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A PPUNTI

DI D IRITTO
P RIVATO
M ANUALE

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Capitolo 1 – L’ORDINAMENTO GIURIDICO

1. L’Ordinamento Giuridico
Ogni società ha bisogno di regole per disciplinare i rapporti tra persone e di apparati che le
facciano rispettare.
L’ORDINAMENTO GIURIDICO è il complesso di norme ed istituzioni che regolano lo
svolgimento della vita sociale ed i rapporti tra i singoli.
Perché si realizzi una società (gruppo organizzato) sono necessarie tre condizioni:
1. gli apporti individuali devono essere disciplinati da regole di condotta che indicano il
comportamento da osservare (regole di condotta);
2. le regole devono essere decise da appositi organi a cui questo compito è affidato in
base a regole di struttura (o di competenze o organizzative);
3. le regole di condotta e le regole di struttura devono essere effettivamente rispettate
(principio di effettività) anche se è normale che una collettività nel tempo ne
dimentichi qualcuna o la modifichi.
Il sistema di regole, modelli e schemi con cui si organizza la collettività è l’ordinamento  a
cui si contrappone il disordine in cui la società piomberebbe se non ci fossero regole.
L’ordinamento è in continua evoluzione sotto la spinta del comportamento dei suoi membri.
L’ordinamento di una collettività è il suo diritto.
Tra le diverse collettività è molto importante quella politica, che deve assicurare i
presupposti necessari perché le varie attività promosse dai bisogni dei consociati si
svolgano in modo ordinato e pacifico  si impediscono le aggressioni fra i componenti del
gruppo; si potenzia la difesa della collettività contro pericoli esterni; si promuove lo
sviluppo ed il benessere.
In epoca moderna c’è stata una grande espansione dei compiti pubblici. Oggi è importante
soprattutto l’aspirazione di vasti ceti a partecipare ai processi decisionali.
L’ordinamento giuridico originario è tale quando la sua organizzazione non è soggetta ad un
controllo di validità da parte di un’altra organizzazione  STATI, UNIONE EUROPEA,
CHIESA CATTOLICA. Un individuo può essere soggetto alle regole di più ordinamenti 
cittadino di uno stato straniero in Italia.

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2. La norma giuridica
L’ordinamento è costituito da un insieme di regole; ogni regola è una norma giuridica.
La giuridicità di una norma dipende dal fatto che essa è dotata di autorità (secondo criteri
fissati da ciascun ordinamento) in quanto inserita in un sistema giuridico che essa stessa
contribuisce a formare.
La norma giuridica è diversa dalla norma morale. La norma morale fonda la sua validità sul
suo contenuto ed obbliga solo chi ne riconosce il valore e decide di adeguarvisi (è assoluta
ed autonoma). La norma giuridica è vincolante perché prevista da un atto di autorità ed è
eteronoma perché anche quando disciplina l’azione del singolo è imposta da altri
(l’ordinamento).
I fatti che producono norme giuridiche si chiamano fonti.
La norma nasce dalla volontà di un organo che ha il potere di elaborare regole che
entreranno a far parte dell’ordinamento giuridico e viene inserita in un documento
normativo.
Bisogna distinguere fra:
- testo  disposizione normativa scritta
- precetto  significato del testo, che deriva dall’interpretazione del testo.
Se ci fosse una sola interpretazione le due nozioni sarebbero uguali. Ma di ogni testo si
possono dare più letture e quindi per ogni documento normativo si possono leggere diversi
precetti, tra cui si dovrà scegliere quando si dovrà applicare la norma.
Si deve anche distinguere tra:
- legge  atto normativo che contiene norme giuridiche (contenente)
- norma giuridica  è il contenuto della legge.

3. Diritto positivo e diritto naturale


Le norme che costituiscono l’ordinamento giuridico rappresentano l’ordinamento positivo,
a cui si è spesso voluto contrapporre un diritto naturale (diversamente inteso nelle storia)
che risponda all’esigenza di ancorare il diritto positivo ad un fondamento obbiettivo che
elimini l’arbitrarietà insita nella possibilità di far diventare norma giuridica qualsiasi
contenuto approvato da chi ha il potere.
Il diritto naturale non ha trovato un suo fondamento obbiettivo ma rappresenta comunque
un monito per legislatori ed interpreti perché tengano conto dei bisogni e della cultura della
collettività a cui si rivolgono e scelgano le soluzioni più idonee.

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4. La sanzione
La sanzione è una pena stabilita in caso di trasgressione di una norma giuridica. La
minaccia di sanzione favorisce l’osservanza della norma, ma la misura repressiva non è
l’unico modo per difendere l’ordinamento giuridico: esistono anche misure preventive, di
vigilanza, di dissuasione e di incentivazione.
Ogni società politica però ha sempre un sistema coercitivo per salvaguardare l’ordine
costituito e l’applicazione delle sanzioni.
La sanzione può operare in due modi:
- in modo diretto  realizzando il risultato che la legge prevede;
- in modo indiretto  per far osservare la norma o reagire alla sua inosservanza
l’ordinamento utilizza altri mezzi (es.: risarcimento).
Nel diritto privato la sanzione, di solito, non opera direttamente.

5. Caratteri della norma giuridica. Il principio di uguaglianza


I caratteri essenziali della norma giuridica sono:
- generalità  la legge non viene dettata per singoli individui ma per tutti coloro che
fanno parte della società o per classi generiche di soggetti;
- astrattezza  la legge non viene dettata per specifici casi concreti ma per situazioni
astratte previste ipoteticamente.
Oggi sono ammesse anche leggi che non contengono norme generali ed astratte e quindi
diventa importante il principio di uguaglianza previsto dall’art. 3 della Costituzione: “tutti i
cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge senza distinzione
di sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali”
(aspetto formale). Questo è un vincolo per il legislatore che deve individuare le categorie a
cui è diretta una norma in modo non arbitrario (a situazioni omogenee deve corrispondere
un uguale trattamento). Il rispetto del principio di uguaglianza viene controllato dalla Corte
Costituzionale.
Sempre l’articolo 3 della Costituzione prevede che “la Repubblica debba rimuovere gli
ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza
dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva
partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del
Paese” (aspetto sostanziale). Questo rappresenta un programma per il legislatore.
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Il principio di uguaglianza è diverso dal criterio di imparzialità  che obbliga i pubblici
uffici ad applicare le leggi in modo uguale.

6. L’equità
Può accadere che l’applicazione della norma provochi conseguenze contrarie al sentimento
di giustizia (per esempio, perché alcune situazioni possono non essere state previste dal
legislatore). In casi eccezionali il giudice può ricorrere all’equità, ma solo se questo è
previsto dalla legge (cause di minor valore) o se le parti della controversia attribuiscono
concordemente al giudice il potere di decidere secondo equità. Anche quando il giudice
decide secondo equità, deve ispirarsi alle concezioni dell’ordinamento e non alle sue
concezioni personali.
Le restrizioni nell’uso dell’equità sono dovute al fatto che si è preferito tutelare il principio
della certezza del diritto.
L’equità integrativa si riferisce invece ai casi in cui la legge prevede che sia il giudice ad
integrare o determinare secondo equità gli elementi di una fattispecie (es.: determinazione
dell’entità di un danno) o di un regolamento contrattuale predisposto dalle parti.

