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DIRITTO DELLE ISTITUZIONI PUBBLICHE (A-L)

Capitolo 5: Le fonti del diritto


1. Cosa sono le fonti del diritto
Si chiamano fonti del diritto i fatti o gli atti che l’ordinamento giuridico abilita a produrre norme
giuridiche. Per queste fonti sono requisiti fondamentali la generalità (ossia l’essere riferite ad una
pluralità di soggetti) e l’astrattezza (cioè l’abilità di prevedere una regola ripetibile e applicabile nel
tempo a prescindere dal caso concreto).
Fonti di produzione del diritto (norme giuridiche): Sono quei fatti (eventi naturali o
comportamenti umani non volontari) e quegli atti ( // volontari e consapevoli) ai quali l’ordinamento
conferisce la capacità di produrre imperativi che esso riconosce come propri.
Fonti sulla produzione del diritto: Sono quelle norme che disciplinano i modi di produzione del
diritto oggettivo, individuando i soggetti titolari del potere normativo, i procedimenti di formazione e
gli atti prodotti.
-sono fonti di produzione gli atti normativi posti nel rispetto delle fonti sulla produzione
dell’ordinamento italiano-

Fonti fatto: Quando l’ordinamento riconosce direttamente al corpo sociale la capacità di produrre
norme in via ‘autonoma’ e dunque senza che siano seguite procedure particolari né che le norme
stesse siano frutto di una ben individuabile volontà.
Fonti atto:
siano frutto di una ben individuabile volontà. Contano i comportamenti umani assunti come fatti
oggettivi.
Fonti atto: La norma è prodotta da un soggetto istituzionale portatore di una precisa volontà e
secondo le procedure previste dall’ordinamento (quindi seguendo le fonti sulla produzione del
diritto). Conta la volontà del soggetto istituzionale.
Fonti di cognizione: Sono quelle fonti che rappresentano i modi mediante i quali le norme
prodotte sono portate a conoscenza dei destinatari. Con riferimento alle sole fonti l’ordinamento
prevede:
1. Pubblicazione in forma ufficiale;
2. Principio iuria novit curia (ossia che il giudice è costretto ad essere al corrente della norma)
3. Principio ignoranita legis non excusat (ossia che il fatto di non essere a conoscenza della norma
non giustifica il fatto di non averla rispettata)
4. Ricorso in cassazione per violazione di legge contro le sentenze civili e penali
5. L’interpretazione e applicazione del diritto.

2. Quali soggetti concorrono a produrre diritto.


Stato liberale: Lo stato liberale presentava un sistema delle fonti alquanto semplice, ossia come
fonte primaria, quindi di suprema importanza trovavamo la legge del parlamento che esprimeva
il più alto comando normativo e pertanto giuridicamente supremo in quanto rappresentava
l’espressione della volontà generale. Come fonte secondaria invece trovavamo il governo del re,
secondo ed ultimo soggetto al quale era concessa la detenzione del potere sovrano. Il re
comunque governava ed esercitava il suo potere normativo (limitato) in osservanza della legge
emanata dal parlamento.

Stato liberaldemocratico: Rappresenta una vera e propria rivoluzione nel panorama delle fonti.
Prevede una costituzione rigida come atto supremo dell’ordinamento giuridico che non solo ha
assunto il monopolio dei processi di produzione del diritto (in particolare quelli di rango primario)
ma ha anche determinato la moltiplicazione dei soggetti titolari dei poteri normativi. Entra in gioco
qui la distribuzione orizzontale e verticale del potere di produrre norme giuridiche.
La costituzione ha apportato cambiamenti principalmente sotto quattro profili:
1. Introduce un ordine gerarchico ben specifico fra costituzione, leggi costituzionali, leggi ordinarie
e atti equiparati e infine regolamenti dell’esecutivo.
2. Ha individuato processi di produzione del diritto a competenza riservata, attribuendo a soggetti
determinati, in specifici ambienti, il potere normativo. (es: regioni).
3. In relazione all’apertura dell’ordinamento internazionale consentendo l’ingresso nel nostro
ordinamento di norme prodotte da quello internazionale.
4. Pluralismo sociale e disciplina dei rapporti tra stato e chiesa cattolica e stato-confessioni diverse
da quella cattolica.

Grazie all’introduzioni di questi cambiamenti, perciò, diventa indispensabile l’introduzione


del criterio della competenza in concomitanza di quello cronologico e gerarchico.

