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CAPITOLO 3

Da dove nasce la motivazione ad apprendere?

Ai miei studenti piacerà moltissimo! Anzi no.


Nella mia quarta liceo ho proposto agli studenti un’attività laborato­
riale e collaborativa di filosofia. Ho investito molte energie e tempo
per preparare i materiali, entusiasmandomi all’idea di quanto avrem­
mo fatto in classe. Ho predisposto diverse letture di pensatori classici
e ho assegnato un lavoro di ricerca libera di fonti primarie del Sedi­
cesimo secolo. Sinceramente pensavo che i miei studenti si sarebbero
appassionati alla proposta e avrebbero apprezzato la lettura diretta dei
testi. Ma non è stato così, e sono rimasto molto deluso dal loro lavoro.
A eccezione di pochi, preoccupati più che altro di non compromettersi
la media finale, in genere i ragazzi non si sono interessati alle letture
proposte e a fatica hanno partecipato alla discussione in classe. Inoltre
non mi sono apparsi né particolarmente coinvolti né particolarmen­
te impegnati nello scegliere l’argomento di ricerca. Ho così concluso
che alla maggior parte degli studenti importa poco o nulla della mia
materia.
Prof. Ciro Colletti,
insegnante di filosofia, scuola secondaria di II grado

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3. Da dove nasce la motivazione ad apprendere?

Un terzo di voi avrà il debito a settembre!


L’anno scorso ho sostituito una collega di matematica in maternità. La
collega mi aveva avvisata: la classe era composta per lo più da ragazzi
disinteressati alla materia, che a scuola seguivano poco e spesso non
svolgevano i compiti assegnati. Mi sono detta che dovevo trovare il
modo di rimotivarli a lavorare seriamente e a seguire con attenzione
le mie lezioni. Così mi sono ricordata di quando andavo a scuola io:
ogni accenno dei miei professori al fatto che io non fossi all’altezza mi
spronava a fare meglio per dimostrare che si sbagliavano. Perciò il mio
primo giorno di lezione ho detto ai ragazzi: “Sarò molto dura con voi,
questa materia come sapete è seria e difficile e voglio prepararvi bene.
Avrete bisogno di lavorare molto più di quanto non abbiate mai fatto
finora. E un terzo di voi avrà il debito a settembre”. Mi aspettavo che
sentendo questo si sarebbero messi a lavorare e si sarebbero impe­
gnati. Ma con mia sorpresa si sono rilassati ancora di più, non stavano
assolutamente attenti, e le loro verifiche sono state disastrose. E sì
che li avevo avvertiti! Non sembrava importasse loro nulla nemmeno
del voto della verifica, sembravano consumati da un senso generale
di letargia e apatia. Comincio a pensare che gli studenti di oggi siano
semplicemente molto svogliati.
Prof.ssa Valentina Rovelli,
docente di matematica, scuola secondaria di II grado

Che cosa succede in questi episodi?


In entrambi questi episodi, gli studenti non riescono a raggiungere e
dimostrare il livello di comprensione e coinvolgimento che i professori
si aspettano da loro; alla radice del problema sembra esserci uno scar­
so interesse per la materia. Va riconosciuto al professor Colletti e alla
professoressa Rovelli di aver riflettuto attentamente su come motivare
gli studenti, ma entrambi hanno fatto propria l’idea diffusa – e spesso
errata – di poterci riuscire usando gli stessi metodi che avevano fun­
zionato per loro all’epoca dei loro studi. Se questi metodi falliscono, i
professori concludono che sono gli studenti ad essere pigri o apatici.
Un esame più accurato delle tattiche di questi docenti, e degli effetti
deludenti delle loro proposte, rivela però altre cause possibili del di­
sinteresse degli studenti. Il professor Colletti è talmente appassionato

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3. Da dove nasce la motivazione ad apprendere?

della sua materia da non pensare che le caratteristiche più interessanti


ai suoi occhi – i testi più influenti e il lavoro con le fonti primarie –
possano non avere lo stesso valore per gli studenti. Di conseguenza,
questi ultimi seguono di malavoglia e non arrivano a padroneggia­
re la materia. La professoressa Rovelli, d’altro canto, spera di ricreare
l’ambiente competitivo che aveva trovato stimolante ai tempi dei suoi
studi, ma i suoi avvertimenti sulle difficoltà della materia e sulle scar­
se possibilità di avere la sufficienza a fine anno possono rinforzare
negli studenti i pregiudizi negativi sulla disciplina, compromettere le
aspettative di successo e sabotare la motivazione a svolgere i compiti
necessari.
Anche se in questi due episodi si riscontrano problemi leggermente
diversi, il concetto di motivazione è centrale in entrambi.

Quale principio di apprendimento si applica


in questo caso?
La motivazione corrisponde al livello di impegno personale dell’indi­
viduo nel raggiungere una certa condizione o risultato1. Nel contesto
dell’apprendimento, la motivazione influenza la direzione, l’intensità,
la persistenza e la qualità dei comportamenti di apprendimento adot­
tati dagli studenti.

Principio 3.
La motivazione degli studenti determina, orienta e sostiene
ciò che essi fanno per imparare.

È impossibile sopravvalutare l’importanza della motivazione nell’ap­


prendimento2. E lo si riscontra in particolare all’università, dove la
motivazione diventa essenziale nel guidare i comportamenti di ap­
prendimento degli studenti divenuti più autonomi su cosa, quando
e come studiare e imparare. Inoltre, poiché l’attenzione, il tempo e le

1
M. Maehr e H. Meyer, “Understanding motivation and schooling: Where we’ve been,
where we are, and where we need to go”. Educational Psychology Review, 1997, n. 9, pp.
371­409.
2
C. Ames, “Motivation: What teachers need to know”. Teachers College Record, 1990,
n. 91, pp. 409­472.

