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Lez.

1 - 29 nov 2010
Le competenze che avete, dal punto di vista giuridiche, non sono complete. Gli anni scorsi ho trovato
grosse difficoltà da parte degli studenti a comprendere proprio i fondamenti del diritto. Le materie
propedeutiche per poter comprendere appieno quello di cui andremo a parlare sarebbero ovviamente un
minimo di disciplina istituzionale sulle fonti, quindi un esame diritto pubblico, un esame di diritto
dell’Unione Europea, un esame di diritto privato e un esame di diritto del lavoro e questo sarebbe
l’optimum. Non so quest’anno come siamo messi, ditemelo subito e così so a che livello parlare. Chi ha
fatto diritto privato? Nessuno, avete studiato i contratti? E’ già qualcosa, se avete una infarinatura sulla
teoria generale del negozio giuridico: che cos’è il contratto, quali i suoi effetti. Cercherò, volta per volta,
di semplificare le nozioni che vi do e spiegarvi quel che non sapete. Per parlare con un po’ di senso con le
materie di questo corso, il tentativo che faremo assieme è di capire come nella materia del lavoro il diritto
comunitario si inserisce in relazione al diritto nazionale, cercare cioè di capire come possono essere
influenzate le politiche regolative nel settore specifico del lavoro da una disciplina sovranazionale come è
quella comunitaria e quindi questo è abbastanza interessante perché, cercheremo anche di verificare come
la giurisprudenza sia comunitaria che nazionale recepisce, interpreta, interviene con riferimento alla
regolazione delle dinamiche giuridiche del lavoro a livello europeo. Solitamente tento di coinvolgere gli
studenti cercando in qualche modo di farvi avvicinare ai documenti giuridici e soprattutto
giurisprudenziali. Negli anni scorsi ho trovato sempre grandi difficoltà perché oggettivamente i testi delle
sentenze della Corte di Giustizia sono complesse e non so se nella esperienza che avete prima, qualcuno
spero avrà studiato diritto dell’Unione Europea, non so se nel corso dell’ambito istituzionale abbiate preso
conoscenza dei testi giuridici. In ogni caso per noi è piuttosto interessante ed io punterò piuttosto che al
dettaglio della disciplina ad una visione di carattere generale, cercando di fare anche dei confronti con la
disciplina nazionale in una prospettiva di proiezione e questo lo faremo assieme, chiedendo di leggere
assieme alcuni di questi documenti.
Per quanto riguarda il materiale didattico, finalmente è uscito il testo nuovo “Manuale di diritto sociale
europeo” (se qualcuno ha il Galantino può continuare a studiare là però è preferibile il nuovo testo perché
quel testo presenta dei difetti, assomiglia più ad un elenco del telefono.. senza affrontare la nozione
centrale e approfondimenti) tende più all’elencazione dei principi che alle norme e più preciso. Per chi
vuole ci sono testi in lingua straniera… Mi si chiede spesso “dobbiamo studiare il libro di testo?” e la
risposta quale volete che sia, il libro di testo va studiato, ovviamente integrandolo con quello che si dice a
lezione, cercando di capire questa materia, perché faremo un percorso un po’ diverso, andremo a leggere
sentenze, cercheremo di leggere i materiali normativi anche per capire come sono costruiti ma un tetso
normativo europeo non è uguale ad un testo normativo nazionale perché diversi sono gli obiettivi, le
funzioni, gli scopi e anche le istituzioni che lo hanno prodotto e quindi alla fine vedremo proprio come
sono costruiti questi testi e in che modo gli stessi vadano letti e interpretati alla luce della giurisprudenza.