3. La costituzione come fonte sulle fonti.


La costituzione è la massima fonte sulle fonti, nel senso che essa legittima tutti i processi di
produzione del diritto. Tuttavia, non stabilisce direttamente tutti i processi di produzione del diritto,
ma si limita a determinare quelli più importanti, ossia:
1. Quelli che permettono di produrre norme di rango costituzionale
2. Quelli che permettono di produrre norme di rango primario (es: leggi ordinarie, decreti legislativi
ecc..)

Con riferimento agli atti primari il sistema delle fonti del diritto deve considerarsi un sistema
chiuso.
Nel senso che in primo luogo non sono configurabili atti fonte primari al di là di quelli
espressamente previsti dalla costituzione, nel caso se ne volessero introdurre altri si dovrebbe
ricorrere inevitabilmente ad una revisione costituzionale. In secondo luogo, invece comporta che
ciascun atto normativo non può disporre di una forza maggiore di quella che la costituzione ad
esso attribuisce.

Forza di legge: Viene riconosciuta agli atti di fonte primaria, ad essa fanno riferimento in
particolare gli articoli 77 e 134 della costituzione.
Alla forza o efficacia formale di un atto fonte comprende due profili:
1. Profilo attivo: Capacità di innovare al diritto oggettivo subordinatamente alla costituzione intesa
come fonte suprema.
2. Profilo passivo: Capacità di resistere all’abrogazione o modifica da parte di atti fonte che non
siano dotati della medesima forza.

Per tutti il resto, ossia per gli atti secondari subordinati a quelli primari, il sistema delle fonti del
diritto è un sistema aperto.

4. Unità, coerenza e competenza dell’ordinamento


Si parla dei criteri attraverso i quali l’ordinamento può mantenere le sue caratteristiche.
Unità: significa che tutte le norme possono farsi risalire in ultima istanza al potere costituente,
quindi rifarsi alla costituzione.
Coerenza: significa che l’ordinamento non tollera contraddizioni fra le parti che lo compongono, la
c’è da dire che comunque la continua formazione di nuovo diritto porta inevitabilmente ad
antinomie all’interno dell’ordinamento, ossia di contrasti fra norme.
L’antinomia di presenta quando l’osservanza di una norma porta per forza all’inosservanza di
un’altra.
Completezza: significa assenza di lacune o vuoti normativi, in breve, casi non previsti dal diritto
positivo.
5. Criteri per ordinare le fonti del diritto.
I criteri si traggono direttamente dalla costituzione e dalle disposizioni contenute nelle preleggi del
Codice civile del 1942. È proprio grazie ad essi che si risolvono i contrasti fra leggi e le antinomie.
Sono:
1. Criterio cronologico
2. Criterio gerarchico
3. Criterio della competenza.

1- Criterio cronologico: Regola la successione degli atti normativi nel tempo in caso di contrasto
fra norme stabilite da fonti equiparate. In questo caso prevale e deve essere applicata la norma
più recente in quanto viene lasciato scontato il principio per il quale le decisioni più recenti devono
prevalere su quelle prese in passato anche perché quando viene emanata una nuova legge la
precedente viene contemporaneamente abrogata.
Gli atti normativi iniziano a produrre la loro efficacia ed entrano in vigore una volta completato il
procedimento di formazione per essi prescritto.
Una volta vigenti è importante dire che valgono di norma solo per il futuro, non hanno cioè, di
regola, efficacia retroattiva.
Gli atti normativi cessano di essere efficaci a seguito dell’abrogazione da parte di successivi atti
equiparati. L’effetto abrogativo non elimina la norma precedente, bensì ne circoscrive nel tempo
l’efficacia limitandola ai fatti sorti dalla data in cui sono sorti fino a quella in cui hanno cessato di
valore.
Distinta dall’abrogazione è la deroga, che si ha allorché si prevede un’eccezione alla norma
circoscrivendo il suo ambito di applicazione.

L’abrogazione può essere di tre tipi:


1. Abrogazione espressa: è disposta direttamente dal legislatore.
2. Abrogazione per incompatibilità: è chiamata anche tacita, non è disposta dal legislatore ma
viene accertata dall’interprete che ne rileva il contrasto con altre che deve scegliere tra una o
l’altra.
3. Abrogazione per nuova disciplina dell’intera materia: la nuova disciplina si sostituisce alla
precedente considerata implicitamente abrogata.

2- Criterio gerarchico: si utilizza quando si fa riferimento ad antinomie tra fonti non equiparate,
ossia che hanno una diversa posizione gerarchica. In questi casi prevale la norma gerarchica di
livello superiore o sovraordinata. Nell’applicare la norma di rango superiore non è considerata
abrogata ma nel caso specifico invalida e successivamente deve essere successivamente
annullata dall’ordinamento giuridico. L’invalidità, a differenza dall’abrogazione, determinando
l’eliminazione dell’atto, determina la caducazione di ogni sua efficacia, non solo quella pro-futuro
ma anche quella prodotta nel passato.

