio IV si iniziò una parziale rivitalizzazione della zona con il
livellamento e l'ampliamento dei percorsi classici dell'"Alta Semita" e del
"vicus Portae Collinae", che presero il nome di strada Pia (le attuali vie del
Quirinale e XX Settembre), ma fu soprattutto sotto Sisto V, con l'apertura nel
1585 della strada Felice (il rettifilo che ancora oggi collega Trinità dei Monti a
S. Croce in Gerusalemme) e con la costruzione del condotto dell'Acqua Felice
(1585-89), che cominciò una vera e propria urbanizzazione.
Nel corso del Seicento si restaurarono antiche chiese (S. Susanna, sorta
nel Medioevo come "titulus Gai") e se ne costruirono di nuove (S. Paolo poi S.
Maria della Vittoria, S. Nicola da Tolentino, S. Basilio) mentre nella parte
bassa del rione attorno a piazza i Ss. Apostoli, importanti palazzi (Odescalchi,
Colonna, Grimaldi, Muti Papazzurri) sorsero a fianco di abitazioni di borghesi
e artigiani formando un fitto tessuto urbano; il complesso del Quirinale sede
papale alternativa al Vaticano, divenne il fulcro della zona, che dal XVIII
secolo ebbe assetto definitivo con la costruzione degli edifici connessi alla
residenza e al governo pontificio (scuderie, palazzo della Consulta, palazzo
della Famiglia Pontificia, Manica Lunga, palazzina del Segretario della Cifra).
Sostanziali cambiamenti si verificarono dopo il 1870 nella parte alta del
rione per adeguarla alle funzioni di Roma capitale: la costruzione degli edifici
dei ministeri mutò completamente l'aspetto della strada Pia, asse di
collegamento tra il Quirinale - divenuto residenza del re - e la stazione
ferroviaria, mentre la sistemazione di via della Dataria (1866) e il livellamento
di via XXIV Maggio (1877) crearono i collegamenti fra il centro storico e i
nuovi quartieri a nord-est della città; l'apertura delle vie del Tritone (1885-
1925), Barberini (1926-32), Bissolati (1933) e del traforo Umberto I (1902-03)
hanno accentuato la trasformazione del rione, che ha mantenuto le
caratteristiche più suggestive intorno al polo di fontana di Trevi e che ha nella
R. I MONTI | 31

visita di importanti complessi museali (le Gallerie Colonna, dell'Accademia di


S. Luca e nazionale d'Arte antica) e di due splendidi esempi di architettura
sacra seicentesca (S. Carlo alle Quattro Fontane e S. Andrea al Quirinale) i
momenti di maggiore interesse.

L'itinerario ha inizio da piazza dei Ss. Apostoli (aperta su via Battisti: v.


pag. 175), dove a NE si erge (N. 53) il palazzo Colonna, eretto da Martirio V
sul luogo di un castello dei conti Tuscolani anteriore al Mille e in parte
ricostruito nel 1730 da Nicola Michetti, che aggiunse sul lato prospiciente la
piazza un'originalissima quinta composta da una fascia bassa con botteghe, due
portali e due eleganti padiglioni cubici con loggia a finestroni; il prospetto su
via IV Novembre fu eretto ripetendo le forme settecentesche del fronte sulla
piazza nel 1879. Nel padiglione in angolo con la summenzionata via, ora sede
del Museo delle Cere (visita: ore 9-21), è l'ex CAFFEE-HAUS, che accoglie,
al secondo piano, la splendida sala a volta ottagonale affrescata (Favola di
Amore e Psiche) da Francesco Mancini.
Il palazzo vero e proprio, posto in un vastissimo cortile (la
PALAZZINA DEL CARDINALE GIULIANO DELLA ROVERE, eretta
nel 1484 e incorporata nel fabbricato settecentesco, forma il fianco N di un
secondo cortile), ospita la famosa *Galleria Colonna (ingresso dalla
retrostante via della Pilotta N. 17; visita: sabato ore 9-13), costituita nel 1654-
65 dal cardinale Girolamo e incrementata da Lorenzo Onofrio Colonna e da
Fabrizio Colonna; dopo la vendita forzosa di un discreto numero di capolavori
nel 1798, nel sec. XIX entrarono nella collezione dipinti di maestri italiani del
'300 e '400, mentre nel successivo l'accorta politica di acquisizioni di
Marcantonio Colonna ha riportato la raccolta all'antico splendore.
INGRESSO: S. Benedetto di Jacopo Chimenti. SCALA: Tre figure,
copia di dipinto ritenuto di Giorgione, Sebastiano del Piombo e Tiziano;
Paesaggio di Filippo Angeli; Uscita di Noè dall'arca di Filippo Lauri.
ANTICAMERA: Crocifissione della scuola di Federico Barocci;
Maddalena, copia da Correggio; Marte e Venere della scuola di Anton van
Dyek; Il Tempo rapisce la Bellezza della bottega del Cavalier d'Arpino; S.
Giuliano Ospitaliero attribuito a Perin del Vaga; S. Andrea e S. Caterina del
Sermoneta; Cristo coronato di spine di Francesco Trevisani; Visione di
S.Gerolamo di Pier Francesco Mola.
SALA DELLA COLONNA BELLICA, cosiddetta dalla colonna di
marmo rosso antico (emblema della famiglia) posta al centro e sormontata da
una statuetta di Pallade: Madonna con Bambino e S. Pietro e donatore di Palma
il Vecchio; Ratto delle Sabine di Bartolomeo di Giovanni; Sacrafamiglia con S.
32 | R. I MONTI

Gerolamo e S. Caterina di Bonifacio Veronese; Pace tra Romani e Sabini,


tavola di Bartolomeo di Giovanni; *Venere, Cupido e satiro, tavola del
Bronzino; La Notte di Michele di Ridolfo del Ghirlandaio; Lo Spirito Santo
adorato da una famiglia di Domenico Tintoretto; Venere e Adone di Michele di
Ridolfo del Ghirlandaio; *Narciso al fonte di Jacopo Tintoretto; Il Giorno,
tavola di Michele di Ridolfo del Ghirlandaio; ritratti attribuiti a Pietro Novelli,
a G.B. Carlone, al Van Dyck, a Lorenzo Lotto, e di Scipione Pulzone e
Bartolomeo Cancellieri. Nella volta: Apoteosi di Marcantonio II Colonna,
affresco di Giuseppe Bartolomeo Chiari.
La SALA GRANDE (uno dei gradini venne spezzato da un colpo di
cannone durante l'assedio francese del 1849), ambiente fastosamente decorato
secondo il progetto di Antonio Del Grande e Girolamo Fontana, è ripartita da
lesene corinzie binate, fra le quali sono fregi di stucco dorato con trofei e
panoplie; le specchiere di Venezia furono dipinte con putti di Carlo Maratta e
fiori di Mario de' Fiori; gli affreschi della volta si devono per la parte
decorativa a Giovanni Paolo Schor e per la parte figurativa (episodi della vita
di Marcantonio II Colonna) a Giovanni Coli e Filippo Gherardi (1675-78).
Cena in casa di Simeone di Francesco Bassano il Giovane; S. Giovanni Battista
di Salvatore Rosa; S. Sebastiano curato da S. Irene di Giovanni Domenico
Cerrini; Cimone e Ifigenia attribuito a Pietro Testa; Predica di S. Giovanni
Battista del Rosa; Ecce Homo tra due angeli di Francesco Albani; Rebecca al
pozzo di Pier Francesco Mola; Adamo ed Eva di Francesco Salviati; Agar e
Ismaele del Mola; Martirio di S. Emerenziana dei Guercino; Madonna del
Soccorso di Niccolò di Liberatore; Maddalena in gloria di Giovanni Lanfranco;
S. Francesco orante di Girolamo Muziano; Allegoria delle Arti attribuita a
Matteo Rosselli; Martirio di S. Caterina di Enea Salmeggia; S. Pietro liberato
da un angelo del Lanfranco; S. Francesco in preghiera attribuito a Guido Reni;
Assunzione della Vergine di seguace di Peter Paul Rubens; Cristo al limbo di
Alessandro Allori; La Carità romana di Antonio Gherardi; S. Paolo eremita del
Guercino; ritratti di Bartolomeo Passerotti e della bottega di Justus Sustermans.
SALA DEI PAESAGGI: paesaggi di Gaspard Dughet, di Claes Pieterz
Berchem, di Herman van Swanevelt, di Cornelis van Poclenburgh, di Jan Frans
van Bloemen, di Jacoli de Heusch e di Crescenzio Onofri; Cuce del
Borgognone, di Josse de Momper e Jan Brueghel il Vecchio; Antigone presso i
corpi di Eteocle e Polinice attribuito a Paul Brill; Riposo durante la fuga in
Egitto del Borgognone; Predica di S. Giovanni Battista di Michelangelo
Cerquozzi. Nella volta: Allegoria della vittoria di Marcantonio II Colonna a
Lepanto di Sebastiano Ricci (ante 1695).
SALA DELL'APOTEOSI DI MARTINO V: ritratti di Domenico
Tintoretto, di Francesco Salviati, di Jan Stephan van Calcar, di Paolo Veronese,
R. I MONTI | 33

e attribuiti a Juan Fernandez de Navarrete e alla cerchia di Michele di Ridolfo


del Ghirlandaio; Madonna con Bambino e angelo con fragole, copia da Lucas
Cranach il Giovane; Ecce Homo di Francesco Bassano il Giovane; Angelo
annunziante e Vergine annunciata dei Guercino; La Vergine dona lo scapolare
a S. Simone Stock dello Scarsellino; Madonna con Bambino e S. Elisabetta,
tavola del Bronzino; S. Carlo Borromeo, di Giovanni Lanfranco; Angelo
custode del Guercino; Ratto di Europa di Francesco Albani; Madonna
incoronata da due angeli con Bambino e S. Giovannino, tavola di Andrea del
Sarto (?); *Mangiafagioli di Annibale Carracci; S. Gerolamo penitente, tavola
dello Spagna; Sacra famiglia con S. Sebastiano e S. Girolamo e la Maddalena
di Paris Bordon; Risurrezione di Lazzaro del Salviati; Cristo morto sorretto da
due angeli di Leandro Bassano; Sacra famiglia e santi del Bordon. Sul soffitto:
al centro Apoteosi di Martino V di Benedetto Luti, agli angoli Allegorie di
Pompeo Batoni; in due riquadri rettangolari, Il Merito incoronato dalla Virtù di
Pietro Bianchi e Il Tempo che scopre la Verità del Batoni.
SALA DEL TRONO (destinata secondo l'uso delle case principesche
romane a ricevere il pontefice): sotto il baldacchino della poltrona che funge da
trono, ritratti di Martino V (copia da Pisanello) e di Felice Colonna Orsini di
Scipione Pulzone (?); alle pareti, portolano del 1572, che si ritiene adoperato da
Marcantonio Il a Lepanto, e diploma in pergamena offerto dal Senato romano
al vincitore di Lepanto.
SALA DEI PRIMITIVI (detta anche di Maria Mancini): Allegoria delle
Arti decorative di Giovanni Benedetto Castiglione; Nascita della Vergine di
Francesco Cozza; Risurrezione di Cristo e di alcuni membri di casa Colonna di
Pietro da Cortona; Cristo risorto, tavola di Jacob van Amsterdam; Addolorata,
tavola di Juan de Juanes; Madonna in trono con Bambino benedicente, tavola
di Bartolomeo Vivarini; Madonna con Bambino, S. Giovannino e un monaco di
Luca Longhi; Riscatto di uno schiavo di Gerard de Lairesse; S. Giovanni
Battista, tavola di Pietro Alemanno; Madonna con Bambino, S. Elisabetta e S.
Giovannino, tavola di Bernardino Luini; Madonna con Bambino, tavola di
Giuliano Bugiardini; Madonna con Bambino, tavola della scuola di Sandro
Botticelli; Crocifisso, tavola di Jacopo Avanzi; Madonna con Bambino e santi
attribuita a Giovanni Francesco Caroto; Madonna con Bambino e S.
Giovannino, tavola del Sermoneta; Madonna con Bambino e angeli, tavola di
Stefano da Zevio; Sacra famiglia di Simone Cantarini; S. Giacomo maggiore,
tavola della bottega di Botticelli; Le sette gioie della Vergine, tavola di Bernart
van Orley; Sacra famiglia e santi, tavola di Innocenzo da Imola e bottega; I
sette dolori della Vergine del vari Orley; Mosè con le tavole della Legge del
Guercino; paesaggi di Francesco Albani; ritratti di Rocco Zoppo e ascritti a
Caspar Netscher.
34 | R. I MONTI

Contigua al palazzo Colonna è la basilica dei Ss. Apostoli (Filippo e


Giacomo), eretta da Pelagio I e completata da Giovanni III nel 570. Martino V
ne iniziò il restauro e a fine '400 Sisto IV la rinnovò aggiungendo il loggiato;
sotto Clemente XI, Francesco Fontana (1702-08) e alla morte di questi il padre
Carlo fino al 1714, trasformarono la chiesa in forme settecentesche.
L'alta e piatta facciata neoclassica, su disegno di Giuseppe Valadier
(1827; restauro 19,90), è scandita da lesene e da un finestrone rettangolare nel
mezzo; la precede un portico, attribuito a Baccio Pontelli (fine sec. XV) e
obliquo rispetto all'asse della chiesa, a nove arcate su due ordini: il primo a
pilastri ottagonali e il secondo con semicolonne ioniche, chiuso nel 1674-75
con l'inserimento di finestre barocche da Carlo Rainaldi, che aggiunse la
balaustra con le statue di Cristo e degli apostoli.
Sotto il portico, a d., aquila imperiale, rilievo romano del sec. II, e, sotto,
leone, opera firmata da un Vassalletto (sec. XIII); a d. della porta d. lapide del
musicista Gerolamo Frescobaldi, a sin. pietra tombale con ritratto di Giovanni
Colonna (m. 1484), attribuita a Luigi Capponi; ai lati del portale mediano, leoni
stilofori romanici; a sin., *stele funeraria di Giovanni Volpato di Antonio
Canova (1807).
L'interno, splendente di ori e di decorazioni ad affresco e stucco di gusto
settecentesco, è a tre navate, divise da robusti pilastri con lesene corinzie
binate: sulla volta, *Trionfo dell'ordine francescano, affresco del Baciccia
(1707), ed evangelisti di Luigi Fontana (1875); sopra la porta mediarla,
iscrizione con stemma di Clemente XI (1721) riquadrata da quattro figure
allegoriche in stucco.
NAVATA DESTRA. 1a cappella: Madonna col Bambino adorati da S.
Bonaventura e dal beato Andrea Conti di Nicolò Lapiccola; sotto, Madonna del
cardinale Bessarione, tavola attribuita a Jacopo Ripanda (c. 1480). 2a:
Immacolata e angeli di Corrado Giaquinto. Sul 2° pilastro, monumento
funerario di Clementina Sobieski di Filippo Della Valle (1737). 3a cappella
(Odescalchi), su architettura di Ludovico Rusconi Sassi (1703): sul ricco altare
marmoreo, S. Antonio da Padova di Benedetto Luti (1723); sul pavimento,
stemma marmoreo di Innocenzo XI (1716) in ricordo della liberazione di
Vienna del 1683; sulla parete retrostante all'altare, *affreschi quattrocenteschi
(restauro 1989; rivolgersi in sagrestia) della confessione di S. Eugenia, fatti
eseguire dal cardinale Bessarione. In fondo alla navata è la cappella del
Crocifisso (Luca Carionini, 1858), con otto *colonne tortili del sec. IV
dall'antica chiesa.
La CONFESSIONE, pure del Carimini (1873-79), accoglie, oltre alle
ossa degli apostoli titolari, il monumento funebre di Raffaele Della Rovere (m.
R. I MONTI | 35

1477), attribuito ad Andrea Bregno, e un sarcofago romano con tomba di


Alessandro Riario. ABSIDE. Sulla parete d., tomba del conte Giraud
d'Ansedum attribuita a Mino del Reame, e, sopra, tomba del cardinale Raffaele
Riario (m. 1721), di forme michelangiolesche; in fondo, Martirio dei Ss.
Filippo e Giacomo di Domenico Muratori (1704), la più grande pala d'altare di
Roma; alla parete sin., monumento funebre del cardinale Pietro Riario (m.
1474), opera del Bregno, di Giovanni Dalmata e di Mino da Fiesole (suo il
bassorilievo con Madonna col Bambino e santi). A sin. dell'abside,
*monumento di Clemente XIV (alla base, Allegorie della Mansuetudine e della
Modestia), prima opera romana di Canova (1789).
Una porta sotto il monumento dà accesso alla SAGRESTIA: nella volta,
Ascensione di Sebastiano Ricci (1701).
NAVATA SINISTRA. 3a cappella (Colonna): S. Francesco sorretto
dagli angeli di Giuseppe Chiari; a sin., monumenti del cardinale Carlo Colonna
(m. 1753; d.) e di Maria Lucrezia Rospigliosi Salviati (m. 1749; sin.) di
Bernardino Ludovisi. 2a: S. Giuseppe da Copertino, tela di Giuseppe Cades
(1777). 1a: Pietà di Francesco Manno.
Al fianco sin. della basilica si appoggia il palazzo dei Ss. Apostoli,
eretto per il cardinale Giuliano Della Rovere da Giuliano da Sangallo (1478-
80), con torre angolare e finestre marmoree con stemma della famiglia. Per il
portale cinquecentesco al N. 51 si accede ai due chiostri contigui: il primo (fine
sec. XV) è ad archi su colonne con capitelli ionici, analoghi a quelli
dell'elegante loggia superiore sui lati N ed E; il secondo (1503-12), simile al
precedente, accoglie una bella fontana di Domenico Fontana e, lungo la parete,
il monumento del cardinale Bessarione (m. 1472) e il cenotafio di
Michelangelo, qui posto prima della traslazione a Firenze (la figura giacente è
forse quella dei filosofo Ferdinando Eustachio, morto nel 1594).
Fronteggia la basifica (N. 80) il palazzo Odescalchi, già Colonna e poi
Ludovisi e Chigi, iniziato da Carlo Maderno (suo è il cortile rettangolare ad
arcate con pilastri e colonne doriche) e al quale nel 1664 Gian Lorenzo Bernini
aggiunse la facciata - parte corrispondente alle prime otto paraste a sin. - con
ordine gigante su alto basamento, cornicione con balaustra e ricco portale con
finestra sovrastante; benché il prolungamento ai lati e il raddoppiamento al
centro operati da Nicola Salvi e Luigi Vanvitelli per Baldassarre Odescalchi nel
1745 abbiano alterato le proporzioni berniniane l'edificio ha costituito un
modello di palazzo barocco molto imitato sia in Italia sia all'estero.
Il fronte sulla retrostante via del Corso, eretto per il principe Baldassarre
Odescalchi da Raffaele Ojetti (1887-89), si rifà ai palazzi fiorentini del '400 nel
36 | R. I MONTI

bugnato su tutta la superficie, nel doppio piano di bifore entro archi e nel netto
cornicione.
La via di S. Marcello, che si stacca dall'angolo NO della piazza
costeggiando a d. il fianco di palazzo Balestra, già Muti Papazzurri (1644),
incontra al N. 41B l'accesso alla cappella della Madonna dell'Archetto, eretta
nel 1851 da Virginio Vespignani per i marchesi Alessandro e Caterina
Papazzurri; nonostante le esigue dimensioni, è notevole per l'armonia delle
proporzioni architettoniche e la varietà delle decorazioni (sull'altare, venerata
immagine della Madonna causa nostrae letitiae, dipinta su pietra maiolicata da
Domenico Maria Muratori nel 169,0).
Al termine della via si è in piazza dell'Oratorio, che prende nome
dall'oratorio del Crocifisso eretto da Giacomo Della Porta. La manieristica
facciata (1568), finemente decorata, ha un forte slancio verticale e reinterpreta
con libertà la tradizionale struttura a ordini sovrapposti.
L'interno, ad aula rettangolare e con soffitto a lacunari è interamente
affrescato: in controfacciata a d. Processione per la peste del 1522 di Paris
Nogari e Approvazione degli statuti della confraternita di Baldassarre Croce; a
sin. Il Crocifisso rimane intatto nell'incendio della chiesa, di S. Marcello e
Fondazione del convento delle Cappuccine del Pomarancio.
Sulle pareti, tra profeti e sibille, *Invenzione ed esaltazione della Croce:
ad. (restauro 1989), S. Elena fa abbattere gli idoli e Invenzione della Croce di
Giovanni De Vecchi (1579), e Miracolo della vera Croce di Nicolò Circignani
(1589); a sin., Duello fra Cosroe ed Eraclio e Visione di Eraclio del Circignani,
ed Eraclio porta la Croce a Gerusalemme di Cesare Nebbia.
Sulla d. dell'oratorio è la galleria Sciarra, passaggio pedonale verso via
Marco Minghetti aperto nel 1885-86 da Giulio De Angelis, nel quadro della
ristrutturazione del vicino palazzo Sciarra (v. pag. 243), con schema crociato e
volta a padiglione di ferro e vetro; nel vano centrale, a ordini sovrapposti di
lesene, decorazione eclettica affrescata da Giuseppe Cellini (1886-88; restauro
1986-87).
Da piazza dell'Oratorio, seguendo il tratto di d. di via dell'Umiltà che
costeggia a sin. il prospetto del teatro Quirino, si raggiungono la chiesa di S.
Rita, già S. Maria delle Vergini (la facciata, di gusto tardo-manieristico, fu
edificata forse su disegno di Mattia de Rossi, mentre l'interno è opera di
Francesco Peparelli del 1634-36), e l'edificio (Andrea Busiri Vici, 1859) che
ingloba la chiesa di
S. Maria dell'Umiltà, eretta nel 1641-46 da Paolo Marucelli e
trasformata da Carlo Fontana, autore anche della primitiva facciata (1681);
questa conserva l'ordine unico di paraste e la decorazione tardo-seicentesca, ma
R. I MONTI | 37

ha perduto l'originale coronamento a timpano spezzato. L'interno (per la visita


rivolgersi al Collegio Americano del Nord, che nel palazzo ha sede) fu
completato con ori e marmi pregiati dal Fontana, che alterò il sobrio aspetto
cinquecentesco della navata: sulla volta, Assunzione di Maria di Michelangelo
Cerruti (1726); nelle nicchie, sculture di Antonio Raggi.
Nella cappella maggiore, riccamente decorata su progetto di Martino
Longhi il Giovane (1640-46), i rilievi laterali (S. Maria Maddalena, e S.
Caterina d Alessandria) sono di Francesco Cavallini. Al 2° altare sin., S.
Michele arcangelo di Francesco Algerini (c. 1645).
Da piazza dei Ss, Apostoli, a sin. dell'omonimo complesso, l'itinerario
prosegue per la stretta via del Vaccaro, che, lasciato a sin. il palazzo Muti
Papazzurri - attribuito a Mattia de Rossi ma radicalmente trasformato nel
1909 per ospitare il Pontificio Istituto Biblico (la decorazione della galleria del
piano nobile, raffigurante paesaggi, architetture e soggetti mitologici, è opera di
Giovanni Francesco Grimaldi e Giacinto Calandrucci; la biblioteca riunisce
135 000 volumi sulle Sacre Scritture e sul Vìcino Oriente antico) -sbocca in
piazza della Pilotta, cosi chiamata dal nome spagnolo del gioco della palla
("pelota").
Vi incombe la mole del palazzo della Pontificia Università
Gregoriana, costruito da Giulio Barluzzi nel 1927-30 per ospitare l'istituzione
fondata da S. Ignazio di Loyola nel 1551; la facciata, ricca di motivi classici,
ricorda nella sopraelevazione del corpo centrale le linee del Collegio Romano.
Si piega a sin. in via de' Lucchesi, che si apre a d. in corrispondenza
della chiesa di S. Croce e S. Bonaventura dei Lucchesi, eretta sui ruderi,
ancora visibili nei sotterranei, della chiesa di S Nicola de Portiis ("de Porcis" o
"in Porcilibus") del sec. IX, appartenuta nella seconda metà del '500 ai frati
minori cappuccini e concessa nel 1631 da Urbano VIII ai Lucchesi; il tempio
attuale (Mattia de Rossi, 1682-95) ha una facciata a un solo ordine, con la parte
centrale fiancheggiata da corpi più bassi con volute spezzate.
L'interno (per la visita suonare al N. 3), a navata unica e ricco di ori e
stucchi, fu modificato dai restauri di Virginio Vespignani (1859-63): nel
soffitto a cassettoni, al centro L'imperatore Eraclio riporta la Croce a
Gerusalemme, ai lati angeli con il velo della Veronica e angeli con il Volto
Santo e inserti minori con angeli recanti i simboli della Passione, di Giovanni
Coli e Filippo Gherardi. la cappella d,, eretta nel 1701 su disegno di Simone
Costanzi: Immacolata di Biagio Puccini; alla parete d., S. Frediano libera Lucca
da un'inondazione di Francesco del Tintore; a quella sin., S. Lorenzo libera
un'ossessa di Domenico Maria Muratori. 3° cappella sin.: Assunta e i Ss.
Francesco e Girolamo di Antonio Alberti Barbalonga (sec. XVII). 1a: alla
38 | R. I MONTI

parete d. Coronazione di spine attribuita al Coli, a quella sin. Ecce Homo


ascritto al Gherardi.
Oltre via della Dataria (v. pag. 320), la via di S. Vincenzo,
prosecuzione di via de' Lucchesi, sbocca in
piazza di Trevi, il cui nome deriva dal trivio su piazza dei Crociferi
mentre la sua storia inizia con la mostra dell'Acqua Vergine Ga romana "Aqua
Vìrgo" captata nel 19 a. C. da Agrippa presso Salone), ricostruita nel 1453 per
volere di Niccolò V e orientata allora proprio verso il summenzionato incrocio.
Domina l'insieme la celeberrima *fontana di Trevi (restauro 1989-91), iniziata
nel 1732, sotto Clemente XII, da Nicola Salvi, continuata dopo il 1751 da
Giuseppe Pannini e inaugurata sotto Clemente XIII (1762). E' addossata al lato
minore (largo m 20 e alto m 26) di palazzo Poli (nel 1992 in restauro), divenuto
a sua volta parte integrante del complesso dopo fasi costruttive e di
accorpamento e ristrutturazione di edifici preesistenti che si prolungarono dal
1573 al 1808.
La fontana, abile connubio fra rigore architettonico classico e concezione
scenografica barocca, rappresenta una felice fusione di architettura e scultura.
Sopra l'arco trionfale centrale, costituito da un ordine di quattro colonne
corinzie addossate a lesene, è un grandioso attico con balaustra e figure
allegoriche (Bartolomeo Pincellotti, Francesco Queirolo, Bernardino Ludovisi
e Agostino Corsini, 1735) e iscrizione centrale con stemma di Clemente XII e
rappresentazioni della Fama (Paolo Benaglia); le due ali simmetriche laterali
sono scandite da un ordine gigante di lesene con finestre. Dal nicchione
centrale, posto su una roccia e con soffitto a cassettoni, sporge la maestosa
statua di Oceano, trainata sul cocchio a forma di conchiglia da cavalli marini
(uno tranquillo e l'altro agitato) guidati da tritoni (Pietro Bracci, 1759-62).
Nelle nicchie laterali, a d. la Salubrità di Filippo Della Valle, con la
sovrastante Vergine che indica la sorgente ai soldati di Andrea Bergondi, a sin.
l'Abbondanza del Della Valle, sormontata da Agrippa che approva il disegno
dell'acquedotto di G.B. Grossi. Artificio e natura si fondono nella
rappresentazione della scogliera e della vegetazione pietrificata (dì derivazione
berniniana) sull'intera base del palazzo fino alla grande vasca a bordi rialzati
che rappresenta il mare. Alla fontana, uno dei simboli di Roma, sono legate
leggende e tradizioni popolari, tra le quali quella di gettarvi una monetina per
assicurarsi il ritorno nella città.
La medesima, raffinata eleganza presenta la piazza, di forma
semicircolare, che accoglie al N. 93 (negozio) i resti di un portico medievale
su colonne di spoglio ioniche e, in angolo tra le vie di S. Vincenzo e del
Lavatore,
R. I MONTI | 39

la chiesa dei Ss. Vincenzo e Anastasio, completamente rinnovata da


Martino Longhi il Giovane nel 1640-46 e restaurata nel 1987-90.
La movimentata facciata (1650) a due ordini è ricca di rilievo plastico al
centro, dove le numerose colonne - per cui fu popolarmente chiamata "il
canneto" – si staccano dalla parete. Sulla zona centrale sono massicci frontoni,
in alto il ricco stemma del cardinale Giulio Mazzarino fra quattro angeli;
curiose volute in forma di donna raccordano i due livelli. Nell'interno, a navata
unica, l'abside accoglie alcune iscrizioni ricordanti che qui sono conservati i
precordi, tolti per imbalsamazione, di quasi tutti i papi da Sisto V a Leone XIII,
essendo stata questa la chiesa parrocchiale del vicino palazzo pontificio del
Quirinale.
Prendendo a sin. della chiesa la via del Lavatore (da un lavatore pubblico
su un muraglione del Quirinale) e piegando a d. in vicolo Scanderbeg si
raggiunge l'appartata piazza Scanderbey, che conserva intatto l'aspetto edilizio
sei-settecentesco e ospita (N. 117) l'omonimo palazzetto, di origine
quattrocentesca, alloggio del principe Giorgio Castriota difensore
dell'indipendenza albanese dai Turchi (ritratto ad affresco sul portale).
Avanti, la via del Lavatore si apre in uno slargo chiuso a d. dal
monotono prospetto, su alto basamento scandito da fasce verticali e da
marcapiani che inquadrano finestre, delle scuderie da tiro (Antonio Cipolla,
1869). In piazza dei Crociferi che si apre a sin. della fontana di Trevi è la
chiesa di S. Maria in Trivio, eretta secondo la tradizione da Belisario,
generale di Giustiniano, nel sec. VI per fare ammenda della deposizione di
papa Silverio e ricostruita da Jacopo Del Duca nel 1575 sotto Gregorio XIII.
La singolare facciata, tripartita da lesene su due ordini di diversa altezza,
è ricca di spunti manieristici nell'uso delle decorazioni.
Nell'interno, a navata unica ' Antonio Gherardi dipinse su tela la
Presentazione al tempio, l'Annunciazione e la Circoncisione nella volta; le
storie della Vergine nei peducci; gli angeli nelle lunette; suo è anche il Trionfo
delta Croce (1669-1670) nell'arco trionfale. 3a cappella d.:sull'altare, con bel
paliotto in scagliola, *Crocifisso in legno dipinto, opera veneziana del sec.
XIV. Altare maggiore, in marmi policromi: al centro dell'edicola, entro cornice
raggiata, Vergine col Bambino, tavola della prima metà del sec. XV.
Nell'antisagrestia, S. Camillo guarisce un infermo di casa Crescenzi del
Gherardi.
A d. della chiesa, la via Poli conduce alla piazza omonima, dove, in
angolo con via del Tritone, è il settecentesco oratorio del SS. Sacramento o di
S. Maria in Via: eretto nel 1576, fu ricostruito sotto Benedetto XIII da
Domenico Gregorini, cui si deve la movimentata facciata di ispirazione
40 | R. I MONTI

borrominiana, e decorato all'interno nel 1875 (sull'altare maggiore, Sacra


famiglia di Francesco Trevisani).
Si prosegue, a d. della fontana di Trevi, per via della Stamperia e si
raggiunge (N. 6) il palazzetto neoclassico, edificato nel 1837 su disegno di
Giuseppe Valadier e successivamente sopraelevato, sede della Calcografia
nazionale, che dal 1975 fa capo, assieme al Gabinetto nazionale delle Stampe
(v. pag. 540), all'Istituto nazionale per la Grafica (visita: ore 9-13; chiusa
domenica, festivi e agosto).
Fondata come Calcografia camerale da Clemente XII nel 1738 allo
scopo di conservare il cospicuo fondo di rami incisi provenienti dalla stamperia
De Rossi, raccoglie c. 25000 rami di incisori, soprattutto italiani, compresi fra i
secoli XVI e XX (tra gli altri, quelli di G.B. Piranesi, Salvatore Rosa, Pietro
Testa, Bartolomeo Pinelli, Giorgio Morandi, Carlo Carrà), oltre a un cospicuo
numero di incisioni di traduzione di pittori italiani (Raffaello, Michelangelo,
Correggio, Guercino); l'istituto, il più importante dei tre del genere (Roma,
Parigi, Madrid), ospita anche la calcoteca e un archivio fotografico ricco di
lastre e stampe ottocentesche.
Nell'attiguo palazzo Poli, acquistato nel 1978 come sede unificata della
Calcografia nazionale e del Gabinetto delle Stampe, è previsto l'allestimento di
un museo degli strumenti per l'incisione e la stampa.
In continuazione del palazzetto della Calcografia nazionale si stende il
sobrio prospetto (che su via del Tritone assume però andamento smussato, con
bel portale sormontato da balconata) del palazzo della Stamperia, eretto per il
cardinale Luigi Cornaro nel 1580 da Jacopo Dei Duca nel luogo in cui Paolo
Manuzio aveva sistemato una stamperia e ricostruito sotto Pio VI per ospitare
la Calcografia camerale.
Lo fronteggia, su piazza dell'Accademia di S. Luca (N. 77), il palazzo
Carpegna, attribuito ah seguaci di Giacomo Della Porta e ristrutturato (1643-
47) per ì Carpegna da Francesco Borromini; a lui si debbono la caratteristica
rampa ovale interna - riconoscibile per l'ornato portale d'accesso con fregio a
festoni di fiori e il loggiato interno al piano terreno - che si apre su un cortile
ornato di sculture di Adolfo Apolloni, Eugenio Maccagnani e Edoardo Muller.
Vi ha sede l'Accademia nazionale di S. Luca, erede della quattrocentesca
università dei Pittori; abbattuta l'antica sede presso la chiesa dei Ss. Luca e
Martina (v. pag. 421), l'istituzione venne qui trasferita nel 1932 assieme alla
Galleria dell'Accademia di S. Luca (visita: lunedì, mercoledì, venerdì e
ultima domenica del mese ore 10-13).
Al PIANO TERRA, Giovane eroe, gesso di Luigi Bienaimé, e L'amore
che scherza di Guido Reni. Lungo le SCALE che salgono alla galleria: Fauno
R. I MONTI | 41