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Capitolo 2 – IL DIRITTO PRIVATO

7. Diritto pubblico e diritto privato


Diritto pubblico  disciplina l’organizzazione dello stato e di altri enti pubblici, regola la
loro azione interna e di fronte ai privati, impone ai privati il comportamento da tenere per
rispettare le vita associata ed il reperimento di mezzi finanziari per il perseguimento di
attività pubbliche.
Diritto privato  disciplina le relazioni fra individui (sia singoli che enti privati) lasciando
all’iniziativa delle parti l’attuazione delle singole norme. Gli individui sono posti su un piano
di uguaglianza.
Ma la distinzione fra diritto pubblico e diritto privato è spesso variabile ed incerta: lo Stato
può avocare a sé funzioni un tempo lasciate ai privati o viceversa; soggetti privati sono
concessionari di servizi pubblici; i soggetti pubblici possono utilizzare strumenti del diritto
privato (contratti); un medesimo fatto può essere disciplinato sia dal diritto privato sia dal
diritto pubblico.
La distinzione tra i due tipi di diritto ha una validità ormai solo orientativa.

8. Norme cogenti e norme derogabili


Le norme di diritto privato possono essere:
• inderogabili-cogenti: la loro applicazione è imposta dall’ordinamento a prescindere
dalla volontà dei singoli;
• derogabili-dispositive: la loro applicazione può essere evitata mediante un accordo
degli interessati.
Esiste anche un’altra categoria:
• norme supplettive: vengono applicate quando gli interessati non hanno disciplinato
qualche aspetto, lasciando una lacuna che viene colmata da questo tipo di norme
Le norme di diritto pubblico sono quasi sempre cogenti; le norme di diritto privato sono per
la maggior parte dispositive.
Il carattere cogente di una norma può risultare dalla sua formulazione o dallo spirito e dalla
volontà del legislatore.

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9. Fonti delle norme giuridiche
• Fonti di produzione delle norme giuridiche: atti e fatti che producono o sono idonei a
produrre diritto.
• Fonti di cognizione: documenti o pubblicazioni ufficiali da cui si può prendere
conoscenza del testo di un atto normativo.
Le fonti possono essere:
• materiali: atti/fatti che producono norme generali ed astratte
• formali: atti/fatti idonei a produrre diritto
In qualsiasi atto (materiale o formale) è possibile distinguere:
• l’Autorità che ha il potere di emanarlo
• il procedimento formativo dell’atto
• il documento normativo (testo)
• i precetti ricavabili dal documento
Ogni ordinamento può prevedere più fonti generatrici di norme giuridiche e deve quindi
stabilirne la gerarchia.
La gerarchia delle fonti fornisce una regola sulla produzione giuridica, identificando la
norma applicabile in caso di contrasto fra norme provenienti da fonti diverse.
La Costituzione stabilisce questa gerarchia:
1. principi supremi o fondamentali da cui discendono diritti inviolabili – queste norme
non possono essere modificate
2. disposizioni della Costituzione
3. leggi statali ordinarie
4. regolamenti
5. usi
Le leggi statali ordinarie vengono approvate dal Parlamento con una specifica procedura
(approvazione del testo da parte delle due Camere, promulgazione da parte del Presidente
della Repubblica, pubblicazione sulla G.U.) e non possono modificare la Costituzione o
leggi di rango costituzionale, né contenere disposizioni contrarie alla Costituzione. Il
controllo spetta alla Corte Costituzionale.
La legge ordinaria può modificare/abrogare qualsiasi norma che non ha il valore di legge e
può a sua volta essere modificata/abrogata solo da una norma successiva.

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Alla legge sono equiparati i decreti legislativi delegati (che devono rispettare la legge di
delega) e i decreti legislativi d’urgenza (che devono essere convertiti in legge dal
Parlamento entro 60 giorni).
Ma rispetto alle leggi ordinarie statali ha valore prevalente tutta la normativa
comunitaria.
Le fonti normative comunitarie possono essere:
• regolamenti: norme applicabili dai giudici come se fossero leggi dello Stato. Se un
regolamento contrasta con una legge interna, prevale il regolamento comunitario;
• direttive: si rivolgono agli organi legislativi degli stati membri con lo scopo di
armonizzare le legislazioni interne dei singoli Paesi. Non sono immediatamente
efficaci ma devono essere attuate tramite leggi.
Le leggi regionali (secondo il nuovo testo dell’art. 117 Costituzione) sono regolate secondo
un principio di competenza: per alcune materie lo Stato ha competenza legislativa esclusiva
(es.: giustizia amministrativa); esistono poi materie di legislazione concorrente in cui il
potere legislativo spetta alle Regioni ma lo Stato determina i principi fondamentali; in tutte
le materie in cui il potere legislativo non è espressamente riservato allo Stato, tale potere
spetta alle Regioni.
I regolamenti sono fonti secondarie di diritto che hanno contenuto normativo ma
provengono da autorità amministrative.

10. Il codice civile


Il CODICE è una legge nuova (non una raccolta di leggi precedenti) caratterizzata da:
• organicità (disciplina un intero settore)
• sistematicità (coordinamento logico)
• universalità ed uguaglianza.
Il codice abroga tutto il diritto precedente in materia.
Il CODICE CIVILE regola i soggetti (persone fisiche e giuridiche), i beni (proprietà),
l’attività (principalmente il contratto) e la responsabilità civile.
Il primo grande codice di diritto privato in età moderna è stato quello Napoleonico – 1804.
I codici vengono approvati con leggi ordinarie quindi sottoposti al controllo della Corte
Costituzionale e possono essere modificati/abrogati con leggi successive.

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11. La consuetudine
Si ha consuetudine quando ricorrono:
• la ripetizione generale e costante in un certo ambiente per un tempo adeguatamente
protratto di un certo comportamento osservabile come regola di condotta tra privati;
• l’osservanza di quel comportamento in quanto ritenuto doveroso.
Esistono tre tipi di consuetudine:
• secundum legem: la consuetudine opera in accordo con la legge;
• praeter legem: la consuetudine opera in materie non disciplinate da fonti normative
scritte;
• contra legem: le consuetudini operano in modo contrario alla legge.
La consuetudine è subordinata alla legge e quindi le consuetudini contra legem non
possono essere ammesse.
La consuetudine può produrre effetti giuridici solo se ad essa si fa riferimento espresso in
leggi o regolamenti (si tratta in questo casi di consuetudini secundum legem).
Per le materie non disciplinate da fonti scritte (evento raro) secondo alcuni sarebbero
applicabili le consuetudini praeter legem per colmare le lacune del diritto; altri ritengono
che le lacune debbano essere colmate tramite analogia o ricorso ai principi generali del
diritto (così come previsto dall’art. 12 comma 2 delle disposizioni preliminari cod.civ.) e
solo se non esistono analogie o principi generali applicabili allora è possibile utilizzare la
consuetudine praeter legem.