3- Criterio della competenza: Il criterio cronologico non può essere utilizzato quando le fonti sono
ordinate dalla costituzione secondo il criterio della competenza riferita o alla dimensione territoriale
o alla materia (particolare oggetto disciplinato).

6. Interpretazione del diritto.


È quell’attività che, partendo dal testo degli atti normativi, mira alla ricostruzione del loro significato.
I criteri che la regolano, non essendo trattati nella costituzione vengono presi dall’art. 12 delle
preleggi del Codice civile del 1942 e quelli elaborati in dottrina o dalla giurisprudenza. Si parla
quindi di:
1. Interpretazione letterale o testuale: Seguendo quindi il senso esatto e letterale delle parole.
2. Interpretazione teleologica: Secondo il fine o l’intenzione del legislatore nel doppio significato di
a) scopo soggettivo e b) scopo oggettivo.
3. Interpretazione logico-sistematica: Secondo la connessione fra le diverse disposizioni all’interno
dell’atto normativo considerato.

Sempre nell’art.12 delle preleggi si fa riferimento all’interpretazione analogica come rimedio per
colmare lacune o vuoti normativi rilevanti, ciò consiste nell’applicare a un caso non previsto una
disciplina prevista per casi simili.
1. Analogia legis: Si utilizzano norme dettate da una disciplina utilizzata in un caso simili.
2. Fare ricorso ai principi dell’ordinamento giuridico dello Stato, Analogia Iuris: sono ricavabili in via
interpretativa dal complesso delle norme vigenti.
Bisogna anche citare l’art.14 delle preleggi che prevede un’importante deroga
all’interpretazione analogica stabilendo il divieto di analogia per le leggi penali e le leggi
speciali.

Per le disposizioni della Costituzione che prevedono diritti fondamentali vale il criterio della
stretta interpretazione.

Interpretazione autentica: Con questa espressione si fa riferimento all’interpretazione effettuata


dal legislatore stesso con riferimento a un precedente testo legislativo di dubbio significato. Le
leggi di interpretazione autentica sono naturalmente leggi retroattive, questo è perché il significato
attribuito dal legislatore interessa leggi già in vigore.

7. La Costituzione e le fonti costituzionali.


La Costituzione è l’atto supremo dell’ordinamento in quanto posta dal potere costituente: di fronte
alla costituzione tutti gli altri atti fonte sono subordinati in quanto prodotti da poteri costituiti dalla
costituzione stessa.
La sua caratteristica essenziale è la rigidità, questo significa che può essere modificata solamente
mediante un procedimento speciale, quello di revisione costituzionale.
L’art 138 Cost. prevede fra le fonti del diritto costituzionale le leggi di revisione costituzionale e le
leggi costituzionali. La differenza fra queste due tipologie risiede nel contenuto stesso.

1. Leggi di revisione costituzionale: hanno come oggetto la modificazione, aggiunta o


soppressione di parti del testo della costituzione.
2. Leggi costituzionali: sono sia quelle espressamente richiamate da singole disposizioni della
Costituzione sia quelle che, tenuto conto dell’importanza della materia, il Parlamento decide di
deliberare nelle forme previste dall’art. 138. Esse affiancano la costituzione pur non facendone
parte.

Il procedimento di formazione delle leggi di rango costituzionale è per certo diverso da quello
seguito da quello per le leggi ordinarie. Si tratta del procedimento aggravato e prevede una
duplice lettura.
Come funziona la duplice lettura?
Prima lettura: si svolge secondo le regole previste per qualunque procedimento legislativo con
l’aggiunta però del divieto di approvazione in commissione.
Seconda lettura: si svolte a distanza di non più di 3 mesi dalla precedente e richiede la
maggioranza qualificata.
A) Se il progetto di legge costituzionale è stato approvato a maggioranza assoluta dei
componenti di ciascuna camera esso viene direttamente pubblicato nella Gazzetta Ufficiale a
scopo notiziale senza essere promulgato dal presidente della Repubblica. Importante è il fatto che
dal giorno della pubblicazione decorrono 3 mesi durante i quali 500 mila elettori oppure 5 consigli
regionali o 1/5 dei componenti di una camera possono inoltrare la richiesta di sottoporre la legge a
referendum costituzionale. La legge costituzionale viene in questo caso successivamente
promulgata soltanto se al termine del referendum è stata approvata dalla maggioranza dei voti
validi.
B) Se il progetto invece è approvato dai 2/3 dei componenti di ciascuna camera non è consentito
richiedere il referendum e la legge viene promulgata e pubblicata.
(Referendum Costituzionale: Svolge una funzione di garanzia per le minoranze.)