con maschera tragica di Edoardo Muller; Bacco e Arianna del Reni; Marina di
Antonio Tempesta; Assunta di scuola del Baciccia; ritratto del cardinale
Bartolomeo Pacca di Francesco Laboureur; copia della Galatea di Raffaello
eseguita da Pietro da Cortona; Gloria di angeli di Luigi Garzi; busto di
Napoleone di Antonio Canova; ritratto di Antonio Canova di Filippo Albacini;
Atleta trionfante di Francesco Hayez; Monte Circello di Giulio Aristide
Sartorio; Flora, gesso di Pietro Tenerani.
SALA I: *ritratto di Clemente XI del Baciccia; Pastorale di Girolamo e
G.B. Bassano; Filatrice di Pier Francesco Mola; S. Girolamo, riferito alla
bottega di Tiziano; *Putto reggifestone, frammento di affresco di Raffaello;
*Annunzio ai pastori di Jacopo Bassano; la cosiddetta Maschera di
Michelangelo, probabile calco in gesso da uno dei bronzi di Daniele da
Volterra; Deposizione di Marcello Venusti; Venere allo specchio di Carletto
Caliari; Modestia di Giovanni Conca; Giaele e Sisara di Carlo Maratta; Trionfo
di Bacco di Nicolas Poussin (da Tiziano); ritratto ritenuto di Marino Corner di
Francesco Beccaruzzi.
SALA II: Seduzione di Paris Bordone; Giuditta e Oloferne di G.B,
Piazzetta; studio per la Cena in casa del fariseo di Pierre Subleyras; Marina di
Anzio di Claude Joseph Vernet; Perseo e Andromeda del Cavalier d'Arpino;
Madonna con Bambino, tavola attribuita a Francesco di Giorgio Martini;
Riposo in Egitto di Federico Barocci; Annunciazione di Lorenzo di Credi;
Madonna con Bambino del Baciccia; Madonna con Bambino e S. Giovannino
di scuola fiorentina; Autoritratto di Federico Zuccari; Cattura di Cristo del
d'Arpino; bozzetto per la Deposizione di Cristo (in S. Pietro in Montorio) di
Dirk van Baburen; ritratti di Tiziano, di Frans (II) Pourbus e di Alessandro
Allori; al centro della sala, S. Bartolomeo e S. Andrea, frammenti su tavola del
Bronzino.
SALA III: ritratti di Domenico Pellegrini, di Andrea Appiani, di Joseph
Grassi, di Joseph Nollekens, di Antonie Joseph Wiertz e di Periry Williams;
autoritratti di Marie-Renée-Geneviève Brossard de Beaulieu e di Elisabeth
Vigée Lebrun; Paride ed Ecuba di Vincenzo Camuccini; Venere e Adone del
Pellegrini; Funerali di Cesare di Pietro Gagliardi; Ulisse alla corte di Alcinoo,
bozzetto di Francesco Hayez; bozzetto per il Soffitto dell'Opera di Parigi di
Jules-Eugène Lenepveu; Speranza di Angelica Kauffmann; busto di Antonio
Canova attribuito ad Alessandro d'Este; paesaggi del sec. XVIII; al centro,
gesso delle Tre Grazie di Bertel Thorvaldsen.
SALA IV: Visione di Giuseppe di Nicolas Wleughels; Autoritratto di
Giuseppe Cades; Sogno di Giacobbe di Aniello Falcone; Sposalizio di S.
Caterina di Adriaen Isenbrandt; Deposizione di scuola tedesca del sec. XVI;
42 | R. I MONTI

paesaggi di Nicolaes Berchem e di Jan Frans van Bloemen; scene campestri di


Monsù Stendardo e di Michiel Sweerts; scene di genere di Anthonìe
Palamedesz e del Sweerts.
SALA V: Baccanale di Ludovico Gimignani; Alessandro visita il
sepolcro di Achille di Giovanni Paolo Pannini; Tarquinio e Lucrezia di Felice
Ficherelli; *Rovine romane del Pannini e di Jan Asselijn (1646); Veduta
prospettica del Canaletto; Natura morta di Jan Fyt; scena di genere di Andrea
Locatelli; * Vergine con il Bambino e due angeli musicanti di Antonie Van
Dyck; *Ninfe che coronano l'Abbondanza di Peter Paul Rubens; Paesaggio di
John Parker; Susanna al bagno di Palma il Giovane; Cavallo bianco di Philips
Wouwerman; ritratto dell'ammiraglio Neeuwszoon Kostenaer, tavola di Isaac
Mytens (1635); Teste di gatti, studio attribuito a Salvator Rosa; Autoritratto, al
cembalo di Lavinia Fontana (1577); Il Dolore, testa marmorea di Lambert
Sigishert Adam; Deposizione del Borgognone; Pastore e animali di Rosa da
Tivoli; Deposizione di scuola bolognese; Vergine con il Bambino del Van
Dyck, disegno probabilmente per il quadro di medesimo soggetto nella stessa
sala; al centro, Ganimede e l'aquila di Bertel Thorvaldsen.
SALA VI (vestibolo della galleria): sulle porte, la Carità Romana e Lot e
le figlie (Daniele Seiter), fiancheggiate da composizioni di fiori di Ludovico
Stern; in alto cinque bassorilievi in terracotta, prove premiate nei concorsi
accademici del '700. Iniziando dalla sala V: Figura fiuviale, terracotta riferita al
Tribolo; paesaggi di scuola di Antonio Tempesta, di Jan Frans van Bloemen, di
Giovanni Rosa e di Jean Francois De Troy; Cantatrice attribuita a Guido
Cagnacci; S. Pietro che battezza i Ss. Processo e Massimiano di Giuseppe
Passeri; Flagellazione di Francesco Trevisani; Battaglia del Borgognone;
Andromeda e Perseo di Cristoforo Unterberger; Educazione della Vergine di
Filippo Lauri; Testa di vecchio di Pier Francesco Mola; scene campestri di
Andrea Locatelli e del van Bloemen; Diana ed Endimione dell'Unterberger;
Cena in Emmaus (1707) e Maddalena di Benedetto Luti; ritratti di Anton von
Maron, di Luigi Vanvitelli e di Domenico Duprà; autoritratti del Luti (1724) e
del De Troy; scene di genere di Paolo Monaldi e del Locatelli; paesaggi marini
del van Bloemen e di Claude-Joseph Vernet; Venere e Amore del Guercino;
Busto di giovinetta di Claude-Michel Clodion; Porto di Ripa Grande e Veduta
di Tivoli di Gaspare Vanvitelli; S. Francesco del Trevisani; due orci e due piatti
etruschi.
SALA VII: paesaggi di Salvator Rosa e del van Bloemen; Sposalizio di
S. Caterina di Giovanni Conca; Nascita del Battista, bozzetto del Baciccia;
Madonna con il Bambino che dorme di Angelo Massarotti; Donna con pesci e
ortaggi di Placido Costanzi; Madonna con Bambino del Sassoferrato; Faustolo
trova Romolo e Remo di Jean Francois De Troy; Natività di Domenico Corvi;
R. I MONTI | 43

S. Girolamo e i Sadducei di Hendrick van Somer; Rinaldo e Armida di


Ludovico Gimignani; Lapidazione di S. Stefano (sec. XVII); S. Cecilia,
terracotta di Michele Rocca; Addolorata di Guido Reni; S. Anna, S. Gioacchino
e Maria di Giuseppe Bottani; Martirio di S. Lazzaro di Ciro Ferri; Giacobbe
confida Beniamino a Giuda, bassorilievo di Richard Westmacott; al centro,
Ercole e Deianira, gruppo in terracotta di Pietro Finelli.
SALA VIII (bassorilievi in terracotta provenienti per lo più dai concorsi
accademici del'700): S. Francesco di Paola di G.B. Maini; Leone XI riceve
l'abiura di Enrico IV di Alessandro Algardi, modello per il bassorilievo nel
monumento vaticano dello stesso pontefice; Annunciazione di Felipe de
Castro; Le Arti rendono omaggio a Clemente XI di Pierre Legros il Giovane;
Ester Amano e Assuero del de Castro; Il faraone riceve Giacobbe e Giuseppe,
prova del concorso del 1766 di Filippo Tagliolini; S. Teresa trafitta da un
angelo con un dardo di René-Michel Slodtz, bozzetto per la cappella in S.
Maria della Scala; Il faraone riceve Giacobbe e Giuseppe (Vincenzo Pacetti),
altra prova del 1766; Perseo e Andromeda di Joseph Chinard.
Nelle sale accademiche (aperte al pubblico solamente il 18 ottobre) sono
esposte la ricca collezione di ritratti degli accademici, le tele vincitrici dei
concorsi e la discussa Madonna con S. Luca, iniziata da Raffaello e terminata
forse da altra mano. Al secondo piano sono l'archivio storico, ricco di c. 27000
documenti e c. 3000 disegni tra architettura e figura (secoli XVII-XX) legati
all'attività didattica dell'istituzione, e la biblioteca, al cui fondo di oltre 2000
volumi si sono raggiunti i 40000 esemplari della biblioteca Sarti, lasciata al
comune di Roma nel 1877 dall'architetto Antonio e in deposito perpetuo presso
l'accademia.
La via della Stamperia termina nella trafficata e Commerciale via del
Tritone (dal tritone berniniano di piazza Barberini), allargata tra il 1885 e il
1925 nell'ambito delle opere di Roma capitale, che si segue a d. raggiungendo,
tra palazzi umbertini, il largo del Tritone. Questo spazio urbano fu creato in
seguito alle demolizioni per l'apertura del traforo Umberto I (v. pag. 173) su
progetto di Arturo Pazzi, che gli diede una sistemazione unitaria, moderna ed
'europea'; si qualifica per gli isolati arrotondati e disposti a schema radiale e per
gli imponenti edifici, dove si fondono elementi del repertorio rinascimentale
con quelli delle tecniche e dei materiali moderni quali ferro e vetro (palazzo del
"Messaggero", già albergo Select).
Si continua per via del Tritone, allargata in questo tratto nel 1911-25,
seguendo il percorso dell'antica via della Madonna di Costantinopoli e si esce
in piazza Barberini, nodo viario di primaria importanza:' posta in un
avvallamento e abitata già nei primi secoli dell'Impero, si arricchì di ville e
44 | R. I MONTI

giardini nel corso del '500; con la strada Felice (v. pag. 333) assunse carattere
di spazio urbano, e tra l'ultimo quarto dell'800 e il primo del '900 anche un
aspetto moderno grazie all'apertura delle vie Veneto (v. pag. 509) e Regina
Elena, ora Barberini (v. pag. 312).
Al centro è la *fontana del Tritone (restauro 1986-87), inconfondibile e
spettacolare creazione di Gian Lorenzo Bernini (1642-43) per Urbano VIII con
motivi allegorici e un'abile fusione di elementi naturalistici e antropomorfi: da
una vasca molto bassa, che conferisce maggior risalto all'insieme, quattro
delfini con le api barberiniane (la famiglia dette nome alla piazza già nel 1625)
sollevano con la coda una conchiglia sulla quale poggia un tritone che manda
verso il cielo uno zampillo d'acqua.
Nella quinta edilizia che chiude la piazza spicca per 'estraneità' l'hotel
Bernini Bristol, eretto da Ettore Rossi nel 1943.
La via delle Quattro Fontane, tratto della strada Felice, sale dall'angolo
SE della piazza, costeggiando, in corrispondenza di via Rasella (di fronte al N.
155, presso il tardo-seicentesco palazzo Tittoni, il 23 marzo 1944 33 soldati
tedeschi furono uccisi da un'esplosione provocata da partigiani; per
rappresaglia 335 civili vennero trucidati alle Fosse Ardeatine: v. pag. 775), la
sontuosa cancellata a pilastrate (Francesco Azzurri ' 1864; sua la fontana a
candeliere nel retrostante giardino) che segna l'ingresso di
palazzo Barberini (nel 1992 in restauro). Il progetto iniziale
dell'edificio, eretto sul luogo della villa del cardinale Rodolfo Pio da Carpi (poi
villa Sforza) che il cardinale Francesco Barberini acquistò nel 1625, si deve a
Carlo Maderno, che ideò dapprima una costruzione quadrangolare, inglobante
il preesistente complesso, secondo lo schema classico del palazzo
rinascimentale e poi elaborò un progetto ad ali aperte che rivoluzionava tale
concetto in quello di palazzo-villa sull'esempio di villa Farnesina di Baldassarre
Penizzi) unendo le funzioni di abitazione di rappresentanza della famiglia
papale con l'uso della villa urbana dotata di vasti giardini e di prospettive
aperte. Gian Lorenzo Bernini, subentrato nella direzione dei lavori, mantenne il
progetto originale: sua la concezione del salone centrale, della LOGGIA vetrata
corrispondente al porticato sottostante, con i tre ordini (dorico nel porticato,
ionico al piano nobile, corinzio al piano superiore con fasci di lesene fra i
finestroni strombati) e della grandiosa
SCALA A POZZO QUADRATO, con rampe sostenute da colonne
doriche binate fino al primo piano, per la quale si accede, dal lato sin. del
porticato, alla Galleria d'Arte antica (v. sotto); a Francesco Borromini sono
riferibili il disegno delle finestre del corpo centrale del piano nobile, alcuni
R. I MONTI | 45

particolari decorativi e H progetto della *SCALA ELICOIDALE a colonne


binate sulla d. del prospetto.
Nella facciata sui giardini posteriori, ai quali si accede per la rampa
realizzata (1675-80) a completamento del raccordo con le allora vastissime aree
verdi che comunicavano lateralmente con il piano nobile attraverso il "ponte
ruinante" ideato da Bernini, elemento dominante è l'avancorpo in cortina di
mattoni, di chiara matrice maderniana. Al termine della rampa si ha di fronte la
villa Savorgnan di Brazzà (Gustavo Giovannoni e Marcello Piacentini, 1936).
Al di sotto di questa sono stati scoperti resti di ambienti in laterizio, allineati
e con copertura a volta, databili al sec. II (per la visita rivolgersi alla
Soprintendenza archeologica di Roma); uno di essi fu successivamente
trasformato in mitreo con la costruzione dei podi lungo le pareti: a tale periodo
risalgono, sulla parete di fondo, la raffigurazione affrescata (unica a Roma) di
Mitra che uccide il toro (al centro) e i quadretti minori con scene relative al
mito del dio (ai lati).
L'edificio, acquistato dallo Stato nel 1949 ma ancora in parte occupato
dal circolo ufficiali dell'Esercito, è sede della *Galleria nazionale d'Arte
antica, istituita nel 1895 e già ospitata in palazzo Corsini, che raccoglie opere
dal sec. XII al XVIII provenienti da collezioni (Torlonia, Barberini, Sciarra,
Chigi, Hertz ecc.), da acquisti e lasciti; visita: ore 9-14, domenica 9-13; lunedì
chiusa.
All'inizio, Medea e i figli, gruppo di Domenico Pieratti (1634), e, sul lato
opposto, stele romana; al piano nobile, leone a bassorilievo di epoca classica.
Nel GRANDE ATRIO e nella PICCOLA ANTICAMERA, notevoli i busti di
Antonio Barberini, eseguito da Bernini in collaborazione con Giuliano Finelli,
e di Urbano VIII, sempre di Bernini; nel PICCOLO ATRIO, ritratti dei
cardinali Francesco e Antonio Barberini.
PRIMO PIANO. PASSAGGIO: Vergine con Cristo (seconda metà sec.
XII); Crocifisso attribuito al Maestro del Bigallo (sec. XIII); croce firmata da
Simone e Machilone (prima metà sec. XIII). Le prime quattro sale furono
affrescate da Antonio Viviani.
SALA I: Crocifisso di Bonaventura Berlinghieri (post 1235); opere di
giotteschi riminesi (sec. XIV); Nascita del Battista affresco staccato del
Maestro dell'Incoronazione di Urbino (seconda metà sec. XIV); storie di Cristo
di Giovanni Baronzio e Giovanni da Rimini; Madonna, Annunciazione e santi,
trittico firmato da Simone da Bologna; Madonna con Bambino di Niccolò di
Segna di Bonaventura; Madonna con Bambino, tavola cuspidata del cosiddetto
Maestro di Palazzo Venezia (già attribuita a Simone Martini); due laterali di
trittico senesi (seconda metà sec. XIV); Crocifissione attribuita a Sano di
46 | R. I MONTI

Pietro; Incoronazione della Vergine di Nicolò di Pietro (fine sec. XIV); opere
veneziane della fine del sec. XV e fiorentine del sec. xv.
SALA II: Madonna con Bambino, scultura di area napoletana con
influenze toscane (primi decenni sec. XV); *Madonna con Bambino (datata
1437 sulla base del trono) e Annunciazione di Filippo Lippi; tavola lunettata
del Maestro della Natività Johnson.
SALA III (opere toscane del sec. xv): Crocifissione di Girolamo di
Benvenuto; Pietà, bozzetto in terracotta di Francesco di Giorgio Martini;
Maddalena di Piero di Cosimo (inizi sec. XVI).
SALA IV (opere di ambito unibro- marchigiano e laziale dei secoli XV-
XVI): tavole di Pietro Alemanno e di Bernardino di Mariotto; Madonna in
trono con i Ss. Pietro e Michele di Lorenzo da Viterbo (firma; 1471); Madonna
con Bambino e i Ss. Paolo e Francesco di Antoniazzo Romano (firma; 1488);
Madonna e i Ss. Francesco, Giovanni Battista, Girolamo e Chiara di Niccolò di
Liberatore (1460-70); S. Pietro e S. Paolo attribuito a Marco Meloni; S.
Niccolò da Tolentino, tavola del Perugino (1505-07); S. Girolamo di ambito
del Perugino, come la piccola croce stazionale con l'Eterno, la Maddalena, S.
Giovanni, la Vergine, S. Sebastiano (recto) e S. Francesco e S. Antonio da
Padova (verso).
SALA V (opere di area settentrionale e toscana del sec. XVI): sulla
volta, Divisione delle acque, tela di Lorenzo Pécheux, e monocromi di Nicolò
Ricciolini. Pietà di Giacomo Francia; S. Giuseppe di Amico Aspertini; S.
Girolamo di Marco Palmezzano; Madonna con Bambino firmata da Michele
Giambono (post 1430); S. Sebastiano e S. Caterino di Francesco Pagano;
Crocifissione di Bernardino Butinone; Pellegrini in un santuario del Maestro di
S. Sebastiano; Sacra famiglia e Madonna con i Ss. Giuseppe e Pietro martire di
Andrea del Sarto; *Madonna con Bambino (non finita) di Domenico
Beccafumi; Madonna della cintola del Maestro dei Paesaggi Kress (c. 1533);
Madonna con Bambino e S. Giovannino di Tommaso di Stefano; Ritratto di
donna con turbante di Andrea del Brescianino (c. 1510-20).
SALA VI (opere di ambito raffaellesco): nel soffitto, Creazione degli
angeli di Andrea Camassei. Busto di Cerere di Baldassarre Peruzzi; Ratto delle
Sabine e Sposalizio mistico di S. Caterina del Sodoma; al centro, *La
Fornarina, celebre dipinto di Raffaello, che ritrasse, secondo la tradizione, la
donna amata; Madonna con Bambino di Giulio Romano (c. 1525); Sposalizio
mistico di S. Caterina di Girolamo Genga; ritratto di Stefano Colonna del
Bronzino (firma; 1546).
SALA VII (opere lombarde, ferraresi e venete): sulla volta, Trionfo della
Divina Sapienza di Andrea Sacchi (1629) e *cornice in stucco con Dafni e
R. I MONTI | 47

menadi. Suonatrice di liuto di Andrea Solario; Visione del beato Amodeo


Menez de Sylva, tavola di Pedro Fernandez; Pico trasformato in picchio del
Garofalo; i Ss. Giovanni Battista e Bartolomeo di Dosso Dossi; ritratti di
Nicolò dell'Abate, di Girolamo da Carpi e di Bartolomeo Veneto; Sposalizio
mistico di S. Caterina di Lorenzo Lotto (firma; 1524); Madonna che cuce di
Giovanni Cariani (post 1524); Venere e Adone di Tiziano; Adultera di
Tintoretto (c. 1546-48).
SALA VIII: piccola cappella decorata da Pietro da Cortona e Giovanni
Francesco Romanelli.
SALA IX: nel soffitto, affrescato da Baldassarre Croce per gli Sforza,
storie di Giuseppe. *Adorazione dei pastori e *Battesimo di Cristo (c. 1596-
1600), bozzetti del Greco; Risurrezione di Lazzaro, Pietà e Gesù nell'orto dello
Scarsellino; Pietà michelangiolesca del Maestro della Madonna Manchester;
ritratto di Francesco II Colonna firmato dal Sermoneta; Orazione nell'orto e S.
Lorenzo di Marcello Venusti; esempi di ritrattistica ufficiale della fine del sec.
xvi e due tavoli intarsiati napoletani dello stesso periodo.
SALA X (Opere del tardo manierismo romano): Carro del Sole di
Giuseppe Chiari (c. 1700); Crocifissione di S. Pietro e Martirio di S. Paolo di
Ventura Salimbeni; Venere e Adone di Luca Cambiaso (c. 1610).
SALA XI (opere di ambito emiliano della fine del sec. XVI):
decorazione di Pietro da Cortona e scuola. Suonatore di zufolo, Macelleria e
Pescheria di Bartolomeo Passarotti; S. Giorgio e il drago, rame firmato da
Camillo Procaccini (c. 1610); Pietà e santi, tabernacolo portatile attribuito ad
Annibale Carracci.
SALA XII: saletta con pittura di paesaggio del sec. XVII.
SALA XIII: Fuga in Egitto di Andrea Ansaldo (c. 16215-30).
SALA XIV (opere di Caravaggio e caravaggesche): *Giuditta taglia la
testa a Oloferne (1699- 1600) e Narciso di Caravaggio; S. Francesco sorretto da
un angelo di Orazio Gentileschi; S. Cecilia e l'angelo (c. 1610), Madonna con
Bambino e S. Anna (c. 1610) e S. Gregario Magno (c. 1610-20), di Carlo
Saraceni; Amar sacro e pro Amor profano di Giovanni Baglione (firma; 1602);
Bacco e bevitore di Bartolomeo Manfredi; Sacra conversazione di Orazio
Borgianni; Vanitas di Angelo Caroselli; Cacciata dei mercanti dal tempio di
Valentin de Boulogne.
SALA XV: L'ultima cena (1625-26) e Giudizio di Salomone del de
Boulogne; Incontro di S. Pietro e S. Paolo di Giovanni Serodine.
SALA XVI: opere di caravaggeschi fiamminghi.
48 | R. I MONTI

SALA XVII (opere di ambito napoletano): autoritratti di Artemisia


Gentileschi, Massimo Stanzione, C.B. Caracciolo, Jusepe de Ribera, Aniello
Falcone e Bernardo Cavallino; Risurrezione di Lazzaro di Mattia Preti (c.
165060); la Musica, la Poesia (c. 1640-42) e ritratto della moglie Lucrezia di
Salvatore Rosa; Baccanali di putti (c. 1630) e Agar e l'angelo di Nicolas
Poussin; Nano del duca di Crequi (1633- 34), busto di Francois Duquesnoy;
Trasfigurazione di Giovanni Lanfranco; S. Filippo Neri, busto di Alessandro
Algardi (1635-36).
SALA XVIII (opere di artisti bolognesi attivi a Roma); Putto dormiente
(c. 1612) e Maddalena penitente (1610-15) di Guido Reni, cui è attribuito
anche il ritratto di Beatrice Cenci; Flagellazione di Cristo e Et in Arcadia ego
(1618) del Guercino; la Musica, con l'arpa Barberini del Lanfranco conservata
al Museo degli Strumenti musicali.
SALA XIX (opere fiamminghe dei secoli XV e XVI): *ritratti di Hans
Holbein e di Quentin Metsys; quattro anamorfosi cilindriche (proiezioni piane
di dipinti eseguiti su una superficie cilindrica) di Francois Niceron.
SALA XX: Pietà e ritratti del Baciccia; Autoritratto come David (c.
1625) e ritratto di Urbano VIII di Gian Lorenzo Bernini; ritratto di monsignor
Ottaviano Prati del Sassoferrato (firma); Angelo custode di Pietro da Cortona
(1656).
SALONE PIETRO DA CORTONA: vi sono esposti i cartoni dell'artista
e della sua scuola per gli arazzi della manifattura Barberini, e cartoni per
mosaici (Andrea Sacchi, Giovanni Lanfranco). Il grandioso affresco della volta
è opera del da Cortona, che vi lavorò dal 1633 al 1639; il tema allegorico, che
esalta la gloria della famiglia papale, fu elaborato dal poeta Francesco
Bracciolini e vuole raffigurare il *Trionfo della Divina Provvidenza, che al
centro, circondata da allegorie, trionfa sul Tempo e ordina all'Immortalità di
incoronare lo stemma Barberini (api) sorretto dalle Virtù. Le finte trabeazioni
incorniciano un cielo aperto, animato da scene che simboleggiano il buon
governo e le virtù del papa e della sua famiglia: sulla parete opposta alla
facciata, Minerva abbatte i titani (l'impegno del papa contro le eresie), al lato a
sin., la Pace trionfa assisa in trono, mentre si chiude il tempio di Giano, il
Furore giace incatenato e la fucina di Vulcano foggia badili anziché spade; sul
lato verso la facciata, Ercole (la giustizia) abbatte le arpie mentre Abbondanza
e Magnanimità offrono doni al popolo; sul lato opposto al camino, la Religione
e la Saggezza trionfano sul Sileno (il Vizio) e su Venere che vede l'Amor
profano cacciato dalla Castità. Nei clipei a monocromo agli angoli sono
raffigurate scene della storia romana riferite a virtù e corrispondenti al
significato simbolico delle sottostanti figure di animali.
R. I MONTI | 49

Il SECONDO PIANO ospita opere del sec. XVIII. SALA I: opere di


Gaspare Vanvitelli (Vedute della Campagna romana e di Roma).
SALA II: opere di vedutisti veneti (Vedute di Venezia del Canaletto).
SALA III: opere di paesaggisti romani (Paesaggio con rovine e figure di
Andrea Locatelli).
SALE IV e V: collezione di dipinti francesi donata dal duca di Cervinara
(Ritratto di fanciulla di Jean-Baptiste Greuze; scene di campagna e Piccola
giardiniera di Francois Boucher; Annette a vent'anni di Jean-Honoré Fragonard,
1774).
SALA VI: opere di ambito veneto (Satiro e amorino di G.B. Tiepolo;
ritratti in pastello di Rosalba Carriera).
SALA VII: opere di area settentrionale ed esempi della grande
ritrattistica lombarda.
SALA VIII: opere di ambito napoletano (*Ritratto di gentildonna di
Giuseppe Bonito).
SALA IX: bozzetti di Sebastiano Conca e di Luigi Garzi; Contadina con
canestro di Antonio Amorosi; Allegorie dei Continenti di Francesco Trevisani;
bozzetti di prospettive di Andrea Pozzo.
SALA X: opere di Luigi Garzi, Giovanni Maria Morandi, Francesco
Mancini, Domenico Corvi, Giuseppe Bottani e Ignaz Stern; bozzetti della
decorazione del casino Borghese e un nudo di Pierre Subleyras.
SALA XI: esempi di ritrattistica (Ludovico Stern, Angelica Kauffmann,
Anton von Maron) e opere di Pompeo Batoni.
SALA XII: *Famiglia del missionario di Marco Benefial.
L'APPARTAMENTO, fatto decorare da Cornelia Costanza Barberini fra
il 1750 e il 1770, accoglie una ricca collezione di mobili sei-settecenteschi, di
porcellane di manifatture sia straniere (Meissen, Vienna, Ludwisburg, Sèvres
nonché Cina e Giappone) sia italiane (Doccia, Capodimonte, Ferdinandea,
Vinovo), una raccolta di maioliche (Deruta, Faenza, Savona, Bassano e Lodi),
un nucleo di vetri (notevoli il vaso a "canne rosa" della prima metà del sec.
XVIII e i calici con base a fiori policromi di manifattura veneziana, c. 1709) e
alcuni costumi (gilet ricamati, completi da caccia in pelle di cinghiale, vesti
femminili); interessanti la SALETTA DELL'ALCOVA, decorata con specchi
dipinti e lesene interrotte da stucchi di gusto neoclassico, il SALONE Di
RAPPRESENTANZA o "delle battaglie" (alle pareti, episodi della famiglia
Colonna di Domenica Corvi e Nicolò Ricciolini) e il SALOTTINO, con ritratti
50 | R. I MONTI

in ovale di membri della famiglia Barberini, peculiare esempio di arredo


neoclassico del 1790 circa.
Dall'angolo NE di piazza Barberini, presso la berniniana fontana delle
Api (1644) qui collocata nel 1917 dalla vicina via Sistina, si segue la via che
prende nome dalla chiesa di rito greco di S. Basilio (N. 51A; 1662) e si
raggiunge, voltando a d. per la salita di S. Nicola da Tolentino
la chiesa di S. Nicola da Tolentino, oggi soffocata tra edifici moderni.
Eretta nel 1599 dagli Agostiniani Scalzi per il principe Camillo Paniphilj e
riedificata nel 1654 da Giovanni Maria Baratta sotto la guida di Alessandro
Algardi, presenta una facciata barocca, pure del Baratta (1670; nel 1992 in
restauro), a due ordini di colonne e paraste: nella parte centrale colonne libere
formano piani diversamente aggettanti, mentre l'ordine superiore con volute
laterali è limitato al corpo centrale, coronato da un timpano curvilineo
spezzato.
L'interno a croce latina (suonare al N. 17, sede del Pontificio Collegio
Armeno che la possiede dal 1883) presenta volta a botte con stucchi dorati e
cupola affrescata priva di tamburo. 1a cappella d. (nel 1992 in restauro):
Miracolo di S. Nicola di Bari di Filippo Laurenzi (1710); alla parete sin.,
Incoronazione di Maria di Giovanni Ventura Borghesi (1680). 3° (Lante Della
Rovere): Ss. Lucrezia e Gertrude di Pietro Paolo Ubaldini, autore anche della
decorazione parietale e della volta (1645-48); alla parete sin., monumento
funebre del cardinale Federico Lante Della Rovere (1774). Nei pennacchi della
crociera, Virtù dell'Ubaldini (1643); nella cupola, Gloria di S. Nicola da
Tolentino di Giovanni Coli e Filippo Gherardi (1670). Sull'altare del transetto
d., S. Giovanni Battista del Baciccia (1670). Al centro dell'altare maggiore (del
Baratta su disegno dell'Algardi), Vergine, il Bambino e i Ss. Agostino e
Monica che appaiono a S. Nicola da Tolentino, pala marmorea disegnata
dall'Algardi ma eseguita da Domenico Guidi ed Ercole Ferrata (ante 1654).
Cappella a sin. dell'altare maggiore: storie dei Ss. Cecilia e Matteo, affresco
dell'Ubaldini autore anche della pala d'altare e delle due tele laterali (1638-40).
3' cappella sin.: Madonna del Buon Consiglio di Cristoforo Unterberger; alla
parete d., Sacra famiglia di Giuseppe Cades (1790). 21 (Gavotti), su disegno di
Pietro da Cortona (1668) ma compiuta da Ciro Ferri (post 1674): Apparizione
della Vergine ad Antonio Botta, detta Madonna della Misericordia di Savona,
pala marmorea di Cosimo Fancelli; a d. statua di S. Giuseppe del Ferrata, a sin.
statua del Battista di Antonio Raggi; nella cupola, affresco del da Cortona e del
Ferri. la: Il Santo Sepolcro (1679).
Oltre via di S. Nicola da Tolentino (al N. 13, il palazzo del Pontificio
Collegio Germanico Ungarico, eretto da Gustavo Giovannoni nel 1940,
R. I MONTI | 51

conserva nei sotterranei una monumentale cisterna per acqua di età adrianea
formata da quattro navate separate da pilastri e mantenente l'originario
rivestimento in cocciopesto), si interseca via Barberini, aperta nel 1926- 32
col nome di via Regina Elena per collegare la stazione di Termini con il centro
demolendo il teatro Barberini di Pietro da Cortona (c. 1630-35) e una
suggestiva schiera di case sotto l'omonimo palazzo, che oggi si caratterizza per
la presenza degli uffici di rappresentanza di numerose compagnie aeree e
marittime.
Si sale con leggera curva fino a largo di S. Susanna (nell'aiuola, resti in
blocchi di tufo delle mura Serviane: v. pag. 149), avendo di fronte il *palazzo
dell'Ufficio Geologico (chiuso per restauri), istituzione fondata a Firenze nel
1869, trasferita a Roma nel 1873 e destinata al lavoro della carta geologica
d'Italia. L'edificio, costruito da Raffaele Canevari (1873-80), è interessante per
l'impiego di realizzazioni strutturali innovative in ferro: l'originale facciata
risulta particolarmente imponente con le ampie vetrate e i decorativi elementi
funzionali; l'interno, caratterizzato dall'uso di materiali tradizionali e moderni,
ha una struttura mista che ha consentito di realizzare vaste sale di esposizione.
Vi sono annessi il Museo del Servizio Geologico (ingresso al N. 13; per la
visita telefonare al 4880982), fondato nel 1875, e una biblioteca specializzata.
Contermine al largo di S. Susanna è piazza di S. Bernardo, individuata
nella seconda metà del sec. XVI dal tracciato della strada Pia (v. pag. 315) e
delle vie delle Terme e S. Susanna; tra la fine del '500 e gli inizi del '600
acquisì carattere monumentale grazie alla fontana del Mosè e alle chiese di S.
Susanna, di S. Maria della Vittoria e di S. Bernardo alle Terme, trasformandosi
intorno al 1870, per la rapida urbanizzazione della zona, in nodo primario di
collegamento tra il centro e la stazione. Vi si riconosce l'imponente *fontana
del Mosè (restauro 1988-89), che Domenico Fontana ideò nel 1587 come
mostra dell'acquedotto Felice (v. pag. 654) ispirandosi alle tipologie dell'arco
trionfale e del ninfeo.
Sotto il grande attico (iscrizione con soprastante stemma sorretto da
angeli) si aprono tre nicchioni: in quelli laterali, Giosuè fa attraversare agli
Ebrei il Giordano asciutto (Flaminio Vacca) e Aronne guida il popolo ebreo a
dissetarsi (G.B. Della Porta), al centro la colossale e sproporzionata statua del
Mosè di Leonardo Sormani e Prospero Bresciano (1588). Dalla base dei
nicchioni l'acqua sgorga nelle vasche ornate di quattro leoni (copie degli
originali egizi trasportati da Gregorio XVI ai Musei Vaticani); la balaustra
marmorea che le cinge proviene da un edificio del tempo di Pio IV.
A sin. della fontana, al di là di via XX Settembre (v. pag. 315), è la
chiesa di S. Maria della Vittoria (da un'immagine della Madonna. Trovata tra
52 | R. I MONTI

i rifiuti del castello di Pilsen, alla quale fu attribuita la vittoria degli eserciti di
Ferdinando II d'Asburgo su Praga protestante nel 1620), sorta su una
precedente cappella dei Carmelitani Scalzi dedicata a S. Paolo e ricostruita nel
160820 a spese del cardinale Scipione Borghese su progetto di Carlo Maderno.
La solenne e snella facciata (restauro 1990-91), realizzata nel 1626 da
G.B. Soria ispirandosi a quella della vicina S. Susanna e preceduta da una
breve scalinata, è a due ordini, di cui quello superiore, nel quale si apre un
finestrone con timpano arcuato, coronato da un frontone triangolare e da una
balaustra.
L'interno, uno dei più sontuosi modelli di decorazione barocca per la
ricchezza dei marmi, degli stucchi e dei fregi, è a navata unica, con volta a
botte e tre cappelle per lato intercomunicanti; sui decoratissimi arconi della
crociera poggia la cupola priva di tamburo: sulla volta, Trionfo della Madonna
sulle eresie e Caduta degli angeli ribelli di Giovanni Domenico Cerrini (1675),
autore anche dell'Assunta in gloria nella cupola.
Sopra la porta d'ingresso, organo con scenografica cantoria barocca di
Mattia de Rossi (1680). 2a cappella d.: pala d'altare raffigurante la *Madonna
col Bambino e S. Francesco; ai lati, *S. Francesco in estasi e S. Francesco che
riceve le stimmate, ultime opere del Domenichino a Roma (1630). Transetto d.:
Sogno di S. Giuseppe, gruppo marmoreo di Domenica Guidi; ai lati, Fuga in
Egitto (d.) e Adorazione dei pastori (sin.), altorilievi in marmo di Pierre-
Etienne Monnot (1699); nella volta, Gloria di Bonaventura Lamberti. Cappella
maggiore (restaurata dai Torlonia nel 1833): nel catino absidale, La Madonna
della Vittoria entra in Praga con gli eserciti cattolici di Luigi Serra (1885); nel
coro posto dietro l'altare, Rapimento di S. Paolo al terzo cielo di Gherardo delle
Notti (1620).
Transetto sin. (*cappella Cornaro, creazione di Gian Lorenzo Bernini):
entro edicola marmorea mistilinea, S. Teresa trafitta dall'amore di Dio,
capolavoro dello stesso (1646; dalla volta a cassettoni piove sul celebre gruppo
una luce dorata che crea suggestive e segrete penombre: un angelo dal sorriso
ambiguo sta per colpire il cuore della santa); assistono allo 'spettacolo',
affacciati a nicchie a guisa di palchetti di teatro, i membri della famiglia
Cornaro, opera di Bernini e aiuti; nella volta, Gloria dello Spirito Santo di
Guidobaldo Abbatini. 3a cappella sin.: SS. Trinità del Guercino (c. 1642); alla
parete d., monumento funebre del cardinale Berlinghiero Gessi (il ritratto del
defunto è di Guido Reni, c. 1641). 2a: Apparizione di Cristo a S. Giovanni
della Croce, pala d'altare di Nicolas Lorrain (c. 1667), autore anche della
Madonna salva S. Giovanni della Croce (d.) e della Morte del santo (sin.).
Nella sagrestia, dipinti raffiguranti la Battaglia di Praga, cimeli storici della
R. I MONTI | 53