Quindi è importante che compriate il libro di testo e già che lo studiate a mano a mano, soprattutto se
volete sostenere l’esame a febbraio. Il testo è integrale, è richiesto lo studio di tutto il manuale tranne il
capitolo VIII, parte terza pur interessante ma improponibile in questa sede e riguarda la disciplina e il
coordinamento sistemi nazionali sicurezza sociale, se io mi mettessi a parlare di previdenza sociale
comunicheremmo a livello esponenziale. L’anno scorso avevo espunto dal programma la disciplina sulla
parità di trattamento, quest’anno la faremo, perché è una disciplina complessa che richiederebbe
possibilmente la conoscenza delle istituzioni di diritto processuale civile che ovviamente non avete,
faremo un ragionamento semplificato limitandoci ai principi, non sarà possibile andare a discutere della
effettiva regolazione dei meccanismi attraverso i quali la disciplina sulla parità di trattamento, le regole
contro le discriminazioni operano, non andremo a fare uno studio di dettaglio, cercheremo di inquadrare i
principi. Importante che abbiate sottomano i materiali normativi. Metterò a disposizione sul sito di e-
learning i principali testi normativi, le principali sentenze della Corte di Giustizia che ci interessano, in
ogni caso sono in commercio vari supporti tra cui fondamentali il libro dell’IPSOA “Codice delle
direttive” ed è una raccolta della normativa comunitaria in materia di lavoro completa, in alternativa sono
disponibili varie edizioni di raccolte di leggi in materia del lavoro, chi ha fatto l’esame di diritto del
lavoro penso le avesse all’epoca già utilizzate, la migliore, a mio parere, è la raccolta della GIUFFRE’
“Codice del lavoro”, non è obbligatorio comprarlo.

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Ultima annotazione preliminare riguarda il problema della disciplina del lavoro nelle pubbliche
amministrazioni, questo è un punto carente nell’impianto generale di questo corso di laurea che non è
ancora stato possibile inserirlo come corso. Come sapete la disciplina nelle PA è speciale, cioè è diversa
per molti aspetti rispetto alla disciplina del lavoro privata, tra di voi ci sono delle persone che lavorano
nella PA e che abbiano interesse per questa disciplina, noi non potremo trattare in questa sede se non per
alcuni aspetti molto limitati, potremo dire qualcosa con riferimento al lavoro a termine perché
chiaramente avremo degli spunti forniti sia dalla disciplina nazionale che da alcune interessanti sentenze
della Corte di Giustizia al riguardo, vedremo alcune cose sul lavoro pubblico con riferimento al limite
della libera circolazione dei lavoratori ma non esiste una disciplina comunitaria del lavoro pubblico e
quindi sta fuori da questa materia, ad alcuni laureandi ho dato su loro richiesta alcune tematiche sul
lavoro pubblico.
All’esame vi farò domande sulla materia che abbiamo studiato, ovviamente non pretenderò le stesse
risposte che pretendo dagli studenti di giurisprudenza ma è anche ovvio che essendo un esame giuridico
pretendo il ragionamento giuridico che cercherò di spiegare e che è l’oggetto di questo corso, soprattutto
in materia comunitaria, vedrete che c’è proprio un metodo costante che va applicato per intervenire, per
comprendere, per leggere la disciplina comunitaria, a me interesserà che abbiate compreso per sommi
capi qual è il metodo del ragionamento giuridico relativamente a questa disciplina e che abbiate compreso
non i cavilli ma i principi generali, le dinamiche generali che presiedono ogni singola materia che
affronteremo. Le diapositive sono uno strumento moderno ma non potete pensare di studiare un esame di
diritto con delle diapositive, è uno strumento che agevola la conversazione ma non è un libro di testo,
sono degli schemi. Il corso si svolgerà con una prima parte introduttiva su quello che è l’oggetto della
disciplina comunitaria e cercheremo di capire perché il cosiddetto diritto del lavoro europeo è diverso dal
diritto del lavoro nazionale, cos’è che distingue questi due settori dell’ordinamento della medesima
disciplina che in fin dei conti è il lavoro umano, visto da prospettive profondamente diverse. Vedremo poi
i diritti sociali fondamentali come sono in linea generale come sono regolati e qual è stata l’evoluzione
storica dell’intervento comunitario in materia, vedremo molto brevemente di riepilogare come è costruito
il sistema delle fonti del diritto comunitario, cose che dovreste già sapere, quali sono le istituzioni
comunitarie e qual è l’efficacia delle fonti, distinguere un regolamento da una direttiva, sapere
esattamente qual è il diverso operato di applicazione della singola fonte con riferimento all’ordinamento
nazionale, io lo do per presupposto, anche se perderò un paio d’ore per riepilogare ma che io do per
scontati. Dopo di che passeremo allo studio della libera circolazione dei lavoratori, tema che io ritengo