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3. Da dove nasce la motivazione ad apprendere?

aspettative
di successo

comportamenti
apprendimento
motivazione CONDUCE A mirati SOSTENGONO
e prestazioni
allo scopo

valore
attribuito
all’obiettivo Figura 3.1. Impatto di valore attribuito all’obiettivo e
aspettative di successo sull’apprendimento e sulle prestazioni.

energie degli studenti sono contese da più attività, è essenziale capire


che cosa può aumentare o diminuire la loro motivazione a perseguire
specifici obiettivi di apprendimento.
Come si vede nel primo episodio, se gli studenti non trovano in­
teressante o rilevante l’argomento delle lezioni, non si cureranno di
padroneggiarlo né di adottare i comportamenti necessari per appren­
derlo in profondità. Può succedere altrettanto se, come nel secondo
episodio, gli studenti si aspettano di fallire nelle verifiche o di non
riuscire a ottenere la sufficienza a fine anno. Lo scenario sarebbe ben
diverso se gli studenti del professor Colletti ritenessero interessante
consultare le fonti primarie, o se gli studenti della professoressa Ro­
velli prevedessero che il loro impegno li porti a ottenere buoni risultati
e voti alti!
Come dimostrato da questi episodi, per capire la motivazione ser­
vono due concetti essenziali: (1) il valore soggettivo di un obiettivo, (2)
le aspettative di riuscire a conseguirlo. La maggior parte delle teorie
che tentano di spiegare la motivazione individua in questi due con­
cetti il fulcro del problema3. Come illustra la Figura 3.1, l’interazione

3
J.W. Atkinson, “Motivational determinants of risk taking behavior”. Psychological Re­
view, 1957, n. 64, pp. 369­372; Id., La motivazione (1964), trad. it. di M. Baccianini, Il Mulino,

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3. Da dove nasce la motivazione ad apprendere?

tra aspettative di successo e valore attribuito all’obiettivo influenza il


livello di motivazione ad adottare comportamenti mirati allo scopo.

Che cosa dice la ricerca sulla motivazione?


Iniziamo esaminando i tipi di obiettivo, che forniscono il contesto in
cui il valore attribuito e le aspettative di successo diventano significa­
tivi e influenzano la motivazione.

Obiettivi
Dire che qualcuno è motivato non serve a molto, se non si specifica
che cosa è motivato a fare. Gli obiettivi sono quindi la caratteristica
organizzativa basilare dei comportamenti motivati4: sono come una
bussola che guida un’ampia gamma di azioni intenzionali, relative per
esempio alle attività intellettuali e creative, alle relazioni sociali e in­
terpersonali, all’identità e all’immagine di sé, ai bisogni di sicurezza e
di oggetti materiali, al desiderio di essere produttivi e competenti nel
mondo. Spesso, inoltre, vari obiettivi operano contemporaneamente5.
Questo è senz’altro vero per gli studenti che, in uno stesso momento,
vogliono acquisire conoscenze e capacità, fare nuove amicizie, dimo­
strare agli altri la propria intelligenza, sentirsi indipendenti e divertirsi.
Nell’osservare come gli obiettivi influenzino i comportamenti di
apprendimento, va notato che gli obiettivi che gli studenti si prefiggo­
no possono essere diversi da quelli stabiliti dal docente per loro, come
è evidente nel primo episodio del capitolo. Uno sfasamento più ge­
nerale tra obiettivi si verifica quando il docente vuole che gli studenti
puntino all’apprendimento fine a se stesso, mentre loro sono motivati

Bologna 1973; A. Wigfield e J. Eccles, “The development of achievement task values: A


theoretical analysis”. Developmental Review, 1992, n. 12, pp. 265­310; Id., “Expectancy­val­
ue theory of achievement motivation”. Contemporary Educational Psychology, 2000, n. 25,
pp. 68­81.
4
T.A. Ryan, Intentional Behavior, Ronald Press, New York 1970; Mitchell, “Motivation:
New directions for theory, research, and practice”. Academy of Management Review, 1982,
n. 7, pp. 80­88; A.J. Elliot e J.W. Fryer, The goal construct in psychology, in J.Y. Shah e W.L.
Gardner (a cura di), Handbook of motivation science, Guilford Press, New York 2008, pp.
235­250.
5
M.E. Ford, Stimolare la motivazione e il senso di autoefficacia nell’apprendimento (1992),
in Difficoltà di apprendimento: sostegno e insegnamento individualizzato, trad. it. Erickson,
Trento 1996, pp. 441­464.

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3. Da dove nasce la motivazione ad apprendere?

soprattutto da obiettivi di prestazione6, quali proteggere l’immagine di


sé desiderata, mostrarsi agli altri in maniera positiva e acquisire una
buona reputazione. Se guidati da obiettivi di prestazione gli studenti si
preoccupano degli standard di risultato e cercano di fare il necessario
per dimostrare le proprie capacità con lo scopo di apparire intelligenti,
migliorare il proprio status e guadagnarsi lodi e riconoscimenti. El­
liot e colleghi7 distinguono ulteriormente gli obiettivi di prestazione
in obiettivi di successo e obiettivi di non fallimento. Nel primo caso, gli
studenti cercano di raggiungere gli standard normativi per dimostrare
la propria competenza; nel secondo, invece, per evitare di manifestare
la propria incompetenza. Gli studiosi spiegano che i due casi iscrivono
l’apprendimento in quadri cognitivi diversi; le ricerche indicano che
risultano più proficui gli obiettivi di successo8.
Gli studenti guidati da obiettivi di apprendimento, invece che di pre­
stazione, cercano di acquisire competenze e imparare davvero quel
che può insegnare un dato compito o una data attività. Com’è preve­
dibile, se il docente vuole che gli studenti acquisiscano una compren­
sione profonda attraverso libere esplorazioni intellettuali (obiettivo di
apprendimento), ma loro vogliono fare solo il necessario per avere un
buon voto (obiettivo di prestazione), i comportamenti di apprendi­
mento e i risultati potrebbero non essere quelli auspicati dal docente.
In effetti molti studi indicano che gli obiettivi di apprendimento, al
contrario degli obiettivi di prestazione (soprattutto di quelli di non
fallimento), tendono a produrre strategie di studio che si traducono in
una comprensione più profonda, in richieste di aiuto quando necessa­
rio, in tenacia di fronte agli ostacoli e in sicurezza di sé nell’affrontare
e nel ricercare attività sfidanti o impegnative9.