guerra contro i Turchi e Massimiliano di Baviera dona il cavallo a padre


Domenica di Sebastiano Conca (1730-40); in una cappella attigua, Assunta e i
Ss. Girolamo e Giovanni, pala marmorea di Pompeo Ferrucci (1629).
A 'pendant' di S. Maria della Vittoria, chiude il lato NO della piazza di S.
Bernardo la chiesa di S. Susanna (restauro 199091), eretta nei secoli
II-IV secondo la leggenda su case romane (resti nei sotterranei) di
familiari della santa e attualmente chiesa nazionale cattolica americana; di
impianto originariamente basilicale (testimonianze sul fianco d.), fu riedificata
da Sisto IV e nel 1595 ridotta a una navata da Carlo Maderno per il cardinale
Girolamo Rusticucci.
La *facciata, opera del Maderno (1603), è la prima manifestazione della
futura concezione spaziale barocca: rinnova i tipi tradizionali tardo-
cinquecenteschi con un sistema di colonne che accentua il rilievo al centro
nell'ordine inferiore e con l'uso omogeneo di paraste in quello superiore;
originali volute raccordano gli ordini, mentre il coronamento è a frontone
triangolare e balaustra.
L'interno, a navata unica con transetto, abside e due cappelle per lato, è
decorato ad affresco con seme della vita di S. Susanna e di Susanna ebrea di
Baldassarre Croce (1595). Le statue in stucco di Isaia e Geremia sono del
Valsoldo, quelle di Ezechiele e Daniele forse di Flaminio Vacca.
Splendido soffitto a lacunari con al centro La Vergine e lo stemma del
cardinale Rusticucci (1595). Presbiterio: soffitto ligneo a cassettoni con al
centro S. Susanna; sulle pareti, da d., Martirio di S. Felicita del Croce; S.
Susanna rifiuta di adorare gli idoli e La santa respinge la proposta di
matrimonio del figlio di Diocleziano di Paris Nogari; Tortura e morte di S.
Gabino del Croce. Nel catino absidale, S. Susanna in gloria di Cesare Nebbia,
autore anche del Salvatore nella volta. Sull'altare maggiore, Morte di S.
Susanna di Tommaso Laureti. Cappella sin. (Peretti): Martirio di S. Lorenzo
del Nebbia; il Martirio di S. Eleuterio (d.) e il Battesimo di S. Genesio (sin.)
sono di G.B. Pozzo; nella volta, Incoronazione della Vergine.
Opposto a S. Susanna è il corpo cilindrico con elementi tardo-
cinquecenteschi, coronato da un tamburo ottagonale con facce concave a
medaglioni ovali e con facciata ornata di lesene e cornici in stucco, della
chiesa di S. Bernardo alle Terme (nel 1992 in restauro), adattata nel 1598 per
volere di Caterina Nobili Sforza di Santa Fiora in uno dei quattro torrioni
angolari delle terme di Diocleziano (v. pag. 161). L'interno a pianta circolare è
coperto da una cupola (diametro m 22), a cassettoni ottagonali digradanti verso
il finestrone anulare centrale, simile a quella del Pantheon. Lungo il perimetro,
54 | R. I MONTI

otto nicchie con statue di santi in stucco di Camillo Mariani (c.1600). All'altare
d., Visione di S. Bernardo di Giovanni Odazzi (c. 1710).
Al 5' pilastro, S. Giovanni de la Barrière di Andrea Sacchi. Cappella di
S. Francesco (a d. del presbiterio): statua del santo di Giacomo Antonio
Fancelli (c. 1647); a sin., monumento funebre del pittore Federico Overbeck di
Karl Hoffmann (1869); alle pareti, busti di membri della ' famiglia Nobili del
Fancelli. Nel coro, Vergine Lauretana di Carlo Saraceni (1600). Subito a d.,
monumento dello scultore Carlo Finelli (m. 1853) di Rinaldo Rinaldi. All'altare
sin., Sacra famiglia e santi dell'Odazzi (1710).
Sì imbocca, in direzione del palazzo del Quirinale (v. pag. 319), il
segmento SO di via XX Settembre (a partire da pag. 507 è descritta invece la
sezione tra porta Pia e piazza di S. Bernardo), nome con il quale fu ribattezzato
il tratto tra il quadrivio delle Quattro Fontane e porta Pia della strada Pia aperta
da Pio IV attorno al 1560.
Il tracciato ricalcò in gran parte l'antichissimo percorso romano lungo la
dorsale del Quirinale, costituito dall'"Alta Semita" e dal "vicus Portae
Collinae", che già Sisto V aveva migliorato inserendolo nel suo sistema
stradale. Nel segmento tra le piazze del Quirinale e di S. Bernardo si
concentrarono le emergenze monumentali (palazzo pontificio e chiese con
annessi conventi), mentre quello successivo mantenne carattere suburbano per
tutto l'800, quando la strada, che conduceva al palazzo reale, si costituì come
asse direzionale. accogliendo svariati ministeri.
Oltre via Firenze, si costeggia a sin, il prospetto neorinascimentale, con
avancorpo centrale a ordine gigante, del palazzo del Ministero della Difesa,
sorto nel 1875-89 sul luogo delle chiese di S. Teresa e della SS. Incarnazione, i
cui monasteri furono in parte inglobati nella struttura a blocco con cortili
interni; sul lato opposto gli rispondono le facciate dei palazzi Caprara (N. 11;
1884) e Baracchini (N. 8; 1886) - entrambi di Giulio Podesti - della chiesa
presbiteriana scozzese di S. Andrea (N. 7A; 1885) e dei palazzi Calabresi (N. 5;
1882) e Bourbon (N. 3; 1884), questi ultimi su disegno di Gaetano Koch.
Il fianco sin. dell'austero palazzo Albani Del Drago (ingresso al N. 20 di
via delle Quattro Fontane), iniziato ai primi del sec. xvii su disegno di
Domenico Fontana e terminato un secolo dopo da Alessandro Specchi che vi
inserì la torre belvedere, porta al *quadrivio delle Quattro Fontane, punto
d'intersezione dell'omonimo rettifilo (v. pag. 307) con l'asse XX Settembre-via
del Quirinale e punto tra i più significativi delle sistemazioni urbanistiche di
Sisto V e poi ottocentesca. Agli angoli smussati dell'incrocio, che ha per
fondali gli obelischi della fontana di Monte Cavallo (v. pag. 319), Sallustiano
presso Trinità dei Monti (v. pag. 347) e di piazza dell'Esquilino (v. pag. 493),
R. I MONTI | 55

sono fontane entro nicchie ornate di statue giacenti (1588-93) raffiguranti il


Tevere, l'Arno, Diana e Giunone (restauro 1990-91). Sull'incrocio insiste anche
la
chiesa di *S. Carlo alle Quattro Fontane o S. Cartino (nel 1992 in
restauro), capolavoro di Francesco Borromini, che la iniziò nel 1638 per i padri
trinitari scalzi lasciandola alla morte (1667) con il prospetto in costruzione.
La scenografica facciata, ultima realizzazione dell'architetto, presenta un
andamento continuo, convesso al centro e concavo ai lati, che si propaga nei
due ordini ricchi di ornamenti e tripartiti da colonne: in ogni comparto un
ordine minore divide lo spazio in due piani. Sopra il portale, nicchia con statua
di S. Carlo Borromeo di Antonio Raggi; originali il coronamento a balaustra,
dove due angeli in volo sorreggono un medaglione ovale con affresco, e la
cupola ellittica con lanterna a nicchie concave.
Sul lato sin. è il campanile, con cella campanaria ad andamento concavo
convesso e copertura a cuspide.
L'interno (pianta), di piccole dimensioni, è una delle prime realizzazioni
borrominiane: bianco e privo di dorature, ha impianto ovale, con nicchie
raccordate da colonne corinzie alveolate che seguono la parete e sorreggono
una trabeazione continua. La cupola ovale presenta lacunari in stucco
cruciformi, esagonali e ottagonali. Sull'altare maggiore, SS. Trinità di Pierre
Mignard; nella cappella a sin., Riposo nella fuga in Egitto di Giovanni
Francesco Romanelli. Nella sagrestia, S. Carlo Borromeo in adorazione della
Trinità di Orazio Borgianni (1611).
Sulla sin. dell'ingresso, attraverso un cancello, si accede alla CHIESA
INFERIORE (per la visita rivolgersi in sagrestia), di pianta uguale ma più
compressa, con volta su pilastri.
Adiacente alla chiesa è il *CHIOSTRO (1635-36), capolavoro di
armonia e proporzione, su due ordini con pianta ottagonale ad angoli convessi;
colonne binate sorreggono al piano inferiore archi e in quello superiore la
loggia, caratterizzata da balaustri alternativamente dritti e rovesci. Nel
refettorio, Vergine col Bambino e S. Simone di Roxas di Francisco Preciado
(1767; firma).
Il prospetto che, oltre il palazzo Galloppi poi Volpi di Misurata (N. 21;
restauro 1990-91), eretto nel 1711-14 e rimaneggiato negli anni '20 da
Armando Brasini, segna a il. via del Quirinale -proseguimento di via XX
Settembre - e che si riconosce per il risalto plastico delle membrature è quello
della palazzina del Segretario della Cifra, sede del prelato addetto alla
cifratura della corrispondenza segreta del papa, costruita nel 1730-32 da
Ferdinando Fuga (l'interno fu trasformato a fine '800 da Antonio Cipolla) a
56 | R. I MONTI

completamento della cosiddetta Manica Lunga (il lato SE del palazzo del
Quirinale). Quest'ultima fu eretta a più riprese da Sisto V, Alessandro VII e
Clemente XII, che la fece prolungare dal Fuga nel 1730-32: il lungo (m 360) e
monotono prospetto, caratterizzato da una predominante orizzontalità
accentuata dalla successione di finestre e dal marcapiano sotto il quarto ordine,
fu sopraelevato dal Cipolla nel 1872.
Una gradinata semicircolare a sin. introduce alla chiesa di *S. Andrea al
Quirinale, altro capolavoro di architettura sacra barocca, commissionata dal
cardinale Camillo Pamphilj nel 1658 a Gian Lorenzo Bernini, che la edificò sul
luogo della chiesa di S. Andrea a Montecavallo.
Al centro della singolare facciata, a un solo ordine con paraste corinzie
sorreggenti un frontone triangolare, è un finestrone semicircolare dal quale
sembra 'ribaltarsi' il protiro poggiato su colonne ioniche.
L'interno, ricco di marmi policromi, dorature e stucchi, è a pianta
ellittica, con l'asse principale sul lato minore e quattro cappelle. La serie
ininterrotta dei pilastri che sorreggono la trabeazione focalizza l'attenzione
sull'altare, preceduto da un'edicola a colonne con frontone concavo (statua di S.
Andrea di Antonio Raggi); la cupola a cassettoni dorati è popolata da figure in
stucco del Raggi la lanterna da cherubini.
1a cappella d. (pianta, 1): pala d'altare (Morte di S. Francesco Saverio) e
tele laterali del Baciccia (1705); nella volta, Gloria del santo di Filippo Bracci
(1746). 2a (2): Deposizione, Flagellazione e Salita al Calvario di Giacinto
Brandi (1682). Cappella maggiore (3): altare in bronzo dorato e lapislazzuli su
disegno di Bernini; Martirio di S. Andrea del Borgognone (1668); sopra,
splendida raggiera dorata con angeli e cherubini, del Raggi.
2a cappella sin. (4): Madonna col Bambino e S. Stanislao Kostka di
Carlo Maratta (1687); nella volta, Gloria del santo di Giovanni Odazzi.
Cappella dei Fondatori (5): Madonna col Bambino e santi di Ludovico
Mazzanti; nella volta, Gloria di angeli di Giuseppe Chiari. Nell'attiguo
convento, le camere di S. Stanislao ospitano la statua marmorea del santo
(Pierre Legros) e dodici tempere (storie del santo) di Andrea Pozzo.
Superato a sin. il giardino creato nel 1888 per la visita a Roma
dell'imperatore di Germania Guglielmo Il demolendo le cinquecentesche chiese
di S. Chiara e di S. Maria Maddalena (il monumento equestre a Carlo Alberto è
di Raffaele Romanelli, 1900), si sbocca in
*piazza del Quirinale, aperta verso O sul panorama della città. Il luogo,
posto sulla sommità dell'omonimo colle (m 61; il nome deriverebbe da un
tempio di Quirino o da "Curii", città donde secondo la leggenda mossero i
Sabini di Tazio per venire a stabilirsi su questa altura) e qualificato in età
R. I MONTI | 57

classica dal tempio di Serapide e dalle terme di Costantino (da esse provengono
i Dioscuri che fecero chiamare la contrada, dal Medioevo in poi, "De Caballo"
o "Monte Cavallo"), per il disagevole collegamento con le zone sottostanti
cominciò ad assumere un assetto organico solo a partire da Sisto V; nel '700 le
scuderie del Quirinale e il palazzo della Consulta completarono i lati SO ed E,
mentre con Pio IX (1866) si ebbe l'ultima radicale trasformazione, che permise
il collegamento della piazza con la parte bassa della città (via della Dataria: v.
oltre).
Fulcro dello spazio urbano è la fontana di Monte Cavallo, con i due
colossi (m 5.60) di Castore e Polluce, i Dioscuri, che frenano i rispettivi cavalli.
Provenienti dalle terme di Costantino, le statue, copie di età imperiale romana
di originali greci del sec. v a. C., erano rivolte fino al 1589 verso l'attuale
palazzo della Consulta; in quell'anno Sisto V le restaurò e per valorizzare la
prospettiva della strada Pia le spostò al centro della piazza con una fontana
alimentata dall'acquedotto Felice (v. pag. 654). Pio VI (1786) incaricò
l'architetto marchigiano Giovanni Antinori di orientare le statue con i cavalli
divergenti verso il Quirinale per poter erigere al centro l'obelisco proveniente
dal mausoleo di Augusto; solo nel 1818 Pio VII commissionò a Raffaele Stern
una nuova fontana, nella quale fu utilizzata la vasca proveniente dal Campo
Vaccino.
Lo slargo prende nome dal *palazzo del Quirinale, iniziato da Martino
Longhi il Vecchio (1573-77) e continuato da Ottaviano Mascherino (1578-85).
Eretto sul luogo della quattrocentesca villa del cardinale Oliviero Carafa
e poi del cardinale Ippolito d'Este come residenza estiva dei papi, fu ingrandito,
sul finire del Cinquecento e nel corso del secolo successivo, da Domenico
Fontana, Flaminio Ponzio, Carlo Maderno e Gian Lorenzo Bernini; sotto
Alessandro VII, Pietro da Cortona eseguì le decorazioni pittoriche, Clemente
XII completò l'edificio e Benedetto XIV ne arricchì i giardini. A partire da
Clemente VIII (1592) fu sede papale fino al 1870, quando divenne reggia dei
Savoia che trasformarono lo spirito severo degli ambienti nell'ala E verso il
giardino per renderlo più rappresentativo; dal 1947 è la residenza del presidente
della Repubblica.
La facciata, eretta dal Fontana per Sisto V (1589) nelle austere forme del
tardo Rinascimento e restaurata nel 1987, è a due piani, con finestre a
piattabanda e timpano, ed è animata dal portale del Maderno (1615) con
colonne sorreggenti un ricco timpano, su cui sono le statue di S. Pietro (Stefano
Maderno) e di S. Paolo (Guillaume Berthélot); al di sopra è la LOGGIA
DELLE BENEDIZIONI (1638) di Gian Lorenzo Bernini (al centro, Madonna
con Bambino di Pompeo Ferrucci, 1635). Il TORRIONE circolare, pure di
58 | R. I MONTI

Bernini (1626), movimenta la compatta facciata sulla sin., mentre a d. emerge il


lato breve della sopraelevazione Iella Manica Lunga (v. pag. 317).
Il vasto CORTILE interno (per la visita scrivere all'ufficio Intendenza
del Quirinale), nelle rigide e severe forme della Controriforma, accoglie sulla
sin. un PORTICO: l'ala sin. è del Fontana (1589), quella d., con altana al centro
di sette finestre, è opera del Ponzio (1605-09). In fondo è il PALAZZETTO
cinquecentesco del Mascherino (sua la scala a chiocciola a
colonne doriche binate), con doppia loggia a cinque arcate serrata da due
avancorpi, derivato dal tipo della coeva villa suburbana; al di sopra, torretta
angolare coronata, sotto Urbano VIII, da un campaniletto a vela.
Nello SCALONE D'ONORE a quattro rampe incrociate con pianerottolo
intermedio, costruito nel 1611-12 dal Ponzio, *Cristo in gloria di Melozzo da
Forlì (dalla basilica dei Ss. Apostoli). Nella SALA REGIA, fregio ad affresco
di Giovanni Lanfranco e Agostino Tassi (1616). Nella CAPPELLA PAOLINA
(Carlo Maderno, 1617), ricca volta a botte con cassettoni in stucco dorato di
Martino Ferrabosco. Nella *CAPPELLA DELL'ANNUNCIATA (1610, su
disegno del Ponzio), con aula quadrata e cupola ellittica, affreschi di Guido
Reni. Nella SALA DEL DILUVIO, affreschi di Antonio Carracci. Nella SALA
DEL BALCONE, Partenza e Trionfo di David di Pietro da Cortona. Nel
SALOTTO DI S. GIOVANNI BATTISTA, S. Giovanni Battista attribuito a
Giulio Romano.
La matrice dei magnifici giardini è costituita dal reticolo di viali della
villa del cardinale d'Este . Attrattiva della zona inferiore del complesso è la
singolare fontana dell'Organo, creata da Clemente VIII sul luogo di un ninfeo e
completata nel 1596; in essa si fondono elementi naturalistici e figurati, ai quali
si associavano effetti musicali dovuti alla caduta delle acque sui tasti di un
organo (lavori di idraulica di Giovanni Fontana, decorazioni di Giovanni da
Neri). In uno dei punti più panoramici del giardino Benedetto XIV fece
costruire la Coffee House: la palazzina, iniziata da Ferdinando Fuga nel 1741,
ha un prospetto verso il giardino con tre ampie arcate e accoglie, nella saletta
del Mezzanino, tele eseguite da Giovanni Paolo Pannini.
Per una scalinata a sin. del palazzo del Quirinale si può scendere in via
della Dataria, il cui assetto definitivo, opera di Virginio Vespignani (1866),
risale a Pio IX, che ne promosse la generale sistemazione assicurando una
facile transitabilità verso i nuovi quartieri a NE e intervenendo sugli edifici. Il
palazzo sulla d., collegato alla residenza del presidente della Repubblica dal
torrione circolare, è quello della Famiglia Pontificia, detto della Panetteria,
che fu rinnovato sotto Clemente XIII (176465) con l'ala in angolo con vicolo
Scanderbeg. Sul lato opposto (N. 21) è il lungo prospetto del palazzo di S.
R. I MONTI | 59

Felice eretto sotto Pio IX nel 1864 da Filippo Martinucci sul luogo del
convento dei Cappuccini (1580) poi annesso alla chiesa di S. Croce e S.
Bonaventura dei Lucchesi, che accoglie nel cortile quadrato interno strutture
della chiesa superiore di S. Nicola de Portiis (v. pag. 301) e nel sotterraneo i
resti del sepolcro dei Semproni (per la visita rivolgersi alla presidenza della
Repubblica), scoperto nel 1863: la facciata in blocchi di travertino della tomba,
che prospettava sull'antico tracciato verso il Quirinale, è sormontata da un
elegante fregio a palmette con cornice a dentelli e ovuli (sopra la porta di
accesso alla cella, iscrizione dedicata a Sempronio, alla sorella e alla madre).
Seguono (numeri 94-95) il palazzo della Dataria Apostolica oggi
dell'ANSA, rinnovato da Andrea Busiri Vici (1860) che inglobò il palazzo del
cardinale Orazio Maffei sede dal 1615 della suddetta istituzione papale, e (N.
22) il palazzo Testa Piccolomini di Filippo Barigioni (1718-19).
Fronteggia il palazzo del Quirinale il basso fabbricato già delle scuderie
del Quirinale, iniziato nel 1722 da Alessandro Specchi per Innocenzo XIII e
terminato nel 1730 da Ferdinando Fuga sotto Clemente XII (stemma in
facciata), con elegante prospetto e due avancorpi laterali fra i quali è un'ampia
balconata; l'aspetto attuale è il risultato delle mutilazioni ottocentesche volute
da Pio IX (stemma sul portale) per l'apertura della contermine via della Dataria
(v. sopra), quando si eliminò il portico d'angolo e la bella scalinata a rampe
ricurve che collegava l'edificio allo slargo.
Sul lato E della piazza è il *palazzo della Consulta (poi Ministero
dell'Africa Italiana e dal 1955 sede della Corte Costituzionale), che fu edificato
da Ferdinando Fuga (1732-34) come sede del Tribunale della Consulta, della
Segnatura dei Brevi e delle caserme delle Corazze e dei Cavalleggeri.
La vivace facciata, ripristinata nei colori originari nel 1988-91, è a due
piani con ammezzato: in quello terreno è un leggero bugnato, mentre la zona
centrale è scandita da lesene, con parti laterali ritmate da fasce che inquadrano
ricche finestre. La Giustizia e la Religione (1739) coronano il portale centrale
di ispirazione michelangiolesca; sulle porte secondarie sono trofei di Filippo
Della Valle (1735); in alto, stemma di Clemente XII con figure alate (Paolo
Benaglia, 1735). Nel cortile si proietta lo scenografico scalone a due piani e
doppierampe con aperture centinate al centro.
Si discende il colle per via XVIV Maggio, già del Quirinale, aperta nel
1877 per creare un accesso monumentale da via Nazionale (v. pag. 170) al
Quirinale abbassando il dislivello e demolendo parzialmente gli edifici sul lato
destro. A tale periodo risale la scenografica scalinata - con doppia rampa,
ricchissimo portale e balaustrata - di accesso alla villa Colonna (1618),
annessa a palazzo Colonna (v. pag. 296); nei giardini, risistemati nel 1611-25
60 | R. I MONTI

per volere di Filippo I Colonna, sono resti delle murature laterizie e giganteschi
frammenti della trabeazione del monumentale tempio di Serapide, eretto da
Caracalla.
La fronteggia, all'interno di un ampio giardino cinto da un muraglione
con finestre cieche, il palazzo Pallavicini Rospigliosi sorto sul luogo delle
terme di Costantino, l'ultimo grande impianto pubblico antico (resti nel
muraglione sopracitato, al piano cantinato del palazzo e sotto il giardino);
commissionato dal cardinale Scipione Borghese a Flaminio Ponzio (1605) e
completato da Carlo Maderno (1616), il palazzo appartenne al cardinale Giulio
Mazzarino e ai suoi eredi che lo ampliarono, e nel 1704 fu acquistato dai
Pallavicini Rospigliosi, che tuttora lo detengono.
A sin. del portale del muro di cinta sorge il CASINO PALLAVICINI
(ingresso al N. 43; visita il 1° del mese, ore 10-12 e 15-17), graziosa loggetta
con tre ambienti di cui il centrale arretrato: al soffitto del salone centrale,
*Aurora di Guido Reni (1614); alle pareti, Trionfo dell'Amore e della Fama,
fregio di Antonio Tempesta, e le Quattro Stagioni di Paul Brill.
Nelle stanze adiacenti, Rinaldo e Armida di Giovanni Baglione (1614) e
Combattimento di Armida del Passignano. In fondo al cortile interno è il
palazzo, con due semplici avancorpi: al primo piano è la Galleria Pallavicini
(visitabile con presentazione particolare), una delle più importanti raccolte
romane. Il genovese Nicolò Pallavicini, amico di Peter Paul Rubens, e il figlio,
cardinale Lazzaro (1602-80), costituirono H primo nucleo della raccolta; il
matrimonio (1670) di Maria Camilla Pallavicini con G.B. Rospigliosi portò alla
fusione delle rispettive collezioni. La successiva separazione delle raccolte, in
seguito al ripristino del ramo Pallavicini (1679), fu operante solo nell'800: la
collezione Rospigliosi andò dispersa nel 1931-32, la Pallavicini si arricchii di
dipinti della scuola piemontese provenienti dai Medici del Vascello. Si notino:
14, Madonna col Bambino e S. Giovannino del Guercino; 17, Madonna col
Bambino di Federico Barocci; 19, Sacra famiglia di Jacopo Bassano; 43,
Riposo nella fuga in Egitto di Pietro da Cortona; 49-57, Paesaggi di Jan Frans
van Bloemen; 58-59, Pastore e armmti e Maniscalco di Pieter van Bloemen;
67-69, Trasfigurazione e i Ss. Gerolamo e Agostino e Madonna col Bambino e
S. Giovannino, di Sandro Botticelli; 78-79, Paesaggi di Paul Brill; 85, S.
Cecilia di Denys Calvaert; 112, Gentildonna con cagnolino di Annibale
Carracci; 114-115, Miracolo del cieco nato e S. Pietro di Ludovico Carracci;
140, I cinque sensi di Carlo Cignani; 141, Ercole che fila di Antonio
Circignani; 147-151, S. Agostino e Teste femminli di Sebastiano Conca; 153,
Riposo nella fuga in Egitto di Placido Costanzi; 154157, Battaglie del
Borgognone; 158, Paesaggio con S. Gerolamo di Nicolò dell'Abate; 169-170,
Ritratti di Antonie Van Dyck; 204-206, Sacra famiglia, Cupido e una ninfa e
R. I MONTI | 61

Venere e Cupido di Luigi Garzi; 207, ritratto di Clemente IX del Baciccia; 218-
227, Rinaldo e Armida, Venere allatta Amore, Riposo nella fuga in Egitto, S.
Clemente portato in cielo dagli angeli, Allegoria, Estasi di S. Pietro
d'Alcantara, Miracolo di S. Maria Maddalena de' Pazzi, Riposo nella fuga in
Egitto, Pietà e gruppi di amorini, tutti di Giacinto Gimignani; 234, Madonna
col Bambino del Giampietrino; 235-239, Morte di Giuliano l'Apostata,
Conversione di Saul, Morte di Lucrezia, Giudizio di Paride e Comunione degli
apostoli, di Luca Giordano; 271, Derelitta di Filippino Lippi; 281, Esequie di S.
Francesco di Lorenzo Monaco; 288, *La Lussuria scacciata dalla Castità di
Lorenzo Lotto; 295-296, Il cardinale Giacomo Rospigliosi e Madonna della
neve di Carlo Maratta; 335-336, Adamo ed Eva e Cristo morto e angeli di
Palma il Giovane; 341, Genietto con il corno dell'abbondanza di Nicolas
Poussin; 351-352, Perseo e Andromeda e Crocifisso di Guido Reni; 422, S.
Giovanni nel deserto del Pornarancio; 430-443, ritratto di Hélène Fourment,
Cristo e I dodici apostoli di Peter Paul Rubens; 448, Madonna del Sassoferrato;
449, Ritratto virile di Francesco Salviati; 450 Madonna col Bambino e S. Anna
di Carlo Saraceni; 452-453 Enoc portato in cielo e Giuseppe venduto dello
Scarsellino; 461 Madonna col Bambino, S. Giovannino e un santo di Luca
Signorelli; 462, S. Ignazio in gloria di Francesco Soliniena; 463, Natura morta
dello Spadino; 466, Loth e le figlie di G.B. Speranza; 470, Cristo risana il
paralitico di Pierre Subleyras; 471, Ferdinando Il de' Medici di Justus
Sustermans; 481-482, Caccia al cervo e Battaglia di Antonio Tempesta; 484,
Cucina vista dalla dispensa di David Teniers II il Giovane; 485-486 Animali di
David Teniers III; 489, ritratto di Primo Lechi di Tintoretto; 490, S. Giacomo
maggiore del Garofalo; 503, Cristo morto e angeli di Francesco Trevisani; 513,
Rissa davanti all'ambasciata di Spagna di Diego Velázquez; 546, Peccato
originate del Domenichino.
Dietro il palazzo, sulla sin., in un secondo giardino è un NINFEO detto
"Il teatro"; la decorazione della vicina loggia delle Muse si deve ad Agostino
Tassi (quadrature) e Orazio Gentileschi (muse e Concerto di musici).
Proseguendo lungo via XXIV Maggio si incontra a d. la chiesa di S.
Silvestro al Quirinale, menzionata già nel 1030 e denominata dapprima in
Caballo e successivamente in Arcioni dall'omonima famiglia; riedificata nel
1524, ebbe demolite, per l'allargamento della strada, l'originaria facciata tardo-
cinquecentesca e le prime due cappelle: l'attuale prospetto a due ordini (Andrea
Busiri Vici, 1873-77), che si ispira agli schemi cinquecenteschi, è puramente
decorativo.
L'interno, cui si accede da una porta a sin. (se chiusa, suonare al N. 10)
per una scala pure del Busiri Vici, è a navata unica, con due cappelle per lato,
62 | R. I MONTI

cupola e profondo presbiterio; sfarzoso soffitto a lacunari dorato e dipinto con


scene a rilievo (Consegna delle chiavi e Madonna col Bambino) del sec. XVI.
Sulla parete di controfacciata, a d. monumento funebre del cardinale
Federico Cornaro attribuito a G.B. Della Porta (1591), a sin. monumento
funebre di Prospero Farinacci (1618); i Ss. Pietro e Paolo sono di Stefano
Pozzi, autore anche degli ovali nella navata. 2a cappella sin. (Ghislieri):
Natività di Marcello Venusti; alle pareti laterali, Circoncisione (d.) e
Adorazione dei Magi (sin.) attribuite a Jacopo Zucchi; nella volta, Sogno di S.
Giuseppe (d.) e Strage degli Innocenti (sin.) riferibili a Raffaellino da Reggio.
la: pregevole pavimento (1525-27) in formelle di Luca Della Robbia (insegne
di Leone X), le stesse usate da Raffaello per le Logge Vaticane; zoccolo a
monocromo con putti di Polidoro da Caravaggio e Maturino da Firenze, autori
anche degli affreschi laterali (scene della vita della Maddalena e di Caterina da
Siena), primi paesaggi della pittura romana; nella volta, storie di S. Stefano del
Cavalier d'Arpino; sull'altare, Madonna col Bambino e santi (sec. XVI). la
cappella d.: Papa Silvestro battezza Costantino di Avanzino Nucci; nella volta,
scene della vita di S. Silvestro (1868). 2a: S. Pio V e il cardinale Nepote
Alessandrino in adorazione della Vergine, tela di Giacinto Gimignani con al
centro una tavola (Madonna col Bambino) di scuola romana del sec. XIII; alle
pareti, sulla volta e nel sottarco, affreschi di Cesare Nebbia.
Presbiterio: a sin. S. Gaetano riceve il latte dalla Madonna di Lazzaro
Baldi; la decorazione ad affresco della volta è di Cherubino e Giovanni Alberti.
Alle pareti laterali del coro, a d. S. Caterina, S. Sebastiano e S. Giuseppe; a
sin., Maddalena, S. Bartolomeo e S. Giovanni Battista.
Cappella del transetto d.: L'Eterno appare ai Ss. Andrea Avellino e
Gaetano Thiene di Antonio Barbalonga (sec. XVII). In fondo al transetto sin. è
la sontuosa *cappella Bandini (Ottaviano Mascherino, 1580-85), a pianta
ottagonale con cupola e lanternino: Assunzione, dipinto su lavagna di Scipione
Pulzone (1585); nei peducci della cupola, tondi con scene bibliche affrescati
dal Domenichino (1628); nelle nicchie angolari, sculture in stucco di
Alessandro Algardi (Maddalena e S. Giovanni, 1628) e di Francesco Mochi (S.
Giuseppe e S. Marta).
Poco oltre la chiesa si piega a d. per via della Cordonata costeggiando il
fianco posteriore di palazzo Antonelli (v. pag. 174) e, attraversata via IV
Novembre, si prosegue in via delle Tre Cannelle (la torre dei Colonna è a pag.
175), che lascia a d., in uno spiazzo appartato,
la chiesa di S. Maria del Carmine, costruita nel 1624 e completata da
Michelangelo Specchi nel 1750; la facciata a due ordini, di disegno classico,
ha decorazioni tardo- barocche.
R. I MONTI | 63

L'interno, di forme classicheggianti (1772), è a navata unica con volta a


botte. All'altare d,, stendardo raffigurante la Madonna che appare a Elio, (recto)
e la Madonna che consegna lo scapolare a S. Simone Stock (verso), attribuito a
Sebastiano Conca. Sulla parete sin., S. Simone Stock che riceve lo scapolare
carmelitano dalla Vergine di Giovanni Pirri (1776). All'altare maggiore,
Madonna del Carmine di Gaspare Celio.
La discesa termina in via di S. Eufemia, dal nome della chiesa e del
convento demoliti nei primi anni dell'800 per rimettere in luce la "basilica
Ulpia" (v. pag. 256); il breve tratto di d., che costeggia a sin. un fianco di
palazzo Valentini (v. pag. 175), conduce, attraversata via Battisti, in piazza dei
Ss. Apostoli (v. pag. 296).
64 | R. I MONTI