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Capitolo 3 – EFFICACIA TEMPORALE DELLE LEGGI

12. Entrata in vigore della legge


Per l’entrata in vigore di una legge sono necessari 4 passaggi:
• approvazione da parte delle due Camere
• promulgazione da parte del Presidente della Repubblica
• pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale
• il decorso di un periodo di tempo (vacatio legis) dalla pubblicazione all’entrata in
vigore della legge, normalmente stabilito in 15 giorni a meno che la legge non
preveda diversamente.
Con la pubblicazione, la legge si ritiene conosciuta e diventa obbligatoria: l’ignoranza della
legge non può costituire una scusante.

13. Abrogazione della legge


Una legge può essere abrogata in diversi modi (e l’abrogazione ha valore per l’avvenire):
• abrogazione espressa: la legge posteriore dichiara esplicitamente abrogata la legge
anteriore;
• abrogazione tacita: manca una dichiarazione formale ma le disposizioni posteriori o
sono incompatibili con quelle precedenti (non possono essere applicate
contemporaneamente) oppure costituiscono una regolamentazione dell’intera
materia regolata dalla legge precedente, che viene assorbita e sostituita dalle
disposizioni più recenti;
• deroga: una nuova norma sostituisce una norma precedente solo per casi specifici, e
la norma più vecchia continua ad essere applicata in tutti gli altri casi;
• referendum popolare: richiesto da 500.000 elettori o da 5 Consigli Regionali. La
proposta di abrogazione è approvata se partecipa la maggioranza degli aventi diritto
e se il consenso risulta dalla maggioranza dei voti espressi;
• dichiarazione di incostituzionalità: annulla la disposizione come se non fosse mai
stata emanata.
L’abrogazione di una norma che aveva abrogato una norma precedente non fa rivivere
quest’ultima, a meno che la legge non preveda diversamente: in tal caso la norma si
definisce ripristinatoria.
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14. Irretroattività della legge
L’art. 11 comma 1 delle Preleggi stabilisce che “la legge non dispone che per l’avvenire: non
ha effetto retroattivo”, cioè non può essere applicata a fatti verificatisi prima della sua
entrata in vigore.
Nel nostro ordinamento solo la norma penale non può essere retroattiva: ogni altra norma
può essere retroattiva ma in linea di principio non lo è.
Le leggi interpretative hanno invece efficacia retroattiva: sono leggi emanate per chiarire il
significato di norme antecedenti.
Quando una norma ha efficacia retroattiva, si applica alle controversie che sono ancora in
essere al momento della sua entrata in vigore, ma non alle sentenze già passate in giudicato
(definitive).

15. Successione di leggi


Il passaggio tra le vecchia e la nuova norma viene a volte regolato dal legislatore con
disposizioni transitorie. Se queste disposizioni non sono previste, si possono sostenere due
teorie:
• teoria del diritto quesito: la legge nuova non può colpire i diritti che sono già entrati
a far parte del patrimonio di un soggetto;
• teoria del fatto compiuto: la legge nuova non può essere applicata ai fatti
definitivamente perfezionati con la legge precedente, neanche se da tali fatti
derivano ancora degli effetti. È la teoria maggiormente seguita.
In alcuni casi viene stabilita l’ultrattività di una legge, per cui atti che si sono verificati
quando è in vigore una nuova normativa continuano ad essere regolati dalla legge anteriore.

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Capitolo 4 – L’APPLICAZIONE E
L’INTERPRETAZIONE DELLA LEGGE

16. L’applicazione della legge


L’applicazione della legge è la concreta realizzazione nella vita della società delle regole che
compongono il diritto dello Stato.
L’applicazione delle norme di diritto pubblico viene controllata dallo Stato. L’applicazione
delle norme di diritto privato viene lasciata al buon senso dei singoli.
Quando insorge una lite, se questa è di limitata importanza, non viene solitamente portata al
giudice ma viene risolta stragiudizialmente (al di fuori del giudizio del giudice di Stato) in
diversi modi:
• rinuncia alla lite da parte di uno dei litiganti, perché riconosce il diritto dell’altro o
perché non vuole affrontare i costi del processo;
• transazione: accordo tra le parti che si fanno reciproche concessioni;
• compromesso: la soluzione della controversia viene concordemente affidata ad un
arbitro privato la cui decisione sarà vincolante.
In mancanza di uno dei precedenti accordi, le parti possono rivolgersi ai giudici dello Stato.
Di fronte all’iniziativa di una parte (attore) l’altra parte (convenuto) può assumere diversi
atteggiamenti:
• non costituirsi in giudizio, rinunciando a difendersi. Il giudice ha comunque l’obbligo
di controllare la fondatezza della domanda dell’attore;
• costituirsi in giudizio per opporsi all’accoglimento della domanda dell’attore
portando le proprie ragioni (che vengono definite “eccezioni”). Le eccezioni
possono essere:
• di fatto: contestazione della verità dei fatti riportati dall’attore o affermazione
di fatti impeditivi o estintivi rispetto alla pretesa dell’attore
• di diritto: contestazione della norma invocata dall’attore o delle conseguenze
della norma volute dall’attore.
• costituirsi in giudizio per proporre domande riconvenzionali contro l’attore

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17. L’interpretazione della legge
Ogni disposizione normativa può avere diverse letture e l’interprete deve scegliere la
soluzione più opportuna.
L’interpretazione non può limitarsi all’esame dei dati testuali, per almeno quattro motivi:
1. i vocaboli contenuti nella legge non vengono definiti dalle leggi stesse. Il significato
va ricavato da elementi extra-testuali;
2. le leggi si applicano a classi di rapporti e l’interprete dovrà decidere se un rapporto
concreto rientra o meno nella classe regolata dalla legge;
3. le leggi sono spesso in conflitto tra loro ed il conflitto dovrà essere risolto secondo
criteri di gerarchia, cronologici, di specialità;
4. per un caso concreto solitamente si applicano più norme.
Esistono due forme di interpretazione:
1. interpretazione dichiarativa: l’interprete attribuisce al documento legislativo il senso
più immediato ed intuitivo;
2. interpretazione correttiva: alla disposizione viene attribuito un significato diverso da
quello che il tenore letterale potrebbe suggerire. Può essere estensiva o restrittiva.
L’integrazione della legge consiste nell’individuazione di una nuova norma dopo un
accurato esame del documento normativo, norma che non risulterebbe con una
interpretazione superficiale. L’integrazione è comunque una forma di interpretazione e non
è ad essa contrapposta.
L’interpretazione può essere svolta da tre diversi soggetti:
1. interpretazione giudiziale da parte del giudice dello Stato. È l’unica con carattere
vincolante anche se solo per il giudizio per cui è stata svolta. Può comunque
costituire un precedente per casi simili, fermo restando che i precedenti
giurisprudenziali non hanno efficacia vincolante;
2. interpretazione dottrinale: studi effettuati da parte di cultori delle materie giuridiche
che raccolgono diverso materiale utile all’interpretazione delle disposizioni;
3. interpretazione autentica da parte dello stesso legislatore che emana disposizioni per
chiarire il significato delle disposizioni precedenti. Emana norme che hanno
carattere vincolante ed efficacia retroattiva (non è una vera e propria attività
interpretativa).