Esistono comunque limiti alla revisione costituzionale che dettano i limiti nel confine fra le
modificazioni della Costituzione (legittime) e i mutamenti di quest’ultima considerati illegittimi
dall’ordinamento.
L’unico limite espresso risiede nell’art. 139 Cost. secondo il quale la forma Repubblicana non può
essere oggetto di revisione costituzionale.
Esistono comunque allo stesso tempo lei limiti non espressi, quindi impliciti, che coincidono con i
principi supremi dell’ordinamento costituzionale. Essi sono principi che danno identità
all’ordinamento costituzionale e appartengono alla sua essenza.

Limite logico: è ritenuto da molti lo stesso art.138 cost. perché la garanzia della rigidità non
potrebbe essere raggirata abrogando la norma che la Costituzione pone a suo presidio.

8. Le fonti dell’unione europea


Le autorità amministrative e giurisdizionali italiane applicano il diritto dell’unione in parte
direttamente, come nel caso dei regolamenti e in parte previo adeguamento dell’ordinamento
interno come in caso delle direttive. Fanno ciò disapplicando il diritto italiano eventualmente non
compatibile, questo accade in forza del primato del diritto dell’unione.
Com’è possibile questo?
Bisogna citare in primis l’art. 11 Cost., il quale sarebbe sufficiente a consentire si stipulare trattati
con cui ci si obbliga a limitazioni di sovranità
art. 11 <<L’Italia…consente, in condizioni di parità con gli altri stati, alle limitazioni di sovranità
necessarie a un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le nazioni; promuove e favorisce
le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo>>.

Gli unici limiti, o cosiddetti controlimiti, stabiliti dalla Corte costituzionale sono quelli del rispetto
dei principi supremi dell’ordinamento costituzionale e dei diritti inalienabili della persona. Questa
rappresenta una clausola giurisprudenziale di salvaguardia.

Il problema dei rapporti fra fonti europee e fonti interne ha avuto soluzione attraverso un lento e
graduale processo evolutivo di cui le fasi cruciali sono:
1. In un primo momento la Corte costituzionale ritenne che i rapporti fra fonti europee e fonti
interne dovessero essere letti alla luce del criterio cronologico.
2. Successivamente il contrasto fra regolamento comunitario e legge fu risolto dalla C.C
affermando la necessità si sollevare una questione di costituzionalità. La corte si riservò il compito
di dichiarare l’illegittimità costituzionale delle norme interne incompatibili con le norme comunitarie
per violazione indiretta dell’art.11 Cost.
3. Infine la Corte costituzionale si conformò alla giurisprudenza della corte di giustizia
riconoscendo il primato del diritto comunitario. Il contrasto fra diritto dell’UE e diritto interno
viene risolto sulla base del principio di necessaria applicazione del regolamento dell’unione
da parte del giudice comune. La corte costituzionale considera semplicemente inapplicabile il
diritto interno quando esiste una normativa europea.

Tutto questo vale per i regolamenti, per le direttive autoapplicative (che hanno efficacia diretta) in
quanto se per sé dettagliate invece occorre precisare che devono essere recepite con atto
normativo interno.
9. La legge ordinaria dello stato.
La legge ordinaria dello stato è fonte a competenza generale, ossia può disciplinare qualsiasi
oggetto, fatto salvo quanto è già disciplinato dalla Costituzione stessa o da questa attribuito ad
altre fonti. Le materie riservate alla legge dello Stato vanno infatti considerate come quelle che
interessano interessi e valori generali, ossia riferiti a tutto il popolo.

La legge è l’atto fonte abilitato a produrre norme primarie che la Costituzione all’art. 70
attribuisce alle Camere.
Ad essa la costituzione affida importanti materie mediante la riserva di legge: Tale istituto designa i
casi in cui disposizioni costituzionali attribuiscono la disciplina di una determinata materia alla sola
legge, sottraendola cosi alla disponibilità di atti fonte ad essa subordinata, fra cui in primo luogo i
regolamenti dell’esecutivo.