1.5 Il rione Colonna.

Il rione, il cui nome deriva dalla colonna di Marco Aurelio e che era
compreso nel Campo Marzio classico (di tale epoca restano le colonne dei
tempio di Adriano), è caratterizzato da una zona pianeggiante lungo via del
Corso (già tratto urbano della Via Flaminia) e da una zona che sale verso il
Pincio (il "collis hortulorum"). Nel Medioevo, la parte bassa fu discretamente
abitata e caratterizzata dalla presenza di chiese, mentre lungo la via sorgevano
modeste case e numerose torri, poi inglobate nei successivi edifici; l'area sotto
il Pincio, chiamata "ad capita domorum" (a capo le case) per indicare il limite
dell'abitato, fu invece occupata soprattutto da vigne e orti ("infra bortos"; "de
fractis" da cui il nome della chiesa di S. Andrea delle Fratte). Nel Cinquecento
nella zona di Montecitorio sorsero case con facciate dipinte e si tracciarono
nuovi percorsi (l'asse vie del Pantheon-della Maddalena-di Campo Marzio);
sotto il Pincio si installarono invece conventi e arciconfraternite (le
Carmelitane a S. Giuseppe a Capo le Case, gli Eremitani Scalzi di Spagna a S.
Ildefonso), cui si affiancarono nuovi edifici (palazzo Tonti) e ville intorno a
piazza Grimana (attuale piazza Barberini).
Una decisa urbanizzazione si ebbe però solo sotto Gregorio XIII e
soprattutto sotto Sisto V, con il tracciamento della strada Felice (1585-89),
mentre nel Seicento e Settecento furono sistemate, nella zona pianeggiante, le
piazze Colonna, di Pietra, di Montecitorio e della Maddalena e si rinnovarono i
complessi di S. Maria Maddalena e di S. Maria in Aquiro.
La zona ai piedi del Pincio, che accoglie la chiesa di S. Silvestro in
Capite e la borrominiana S. Andrea delle Fratte, ha mantenuto abbastanza
inalterate le sue caratteristiche ambientali, mentre quella intorno a
Montecitorio, dove si segnalano la chiesa di S. Maria Maddalena e il palazzo
Capranica, ha subito dopo il 1870 profonde trasformazioni con l'allargamento
delle vie del Corso e del Tritone e soprattutto con il raddoppiamento del
palazzo di Montecitorio (1903-27), che cancellò il suggestivo tessuto urbano
circostante; la lacerazione non è più stata completamente sanata, mentre la 'città
politica' continua ancora oggi a estendersi in modo allarmante, assorbendo i
circostanti edifici a destinazione residenziale.
L'itinerario ha inizio - a 0 di piazza Colonna, oltre il palazzo Wedekind,
v. pag. 242 - da piazza di Montecitorio (il medievale "Mons Acceptorius"),
altura artificiale da cui svetta l'obelisco di Psammetico II (594-589 a. C.),
trasportato da Heliopolis per volere di Augusto che lo pose nel Campo Marzio
come gnomone dell'orologio solare (v. pag. 238); caduto nel sec. IX, fu
R. I MONTI | 65

restaurato ed eretto qui sotto Pio VI da Giovanni Antinori (1792), che ne


ripristinò la funzione: attraverso il globo di bronzo forato, recante lo stemma
del papa, passava il raggio solare, mentre sulla piazza apposite selci indicavano
le ore. L'obelisco, di granito rosso, è alto c. m 22 (con il basamento e il globo,
m 29).
A nord, sul lato maggiore della piazza, è l'imponente *palazzo di
Montecitorio, sorto sull'area del cinquecentesco palazzo Gaddi.
Commissionato nel 1653 a Gian Lorenzo Bernini da Innocenzo X che
intendeva donarlo ai Ludovisi e interrotto nel 1655, fu adattato a sede dei
Tribunali dello Stato per Innocenzo XII (Curia Innocenziana) da Carlo Fontana
nel 1694 (a tale data risale la demolizione delle case affrescate, che assieme
alla medievale chiesa di S. Biagio affacciavano sulla piazza), e nel 1871
divenne sede della Camera dei Deputati; nel 1903-27 Ernesto Basile vi
aggiunse il nuovo corpo costruendo l'attuale aula parlamentare sull'area del
cortile del Fontana e il prospetto in stile floreale su piazza del Parlamento (v.
sotto).
La movimentata facciata principale a ordine gigante di paraste (restauro
1988), opera di Bernini al pari delle ali laterali del palazzo, ha andamento
convesso (leggermente aggettanti la parte centrale e le due ali estreme) ed è
ricca di motivi scenografici e di spunti naturalistici tipicamente barocchi
(bugnato rustico negli spigoli delle ali e nelle finestre del pian terreno);
l'intervento del Fontana apportò solo alcune varianti significative per la nuova
funzione pubblica (semplificazione delle finestre del corpo centrale, apertura
del triplice ingresso, sostituzione dell'attico a coronamento cuspidato con un
campanile a vela).
Nell'interno è l'AULA a emiciclo del Basile (la si può visitare solo in
corrispondenza delle sedute della Camera), che sostituì quella provvisoria in
legno di Paolo Comotto (1871); tutto l'ambiente è in stile floreale, e l'arredo è
in legno di quercia con intagli e ornamentazioni. Sul soffitto è un grande
lucernario decorato; tutt'intorno corre il *fregio allegorico su tela di Giulio
Aristide Sartorio (1908-12) raffigurante la Civiltà Italiana, le Virtù del popolo
italiano ed episodi salienti della sua storia. Sulla parete di fondo, Apoteosi di
Casa Savoia, rilievo bronzeo di Davide Calandra (1911). Gli altri ambienti del
piano terra, tra cui il "corridoio dei passi perduti", e del primo piano sono
riccamente arredati con opere d'arte antiche (notevole la piccola collezione
archeologica; fra le tele, Nozze di Cana di scuola di Paolo Veronese) e
moderne (Parigi di notte di Giovanni Boldini; Inverno sul lago d'Iseo di Carlo
Carrà; Vecchina di Ottone Rosai; Donna di Lorenzo Viani; Danza di donne di
Mino Maccari; Donna di Massimo Campigli; Gladiatori di Giorgio De Chirico;
Carretti siciliani di Renato Guttuso; Bagnanti e Bambine di Armando Spadini).
66 | R. I MONTI

La Biblioteca della Camera dei Deputati, fondata nel 1848, contiene oltre
400000 volumi e periodici relativi a storia, politica, economia, diritto, e, dal
1990, la collezione Kissner.
Prendendo a d. dell'edificio la stretta via dell'Impresa, su cui incombono
i fianchi posteriori dei palazzi Chigi e Verospi (v. pag. 239-240), si giunge in
piazza del Parlamento, creata in funzione del nuovo edificio cancellando un
suggestivo tessuto urbano, che occupa una parte dell'antico largo dell'Impresa,
così chiamato perché vi aveva sede l'impresa del lotto.
Qui è la turrita facciata posteriore del palazzo di Montecitorio,
estranea per mole e colore all'ambiente circostante; eretta dal Basile (1903-27)
in mattoni rossi e travertino con enorme stilobate e modesto portale, è
pregevole soprattutto per i particolari decorativi liberty (gruppi allegorici di
Domenico Trentacoste, 1911). Sul lato opposto della piazza è il palazzo del
Banco di S. Spirito già della Banca d'Italia, in forme classicheggianti di
Marcello Piacentini (1918); al N. 33 della retrostante via in Lucina è la casa
Vacca, eretta da don Pedro de Vaca in via della Vignaccia a fine '400 e qui
ricostruita.
Da piazza di Montecitorio, presso l'angolo sin. dell'omonimo palazzo, si
imbocca in leggera discesa la via degli Uffici del Vicario, che tra case
sei-settecentesche giunge in piazza in Campo Marzio, dove, con ingresso
laterale al N. 45A, sorge la chiesa, cattolica orientale di rito antiocheno, di S.
Maria della Concezione in Campo Marzio, già annessa a un monastero di
Benedettine fondato intorno al 750 da papa Zaccaria. Costruita con l'opera di
Giacomo Della Porta, Carlo Maderno e Francesco Peparelli, fu trasformata in
forme barocche nel 1668-85 da Giovanni Antonio de Rossi, autore anche della
decorazione architettonica dell'atrio e dell'elegante cortile antistante, reso
illusionisticamente più ampio, e restaurata nel 1986-87.
L'interno consta di un'imponente croce greca con sette altari; originale la
cupola ellittica senza tamburo. Altare della crociera d. (a sin. entrando):
Battesimo di Gesù, Nascita del Battista e Decapitazione del Battista di Pasquale
Marini. 1a cappella d. (sul fianco d. dell'abside): S. Gregoriio Nazianzeno di
Luigi Garzi (1666). All'altare maggiore, inserito in un'abside movimentata da
due colonne con angeli berniniani, icona della Madonna avvocata (sec. XII-
XIII) da Costantinopoli; il catino absidale fu affrescato da Placido Costanzi (c.
1730). Altare della crociera sin.: Morte di S. Benedetto di Lazzaro Baldi (sue le
storie del santo alle pareti). 1° cappella sin. (a sin. della porta che dà sul
cortile): Natività di Maria di ambito di Baccio Ciarpi.
L'ex monastero di S. Maria della Concezione in Campo Marzio, oggi
della Camera dei Deputati (raggiungibile a sin. della chiesa per via Metastasio
R. I MONTI | 67

e a d. per vicolo Valdina, dove è l'accesso al N. 3), ingloba sull'angolo sin. del
chiostro la chiesa di S. Gregorio Nazianzeno, sorta su una costruzione del sec.
IV: la facciata a timpano (con rifacimenti del sec. XVIII) è fiancheggiata dalla
torre campanaria (secoli XII-XIII) a quattro ordini di trifore; all'interno, a
navata unica con volta a botte e abside, affreschi dell'XI-XII secolo. Nel
refettorio del monastero, lunettone (Cristo in casa di Marta e Maria) di
Sebastiano Conca.
Da piazza in Campo Marzio si segue in direzione S via della Maddalena,
pervenendo nell'omonima piazza che mantiene intatto l'aspetto sette-
ottocentesco e sulla quale prospetta la chiesa di *S. Maria Maddalena, una
delle più rappresentative del tardo barocco romano. Originata da una cappella
trecentesca, fu affidata nel 1586, con l'annesso ospedale della confraternita dei
Disciplinati o Battuti, a S. Camillo de Lellis quale sede dei Ministri degli
Infermi; questi ultimi (1621) aprirono la piazza antistante e iniziarono la nuova
chiesa: ai primi lavori (1631-34) si susseguirono Giovanni Francesco Grimaldi
(autore soprattutto del convento), Carlo Fontana (1673), che realizzò la cupola
e la volta, Giovanni Antonio de Rossi (1695), Giulio Carlo Quadri e Francesco
Felice Pozzoni, che la terminarono nel 1699. La movimentata facciata (restauro
1987), aggiunta solo nel 1735 da Giuseppe Sardi, è l'esempio più significativo
di stile rococò a Roma: un andamento continuo concavo si propaga sui due
ordini, arricchiti da nicchie, statue e ornamenti di stucco.
L'interno, con navata ellittica e cappelle sui lati, transetto e cupola, è
un'originale fusione dell'impianto longitudinale con quello centrale. Sopra
l'ingresso, ricchissimo organo con cantoria in legno dorato e figure allegoriche
in stucco (1740); alle pareti, entro nicchie, statue (quelle di d. in stucco, quelle
di sin. in marmo) delle Virtù, opera di Carlo Monaldi, Paolo Morelli e altri;
sulla volta, storie della Maddalena di Michelangelo Cerruti (1732); la cupola
con la SS. Trinità e i pennacchi con i Dottori della Chiesa sono di Etienne
Parrocel (1739). Il cappella d.: S. Francesco di Paola resuscita un bambino di
Biagio Puccim (1720). 2a: venerata immagine della Madonna della Salute. 3a:
S. Camillo ha lo visione della Croce , pala di Placido Costanzi (1749); volta
affrescata da Sebastiano Conca (Gloria di S. Camillo); alle pareti, storie del
santo di scuola del Conca. Cappella a d. dell'altare maggiore: venerato
Crocifisso di S. Camillo (sec. XVI); sul lato opposto, pregevole statua lignea
della Maddalena (sec. XV). Altare maggiore: Maddalena in preghiera, pala di
Michele Rocca (1698); alle pareti, Noli me tangere e Le Marie al sepolcro
(1756). Nel catino absidale, Predicazione di Gesù alle turbe, affresco di
Aureliano Milani (1732). 3a cappella sin.: Cristo, la Vergine e S. Nicola di Bari
del Baciccia (1698); alle pareti, Miracoli del santo di Bonaventura Lamberti.
2a: S. Lorenzo Giustiniani adora il Bambino di Luca Giordano (1704). La
68 | R. I MONTI

sagrestia è la più bella del '700 romano per l'armonioso insieme della
decorazione e degli arredi, "rocaille".
Costeggia il fianco d. della chiesa la via delle Colonnelle, che sbocca in
piazza Capranica avendo di fronte la chiesa di S. Maria in Aquiro, di antica
fondazione (fu restaurata da Gregorio III) e già denominata "a Cyro"; concessa
da Paolo III alla confraternita degli Orfani (1540), venne ricostruita nel 1590-
1620 per il cardinale Antonio Maria Salviati da Francesco da Volterra e poi da
Filippo Breccioli e Carlo Maderno. La facciata, del Breccioli su disegno del
Maderno nella parte inferiore, fu completata nell'ordine superiore - a una sola
campata con finestrone a loggia e due piccoli campanili laterali - da Pietro
Camporese il Vecchio nel 1774.
L'interno, preceduto da un vestibolo con pietre tombali (secoli XIV-XV)
dalla distrutta chiesa di S. Stefano del Trullo e completamente decorato nel
1866 da Cesare Mariani, è a tre navate, con tre cappelle per lato, transetto e
cupola. 3a cappella d.: storie della Madonna, affreschi di Carlo Saraceni
(1617). Nell'edicola dell'abside, affresco staccato (Madonna col Bambino e S.
Stefano) di scuola cavalliniana (sec. XIV). 2a cappella sin.: Compianto sul
Cristo morto attribuito a Maestro Jacobbe (post 1634); la Flagellazione e la
Coronazione di spine ai lati sono ascritte a Trophime Bigot (c. 1635-40).
La piazza deriva il nome dal severo *palazzo Capranica (restauro
1991), eretto dal cardinale Domenico nel 1451 inglobando case preesistenti e la
cappella di S. Agnese (v. sotto), che ne chiude il lato N; tipico esempio di
edificio del primo Rinascimento romano, era originariamente a un solo piano
con torre laterale e senza cortile, e presenta una fase costruttiva tardo-gotica (a
tufelli con bifore marmoree trilobate) e una fase con finestre a croce e torre con
loggia.
L'interno è in gran parte occupato dal cinema Capranica, una delle più
antiche sale da spettacolo della città. Nato come sala teatrale privata per
Pompeo e Federico Capranica (1678), fu ricostruito nel 1694 da Carlo Euratti
con la pianta a "U" tipica dell'epoca e ricche ornamentazioni, aggiungendo a
metà '700 il massimo splendore grazie alle scenografie di Filippo Juvarra e
Francesco Galli Bibiena; riedificato a metà '800, nel '922 fu adibito a
cinematografo.
li portale al N. 98 dà accesso al Collegio Capranica, fondato nel 1456
dal cardinale Domenico per educare i giovani alla carriera ecclesiastica (fu il
primo del genere a Roma); disposto su due lati di un cortile, accoglie
nell'interno, trasformato come la facciata nel 1955, la CAPPELLA DI S.
AGNESE, dov'è la pregevole tavola della Madonna in trono col Bambino, due
santi e i cardinali Capranica di Antoniazzo Romano (c. 1451).
R. I MONTI | 69

Al N. 95 della piazza è la settecentesca casa Giannini, tipico edificio


d'affitto dei tempo, nella quale ebbe sede la Lega della Democrazia fondata da
Giuseppe Garibaldi.
Dall'angolo SE della piazza si costeggia il fianco d. dell'Istituto S.
Maria in Aquiro, rifacimento (Pietro Camporese il Giovane c. 1840) del
Collegio Salviati aggiunto da Filippo Breccioli nel 1591 alla casa degli Orfani,
lungo il vicolo della Spada d'Orlando, cosiddetto dall'avanzo di una colonna
di cipollino, sporgente dal muro a sin., la cui fessura è stata attribuita dalla
fantasia popolare a un colpo della spada del paladino (la colonna, come altre
all'interno dell'istituto, e il tratto di muro laterizio sul lato opposto della via
appartengono al tempio di Matidia, eretto da Adriano in onore della suocera
morta nel 119).
Giunti sulla tortuosa via de' Pastini, dalle caratteristiche case d'affitto
settecentesche a quattro piani, si prosegue a sin. fino a piazza di Pietra, il cui
nome deriva dai grandiosi resti del tempio di Adriano (v. sotto); la
sistemazione dello spazio fu iniziata da Alessandro VII nel 1662 e completata
sotto Innocenzo XII, che volle qui collocata la Dogana di Terra, con la
demolizione della chiesa di S. Stefano del Trullo e dell'arco dei Pazzarelli e con
apertura (1699) della via detta poi dei Bergamaschi. A d., eccezionale esempio
di riuso storico, il palazzo della Borsa (restauro 1991) ingloba i resti del tempio
di Adriano o "Hadrianeum" (a lungo creduto di Nettuno).
L'edificio, dedicato nel 145 ad Adriano divinizzato dal figlio Antonino
Pio sorgeva al centro di un'ampia piazza porticata con colonne di giallo
ottastilo, con il fronte rivolto a E preceduto da una scalinata, presentava sui lati
lunghi 15 colonne corinzie di marmo bianco alte c. m 15: le 11 superstiti (sette
sono state restaurate nel 1981-88) appartengono al fianco d., del quale resta
parte dell'alto podio a blocchi di travertino e peperino; dietro le colonne rimane
un tratto del fianco della cella, in blocchi di peperino già rivestiti in marmo.
All'interno della Borsa sono visibili i resti della volta a cassettoni che copriva la
cella.
Il tempio fu trasformato nel 1695 da Carlo e Francesco Fontana in sede
della Dogana di Terra, incorporando le Il colonne e l'antico cornicione;
divenuto sede nel 1879 della Camera di Commercio e della Borsa Valori, fu
modificato da Virginio Vespignani, che eliminò i caratteri barocchi, e
nuovamente ristrutturato nel 1928 da Tullio Passarelli, che liberò parte dei
colonnato e mise in luce lo stilobate.
Dal lato E della piazza si continua per via di Pietra e, oltre l'incrocio con
via del Corso (per il palazzo della Banca Commerciale Italiana v. pag. 243), per
via delle Muratte, piegando poi a sin. nella via che prende nome dalla chiesa
70 | R. I MONTI

di S. Maria in Via, posta in angolo con largo Chigi (il palazzo della
Rinascente è a pag. 240). Già menzionata nel 955 e famosa per la cappella del
Pozzo, eretta per ospitare l'immagine della Madonna rinvenuta nel 1256,
secondo la tradizione, tra le acque sgorganti di un pozzo (ancora visibile a d.
dell'altare), fu riedificata nel 1491 sotto Innocenzo VIII, affidata da Leone X ai
padri serviti, ricostruita nel 1594 da Francesco da Volterra su progetto di
Giacomo Della Porta, che iniziò anche la facciata, e completata da Carlo
Rainaldi (1670). Il prospetto
(restauro 1989-91) è a due ordini, con finestrone, eleganti volte di
raccordo e coronamento con doppio timpano. Nell'interno, a navata unica con
quattro cappelle per lato, la 1a cappella d. accoglie la venerata Madonna del
Pozzo, frammento di dipinto su tegola (sec. XIII-XIV); la 3° (Aldobrandini)
Annunciazione e, ai lati, Adorazione dei Magi e Natività del Cavalier d'Arpino
(1596).
Attraversata via dei Tritone (v. pag. 307), si è nella piazza di S. Claudio,
dove si trova la chiesa dei Ss. Andrea e Claudio dei Borgognoni, edificata per
la colonia di quella nazione in luogo di un oratorio acquistato nel 1656 e
ricostruita nel 1728-29 da Antoine Dérizet: in facciata, statue di S. Andrea di
Lue Francois Breton e di S. Claudio.
Nell'interno, a croce greca con cupola, all'altare maggiore, in alto,
affresco con L'Eterno di Antonio Bicchierai (gli angeli adoranti sono di scuola
berniniana); all'altare d., S. Carlo Borromeo di Placido Costanzi; all'altare sin.,
Risurrezione di Jean Francois De Troy.
Un blocco di case separava, fino al 1940, la piazza di S. Claudio dalla
contermine piazza di S. Silvestro, importante nodo di traffico sin da fine '800 (a
tale periodo risale la pretenziosa facciata neorinascimentale del palazzo della
Posta Centrale che ne chiude il fondo). Le dà nome la chiesa di S. Silvestro in
Capite, già annessa al convento eretto sulle rovine del tempio del Sole sotto
Stefano II e chiamata "inter duos hortos" perché era circondata da orti o "in
capite" perché vi è conservata la reliquia della testa di S. Giovanni Battista.
Completamente restaurata nel 1198-1216 (al 1210 data la costruzione del
campanile su cinque ordini di doppie bifore), deve l'aspetto attuale risalente al
1595-1601, a Francesco da Volterra e Carlo Maderno; alla fine del '600 fu
completata nelle decorazioni da Carlo Rainaldi Mattia e Domenico de Rossi '
autore quest'ultimo anche della facciata (1703; restauro 1992), a un solo ordine,
tripartita da lesene e ornata di statue.
Per un portale con cornice del sec. XIII e un cortile con frammenti di
lapidi, si accede all'interno sontuosamente barocco a navata unica con cappelle
laterali e volta a botte affrescata da Giacinto Brandi (Assunta in gloria e santi,
R. I MONTI | 71

1680). Sopra l'ingresso, fastosa cantoria con organo (1680). la cappella d.:
Madonna col Bambino e i Ss. Antonio da Padova e Stefano I di Giuseppe
Chiari, cui appartengono anche i dipinti con storie dei due santi (1695). 2a: S.
Francesco riceve le stimmate di Orazio Gentileschi (1610); alle pareti e sulla
volta, storie del santo, dipinti di Luigi Carzi. 3a: Pentecoste di Giuseppe
Ghezzi, autore di tutta la decorazione Pittorica della cappella. Transetto d.:
Madonna col Bambino e santi di Baccio Ciarpi; sulla volta storie di S.
Silvestro, di Ludovico Gimignani (1690). Gli affreschi della cupola sono del
Pornarancio e aiuti (ante 1605). Cappella maggiore, a forma di arco trionfale e
preceduta da un recinto bronzeo con candelabri e putti di fine sec. XVII: *altare
marmoreo, opera di scultori toscani (1518); il tabernacolo è del Rainaldi
(1667). Abside: Martirio di S. Stefano I (d.) e Messaggeri di Costantino
chiamano S. Silvestro (sin.) attribuiti a Orazio Borgianni (1610); nel catino,
Battesimo di Costantino del Gimignani (1688). Transetto sin.: Madonna col
Bambino e santi di Terenzio Terenzi da Urbino. 3a cappella sin.: Immacolata
dei Gimignani, autore anche degli affreschi della volta (1696); alle pareti,
Adorazione dei Magi (d `) e Visitazione (sin.) del Morazzone. 2a: S. Marcello
papa ha la visione della Sacra famiglia del Gimignani, del quale sono le tele
laterali (Sacra famiglia e Transito di S. Giuseppe) e la Gloria di S. Giuseppe
nella volta (1695). 1a: Crocifissione di Francesco Trevisani (1695), autore della
Salita al Calvario e della Flagellazione sulle pareti, e del Trionfo della Croce
sulla volta. Nella sagrestia, Crocifissione (affresco del sec. XIII), Madonna del
latte (affresco del sec. XV), Flagellazione (sec. XIV-XV), tutti provenienti
dall'ex monastero; inoltre, prezioso reliquiario della testa del Battista (sec.
XIV).
Dall'angolo NE della piazza, quasi al termine del prospetto del palazzo
della Posta, si segue in leggera salita la via della Mercede, tracciata da Paolo
V agli inizi del '600, incontrando sulla sin. il palazzo Bernini (Gian Lorenzo
Bernini lo acquistò nel 1641; l'iscrizione e il busto dell'artista posti dopo il
portale al N. 12 sono di Ettore Ferrari, 1898), attribuito a Gaspare De Vecchi e
Pier Paolo Drei.
Poco avanti la via si apre a d. in corrispondenza della chiesa di *S.
Andrea delle Fratte, nominata nel sec. XII "S. Andrea de hortis" perché fuori
dell'abitato, che costituisce, coli il prossimo palazzo di Propaganda Fide (v.
pag. 343), uno dei più intensi 'nodi' borrominiani della città. Appartenuta nel
Medioevo agli Scozzesi e donata nel 1585 da Sisto V ai padri minimi di S.
Francesco di Paola, fu ricostruita nel 1604-12 da Gaspare Guerra (sua
l'impostazione, in forme tardo-cinquecentesche, della facciata completata
nell'ordine superiore da Pasquale Belli nel 1826) per il marchese Paolo Dei
Bufalo, continuata dal 1653 sino alla morte da Francesco Borromini (cui si
72 | R. I MONTI

devono l'abside il tamburo della cupola e il campanile) e compiuta da Mattia de


Rossi (1691). L'intervento di Borromini si evidenzia soprattutto all'esterno ed è
in dinamica opposizione al tracciato stradale ortogonale: accanto all'abside,
semiellittica, si leva lo stupefacente *CAMPANILE (visibile salendo; a sin.
della chiesa lungo la via di Capo le Case), a pianta quadrata con più ordini
variati in assoluta libertà creativa culminante nel coronamento mistilineo coi
sostegni trasfigurati in erme - cherubini e infine con volute che sostengono le
insegne del santo (croce diagonale) e della famiglia committente (bufalo)
sormontate da una corona metallica a punta; la cupola incompiuta, è racchiusa
in un tiburio a pianta quadrata con i lati concavi: sugli angoli convessi le
colonne binate determinano direttrici diagonali.
L'interno a navata unica con volta a botte, tre cappelle per lato, transetto
e abside, è dominato dalla bellissima tribuna e dall'altissima, cupola, di pinta da
Pasquale Marini (i pennacchi sono di Francesco Cozza). Ai lati della porta,
monumenti funebri di Livia del Grillo (d.) e di Teresa d'Auria (sin.) di
Francesco Queirolo (1752); a sin., monumento del cardinale Carlo Leopoldo
Calcagnini (m. 1746) di Pietro Bracci. 1a cappella d. (battistero): vasca
marmorea con tempietto in legno dipinto dal Borgognone (1671), sulla parete
di fondo' Battesimo di Cristo di Ludovico Gimignani. 3a: monumento funebre
del cardinale Pierluigi Carafa del Bracci. Dopo la 4° cappella si accede al
CHIOSTRO, dove sono lunette ed affresco (storie di S. Francesco di Paola) del
Cozza, del Marini e di Filippo Gherardi. TRANSETTO DESTRO. sull'altare,
su disegno di Filippo Barigioni e ricco di marmi e bronzi (1726-36) S.
Francesco di Paola, pala di Paris Nogari; angeli in stucco di G. B. Maini.
PRESBITERIO. Nel catino absidale, Moltiplicazione dei pani e dei pesci del
Marini; dietro l'altare maggiore Crocifissione di S. Andrea di G.B. Lenardi,
Sepoltura di S. Andrea di Francesco Trevisani e Morte di S. Andrea di Lazzaro
Baldi, databili tra il 1961 e 1704; ai lati del presbiterio, *angeli marmorei di
Gian Lorenzo Bernini (1668-69). TRANSETTO SINISTRO. Altare disegno di
Luigi Vanvitelli e di Giuseppe Valadier, S Anna, S. Gioacchino e Maria
bambina, pala di Giuseppe Bottani; sotto la mensa dell'altare, statua giacente di
S. Anna del Maini. 3a cappella sin. (rinnovata nel 1950 da Marcello
Piacentini): Madonna del Miracolo attribuita a Domenico Bartolini. Cappellina
di S. Francesco di Paola (1723): sull'altare, Il santo in adorazione del Crocifisso
di Giovanni Odazzi.
Una breve deviazione a d. della chiesa per via di S. Andrea delle Fratte
conduce al largo che prende nome dal Collegio Nazareno, tra i più noti d'Italia.
L'istituto ha sede dal 1689 nel palazzo Tonti (N. 25), iniziato da Alessandro
Maurelli alla fine del sec. XVI e donato da Michelangelo Tonti, arcivescovo di
Nazareth (da cui Nazareno), agli Scolopi per trasformarlo in collegio per i
R. I MONTI | 73

giovani poveri; ampliato sui lati nel 1698- 1712, conserva ancora le
caratteristiche originarie solo verso via del Tritone. La facciata, di austere
forme rinascimentali, ha un portale bugnato con balcone e finestre al piano
terra con mensole ornate di triglifi e teste leonine; il cortile, decorato di statue
antiche, presenta sul fondo un ninfeo; gli ambienti al piano terra conservano
resti della decorazione cinquecentesca, mentre al primo piano è la galleria, che
ospita busti antichi, ritratti di cardinali (secoli XVIII-XIX), scene allegoriche
ed emblemi dei principi dell'Accademia degli Incolti.
Costeggiando il palazzo lungo via del Nazareno si possono vedere, dietro
un cancello, i resti monumentali in opus quadratum di tre archi di travertino, in
parte interrati, dell'Acqua Vergine (v. pag. 302), riferibili, come prova
l'iscrizione sull'attico, al restauro di Claudio del 46 (per la visita rivolgersi alla
X ripartizione del comune).
Si sale, a sin. di S. Andrea delle Fratte, per via di Capo le Case, così
denominata perché posta fino ai primi del '600 al limite dell'abitato,
incontrando via Due Macelli, dove (N. 9) è il palazzo Chauvet (Giulio De
Angelis, 1886), dall'originale soluzione dei negozi svetrati e delle colonnine
metalliche a piano terra. Proseguendo su via di Capo le Case, si lascia a d.
(numeri 2-5) il barocco palazzo Centini poi Toni, detto Casa dei Pupazzi,
dove ebbe lo studio Massimo d'Azeglio; rinnovato nel 1722-42 per Felice
Centini, presenta una singolare facciata con finestre riccamente decorate e, al
primo piano, cariatidi e timpani mistilinei.
Intitolata a Francesco Crispi la strada sale a sin. a raggiungere la via
Sistina, nome del tratto fra Trinità dei Monti e piazza Barberini del rettifilo
della strada Felice ideata da Sisto V per congiungere la stessa Trinità dei Monti
(v. pag. 347) con la basilica di S. Croce in Gerusalemme (v. pag. 501). Per il
tronco di d. - che annovera ai numeri 128-131 il teatro Sistina (Marcello
Piacentini, 1949-50) e poco avanti sulla d. La seicentesca chiesa dei Ss.
Ildefonso e Tommaso da Villanova, con facciata (Francesco Ferrari) a due
ordini con timpano curvilineo e nicchie finemente intagliate e, all'interno,
rilievo marmoreo (Natività) di Francesco Grassia - si scende in piazza
Barberini (v. pag. 307).
74 | R. I MONTI

1.6 Il rione Campo Marzio.

Data la funzione essenzialmente pubblica che il Campo Marzio aveva


avuto in età classica, il rione fu caratterizzato fino al XV secolo da rare case
lungo il tratto di Via Flaminia entro le mura Aureliane e da complessi isolati
(l'ospedale e la chiesa di S. Giacomo; la vasta proprietà di S. Silvestro in
Capite); con Niccolò V la zona si popolò, in corrispondenza dell'attracco
commerciale sul Tevere presso il mausoleo di Augusto, di gruppi "nazionali"
(Dalmati e Illirici) e sotto Sisto IV, che valorizzò l'accesso alla città con la
nuova porta del Popolo, si arricchì di luoghi di assistenza per pellegrini e
forestieri. Con le lottizzazioni delle proprietà dell'ospedale di S. Giacomo
(1509), ma soprattutto con l'avvio della realizzazione del Tridente per volere di
Leone X, venne urbanizzata l'area tra via del Corso e il Tevere: le vie di Ripetta
(1517-19) e dei Babuino (1525-43) crearono con via del Corso una struttura
che pianificava secondo un reticolo di strade trasversali e longitudinali il futuro
sviluppo barocco del rione; la più importante traversa (1544) fu la "via
Trinitatis", asse fra il Tevere e le pendici del Pincio, lungo la quale venne
eretto, a fine Cinquecento, il palazzo Borghese. Contemporaneamente furono
costruite chiese e seminari (S. Atanasio e il Collegio Greco), mentre nelle aree
spopolate si insediarono edifici (palazzi Gabrielli poi Mignanelli; Ferratini poi
di Propaganda Fide; villa Medici).
Nel XVIII secolo si privilegiarono percorsi trasversali legati a nuovi poli
urbani: il porto di Ripetta (1703-04) e la scalinata della Trinità dei Monti
(1723-26), che saliva verso le zone di espansione previste dal piano sistino;
dopo l'occupazione francese, Giuseppe Valadier (1834) sistemò la passeggiata
del Pincio, primo parco pubblico della città.
La costruzione dei muraglioni del Tevere, che comportarono la
distruzione del porto di Ripetta, e soprattutto l'isolamento del mausoleo di
Augusto (1937-40), che ha cancellato un fitto e pregevole tessuto urbano,
hanno pesantemente modificato l'aspetto del rione, che, pur mantenendo una
grande rilevanza artistica, risulta oggi alterato dagli incontrollati mutamenti
d'uso tanto degli edifici residenziali quanto delle antiche botteghe.
Da piazza del Popolo (v. pag. 224) si imbocca, a d. della chiesa di S.
Maria dei Miracoli (v. pag. 231), la via di Ripetta, sviluppata-si su un tracciato
più antico e sistemata (1517-19) sotto Leone X (via Leonina), che assunse il
nome attuale nel '700 per la vicina ripa del Tevere; nel fitto tessuto edilizio si
segnalano al N. 46 l'ex sala Lancisiana, ora camera mortuaria dell'ospedale di
S. Giacomo (v. pag. 235; la facciata a due ordini, simile a una chiesa, è di
Francesco da Volterra, 1585), e, in angolo con via Canova (dal celebre scultore
R. I MONTI | 75

che ebbe al N. 16 lo studio), la chiesa di S. Maria Portae Paradisi già in


Augusta, ricostruita da Antonio da Sangallo il Giovane (1523), con originale
facciata su due ordini (sopra il portale, Madonna col Bambino di Andrea
Sansovino, 1509).
L'interno (per la visita rivolgersi al N. 29 di via Canova, ingresso
all'ospedale di S. Giacomo), attribuito a Giovanni Antonio de Rossi (1645), è a
pianta ottagonale; l'intera decorazione ad affresco e stucchi (nella cupola,
Vergine in gloria e angeli musicanti; nella volta del presbiterio e delle cappelle
laterali storie di S. Giacomo) è opera di Pietro Paolo Naldini (sec. XVII); gli
affreschi con storie della Vergine sono di Lorenzo Greuter. Cappella d.:
Madonna col Bambino e i Ss. Elisabetta e Giovannino, altorilievo marmoreo
del 1645. Altare maggiore: Gloria di angeli tra i Ss. Giacomo e Antonio abate,
gruppo marmoreo di Francesco Brunetti; ai lati, in alto, *monumenti funebri di
Matteo Caccia (Cosimo Fancelli, 1645) e di Antonio di Burgos (Baldassarre
Peruzzi, 1526). Cappella sin.: Gesù e i Ss. Giacomo, Giovanni evangelista e
Maria Salome, altorilievo marmoreo del Fancelli (1645).
La via di Ripetta, lasciata a d. l'Accademia di Belle Arti di piatte forme
neoclassiche (Pietro Camporese il Giovane, 1845), detta "ferro di cavallo" per
l'emiciclo che raccorda le ali laterali (un atrio dà accesso alla passeggiata di
Ripetta: v. pag. 662), si apre poco oltre a sin. nella vasta piazza Augusto
Imperatore, sistemazione freddamente monumentale di Vittorio Ballio
Morpurgo (1937-40) conseguente alla liberazione dell'Augusteo, che comportò
la cancellazione di un contesto di grande valore architettonico e ambientale e
l'isolamento delle chiese dei Ss. Ambrogio e Carlo al Corso, di S. Rocco e di S.
Girolamo degli Illirici; la piazza è delimitata da enormi edifici, che evocano la
tradizione classica nei materiali e negli alti portici, e dall'abside della chiesa dei
Ss. Ambrogio e Carlo al Corso (v. pag. 236), preceduta dalle gigantesche statue
di S. Carlo (Attilio Selva) e di S. Ambrogio (Arturo Dazzi).
Al centro emerge il *mausoleo di Augusto, monumento circolare (c. m
87 di diametro) ispirato alla tomba di Mausolo re di Caria (donde il nome) e
probabilmente anche a quella di Alessandro Magno; per la visita rivolgersi alla
X ripartizione del comune.
Iniziato da Augusto per sé e i propri successori nel 27 a. C., cadde in
rovina nella tarda antichità, quando fu sfruttato come cava di materiali; fu poi
trasformato in vigna, giardino pensile, anfiteatro, politeama e infine in
auditorium. Gli scavi ebbero inizio nel sec. XVI, ma solo nel 1936-38 il
monumento fu completamente liberato.Il mausoleo, alto 44 m, aveva un tumulo
piantato a cipressi e sormontato dalla statua bronzea dell'imperatore: l'ingresso,
rivolto a S, era fiancheggiato da due obelischi (uno trasportato da Sisto V nel
76 | R. I MONTI