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18. Le regole dell’interpretazione
L’art. 12 comma 1 delle disp.prelim. cod.civ. impone di valutare non solo il significato delle
parole ma anche l’intenzione del legislatore.
Si possono valutare le discussioni delle assemblee legislative e i lavori preparatori, si può
indagare lo scopo della legge, ma soprattutto si dovranno considerare alcuni criteri:
a. Criterio logico
argumentum a contrario: si esclude dalla norma quanto non espressamente
compreso
argumentum a simili: si estende la norma per comprendervi fenomeni simili a quelli
considerati
argumentum a fortiori: si estende la norma per comprendervi fenomeni che a
maggior ragione meritano il trattamento previsto dalla norma
argumentum ad absurdum: per escludere interpretazioni che portino ad una norma
assurda
b. Criterio storico
analisi delle motivazioni che hanno portato all’introduzione di un istituto
c. Criterio sistematico
la norma deve essere inserita nel quadro complessivo dell’ordinamento
d. Criterio sociologico
conoscenza degli aspetti economici e sociali
e. Criterio equitativo
L’interpretazione non deve contrastare con il senso di giustizia

19. L’analogia
Il legislatore non può prevedere e disciplinare tutto, quindi spesso il giudice si trova di
fronte a problemi che non sono previsti da nessuna norma (lacune dell’ordinamento).
L’art. 12 comma 2 delle preleggi dice che il giudice, quando non riesce a risolvere un caso
perché non esiste una norma che lo contempla o che possa essere interpretata
estensivamente in modo da ricomprendere il caso in questione, deve applicare per analogia
le disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe. Se il caso rimane ancora dubbio,
il giudice deve applicare i principi generali dell’ordinamento dello Stato.

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Ricorrere all’analogia significa applicare ad un caso non regolato una norma dettata per un
caso diverso ma simile.
Due entità si possono dire simili se hanno in comune l’elemento che giustifica la disciplina
accordata al caso.
Il ricorso all’analogia ha dei limiti, perché non è consentita:
 per le leggi penali
 per le leggi eccezionali, cioè che fanno eccezione a regole generali o ad altre leggi
Questo divieto di analogia non vale per l’interpretazione estensiva con cui la portata
letterale della norma viene adeguata alla effettiva volontà del legislatore. La distinzione fra
questi due casi è molto sottile.

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Capitolo 5 - IL DIRITTO INTERNAZIONALE PRIVATO

20. Il diritto internazionale privato


Il diritto pubblico è caratterizzato dal principio di territorialità, per cui viene applicato a
tutti coloro (cittadini e stranieri) che si trovano nel territorio in cui l’ordinamento ha vigore.
Questo stesso principio non vale per il diritto privato. Bisogna quindi decidere, per quei
rapporti che presentano elementi di estraneità, qual è l’ordinamento competente, dato che
non esiste un diritto privato uniforme per tutti gli Stati.
Ogni Paese elabora delle norme di diritto internazionale privato che stabiliscono quale, tra
le varie leggi nazionali astrattamente applicabili, vada effettivamente applicata.
Bisogna tener presente che:
• Il diritto internazionale privato non deriva da accordi tra soggetti internazionali ma è
interno e ciascun Paese elabora il proprio;
• Il diritto internazionale privato non regola solo rapporti di diritto privato ma anche
altri tipi di rapporti (es.: rapporti di tipo processuale);
• Il diritto internazionale privato non è costituito da norme materiali (che disciplinano
direttamente il rapporto) ma da regole strumentali che individuano l’ordinamento da
applicare al rapporto di volta in volta considerato.
Può quindi accadere che un giudice italiano debba decidere una controversia applicando un
ordinamento giuridico straniero.

21. Qualificazione del rapporto e momenti di collegamento


Per stabilire l’ordinamento da applicare ad una fattispecie che presenta elementi di
estraneità sono necessarie due fasi:
1. bisogna procedere alla qualificazione del rapporto, evidenziandone la natura
(rapporto di tipo coniugale, di successione, di obbligazione contrattuale, ecc.). La
qualificazione deve essere determinata secondo la legge del luogo in cui si procede
alla disciplina del rapporto (in Italia Legge 218/95 – Riforma del Sistema Italiano di
Diritto Internazionale Privato)
2. la norma di diritto internazionale privato deve precisare quale elemento del rapporto
bisogna considerare come momento di collegamento, cioè come momento decisivo
per individuare l’ordinamento competente (esempio: per il matrimonio il momento di

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collegamento è il luogo di celebrazione del matrimonio; per rapporti tra genitori è
figli è la legge nazionale del figlio).
Nel caso in cui si configuri un rinvio ad un diritto straniero, può accadere che questo a sua
volta rinvii ad un altro ordinamento. L’art. 13 comma 1 della Legge 218 stabilisce che “si
tiene conto del rinvio operato dal diritto internazionale privato straniero alla legge di un
altro stato:
 se il diritto di tale stato accetta il rinvio
 se si tratta di rinvio alla legge italiana”.
Se una controversia è già stata posta davanti ad un giudice straniero, il giudice italiano deve
sospendere il giudizio se il provvedimento straniero che sarà emanato è idoneo a produrre
effetti nell’ordinamento italiano.

22. Il limite dell’ordine pubblico. La conoscenza della legge straniera.


La Legge 218/95 ha come oggetto la Riforma del Sistema Italiano di Diritto Internazionale
Privato.
L’articolo 16 di tale legge dice che la legge straniera non può essere applicata se i suoi
effetti sono contrari all’ordine pubblico. L’ordine pubblico considerato non è quello interno
ma quello internazionale, che comprende i principi fondamentali cui l’ordinamento
giuridico italiano è ispirato (esempio: non è consentita l’applicazione di una norma
straniera che ammetta la schiavitù o la poligamia).
Quando la legge richiamata produce tali effetti contrari all’ordine pubblico, si deve
comunque tentare di applicarla mediante altre criteri di collegamento. Solo se manca questa
possibilità si applica la legge italiana.
La Legge 218/95 stabilisce poi che spetta al giudice accertare il contenuto della legge
straniera applicabile (conoscenza della legge straniera).

