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Dibattito sull’eutanasia

Andrea: Lo scorso anno ho avuto modo di assistere ad una discussione e prendere parte ad un dibattito
etico sull’eutanasia. Inizialmente, ero contraria all’applicazione di quella che viene definita “morte dolce”,
ma leggendo numerosi articoli e raccogliendo molte testimonianze ho preso atto dei motivi e dei casi in cui
è giusto porre fine alla propria vita.

Cristina: Io, invece, penso che questa pratica dato che riguarda il tema della vita debba essere trattato con
più delicatezza. Infatti per me l’eutanasia è moralmente inaccettabile, tanto che io considero questa come
un suicidio.

Andrea: A mio parere penso e sono ampiamente convinta che ogni essere umano debba essere libero di
poter gestire la propria vita e di esserne padrone, soprattutto in casi di estrema disperazione e profonda
sofferenza, dove la morte viene vista come una liberazione dal male e una corsa per anticipare l’orrore,
come raccontava una scrittrice francese in una lettera pro eutanasia scritta poco prima di abbandonarsi
definitivamente alla morte.

Cristina: Siccome, però, al giorno d’oggi, la mente umana influenza le decisioni quotidiane, almeno a
morte penso debba essere un processo naturale. Inoltre la sofferenza e il dolore fanno parte del normale
scorrere dell’esistenza. È forse la nostra società che ci ha abituati ad evitare il dolore piuttosto che ad
affrontarlo?

Andrea: È sicuramente la nostra società ad averci abituati a lottare con tutte le nostre forze, ma penso che
affrontando le tematiche legate alla vita non ci troviamo di fronte ad un dibattito tra chi è a favore della vita
e chi della morte perché tutti i malati vogliono guarire e non morire. Ma, con lo scorrere del tempo, la
sofferenza aumenta e le speranze si deteriorano, cosicché il paziente , trovandosi in uno stato vegetativo
persistente, è costretto a chiedere di morire. Infatti, per confutare l’espressione della naturalezza della
morte, ribadisco che non c’è nulla di naturale in un corpo tenuto biologicamente in funzione da respiratori,
idratatori e alimentatori artificiali.

Cristina: È vero, però, i medici, secondo il giuramento di Ippocrate, non devono somministrare nemmeno
su richiesta un farmaco mortale, perché il loro dovere è quello di esaminare accuratamente il caso, trovare
delle soluzioni, fornire sempre delle speranze, non dello sconforto.

Andrea: Al di là del fatto che l’eutanasia sia una pratica giusta o sbagliata, penso che la società ci ponga
degli interrogativi di una complessità tale che superano di gran lunga la capacità di comprendere
dell’opinione pubblica, la quale può decidere solo a partire da pregiudizi, legittimi, ma irrazionali. Infatti per
capire a fondo la problematica dovremmo trovarci nella stessa situazione di un malato terminale.

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