1587 all'Esquilino: v. pag. 493; l'altro collocato da Pio VI nel 1786 sulla
fontana di Monte Cavallo: v. pag. 319); a lato di questi, su due pilastri, erano
affisse tavole recanti l'autobiografia di Augusto. Del monumento, notevole per
l'uso sapiente di tecniche e materiali diversi nelle varie parti dell'edificio
(blocchi squadrati nei rivestimenti esterni e negli elementi portanti,
calcestruzzo nelle volte e nei nuclei murari, opus reticulatum nel paramento
degli ambienti non praticabili), rimane solo la parte inferiore, dalla
conformazione costruttiva particolarmente elaborata:
all'interno del muro perimetrale (alto c. m 12 e in origine rivestito di
travertino) era una serie di muri concentrici, che delimitavano nicchioni e vasti
ambienti non praticabili ma funzionali alla parte superiore del monumento. Al
centro era un pilastro cilindrico, alto m 44, che sorreggeva la statua
dell'imperatore e all'interno del quale era ricavata una cella quadrata per
accogliere le spoglie di Augusto; nell'anello che circondava il pilastro si
disponevano le sepolture di Livia, di Ottavia, dei nipoti Marcello, Gaio e Lucio,
di Agrippa, di Tiberio e di altri membri della famiglia Giulio Claudia, e infine
di Nerva e di Giulia Donina moglie di Settimio Severo.
A fianco del mausoleo, tra questo e il lungotevere, è stata ricomposta,
entro un padiglione vetrato, l'Ara Pacis Augustae (visita: martedì – sabato ore
9-13.30, domenica 9-13, chiusa il lunedì; dal l° aprile al 30 settembre, martedì
e sabato anche 1619), una delle più significative testimonianze dell'arte
augustea, votata nel 13 a. C. e dedicata nel 9 a. C. per celebrare la pacificazione
dopo le imprese di Gallia e di Spagna.
Il monumento fu ritrovato in corrispondenza del palazzo Fiano (v. pag. .
238) nel corso di scavi eseguiti a partire dal sec. XVI e proseguiti fino alle
sistematiche campagne del 1937-38, in seguito alle quali fu costruito 1'apposito
padiglione.
L'ara è costituita da un recinto rettangolare (m 11.65 x 10.62), elevato su
un podio e nei lati lunghi del quale si aprivano due porte, cui si accedeva da
una scala; all'interno, sopra una gradinata, era l'ara vera e propria. Tutta la
superficie del recinto presenta una raffinatissima decorazione a rilievo.
All'esterno sopra il registro inferiore con girali di acanto, sono nei lati
lunghi, a lato delle porte, il Lupercale ed Enea che sacrifica ai Penati e, sulla
fronte opposta, la Pace o Tellus e la dea Roma; sui lati brevi è raffigurata la
processione per il voto dell'ara: la scena più importante è quella sul fianco d.,
che mostra personaggi della famiglia imperiale (Augusto, Agrippa, Giulia,
Tiberio ecc.).
La superficie interna del recinto reca, nel registro superiore, corone
sorrette da bucrani e, nell'inferiore, profonde scanalature verticali che forse
R. I MONTI | 77

simulano uno steccato; anche l'altare era decorato con personaggi femminili
sullo zoccolo e, nel fregio superiore che girava all'interno e all'esterno della
mensa, con la scena dell'annuale sacrificio.
Sulla faccia del basamento verso via di Ripetta è riprodotto il testo delle,
"Res Gestae Divi Augusti" (il cosiddetto "rnonumentum Ancyranum", da
"Ancyra", l'odierna Ankara dove è conservato il testo completo), racconto della
carriera politica dell'imperatore.
Sulla via di Ripetta, subito dopo il mausoleo d'Augusto, sorge, isolata
sulla sin., la chiesa di S. Rocco, eretta nel 1499 dall'omonima confraternita su
quella precedente (sec. XI) di S. Martino e trasformata (1645-80) in moderate
forme barocche da Giovanni Antonio de Rossi; la facciata, a ordine gigante di
colonne corinzie al centro e paraste ioniche nelle ali (Giuseppe Valadier, 1834;
nel 1992 in restauro) esemplifica il neoclassicismo della Restaurazione, che qui
recupera la tipologia "a frontoni compenetrati" tipica delle chiese veneziane di
Palladio.
L'interno a navata unica presenta tre cappelle per lato, il transetto e una
cupola semiellittica. Sopra l'ingresso, bella cantoria d'organo (1721). La
cappella d.: Estasi di S. Francesco di Paola di Antonio Amorosi (1719). A d.
del presbiterio si apre l'elegante cappella, a pianta ellittica e cupoletta, della
Madonna delle Grazie del de Rossi, dove si venera l'immagine della Madonna
delle Grazie (sec. XVII). Altare maggiore: S. Rocco e il Redentore di Giacomo
Brandi (1674). 3a cappella sin.: S. Antonio da Padova, di Gregorio Preti (c.
1650). 2': Presepe, affresco di Baldassarre Peruzzi. In sagrestia, Madonna e i
Ss. Rocco e Antonio abate e gli appestati dei Baciccia (c. 1660).
Un cavalcavia moderno a doppio fornice, con al centro la fontana della
Botticella (1774) dal demolito palazzo Valdambrini, collega la chiesa di S.
Rocco a quella di S. Girolamo degli Illirici o degli Schiavoni, ora dei Croati,
dedicata al santo connazionale dei profughi giunti all'inizio del sec. XV a Roma
da quelle regioni; eretta sotto Sisto IV sulla chiesa di S. Marina (sec. XII), fu
ricostruita da Martino Lunghi il Vecchio (1588), autore anche della facciata
tardo-rinascimentale in travertino, a due ordini di lesene e coronata da timpano
(restauro 1987-91), che ha perso lo slancio originale in seguito al rialzamento, a
fine '800, della sede stradale.
L'interno barocco è a navata unica con tre cappelle per lato, finta cupola
(gli affreschi sono di Andrea Lilio) e transetto. Nella volta, Esaltazione della
Croce, affresco ottocentesco di Pietro Gagliardi. 1a cappella d.: Annunciazione
e santi di Michelangelo Cerruti (1718). 3a: Madonna col Bambino e S. Anna di
Giuseppe Puglia (1631). Tribuna: episodi della vita di S. Girolamo, affreschi di
Antonio Viviani e del Lilio (1588); nella volta, Gloria del santo di Paris Nogari
78 | R. I MONTI

(1588). 3a cappella sin.: S. Girolamo del Puglia (1632). 2a: Pietà (1633) dello
stesso. In sagrestia, busto di Pio XII, bronzo di Ivan Mestrovic.
Oltre via Tornacelli (v. pag. 237; a d, è il ponte Cavour, descritto a pag.
662), la via di Ripetta costeggia a sin. la "tastiera" di palazzo Borghese (v.
pag. 340), incrociando avanti, ancora a sin., la via del Clementino, il cui nome
deriva dal collegio fondato da Clemente VIII nel 1593 e sostituito nel 1936
dall'ingombrante edificio in mattoni prospiciente su piazza Nicosia (al centro
del largo, fontana, già davanti all'obelisco di piazza del Popolo e qui collocata
nel 1950, con vasca di Giacomo Della Porta e catino ornato dalle aquile
Borghese).
La via della Scrofa, prosecuzione di via di Ripetta, prende nome dal
bassorilievo murato sul fianco dell'ex convento degli Agostiniani e si
caratterizza per edifici sei-settecenteschi (il palazzo Galitzin al N. 117 è
cinquecentesco; il diagonale vicolo della Campana conduce alla chiesa di S.
Ivo dei Brettoni, concessa da Callisto 111 alla nazione francese della provincia
di Bretagna cui ancora appartiene e riedificata nel 1877 da Luca Carimini), Da
questa, voltando a d. in via dei Portoghesi, che costeggia a sin. un fianco dell'ex
convento degli Agostiniani (v. pag. 381), ci si addentra nella zona più appartata
del rione.
Di fronte è il palazzo Scapucci, nel quale è inclusa la quattrocentesca
torre dei Frangipane detta anche della Scimmia (sulla sommità arde, davanti a
una Madonna, una lampada che, secondo la leggenda, ì padroni del palazzo
accesero per la salvezza della loro neonata portata lassù da una scimmia).
Sul lato opposto si apre, inaspettata, l'animata facciata barocca, su due
ordini che fungono da supporto alla sovrabbondante decorazione (le volute di
raccordo si trasformano in telamoni e gli angeli, asimmetrici, poggiano
pesantemente sul timpano sopraffatto dai panneggi), della chiesa di S. Antonio
dei Portoghesi, riedificata da Martino Longhi il Giovane (1630-38) su un luogo
di culto del sec. XV e in una zona dove era insediata una colonia di quella
nazione.
Nell'interno, ornatissimo di marmi policromi, la cupola ribassata (1674-
76) è di Carlo Rainaldi, l'abside semiovale e l'altare maggiore sono di
Cristoforo Schor. 1a cappella d.: alla parete d., monumento di Alessandro de
Souza di Antonio Canova (1808). 2a: Battesimo di Cristo di Giacinto
Calandrucci, autore anche delle due lunette; sulla parete sin., Circoncisione del
Battista di Nicolas Lorrain (1682-86). Braccio d.: S. Elisabetta regina del
Portogallo di Luigi Agricola. Altare maggiore: Apparizione della Vergine a S.
Antonio del Calandrucci. Braccio sin.: monumenti Sampajo di Pietro Bracci
(1750). 2a cappella sin.: Natività, Adorazione dei Magi (parete sin.) e Riposo in
R. I MONTI | 79

Egitto (parete d.) del Lorrain. 1a: Madonna col Bambino tra i Ss. Antonio da
Padova e Francesco, tavola a fondo oro di Antoniazzo Romano.
Si continua nella via, popolata di negozi di antiquari e di artigiani, che
prende nome dall'albergo dell'Orso, aperto forse a fine sec. XV in un palazzetto
quattrocentesco e così chiamato da un frammento di sarcofago con leone
sbranante un cinghiale in angolo con via dei Soldati; su tale strada si apre la
caratteristica facciata con logge e portici, ripristinata nel 1935-37 e adorna di
pregiate decorazioni in cotto.
Per una scaletta moderna si sale a piazza di Ponte Umberto I (l'omonimo
passaggio sul Tevere è a pag. 663), dove prospetta il monumentale palazzo
Primoli, costruito nel '500 e trasformato per Giuseppe Primoli da Raffaele
Ojetti che aggiunse nel 1909 la nuova facciata sul lungotevere; alcuni ambienti
conservano ancora i soffitti del '700 a travetti dipinti, mentre i fregi che corrono
lungo le pareti delle sale VIII, IX e X risalgono ai primi dell'800 (la
decorazione delle sale Il e V, come indicano il leone rampante dei Primoli e
l'aquila del Bonaparte, è posteriore al 1848).
Il Museo Napoleonico (visita: ore 9-13.30, domenica 9-13, giovedì
anche 17- 20; lunedì chiuso), che qui ha sede assieme alla Fondazione Primoli
e alla collezione Praz (v. sotto), fu donato nel 1927 alla città dal conte
Giuseppe, figlio di Pietro Primoli e di Carlotta Bonaparte; disposto al piano
terreno del palazzo, raccoglie opere d'arte, memorie, cimeli e suppellettili legati
alle vicende del Bonaparte e documenta tre distinti momenti della storia della
famiglia: il periodo napoleonico vero e proprio, quello romano che segui la
caduta di Napoleone e il Secondo Impero, L'attuale ordinamento dei materiali
rispecchia nelle linee generali le indicazioni lasciate dal donatore proprio per
conservare una testimonianza del gusto dell'epoca; ricchi arredi si
accompagnano a busti e ritratti dei maggiori esponenti della famiglia: notevoli,
nella SALA I, i ritratti di Napoleone (Joseph Chabord) e quelli della famiglia
imperiale, Luciano Bonaparte di Francois-Xavier Fabre (1808; SALA II) e i
Figli di Gioacchino Murat di Jean-Baptiste Isabey. Tra i personaggi femminili
si segnalano il busto di Paolina di Antonio Canova (1805-07; SALA VI), i
ritratti di Zenaide e Carlotta di Jacques-Louis David (SALA X) e quello di
Carlotta in veste da contadina, di Jean-Baptiste Wicar, nella SALA XI.
Acquerelli, disegni (particolari quelli satirici e caricaturali della SALA VIII),
raffinate oreficerie e miniature completano la collezione.
All'ultimo piano del palazzo è previsto l'allestimento della collezione
Praz, appartenuta allo scrittore Mario Praz e acquistata dalla Galleria nazionale
di Arte moderna nel 1986, che si compone di più di 1000 oggetti di età
neoclassica. Alla Fondazione Primoli è annessa l'omonima biblioteca, ricca di
80 | R. I MONTI

oltre 30000 volumi di storia, letteratura e arte francese e di una preziosa


raccolta di fotografie della fine dell'800.
Da via di Ripetta la visita prosegue a sin. per via del Clementino (sullo
sfondo la scalinata della Trinità dei Monti: v. pag. 342), che, superato a d. un
fianco di palazzo Cardelli (sulla retrostante omonima piazza prospetta la
facciata di Francesco da Volterra, 1592), sbocca in piazza Borghese,
caratteristica per la presenza di bancarelle con stampe e libri antichi.
Le dà nome il palazzo Borghese, costruito dai Della Genga, forse su
disegno del Vignola, e completato per il cardinale Camillo Borghese da
Flaminio Ponzio tra il 1605 e il 1614; l'edificio, detto il "cembalo" per
l'inconsueta pianta, è uno dei più imponenti di Roma: è a tre piani e due
ammezzati, con due portali sovrastati da balconi e ricchi stemmi.
Sulla vicina via di Ripetta prospetta la famosa "TASTIERA" (1612-14)
del Ponzio, con due balconate: la prima (ora chiusa) con ballatoio sorretto da
pilastri e colonne ai lati di un portale (Carlo Rainaldi, 1671-75), la seconda su
mensoloni; al di sopra sono due ordini di triplici arcate tra lesene.
Dall'androne sul largo della Fontanella di Borghese, dove affaccia il
fianco SE del palazzo, si può scorgere 2 maestoso CORTILE con due ordini di
arcate su colonne binate, decorato da statue antiche; sul fondo è il bagno di
Venere, vasto ninfeo, ornato di statue e magnifiche fontane barocche addossate
al muro di cinta del giardino, di Giovanni Paolo Schor e Carlo Rainaldi. Le sale
(non visitabili) della galleria d'arte, trasferita dal 1891 nel casino Borghese (v.
pag. 684), conservano decorazioni affrescate di Giovanni Francesco Grimaldi,
Ciro Ferri, Domenico Corvi e Paolo Piazza.
Dal lato S di piazza Borghese si diparte l'angusto vicolo del Divino
Amore, lungo il quale si apre a sin. la modesta facciata, a due ordini di lesene,
della chiesa dei Ss. Cecilia e Biagio o del Divino Amore, eretta sui resti di una
costruzione del sec. II (creduta la casa paterna della santa e a lei dedicata nel
1131) e ricostruita da Filippo Raguzzini (1729; il campanile intonacato risale al
sec. XII) sotto Benedetto XIII; l'interno, ad aula rettangolare con volta a botte,
fu affrescato da Filippo Prosperi (1874): sull'altare maggiore, Vergine col
Bambino attribuita a Vincenzo Camuccini; in sagrestia, affresco con i Ss.
Cecilia e Valeviano incoronati da un angelo (prima metà sec. XV).
Al termine del vicolo, percorrendo il breve tratto di d. di via dei Prefetti
si esce nella pittoresca piazza che prende nome dal maestoso palazzo di
Firenze (N. 27), costruito per Jacopo Cardelli nel 1516-30, ristrutturato da
Giulio III e divenuto nel 1561 proprietà dei banchieri fiorentini Medici (da cui
il nome attuale).
R. I MONTI | 81

Sull'armonioso CORTILE con portico ad arcate su tre lati affaccia il


manieristico *PROSPETTO interno in laterizi, tripartito su due ordini di lesene
con portale a serliana soprastante, opera di Bartolomeo Ammannati, che fu
autore anche del fronte verso il giardino. La LOGGIA verso il giardino, detta
atrio del Primaticcio e visitabile rivolgendosi alla Società Dante Alighieri che
nel palazzo ha sede dal 1926, ha una decorazione ad affreschi e stucchi opera di
Prospero Fontana (1553-55); nel camerino, volta affrescata con Allegoria dei
Continenti dallo stesso (sue le Scene allegoriche della sala del Granduca),
mentre di Jacopo Zucchi (1574) sono gli affreschi della volta della sala delle
Stagioni e della sala degli Elementi.
Seguendo invece il tratto di sin. di via dei Prefetti si raggiunge la chiesa
di S. Nicola ai Prefetti, inserita tra le ali dell'ex convento domenicano;
riedificata nel 1729 sotto Benedetto XIII, conserva la facciata del 1674 a un
solo ordine di lesene su alti plinti, timpano spezzato e medaglione con
l'immagine di Pio V. Nell'armonioso interno a navata unica, Gloria di S.
Nicola, affresco di Giacomo Triga (1724-30).
Contermine a piazza Borghese è largo della Fontanella di Borghese,
dal quale la via omonima si snoda tra nobili edifici (quello in angolo con via
del Corso è palazzo Ruspoli: v. pag. 237) fino a largo Goldoni, punto d'inizio di
via dei Condotti, così chiamata perché vi passavano ì condotti dell'Acqua
Vergine (v. pag. 302).
Subito a d. è la chiesa della SS. Trinità degli Spagnoli, edificata con
l'annesso convento nel 1741-46 da Emanuel Rodriguez de Santos; la facciata
concava (restauro 1992), dai morbidi effetti chiaroscurali, ha un doppio ordine
di colonne e lesene, è coronata da un doppio timpano (triangolare e curvo) ed è
decorata da statue.
L'interno, di derivazione berniniana, è a pianta ellittica con tre cappelle
per parte intercomunicanti. Nella volta, S. Giovanni de Matha in gloria,
affresco di Gregorio Guglielmi (1748). la cappella d.: Martirio di S. Caterina
d'Alessandria di Giuseppe Paladini (1750). 2a: Ss. Giovanni de Matha e Felice
di Valois di Andrea Casali (1776). 3a: Addolorata del Casali. Cappella
maggiore: SS. Trinità di Corrado Giaquinto; alle pareti, Innocenzo III riconosce
l'ordine dei Trinitari e I due fondatori dell'ordine, tele di Antonio Velázquez,
autore anche degli affreschi della calotta absidale e della cupola. 3a cappella
sin.: Immacolata di Francisco Preciado (1750). 2a: S. Giovanni de Matha, pala
di Gaetano Lapis. 11: Martirio di S. Agnese di Marco Benefial (1750); le storie
della santa ai lati sono del Casali.Pregevoli tele del Preciado e del Velázquez
sono nel vicino convento, insieme a una tavola (Ascensione di Cristo, 1548) di
ignoto spagnolo.
82 | R. I MONTI

Sulla strada, animata ed elegante per i negozi di fama internazionale (al


pari delle traverse via Belsiana, via Bocca di Leone e via di Mario de' Fiori) e
affollata a ogni ora del giorno da turisti di tutto il mondo, affacciano dimore
nobiliari sei-settecentesche le conferiscono un aspetto aristocratico; sull'angolo
con via Bocca di Leone, al N. 68, il palazzo del Gran Magistero dell'Ordi
Malta, iniziato nel '600 e sopraelevato nell'800; sul lato opposto, al N. 20, il
palazzo Nunez Torlonia (Giovanni Antonio Rossi, 1658-60), ampliato da
Antonio Sarti nel 1842. Lascia sulla sin. (N. 86) il caffè Greco (dal levantino
che lo apri nel che fu frequentato da artisti e letterati e che conserva opere
d'arte e arredi dell'epoca, si esce in
*piazza di sPAGNA a, tra le più famose del mondo e tra le più
monumentali Roma, la cui fisionomia si venne configurando tra la fine del e la
fine dell'800.
Disposta sull'asse via del Babuino-via Due Macelli e a fondale della "via
Trinitatis", fino al sec. XVII fu chiamata "platea Trinitatis" dalla chiesa che la
domina, poi fu detta piazza di Spagna la parte davanti alla residenza
dell'ambasciatore di quella nazione, mentre la sezione verso il Babuino fu
denominata piazza di Francia. Polo di interesse delle due potenze straniere, dal
sec. XVI rappresentò il centro culturale e turistico della città papale, attirando
artisti e letterati: vi sorsero alberghi, locande ed edifici residenziali
originariamente a due piani, e nell'800 si popolò di antiquari e fotografi. La
piazza, che mantiene sostanzialmente l'aspetto sei-settecentesco nonostante le
sopraelevazioni otto-novecentesche, presenta la caratteristica forma 'a farfalla',
con due triangoli aventi il vertice in comune.
Al centro, ai piedi della scalinata, fu costruita, in ricordo dell'alluvione
del Tevere del 1598, la *fontana della Barcaccia (restauro
1988)commissionata da Urbano VIII (il sole e le api sono i simboli dei
Barberini) nel 1629 a Pietro Bernini coadiuvato dal figlio Gian Lorenzo,
rappresenta una barca simmetrica semisommersa e leggermente sotto il livello
del terreno, invenzione che dissimulò il problema tecnico della scarsa pressione
dell'acqua.
Dalla piazza si innalza la celebre *scalinata della Trinità dei Monti, tra
le più grandiose scenografie urbane dell'epoca barocca, realizzata per
Innocenzo XIII da Francesco De Sanctis nel 1723-26 dando definitiva
sistemazione al forte dislivello tra la piazza e la chiesa (la descrizione di
quest'ultima è a pag. 347). L'imponente scenario architettonico, che sostituì i
sentieri alberati inerpicantisi per il colle pinciano, è tripartito e articolato da una
successione di rampe che si dividono in branche o si congiungono in scale
secondo un sinuoso andamento mistilineo; ai piedi della scalinata, che in
R. I MONTI | 83

primavera viene ornata di azalee, cippi con i gigli di Francia (Luigi XV) si
alternano alle aquile di Innocenzo XIII. I coevi edifici ai lati, pure del De
Sanctis, fungono da 'quinte' architettoniche: a d. (N. 26) è la Casina Rossa,
riportata al colore originario nel 1989, ove visse e morì nel 1821 John Keats;
dagli inizi del '900 è sede della Fondazione Keats Shelley Memorial (visita: ore
9-13 e 14.30-17.30 in inverno, 9-13 e 15-18 in estate; chiusa sabato e
domenica) con annessa biblioteca. L'edificio simmetrico (numeri 22-25) ospita
il famoso Babington's, la prima sala da tè romana.
Il 'triangolo' SE della piazza è ornato al centro dalla colonna
dell'Immacolata Concezione, rinvenuta nel 1777 nel monastero di S. Maria
della Concezione in Campo Marzio e qui innalzata da Luigi Poletti nel 1856 a
ricordo del dogma proclamato da Pio IX: la colonna, di cipollino venato,
sorregge la statua bronzea della Vergine (Giuseppe Obici) e poggia su un
basamento ottagonale ornato dalle statue dei profeti Mosè, Isaia, Ezechiele e
David di Ignazio Jacometti, Salvatore Revelli, Carlo Chelli e Adamo Tadolini;
sulle facce del basamento, quattro bassorilievi di Nicola Cantalamessa Papotti,
Giovanni Maria Benzoni e Pietro Galli.
L'isolato trapezoidale al N. 48 è quello del *palazzo di Propaganda
Fide, sede della congregazione omonima istituita da Gregorio XV nel 1622. Il
nucleo originario è costituito dall'edificio eretto per monsignor Bartolomeo
Ferratini (1586) e donato nel 1626 alla congregazione, che vi si trasferii nel
1633; negli anni 1639-45 Gaspare De Vecchi costruì per gli alunnati del
cardinale Antonio Barberini l'ala su via Due Macelli; nel 1644 Gian Lorenzo
Bernini modificò la semplice facciata sulla piazza, tutta in cotto, riquadrata da
lesene e fasce orizzontali in travertino e stretta da contrafforti angolari bugnati.
Francesco Borromini, subentrato come architetto della congregazione nel 1646,
realizzò l'ala sulle vie di Propaganda e di Capo le Case;
il *prospetto su via di Propaganda è una delle sue più ardite creazioni
per il vibrante corpo centrale, modulato da elementi curvilinei: il ritmo serrato
dell'ordine gigante di lesene, tra cui si incastrano finestre concave di complessa
struttura, culmina sull'asse centrale, anch'esso concavo, in contrasto con il
coronamento del finestrone convesso.
L'edificio ingloba la chiesa dei Re Magi (per la visita telefonare al
6796941), costruita da Borromini nel 1660-66 in sostituzione di quella ovale di
Bernini (1634). L'impianto, riportato all'originaria purezza borrominiana nel
1955, è un rettangolo con angoli arrotondati, serrato in un'intelaiatura che dalle
lesene prosegue sulla volta con costoloni intrecciati; tra le lesene risaltano i
vani decorati delle quattro cappelle intercomunicanti. La decorazione a stucchi
è su disegno di Borromini (1666); alle cappelle si alternano nicchie con busti.
84 | R. I MONTI

1a cappella d.: Conversione di S. Paolo di Carlo Pellegrini (1635). 2a:


Madonna col Bambino e santi di Carlo Cesi. Altare maggiore: Adorazione dei
Magi di Giacinto Gimignani (1634) e, più in alto, Missione degli apostoli di
Lazzaro Baldi. 2a cappella sin.: Crocifissione di Ludovico Gimignani. la:
Chiamata degli apostoli di Andrea Camassei (1635).
La quinta del 'triangolo' è completata dal palazzo di Spagna già
Monaldeschi (N. 57), sede dal 1647 dell'ambasciata di Spagna presso la Santa
Sede, che fu trasformato nel 1647-55 da Antonio Del Grande (androne,
scalone, cortile) e nel 1815 (facciata); la ricca decorazione interna risale ai
secoli XVII-XVIII (notevoli *L'anima dannata e L'anima beata di Gian
Lorenzo Bernini, 1620).
Opposta all'edificio si apre la piazza cui fa da sfondo e che prende nome
dal palazzo Mignanelli, già Gabrielli (N. 22),
con sobria facciata cinquecentesca (completata da Andrea Busiri Vici nel
1887) e portale bugnato.
Dal 'triangolo' NO di piazza di Spagna, occupato da edifici settecenteschi
quasi tutti sopraelevati nell'800, si prende via del Babuino (dal nome dato alla
statua di sileno oggi a lato della chiesa di S. Atanasio: v. sotto), tracciata da
Clemente VII nel 1525 e completata da Paolo III nel 1543 (via Paolina
Trifaria); è ancora considerata la 'via dell'antiquariato' per le botteghe e gallerie
d'arte sopravvissute alle incontrollate trasformazioni d'uso.
Dallo scudiero di Morgante, Margutte, deriverebbe il nome di via
Margutta, parallela di via del Babuino: celebre per l'avvicendarsi di artisti
italiani e stranieri fin dal '600 e per l'annuale fiera, è una delle strade più
pittoresche di Roma, ancora animata da studi che con ampi finestroni si
affacciano sui cortili e sui giardini digradanti sotto le pendici del Pincio;
addossata al N. 54A è la graziosa fontana degli Artisti (Pietro Lombardi, 1927),
A sin. di via del Babuino si stacca l'elegante via Vittoria, dove, nell'ex chiesa
dei Ss. Giuseppe e Orsola fondata nel sec. XVII con l'annesso monastero delle
Orsoline e restaurata da Pietro Camporese il Vecchio nel 1779, è dal 1935 il
teatro dell'Accademia nazionale d'Arte drammatica; il monastero è sede
dell'Accademia nazionale di S. Cecilia, uno dei più noti conservatori del
mondo (al N. 18 della parallela via dei Greci è la Biblioteca musicale
governativa del Conservatorio di S. Cecilia, che riunisce 300000 tra spartiti e
partiture, 30000 libretti d'opera e 10000 manoscritti, alcuni autografi).
Proseguendo lungo via dei Babuino si raggiunge, oltre via dei Greci (dal
Collegio Greco fondato da Gregorio XIII nel 1576), la fontana del Babuino
(una delle 'statue parlanti': v. pag. 189), inserita nel 1738 dai Boncompagni
R. I MONTI | 85

Ludovisi in un'incorniciatura rustica con due delfini soprastanti e qui posta,


assieme al sileno da cui la via prende nome, nel 1957.
Subito oltre è la chiesa, cattolica di rito greco, di S. Atanasio, eretta da
Giacomo Della Porta nel 1580-83 per volere di Clemente XIII; la facciata,
preceduta da una scalinata e serrata da due campanili con ordini di lesene e
cupoletta a cuspide, è in laterizio a due ordini di paraste con portale a timpano e
nicchie laterali: nell'ordine superiore è un elegante finestrone fiancheggiato da
lastre marmoree con iscrizioni in latino e greco.
Il suggestivo e inconsueto interno, dove un'aula con profonde cappelle
laterali si innesta a un corpo terminale a tricora determinando un impianto a
croce latina molto complesso, presenta la navata conclusa da iconostasi lignea,
che sostituisce quella cinquecentesca, su disegno di Andrea Busiri Vici (1876).
Nella cappella d., Annunciazione di Francesco Trabaldesi (1584); nell'abside
d., Assunzione di Maria attribuita al Cavalier d'Arpino. Nell'abside sin.,
Crocifissione del d:'Arpino; nell'ultima cappella sin., Gesù tra i dottori del
Trabaldesi e decorazione a stucco di fine sec. XVI.
La chiesa evangelica inglese di Ognissanti (All Saints), uno dei più
interessanti esempi di "gothic revival" a Roma, che si erge poco avanti fu
realizzata nel 1882-87 su progetto di George Edmund Street con l'intento di
valorizzare i materiali tradizionali e il lavoro artigiano; l'esterno è in mattoni
rossi di Siena, che contrastano con le ornamentazioni in travertino, mentre
l'interno, in pietra rosata di Arles e marmi colorati, è a tre navate con copertura
lignea sorretta da arconi a sesto acuto e archi rampanti.
Caratterizzano il tratto terminale della via: il palazzo Boncompagni
Cerasi (N. 51), con portale ornato di mascheroni, draghi e mensole sostenenti
il balcone; le originali decorazioni in facciata e le nicchie con busti di
imperatori di palazzo Sterbini (numeri 41-38), modificato nel 1887-88 da
Virginio Vespignani; l'ex hotel de Russie (N. 9; 1819-22), uno dei più famosi
della zona e oggi sede della direzione della RAI.
Si è in piazza del Popolo (v. pag. 224), sulla d. della quale si diparte la
pubblica passeggiata del Pincio, prevista, nel piano degli abbellimenti della
città (1811), come opera di carattere sociale secondo le concezioni della
Francia post-rivoluzionaria ma oggi scandalosamente soffocata dalle auto in
sosta; realizzata da Giuseppe Valadier (1834) con gradinate, prospettive
architettoniche e nicchie con statue allegoriche di ispirazione classica, sale fino
a piazzale Napoleone I e fa da ampio fondale alla piazza sottostante.
Imboccato viale D'Annunzio, s'incontra la prima prospettiva (nel 1992 in
restauro): Igea con ai lati il Genio della Pace di Alessandro Massimiliano
Laboureur e il Genio delle Arti di Filippo Gnaccarini (le due colonne rostrate di
86 | R. I MONTI

granito grigio, con trofei, provengono dal tempio di Venere e Roma); la salita
di d. porta alla seconda prospettiva (in restauro nel 1992), con la Fama che
corona i Geni delle Arti e del Commercio di Achille Stocchi e Felice Baini
(1831), e, dopo il successivo tornante, all'imponente loggia coperta a tre arcate,
con mostra d'acqua centrale: ai lati, due gradinate portano alla loggia
panoramica (1832-34). Al termine della salita converge da sin. viale
Mickiewiez (sul muraglione, lapide in ricordo di Pio VII che completò la
passeggiata).
Piegando per quest'ultimo, si passa sotto la casina Valadier, così
denominata dall'architetto che rielaborò (1813-17) in stile neoclassico il
precedente casino Della Rota, eretto su una cisterna romana degli "horti
Aciliani"; adibita a caffè secondo il gusto del giardino di paesaggio
settecentesco (durante il restauro del 1966 sono state rimesse in luce,
all'interno, decorazioni murali di gusto neoclassico), conserva tuttora tale
destinazione. Sulla d. dell'edificio, busto dell'astronomo Angelo Secchi, con
forellino che inquadra l'osservatorio astronomico del Collegio Romano; alle
spalle del busto, fontana dell'Anfora, con esile fanciulla in bronzo (Amleto
Cataldi, 1912).
Al termine di viale Mickiewiez si diparte verso NE il viale dell'Obelisco,
tracciato portante del giardino (gli assi alberati sono ornati di busti di Italiani
illustri) e strada di collegamento verso villa Borghese (v. pag. 683): su piazza
Bucarest svetta l'obelisco, dedicato da Adriano al favorito Antinoo, rinvenuto
presso la basilica di S. Croce in Gerusalemme nel sec. XVI e (lui eretto nel
1822 da Giuseppe Marini per volere di Pio VII. Si piega a sin. in viale
dell'Orologio, così denominato dall'orologio ad acqua eretto da G.B. Embriaco
(1867), e, lasciato alle spalle dell'orologio il viale che conduce alla fontana del
Mosè salvato dalle acque (1868), si percorre verso sin. viale Valadier (alla
testata d. del percorso, monumento a Enrico Tali di Arturo Dazzi), impostato su
antiche sostruzioni e su un tratto di mura Aureliane, raggiungendo piazzale
Napoleone I (dalla terrazza, splendido *panorama).
Dal termine della passeggiata del Pincio la visita continua per viale della
Trinità dei Monti, dove, subito sulla d., è il monumento ai fratelli Cairoli
(Ercole Rosa, 1883), di forte linguaggio verista. Avanti si individua il prospetto
turrito della cinquecentesca *villa Medici, la più 'panoramica' tra quelle
patrizie entro le mura. Un precedente edificio dei Crescenzi fu completamente
trasformato nel 1564-75 da Nanni di Baccio Bigio e Annibale Lippi per il
cardinale Giovanni Ricci da Montepulciano; il cardinale Ferdinando dei
Medici, che l'acquistò nel 1576, l'abbellì e l'ampliò sul lato d. con la galleria
delle statue. Dal 1804 è sede dell'Accademia di Francia, fondata nel 1666 da
R. I MONTI | 87