23. I vari momenti di collegamento


Le principali disposizioni previste dalla Legge 218/95 sono le seguenti:
Rapporto considerato Legge ritenuta applicabile
Capacità giuridica delle Legge nazionale della persona. In caso di più cittadinanze
persone fisiche  legge dello Stato con cui la persona ha il legame più
stretto. Se c’è, prevale la cittadinanza italiana.
Capacità di agire delle Legge nazionale della persona.
persone fisiche
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Enti Legge dello Stato in cui l’ente è stato costituito. Se la
sede amministrativa è in Italia, si applica la legge italiana.
Matrimonio Capacità matrimoniale  legge nazionale di ciascun
nubendo
Forma del matrimonio  legge del luogo di
celebrazione
Rapporti personali tra coniugi  legge nazionale se i
coniugi hanno uguale cittadinanza; se hanno cittadinanza
diversa si applica la legge dello Stato in cui la vita
matrimoniale è prevalentemente localizzata
Rapporti patrimoniali tra coniugi  legge applicabile
ai rapporti personali
Separazioni  legge applicabile ai rapporti personali
Nullità, annullamento  legge italiana se uno dei
coniugi è italiano o se il matrimonio è stato celebrato in
Italia.
Stato di figlio Legge nazionale del figlio al momento della nascita
Rapporti personali e Legge nazionale del figlio
patrimoniali genitori-figli
Adozione Legge nazionale dell’adottato
Successione mortis causa Legge nazionale del soggetto della cui eredità si tratta al
momento della morte
Beni immobili/immateriali Legge dello Stato in cui i beni si trovano/utilizzano
Obbligazioni contrattuali La Convenzione di Roma 19.06.1980 valorizza la scelta
della legge applicabile operata dalle parti
Responsabilità per fatto Legge dello Stato in cui si è verificato l’evento.
illecito

24. La condizione dello straniero


Cittadini Comunitari
Si applica l’articolo 8 del Trattato Istitutivo della Comunità Europea. Ai cittadini comunitari
va riconosciuto il godimento degli stessi diritti civili riconosciuti ai cittadini nazionali. A
loro vengono riconosciuti anche alcuni limitati diritti politici (voto nelle elezioni comunali).

Cittadini ExtraComunitari
Si applica il “Testo Unico della Disposizione concernenti la disciplina dell’immigrazione e
norme sulla condizioni dello straniero”.
I cittadini extracomunitari hanno diritto d’asilo quando nel loro Paese non possono
esercitare le libertà democratiche previste dalla Costituzione Italiana.
L’estradizione per reati politici è inammissibile.

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Allo straniero sono sempre riconosciuti i diritti fondamentali della persona umana previsti
dal diritto interno, dalle Convenzioni Internazionali e dal diritto internazionale.
Ai cittadini extracomunitari sono garantiti i diritti in materia civile attribuiti al cittadino
italiano a meno che non sia diversamente stabilito.
Se è prevista la condizione di reciprocità (concessione di un diritto al cittadino straniero a
patto che al cittadino italiano nel paese straniero venga riconosciuto quello stesso diritto se
ricorrono le medesime condizioni) questa deve essere accertata.
A tutti i lavoratori stranieri è garantita parità di trattamento e uguaglianza di diritti rispetto
ai lavoratori italiani.

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Capitolo 6 - IL RAPPORTO GIURIDICO

25. Il rapporto giuridico


Il rapporto giuridico è la relazione tra due soggetti regolata dal diritto oggettivo.
Soggetto attivo  colui al quale l’ordinamento giuridico attribuisce il potere (diritto
soggettivo) (p.e. creditore che ha il diritto di pretendere il pagamento).
Soggetto passivo  colui al carico del quale sta il dovere (p.e. debitore che ha il dovere di
pagare).
Le “parti” sono le persone tra le quali intercorre il rapporto giuridico.
Il “terzo” è chi non è parte del rapporto giuridico. La regola generale è che il rapporto
giuridico, in linea di principio e salvo eccezioni, non produce effetti né danno a favore del
terzo.
Il rapporto giuridico è la figura più importante della situazione giuridica: fattispecie a cui la
norma giuridica riconosce determinate conseguenze.

26. Situazioni soggettive. Diritto soggettivo – potestà – facoltà – aspettativa –


status
Al soggetto attivo del rapporto giuridico spetta il diritto soggettivo. La norma stabilisce un
precetto (diritto oggettivo).
Esempio: se qualcuno mi arreca danni (il diritto oggettivo pone il divieto di arrecare danno
ad altri), l’ordinamento mi dà la possibilità di chiedere il risarcimento (diritto soggettivo).
In alcuni casi il potere viene attribuito per realizzare un interesse altrui (es.: poteri concessi
ai genitori nell’interesse dei figli). In questi casi il potere è anche un dovere e si definisce
potestà.
Le facoltà (diritti facoltativi) sono manifestazioni del diritto soggettivo e non sono
autonome (es.: dal diritto soggettivo di proprietà deriva la facoltà di escludere altri dal
godimento della cosa). Si estinguono solo se si estingue il diritto di cui fanno parte.
L’acquisto di un diritto può derivare dal verificarsi di alcune situazioni. Se alcune si sono
verificate ed altre no si ha l’aspettativa. Es.: una eredità viene lasciata a qualcuno a
condizione che prenda la laurea. L’aspettativa è un interesse preliminare del soggetto che
viene tutelato in via provvisoria.

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Lo status è una qualità giuridica collegata alla posizione di un individuo nella società e da
cui possono derivare diritti e doveri. Può essere di diritto pubblico (cittadino che ha il
diritto di voto) o do diritto privato (figlio-coniuge).

27. L’esercizio del diritto soggettivo


Il titolare del diritto è colui al quale l’ordinamento giuridico attribuisce il diritto soggettivo.
L’esercizio del diritto è l’esplicazione dei poteri previsti dal diritto soggettivo.
L’esercizio del diritto soggettivo è distinto dalla sua realizzazione. Es.: il creditore richiede
al debitore la prestazione che gli è dovuta, ma il suo interesse è soddisfatto solo quando il
debitore adempie.
La realizzazione dell’interesse può essere spontanea o coattiva. In questo ultimo caso
occorre fare ricorso ai mezzi che l’ordinamento prevede per la tutela del diritto soggettivo
(es.: il debitore non paga ed il creditore fa espropriare i suoi beni).
Alcune disposizioni legislative vietano l’abuso del diritto soggettivo, ma solo nei casi
espressamente previsti.

28. Categorie di diritti soggettivi


1. DIRITTI ASSOLUTI: garantiscono al titolare un potere che può far valere verso
tutti. Di questa categoria fanno parte i diritti reali, cioè i diritti su una cosa, che si
attuano senza bisogno della cooperazione altrui (es.: passeggio nella mia proprietà e
ne colgo i frutti, non è necessario l’intervento dei terzi); ne fanno parte anche i diritti
della personalità (diritto al nome, all’immagine).
2. DIRITTI RELATIVI: garantiscono un potere che può essere fatto valere solo nei
confronti di una o più persone determinate. Di questa categoria fanno parte i diritti
di credito (o personali) per la cui realizzazione è invece necessaria la cooperazione
di un’altra persona: il debitore.
3. DIRITTI POTESTATIVI: consistono nel potere di operare un cambiamento della
situazione giuridica di un altro soggetto, che si trova in uno stato di soggezione e non
può fare nulla. Questi diritti si esercitano con una dichiarazione da parte del titolare
del potere (es.: richiesta di divisione di un bene indiviso da parte di uno dei
comproprietari).
Ad ogni diritto (reale o di credito) corrisponde un dovere.