6
C. Dweck e E. Leggett, “A social­cognitive approach to motivation and personality”.
Psychological Review, 1988, n. 95, pp. 256­273.
7
A.J. Elliot, “Approach and avoidance motivation and achievement goals”. Educational
Psychologist, 1999, n. 34, pp. 169­189; A.J. Elliot e H.A. McGregor, “A 2 × 2 achievement
goal framework”. Journal of Personality and Social Psychology, 2001, n. 80(3), pp. 501­519.
8
A.J. Elliot e H.A. McGregor, “A 2 × 2 achievement goal framework”. Journal of Perso­
nality and Social Psychology, 2001, n. 80(3), pp. 501­519; F. Cury et al., “The social cognitive
model of achievement motivation and the 2 × 2 achievement framework”. Journal of Per­
sonality and Social Psychology, 2006, n. 90(4), pp. 666­679.
9
Per ulteriori discussioni su obiettivi di apprendimento vs obiettivi di prestazione, cfr.
K. Barron e J. Harackiewicz, “Achievement goals and optimal motivation: Testing mul­
tiple goal models”. Journal of Personality and Social Psychology, 2001, n. 80, pp. 706­722;
J. Harackiewicz et al., “Short­term and long­term consequences of achievement goals:
Predicting interest and performance over time”. Journal of Educational Psychology, 2000, n.

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3. Da dove nasce la motivazione ad apprendere?

A volte, inoltre, gli obiettivi degli studenti possono trovarsi in con­


flitto con quelli del docente. Gli obiettivi di minimo sforzo10, per esempio,
consistono nel desiderio di finire il lavoro quanto prima possibile mini­
mizzando la fatica. Gli studenti guidati principalmente da questo tipo
di obiettivo mostreranno poco interesse nell’apprendimento e sembre­
ranno estraniati, scoraggiati o poco impegnati.Va tuttavia ricordato che
gli obiettivi di minimo sforzo sono spesso circoscritti al contesto: lo stu­
dente può impegnarsi molto in un certo ambito e minimizzare gli sforzi
in un altro. Per esempio, uno studente molto bravo in matematica può
fare il minimo possibile nel corso del professor Colletti, se non ritiene
che le conoscenze e i punti di vista della filosofia possano arricchire la
sua crescita e il suo sviluppo intellettuale e professionale.
Ma anche nel caso in cui gli obiettivi degli studenti non coincidano
in tutto e per tutto con quelli del docente, non è detto tuttavia che
entrino in conflitto. Infatti se c’è concordanza anche solo tra alcuni di
questi obiettivi può comunque verificarsi una situazione di appren­
dimento molto proficua. Immaginiamo per esempio che lo studente
nominato prima, bravo in matematica, si renda conto che imparare a
formulare, presentare e valutare un argomento logico gli tornerà utile
nella sua professione futura di ingegnere (per esempio, per evidenzia­
re i meriti di un progetto a un cliente, o per segnalare errori o difetti
tecnici ai colleghi). Ora che i suoi obiettivi e quelli del professore di
filosofia si sono avvicinati, risultando in una combinazione più co­
struttiva, lo studente sarà più motivato a perseguire gli obiettivi di ap­
prendimento.
Se inoltre un’attività soddisfa più di un obiettivo, la motivazione a
svolgerla sarà probabilmente maggiore. A questo proposito va notato
che gli obiettivi sociali e affettivi possono svolgere un ruolo importante
in classe11. Per esempio, se gli obiettivi di uno studente in un progetto
di informatica includono imparare e applicare i principi fondamen­

92, pp. 316­330; R. Miller et al., “Engagement in academic work: The role of learning goals,
future consequences, pleasing others and perceived ability”. Contemporary Educational
Psychology, 1996, n. 21, pp. 388­422; Y. Somuncuoglu e A.Yildirim, “Relationship between
achievement goal orientations and use of learning strategies”. Journal of Educational Re­
search, 1999, n. 92, pp. 267­277; H. McGregor e A. Elliot, “Achievement goals as predictors
of achievement­relevant processes prior to task engagement”. Journal of Educational Psy­
chology, 2002, n. 94, pp. 381­395.
10
J. Meece e K. Holt, “A pattern analysis of student’s achievement goals”. Education
Psychology, 1993, n. 85, pp. 582­590.
11
M.E. Ford, Stimolare la motivazione e il senso di autoefficacia nell’apprendimento, cit.

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3. Da dove nasce la motivazione ad apprendere?

tali della programmazione (obiettivo di apprendimento), fare nuove


amicizie (obiettivo sociale) e svolgere un’attività stimolante (obiettivo
affettivo), realizzando il progetto finale come lavoro di gruppo potrà
conseguire vari obiettivi allo stesso tempo e potenzialmente aumen­
tare la sua motivazione. Lo confermano alcuni studi secondo cui gli
studenti con più obiettivi riescono meglio degli altri12.
Naturalmente è anche possibile che lo studente abbia un certo nu­
mero di obiettivi contrastanti. Per esempio l’obiettivo di superare con
successo un’imminente verifica e al contempo quello di fare amicizie
partecipando a un incontro sportivo. Oppure quello di non ammalarsi,
andando a dormire presto, se di recente ha avuto mal di gola e altri
sintomi di raffreddore. Data questa gamma di obiettivi contrastanti,
quale sceglierà? Alcune variabili importanti possono dare qualche in­
dizio. Bisogna ricordare che il valore attribuito all’obiettivo e le aspet­
tative di successo interagiscono influenzando la motivazione, come
vedremo nei prossimi paragrafi.

Valore attribuito all’obiettivo


Uno dei fattori essenziali che influenzano la motivazione a perseguire
un obiettivo è l’importanza attribuita a quest’ultimo, spesso chiamata
valore soggettivo. La questione è abbastanza semplice: si è motivati ad
adottare un certo comportamento se l’obiettivo da perseguire ha un
alto valore relativo. Di fronte a obiettivi multipli (come applicarsi in
una sessione di studio, partecipare a un incontro sportivo o evitare
di ammalarsi andando a letto presto), lo studente sarà più motivato a
perseguire l’obiettivo che per lui ha il valore più grande.
Il valore soggettivo può avere origini diverse. Wigfield e Eccles13
suggeriscono tre fattori determinanti nell’attribuzione di valore sog­
gettivo ad attività e obiettivi legati a un risultato. Il primo è la sod­
disfazione ricavata dal senso di competenza e dal completamento di
un obiettivo o di un’attività, e si parla allora di valore del risultato. Per
esempio, lo studente può trarre grande soddisfazione dal risolvere
complessi esercizi matematici, e di conseguenza dedicarvi molte ore
semplicemente per dimostrare la sua abilità in quel campo. Analoga­

12
A. Valle et al., “Multiple goals, motivation and academic learning”. British Journal of
Educational Psychology, 2003, n. 73, pp. 71­87.
13
A. Wigfield e J. Eccles, “The development of achievement task values: A theoretical
analysis”, cit.; Id., “Expectancy­value theory of achievement motivation”, cit.