Luigi XIV per consentire ai giovani artisti francesi di perfezionarsi a Roma, e


ospita una biblioteca con circa 25 000 volumi d'arte, architettura e musica.
L'austera facciata contrasta con il prospetto ricco e fastoso verso il
giardino, che presenta due avancorpi laterali con torrette e altane e un corpo
mediano porticato, attribuito a Bartolomeo Ammannati, con serliana centrale;
esso è splendidamente decorato con stucchi, festoni (alcuni provenienti dall'Ara
Facis Augustae), bassorilievi e statue secondo il gusto antiquario del tardo '500.
Ai lati dell'arcata sono due leoni, uno di arte romana e l'altro di Flaminio Vacca
(sec. XVI); di fronte, fontanina con copia ottocentesca del Mercurio del
Giambologna.
Il magnifico e vasto GIARDINO (visita: domenica ore 10-12) mantiene
intatto il tracciato originario; la particolare conformazione dell'area suggerì una
sistemazione con un viale parallelo al palazzo e con una ulteriore suddivisione
in tre parti: aiuole di fronte all'edificio, un "pomarium" con viali rettilinei e
siepi verso N, un bosco con il Monte Parnaso (sui ruderi del tempio della
Fortuna) verso sud.
Sul piazzale prospiciente villa Medici è la graziosa fontana a tazza di
Annibale Lippi (1587), dove da una palla di cannone, posta in luogo
dell'originario giglio mediceo e che la fantasia popolare vuole sia stata esplosa
da Castel S. Angelo da Cristina di Svezia, zampilla l'acqua dell'acquedotto
Felice (v. pag. 654).
Costeggiati il muro del parco della villa e il convento e l'istituto del
Sacro Cuore, che sorge sui resti della villa di Lucullo (i retrostanti "horti
Luculliani" sono occupati da villa Malta), si perviene in piazza della Trinità de'
Monti, aperta sulla città, da dove svetta, alla sommità della scalinata (v. pag.
342), l'Obelisco Sallustiano, proveniente dagli omonimi "horti" e qui eretto da
Giovanni Antinori per volontà di Pio VI nel 1789: i geroglifici sono
un'imitazione romana di quelli dell'Obelisco Flaminio.
In posizione dominante è posta anche la chiesa della Trinità dei Monti,
uno dei templi francesi a Roma, iniziata con il convento nel 1502 da Luigi XII,
consacrata nel 1585 da Sisto V (agli anni 1564-67 risale la sottostante via) e poi
restaurata nel 1816 per Luigi XVIII da Carlo Francesco Mazois; una scalinata a
doppia rampa (Domenico Fontana, 1587), ornata di capitelli antichi e
bassorilievi, precede la facciata, terminata nel 1584 su progetto forse di
Giacomo Della Porta (caratteristici i campanili ai lati), a ordine unico di lesene
con portale e colonne e attico con finestra termale al centro.
L'interno a navata unica, con cappelle laterali la cui decorazione ad
affresco secondo i modi della pittura di derivazione michelangiolesca è fra le
più interessanti di Roma, è diviso da una cancellata (normalmente chiusa) in
88 | R. I MONTI

corrispondenza della 3a cappella; modificato in forme settecentesche nel 1774,


conserva elementi della primitiva architettura tardo-gotica nell'arco trionfale,
nel presbiterio e nel transetto. La cappella d.: Battesimo di Cristo e, ai lati,
scene della vita di S. Giovanni Battista di G.B Naldini. 3a (Della Rovere):
decorazioni ad affresco di Daniele da Volterra e aiuti; sulla parete di fondo,
Assunzione del da Volterra; ai lati, Presentazione al tempio e Strage degli
Innocenti di Michele Alberti. 4a (Orsini; restauro 1991): scene della Passione,
affreschi di Paris Nogari. 6a: decorazione ad affresco di scuola umbra.
Altare maggiore (1676): alla parete di fondo, Crocifissione di Cesare
Nebbia. 7a cappella sin. (Pucci): storie del Vecchio e Nuovo Testamento di
Perin del Vaga. 5a (Massimo): decorazione iniziata dal del Vaga (1537) e
terminata (1563-89) da Taddeo e Federico Zuccari (Eterno col Cristo morto,
Assunta, Augusto e la Sibilla). 2a: *Deposizione del da Volterra; gli altri
affreschi sono di Paolo Céspedes e Cesare Arbasia (1571-77). 1a: storie della
Passione, decorazione ad affresco del Nebbia. Nell'antisagrestia, Incoronazione
della Vergine, Annunciazione e Visitazione di Taddeo Zuccari.
E chiostro (non visitabile) accoglie lunette ad affresco (storie di S.
Francesco di Paola) del Cavalier d'Arpino, del Nogari, del Pomarancio,
Girolamo Massei, Giacomo Semanza e Marco da Faenza, mentre nel 1616
Avanzino Nucci e altri dipinsero i ritratti dei Re di Francia; nel refettorio,
*quadratura architettonica di Andrea Pozzo (1694).
A d. della chiesa, la testata tra le vie Sistina (v. pag. 333) e Gregoriana,
aperta nel 1576 per collegare piazza di Spagna col Pincio, è occupata dal
palazzetto Zuccari, eretto nel 1592 da Federico Zuccari su proprio disegno per
ospitare un'accademia di pittura (al N. 30 di via Gregoriana, portale e finestre a
guisa di bocche infernali) e da lui decorato all'interno con l'aiuto del fratello
Taddeo; il portico, modificato nella copertura, fu progettato forse da Filippo
Juvarra (1711).
L'edificio, con l'adiacente (N. 32) palazzo Stroganoff di forme
neocinquecentesche, è sede della Biblioteca Hertziana, fondata da Enrichetta
Hertz nel 1900 e specializzata in storia dell'arte italiana medievale e moderna
(c. 170000 volumi).

1.7 Il "quartiere del Rinascimento".

Le propaggini sud-occidentali del Campo Marzio, in antico paludose e


interessate da fenomeni di vulcanismo secondario, furono sede degli arsenali (i
"navalia" erano collocati presso la moderna piazza S. Vincenzo Pallotti),
R. I MONTI | 89

mentre l'area più settentrionale era in parte occupata dal campo di Marte,
destinato alle esercitazioni militari. Alle prime edificazioni, risalenti al II-I
secolo a. C. (il livello del terreno di età repubblicana è posto 5-6 m al di sotto
della quota attuale), si affiancarono complessi pubblici di grande importanza
(lo stadio di Domiziano e l'odeon) e si venne delineando anche la struttura
viaria, formata dalla "via Recta" Ce attuali vie del Collegio Capranica, delle
Coppelle, di S. Agostino, dei Coronari e il vicolo del Curato) che sfociava nel
tratto di Via Flaminia entro le mura Aureliane (la moderna via del Corso) e da
un tracciato che congiungeva il ponte Elio (l'odierno S. Angelo) al Pincio.
Nell'ansa con la quale il corso del Tevere più si avvicina al Vaticano si
venne concentrando nel Medioevo, forse per la vicinanza alla sede pontificia '
la contrazione urbana verificatasi dal tardo Impero al (il "quartiere" coincide
con la porzione di Roma che risulta abitata ininterrottamente dall'antichità ai
giorni nostri); lungo le "vie Papalis" (le attuali vie dei Banchi Nuovi, del
Governo Vecchio, di S. Pantaleo e di Torre Argentina) e "Peregrinorum" (le
moderne vie dei Banchi Vecchi e del Pellegrino, Campo de' Fiori e via de'
Giubbonari), che ricalcavano tracciati romani, si andò delineando una struttura
urbana cosi fitta, che all'inizio del XV secolo questa era l'unica zona entro il
perimetro delle mura Aureliane dove prevalessero gli spazi costruiti rispetto ai
terreni liberi. Nell'Anno Santo 1425 la bolla di Martino V reintegrando la
magistratura delle case e delle strade, dette il via al rinnovamento della città,
proseguito dal programma urbanistico di Niccolò V, da Sisto IV (ponte Sisto)
Giulio II (via Giulia), Leone X, Clemente VII e Paolo III (via Paola), e
compiuto sotto il pontificato di Sisto V. Il processo avviato dalle trasformazioni
sistine si protrasse sino alla prima metà del XVIII secolo e almeno fino al 1870
l'attività edilizia segui il piano di Domenico Fontana; al principio del XIX
secolo risalgono le prime fusioni e sopraelevazioni di edifici, mentre al periodo
post-unitario, con la realizzazione dei lungotevere e all'epoca fascista con le
demolizioni di piazza dell'Oro e l'apertura dà ponte Principe Amedeo Savoia
Aosta, datano le maggiori alterazioni dei quartiere.
Tre gli itinerari proposti per la visita:
il primo, che si svolge lungo gli assi rettilinei di via Giulia e via dei
Coronari, percorre le due metà del quartiere create dall'apertura di corso
Vittorio Emanuele II in uno dei quadri edilizi più eleganti - ma in alcuni casi in
inspiegabile stato di degrado -del centro di Roma, dove a nobili palazzi patrizi
(Sacchetti, Taverna, Altemps Lancellotti) si alternano splendide chiese (S.
Eligio degli Orefici, S. Giovanni dei Fiorentini, S. Maria della Pace, S.
Salvatore in Lauro);
90 | R. I MONTI

il secondo, che se e una parte della "via Papalis", attraversa uno


straordinario tessuto urbanistico (notevoli i palazzi del Banco di S. Spirito e del
Governo Vecchio) solo in parte alterato dalle demolizioni post-unitarie e
dall'improprio uso attuale, culminando nella festa barocca di piazza Navona;
nel terzo, la teoria di edifici civili, tra i quali spiccano la maestosità di
palazzo Farnese e la ricchezza di palazzo Spada, é cadenzata da chiese (S.
Maria in Monserrato, S. Girolamo della Carità, SS. Trinità dei Pellegrini, S.
Maria in Monticelli, S. Carlo ai Catinari) 'sparse' in un contesto urbanistico nel
quale non è ancora del tutto perso, malgrado la continua sostituzione degli
abitanti per l'innalzarsi del valore commerciale degli immobili, il contrasto tra
ricche residenze e abitazioni popolari, particolarmente riscontrabile in Campo
de'Fiori.

Via Giulia e via dei Coronari

La visita ha inizio dalla riva sin. dei Tevere, dove in corrispondenza di


ponte Sisto (v. pag. 664) separa i lungotevere dei Tebaldi e dei Vallati la piazza
S. Vincenzo Pallotti, pesantemente modificata nel 1879 per la costruzione degli
argini (abbattimento dell'ospizio dei Mendicanti, ordinato da Sisto V a
Domenico Fontana nel 1585-89; spostamento della fontana dell'Acqua Paola, v.
pag. 535).
In asse col ponte si stacca verso NE via dei Pettinari, aperta da Sisto IV
per collegare Trastevere ai rioni Ponte, Parione e Regola; nell'isolato di sin. è
inglobata la chiesa di S. Salvatore in Onda, così chiamata per le inondazioni
del fiume, che è menzionata dal 1127 ed è stata più volte modificata (il restauro
dell'interno, operato da Luca Carimini nel 1860-78, ha riportato in luce le
colonne con capitelli della prima chiesa; due colonne antiche di spoglio sono
visibili nella cripta, sorta sui resti di un edificio del sec. II).
Dalla piazza inizia, in direzione NO, *via Giulia, la prima in Roma ad
andamento rettilineo, aperta da Bramante assieme alla parallela via della
Lungara (v. pag. 535) all'inizio del sec. XVI e oggi pedonalizzata.
Fu Giulio II a commissionare le due strade, rettilinee e parallele, sulle
rive opposte del fiume, collegate fra loro, a formare una specie di anello viario,
a S da ponte Sisto e a N da un altro, mai eretto, di fronte all'ospedale di S.
Spirito in Sassia. Su questo tracciato, negli intenti del papa, dovevano
concentrarsi gli edifici di maggiore importanza dello Stato: fulcro sarebbe stato
il palazzo dei Tribunali, anch'esso mai realizzato, con l'omonima piazza. La
R. I MONTI | 91

via, che costituisce il limite SO del "quartiere del Rinascimento", presenta una
numerazione civica continua: sul lato sin. è crescente (da 1 a 80), su quello
opposto decrescente.
Il vertice formato dalla via e dal lungotevere è occupato (N. 251) dalla
palazzina Pateras Pescara (Marcello Piacentini, 1910-24), oggi sede del
consolato di Francia a Roma, subito oltre la quale, a sin., è la fontana del
Mascherane (c. 1626), con rilievo in marmo e vasca di granito antichi;
da questa prende nome la via che di fronte a essa si diparte e sulla quale
prospetta la chiesa dei Ss. Giovanni Evangelista e Petronio (lei Bolognesi,
iniziata nel 1582 su disegno di Ottaviano Mascherino e rinnovata nel 1805
(nell'interno, all'altare d. Morte di S. Giuseppe di Francesco Gessi).
Presso l'arco del Passetto Farnese, aperto nel 1603, via Giulia taglia
perpendicolarmente il complesso di palazzo Farnese (v. pag. 369), ordinato su
un percorso interno riservato ("via Farnesiorium") che dall'omonima piazza
arrivava fino a villa Farnesina (v. pag. 539) in Trastevere.
Subito al di là dei passaggio, sulla sin., è la chiesa di S. Maria
dell'Orazione e Morte, eretta nel 1575 ma riedificata con pianta ellittica nel
1733-37 su disegno di Ferdinando Fuga; la facciata è a due ordini di colonne,
tra pilastri e lesene, con doppio timpano (due teschi alati costituiscono le
mensole del portale centrale), mentre ai lati sono due corpi minori con finestre
ovali sugli accessi.
Il movimentato interno, ricco di decorazioni e con due cappelle per lato,
è coperto da una cupola ellittica. Alle pareti tra le cappelle, affreschi staccati di
Giovanni Lanfranco (a d., S. Antonio abate e S. Paolo di Tebe; a sin., S.
Simeone stilita). 1a cappella d.: Sposalizio mistico di S. Caterina (sec. XVI).
Cappella maggiore: Crocifissione di Ciro Ferri (1680). 2a cappella sin.: S.
Giuliana Falconieri riceve l'abito da S. Filippo Benizi di Pier Leone Ghezzi
(1740). la: Riposo in Egitto di Lorenzo Masucci (1750).
Attiguo alla chiesa è (N. 1) il *palazzo Falconieri già Odescalchi
(stemmi sul cornicione), oggi sede dell'Accademia d'Ungheria (la biblioteca
specializzata riunisce c. 20000 volumi): grandi erme barocche, con busti
femminili e teste di falco, sono poste come lesene-cariatidi ai lati del prospetto,
opera in parte di Francesco Borromini come pure la *loggia a tre arcate (1646)
affacciata sul fiume e, all'interno, lo scalone e gli splendidi soffitti in stucco.
Avanti sulla d. si apre la concava facciata a due ordini, di ispirazione
borrominiana, della chiesa di S. Caterina da Siena, edificata dal 1526 forse su
disegno di Baldassarre Peruzzi e nuovamente nel 1766-76 da Paolo Posi.
92 | R. I MONTI

1a cappella d.: Predica di S. Bernardino da S iena di Salvatore Monosilio


(1768). 2a: S. Bernardo Tolomei in meditazione di Nicolò Lapiccola.
Presbiterio: Sposalizio mistico di S. Caterina (1768) di Gaetano Lapis,
Matteo da Lecce (SS. Trinità e Madonna con Bambino e santi) e di Taddeo
Zuccari (profeti, apostoli e Pentecoste). Nell'arcone sopra autore anche degli
ovati (Apparizione di Gesù a S. Caterina e S. Caterina beve il sangue del
costato di Cristo); nel catino absidale, Ritorno di Gregorio XI da Avignone di
Lorenzo Pécheux (1773), 2a cappella sin.: Vergine assunta di Tommaso Conca
(1768). 1a: Incendio di Borgo di Domenico Corvi (1769).
Oltre il palazzo Varese poi degli Atti (N. 16), eretto nel 1495 ma
ricostruito da Carlo Maderno nel 1617-18, la via di S. Eligio, che si stacca a
sin., conduce a una casetta del sec. XV (numeri 78) e alla chiesa
di *S. Eligio degli Orefici: il luogo di culto fu disegnato da Raffaello
sotto l'influenza di Bramante ed edificato nel 1509-75, mentre la facciata,
crollata nel 1601, venne rifatta da Flaminio Ponzio, completata da Giovanni
Bonazzini nel 1620 e restaurata nel 1955-62.
Lo spazio interno (per la visita rivolgersi al N. 9), a croce greca è
scandito da paraste bigie su fondo chiaro; la *cupola emisferica su tamburo e la
lanterna sono forse opera di Baldassarre Peruzzi. Nei pennacchi delle cappelle
laterali (all'altare d. Adorazione dei Magi di Giovanni Francesco Romanelli,
1639; a quello sin., Adorazione dei pastori, affresco di Giovanni De Vecchi,
1574), sibille del Romanelli. Nell'abside, affreschi di l'altare maggiore,
Annunciazione del da Lecce.
Proseguendo lungo via Giulia e lasciando ai numeri 147-146 un
prospetto di palazzo Ricci (v. pag. 367), si incontra a sin. la chiesa dello
Spirito Santo dei Napoletani, dal 1574 dell'omonima confraternita, che la
riedificò su disegno di Domenico Fontana o di Ottaviano Mascherino nel 1619;
fu poi rinnovata radicalmente da Carlo Fontana (1704) e da Nicolò Forti
(1772).
La facciata (restauro 1988-89), a due ordini con portale e rosone
scolpiti, venne rifatta nel 1853 da Antonio Cipolla, che aggiunse anche la
cantoria e l'abside.
L'interno, a navata unica, accoglie: nella la cappella d., 1a Miracolo di
S. Francesco di Paola di Bonaventura Lamberti; nella 2a il monumento funebre
del cardinale G.B. De Luca di Domenica Guidi (1683); nel catino absidale della
cappella maggiore, la SS. Trinità tra angeli e santi di Giuseppe Passeri (1707);
nella 3a cappella sin., il Martirio di S. Gennaro di Luca Giordano (1705); nella
2a, un affresco staccato (Madonna del fulmine) di scuola umbro-laziale (sec.
XV); nella 1a, il Miracolo di S, Tommaso d'Aquino di Domenica Muratori.
R. I MONTI | 93

La strada attraversa qui un'area pesantemente alterata da demolizioni e


sventramenti di epoca fascista: a sin. il Liceo Ginnasio "Virgilio", eretto nel
1936-39 sul precedente Collegio Ghislieri (portale al N. 38), comportò la
distruzione di piazza Padella e della chiesa di S. Nicola degli Incoronati.
La via S. Filippo Neri, che si diparte poco avanti a sin. e cui fa da
fondale il carcere di Regina Coeli (v. pag. 541), doveva, secondo i progetti del
programma urbanistico sospeso nel 1940, raggiungere piazza della Chiesa
Nuova (v. pag. 217) cancellando i vicoli della Moretta e del Malpasso:
nell'isolato di d. resta, diroccata, la chiesa di S. Filippo Neri (bassorilievo del
santo in facciata), restaurata nel 1728 da Filippo Raguzzini.
Si costeggia a sin. l'area del palazzo dei Tribunali, cominciato da
Bramante per Giulio II e mai compiuto (restano parti del basamento bugnato
con i sedili sporgenti - i cosiddetti "sofà di via Giulia" - presso gli angoli delle
vie del Gonfalone e de' Bresciani, e del vicolo del Cefalo), dove sorsero invece
le Carceri Nuove (N. 52), commissionate da Innocenzo X ad Antonio Del
Grande (1652-55) in sostituzione di quelle di Tor di Nona e di Corte Savella, e
la severa facciata, con piccole aperture a inferriate, delle Prigioni (Giuseppe
Valadier, 1827), che ospitano il Museo di Criminologia. Fondata nel 1931,
l'istituzione (ingresso da via del Gonfalone N. 29; nel 1992 in riordinamento)
raccoglie la documentazione storica dei reati, dei mezzi di prevenzione e
repressione, e dei sistemi di pena in uso nei secoli passati; vi sono esposti
anche corpi di reato e lavori eseguiti da detenuti.
Sulla traversa prospetta poco oltre l'*oratorio del Gonfalone, eretto nel
1544-47 sulla chiesa di S. Lucia vecchia, con facciata a due ordini (il primo è
del '500, il secondo, barocco, è di Domenico Castelli); nell'interno (per la
visita suonare al N. IB dei parallelo vicolo della Scimmia), Federico Zuccari,
Livio Agresti, Cesare Nebbia, Raffaellino da Reggio Matteo da Lecce, Marco
Pino e il Bertoja eseguirono nel 1572-75 le *storie della Passione di Cristo, fra
le più interessanti decorazioni manieristiche della città.
Si continua per via Giulia, incontrando sulla sin. la facciata in travertino
di S. Maria dei Suffragio, opera di Carlo Rainaldi del 1662-80.
L'interno è a navata unica coperta da volta a botte e conclusa da un coro
quadrato. la cappella d.: Adorazione dei Magi, Sogno di S. Giuseppe (parete d.)
e Natività (parete sin.) di G.B. Natali (1671). 2a (su architettura del Rainaldi): a
d. Sacrificio di Isacco di Girolamo Troppa, a sin. Sogno di Giacobbe di
Giacinto Calandrucci. 3a, su architettura di G.B. Contini: tele laterali (a d.
Adorazione M Magi, a sin. Natività di Maria) di Giuseppe Chiari. Presbiterio:
Anime del Purgatorio, pala d'altare di Giuseppe Ghezzi (1672); nella volta
dell'abside, Gloria della Vergine di G.B. Beinaschi (c. 1675).
94 | R. I MONTI

Seguono la chiesa di rito armeno di S. Biagio della Pagnotta (dalla


pagnotta distribuita ai fedeli nel giorno del santo), anteriore al sec. X ma
riedificata da Giovanni Antonio Perfetti (1730) e rinnovata nell'interno da
Filippo Navone (1832), e, al N. 66,
il palazzo Sacchetti, la cui ampia facciata, con paramento di mattoni a
vista, presenta un alto portale marmoreo con sovrastante balcone (balaustri in
marmo e bronzo); le finestre al piano terreno sono 'inginocchiate' e al primo
piano rastremate; alla sommità, ricco cornicione su mensole. All'estremità sin.
del prospetto, in angolo con vicolo del Cefalo, fontanella con putto tra delfini
(fine sec. XVI).
L'iscrizione, "Domus Antonii Sangalli Architecti - M. DXLIII" posta a
sin. del balcone ha originato diverse interpretazioni: l'edificio è attribuito sia ad
Antonio da Sangallo il Giovane sia a Nanni di Baccio Bigio e ad Annibale
Lippi, che lo avrebbero costruito (1552) sulle case del Sangallo -a queste si
riferirebbe l'iscrizione - per il cardinale Ricci di Montepulciano.
Nel cortile porticato, a sin., Madonna con Bambino, formella fiorentina
del sec. XV. Il palazzo (per la visita inoltrare richiesta ai marchesi Sacchetti,
che tuttora l'abitano) fu decorato nel salone dell'Udienza (storie di David) da
Francesco Salviati nel 1553-54 e nella Galleria (Sacro famiglia e Adamo ed
Evo) da Pietro da Cortona.
Oltre una casa cinquecentesca (N. 93), che reca in facciata lo stemma di
Paolo III, due opere di Antonio da Sangallo il Giovane caratterizzano il tratto
finale di via Giulia: al N. 85 la casa cosiddetta di Raffaello, realizzata sul sito
della casa che l'urbinate voleva qui erigere (iscrizione sopra le finestre
architravate del primo piano); al N. 79 il palazzo Sangallo poi Medici Clarelli
(1530), il cui portale bugnato è sormontato da una dedica a Cosirno Il de'
Medici. Superati il palazzo forse
appartenuto a Monsignor Sangalletto (N. 82; fine sec. XV), con finestre
centinate, e le tre case a schiera, con affaccio anche su via del Consolato, che
risalgono al primo Rinascimento, si è presso la chiesa di
*S. Giovanni dei Fiorentini. Voluta da Leone X, che commissionò
progetti ad Antonio da Sangallo il Giovane, a Baldassarre Peruzzi, a
Michelangelo, a Raffaello e a Jacopo Sansovino, venne da quest'ultimo iniziata
nel 1519 e continuata dal Sangallo e da Giacomo Della Porta (sue sono le
navate attuali); la cupola, per la quale fu interpellato di nuovo Michelangelo,
venne realizzata nel 160220 da Carlo Maderno assieme alla volta interna a
botte e al transetto che ne determina l'aspetto dal lungotevere.
La facciata, opera di Alessandro Galilei (1734; nel 1992 in restauro), è
in travertino, con otto semicolonne corinzie nell'ordine inferiore (comprendente
R. I MONTI | 95

tre portali e quattro nicchie e superiormente ornato di statue) e quattro in quello


superiore (con finestrone a balcone e due nicchie); sul timpano del portale
centrale, stemma di Clemente XII con ai lati la Virtù e la Fortezza di Filippo
Della Valle; sopra le nicchie dell'ordine inferiore, scene della vita del Battista,
rilievi del Della Valle, di Pietro Bracci e altri.
L'interno, ripartito in tre navate da un poderoso ordine di pilastri in
muratura con addossate lesene corinzie e con cinque cappelle per lato, è una
rara traduzione in architettura del clima austero conseguente al concilio di
Trento, modificata da decorazioni di età barocca.
NAVATA DESTRA. 1a cappella: S. Vincenzo Ferreri, pala attribuita al
Passignano (c. 1599). Nell'andito che conduce alla sagrestia, busti di Antonio
Cepparelli (d.; Gian Lorenzo Bernini, 1622) e di Antonio Coppola (sin.; Pietro
Bernini, 1614); in una nicchia sopra la porta della sagrestia, *S.Giovannino di
Mino del Reame (c. 1500); sulla parete sin., lapide con busto di Clemente XII
del Della Valle (1750). 4a; S. Girolamo penitente, tavola di Santi di Tito
(1599); a d. S. Girolamo scrive la Vulgata del Cigoli (1599), a sin. Costruzione
della chiesa illustrata da Michelangelo del Passignano (1599). All'ultimo
pilastro d., monumento di Francesca Caldarini Pecori Riccardi (m. 1655) di
Antonio Raggi.
TRANSETTO DESTRO. Martirio dei Ss. Cosma e Damiano di
Salvatore Rosa (1669); in due nicchie laterali in alto, busti di Ottaviano
Acciaioli (m. 1659) di Ercole Ferrata, e dell'arcivescovo Ottaviano Corsini (m.
1641) di Alessandro Algardi, Cappella a d. dell'altare maggiore: Madonna col
Bambino, affresco del sec. XV; a d., Transito di Maria di Anastasio
Fontebuoni.
PRESBITERIO, su schema di Pietro da Cortona (1634) condotto da
Francesco Borromini e ultimato da Ciro Ferri (1673-76): al centro del
grandioso altare (Francesco Borromini, 1640), Battesimo di Gesù, gruppo
marmoreo del Raggi (1669); su disegno di Borromini anche i monumenti di
Orazio Falconieri e Ottavia Sacchetti con la Fede (d.; Domenico Guidi) e del
cardinale Lelio Falconieri con la Carità (sin.; Ercole Ferrata); l'illuminazione
naturale proviene da aperture nascoste. Cappella a sin. dell'altare maggiore:
Crocifisso in bronzo di Prospero Bresciano; volta e laterali (Salita al Calvario e
Orazione nell'orto) di Giovanni Lanfranco (1621-24).
TRANSETTO SINISTRO. S. Maria Maddalena attribuita a Baccio
Ciarpi o ad Astolfo Petrazzi; i soprastanti angeli musicanti sono di Giuseppe
Ghezzi (1684-87).
NAVATA SINISTRA. All'ultimo pilastro sin., monumento di Girolamo
Samminiati del Della Valle (1733); a quello opposto, *monumento di
96 | R. I MONTI

Alessandro Gregorio Capponi, disegnato da Ferdinando Fuga e adorno di


sculture di Michelangelo Slodtz (1746). 5a cappella: S. Francesco d'Assisi di
Santi di Tito (1585); gli affreschi (storie del santo) sono di Nicolò Circignani
(1583-85), 4a: Transito di S. Antonio abate di Agostino Ciampelli (firma;
1612); gli affreschi (storie di S. Lorenzo) sono di Antonio Tempesta. 3a
(battistero): Predicazione di S. Giovanni Battista di G. R. Naldini. 1a: S,
Sebastiano e te pie donne di G.B. Vanni (1626). Sopra la porta maggiore,
ricchissimo organo in legno dorato (1673).
Nella chiesa vennero sepolti il Maderno e Borromini: una lastra tombale
nella navata mediana, sotto la cupola, ricorda il primo, mentre una lapide
murata nel 3a pilastro sin. commemora il secondo.
Davanti alla chiesa si apre la piazza dell'Oro, dalla quale si segue verso
NE la via Paola, uno dei cinque tracciati che convergevano su ponte S. Angelo
(v. pag. 663), aperta dal futuro Paolo III nel 1533, e si attraversa corso Vittorio
Emanuele II (v. pag. 196) dove in età romana si scavalcava l'"Euripus", canale
che scaricava nel Tevere le acque dello "stagnum Agrippae" (v. pag. 201).
Al di là di corso Vittorio si lascia via Paola piegando a d. nell'
'abbandonata' via che prende nome dall'arco dei Banchi (un tempo detto cortile
dei Chigi; nel piedritto di d. è la più antica iscrizione sulle piene del Tevere).
Intersecata la via del Banco di S. Spirito (v. pag. 362), per i popolari vicoli del
Curato, che costeggia un fianco di palazzo Alberini (v, pag. 362), e di S.
CCISO
Si Sbocca in via di Panico (dal nome della pianta da seme), che fu
sistemata nel 1544-46 da Paolo III. La curva della strada risale l'altura,
probabilmente artificiale (forse corrispondente all'anfiteatro di Statilio Tauro),
di Monte Giordano costeggiando la mole 'bastionata' di
palazzo Taverna già Gabrielli, eretto nel sec. XV sui resti della fortezza
di Giordano Orsini (da qui il nome del monte) e parzialmente dissestato.
Dall'androne al N. 36 si passa nel *CORTILE, dove si trovano una
fontana a quadruplice bacino entro un'esedra di lauri (Felice Antonio Casoni,
1615- 18) modificata nel sec. XVIII. Alle spalle del portico di d. sono
costruzioni ottocentesche in stile e la merlata TORRE AUGUSTA (1880); sul
lato sin. del cortile, attraverso un portale, si accede a un cortiletto con scala
esterna, tre arcate su colonne e capitelli del sec. XV, e loggia superiore murata.
Alle pareti delle sale del piano nobile, grandi tele di Sebastiano Ricci.
Per via di Monte Giordano, dove sopravvivono botteghe di artigiani (ai
numeri 7-9 è il palazzetto ritenuto di Teodoro Amayden, con facciata concava
del sec. XVI), vicolo delle Vacche (dal tipico tono popolare romano) e via della
Pace, che segue a sin. il prospetto con altana di palazzo Gambirasi costruito su
R. I MONTI | 97

disegno di Giovanni Antonio de Rossi nel 1659 su edilizia precedente, si


raggiunge *piazza di S. Maria della Pace.
Il compiuto ambiente barocco (Pietro da Cortona, 1656-57), definito da
un'unica facciata continua a esedra in cui si aprono due strade asimmetriche,
prende nome dalla chiesa di
S. Maria della Pace, già S. Andrea de Aquarizariis, riedificata a partire
dal 1482 forse da Baccio Pontelli; nel 1656 Pietro da Cortona la restaurò per
volere di Alessandro VII e aggiunse la convessa *facciata barocca, preceduta
da un PRONAO semicircolare (pianta, 1) a colonne doriche binate. L'insieme
stabilisce un indissolubile intreccio tra esterni e interni.
L'interno è costituito da una breve navata a due campate con volte a
crociera, che conserva intatta la struttura quattrocentesca, e da una tribuna a
cupola.
NAVATA. 1a cappella d. (2; Chigi), opera di Raffaello: Cristo
trasportato dagli angeli, altorilievo in bronzo di Cosimo Fancelli; ai lati, S.
Caterina e S. Bernardino, sculture marmoree del Fancelli e di Ercole Ferrata.
Sopra l'arco della cappella, *Sibille (da sin., Cumana, Persica Frigia e
Tiburtina), dipinte nel 1514 su commissione di Agostino Chigi da Raffaello,
che qui rivela l'influenza di Michelangelo dopo lo scoprimento della volta della
Cappella Sistina; nella soprastante lunetta, *profeti (a d. David e Daniel, a sin.
Abacuc e Giona) di Timoteo Viti, su disegno dell'urbinate.
1a sin. (3; Ponzetti): all'esterno, monumenti funebri della famiglia
Ponzetti (1505 e 1509); all'altare, *Madonna con le Ss. Brigida e Caterina e il
cardinale Ferdinando Ponzetti, affresco di Baldassarre Peruzzi (1516; sue le
storie del Vecchio e Nuovo Testamento nel catino absidale). 2a d. (4; Cesi) su
disegno di Antonio da Sangallo il Giovane (1525): sull'arco esterno,
*ornamentazione rinascimentale di Simone Mosca; le statue nelle nicchie (Ss.
Pietro e Paolo) e gli altorilievi ai lati dell'arco (profeti e angeli) sono di
Vincenzo de Rossi, autore anche delle figure dormienti sulle tombe di Angelo
Cesi e della moglie Francesca Carduli Cesi (le sfingi sono ascritte al Mosca,
1550-60); sull'altare, Sacra famiglia e S. Anna di Carlo Cesi; nel lunettone
sopra l'arco esterno, Creazione di Eva e Peccato originale di Rosso Fiorentino
(1524). 2a sin. (5mignanelli): Madonna in gloria e i Ss. Ubaldo e Girolamo di
Marcello Venusti; nella lunetta sopra l'arco esterno, Cacciata dal Paradiso
terrestre e Famiglia di Adamo di Filippo Lauri (1657).
La TRIBUNA ottagona a cupola fu disegnata dal Sangallo e decorata a
stucco su disegno del da Cortona: nel tamburo, partendo da d., Visitazione di
Carlo Maratta (1655), Presentazione al tempio del Peruzzi (1524), Nascita della
Vergine di Raffaele Vanni e Transito della Vergine di Giovanni Maria
98 | R. I MONTI