La riserva di legge è contraddistinta da due aspetti:


1. A. Negativo: divieto di intervenire nella materia riservata da parte di atti diversi dalla legge.
2. A. Positivo: è l’obbligo per la legge di intervenire nella materia riservata. Ad esempio, illegittimo
sarebbe, il rinvio anche se disposto dalla legge, stessa a un regolamento comunale per la
disciplina dell’espulsione degli stranieri.
Le riserve di legge sono stabilite allo scopo di garantire il principio democratico e, in generale,
di tutelare i diritti fondamentali e il principio di eguaglianza

Tipi di riserva di legge:


1. Riserve assolute: Quando l’intera disciplina della materia è riservata alla legge.
2. Riserve relative: Quando alla legge spetta la disciplina essenziale o di principio della materia.

Le riserve di legge si dicono riserve rinforzate quando la costituzione stabilisce che l0intervento
legislativo debba avvenire secondo certe procedure oppure che esso debba avere certi contenuti
costituzionalmente prestabiliti.
Leggi di autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali: dissociazione fra la forma e i suoi
contenuti. (es: legge di bilancio) Sono leggi che tipicamente non innovano il diritto, in questo caso
di parla in particolare di leggi in senso (solo) formale.

Leggi provvedimento: Sono leggi il cui contenuto, anziché norme generali e stratte, sono veri e
propri atti amministrativi: il cui contenuto non è prevedere la disciplina dei comportamenti previsti
ma il provvedere immediatamente alla cura di un determinato interesse. Leggi provvedimento però
devono ritenersi escluse in tutti i casi nei quali la costituzione prevede espressamente leggi
generali.

10. Atti normativi del governo equiparati alla legge: I decreti legislativi.
La costituzione attribuisce poteri normativi di rango primario al governo, che può adottare
decreti legislativi e decreti-legge, atti normativi che hanno la medesima forza della legge ordinaria.
La potestà normativa primaria del governo non è però né autonoma né ordinaria, in quanto la
costituzione richiede sempre l’intervento del Parlamento in funzione di garanzia del legittimo
esercizio del potere governativo.
Il governo, infatti, non può adottare decreti legislativi previa legge di delegazione, i decreti-legge
invece sono adottati in casi di estrema necessità e urgenza, hanno validità provvisoria e devono
essere convertiti in legge dalle camere con l’approvazione del disegno di legge di
conversione (che è l’atto mediante il quale il parlamento si riappropria della funzione legislativa
eccezionalmente esercitata dal governo).
La delegazione legislativa è un procedimento duale di produzione del diritto che vede protagonisti
il Parlamento e il governo.
La legge di delegazione ha la funzione di conferire al governo il potere di adottare atti aventi forza
di legge, è regolamentata dall’art. 76 Cost ed essa deve:
1. Individuare l’oggetto o gli oggetti, purché distinti, della legge chiaramente definiti.
2. Stabilire i principi e i criteri direttivi.
3. Indicare il termine entro il quale può (non deve) essere esercitata.
Per esse vale il divieto di approvazione in sede legislativa.

Decreto legislativo: è l’atto che il governo adotta in attuazione della legge di delegazione, è
deliberato dal Consiglio dei ministri e emanato dal Presidente della Repubblica.

La delegazione legislativa è diventata un procedimento a costante compartecipazione Parlamento-


Governo, l’iniziativa è in genere governativa; poi il Parlamento discute e approva la legge di
delegazione; quindi il governo predispone uno schema di decreto legislativo che deve essere
esaminato dalle Camere; infine il governo delibera definitivamente accogliendo in larga misura le
indicazioni parlamentari.

11. Atti normativi del governo equiparati alla legge: i decreti-legge.


Il governo può adottare decreti-legge. Essi sono provvedimenti provvisori con forza equiparata alla
legge ordinaria, sono deliberati dal Consiglio dei ministri ed emanati dal presidente della
repubblica. I decreti-legge dovrebbero contenere misure concrete e immediatamente applicabili.
In base all’art. 77 Cost, il decreto-legge:
1. Può essere adottato solo in casi di estrema urgenza e necessità.
2. Deve essere presentato alle Camere per la conversione in legge lo stesso giorno in cui è
adottato e le camere devono riunirsi entro i successivi 5 giorni.
3. Dura sono 60 gg. e ha dunque efficacia provvisoria.

I decreti-legge non possono:


1. Conferire deleghe legislative
2. Provvedere nelle materie che l’art. 72.4 cost riserva all’approvazione dell’assemblea.
3. Riprodurre le disposizioni di decreti-legge dei quali sia stata negata la conversione in legge
4. Regolare i rapporti giuridici sorti sulla base di decreti-legge non convertiti
5. Ripristinare l’efficacia di disposizioni dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale.

In sede di conversione le camere sono libere di apportare modifiche al testo del decreto. Gli
emendamenti approvati dalle camere hanno efficacia solo pro-futuro e non sono quindi retroattivi.