70
3. Da dove nasce la motivazione ad apprendere?

mente, spesso si trascorrono molte ore a giocare ai videogiochi per


raggiungere livelli via via più alti di competenza.
Il secondo fattore è la soddisfazione tratta dallo svolgere l’attività
stessa piuttosto che dal raggiungere un particolare risultato, e si parla
allora di valore intrinseco. Sono esempi di questo tipo di attribuzione
di valore gli studenti che lavorano instancabilmente per disegnare e
costruire una scenografia meravigliosa, o trascorrono ore a scrivere un
programma informatico, o studiano a fondo le complesse interazioni
di variabili che regolano il flusso sanguigno verso le cellule tumorali,
semplicemente perché ne sono appassionati. In sostanza, questo va­
lore è intimamente legato alla specifica natura dell’obiettivo o dell’at­
tività, ed è la fonte di ciò che tradizionalmente si chiama motivazione
intrinseca.
L’ultimo fattore determinante è la misura in cui un obiettivo o
un’attività permette di raggiungere altri obiettivi importanti, per
esempio conseguire quelle che tradizionalmente si chiamano ricom­
pense estrinseche. Questo tipo di attribuzione di valore è definito da
Eccles e Wigfield valore strumentale. Lodi, riconoscimento pubblico,
soldi, beni materiali, una carriera interessante, un impiego presti­
gioso o un buon stipendio sono tutti obiettivi a lungo termine che
possono attribuire valore strumentale agli obiettivi a breve termine.
Per esempio, chi si iscrive all’università ai corsi di economia e com­
mercio solo per lo stipendio presunto e il prestigio di un impiego in
quel settore è motivato a studiare e frequentare le lezioni dal valore
strumentale che attribuisce loro.
Gli studenti del professor Colletti, a quanto pare, non sono riusciti
a trovare nessuna delle tre possibili attribuzioni di valore al progetto di
studio e ricerca loro proposto. A volte per la motivazione può bastare
anche una singola fonte di valore; spesso le fonti di valore si combinano
e la distinzione tra i concetti tradizionali di motivazione intrinseca ed
estrinseca è in effetti raramente netta come la vorrebbe la teoria. Per
esempio, impegnandosi nello studio della biologia, uno studente può
trovare vari fattori determinanti l’attribuzione di valore, tra cui la riso­
luzione di problemi difficili (valore del risultato), l’interesse per i pro­
cessi biologici (valore intrinseco) e migliori possibilità di ammissione
al corso di laurea in medicina (valore strumentale). Di conseguenza è
importante capire che queste fonti di valore soggettivo non sono sem­
pre in conflitto, ma possono rinforzarsi a vicenda. In effetti, un’attività
che all’inizio ha solo valore strumentale (viene svolta soprattutto per il

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3. Da dove nasce la motivazione ad apprendere?

voto o per soddisfare un requisito) può acquisire valore intrinseco man


mano che lo studente acquisisce conoscenze e competenza in materia14.

Aspettative di successo
Per essere motivati a perseguire un risultato bisogna riconoscerne il
valore, ma ciò non basta. La motivazione nasce verso obiettivi e risul­
tati che si crede di poter raggiungere; in assenza di questa convinzio­
ne, invece, l’individuo non sarà motivato ad adottare i comportamenti
necessari. I teorici chiamano queste convinzioni aspettative; ne descri­
viamo ora due forme che aiutano a capire il comportamento motivato.
Per essere motivati a perseguire determinati obiettivi, gli studenti
devono avere aspettative di risultato positive. Le aspettative di risultato
riflettono la convinzione che certe azioni porteranno al risultato desi­
derato e altre no15; le aspettative positive corrispondono a pensare: “Se
leggo tutti i testi assegnati e partecipo alle discussioni in classe, riusci­
rò ad assimilare il materiale abbastanza bene da risolvere gli esercizi
della verifica e avere la sufficienza”. In questo caso, l’aspettativa di
risultato positiva lega il comportamento all’esito desiderato. Al con­
trario, le aspettative di risultato negative consistono nella convinzione
che date azioni non abbiano effetto sul risultato sperato. Un esempio è
pensare: “Per quanto mi impegni, non avrò un buon voto”. È probabi­
le che fosse questa la dinamica in gioco per alcuni studenti della pro­
fessoressa Rovelli nell’episodio all’inizio del capitolo. La professoressa
ha avvertito gli studenti che probabilmente un terzo di loro avrebbe
avuto il debito a settembre, anche nel caso si fossero impegnati più
che mai; di conseguenza, molti hanno sviluppato aspettative di risul­
tato negative, cioè hanno iniziato a dubitare che impegnarsi a fondo
sarebbe servito a raggiungere la sufficienza, e si sono così demotivati.
Paradossalmente, quello che secondo la professoressa Rovelli avrebbe
dovuto “dare la carica”agli studenti ha forse tolto loro ogni motivazio­
ne. Per essere motivati ad adottare i comportamenti che favoriscono
l’apprendimento, gli studenti devono credere fermamente che ci sia
un legame tra quei comportamenti e il risultato desiderato.
Le aspettative di risultato positive sono necessarie per il compor­
tamento motivato, ma insufficienti: occorrono anche le aspettative
14
S. Hidi e K.A. Renninger, “The four­phase model of interest development”.
Educational Psychologist, 2006, n. 41(2), pp. 111­127.
15
C.S. Carver e M.F. Scheier, Autoregolazione del comportamento: scopi e processi di con­
trollo retroattivo (1998), trad. it. di G. Lo Iacono, Erickson, Trento 2004.