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Diritto reale  dovere negativo: astensione da un comportamento, non devo
limitare il godimento del bene da parte del proprietario
Diritto di credito  dovere/obbligo di eseguire una prestazione o tenere un
comportamento
Diritti potestativi  soggezione

29. Gli interessi legittimi


Interesse  bene, vantaggio, utilità che costituisce l’obiettivo dell’agire di un soggetto. Può
essere pubblico o privato, a seconda del portatore.
Un interesse è semplice o di fatto quando non ha protezione giuridica.
L’interesse legittimo è una figura tipica del diritto amministrativo e comporta il potere di
sollecitare un controllo giudiziario sul comportamento tenuto dalla P.A.
Es.: il candidato ad un concorso ha interesse legittimo al regolare svolgimento della gara; se
ravvisa la violazione delle norme per la disciplina dell’attività amministrativa di chi ha
bandito il concorso, può chiedere l’annullamento.
Lo strumento tipico di tutela dell’interesse legittimo è l’impugnazione dell’atto
amministrativo illegittimo, per ottenere l’annullamento, da proporsi al TAR (Tribunale
Amministrativo Regionale).
Se l’impugnazione verrà accolta, l’atto amministrativo illegittimo verrà annullato.
La Sentenza della Corte di Cassazione n. 500 22/07/1999 ha affermato la possibilità di
ottenere un risarcimento del danno subito a causa di un atto illegittimo della P.A.

31. Situazioni soggettive passive. Dovere – obbligo – soggezione – onere


Le situazioni soggettive sono quelle viste in precedenza collegate ai diversi tipi di diritto
(dovere – obbligo – soggezione).
L’onere invece ricorre quando un soggetto è titolare di un potere ma l’esercizio di tale
potere è condizionato ad un adempimento.
Es.: se un compratore vuole avvalersi della garanzia per i vizi della cosa vendutagli, ha
l’onere di denunciare i vizi della cosa entro 8 giorni dal momento in cui li ha scoperti.

32. Vicende del rapporto giuridico


Il rapporto giuridico si costituisce/nasce quando il soggetto attiva acquista il diritto
soggettivo.
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L’acquisto è il collegamento fra il diritto ed una persona che ne diventa il titolare.
Ci sono due tipi di acquisto:
1. acquisto a titolo originario: il diritto soggettivo che sorge a favore di una persona non
è stato trasmesso da nessuno;
2. acquisto a titolo derivativo: il diritto si trasmette da una persona ad un’altra.
Il titolo di acquisto è l’atto/fatto giuridico che giustifica l’acquisto.
Nell’acquisto a titolo derivativo il dante causa (autore) perde il diritto a favore dell’avente
causa (successore). Questo fenomeno è definito “successione”.
La successione non si verifica per gli acquisti a titolo originario.
L’acquisto a titolo derivativo può essere di due specie:
 trasmissione dello stesso diritto che aveva il precedente titolare (acquisto
derivativo traslativo)
 trasmissione di un diritto differente che scaturisce dal diritto del precedente
titolare (acquisto derivativo costitutivo).
Al nuovo soggetto spetta lo stesso diritto che aveva il precedente titolare o un diritto da
esso derivante; ne consegue che:
a) il nuovo titolare non può vantare un diritto di portata più ampio rispetto a quello che
spettava al precedente titolare;
b) l’acquisto del diritto del nuovo titolare dipende, di regola, dall’effettiva esistenza del
diritto del precedente titolare.
Dal punto di vista di chi trasferisce il diritto si parla di alienazione.
La successione può essere:
1. a titolo universale: una persona subentra in tutti i rapporti di un’altra persona
(posizione attiva + passiva). Prevista per fusione di società o per morte di una
persona;
2. a titolo particolare: una persona subentra solo in un determinato diritto o
rapporto.
Si ha estinzione quando il titolare perde il diritto e questo non viene trasmesso ad altri.
Alcuni diritti soggettivi sono indisponibili, cioè non possono essere trasmessi (es.: potestà –
diritti familiari).

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Capitolo 59

434 – L’impresa
L’articolo 41 della Costituzione dice che l’iniziativa economica privata è libera, nel senso
che le attività economiche non possono essere avocate dai poteri pubblici, sancendo così
l’appartenenza de nostro sistema alle “economie di mercato”.
L’art. 2082 c.c. definisce l’imprenditore: imprenditore è chi esercita professionalmente
un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni e servizi.
Perché un imprenditore sia considerato tale occorrono quindi 4 condizioni:
• un’attività produttiva di beni o servizi;
• l’attività non deve essere svolta occasionalmente ma in modo professionale, cioè
abituale;
• l’attività deve essere svolta tramite una organizzazione che compete allo stesso
imprenditore ( decisione su dove, come, cosa, quando produrre)
• l’attività esercitata deve essere economica, cioè deve perseguire uno scopo di lucro.
Non possono diventare imprenditori coloro che esercitano professioni intellettuali.

435 – Il piccolo imprenditore


A seconda delle sue dimensioni, un’impresa può essere considerata piccola – media –
grande. Il codice civile dà rilievo solo al piccolo imprenditore che è esonerato:
1. dalla soggezione, in caso di insolvenza, alle procedure concorsuali ( fallimento, ecc.)
2. dall’onere della tenuta dei libri obbligatori e delle scritture contabili
3. dall’obbligo della registrazione nel registro delle imprese (ma la nuova Legge 580/1993 ha
disposto che i piccoli imprenditori siano iscritti in “sezioni speciali del registro).
Secondo l’art. 2083 c.c. i piccoli imprenditori sono i coltivatori diretti del fondo, gli artigiani,
i piccoli commercianti e coloro che esercitano un’attività professionale organizzata
prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia. Il lavoro proprio e
della famiglia deve prevalere sia sul lavoro salariato sia sul capitale impiegato (es.  NON è
piccolo imprenditore chi non usa prestatori d’opera ma richiede rilevanti investimenti
finanziari).
La figura dell’artigiano è stata regolata da diverse leggi speciali successive che ne delineano
oggi una figura molto diversa da quella prevista dal codice civile.
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436 – Impresa agricola e impresa commerciale
A seconda del tipo di attività esercitata le imprese si dividono in due categorie:
1. IMPRESA AGRICOLA – art. 2135 c.c.: la sua attività è diretta alla coltivazione del fondo,
alla selvicoltura, all’allevamento di animali. Sono comprese anche le attività connesse 
trasformazione e commercializzazione dei prodotti ottenuti prevalentemente dalla
conduzione del fondo o dall’allevamento degli animali; fornitura di beni o servizi mediante
l’utilizzo prevalente di attrezzature e risorse normalmente impiegate nell’attività agricola
esercitata.
2. IMPRESA COMMERCIALE – art. 2195 c.c.: comprende:
- attività industriali dirette alla produzione di beni/servizi
- attività intermediarie nella circolazione dei beni
- attività di trasporto per terra-acqua-aria
- attività bancaria o assicurativa
- altre attività ausiliarie delle precedenti ( spedizioniere, agente di cambio, ecc.)
L’imprenditore agricolo non è soggetto alla tenuta dei libri contabili e al fallimento, ma
recenti norme stabiliscono l’iscrizione nel registro delle imprese.