molto interessante perché offre una serie di spunti notevoli, ci permetterà di dare un primo approccio alla
giurisprudenza, capire proprio come si sono sviluppate le dinamiche regolative, come il diritto
giurisprudenziale progressivamente è stato attratto al diritto normativo, come sia stata progressivamente
modificata la disciplina della libera circolazione anche in seguito all’evoluzione della giurisprudenza e
questo ci consentirà di vedere una serie di casi. Vedremo poi il tema sul rapporto tra libera circolazione e
prestazione di servizi, cercheremo di capire qual è la differenza, a livello istituzionale la dovreste già
sapere, qui avremo l’opportunità di verificare quali tipo di conflitti ci sono nel rapporto tra queste due
libertà con riferimento al tema dell’immigrazione intracomunitaria, tema di grande attualità, perché
diversa è la situazione in cui il lavoratore che migra da un paese ad un altro per andare a lavorare, cioè ad
assumere un impiego in un altro paese dell’Unione Europea dal caso in cui questo medesimo spostamento
da un paese ad un altro dell’UE si svolga in forza dell’esecuzione di un contratto sociale, cioè se
un’impresa situata in un paese dell’Unione Europea vince un appalto da eseguirsi in un altro paese
dell’UE e l’esecuzione di questo appalto richiede un significativo impiego di mano d’opera è chiaro che
quell’impresa o assume gente in quel paese oppure manda i suoi dipendenti nell’altro paese. Dal punto di
vista fenomenico è la stessa cosa, c’è uno spostamento di lavoratori da un paese ad un altro, dall’altro
punto di vista sull’impatto del mercato del lavoro i problemi sono analoghi perchè comunque vi è una
situazione in cui nell’ambito del mercato del lavoro del paese di destinazione, cioè l’ingresso di persone
che occupano una quota di lavoro, tolgono lavoro per capirci; dal punto di vista delle regole la disciplina è
completamente diversa, perché da un lato c’è una regola di parità di trattamento: il lavoratore migrante
che va ad occupare un impiego in un altro paese ha diritto che gli vengano applicate tutte le regole di quel
paese, nel secondo caso il diritto comunitario tutela l’impresa, cioè la libera prestazione del servizio

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garantendo il mantenimento delle regole del paese di provenienza, ciò significa che c’è un problema poi
ad applicare poi la normativa lavoratistica ai lavoratori migranti in forza di un’esecuzione di un contratto
di servizi e questo ci permetterà di fare delle valutazioni che sono anche di tipo generale, andando a
vedere grossi problemi che ci sono stati e che sono stati affrontati dalla giurisprudenza e che hanno
provocato fratture tra i sindacati. Andremo a vedere poi la disciplina della formazione professionale molto
in sintesi perché è una disciplina complessa e poi nella seconda parte del corso andremo ad analizzare una
serie di discipline di settore, questa è la parte del corso che provoca maggiori difficoltà di contrazione, in
questo corso di laurea, perché qui dobbiamo entrare nella disciplina specifica e trattando una serie di
materie che ho indicato qua (nel programma) il lavoro atipico, il lavoro a termine, orari di lavoro,
sicurezza, ristrutturazioni crisi d’impresa: informazione, consultazione e partecipazione. E’ chiaro che qui
ci saranno i maggiori problemi perché il lavoro a termine o il lavoro atipico e per poter parlare di lavoro
atipico sarebbe bene sapere cos’è il lavoro tipico, avere il concetto di tipo, cosa intendiamo quando
facciamo riferimento a causa nel contratto, cioè tutta una serie di pre-requisiti, di conoscenze che sono
estremamente tecnici. I lavoro a termine lo tratteremo perché fondamentale. Sto cercando di riepilogare in
sintesi le nozioni fondamentali, stessa cosa in materia dell’orario di lavoro o della sicurezza sul lavoro,
sono ambiti estremamente tecnici che cercheremo di vedere, se possibile ma purtroppo i tempi quest’anno
non sono facili da costruire, era mia intenzione, ho già parlato con un giudice che ha affrontato con
riferimento al lavoro a termine il problema e gli ho chiesto se veniva a fare un’ora di lezione per
raccontare agli studenti che cosa succede quando sei chiamato ad applicare la disciplina italiana e
comunitaria, con riferimento al lavoro a termine questo è un problema abbastanza grosso, perché si tratta
di interpretare, l’esempio, il caso emblematico di quello che abbiate studiato penso nell’ambito del
percorso istituzionale relativamente al problema di confronto, di relazioni tra il diritto comunitario e il
diritto nazionale, soprattutto laddove chi interpreta, applica il diritto comunitario come fa, cosa significa
disapplicare una normativa nazionale laddove sia considerata incompatibile dal giudice con il diritto
comunitario, cosa vuol dire salvaguardare i principi costituzionali, etc.. Questo giudice mi ha dato la sua
disponibilità, vediamo se per ragioni di tempo dovrebbe venire dopo l’Epifania.