13. Le fonti legislative specializzate.


Sono fonti fra di loro diverse, che nulla hanno in comune se non l’atipicità rispetto a tutto le altre
fonti primarie. Sono specializzate quelle fonti caratterizzate dal fatto che sono chiamate a
disciplinare determinate materie, perché richiedono procedimenti di formazione particolari e perché
hanno una forza attiva o passiva rinforzata.
Ne rientrano:
1. Leggi di esecuzione dei Patti Lateranensi disciplinanti i rapporti stato-chiesa.
2. Le leggi che disciplinano i rapporti fra lo stato e le altre confessioni diverse da quella cattolica.
3. Leggi di amnistia e indulto.
4. Leggi che staccano una provincia o un comune da una regione per aggregarli ad un’altra.
5. Leggi che attribuiscono ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia alle regioni ordinarie
6. I decreti legislativi di attuazione degli statuti delle regioni speciali.
7. Le leggi di attuazione del principio dell’equilibrio di bilancio.

14. Le fonti espressione di autonomia degli organi costituzionali.


14.1 I regolamenti parlamentari.
L’art 64.1 Cost. stabilisce che ciascuna camera adotta il proprio regolamento a maggioranza
assoluta dei suoi componenti. I regolamenti parlamentari sono atti fonte di rango primario a
competenza materiale riservata in quanto attuano direttamente la costituzione. Sono fonti del diritto
perché disciplinano non solo l’organizzazione e il funzionamento delle camere ma anche i loro
rapporti con gli altri organi e soggetti.

14.2 Regolamenti degli altri organi costituzionali.


Una potestà regolamentare riguardante la propria organizzazione e il proprio funzionamento è
riconosciuta anche agli altri organi costituzionali. Per quanto riguarda la Corte Costituzionale
prevede la possibilità che essa adotti un regolamento per disciplinare l’esercizio delle sue funzioni.
Per quanto riguarda la presidenza della Repubblica prevede la possibilità di adottare regolamenti
interni per disciplinare l’organizzazione e il funzionamento del proprio apparato amministrativo.
Per quanto riguarda la presidenza del consiglio dei ministri prevede una generale autonomia
organizzativa, contabile e di bilancio, che sembra richiamare l’autonomia riconosciuta alle camere
e agli alti organi.

15. Le fonti regolamentari.


I regolamenti sono fonti secondarie del diritto, ossia subordinate a quelle primarie e sono tutt’altra
cosa rispetto ai regolamenti dell’UE e dai regolamenti parlamentari.

15.1 Regolamenti del governo


Sono disciplinati dall’art.17 della l.400/1988, che distingue i regolamenti del governo da quelli
ministeriali e interministeriali. Sono approvati dal Consiglio dei ministri dopo aver sentito il
parere del Consiglio di stato che deve pronunciarsi entro 90 giorni ed emanati con la forma del
decreto del Presidente della Repubblica.
Ne sono previsti di vario tipo:
1. Reg. di esecuzione: emanati per rendere più agevole l’applicazione di leggi, decreti legislativi e
regolamenti dell’UE.
2. Reg. di attuazione e di integrazione: per attuare e integrare leggi e decreti legislativi recati
norme di principio.
3. Reg. indipendenti: per disciplinare materie sulle quali manchi una normativa di rango legislativo.
4. Reg. di organizzazione: per disciplinare organizzazione e funzionamento delle amministrazioni
pubbliche sulla base della legge.
5. Reg di delegazione (autorizzati o delegati): per disciplinare materie già oggetto di una normativa
di rango legislativo che viene sostituita dalla normativa regolamentare. La loro adozione avviene
attraverso un procedimento diviso in tre fasi:
5.1 Deliberazione della legge di autorizzazione del potere regolamentare
5.2 Emanazione del regolamento di delegificazione
5.3 Abrogazione delle norme legislative vigenti.

15.2 Regolamenti ministeriali e interministeriali.


È necessaria per questi regolamenti un’apposita disposizione legislativa che autorizzi l’esercizio
del potere regolamentare. Sono materie di competenza di un ministro o di autorità
sott’ordinate ad esso.
Entrambi sono sempre subordinati ai regolamenti del governo e devono essere comunicati al
presidente del Consiglio dei ministri prima della loro emanazione con decreto ministeriale o
interministeriale.
16. Le fonti del diritto regionale.
Sono fonti regionali:
1. Gli statuti delle regioni ordinarie
2. Le leggi regionali
3. I regolamenti regionali.
(Per quanto riguarda invece gli statuti delle regioni speciali non vengono inseriti tra questi in
quanto sono fonti statali di rango costituzionale).