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3. Da dove nasce la motivazione ad apprendere?

di efficacia. Queste rappresentano la convinzione di essere capaci di


identificare, organizzare, iniziare e svolgere una serie di azioni che
porteranno al risultato desiderato16. Per avere un’aspettativa positiva
di successo, lo studente deve non solo credere che facendo i compi­
ti assegnati otterrà la sufficienza, ma essere anche convinto che quei
compiti siano alla sua portata. Questo tipo di aspettativa si impernia
quindi sulla fiducia nella propria capacità e alimenta la motivazione.
Da che cosa dipende l’aspettativa di successo? Un fattore impor­
tante è l’esperienza precedente in contesti simili. Se in passato lo stu­
dente è riuscito bene in una certa attività, è più probabile che si aspetti
di riuscire ancora in attività simili; vale altrettanto in caso di fallimento.
Un’analisi più approfondita dei successi o dei fallimenti passati indica
peraltro che i motivi attribuiti dagli studenti ai propri precedenti esiti
possono essere anche più determinanti delle loro stesse aspettative.
Questi motivi, o attribuzioni, sono alla base delle spiegazioni causali
date dagli studenti ai risultati ottenuti17.
È più probabile che gli studenti guardino con fiducia a futuri suc­
cessi se attribuiscono il raggiungimento di un obiettivo a cause interne
(per esempio ai propri talenti o alle proprie abilità) o controllabili (per
esempio la propria tenacia o il proprio impegno). Se invece attribui­
scono il successo a cause esterne (facilità dei compiti assegnati) o in­
controllabili (colpi di fortuna), sono meno inclini a ritenere probabili
futuri successi. Per esempio, se una studentessa attribuisce un voto
alto in un progetto di disegno alla propria creatività (abilità) o alle
ore trascorse a elaborarlo e realizzarlo (impegno dedicato), prevedrà
di riuscire bene nei progetti futuri, perché ha attribuito il successo a
caratteristiche di sé relativamente stabili e controllabili. Queste stesse
caratteristiche formano la base delle sue previsioni positive riguardo a
situazioni analoghe in futuro.
In caso di fallimento, però, è probabile che lo studente risulti poco
motivato se attribuisce la causa dell’insuccesso alle sue scarse abilità
(per esempio: “Non sono bravo in matematica”o “Non sono capace di
scrivere bene”), soprattutto se ritiene queste scarse abilità come fisse
e non modificabili. D’altro canto, anche in caso di fallimento, la mo­
tivazione può permanere se lo studente attribuisce il suo insuccesso
16
A. Bandura, Autoefficacia: teoria e applicazioni (1997), trad. it. di G. Lo Iacono e R.
Mazzeo, Fabbri, Milano 2007.
17
B. Weiner, An attributional theory of motivation and emotion, Springer­Verlag, New
York 1986.

73
3. Da dove nasce la motivazione ad apprendere?

a cause temporanee e controllabili come la scarsa preparazione, l’im­


pegno insufficiente o la mancanza di informazioni rilevanti. In questo
caso gli studenti possono rimanere fiduciosi nella possibilità di modi­
ficare il proprio comportamento e conseguire risultati migliori.
In classe, quindi, la motivazione accompagnata da tenacia e im­
pegno è maggiore negli studenti che attribuiscono le proprie buone
prestazioni a una combinazione di capacità e impegno, ed eventuali
fallimenti allo scarso impegno e a informazioni inadeguate. Queste
attribuzioni formano la base dell’aspettativa che le buone prestazioni
siano ripetibili e che quelle cattive siano modificabili.

Come la percezione dell’ambiente condiziona l’interazione


tra valore e aspettative
Il valore attribuito all’obiettivo e le aspettative di successo non sono
fenomeni isolati: interagiscono con il più ampio contesto ambientale
(vedi il Capitolo 6). Gli studenti percepiscono l’ambiente in cui vivono
secondo una gamma di attributi che va da incoraggiante a scoraggiante18.
Non c’è dubbio che la motivazione degli studenti sia influenzata dalla
combinazione di vari fattori: le complesse dinamiche all’interno della
classe, il loro tenore, i rapporti interpersonali, la natura e la forma degli
schemi comunicativi. Se agli studenti l’ambiente sembra incoraggiante
(per esempio: “Il docente è disponibile e vari compagni di classe sono
pronti ad aiutarmi se sono in difficoltà”), è probabile che la motivazio­
ne sia facilitata; al contrario, le aspettative di successo e la motivazione
possono risentire di un ambiente scoraggiante (per esempio: “Il do­
cente osteggia il gruppo femminile nelle lezioni di elettronica”).
Queste considerazioni sulla motivazione indicano quindi che essa
sarà massima se si attribuisce valore all’obiettivo e se al contempo le
aspettative di successo sono positive e se al contempo l’ambiente è per­
cepito come incoraggiante. Se, al contrario, si attribuisce poco valore
all’obiettivo oppure le aspettative di efficacia sono negative oppure l’am­
biente non è percepito come incoraggiante, la motivazione sarà mino­
re. Quali sono le implicazioni per la didattica e il comportamento degli
studenti?
Tanto per cominciare, bisogna rendersi conto che il docente dispo­
ne di tre strumenti per influenzare la motivazione: il valore attribui­
to all’obiettivo, le aspettative di efficacia e il sostegno dell’ambiente;

18
M.E. Ford, Stimolare la motivazione e il senso di autoefficacia nell’apprendimento, cit.

74
3. Da dove nasce la motivazione ad apprendere?

L’ambiente è SCORAGGIANTE L’ambiente è INCORAGGIANTE


NON SI VEDE il valore SI VEDE il valore NON SI VEDE il valore SI VEDE il valore
Aspettativa di efficacia degli studenti
BASSA

rifiuto sfiducia rifiuto fragilità


ALTA

evasività sfida evasività motivazione

Figura 3.2. Effetto congiunto di ambiente, aspettative di efficacia e valore soggettivo


sulla motivazione.

tralasciandone uno qualsiasi, la motivazione può risentirne notevol­


mente. La Figura 3.2, basata sugli studi di Hansen e Ford19, descrive la
gamma di comportamenti derivati dall’interazione tra valore attribuito
all’obiettivo e aspettative di efficacia in ambienti incoraggianti o sco­
raggianti.
Quando gli studenti non attribuiscono valore a un obiettivo e han­
no poca fiducia nelle proprie capacità di conseguirlo, tendono ad as­
sumere un atteggiamento di rifiuto. Questo vale a prescindere dalle
caratteristiche dell’ambiente: questi studenti tendono ad astrarsi dalle
situazioni di apprendimento e a mostrarsi apatici, generalmente pas­
sivi ed estranei, o possono addirittura arrabbiarsi se, nel caso di un
ambiente incoraggiante, il sostegno è percepito come un obbligo o
una pressione.
Se gli studenti, qualunque sia l’ambiente, non attribuiscono valore a
un obiettivo ma si sentono in grado di raggiungerlo, possono mostrarsi
sfuggenti. Ritenendo l’attività fattibile ma non importante, spesso fanno
fatica a rimanere concentrati e si mettono piuttosto a fantasticare o a
pensare ai fatti loro. Spesso, per evitare l’imbarazzo del brutto voto o

19
D. Hansen, “Lesson evading and dissembling: Ego strategies in the classroom”.
American Journal of Education, 1989, n. 97, pp. 184­208; M.E. Ford, Stimolare la motivazione
e il senso di autoefficacia nell’apprendimento, cit.