Per quanto riguarda informazione, partecipazione e consultazione ho deciso di tenerlo anche quest’anno,
solitamente lì proprio non ci si capisce, è l’apoteosi del problema, però è una materia che io ritengo
fondamentale, è estremamente importante e perlomeno voi sappiate, percepiate in che modo il diritto
comunitario del lavoro interviene con riferimento alle relazioni collettive, so che potremo fare molto poco
da questo punto di vista ma ritengo sia importante e in questo testo è spiegato in maniera agevole.
Detto questo, passiamo subito a vedere un po’ di introdurre la nostra materia, cercando di capire che cosa
distingue il diritto del lavoro, terminologia non appropriata, diritto sociale comunitario dai diritti del
lavoro nazionali e perlomeno guardando dall’ottica del diritto italiano. Diritto italiano che dal punto di
vista del lavoro non è dissimile dagli ordinamenti degli altri grandi paesi industriali dell’aera europea, il
diritto del lavoro italiano non è estremamente diverso da quello tedesco, francese o spagnolo è però
profondamente diverso da quello polacco o piuttosto che altri ordinamenti giuridici nazionali dei paesi
che sono entrati nell’Unione Europea più di recente ed è diverso dal diritto britannico. Ora cerchiamo di
capire cos’è intanto il diritto del lavoro, dovreste saperlo ma ho richiamato questa sintesi di un sociologo
che dice alcune cose interessanti; questo studioso scrive: “Proprio al centro del sistema capitalistico si
trova, travestita da rapporto contrattuale, una relazione essenzialmente coercitiva e altamente
asimmetrica le cui parti sono necessariamente ostili l’una all’altra” (G. Poggi, Calvinismo e spirito del capitalismo, Bologna, 1984, p. 46).
Voi capite come ogni affermazione qui presenta alcune caratterizzazioni ideologiche sulle quali possiamo
o no essere d’accordo, questo tema soprattutto dell’ostilità evidentemente è importato da una certa lettura
delle relazioni tra lavoratori e datori di lavoro che no è l’unica lettura che può essere data, in ogni caso
quello che è interessante è anche questo tema dell’ostilità ma non mi soffermerei su questo, il problema è
quel travestita da rapporto contrattuale, qua i nostri civilisti, perché secondo voi è interessante questo
riferimento, cioè il contratto di lavoro è un contratto, qual è il principio cardine della teoria del negozio
giuridico? La bilateralità che è conseguenza del principio di uguaglianza e autonomia, cioè il diritto
privato vede le parti esattamente sullo stesso piano, non ci sono, salvo alcune discipline ma sono più
moderne perché ad esempio il diritto dei consumatori però è nuovo, nel nucleo originario del diritto civile
tutto questo non c’è, sono due parti che sono sullo stesso piano e che regolano in autonomia e lo stato

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riconosce e tutela l’autonomia delle parti, principio cardine cardine è proprio questo: la libertà delle
parti nella regolazione dei loro rapporti. Dire che il contratto di lavoro è un contratto significa
esprimere un problema, nel diritto romano il diritto del lavoro non esisteva mentre esisteva il contratto di
locazione, cosa c’entra il contratto di locazione con il contratto di lavoro, tutto e niente, nel diritto romano
si obbligavano a lavorare soltanto gli schiavi, il rapporto di lavoro sorgeva nel momento in cui il padrone
di uno schiavo mandava a lavorare il proprio schiavo presso un altro padrone, lo dava quindi in locazione,
la giurisprudenza equiparava, siccome non c’erano fonti su questo tema, la giurisprudenza utilizzava la
locatio bovis per regolare il rapporto “di lavoro” dello schiavo, la locazione del “bue”, dell’animale,
quindi questo è il punto di partenza dell’evoluzione (problema aula piccola per ragioni di sicurezza…e su
orario, no alle lezioni di 3 ore perché non proficue, firme e moduli per giustificativi).