437 – Vicende dell’azienda


Secondo l’art. 2555 c.c. l’azienda è il complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per
l’esercizio dell’impresa.
Quando l’azienda viene ceduta o affittata, all’acquirente/affittuario si trasferiscono
automaticamente tutti i rapporti compresi nel complesso aziendale, sia attivi che passivi.
Se non è diversamente stabilito, il contratto con cui si trasferisce un’azienda comporta
automaticamente:
• la successione dell’acquirente nei crediti relativi all’azienda ceduta
• l’accollo a carico dell’acquirente dei debiti relativi all’azienda ceduta anteriori al
trasferimento, purchè il debito risulti dai libri contabili obbligatori
• la successione nei contratti stipulati per l’esercizio dell’azienda, purchè non
abbiano carattere personale

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• la successione nei rapporti di lavoro subordinato è regolata da apposite norme e
prevede che il rapporto di lavoro continui con il cessionario ed il lavoratore
conservi tutti i diritti che ne derivano
• chi cede l’azienda ha un obbligo di non concorrenza per 5 anni.
Per le imprese soggette a registrazione, i contratti di cessione/affitto devono essere provati
per iscritto ed essere depositati per l’iscrizione nel registro delle imprese entro 30 giorni.

438 – I segni distintivi dell’azienda


Le imprese sono in concorrenza tra loro e il consumatore deve essere posto in grado di
riconoscere un’impresa dall’altra. A questo servono i segni distintivi, di cui ogni
imprenditore ha il diritto d’uso esclusivo. Esistono tre seguenti tipici:
1 – MARCHIO: segno sul prodotto o sulla confezione. Ad esso si applica la legge sui marchi.
Il diritto di uso esclusivo si acquista con la registrazione del marchio. Il titolare del diritto
può vietare ai terzi l’utilizzo di segni simili al marchio registrato o di usarlo per prodotti o
servizi affini, se da questo può derivare confusione per il consumatore. Se però un
imprenditore ha già fatto uso di un segno come marchio ma non lo ha registrato, può
continuare ad usarlo nei limiti in cui lo ha già utilizzato in precedenza, e quindi anche se
altri registreranno lo stesso marchio.
Il segno utilizzato come marchio deve essere idoneo a distinguere prodotti e servizi; non
possono essere registrati come marchi segni contrari alla legge, all’ordine pubblico o al
buon costume, né segni di uso comune nel linguaggio corrente, né segni idonei ad
ingannare il pubblico. Il segno deve essere caratterizzato dalla sua novità.
Il diritto al marchio può essere trasferito o concesso in licenza per tutti o parte dei
servizi/prodotti per i quali è stato registrato purchè non ne derivi inganno per il pubblico.
2 – DITTA: contraddistingue l’impresa nel suo complesso individuandola di fronte a
fornitori, creditori, distributori, clienti, ecc. In caso di violazione dell’esclusiva, il codice
civile prevede l’obbligo di differenziazione, integrando o modificando la ditta uguale o
confondibile. La ditta può essere di fantasia o contenere il nome e cognome
dell’imprenditore; per le società deve contenere la ragione sociale. La ditta può essere
trasferita solo con l’azienda, ma se è formata dal cognome dell’imprenditore è necessario il
suo consenso perché l’acquirente la possa utilizzare.

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3 – INSEGNA: contraddistingue i locali in cui si svolge l’attività dell’impresa a contatto con
il pubblico. C’è l’obbligo di non utilizzare per attività identiche o similari insegne uguali o
tali da creare confusione.

439 – Le invenzioni industriali


Con il brevetto lo Stato concede all’inventore protezione ed un diritto di sfruttamento
esclusivo e limitato nel tempo dell’invenzione. La materia è regolata dal c.c. artt. 2584-2491.
Il brevetto dura 20 anni. Il diritto ad essere riconosciuto come autore dell’invenzione
prescinde dal rilascio del brevetto.
La domanda di brevetto deve contenere tutti i dettagli necessari perché una persona esperta
possa attuarla.
Le invenzioni, per poter essere brevettate, devono avere le seguenti caratteristiche:
• industrialità (applicazioni ripetibili)
• novità
• originalità (non facile deducibilità dalle conoscenze già acquisite)
• liceità.
Non sono brevettabili le scoperte scientifiche né metodi chirurgici e diagnostici né il
software (tutelato dal diritto di autore).
La legge riconosce il preuso.
Il brevetto può essere ceduto e su di esso possono essere concesse licenze.
I diritti sulle invenzioni dei dipendenti spettano, di regola, al datore di lavoro.
Alle invenzioni sono equiparati i modelli industriali, che si dividono in:
modelli di utilità: innovazioni che danno una nuova forma che conferisce particolare
efficacia o comodità di applicazione o di impiego. La tutela brevettale dura 10 anni.
modelli/disegni ornamentali: innovazione estetica. Prevede la registrazione del modello o
del disegno e tutela di 5 anni, prorogabile di 5 anni in 5 anni fino a 25. In alcuni casi si
applica il diritto di autore.

440 – Le opere dell’ingegno


La creazione di un’opera letteraria, musicale, figurativa, teatrale, architettonica,
cinematografica fa sorgere due diritti per l’autore:

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• il diritto morale: ha carattere personale ed inalienabile e consente di rivendicare la
paternità dell’opera, di opporsi alle sue deformazioni, di non pubblicarla, e anche di
ritirarla dal commercio.
• Il diritto patrimoniale: diritto esclusivo di trarre dall’opera ogni possibile utilità
economica. Questo diritto può essere trasferito totalmente o parzialmente.
Le opere dell’ingegno suscettibili di protezione sono definite dagli artt. 1 e 2 della Legge
633/1941 sulla protezione del diritto di autore:
• opere letterarie, scientifiche, musicali, delle arti figurative, opere cinematografiche
e fotografiche
• software
• banche dati
• opere del disegno industriale.
Le opere devono essere registrate in un pubblico registro con l’indicazione dell’autore, che
viene considerato come tale fino a prova contraria.
I diritti di utilizzazione economica dell’opera durano fino a 70 anni dopo la morte
dell’autore.