16.1 Statuti ordinari


Il procedimento di approvazione e revisione è costituito da due parti: una necessaria e l’altra
eventuale. La fase necessaria riguarda l’approvazione da parte del consiglio regionale e avviene
in due deliberazioni svolte a distanza di non più di due mesi ed il testo deve essere approvato dalla
maggioranza assoluta dei componenti. La fase eventuale invece riguarda l’intervento del corpo
elettorale mediante referendum.
È considerato un atto fonte a competenza specializzata e sovraordinato rispetto alla legge
regionale.

16.2 Legge regionale.


È approvata nelle forme e nei modi previsti da ciascun statuto regionale. Incontra gli stessi limiti
delle leggi statali. L’art 117. Cost stabilisce chiaramente che alle regioni spetta la potestà
legislativa ‘residuale’, ossia, in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata allo
Stato.
L’articolo inoltre definisce anche le materie di competenza esclusiva regionale come quelle a
competenza concorrente tra quest’ultime e lo Stato.

16.3 Regolamenti regionali.


In base all’art. 117.6 Cost, la potestà regolamentare spetta allo stato nelle materie di legislazione
esclusiva, salva delega alle regioni, mentre per tutte le altre materie spetta alle regioni.
Quanto alla collocazione nel sistema delle fonti, i regolamenti regionali sono subordinati sia alla
legge statale che a quella regionale e non possono sostituirsi ai regolamenti degli enti locali
relativi all’organizzazione e all’esercizio delle funzioni ad esse attribuite.

16.4 Statuti speciali.


L’art. 116.1 Cost. stabilisce che alle regioni speciali vengono concesse forme e condizioni
particolari di autonomia, secondo i rispettivi statuti adottati con legge costituzionale. Il
procedimento è quello enunciato dall’art. 138 ma con due differenze introdotte nel 2001:
1. Quando la revisione dello statuto speciale è di iniziativa governativa o parlamentare il progetto
di legge costituzionale deve essere presentato all’assemblea regionale che ha due mesi per
esprimere un parere a riguardo.
2. Non si fa comunque luogo a referendum.

17. Le fonti degli enti locali.


Sono fonti degli enti locali:
1. Gli statuti
2. I regolamenti.

Statuti: Costituisce l’atto fondamentale dell’organizzazione dell’ente locale, per esso è


previsto un procedimento aggravato si approvazione. Lo statuto del comune è deliberato dal
consiglio comunale a maggioranza dei 2/3 dei componenti. Lo statuto della provincia è adottato
dall’assemblea dei sindaci su proposta del consiglio provinciale.
Regolamenti: Ogni ente locale dispone di potestà regolamentare in ordine alla disciplina
dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzioni che gli sono attribuiti.

La potestà regolamentare spetta al consiglio dell’ente locale. Lo statuto dell’ente locale incontra
come limite solo la legge dello Stato, e in questo caso lo statuto non è fonte primaria, invece i
regolamenti locali incontrano limiti nella legge sia statale sia regionale: ciò in base al principio
secondo cui l’organizzazione statuaria dell’ente locale si collega alla legge statale senza
l’intermediazione della legge regionale.

18. Le fonti espressione di autonomia collettiva.


Fra le fonti del diritto sono da prendere in considerazione anche fonti che, espressione
dell’autonomia dei privati, sono tuttavia direttamente previste dalla costituzione.
Fra queste rientrano anche i contratti collettivi di lavoro, destinati a disciplinare il rapporto di
lavoro fra datori di lavoro e lavoratori. Infatti, l’art.39 cost. prevede che i sindacati registrati e dotati
di personalità giuridica possono stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per
tutti gli appartenenti alle categorie cui il contratto si riferisce.
Tuttavia all’art. 39 non è stata data attuazione per vari motivi ma comunque il vuoto è stato
riempito dai contratti collettivi di diritto comune stipulati ai sensi del Codice civile.

Ha concorso allo stesso esito la giurisprudenza che ha esteso tali contratti anche ai soggetti non
obbligati in applicazione dell’art.36 che prevede il diritto da parte del lavoratore a una retribuzione
proporzionata. Questi contratti, comunque, non possono essere consideri vera e propria fonte del
diritto come potrebbero invece esserlo benissimo quelli relativi alla disciplina del lavoro nelle
pubbliche amministrazioni.