C’è un problema di rapporto fra le parti negoziali e in questo caso non possono dirsi equiparate proprio da
un punto di vista della relazione del potere negoziale ed è il motivo per cui questo sociologo parla di
“travestimento” e parla anche di relazione essenzialmente coercitiva e altamente asimmetrica, almeno io
non sono d’accordo sull’idea che ci sia una necessaria ostilità tra le parti del rapporto ma sicuramente vi è
una coercizione, cioè c’è una relazione coercitiva ed asimmetrica, a che cosa fa riferimento la
coercizione, qual è la caratteristica tipica del lavoro subordinato, chi lo ricorda dagli studi di diritto del
lavoro? Qual è il principio, l’effetto tipico del contratto di lavoro subordinato? Il contratto di lavoro
subordinato attribuisce al datore di lavoro il cosiddetto potere direttivo, cioè il potere unilaterale di
specificare le modalità di esecuzione della prestazione, nei limiti che l’ordinamento moderno oggi
conosce: problema interessantissimo che è quello che si affronta nelle istituzioni che è quello che si tenta
di capire, ma qui c’è il problema della coercizione sulla libertà individuale, innanzitutto il datore di lavoro
può dare direttive che interessino la sfera personale del lavoratore, comunque il problema è proprio
questo: attribuzione del potere direttivo, il contratto di lavoro subordinato, che magari dalle cronache
sembra un po’ in crisi perché tutti vogliono fare i contratti a progetto che vogliono fare per motivi non
giuridici, perché il contratto di lavoro subordinato è quello che in assoluto attribuisce al datore di lavoro il
maggior numero di poteri, cioè l’utilizzo della forza lavoro e l’acquisizione del cosiddetto potere
direttivo, l’eterodirezione (Di chi lascia che le proprie azioni vengano guidate dagli altri,
essendo privo di autonomia decisionale), quindi la coercizione sta in questo, anche perché il datore
di lavoro è proprietario dei mezzi di produzione e il lavoratore mette a disposizione “soltanto” le proprie
capacità, energie all’inizio del diritto del lavoro, il diritto del lavoro è nato come diritto operaio, diritto
che regolava le prestazioni professionali di chi aveva a disposizione una professionalità, estremamente
fungibile perché tanta era la forza lavoro, poca era l’impresa, molto ridotta era la capacità del sistema
produttivo di recepire la forza lavoro, quindi coercitiva e asimmetrica perché c’è un divario conoscitivo
estremamente profondo tra il datore di lavoro e il lavoratore, pochi datori di lavoro, tanta mano d’opera
non professionalizzata che offre prestazioni, professionalità fungibili e quindi grandissimo potere di scelta
da parte del datore di lavoro, potere di scelta e potere d’imporre le condizioni di lavoro decise da lui
medesimo, proprio in forza del potere economico di cui dispone e quindi il diritto del lavoro nasce
proprio per correggere, per temperare le asimmetrie informative, leggi: disciplina del mercato del lavoro,
disciplina dell’occupazione, come funziona il rapporto fra domanda e offerta di lavoro. Sistema di
collocamento, fino a non tanti anni fa anche in Italia non era libero il rapporto fra domanda e offerta e
doveva necessariamente passare attraverso un meccanismo di collocamento, dove il datore di lavoro
doveva fare delle domande numeriche, poi piano, piano sono diventate nominative e poi, lo vedremo, il
diritto comunitario ha imposto all’ordinamento nazionale di smantellare il meccanismo del collocamento
pubblico, fatta eccezione per il collocamento dei disabili, cioè i soggetti che in base ad una regolazione
normativa hanno delle capacità ridotte quindi richiedono l’intervento dello Stato per correggere una
condizione di asimmetria speciale ma il modello del collocamento pubblico cade, però la ragione proprio
per cui in materia di stipulazione dei contratti di lavoro era stato pensato il sistema del collocamento
pubblico anche per evitare i fenomeni di caporalato e quant’altro che avevamo in particolar modo nel
mezzogiorno. Con una serie di divieti forti, l’interposizione oggi tutti sappiamo, più o meno, che cos’è la
somministrazione di mano d’opera, lavoro interinale cosiddetto, le agenzie di lavoro interinale sono
perfettamente lecite e operano addirittura agenzie interinali che sono fuori dal territorio nazionale e che
vedremo studiando la direttiva sul distacco, fino al 1997 era vietato in Italia l’interposizione di mano