75
3. Da dove nasce la motivazione ad apprendere?

l’aperta disapprovazione del docente e lo stress di essere messi sotto


pressione, faranno magari il minimo necessario per tirare avanti.
Se gli studenti attribuiscono valore all’obiettivo ma non si ritengo­
no in grado di conseguirlo, il comportamento dipende dal tipo di am­
biente. Se vi percepiscono un sostegno scarso o nullo saranno sfidu­
ciati: non avranno aspettative di successo e mostreranno smarrimento
e pochissima motivazione. Se percepiscono il sostegno dell’ambiente,
spesso saranno fragili: vogliono riuscire, ma non pensano di farcela, e
quindi cercheranno di proteggere la propria autostima fingendo di ca­
pire, evitando le situazioni che richiedono di mostrare apertamente le
proprie capacità, negando di essere in difficoltà e trovando una scusa
per giustificare le cattive prestazioni.
Allo stesso modo, anche se gli studenti attribuiscono valore a un’at­
tività e la ritengono alla propria portata, il comportamento dipende
dall’ambiente. Se questo non è incoraggiante gli studenti possono as­
sumere un atteggiamento di sfida in reazione alla mancanza di soste­
gno percepita, del tipo “Ti faccio vedere io” o “Vedrai che ti sbagli”. Se
invece l’ambiente è incoraggiante, la motivazione sarà massima: tutte e
tre le componenti si combinano in armonia, e gli studenti si sforzano
di imparare, integrare e applicare le nuove conoscenze, considerando
i contesti di apprendimento come opportunità per ampliare la propria
conoscenza.

Implicazioni di queste ricerche Quanto visto finora dovrebbe


rendere evidenti varie questioni importanti. La prima è che il va­
lore attribuito all’obiettivo, le aspettative di successo e l’ambiente
interagiscono inducendo tutta una serie di distinti comportamenti
da parte degli studenti. Per motivare gli studenti, quindi, non c’è un
unico fattore determinante; variazioni in uno qualsiasi dei tre fat­
tori possono influenzare la loro motivazione e quindi modificarne
il comportamento. Per esempio, si può migliorare la motivazione
sostenendo e incoraggiando gli studenti che tendono all’atteggia­
mento di sfida, o rassicurando gli studenti “fragili” quanto alle loro
possibilità di successo. Ogni fattore della tabella rappresenta infatti
una caratteristica dell’ambiente didattico su cui il docente può avere
una notevole influenza; trascurandone uno qualsiasi la motivazione
può risentirne notevolmente. Per esempio, se si trascura il problema
di quegli studenti che attribuiscono poco valore a un obiettivo o a
un’attività, nel migliore dei casi essi si mostreranno sfuggenti (vedi

76
3. Da dove nasce la motivazione ad apprendere?

la colonna di sinistra della Figura 3.2). Oppure, se l’ambiente è per­


cepito come poco incoraggiante, anche chi attribuisce valore all’o­
biettivo e ha aspettative positive di efficacia non sarà molto motiva­
to; in un ambiente del genere, al meglio che vada, l’atteggiamento
sarà di sfida (vedi la metà superiore della Figura 3.2).

Quali strategie suggeriscono queste ricerche?


In questo paragrafo presentiamo alcune strategie per aumentare il va­
lore attribuito dagli studenti agli obiettivi e alle attività prefissate dal
docente, al fine di migliorare le aspettative degli studenti e creare un
ambiente incoraggiante.

Strategie per aumentare il valore attribuito all’obiettivo


Creare collegamenti con gli interessi degli studenti In genere gli
studenti sono più motivati a dedicarsi ai contenuti che li interessa­
no o che hanno a che fare con aspetti importanti della loro vita: per
esempio, lezioni sulla storia del rock and roll, sui legami tra la filosofia
e Matrix, sulle statistiche della disoccupazione, sulla lotta alla povertà
globale tramite la tecnologia, sulla costruzione di ambienti di realtà
virtuale.

Assegnare compiti di realtà Le attività e gli esercizi assegnati devono


permettere agli studenti di vedere o riconoscere vividamente la rilevan­
za e il valore di concetti e teorie altrimenti astratti. Per esempio, un pro­
fessore di economia potrebbe proporre casi di instabilità economica per
illustrare le forze di mercato. L’analisi di eventi reali fornisce il contesto
per comprendere le teorie economiche e la loro applicabilità a situazio­
ni concrete. Trattando di sistemi informativi, il docente può assegnare
un progetto in cui gli studenti creino un database per un cliente vero.
Questo tipo di attività permette di lavorare con vincoli reali, interagire
con aziende e avere un assaggio della vita professionale, oltre a creare
possibilità per uno stage o un impiego futuro.

Mostrare la rilevanza per il percorso formativo A volte gli studenti


non apprezzano un’esperienza didattica perché non ne vedono la ri­
levanza per il loro percorso di studi. Per esempio, gli studenti universi­
tari di psicologia possono trovare inutile un corso di matematica, non
rendendosi conto che quelle conoscenze saranno preziose nei corsi

77
3. Da dove nasce la motivazione ad apprendere?

obbligatori di statistica o sui metodi di ricerca. I collegamenti espliciti


con quello che studieranno dopo permettono agli studenti di capire
meglio il valore propedeutico di ogni materia o argomento.

Mostrare la rilevanza per la vita professionale futura Spesso gli


studenti si concentrano sugli argomenti specifici di una data mate­
ria, senza rendersi conto di come le capacità acquisite torneranno loro
utili nella loro vita professionale. Per esempio, ragionare quantitativa­
mente, parlare in pubblico, scrivere in maniera persuasiva, lavorare in
gruppo. È possibile motivare gli studenti spiegando loro come le di­
verse competenze acquisite possano tornare utili in contesti più ampi
della loro vita professionale futura.

Identificare e valorizzare gli aspetti essenziali È importante che il


docente indichi esplicitamente ai suoi studenti gli obiettivi a cui attri­
buisce valore. E, una volta determinati tali obiettivi, tramite un syllabus,
o attraverso feedback o esempi, non deve dimenticare di procedere a
valutazioni adeguate a ciascuno di essi. Per esempio, se ritiene essen­
ziale l’interazione di gruppo durante il lavoro su un progetto, potrà
identificarne e descriverne gli elementi importanti (come la chiarezza
comunicativa, la capacità di risoluzione dei conflitti, l’inclusione di vari
punti di vista) e far sì che la valutazione del gruppo contribuisca al voto
finale. Oppure, per stimolare gli studenti ad essere audaci dal punto di
vista intellettuale o creativo, il docente può sottolinearne l’importanza
relativa e valutare gli elaborati rispetto a tali indicatori.