Morandi. Nella cappella a d. dell'altare maggiore (6; Olgiati), Battesimo di


Gesù di Orazio Gentileschi (1603). Il coro e l'altare maggiore (7) sono di Carlo
Maderno (1611), le statue del timpano di Stefano Maderno (1616); sull'altare,
venerata immagine della Madonna della Pace (sec. XV), che, colpita da un
sasso, avrebbe, secondo la tradizione, versato sangue e per la quale venne
costruita la chiesa; la Natività e l'Annunciazione sono del l'assignano. la
decorazione della volta e del catino absidale di Francesco Albani (1612-14); le
sante nel sottarco di Lavinia Fontana (1611-14). Nella cappella a sin. dell'altare
maggiore (8), Crocifisso ligneo quattrocentesco, su altare marmoreo di
Innocenzo VIII della scuola di Andrea Bregno (c. 1490). Nella cappella sin.
(9), Adorazione dei pastori del Sermoneta (1565).
Per una porta sul lato sin. della tribuna (lunetta marmorea con l'Eterno,
di scuola del Bregno) oppure suonando al N. 5 dell'Arco della Pace si accede al
*chiostro (10; visita: ore 10-12 e 16-18, domenica e festivi 10- 12, lunedì
chiuso), prima opera di Bramante a Roma (1500-04): di mirabili proporzioni e
inalterato in ogni sua parte, è circondato da un portico ad arcate su pilastri
(monumento funebre del vescovo Giovanni Andrea Boccaccio attribuito a
Luigi Capponi), cui sono addossate lesene ioniche su alti plinti e reggenti una
trabeazione continua con lunga iscrizione nel fregio; il loggiato superiore ha
pilastri con lesene a fascio alternati a colonne di ritmo doppio, e cornicione
terminale a mensole.
Da piazza di S. Maria della Pace si segue, a d. della chiesa, il vicolo
della Pace, costeggiando il fianco della chiesa di S. Maria dell'Anima, sorta
dalla cappella dell'ospizio per pellegrini tedeschi, olandesi e fiamminghi ma
ricostruita nel 1500-23 forse da Giuliano da Sangallo e completamente
restaurata nel 1843. L'alta facciata rinascimentale, che prospetta su via di S.
Maria dell'Anima, è su tre ordini, ciascuno ripartito da lesene, a coronamento
orizzontale; i tre portali classicheggianti, con colonne scanalate, capitelli
compositi e trabeazione con timpano, già attribuiti a Baldassarre Peruzzi, sono
ora ascritti ad Andrea Sansovino (suo il gruppo della Madonna tra due anime
purganti nel timpano del portale mediano). Sul fianco d., bel campanile, riferito
senza fondamento a Bramante (1502), con bifore rinascimentali e coronato da
cornicioni con ringhiera, pinnacoli goticizzanti e cuspide conica rivestita di
squame maiolicate di vari colori.
L'interno (vi si accede al N. 20 di piazza di S. Maria della Pace)
riprende, nelle tre navate divise con curiose asimmetrie da pilastri e nelle
cappelle laterali che si alzano fino alla volta, il modello delle "Hallenkirchen"
tedesche. Nella volta della navata mediana, santi di Ludovico Seitz (1875-82;
sua la vetrata a colori sopra l'ingresso). A d. del portale, tomba del cardinale
Andrea d'Asburgo (1600) di Gillis de la Rivière; a sin. monumento del
R. I MONTI | 99

cardinale Guglielmo Enckenvoirt (m. 1534) attribuito a Giovanni Mangone ma


forse di Michelangelo Senese.
NAVATA DESTRA. 1a cappella: S. Bennone riceve da un pescatore le
chiavi della cattedrale di Meissen di Carlo Saraceni (1618). 2a: Sacra famiglia
di Giacinto Gimignani; a sin., tomba del cardinale Johann Walter Sluse (1687)
con busto di Ercole Ferrata. Al 3a pilastro, monumento di Adriano Vryburch
(m. 1628) con putti di Francois Duquesnoy. 3a cappella (restauro 1991):
Crocifissione di G.B. Montano (1584) e storie della Vergine del Sermoneta. 4a:
Pietà, copia con varianti di quella di Michelangelo, iniziata dal Lorenzetto e
terminata da Nanni di Baccio Bigio (1532).
PRESBITERIO. Sacra famiglia e santi di Giulio Romano (1522). A d.,
monumento di Adriano VI, con architettura del Peruzzi; le statue della
Giustizia, della Prudenza, della Fortezza e della Temperanza sono di
Michelangelo Senese, mentre al Tribolo vanno ascritte le altre sculture minori,
tra cui il bassorilievo con ingresso di Adriano VI a Roma. A sin., tomba del
duca Carlo Federico di Clèves (m. 1575) del de la Rivière e di Nicolò Pippi.
In SAGRESTIA, opera di Paolo Marucelli del 1635 e non visitabile (nel
vestibolo di accesso, Investitura del duca di Clèves da parte di Gregorio XIII,
rilievo del de la Rivière), gruppo ligneo di scuola tedesca del '400 raffigurante
S. Anna, la Madonna e il Bambino e, sull'altare, S. Anna di Theodor van Loon;
nella volta, Assunta di Giovanni Francesco Romanelli (1639).
NAVATA SINISTRA. Al 3o pilastro, tomba di Ferdinando van der
Eyden (m. 1630) del Duquesnoy. 4° cappella: Deposizione, affresco di
Francesco Salviati (1540). 3a: in alto, storie di S. Barbara di Michiel Coxie (c.
1531). 2a: Ss. Giovanni Nepomuceno e Giovanni Sarcander, pala del Seitz
(1880). 1a: Martirio di S. Lamberto del Saraceni (1618); in alto, storie del santo
di Jan Miel.
Al termine del vicolo della Pace si volta a sin. e, lasciati a d. la chiesa di
S. Nicola dei Lorenesi già in Agone (venne ricostruita nel 1636 e decorata
all'interno da Corrado Giaquinto) e a sin. largo Febo, si esce in piazza di Tor
Sanguigna, cosiddetta dal- l'omonima famiglia, rivale degli Orsini, che aveva
qui una fortezza (ne resta, incorporata nel fabbricato moderno sul lato opposto
dello slargo, la torre, in parte vergata da ricorsi alternati di tufelli e laterizio).
Oltre il palazzo (numeri 13-12A) che ingloba resti del circo di
Domiziano (v. pag. 364), si apre a sin. la piazza cui dà nome il palazzo di S.
Apollinare, abitazione di cardinali dal sec. XIV e dal 1574 al 1773 Collegio
Germanico Ungarico che fu restaurato da Ferdinando Fuga nel 1745- 48 e
sopraelevato nel 1853. L'ampia e semplice facciata in cotto, a tre piani e
cornicione su mensole, è contigua alla chiesa di S. Apollinare, sorta dopo il 638
100 | R. I MONTI

sul luogo in cui si svolgevano i giochi apollinari e anch'essa ricostruita dal


Fuga (1741-48).
Nell'interno, preceduto da un vestibolo-nartece (sulla parete sin.,
Immagine della Madonna di scuola umbro-romana del sec. XV), la navata
unica, con volta a botte (Gloria di S. Apollinare di Stefano Pozzi), presenta tre
cappelle per lato. 1a cappella d.: S. Luigi Gonzaga di Ludovico Mazzanti. 2a:
Sacra famiglia di Giacomo Zoboli. 3a: statua di S. Francesco Saverio di Pierre
Legros. 3a cappella sin.: statua di S. Ignazio di Loyola di Carlo Marchionni. 1a:
Vergine e S. Giovanni Nepomuceno di Placido Costanzi.
Un'*altana (Martino Longhi il Vecchio, 1585), con arcate fra lesene
binate, sormontata da quattro obelischi e dallo stemma di Roberto Altemps
(sulla cupola lo stambecco saliente la rosa Orsini), corona il palazzo Altemps
(dal 1984 in restauro), costruito dopo il 1471 incorporando case ed edifici
medievali addossati alla cinta fortificata che correva parallela a via dei Soldati;
restaurato da Virginio Vespignani (1837) e da Antonio Munoz (1949), è stato
acquistato nel 1982 dallo Stato e destinato, come sede distaccata del Museo
Nazionale Romano (v. pag. 150), a raccolte rinascimentali di scultura, in
particolare la collezione Ludovisi di arte antica (v. sotto). Lungo il lato d. di via
di S. Apollinare si stende la facciata principale a tre piani, che è marcata agli
spigoli da una bugnatura disegnata da Giacomo Della Porta.
Lo straordinario CORTILE in travertino e stucco, attribuito ad Antonio
da Sangallo il Vecchio e a Baldassarre Peruzzi ma ultimato dal Longhi, è cinto
da un portico e da eleganti logge nei lati brevi, ed è ornato, al pari dello
scalone, di statue antiche.
Nel palazzo è tornato in luce un cospicuo apparato pittorico, con opere
melozzesche e di Polidoro da Caravaggio, Maturino da Firenze, del
Bagnacavallo, di Lattanzio Bonastri, Pasquale Cati, Vitruvio Alberi, Antonio
Viviani, Giovanni Francesco Romanelli (storie di Venere e Giove) e Francesco
Allegrini (scene di battaglia).
Del palazzo fanno parte il TEATRO GOLDONI, la CAPPELLA DI S.
CARLO, quella DEL CROCIFISSO e quella DI S. MARIA DELLA
CLEMENZA E S. ANICETO, ornata di affreschi di Antonio Circignani,
Polidoro Mariottini e Ottavio Leoni.
La *collezione Ludovisi venne formata nel giro di pochissimi anni dal
cardinale Ludovico, nipote di Gregorio XV, per ornare la villa che si era fatto
costruire sull'area degli "horti Sallustiani"; la raccolta, che riunì sia opere
rinvenute in loco durante l'edificazione del complesso sia esemplari acquistati
da altre collezioni (notevoli quelle del cardinale Paolo Emilio Cesi, del palazzo
Cesarini e di villa Altemps in Frascati), fu spostata nel palazzo Boncompagni
R. I MONTI | 101

in seguito all'urbanizzazione tardo-ottocentesea dell'area della villa, e nel 1901,


dopo l'acquisizione da parte dello Stato italiano, fu esposta al pubblico nelle
terme di Diocleziano.
Le sculture, destinate unicamente a ornamento degli ambienti e del
giardino della villa, appaiono assai restaurate (alcuni interventi sono ascritti ad
Alessandro Algardi, altri a Gian Lorenzo Bernini), spesso in modo molto
libero; sebbene svariati esemplari siano andati persi, la raccolta è, con quella
del Museo Borghese, una delle più importanti testimonianze a Roma del gusto
antiquario delle famiglie patrizie e una delle poche non smembrate.
Oltre al trono Ludovisi, tuttora al Museo Nazionale Romano, si
segnalano: il *mosaico di Castel Porziano (sec. II), uno dei maggiori conosciuti
(su due lati cacce e combattimenti tra belve; sugli altri mostri marini, nereidi e
tritoni); un busto di faraone della XII dinastia (sec. XIX a. C.); una *Fanciulla
stante vestita di peplo, originale greco d'arte argivo-sicionia della prima metà
del sec. v a C.; un'erma di discobolo da originale della prima metà del sec. v a.
C.; l'Hermes Ludovisi, da originale della metà c. del sec. v a. C. (il braccio d. è
un restauro dell'Algardi); l'Athena Parthenos, replica da Fidia; l'erma di Teseo
o di Eracle imberbe, da originale della metà del sec. v a. C.; un Giovane seduto
da collegare all'arte di Eufranore (sec. IV a. C.); l'Afrodite di Cnido, replica da
Prassitele; le erme di Dioniso, da originale di fine sec. v a. C., e di Ercole
barbato, da originale del sec. v a. C.; il *Galata che si uccide assieme alla
moglie (copia dal gruppo voluto da Attalo I ed Eumene II per il donario di
Pergamo), notevole per la resa del corpo e per l'espressività del volto; un Satiro
che si versa da bere, da originale di arte prassitelica; una *testo colossale di
dea, originale greco arcaico di inizi sec. v a. C.; I' *Ares Ludovisi,
riconducibile all'arte di Lisippo per l'accenno di pathos nel volto (l'erete è
aggiunta dei copista); il busto di Demetra (sec. IV a. C.); il Fanciullo con l'oca,
replica da Boethos di Calcedonia (sec. II a. C.,); l'*Oreste ed Elettra di
Cossutius Menelaos (firma; sec. I a. C.); un colossale sarcofago con battaglia
fra Romani e Barbari (c. 250).
Attraversata via, Zanordelli, di cui si iniziò l'apertura nel 1906, la visita
prosegue lungo piazza Fiammetta, cosi chiamata dall'amante di Cesare Borgia
la quale abitava nella casa detta di Fiammetta: l'edificio (sec. XV ma molto
restaurato) presenta finestre ad arco e una colonna d'angolo di granito con
capitello ionico in marmo e, sulla perpendicolare via degli Acquasparta, un
portico e una loggetta; sulla piazza affacciano anche il palazzo Olgiati già
Sampieri (N. 11; sec. XVI) e il palazzo Ruiz già Alvarez (N. 11A), attribuito a
Bartolomeo Ammannati.
102 | R. I MONTI

Si prosegue per via della Maschera d'oro, da un affresco quasi scomparso


di Polidoro da Caravaggio e Maturino da Firenze sulla facciata degradata di
palazzo Milesi (N. 7, inizi sec. XVI; la casa adiacente, pure compromessa,
conserva parte della decorazione graffita ascritta a Jacopo Ripanda e, in angolo,
una colonna tortile su base di granito antica); sul lato opposto è il
cinquecentesco palazzo Cesi, oggi sede del Tribunale Supremo Militare, dove
venne istituita nel 1603 l'Accademia dei Lincei.
Si piega a sin. nella via cui dà nome il palazzo Lancellotti, ricostruito
per il cardinale Scipione su progetto di Francesco da Volterra (fine sec. XVI) e
ultimato da Carlo Maderno. La facciata, tra spigoli bugnati, è ornata da un
elegante portale, cori colonne e sovrastante balcone, disegnato dal
Domenichino; l'interno ospita sale con volte affrescate dal Guercino
(Allegorie) e da Agostino Tassi (prospettive e paesaggi).
Sulla piazza antistante è stata trasferita nel 1973 la fontana di Giacomo
Della Porta già nella distrutta piazza Montanara.
Il fianco sin. dell'edificio dà su via dei Coronari, così chiamata dai
venditori di corone sacre e oggi nota per le botteghe d'antiquariato che ne
stanno cambiando l'originario tono popolare, rettifilo della Roma papale che ha
conservato quasi intatto l'aspetto rinascimentale e barocco, oggi meno
apprezzabile a causa della scarsa manutenzione delle costruzioni; gli slarghi
che si aprono lungo il tracciato sono frutto delle demolizioni effettuate nel
1939.
Nel tratto di sin, della via spicca (numeri 26-28) il rinascimentale
palazzetto Diamanti Valentini già Bonaventura, a tre piani ripartiti da esili
lesene. I palazzi Del Drago (numeri 33-44; metà sec. XVI), con finestre binate
e bugne dagli aggetti digradanti verso l'alto, e Fioravanti già Sala (N. 45; sec.
XVI), dal bel portale adorno di lesene e testine sporgenti da bacili,
caratterizzano invece il tratto d. della via fino alla piazza che prende nome dalla
chiesa di
S. Salvatore in Lauro. Nota sin dal 1177 e riedificata una prima volta
nel 1449, nel 1594 ne venne iniziata la ricostruzione su disegno di Ottaviano
Mascherino; i lavori furono completati nel 1727-34 da Ludovico Rusconì Sassi,
mentre la facciata in fredde forme puriste, con protiro a colonne corinzie
sormontato da un bassorilievo (Trasporto della Sacra Casa di Nazareth) di
Rinaldo Rinaldi, fu aggiunta nel 185762 da Camillo Guglielmetti. Notevoli, sul
fianco d., i poderosi contrafforti tesi a reggere la spinta della volta interna, tra ì
quali si conserva l'ampliamento delle finestre in "trompe-l'oeil".
L'interno (se chiuso rivolgersi al portiere del N. 15) è il capolavoro del
Mascherino. che qui riprese motivi palladiani: 34 colonne corinzie di
R. I MONTI | 103

travertino, discoste dal muro, girano appaiate sotto una robusta trabeazione; le
arcate trasversali della volta si impostano sulle coppie di colonne della navata,
che si allarga in un vasto transetto e si prolunga nella tribuna. 1a cappella d.
(1628-30): Addolorata di Giuseppe Ghezzi; sopra, angeli di Camillo Rusconi.
2a : La Vergine appare a S. Carlo Borromeo di Alessandro Turchi. 3a: Natività
di Gesù di Pietro da Cortona.
Altare maggiore, su disegno (li Antonio Asprucci (1792): Gloria di
angeli di Vincenzo Pacetti, circondante la Madonna di Loreto. la cappella sin.:
Liberazione di Pietro di Antiveduto Grammatica (1624).
Nell'attiguo convento (N. 15), ora in locazione a privati, è un
*CHIOSTRO rinascimentale a due ordini di arcate su piccole colonne e
loggiato a pilastrini; nel vicino cortile sono due portali tardo-quattrocenteschi.
Nell'antico refettorio, alla parete di fondo Nozze, di Cono di Francesco
Salviati (1550); a sin., *monumento funebre di Eugenio IV di Isaia da Pisa
(145055); a metà della parete, monumento funebre di Maddalena Orsini
attribuito a Giovanni Dalmata (restauro 1988).
Si riprende via dei Coronari, incontrando ai numeri 156-157 un altra
casa detta di Fiammetta (prima metà sec. XV), ai numeri 148-149 la casa di
Prospero Mochi, costruita nel 1516 da Pietro Rosselli, e a sin., in angolo con
vicolo Domizio, l'Immagine di Ponte, tabernacolo rifatto da Antonio da
Sangallo il Giovane (c. 1523) con resti dell'affresco di Perin del Vaga.
Oltrepassati la casa Lezzani (numeri 122-123; sec. XVI), una delle
presunte dimore di Raffaello, e (numeri 135-143) il palazzo Emo Capodilista
già Vecchiarelli (la bellissima altana, attribuita a Bartolomeo Ammannati, è
ben visibile dal largo che si apre poco avanti), si sbocca in via di Panico (v.
pag. 355), il cui tratto di d. conduce in piazza di Ponte S. Angelo (l'omonimo
manufatto è a Pag. 663), un tempo centro di attività commerciali e teatro di
sentenze capitali.

Le vie del Banco di S. Spirito e dei Banchi Nuovi Piazza Navona

Da piazza di Ponte S. Angelo (v. sopra) si imbocca via del Banco di S.


Spirito (il palazzo che le dà nome è poco sotto), superando subìto a d. (numeri
61-60) la casa Bonadies, del 1480 ma rifatta nel 1940, con resti di portico
medievale formato da rocchi di colonne di granito sorreggenti capitelli ionici e
104 | R. I MONTI

una bellissima cornice ornata di palmette e protomi leonine, che provengono da


edifici romani.
Sulla sin. si trova la chiesa dei Ss. Celso e Giuliano, consacrata nel 432
da Celestino I, ricostruita nel 1733 da Carlo De Dominicis e restaurata nel 1868
da Andrea Busiri Vici; la facciata a due ordini è ornata in basso da colonne e in
alto da lesene.
L'interno, a pianta ellittica trasversale con tre cappelle per lato, presenta
un presbiterio rettangolare con cupolino (la campana è del 1268); della
decorazione settecentesca, restaurata nel sec. XIX, spicca nella cappella
maggiore il Cristo in gloria e i Ss. Celso, Giuliano, Marconilla e Basilissa,
capolavoro giovanile di Pompeo Batoni (1738); il Crocifisso ligneo nella 3a
cappella d. è di scuola lucchese del sec. XV.
Oltre l'arco dei Banchi (v. pag. 354) si costeggia a sin. (N. 12)
l'ottocentesca facciata di *palazzo Alberini poi Cicciaporci, sorto nel 1515-19
(ma il piano terra, bramantesco, risalirebbe al 1512) forse su progetto di Giulio
Romano (il prospetto originario dà sul perpendicolare vicolo del Curato) e
ultimato nel 1521 da Pietro di Giacomo Rosselli, con piano terreno a bugnato,
fascione marcapiano e due piani con finestre entro riquadrature, e forte
cornicione su mensole. Lo fronteggia (N. 42)
il *palazzo Gaddi poi Niccolini e Amici, ingrandito secondo Giorgio
Vasari da Jacopo Sansovino (c. 1518-27; l'altana è aggiunta del 1841), il cui
*cortile ad arcate è ornato di nicchie con statue e, in alto, da una ricca
decorazione a stucchi.
Poco avanti la via forma uno slargo, sul quale affaccia (N. 31) il palazzo
del Banco di S. Spirito già della Zecca, forse adattato da Bramante e
ricostruito da Antonio da Sangallo il Giovane nel 1521-24. Il prospetto,
leggermente concavo per compensare la pianta trapezoidale dell'isolato (oggi
decontestualizzato in seguito all'apertura di corso Vittorio), è costituito da un
arco trionfale su basamento bugnato: un ordine di quattro lesene corinzie
comprende finestre su due piani ai lati e una loggia ad arco nel mezzo, ora
murata; sul fastigio, stemma e statue barocche della Carità e del Risparmio.
Si piega a sin. del palazzo per via dei Banchi Nuovi, l'antica "via
Papalis" (v. pag. 348) e così chiamata dal "banco" tenuto da Agostino Chigi, e,
superata ai numeri 1-4 una casa cinque-centesca con finestre arcuate al primo
piano e sormontate da timpano al secondo, che fu di Carlo Maderno (il portale
al N. 24 appartiene a una casa del sec. XVII), si giunge in piazza dell'Orologio
già di Monte Giordano, il cui nome deriva dalla torre dell'Orologio sull'angolo
del palazzo dei Filippini (v. pag. 222): al N. 7 è il palazzo Spada ora Bennicelli,
R. I MONTI | 105

progettato da Francesco Borromini per il Banco di S. Spirito e trasformato a


fine sec. XIX su disegno di Gaetano Koch.
Il proseguimento di via dei Banchi Nuovi è via del Governo Vecchio già
di Parione (da un muro - "paries" - forse parte delle recinzioni dello stadio di
Domiziano), anch'essa un tempo percorsa dai cortei papali verso il Laterano e
oggi nota per le botteghe antiquarie.
Nel fitto tessuto edilizio cinque-seicentesco si segnalano il palazzo De
Sangro già Boncompagni Corcos (N. 3; seconda metà sec. XVI), con portale a
colonne sormontato da balcone, la casa di Pietro Cossa e il *palazzetto Turci,
erroneamente detto del Bramante (N. 123; 1500), con basamento a bugne lisce,
tre ordini di finestre centinate tra paraste e lesene. Sul lato opposto (N. 39) è, in
stato di grave abbandono, il palazzo del Governo Vecchio o Nardini, eretto
nel 1473-77 dal cardinale milanese Stefano Nardini, nominato governatore di
Roma da Paolo II, e divenuto dal 1624 sede dei governatori. La facciata
rinascimentale, rimaneggiata, conserva al primo piano le finestre architravate,
col nome del Nardini e la data 1477; il bel portate marmoreo è incorniciato da
bugne a punta di diamante, con fregio a palmette;
nell'interno, sul lato sin. si apre un cortile con portico e loggia a pilastri
ottagonali, mentre opposto all'ingresso è un portico sormontato da due loggiati.
Costeggiando il fianco d. del palazzo lungo la via di Parione si può
osservare la facciata a due ordini - quello inferiore, tripartito da lesene e con
portale a timpano, è raccordato da volute ornate da teste leonine all'ordine
superiore, ove si apre una finestra quadra - della chiesa di S. Tommaso in Po
rione, consacrata da Innocenzo Il nel 1139 e ricostruita nel 1582 su disegno di
Francesco da Volterra. Al N. 7 è la cosiddetta casa o palazzetto di Sisto V
(sec. XVI), oggi sede del Pio Sodalizio dei Piceni cui va inoltrata la richiesta
scritta per la visita, costruito per le nozze di Flavia Peretti, nipote del papa, con
Virginio Orsini: ha un piccolo cortile, con portichetto e doppio loggiato al
piano superiore e terrazza pensile con affreschi di Paul Brill; nell'interno, la
loggetta fu affrescata (storie di Ercole e nudi) dal Cavalier d'Arpino e Federico
Zuccari, mentre le sale conservano dipinti di Antoniazzo Romano, Federico
Barocci e Francesco Podesti.
Superata al N. 104 una casa quattrocentesca - rifatta nel sec. XVIII –
Con ricca facciata adorna di medaglioni, si esce nella piazza cui dà nome il
famoso Pasquino, una delle 'statue parlanti' (v. pag. 189), posto contro la
spezzata angolare di palazzo Braschi (v. pag. 207): è quanto rimane di un
gruppo marmoreo (Menelao che sostiene il corpo di Patroclo), copia di età
romana da originale del primo ellenismo (sec. ~III a. C.), rinvenuto in via di
Parione e qui collocato nel 1501 dal cardinale Oliviero Carafa.
106 | R. I MONTI

Sulla piazza affaccia la chiesa della Natività di Gesù, fondata nel 1692
e più volte trasformata; l'attuale prospetto, che racchiude un portale del sec.
XV, è opera di Andrea Busiri Vici (1862).
Per la via di Pasquino, che si diparte a sin. della statua, si giunge in
*piazza Navona, straordinario complesso urbanistico della Roma barocca e
uno dei più spettacolari e caratteristici della città.
La forma e le dimensioni derivano dallo stadio di Domiziano, costruito
prima dell'86 con una capienza di c. 30000 spettatori e orientato esattamente in
direzione nord-sud per una lunghezza di m 275 e una larghezza di m 106
(alcuni resti sono inglobati nel palazzo ai numeri 13-12A di piazza di Tor
Sanguigna). Prima dello stadio esisteva qui un recinto in legno, eretto per i ludi
ginnici sotto Cesare e Augusto, e la destinazione pubblica era stata confermata
da Nerone, che vi aveva fatto costruire un anfiteatro per i ludi quinquennali.
Sullo stadio sorsero, a partire dal sec. VIII, alcuni oratori, alla metà del
sec. XIII case e torri; nel Rinascimento si edificarono chiese e palazzi sulla
piazza, dove dal 1477 fu trasferito il mercato del Campidoglio e che fu
ammattonata sotto Innocenzo VIII. Il nome della piazza originerebbe, per
corruzione, dai giochi agonali (in agone, nagone, navone, navona) che vi si
tenevano, ma probabilmente influirono la forma allungata e l'usanza,
sviluppatasi dal sec. XVII al XIX, di allagarne il fondo concavo per le sfilate
degli equipaggi dei prelati e dei principi in agosto, o su carrozze addobbate per
il carnevale.
Tre fontane, alimentate dall'Acqua Vergine (v. pag. 302), la ornano
lungo la linea mediana: la prima è la fontana del Moro, dalla statua dell'Etiope
che lotta con un delfino scolpita da Giovanni Antonio Mari (1654) su bozzetto
di Gian Lorenzo Bernini.
La statua fu voluta da Olimpia Maidalchini per arricchire la vasca
polilobata eseguita da Giacomo Della Porta per Gregorio XIII nel 1575-76. 1
tritoni e gli altri ornamenti sono copie di Luigi Amici (1874) poste in
sostituzione degli originali trasferiti al giardino del Lago di villa Borghese (v.
pag. 693); le quattro maschere, anch'esse copie degli originali ora nel
summenzionato giardino, che si alternano ai tritoni provenivano dalla fontana
che il Della Porta aveva eretto nel 1573 in piazza del Popolo e che fu rimossa
da Giuseppe Valadier nel 1823. La piscina scavata attorno alla vasca è opera di
Bernini su disegno di Francesco Borromini.
Sul lato S della piazza, al N. 114, è il palazzo Lancellotti già Torres
(Pirro Ligorio, 1552), con bel cortile porticato adorno di rilievi e stucchi antichi
e sale affrescate da Agostino Tassi e dal Guercino (Allegorie e storie di
Rinaldo e Armida, 1621-23).
R. I MONTI | 107

Al centro, domina la piazza la *fontana dei Fiumi, eretta nel 1651 da


Gian Lorenzo Bernini, che si conquistò così il favore di Innocenzo X dapprima
a lui ostile, e sormontata da un obelisco, imitazione romana del tempo di
Domiziano, proveniente dal circo di Massenzio.
Nel mezzo del bacino, alimentato da otto veli d'acqua, sorge il
basamento a scogliera tetrapode con un leone e un cavallo all'abbeverata; agli
angoli siedono le personificazioni colossali del Nilo (Giacomo Antonio
Fancelli), del Gange (Claude Poussin), del Danubio (Antonio Raggi) e del Rio
della Plata (Francesco Baratta), ai gesti delle quali la tradizione attribuisce
infondatamente significati di rivalità tra Bernini e Borromini.
La terza, sul lato N della piazza, è la fontana del Nettuno già detta dei
Calderari (il bacino e la vasca polilobati sono di Giacomo Della Porta, 1576),
rimasta disadorna finché, per simmetria con quella del Moro, non furono
collocate nel 1878 le sculture di Antonio Della Bitta (Nettuno lotta con una
piovra) e di Gregorio Zappalà (nereidi, putti e cavalli marini).
Sul lato O della piazza spicca la chiesa di *S. Aguese in Agone, sorta
tra il sec. VIII e il 1123 sul luogo in cui, secondo la tradizione, la santa fu
esposta nuda alla gogna e fu ricoperta dai suoi capelli scioltisi per prodigio.
L'attuale costruzione fu iniziata da Girolamo e Carlo Rainaldi nel 1652 sotto
Innocenzo X e ultimata da Francesco Borromini (1653-57), che la modificò
sensibilmente determinando la facciata concava a ordine unico di pilastri e
colonne, sormontata dall'alta cupola; i campanili gemelli, su disegno di
Borromini, furono realizzati da Antonio Del Grande e Giovanni Maria Baratta.
L'interno, splendente di ori e marmi, conserva dei Rainaldi la pianta a
croce greca, col braccio trasversale più lungo di quello longitudinale, e le
nicchie sulla crociera. La cupola, sorretta da otto colonne di cottanello, fu
affrescata (Gloria del Paradiso) da Ciro Ferri nel 1689, i pennacchi (Virtù
cardinali) dal Baciccia (1665). Ai sette altari, partendo da d.: Morte di S.
Atessio di Giovanni Francesco Rossi; S. Agnese tra le fiamme (statua) e
Martirio di S. Emerenziana (rilievo) di Ercole Ferrata; Sacra famiglia e angeli
(altare maggiore) di Domenico Guidi; Martirio di S. Cecilia di Antonio Raggi;
S. Sebastiano, statua di Pietro Paolo Campi; S. Eustachio tra le belve, di
Merchiorre Caffà ultimato dal Ferrata.
Sopra l'ingresso, monumento di Innocenzo X (sepolto con altri membri
della famiglia Pamphilj in una cripta a sin. dell'altare maggiore) di G.B. Maini
(1730).
Nel sotterraneo (vi si accede da una porta nella parete d. del secondo
altare), resti del circo di Domiziano (v. sopra) e pavimento romano a mosaico;
108 | R. I MONTI

alle pareti affreschi medievali, all'altare Miracolo dei capelli di S. Agnese,


rilievo marmoreo di Alessandro Algardi (1653).
Al fianco sin. della chiesa si appoggia l'ampia e piatta facciata del
palazzo Pamphilj, eretto da Girolamo Rainaldi nel 1644-50 e oggi sede
dell'ambasciata del Brasile, della Casa del Brasile e del Centro di Cultura ltalo-
Brasiliano; gli ambienti del piano nobile furono affrescati da Giacinto
Gimignani e allievi (sale di giuseppe ebreo, di Mosè, della Storia romana),
Agostino Tassi (sala delle Marine), Andrea Camassei (sala di Bacco), Gaspard
Dughet (sala dei Paesi), Giacinto Brandi (sala di Ovidio) e Pietro da Cortona
(nel Salone, storie di Enea, 1651-54).
A quello d. invece il Collegio Innocenziano (ingresso al N. 30 della
retrostante via di S. Maria dell'Anima), su disegno, in parte modificato, di
Borromini (1654); al piano nobile, il salone della biblioteca ha la volta
affrescata da Francesco Cozza. Costeggiando il fianco d. dei collegio si
raggiunge la quattrocentesca torre Millina, dalla fortezza e successivo palazzo
dei Mellini o Millini, coronata da beccatelli con caditoie e merli guelfi e col
nome segnato a grandi caratteri.
Sul lato E della piazza è Nostra Signora del Sacro Cuore, già S.
Giacomo degli Spagnoli, eretta forse da Bernardo Rossellino in sostituzione di
una precedente chiesa per il vescovo Alfonso Paradinas in occasione del
giubileo del 1450; restaurata da Antonio da Sangallo il Giovane, venne di
nuovo officiata, dopo un periodo di abbandono, nel 1879 in seguito al
rifacimento di Luca Carimini. Con l'apertura di corso del Rinascimento (v. pag.
382) la chiesa venne mutilata del transetto, riacquistando però l'orientamento
originario.
La facciata sulla piazza, che si deve ad Alessandro VI, conserva di
antico la parte inferiore (quella superiore risale al rifacimento del Carimini),
tripartita da lesene e con tre portali, di cui quello mediano con contorno
finemente lavorato e ornato nel timpano da angeli opera di Mino del Reame
(firma a d.) e di Paolo Taccone (firma a sin.).
L'interno, con doppio accesso (quello principale è da corso del
Rinascimento N. 27), è del tipo "Hallenkirche": tre navate di uguale altezza,
con volte a crociera, divise da pilastri lobati. 1a cappella d.: volta a stucchi con
affreschi di Baldassarre Croce. Nella 3a campata, *cantoria rinascimentale in
marmi policromi di Pietro Torrigiano. Dietro l'altare maggiore, fondale
marmoreo tripartito alla serliana di Pietro e Domenico Rosselli (inizi sec. XVI).
2a cappella sin. (di S. Giacomo), opera del Sangallo il Giovane, con ampia
arcata di accesso, volta a botte con cassettonato in stucco e pareti ripartite da
lesene marmoree scanalate con ricchi capitelli compositi: la statua di S.
R. I MONTI | 109

Giacomo è copia in gesso dell'originale di Jacopo Sansovino, ora nella chiesa


di S. Maria in Monserrato; gli affreschi laterali sono di Pellegrino da Modena.