441 – La tutela della libertà di concorrenza


La Costituzione non prevede una particolare tutela della libertà di concorrenza, garantendo
una più generica libertà di iniziativa economica (art. 41).
La libertà di concorrenza è stata introdotta dalla Comunità Europea: sancisce l’eliminazione
tra gli stati membri della libera circolazione di merci, persone, servizi e capitali, e si pone
l’obiettivo di creare una situazione in cui la concorrenza non sia falsata. Con il trattato di
Maastricht viene stabilito il principio di una economia di mercato aperta e in libera
concorrenza.
La normativa antitrust è stata recepita in Italia con la Legge 287/1990 ed istituisce una
apposita Autorità garante della concorrenza e del mercato, che ha i seguenti compiti:
• informare l’organo competente della CE in caso di situazioni che superano l’ambito
nazionale
• euò far valere direttamente le norme comunitarie
• Esercita i poteri affidati dalla legge per la tutela della libertà di concorrenza
Sono vietate:
• Le intese restrittive della concorrenza
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• L’abuso di posizione dominante (per posizione dominante si intende una situazione
in cui l’imprenditore in un dato mercato ha una quota di maggioranza o comunque
molto superiore rispetto ai concorrenti)
Le operazioni di concentrazione (fusioni, acquisizioni, ecc.) vanno comunicate all’Autorità
garante quando superano certe dimensioni.
Il monopolio non è vietato in quanto tale ma non ne devono derivare abusi e a nessuno deve
essere impedita l’iniziativa di concorrenza.

442 – La concorrenza sleale


Il c.c. – art. 2598 pone il divieto di atti di concorrenza sleale  a tutela dei concorrenti che
sono i soli legittimati a reagire a comportamenti sleali di altri imprenditori.
Atti di concorrenza sleale sono:
• Utilizzo di nomi o segni distintivi che producono confusione con nomi e segni
distintivi legittimamente usati da altri;
• Imitazione servile di prodotti di concorrenti;
• Denigrazione dell’impresa o di prodotti altrui;
• Appropriazione di pregi di prodotti o dell’impresa di un concorrente;
• Uso diretto o indiretto di mezzi non conformi ai principi di correttezza
professionale e idonei a danneggiare l’altrui azienda.
La tutela dell’imprenditore pregiudicato dal comportamento sleale di un concorrente è
duplice:
• Richiesta al giudice di inibire la continuazione degli atti di concorrenza e di dare
provvedimenti per l’eliminazione degli effetti. Non è necessario dimostrare dolo o
colpo.
• Richiesta di risarcimento del danno se sussiste colpa o dolo del concorrente, ma la
colpa si presume, lasciando all’autore dell’atto di concorrenza sleale l’onere di
provare l’assenza di colpa.

443 – I consorzi
La collaborazione fra imprese era prevista dall’art. 2602 c.c. solo fra imprese che esercitano
la medesima attività economica o attività economiche connesse. La L. 377/1976 ha
modificato questo articolo consentendo la collaborazione anche ad imprese che operano in
settori diversi, ferma restando la loro autonomia economica e giuridica.
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Il contratto consortile deve essere stipulato per iscritto a pena di nullità; se non
diversamente previsto ha durata di 10 anni.
Questo tipo di accordo limita la concorrenza fra le imprese che vi partecipano e rientra
quindi tra gli accordi vietati dalle norme antimonopolistiche comunitarie (art. 81 Trattato
CEE) quando l’accordo pregiudichi il commercio fra Stati membri.

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Capitolo 62 – L’Impresa Commerciale

456 – La capacità necessaria per l’esercizio dell’impresa


Il rischio connesso all’esercizio dell’impresa commerciale giustifica il principio per cui
l’impresa commerciale non può essere iniziata da parte di incapaci assoluti (minori non
emancipati – interdetti) e degli inabilitati.
Il minore emancipato può essere autorizzato all’esercizio di una impresa commerciale dal
Tribunale su parere del giudice tutelare.

457 – Il registro delle imprese


L’art. 2188 c.c. prevede l’istituzione di un registro delle imprese, rimandando ad un
successivo decreto la data di attuazione dello stesso; nel frattempo alcune registrazioni
sono state fatte presso la Cancelleria del Tribunale.
La Legge 580/1993 ha finalmente istituito l’Ufficio del Registro delle Imprese. Una volta
eseguita l’iscrizione l’atto si ritiene noto a tutti (prima, non può essere opposto a terzi).
L’originario articolo del c.c. escludeva dall’obbligo di iscrizione le imprese agricole, i piccoli
imprenditori e le società semplici ma la Legge 580/1993 ha previsto invece l’iscrizione in
appositi registri anche dei piccoli imprenditori, delle società semplici e delle imprese
agricole.
Gli atti iscritti o depositati sono sottoposti ad un solo controllo di legalità formale.

458 – Figure tipiche di rappresentanti


L’imprenditore si avvale di diversi collaboratori:
INSTITORE  preposto dell’imprenditore all’esercizio dell’intera impresa o di una sua sede
secondaria o di un suo ramo. Ha un potere generale: può compiere tutti gli atti pertinenti
all’esercizio dell’impresa ma NON quelli non pertinenti (es.:  non può modificare l’oggetto
dell’attività o alienare immobili senza autorizzazione). Ha legittimazione processuale  può
stare in giudizio nel nome del preponente. Se agisce in nome proprio è personalmente
obbligato nei confronti del terzo.

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PROCURATORE  può compiere i soli atti per i quali è stato specificamente abilitato.
COMMESSI  viaggiatori o di negozio.

459 – Le scritture contabili


L’imprenditore commerciale ha l’obbligo di tenere scritture in cui registra le sue operazioni
(scritture contabili) e di conservare la corrispondenza.
Questo obbligo non è previsto per il piccolo imprenditore e per l’imprenditore agricolo.
I libri che l’imprenditore commerciale deve tenere sono:
LIBRO GIORNALE  dove indicare giorno per giorno le operazioni di esercizio
dell’impresa;
LIBRO INVENTARI  redatto all’inizio dell’impresa e poi ogni anno, che contiene
l’indicazione delle attività e delle passività. Si chiude con il bilancio dei profitti e delle
perdite
ALTRI LIBRI richiesti dalla natura e dalla dimensione dell’impresa.
Scritture contabili, fatture e corrispondenza devono essere conservate per 10 anni.
Libro giornale e libro inventari devono essere numerati ma non sono più soggetti all’obbligo
di bollatura e vidimazione.
Le scritture contabili fanno sempre prova contro l’imprenditore anche se tenute in modo
irregolare.
Se invece sono regolarmente tenute possono far prova a favore dell’imprenditore.
L’omissione o la irregolarità nella tenuta dei libri è punita con sanzioni penali sono il caso di
fallimento (ipotesi di bancarotta semplice).

460- L’impresa pubblica


Un’impresa può essere pubblica:
• Se un apposito ente ha per oggetto esclusivo o principale un’attività commerciale
(specifica organizzazione destinata alla realizzazione di attività imprenditoriali
considerate di interesse generale)
• Perché gestita da Aziende organi di Enti pubblici territoriali (ATM, ad es.)
• Perché gestita da SpA di cui il Tesoro dello Stato o altri enti pubblici detengono il
controllo o totalitario o maggioritario.

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Lo scopo di un’impresa pubblica non è solo quello di fare profitto ma è soprattutto quello di
assicurare la gestione di un pubblico servizio a prezzi politici o uguali per tutti gli utenti o
per eliminare un monopolio dannoso per la collettività o per garantire la continuazione di
imprese dissestate.
Oggi la tendenza è quella della privatizzazione.

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