Mostrare passione ed entusiasmo per la materia L’entusiasmo del


docente può essere contagioso ed efficace. Anche se all’inizio gli stu­
denti non sono interessati alla disciplina o al tema trattato, il docente
non deve esitare a mostrarsi appassionato all’argomento: ciò suscita la
curiosità degli studenti e li spinge a scoprire che cosa il docente vi trovi
di tanto interessante, portandoli a impegnarsi più di quanto avessero
previsto o a riconoscere il valore di qualcosa che era loro sfuggito.

Strategie per aiutare gli studenti ad acquisire aspettative


positive
Armonizzare obiettivi, strategie didattiche e valutazioni L’appren­
dimento beneficia dall’armonia di tre elementi: gli studenti devono
conoscere gli obiettivi di apprendimento, devono avere più occasio­

78
3. Da dove nasce la motivazione ad apprendere?

ni per esercitarsi e ricevere feedback e devono avere la possibilità di


mostrare il loro livello di conoscenza degli argomenti. In tal caso essi
avranno un’immagine più coerente di quanto ci si aspetta da loro e
saranno più motivati, perché si sentiranno più sicuri e convinti di poter
influire sul proprio apprendimento, oltre che sul proprio voto.

Assegnare verifiche della giusta difficoltà Bisogna stabilire nelle


verifiche un giusto livello di difficoltà, che richieda impegno ma che sia
raggiungibile. Il compito assegnato non deve essere a un livello che gli
studenti non si aspettino di raggiungere con uno sforzo ragionevole,
perché diversamente essi non saranno motivati a impegnarsi. D’altro
canto, se il livello è troppo basso, gli studenti non vi attribuiranno valo­
re né riterranno che valga la pena investirci del tempo, considerandolo
solo una corvée.

Fornire da subito opportunità di successo Le esperienze passate


influiscono sulle aspettative riguardo alle prestazioni future e i succes­
si iniziali possono dare un’importante sensazione di efficacia. Que­
sta strategia è importantissima nelle discipline più difficili o per gli
studenti preoccupati dalla materia per un qualsiasi motivo. Per esem­
pio il docente può assegnare, introducendo un nuovo argomento, dei
compiti brevi corrispondenti a una piccola percentuale del voto della
verifica finale, che diano agli studenti una sensazione di sicurezza e
competenza in vista del compito più ampio.

Enunciare gli obiettivi e le aspettative Gli obiettivi del programma


vanno enunciati chiaramente, insieme a cosa fare per raggiungerli, in
modo che gli studenti abbiano chiaro quali azioni svolgere, il legame
tra queste azioni e l’esito da ottenere, e sviluppino un’aspettativa di ri­
sultato positiva. Il docente deve aiutare gli studenti a porsi aspettative
realistiche identificando i punti in cui potrebbero incontrare difficoltà,
e mostrando fiducia nella loro capacità di superarli per rinforzare la
loro sensazione di potercela fare. Al contempo deve illustrare le attivi­
tà di supporto che può offrire loro (per esempio attività di recupero o
sessioni di ripasso).

Fornire rubriche di valutazione Queste rubriche rappresentano in


maniera esplicita le aspettative di prestazione e possono così dirigere
il comportamento degli studenti verso gli obiettivi prefissati dal do­

79
3. Da dove nasce la motivazione ad apprendere?

cente. Per esempio, la rubrica per la redazione di un saggio di ricerca


può identificare le componenti dell’attività (quali sviluppo di ipotesi,
supporto tramite dati sperimentali, conclusione, redazione) e le aspet­
tative di prestazione per ogni componente a vari livelli di declinazione
(per esempio insufficiente, buono, ottimo).

Fornire valutazioni formative I feedback e le valutazioni formative


possono rinforzare notevolmente la motivazione perché forniscono
informazioni sul progresso verso un certo obiettivo. Le valutazioni
formative sono più efficaci se tempestive, cioè se fornite rapidamente
dopo un compito in modo da avere impatto sullo studente e da per­
mettergli di tenerne conto nell’attività successiva. Esse identificano i
punti forti e deboli e danno consigli per il futuro.

Dimostrare equità Gli standard e i criteri usati per valutare gli ela­
borati devono essere equi; ciò è particolarmente importante se i voti
vengono assegnati da più persone. Se si diffonde l’impressione di va­
lutazioni non omogenee fra uno studente e l’altro o tra un compito e
l’altro, le aspettative di successo degli studenti potrebbero risentirne.

Educare a interpretare i successi e gli insuccessi Per dare agli


studenti una maggiore sensazione di controllo sui risultati che con­
seguono, e quindi influenzare le loro aspettative di successo, bisogna
spiegare quali automatismi entrano in gioco nella valutazione dei
successi (in genere attribuiti a se stessi, cioè interiorizzati) e degli
insuccessi (in genere attribuiti a fattori esterni, cioè esteriorizzati). Il
docente dovrebbe insegnare a includere nei fattori di successo i cor­
retti metodi di studio, una buona gestione del tempo e un serio im­
pegno, e a non includere nei fattori di insuccesso spiegazioni come
“Non sono fatto per la matematica”, “Non sono bravo coi dettagli”o
“Non sono molto intelligente”. Gli studenti vanno aiutati a concen­
trarsi sui fattori controllabili, come il metodo di studio (per esempio
quanto, quando e altre variabili).

Suggerire strategie di studio efficaci Gli studenti potrebbero non


essere capaci di capire come modificare le abitudini di studio in segui­
to a un brutto voto o a un risultato negativo: in questo caso è impor­
tante esaminare insieme a loro strategie alternative che potrebbero
essere efficaci. In questo modo il docente può riuscire a migliorare

80
3. Da dove nasce la motivazione ad apprendere?

le aspettative degli studenti riguardo alla capacità di conseguire con


successo i propri obiettivi.

Strategie per migliorare il valore attribuito e le aspettative


Offrire scelte e flessibilità Dove possibile, il docente dovrebbe per­
mettere agli studenti di scegliere fra varie opzioni al fine di individuare
quella corrispondente ai loro obiettivi e alle attività a cui attribuiscono
valore. Per esempio il docente può far loro scegliere fra varie parti del
programma, vari argomenti per le relazioni e vari temi da discutere in
classe. Una simile flessibilità trasmette una sensazione di controllo,
che può potenziare le aspettative di successo.