Via dei Banchi Vecchi, piazza Farnese e Campo de' Fiori

Da largo Tassoni si diparte, sul lato S di corso Vittorio Emanuele II (v.


pag. 223), via dei Banchi Vecchi, parte della "via Peregrinorum" (v. pag. 348)
e così chiamata dagli uffici che i banchieri vi avevano nel sec. XV; costeggiato
a sin. un fianco del palazzo Sforza Cesarini (v. pag. 222), si incontrano al N.
123 il cinquecentesco palazzo degli Accetti poi Muti, Del Nero, Strozzi e
Guerrieri, con piano terreno bugnato e botteghe, e sul fronte opposto (N. 22) il
palazzo cosiddetto dei Pupazzi (1538-40), casa del milanese Giovan Pietro
Crivelli: la stretta facciata, con quattro finestre per piano (tre prima
dell'estensione sulla d.), è elegantemente decorata da stucchi, attribuiti a Giulio
Mazzoni, in ciascuno dei piani superiori a eccezione del quarto, ripartito da
semplici paraste.
Nell'edilizia quattro-cinquecentesca del tratto successivo spicca al N. 14
l'incompiuto attribuito ad Antonio da Sangallo il Giovane, con vigorosa
bugnatura d'angolo, fascia marcapiano a greca e finestre sormontate da timpano
al primo piano. Forse alla fine del sec. XII risale la vicina chiesa di S. Lucia
del Gonfalone, riedificata nel 1511 e nuovamente nel 1764 da Marco David in
forme tardo-barocche; nell'interno, a navata unica coperta a volta e tre cappelle
per lato, decorato da Francesco Azzurri nel 1859-66 (gli affreschi sono di
Cesare Mariani), all'altare maggiore Madonna del Gonfalone, tavola
cinquecentesca entro ricca cornice dorata, e alla 2a cappella sin. un Crocifisso
ligneo del sec. XVI.
Si sbocca nel largo compreso tra i vicoli del Malpasso e della Moretta (v.
pag. 351), dal quale si diparte a sin. via del Pellegrino, percorso antico
sistemato da Sisto IV nel 1483 e ampliato nel 1497 da Alessandro VI.
Nella quinta continua di edifici spiccano (numeri 66-65) due case del
sec. XVI, con resti assai danneggiati di dipinti forse di Daniele da Volterra, e
poco oltre, in angolo con l'arco di S. Margherita, un tabernacolo in stucco con
Madonna e il Bambino, putti e medaglione di S. Filippo Neri, opera di
Francesco Moderati del 1716.
Dal largo si continua per via di Monserrato, cosi detta dal celebre
santuario spagnolo, che, lasciata a sin. la casa di Pietro Paolo della Zecca (c.
1470) dalle piccole finestre centinate e dalla loggia sommitale, conduce tra
edifici sei-settecenteschi (il palazzo Incoronati de Planca al N. 152 è del '500)
110 | R. I MONTI

in piazza de' Ricci. La chiude a d. la facciata, su cui è ancora visibile l'affresco


di Maturino da Firenze e Polidoro da Caravaggio (c. 1525), di palazzo Ricci
(prima metà sec. XVI), attribuito senza fondamento a Nanni di Baccio Bigio
forse per confusione con l'omonimo palazzo poi Sacchetti (v. pag. 352) e
ampliato nel 1634 con la facciata su via Giulia; recenti restauri hanno rimesso
in luce, in un salone al primo piano, affreschi (Virtù) di fine sec. XVI.
Contigua al palazzo è la chiesa di S. Giovanni in Ayno (restauro 1992),
fondata nel sec. XII ma sconsacrata nel XX e attualmente ridotta ad abitazione,
con facciatina rinascimentale sulla via.
Si continua lungo via di Monserrato incontrando al N. 34 palazzo
Capponi poi Dall'Olio e Antonelli (sec. XVI). Avanti a d. è la chiesa di S.
Maria in Monserrato, iniziata su progetto di Antonio da Sangallo il Giovane
dal 1518, compiuta nel 1673-75 quale chiesa degli Aragonesi e dei Catalani
(ora è chiesa nazionale degli Spagnoli), rimaneggiata da Giuseppe e Pietro
Camporese il Giovane (1820-21), restaurata nel 1926-29 e nel 1990. La
facciata (restauro 1988-89) è a due ordini: l'inferiore (Francesco da Volterra,
1582-84), a lesene corinzie, è assai movimentato, con nicchie nelle campate
laterali e portale settecentesco tra colonne, coronato dal gruppo della Madonna
e il Bambino che sega la, roccia (allusione alla montagna del santuario catalano
di Montserrat); l'ordine superiore, a intonaco, fu sistemato da Salvatore
Rebecchini nel 1929-35.
All'interno (se chiuso, suonare al N. 151 di via Giulia), la navata unica,
con cappelle laterali e vasta abside, è partita da alte lesene di ordine composito
e coperta da volta a botte; la decorazione ottocentesca è opera di Giuseppe
Camporese. 1a cappella d.: *S. Diego d'Alcantara di Annibale Carracci; a d.
tomba di Alfonso XIII, ultimo re di Spagna prima del franchismo, e, sopra,
monumenti di Callisto III e di Alessandro VI, qui deposti nel 1881. di Felipe
Moratilla. 2a: Annunciazione di Francesco Nappi (sue. la Nascita di Maria e
l'Assunzione alle pareti). 3a: Madonna del Pilar e, santi di Francisco Preciado.
Altare maggiore: Crocifissione del Sermoneta. 3a cappella sin.: *S.
Giacomo, statua di Jacopo Sansovino dalla chiesa di Nostra Signora del Sacro
Cuore; alle pareti, monumenti funebri di scuola di Andrea Bregno. 1a: S. Anna,
la Vergine e il Bambino, gruppo marmoreo di Tommaso Boscoli (1544); al
pilastro d., tabernacolo marmoreo attribuito a Luigi Capponi.
Nel portico dell'annesso Collegio Spagnolo, monumenti funebri dei
secoli
XV-XVI; nella sala delle Conferenze, monumento funebre con busto del
cardinale Pietro Montoya di Gian Lorenzo Bernini (c. 1621).
R. I MONTI | 111

Edifici rinascimentali (al N. 105 palazzo Giangiacomo, con portale


inquadrato da colonne doriche e balcone con finestrone tra pilastri bugnati
aventi per capitelli teste di cariatidi) e, ai numeri 94-97, una casa settecentesca
che include i resti della Corte Savella (le prigioni dei Savelli poi sostituite dalle
Carceri Nuove: v. pag. 352) affacciano sul segmento di via di Monserrato che
immette in piazza di S. Caterina della Rota
La chiesa di S. Caterina della Rota, già esistente nel 1186, fu
restaurata a fine sec. XVI e nuovamente nel 1730, epoca alla quale risale la
facciata (nell'interno, pregevole soffitto ligneo di fine '500; al 1° altare d., Fuga
in Egitto di Girolamo Muziano; al 3a sin., Annunciazione di scuola tosco-
romana del sec. XVI).
Il lato NE della piazza è chiuso dal Collegio Inglese, fondato da
Gregorio XII, nel quale è la chiesa di S. Tommaso di Canterbury già SS.
Trinità degli Scozzesi, costruita nel sec. VIII, riedificata nel 1575, nel 1685 dal
cardinale Filippo Tommaso Howard di Norfolk e dal 1866 sii disegno di Pietro
Camporese il Giovane (il portale neoromanico fu realizzato da Luigi Poletti e
Virginio Vespignani); l'interno, a tre navate e matronei, accoglie la tomba del
cardinale Cristoforo Bainbridge (1514) e il monumento funebre di Tommaso
Dereham di Ferdinando Fuga, con sculture di Filippo Della Valle (1739),
mentre sull'altare maggiore è una SS, Trinità di Durante Alberti.
All'inizio dell'ultimo tratto di via di Monserrato, e con un fianco sulla
piazza, si erge la chiesa di
S. Girolamo della Carità, sorta secondo la tradizione sull'area ove nel
382 dimorò il santo e legata al ricordo di S. Filippo Neri, che vi fondò il
proprio istituto abitando nel convento attiguo; l'attuale corpo di fabbrica venne
ricostruito da Domenico Castelli a partire dal 1654, mentre la facciata barocca
a due ordini è opera di Carlo Rainaldi (1660).
L'interno, a navata unica, conserva un ricco soffitto ligneo a cassettoni
(1654-60). la cappella 5. (Spada; 1660), una delle ultime opere di Francesco
Borromini: *decorazione in marmi policromi imitanti tappezzerie;
originalissima balaustrata a drappo sorretto da angeli (Antonio Giorgetti);
sull'altare, Madonna col Bambino, affresco di ambito senese (sec. XV); alle
pareti, tombe di Orazio Spada, (d.; Ercole Ferrata) e di Tommaso Spada (sin.;
Cosimo Fancelli). 2a: Crocifisso ligneo del sec. XV. Transetto d.: monumento
funebre del conte Asdrubale di Montauto, su disegno di Piero da Cortona
(1629). Cappella a d. dell'altare maggiore (Marescotti): Sacra famiglia e santi
di Durante Alberti (suoi gli affreschi della volta e della lunetta, 1605).
Altare maggiore, su disegno del Rainaldi (1660): Comunione di S.
Girolamo, copia di Vincenzo Carnuccini dell'originale del Domenichino oggi in
112 | R. I MONTI

Vaticano. Cappella a sin. dell'altare maggiore (Antamoro), su disegno di


Filippo Juvarra (1708): S. Filippo Neri, scultura di Pierre Legros; scene della
vita del santo, rilievi di Camillo Rusconi. 1a cappella sin.: Consegna delle
chiavi di Girolamo Muziano.
Superato al N. 61 il cinquecentesco palazzo Fioravanti, con portale tra
colonne di travertino e bel cornicione, si sbocca nella vasta e regolare piazza
Farnese, tranquillo ambiente ornato da due *fontane gemelle (nel 1992 in
restauro) la cui composizione è ascritta a Girolamo Rainaldi: l'acqua zampilla
dai gigli farnesiani per ricadere prima in piccoli bacili marmorei sorretti da vasi
con quattro teste, poi in due colossali vasche di granito egizio provenienti dalle
terme di Caracalla e infine nei sottostanti bacini mistilinei.
Vi prospetta da SO il *palazzo Farnese, primo e ultimo (rispettivamente
in termini volumetrici e cronologici) degli edifici del Rinascimento romano e
grandiosa conclusione del percorso architettonico iniziato dal palazzo di
Venezia.
Alla fabbrica diede inizio nel 1517, per il cardinale Alessandro Farnese
(il futuro Paolo III), Antonio da Sangallo il Giovane, anche se i primi studi, sul
preesistente palazzo Ferriz, risalgono al 1514: alla morte del fiorentino venne
continuata da Michelangelo (1546-49) e dal Vignola (1569- 73), e completata
nel 1589 da Giacomo Della Porta. Del Sangallo sono le facciate sulla piazza e
sulle vie laterali, esclusi il cornicione e la balconata centrale che, con parte del
secondo e tutto il terzo ordine del cortile, sono ascrivibili a Michelangelo; del
Vignola la facciata posteriore, terminata dal Della Porta. Il palazzo, passato ai
Borbone di Napoli, è oggi sede dell'ambasciata di Francia in Italia.
Il maestoso prospetto, serrato agli angoli da robusta bugnatura, è diviso
orizzontalmente in tre piani da cornici (marcapiani e soglia del davanzale)
decorate con i gigli farnesiani: sei aperture per lato fanno ala nel pianterreno al
portale con bugne ad arco; al primo piano altrettante aperture, con semicolonne
e timpani alternativamente tondi e triangolari, racchiudono la michelangiolesca
loggia architravata con doppie colonne, sormontata dal grandioso stemma
Farnese; le 13 finestre del secondo piano sono invece a timpano triangolare.
Corona l'edificio lo splendido *cornicione, decorato anch'esso dai gigli e
proporzionato non all'ultimo ordine ma all'intera fabbrica.
La facciata posteriore, che guarda su via Giulia, presenta nella parte
mediana un elegante partito architettonico a tre ordini di triplici arcate, separate
da semicolonne (con finestre nelle arcate chiuse) e da lesene: l'ultimo, più
slanciato, ha arcate aperte a formare una loggia sulla vicina strada.
Si accede all'interno (visitabile con permesso dell'ambasciata) attraverso
il magnifico *ATRIO del Sangallo, diviso da colonne di granito rosso in tre
R. I MONTI | 113

navate (la centrale con volta a botte e le laterali con copertura in piano, tutte
con lacunari ornatissimi), passando poi nel *CORTILE: questo è circondato da
un portico ad arcate su pilastri, cui si addossano semicolonne doriche,
sormontato da due piani (il primo ripartito da un ordine di semicolonne ioniche,
il secondo da lesene corinzie) e con finestre a timpano nelle campate; ai lati del
portico di fondo, sarcofagi provenienti dalla tomba di Cecilia Metella (d.) e
dalle terme di Caracalla (sin.). Oltre il cortile un andito a lesene doriche, con
nicchie ai lati, coperto da volta a botte con cassettoni ornati dai gigli Farnese,
conduce al sottoportico della facciata posteriore, dove, nei nicchioni laterali,
sono composizioni di sculture e di frammenti architettonici romani.
Al piano nobile è la celebre *GALLERIA, lunga 20 m e larga 6: le pareti
sono ritmate da lesene in stucco con capitelli dorati alternate a nicchie con busti
marmorei, da porte e da finestre sopra le quali sono riquadri affrescati dal
Domenichino; la volta a botte e i lunettoni delle pareti minori sono scompartiti
in riquadri, simulanti dipinti entro cornici, che sono applicati alla volta o
appoggiati alla trabeazione in stucco lungo le pareti, oppure incassati nel
bellissimo fregio (erme, telamoni, maschere e balaustre) animato da figure di
ignudi che reggono festoni. La galleria fu affrescata nel 1597-1604 da Annibale
Carracci, con l'aiuto del fratello Agostino e con la collaborazione del
Domenichino e di Giovanni Lanfranco, con il *Trionfo dell'Amore
sull'universo, che segna il momento di passaggio dalla stanca decorazione
manieristica del tardo '500 a quella barocca; le principali raffigurazioni sono:
nel mezzo della volta, Trionfo di Bacco e Arianna con, ai lati, Pan e Selene e
Mercurio e Paride; nelle pareti minori, in alto, Polifemo e Galatea e Polifemo e
Aci; contro il fregio, verso le finestre, Diano ed Endimione, Cefalo e Aurora e
Venere e Anchise; sul lato opposto, Ercole e Onfale, tritone e nereidi e, Giove e
Giunone.
Il grandioso SALONE presenta un ricchissimo soffitto a cassettoni, alle
pareti arazzi riproducenti affreschi raffaelleschi delle Stanze vaticane e, ai lati
del monumentale camino, l'*Abbondanza e la *Pace del Della Porta; l'attigua
SALA DEI FASTI FARNESIANI è decorata ad affresco da Francesco Salviati
e Taddeo Zuccari.
Sul lato NO di piazza Farnese affaccia la chiesa di S. Brigida
(sec.XVIII). a navata unica e con volta a botte affrescata da Biagio Puccini; al
N. 44 è il palazzo del Gallo di Roccagiovine già Pighini, elegante architettura
settecentesca di Alessandro Specchi con scalone monumentale aperto sul
cortile.
Il vicolo de' Venti, che si diparte a sin. di palazzo Farnese e dove sono
(numeri 5-9) tre case rinascimentali, si apre a sin. in piazza della Quercia,
114 | R. I MONTI

ornata dalla chiesa di S. Maria della Quercia (nel 1727 Filippo Raguzzini la
ricostruì con impianto centrale e con facciata convessa a un solo ordine
sormontato da un alto attico) e al N. 1 dall'elegante palazzetto Ossoli,
attribuito a Baldassarre Peruzzi (c. 1525): la facciata è composta al piano
terreno da bugnatura liscia salvo che sulla porta, e nei due piani superiori è
ripartita da lesene (il piano soprastante il cornicione è aggiunta recente).
Il lato SO della contermine piazza Capo di Ferro è delimitato da
*palazzo Spada, costruito attorno al 1548-50 per il cardinale Girolamo
Capodiferro da Giulio Merisi, Girolamo da Carpi e Giulio Mazzoni, passato al
cardinale Bernardino Spada e rinnovato da Francesco Borromini; acquistato
dallo Stato nel 1927, è oggi sede del Consiglio di Stato.
L'elegante facciata è arricchita da decorazioni in stucco del Mazzoni
(1556-60): il piano terreno, molto alto, è a bugne lisce, mentre al primo piano,
tra le finestre, otto nicchie coronate da timpano ospitano, da sin., le statue di
Augusto, Cesare, Marcello, Numa, Romolo, Fabio Massimo, Gneo Pompeo e
Traiano; seguono un ammezzato ornatissimo (figure, festoni di stucco,
medaglioni tra le finestre quadre e, nel mezzo, grande stemma Spada retto da
due Virtù) e un ultimo piano con otto riquadri tra le finestre, con iscrizioni
riferentisi alle corrispondenti statue del primo piano.
Il *CORTILE porticato è ancor più riccamente decorato di stucchi del
Mazzoni: finissimi rilievi (Centauromachia e Caccia alle fiere) nelle fasce sotto
i davanzali del primo e del secondo piano; statue di divinità mitologiche e di
geni nelle nicchie, e stemmi sorretti da efebi al primo piano; chimere, satiri e
figure alate reggenti festoni all'ammezzato.
Ai centro del lato sin. del cortile si apre sulla biblioteca una grande
vetrata, attraverso la quale si vede la *GALLERIA PROSPETTICA di
Borromini: l'effetto di profondità illusiva dello spazio è ottenuto accentuando la
fuga prospettica con il pavimento in salita, le pareti convergenti e la volta in
discesa, mentre in dimensioni e altezza le colonne tuscaniche i
rimpiccioliscono verso il fondo; lo spazio appare così assai più lungo dei 9 m
reali.
Il piano nobile è occupato dal Consiglio di Stato (visita con speciale
permesso del segretariato generale): alle pareti del CORRIDOIO DEI
BASSORILIEVI, otto rilievi di marmo e due in gesso (da sin.: 1, Paride nel
momento che precede il giudizio; 2, Mito di Pasifae che fa fabbricare a Dedalo
la vacca; 3, Morte di Opheltes; 4, Anfione e Zeto; 5, Paride saluta la moglie
Enone; 6, Adone ferito circondato da cani; 7, Ratto del Palladio e il principio
della discordia tra Ulisse e Diomede; 8, Bellerofonte che abbevera Pegaso);
R. I MONTI | 115

nella volta a botte del CORRIDOIO è dipinta una meridiana catottrica, basata
sulla rifrazione della luce;
il CORRIDOIO DEGLI STUCCHI conserva ricchi altorilievi
incornicianti tele e affreschi. Tra le sale, magnifiche per la decorazione e per i
soffitti della scuola del Mazzoni, notevoli gli affreschi del SALONE DELLE
ADUNANZE GENERALI, opera di Angelo Michele Colonna e Agostino
Mitelli (1635); in esso è collocata la *statua di Pompeo, cosiddetta dal luogo di
rinvenimento in via dei Leutari, dove in antico si trovava la casa del
condottiero: datata al principio dell'Impero ma non ancora identificata, venne
donata da Giulio III al cardinale Capodiferro nel 1552-53.
In fondo al cortile di palazzo Spada, per un androne che conduce al
giardino (la cancellata decorata di termini e il balcone su due colonne sono di
Borromini) e per una porticina sulla sin. si sale alla Galleria Spada (visita:
feriali ore 9-14, festivi 9-13, domenica chiusa), piccola ma importante
collezione di opere nata per volere del cardinale Bernardino; essa conserva
tuttora il caratteristico aspetto di raccolta patrizia del sec. XVII, e i quadri, per
la massima parte del '600, sono ordinati in modo da dare risalto al loro valore
decorativo.
SALA I: Nature morte di Onofrio Loth; Battaglie del Borgognone;
Paesaggi di Gaspard Dughet, di Domenico Roberti, di Hendrick Frans van Lint;
Rovine romane di Viviano Codazzi; Ritratti del Domenichino, di Vincenzo
Camuccini, di Guido Reni, del Guercino, di Giovanni Maria Morandi, di
Sebastiano Ceccarini; Incontro di Bacco e Arianna di Giuseppe Chiari; S.
Francesco d'Assisi di Orsola Caccia; Mercurio affida Bacco alle ninfe del
Chiari; Davide di Giovanni Domenico Cerrini; Apollo e Dafne del Chiari;
Carità romana di Niccolò Tornioli; gli imperatori Claudio, Domiziano, Nerone,
Caligola, Tiberio e Vespasiano di Lazzaro Baldi; Latona trasforma in rane i
pastori della Licia del Chiari; S. Giovanni di Dio tra gli appestati e S. Ignazio
di Loyola del Baldi; Schiavo di Ripa Grande del Reni; S. Girolamo del Cerano;
Sacrificio di Mirtillo del Tornioli; S. Antonio abate di Filippo Lauri.
SALA II: due tavoli del 1695 con. piano impiallacciato in diaspro di
Sicilia, sorretti da una struttura lignea con due aquile dorate (su una, testa di
Laocoonte, copia di impronta berniniana della celebre scultura ellenistica); le
pareti lunghe recano in alto due frammenti di un fregio su tela (Perin del Vaga)
destinato a formare la zoccolatura al Giudizio universale nella Cappella Sistina.
Ritratti di Leandro Bassano, di Bartolomeo Passarotti, di Domenico Tintoretto,
di Jan vari Scorel, di Hans Dúrer; Scene di genere del Mastelletta; Davide re
del Passarotti; Astrologo di Prospero Fontana; Botanico del Passarotti; Mosè fa
scaturire le acque dalla rupe e Passaggio del Mar Rosso del Mastelletta; S.
116 | R. I MONTI

Sebastiano di Fiorenzo di Lorenzo; Andata al Calvario ed Eterno benedicente


di Marco Palmezzano; Madonna con Bambino e S. Giovannino di G.B.
Bertucci; Cristo portacroce di Girolamo Marchesi; Teste del Parmigianino;
Cleopatra di Luigi Fontana; S. Cristoforo e S. Luca di Amico Aspertini;
Madonna con Bambino di Bartolomeo Cesi. Davanti alla finestra, tabernacolo
in noce intagliato e dorato, fatto realizzare dal cardinale Bernardino da Andrea
Battaglini (1636-39), con bassorilievo cinquecentesco dell'Annunciazione.
SALA III: ricco soffitto decorato da Michelangelo Ricciolini (1699) con
Allegorie degli Elementi, delle Quattro Stagioni e dei Continenti; sulle mensole
e sugli sgabelli, busti e sculture (notevole, a sin. della porta d'ingresso, un
Ritratto muliebre del sec. n); nel centro, globi blaviani (terrestre e celeste) del
1622 e 1616 ed, entro culla di legno, il Sonno, marmo di scuola di Alessandro
Algardi. Paesaggi di Nicolò dell'Abate, di Jan Brueghel dei Velluti; Ritratti di
Jacob Ferdinand Voet, di Peter Paul Rubens, di Marco Benefial; Allegorie di
Luigi Garzi, di Sebastiano Conca e di Pietro Testa; Astronomi di Niccolò
Tornioli; Primavera di Carlo Cignani; Bacco di Pier Francesco Mola; Vestali di
Ciro Ferri; Saccheggio di un villaggio di Peter Snyers; Veduta di una spiaggia a
lume di luna di Egbert van der Poel; Morte di Cleopatra e Morte di
Marcantonio di Domenico Maria Muratori; Caino e Abete del Tornioli; *Borea
rapisce Orytia di Francesco Solimena; Borea rapisce Orytia di Giovanni
Francesco Romanelli; Sacra famiglia del Tornioli; S. Lucia di Francesco
Furini; *Cristo e le samaritane del Baciccia; Ingresso di un poeta nel Parnaso di
Lazzaro Baldi; *Morte di Didone del Guercino; *Trionfo del Nome di Gesù,
bozzetto del Baciccia per l'affresco della chiesa del Gesù; *Festino di
Marcantonio e Cleopatra di Francesco Trevisani; Autoritratto di Antonio
Carracci; Sacrificio di Ifigenia del Testa. Davanti alla finestra della parete di
fondo, Statua di filosofo seduto, copia romana (sec. I a. C. - I d. C.) da
originale greco forse del sec. IV a. C. (testa non pertinente).
SALA IV: S. Cecilia di Artemisia Gentileschi; Cristo tentato dal
demonio di Mattia Preti; Sosta all'osteria di Pieter vari Laer; All'abbeveratoio
di Michelangelo Cerquozzi; Astronomia di C.B. Magni; Cherubini dello
Spadarino; David di Orazio Gentileschi; Assalto nella foresta del van Laer;
Morte del somaro del Cerquozzi; Amore divino atterra Amore profano di
Francois Duquesnoy; *Rivolta di Masaniello del Cerquozzi; S. Giovanni
evangelista di Nicolas Tournier; Parnaso di Lazzaro Baldi; Mercato di Willem
Reuter; Madonna con Bambino della Gentileschi; Cristo e la donna adultera del
Preti; *Natura morta con candela di Lubin Baugin; Assalto al cascinale del van
Laer; Madonna con Bambino di Bartolomeo Cavarozzi; *Pietà di Orazio
Borgianni; Naufragio del van Laer; Davide con la testa di Golia di Bartolomeo
Manfredi, ma attribuito anche a Nicolas Regnier; Maddalena di Giovanni
R. I MONTI | 117

Gioseffo Dal Sole; Notturno del van Laer; Viandante e pastori del Cerquozzi;
Erodiade con la testa di S. Giovanni Battista e Sacra famiglia con S.
Giovannino di Valentin de Boulogne; S. Girolamo di Hendrick vari Somer.
Sulle mensole, Busto di fanciullo (età giulio claudia) e Deposizione attribuita a
Teodoro Della Porta (1602); davanti alla finestra, Statuette di fanciullo
indossante il pallio filosofale di età romana e, al centro della stanza, urna
cineraria (sec. II).
Si prosegue a sin. del palazzo per via Capo di Ferro, incontrando al N. 7
il palazzetto Spada (nel 1992 in restauro), attribuito a Baldassarre Peruzzi, con
facciata a membrature architettoniche in peperino su paramento di mattoni a
vista: l'alto portale centinato e a bugne, forse opera di ottaviano Mascherino, è
affiancato da arcate con aperture per botteghe; al primo piano sono finestre
architravate fra eleganti lesene ioniche sorreggenti una trabeazione, mentre
all'ultimo piano, sotto un cornicione aggettante, sono semplici aperture. Al
termine della via è la chiesa della
SS. Trinità dei Pellegrini (nel 1992 in restauro), concessa nel 1558 da
Paolo IV all'arciconfraternita dei Pellegrini e Convalescenti e ricostruita nel
1603-16 su disegno di Paolo Maggi; di Francesco De Sanctis (1723) è la
facciata leggermente concava, a due ordini di sei colonne corinzie e composite
(nelle nicchie, evangelisti di Bernardino Ludovisi).
L'interno, a vasta navata e tre cappelle per lato, fu rimaneggiato nel
1853 da Antonio Sarti. 3a cappella d.: storie di S. Giulio di G.B. Ricci.
Crociera d.: S. Matteo e l'angelo di Jacopo Cobaert e Pompeo Ferrucci (1614).
Nei peducci della cupola, evangelisti del Ricci; nel lanternino, Eterno Padre di
Guido Reni (1612). Altare maggiore: SS. Trinità del Reni (c. 1625); ai lati,
candelieri in bronzo di Orazio Censore (1616). Crociera sin.: venerata
Immagine mariana inserita entro un S. Giuseppe e S. Benedetto del Ricci
(1616). 3a cappella sin.: Messa di S. Gregorio di Baldassarre Croce. 2a:
Madonna con Bambino e i Ss. Agostino e Francesco del Cavalier d'Arpino. 11:
Madonna col Bambino e santi del Borgognone (1677).
In sagrestia, Annunciazione del Ricci e Messa di S. Gregorio di Jacopo
Zucchi.
Diritto per via di S. Paolo alla Regola, che costeggia a sin. il fianco
posteriore del palazzo del Monte di Pietà (v. pag. 376) e a d. l'edificio,
totalmente estraneo al contesto, costruito nel 195565 a sutura di uno
sventramento del 1940, si sbocca nella piazza cui dà nome la chiesa di S.
Paolo alla Regola, fondata secondo la tradizione sulla casa ove abitò il santo e
riedificata alla fine del sec. XVII da G.B. Bergonzoni; la facciata,
movimentata dal leggero andamento concavo-convesso, fu disegnata da
118 | R. I MONTI

Giacomo Cioli, al quale si deve la parte inferiore, e ultimata da Giuseppe Sardi


nel 1721.
L'interno è a croce greca sormontata da cupola, con quattro cappelle agli
angoli con cupole minori. 1a cappella d.: alla parete d., Martirio di S. Erasmo
di Biagio Puccini. Altare d.: Stimmate di S. Francesco di Michele Rocca
(1695). Oratorio di S. Paolo: S. Tommaso d'Aquino del Puccini (suo il S.
Bonaventura sopra la porta d'accesso). Cappella maggiore: Conversione,
Predicazione e Martirio di S. Paolo, affreschi di Luigi Garzi. Sagrestia: volta
affrescata da Ignaz Stern (Gloria della Vergine e i Ss. Paolo e Giovanni
Crisostomo). 3a cappella sin.: Madonna delle Grazie, affresco del sec. XV. 2a:
Sacra famiglia con S. Anna di Giacinto Calandrucci. la: S. Antonio da Padova
del Calandrucci.
Al termine della via di S. Paolo alla Regola è il pittoresco complesso
delle case di S. Paolo (sec. XIII), con portichetto , loggia (rocchi di colonne e
capitelli romani, monofore trilobate di peperino e bifora) e una torre con loggia
sommitale; da qui si stacca verso N la via che prende nome dalla chiesa, di
antiche origini, di S. Maria in Monticelli (chiusa per restauri), restaurata da
Pasquale II (1101), trasformata per Clemente XI da Matteo Sassi (1715) e
nuovamente restaurata nel 1860 da Francesco Azzurri.
La movimentata facciata settecentesca, opera del Sassi, è a due ordini di
colonne e lesene, con corpo mediano convesso comprendente un atrio
sormontato da balaustra.
L'interno a tre navate separate da pilastri, presenta tre cappelle per lato.
2a cappella d.: Flagellazione di Antonio Carracci. Cappella maggiore: nel
presbiterio, decorazione ad affresco di Cesare Mariani (1860); nell'abside,
Testa del Redentore frammento di mosaico del sec. XII. 3° cappella sin.:
Predicazione del Baitista di G.B. Puccetti; a d., Madonna con Bambino e santi
attribuita a Sebastiano Conca. 2a: *Crocifisso trecentesco. 1a: Flagellazione di
Jean-Baptiste Van Loo.
La via della Seggiola, che scende a d. costeggiando un fianco del
palazzo del Ministero di Grazia e Giustizia (Pio Piacentini, 1913-32; la
biblioteca specializzata riunisce 250000 volumi e c. 3000 cinquecentine),
conduce nella trafficata via Arenula, il cui nome deriva dalla spiaggia della
Renella lungo il Tevere e la cui apertura data al 1886-88. Il tratto di d. si dirige
verso Trastevere, quello di sin., in direzione di largo di Torre Argentina (v. pag.
197), si apre a sin. nell'irregolare piazza Cairoli, su cui prospetta la chiesa di
S. Carlo ai Catinari così detta dalle botteghe dei fabbricanti di catini ed
eretta per i Barnabiti da Rosato Rosati (1612- 20) in onore di S. Carlo
Borromeo.
R. I MONTI | 119

La facciata in travertino (G.B. Soria, 1636-38), che reca nel fregio della
prima trabeazione il nome del cardinale G.B. Leni promotore della costruzione,
è a due ordini di lesene, con tre portali in basso e un balcone tra due finestre
cieche in alto, e presenta coronamento a timpano: le dà notevole slancio il
corpo mediano, assai aggettante. Su alto tamburo in cotto, scompartito da 12
lesene inquadranti finestroni ad arco, si slancia la cupola del Rosati, ultimata
nel 1620.
L'interno, originariamente a croce greca ma prolungato con l'abside nel
1638-46, fu restaurato da Virginio Vespignani nel 1857-61. Nella
controfacciata, affreschi di Mattia Preti (*Carità di S. Carlo Borromeo) e di
Gregorio Preti (*Missione del santo contro l'eresia) del 1641-42. Nei pennacchi
della cupola, *Virtù cardinali del Domenichino (1627-30).
La cappella d.: Annunciazione di Giovanni Lanfranco (1624). 2a, su
probabile progetto di Carlo Rainaldi: Martirio di S. Biagio di Giacinto Brandi
(1680). 3a (. S. Cecilia), scenograficamente decorata da Antonio Gherardi nel
1692-1700: S. Cecilia e angeli del Gherardi.
Altare maggiore (affidato a Girolamo Rainaldi ma eseguito da Martino
Longhi il Giovane): *S. Carlo Borromeo porta in processione il Sacro Chiodo,
pala di Pietro da Cortona (1650); nel catino absidale, Gloria di S, Carlo del
Lanfranco (1646); nel coro dietro l'abside, S. Carlo Borromeo in preghiera di
Guido Reni, S. Carlo Borromeo di Andrea Commodi (1620) e Miracolo di S.
Biagio di Giovanni Domenico Cerrini (1669), Sagrestia: Crocifisso bronzeo
attribuito ad Alessandro Algardi e Cristo deriso del Cavalier d'Arpino (1598).
3° cappella sin. (architettura di Paolo Marucelli, c. 1635): alla parete d.,
Martiri persiani di Giovanni Francesco Romanelli (1641); nelle lunette,
affreschi (storie dei santi martiri) di Giacinto Gimignani (1641). 2a: *Morte di
S. Anna di Andrea Sacchi (1649).
La chiesa sorge su un notevole complesso archeologico (restauro 1985;
per la visita rivolgersi alla Soprintendenza archeologica di Roma), costituito da
una serie di ambienti in laterizio risalenti alla fine del sec. i; due vani contigui
furono in seguito unificati e trasformati in ninfeo, e le pare ti e le volte rivestite
di pomici e di mosaici a eleganti motivi vegetali: di questi restano, caso assai
raro in Roma, tracce sul soffitto.
Da piazza Cairoli, lasciato al N. 6 uno dei tre ingressi al palazzo
Santacroce ora Pasolini dall'Onda, opera di Carlo Maderno (1598-1602)
completata nel 1630-40 da Francesco Peparelli, si prosegue per via de'
Giubbonari, così detta dalle botteghe dei fabbricanti di giubbe (numerosi
ancora oggi i negozi di abbigliamento) e parte dell'antica "via Peregrinorum"
(v. pag. 348); a metà c. si apre a d. largo dei Librari, dove, serrata tra i
120 | R. I MONTI

palazzi, è la chiesa di S. Barbara dei Librai o alla Regola (restauro 1989-91),


fondata al limite dell'emiciclo del teatro di Pompeo (v. pag. 384) nel sec. XI dal
prefetto Giovanni Crescenzio e dalla moglie Rogata (epigrafe nell'interno) e
ricostruita nel 1680 dallo stampatore Zanoni Masotti (la facciata è di Giuseppe
Passeri).
Nell'interno, affreschi di Luigi Garzi, un Crocifisso ligneo trecentesco e
un trittico (Madonna con Bambino e i Ss. Michele arcangelo e Giovanni
Battista) del 1453.
Una breve deviazione per via dell'Arco del Monte, che si stacca dal lato
SO del largo, conduce alla piazza che prende nome dal palazzo del Monte di
Pietà, istituito nel 1539: la facciata, opera di Ottaviano Mascherino ma
ampliata da Carlo Maderno, presenta come unica decorazione una lapide di
Clemente VIII (1604), con un'edicola (Cristo nel sepolcro) e quattro stemmi
intorno; il fronte posteriore su via di S. Paolo alla Regola fu realizzato da
Nicola Salvi nel 1735-40.
L'interno (per la visita rivolgersi alla segreteria generale del Banco di S.
Spirito, che nel palazzo ha sede) racchiude una *CAPPFLLA del Maderno,
rifatta da Giovanni Antonio de Rossi e decorata con marmi e stucchi da
Francesco Carlo Bizzaccheri: nel vestibolo, busto di S. Carlo Borromeo di
Domenico Guidi (1676), autore anche della Pietà sull'altare; a d. di questo,
Elemosina di Bernardino Cametti (1724), a sin. Carità, gruppo di Giuseppe
Mazzuoli (1723); sopra le porte laterali, rilievi di Pierre Legros (d.; 1704) e di
Jean-Baptiste Théodon (sin.; 1704); nelle nicchie ai lati dell'ingresso, Fede di
Francesco Moderati (1724) e Speranza di Agostino Cornacchini (1724).
Al termine di via de' Giubbonari si esce in Campo de' Fiori, uno dei
centri più importanti di Roma (vi si tenevano corse, palii, ed esecuzioni
capitali) e dal 1869 sede di un animato mercato, che occupa la platea del
tempio di Venere Vincitrice annesso al teatro di Pompeo (v. pag. 384); il suo
nome deriverebbe da Flora, amata da Pompeo, ma probabilmente anche dal
fatto che nel sec. XV la piazza venne abbandonata trasformandosi in prato.
Al centro si erge il monumento a Giordano Bruno (Ettore Ferrari, 1887),
qui bruciato come eretico il 17 febbraio 1600: la figura in bronzo del filosofo
incappucciato, che tiene le mani strette sul libro delle sue teorie, si leva su un
alto basamento ornato di medaglioni di eretici, sotto i quali sono rilievi bronzei
con episodi della vita di Giordano Bruno.
Sulla contermine piazza del Biscione, slargo tra i più caratteristici di
Roma che si apre all'angolo E di Campo de' Fiori e che prende nome
dall'anguilla dello stemma Orsini, affaccia (N. 53) il palazzo Pio Righetti,
R. I MONTI | 121

sorto nel sec. XVII sul precedente palazzo Orsini, con finestre ornate nei
timpani con aquile e leoni e ricco cornicione.

Potrebbero piacerti anche