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d’opera, era vietato il lavoro interinale e anche qui per effetto dell’intervento dell’Unione Europea, l’Italia
è stata costretta a modificare, il pacchetto Treu che introdusse nel ’97 il lavoro interinale che fu il portato
di un’evoluzione del sistema, perché era vietata l’interposizione di mano d’opera? Era vietata perché si
riteneva che non dovessero esserci mediazioni, perché le mediazioni erano considerate dannose per i
lavoratori, un problema, una coercizione, un ostacolo alla garanzia del meccanismo pubblico per le
assunzioni. Quindi correzioni delle asimmetrie e delle coercizioni intrinseche al rapporto, per quanto
riguarda le coercizioni intrinseche pensate a tutta la disciplina in materia di retribuzione oppure alla
disciplina dell’orario di lavoro, ecc. cioè tutta la normativa che impone dei minimi inderogabili di
trattamento. Minimi inderogabili standard, cioè la funzione propria tradizionale del diritto del lavoro era
quella di garantire le regole minime che fossero però uguali per tutti, quindi in qualche modo impedissero
trattamenti al ribasso da parte del datore di lavoro ma impedissero anche la concorrenza interna tra
lavoratori ed è il motivo per cui si è sviluppato il meccanismo dell’associazionismo sindacale e
quant’altro. Allora, chiaramente uno dei problemi fondamentali era quello della protezione dei lavoratori,
di chi esercitava una certa attività contro il rischio di essere sostituiti da nuovi concorrenti, questa è una
delle funzioni fondamentali, tradizionali del diritto del lavoro e in ragione del quale, per esempio, sorsero
le corporazioni nel medioevo e tutta una serie di regole sull’apprendistato, che serviva per entrare
nell’esercizio di una certa professione e tutta una serie di regole che tutelavano chi il lavoro ce l’aveva da
chi non ce l’aveva, pensate alla disciplina in materia di licenziamento, di cui si parla tanto oggi,
soprattutto il forte argine al licenziamento che è dato dall’art.18 dello Statuto dei Lavoratori, questo non
c’era fino al 1966, non esistevano regole limitative in materia di licenziamento, quindi la garanzia delle
regole all’assunzione era monca, perché avendo un sistema di licenziamento libero è ovvio che non aveva
senso, pensate al lavoro a termine, l’introduzione del lavoro a termine è intimamente collegata con la
disciplina sul licenziamento perché in fin dei conti a noi, nel momento in cui il licenziamento è libero, che
l’assunzione sia a termine o non a termine, anzi garantisce di più il contratto a termine perché questo
impone di arrivare alla scadenza; l’introduzione negli anni ’60 della disciplina vincolistica in materia di
licenziamento ha rappresentato forse l’apice più alto della disciplina tradizionale in materia di lavoro.
Ora, è chiaro che la regolazione eteronoma, la regolazione per effetto di norme statali sulle relazioni di
lavoro pone dei problemi nel momento in cui si limita a tutelare gli occupati, chi ha fatto corsi di
economia del lavoro sicuramente ha affrontato il problema, questa teoria di contrapposizione tra insiders
e outsiders, dal punto di vista degli studi economici il fondamento di una gran parte degli interventi
normativi da parte dell’Unione Europea. Originariamente il diritto del lavoro è un diritto
anticoncorrenziale, cioè il principio cardine, cioè quello che si vuole evitare è la concorrenza, si vuole
porre attraverso regole che impongono standard minimi di trattamento un argine all’applicazione delle
regole comuni in materia di concorrenza. Chiaramente sistemi di questo tipo se portati ad un livello
estremo di applicazione pongono dei problemi con riferimento alla tutela delle regole dell’uguaglianza e
delle regole relative alla garanzie del lavoro per tutti che noi abbiamo nella Costituzione agli artt. 3 e 4,
sono norme che conoscete suppongo perfettamente, comunque il rilievo di queste norme è centrale:
“Art. 3 - Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di
sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto
la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva
partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
Art. 4 - La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che
rendano effettivo questo diritto.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o
una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.