Fornire opportunità di riflessione È importante dare agli studenti


l’opportunità di riflettere sui compiti assegnati, tramite alcune
domande specifiche che possono favorire la motivazione. Chiedendo
per esempio: “Che cosa hai imparato da questo compito?”o “Qual era
la caratteristica più interessante di questo progetto?”si può aiutarli a
riconoscere il valore di quanto fatto, mentre chiedendo: “Come ti sei
preparato per questo compito/esame? Su quali particolari abilità devi
ancora lavorare? Se lo rifacessi, come cambieresti la preparazione o lo
svolgimento?” si può aiutarli a identificare le specifiche strategie che
sfruttano i punti di forza e intervengono su quelli deboli, migliorando
le aspettative di successo.

Riepilogo
In questo capitolo abbiamo esaminato alcune variabili alla base del­
la motivazione. Abbiamo basato l’analisi sul concetto di obiettivo: gli
studenti spesso ne hanno di vari e diversificati, che magari si discosta­
no da quelli del docente. Abbiamo descritto un modello in cui il valore
soggettivo attribuito agli obiettivi e le aspettative di successo risultano
cruciali per la motivazione.
Abbiamo visto come il valore soggettivo, le aspettative di efficacia
e la percezione dell’ambiente (incoraggiante o scoraggiante) interagi­
scono e orientano il comportamento degli studenti. Speriamo che, ca­
pendo il ruolo di queste variabili nella motivazione e adottando alcune
strategie pratiche, il docente riesca a rafforzare la motivazione degli
studenti e a migliorarne l’apprendimento.

81
3. Da dove nasce la motivazione ad apprendere?

Approfondimento 2.
Che cosa sono le rubriche di valutazione e come usarle?
Le rubriche di valutazione sono strumenti per assegnare voti che rap­
presentino in modo esplicito le prestazioni richieste dal docente per un
compito o un elaborato; dividono il compito nelle sue componenti e
forniscono una descrizione chiara dei vari livelli di qualità associati a cia­
scuna. Si possono usare le rubriche di valutazione per una vasta gamma
di compiti: articoli, progetti, presentazioni orali, rappresentazioni arti­
stiche, progetti di gruppo, ecc. Sono anche utilizzabili come guide per la
valutazione o l’assegnazione dei voti, e forniscono valutazioni formative
che guidano e sostengono l’impegno successivo nell’apprendimento.
L’uso delle rubriche presenta diversi vantaggi sia per i docenti che
per gli studenti. Un insieme di criteri, pensato per riflettere l’impor­
tanza relativa degli obiettivi del compito, aiuta a garantire che il do­
cente assegnerà i voti in modo coerente in tutto il compito. Inoltre, an­
che se stilare la rubrica di valutazione richiede tempo, se ne risparmia
poi nell’assegnazione dei voti, perché la rubrica riduce le ambiguità e
permette al docente di farvi riferimento invece di scrivere lunghi com­
menti. Infine le rubriche di valutazione sono utili nelle attività trasver­
sali perché aiutano a mantenere la coerenza nell’assegnazione dei voti
tra docenti di discipline diverse.
Dal lato della didattica, le rubriche di valutazione aiutano il docente
a farsi un quadro più chiaro dei punti forti e deboli dell’intera classe.
Annotando i voti sulle varie componenti dei compiti e determinando
per ciascuna il numero di studenti che non raggiungono la sufficienza,
i docenti possono identificare le abilità o i concetti che richiedono più
ore di lezione o impegno da parte degli studenti.
Fornite insieme alla descrizione del compito, le rubriche possono aiu­
tare gli studenti a controllare e valutare i propri progressi verso obiettivi
di apprendimento chiaramente indicati. Quando sono fornite insieme ai
compiti corretti, gli studenti riconoscono più facilmente i punti forti e de­
boli dei propri elaborati e orientano i loro sforzi di conseguenza.
Alcuni esempi di rubriche di valutazione sono riportati nell’Appendice.
Informazioni dettagliate su come stilare una rubrica di valutazione sono
fornite da Dannelle D. Stevens e Antonia J. Levi20.

20
D.D. Stevens e A.J. Levi, Introduction to rubrics: An assessment tool to save grading time,
convey effective feedback and promote student learning, Stylus, Sterling (Virginia) 2005.

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Idee digitali

Rubriche di valutazione
Per semplificare la produzione di rubriche di valutazione, anche personalizzan-
dole, è possibile fare ricorso a software automatici o a piattaforme web che ne
permettono la creazione guidata. Tra queste la più completa appare Rubistar,
piattaforma in lingua inglese. In Rubistar, le rubriche di valutazione si trovano
suddivise in macrocategorie (lettura, scrittura, matematica, scienze, produ-
zioni, multimedia, progetti orali, arte, competenze lavorative), ciascuna delle
quali apre a possibili rubriche specifiche, relative, per esempio, alla redazione
di un giornale scolastico, alla produzione di relazioni di laboratorio, a progetti
di problem-solving matematico, ecc. Il docente può scegliere in un menu a
tendina un indicatore tra quelli proposti e trovare compilati automaticamente i
descrittori, potendo comunque agire per modificare i contenuti e aggiungerne
dei propri prima di salvare o stampare.
Piattaforma analoga, interamente in italiano ma con richiesta di iscrizione, è
Impari-scuola, in cui è possibile ritrovare quasi tutte le opzioni di Rubistar, con
una grafica più accattivante.
Per chi voglia invece usare rubriche pronte, da riadattare dalla lingua ingle-
se, aggiornate anche su compiti che prevedano l’uso didattico di strumenti di-
gitali, un ampio archivio di grande interesse è reperibile al sito Kathy Schrock’s
rubric page.
Il consiglio d’uso per le rubriche di valutazione è infine quello di evitarne la
stampa cartacea e la compilazione manuale. È sicuramente più vantaggioso
riprodurre le rubriche in un modulo Google Forms o Microsoft One Drive per
ottenere, completata la compilazione interattiva, la produzione automatica di
tabelle riepilogative e istogrammi dei risultati. Inoltre, inviando le rubriche agli
studenti è possibile sollecitarne un’attività di autovalutazione che ne stimoli il
senso di responsabilità, l’autonomia di giudizio e la motivazione ad apprendere.

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