19. Fonti esterne riconosciute.


Costituiscono fonti del diritto nell’ordinamento italiano anche le fonti appartenenti ad un altro e
distinto ordinamento cui il nostro faccia rinvio.
In questo caso si parla di rinvio mobile o rinvio alla fonte (es: adattamento automatico alle
norme del diritto internazionale), ossia il rinvio a tutte le norme che la fonte richiamata è in grado di
produrre nel tempo, distinguendolo dal rinvio fisso (es: l’ordine di esecuzione attraverso il quale
vengono recepite nell’ordinamento interno le norme contenute in trattati e accordi inernzazionali) o
rinvio alla disposizione, quando il rinvio avviene nei confronti di una determinata disciplina
storicamente individuabile.

Le norme interne di riconoscimento sono vere e proprie fonti sulla produzione così come le fonti
esterne richiamate sono fonti di produzione.
Vengono indicati i controlimiti derivati dai principi supremi dell’ordinamento e dai diritti inalienabili
della persona.

Valgono come fonti sulla produzione in particolare le norme di diritto privato internazionale che
individuano le situazioni che, in determinate circostanze, mettono in collegamento l’ordinamento
italiano con altri ordinamenti e l’inevitabile riconoscimento da parte dell’ordinamento delle fonti
esterne abilitate a produrre diritto oggettivo consentendo al giudice di individuare la norma che
deve essere applicata alla fattispecie concreta. (rinvio all’ordinamento straniero)
Non tutte le norme però possono essere applicate quando persistono norme italiane di
applicazione necessaria, sia quando gli effetti dell’applicazione della legge straniera sono
contrari all’ordine pubblico.
20. Le fonti fatto.
La fonte fatto per eccellenza è la consuetudine, la quale consta di due elementi necessari:
1. Un comportamento ripetuto nel tempo
2. La convinzione da parte del corpo sociale che ripetere quel comportamento sia giuridicamente
dovuto. Ove dove questa convinzione non ci fosse ci troveremo di fronte ad una semplice prassi.
Le consuetudini, per essere valide, devono essere conformi alle norme di legge o di
regolamento e al di fuori di qualsiasi norma scritta (ipotesi alquanto rara).

Le fonti fatto in materia costituzionale integrano le norme costituzionali scritte, definendo la


posizione e regolando l’attività degli organi costituzionali: si tratta delle consuetudini
costituzionali.

21. Le fonti di cognizione e i testi unici.


Si definiscono fonti di cognizione quegli atti, non aventi forza normativa, che sono volti
esclusivamente a rendere conoscibile il diritto oggettivo.
Nell’ambito delle fonti di cognizione bisogna inoltre distinguere fra quelle che hanno valore legale
(come la gazzetta ufficiale) e quelle che hanno valore meramente conoscitivo.
21.1 La pubblicazione degli atti normativi.
Tutti gli atti normativi devono essere necessariamente pubblicati nelle forme previste dalla legge.
Gli atti normativi statali sono pubblicati dalla Gazzetta Ufficiale della repubblica italiana. Gli atti
normativi regionali sono pubblicati nel Bollettino Ufficiale di ciascuna regione e gli atti normativi
locali nell’affissione all’albo pretorio.

Il nostro ordinamento conosce una precisa disciplina delle modalità di promulgazione, emanazione
e pubblicazione degli atti normativi.
Importante è il testo unico del 1985 dove all’interno troviamo tutte le formule da usare per la
promulgazione delle leggi costituzionali e ordinarie dello stato e pe l’emanazione dei decreti
legislativi, d.legge e dei regolamenti.

21.2 Testi unici e riordino normativo.


Possono avere natura di fonti di cognizione oppure di vere e proprie fonti di produzione i testi unici
(o codici, ossia quei testi che raccolgono atti normativi preesistenti che, sebbene posti in tempi
diversi disciplinino una medesima materia, unificando e coordinando le norme prodotte da quegli
atti.
Sono propriamente destinati al riordino della legislazione vigente: cioè a eliminare o ridurre la
disseminazione di norme sulla stessa materia in un numero eccessivo di leggi, allo scopo sia di
facilitare gli operatori del diritto nella reperibilità delle fonti, sia di favorire la coerenza dei successivi
interventi modificativi o integrativi del legislatore.

Testi unici compilativi: Sono deliberati dal governo sulla base non di una delega ma di una mera
autorizzazione. Sono atti di natura amministrativa e hanno come fine esclusivamente quello di
agevolare la conoscenza del diritto esistente in una certa materia.

Testi unici normativi: Sonno deliberati dal governo nella forma di decreti legislativi sulla base
di una legge di delegazione del parlamento e provvedono ad armonizzare la legislazione
innovando la disciplina positiva e abrogando gli atti preesistenti.

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