Art.3: Riprenderemo questa norma perché la ritroveremo quando andremo a vedere la Carta di Nizza
dove dice qualcosa sui principi generali che ci sono a livello comunitario. Una garanzia di questo tipo,
così come la norma dell’art.3, comma 2: È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine
economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno
sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica,
economica e sociale del Paese.” vanno in direzione opposta rispetto alla tutela degli insiders, quindi ad

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un meccanismo, ad un sistema che si limiti ad imporre garanzie minime, inderogabili ma che si applicano
a chi? Al contratto di lavoro, però il contratto di lavoro bisogna averlo stipulato, quindi era il vecchio
meccanismo del collocamento che serviva, in qualche modo, a far venire meno gli effetti negativi della
concorrenza sulla stipulazione del contratto, altro non c’era se non regole applicabili soltanto ai lavoratori
subordinati, sempre in origine ma nell’ambito del diritto nazionale questa era la situazione che appunto in
certi casi perveniva a realizzare una situazione di contrasto con le garanzie costituzionali.
Gli economisti spiegano questi fenomeni, spiegano da un punto di vista economico le caratteristiche
essenziali del diritto del lavoro tradizionale parlando di monopsonio, cioè spiegano attraverso la teoria del
monopsonio la ragione per cui gli stati nazionali hanno imposto una serie di standard minimi inderogabili
di trattamento del lavoratore, cioè secondo gli economisti l’imposizione di queste regole ebbe ed ha entro
certi limiti, la funzione di correggere una distorsione tipica del funzionamento del mercato del lavoro
avente, all’epoca, caratterizzandosi per questa struttura monopsonistica. Ora in greco altro non vuol dire
che monos=uno solo e opsom=significa cibo, provvista di cibo, cioè un mercato nel qual a dar da
mangiare ce n’è uno solo e così era all’inizio, nel primo periodo della rivoluzione industriale. Ho riportato
una definizione interessante (slide 7, file lez.1) che ha dato un amico di Milano, agevolato perché ha il
fratello economista, “nel mercato monopsonistico, nel quale ad un unico imprenditore che cerca
manodopera si contrappone l’offerta di una pluralità di aspiranti lavoratori non coordinati fra loro,
questi ultimi si trovano in una situazione analoga a quella dei consumatori nei confronti di un produttore
monopolista: si trovano cioè in un mercato in cui i livelli di occupazione e le retribuzioni sono
innaturalmente ridotti rispetto a quanto accadrebbe in situazione di concorrenza fra più imprenditori sul
lato della domanda di manodopera. […] qui […] lo Stato o la coalizione sindacale laddove lo Stato la
riconosca, intervengono per imporre standard minimi inderogabili di trattamento, oppure per aumentare
il potere contrattuale dei lavoratori favorendone l’aggregazione sindacale ed eventualmente spingendosi
ad assicurare l’inderogabilità dei trattamenti negoziali in sede collettiva” (P. Ichino, Lezioni di diritto
del lavoro, Milano, 2004, p. 92), quindi o lo Stato impone lui trattamenti minimi inderogabili, cosa
significa inderogabili, dal punto di vista del diritto civile? In Italia la scelta che è stata fatta non è stata
quella di imporre per legge un minimo retributivo ma è stata quella di rinviare alla individuazione
collettiva del minimo, con l’art. 36 della Costituzione che dice “Il lavoratore ha diritto ad una
retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare
a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa.
La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge.
Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi.”
Quindi è il giudice che individua qual è la retribuzione quantitativamente, qualitativamente proporzionata
al lavoro, la contrattazione collettiva integra, i giudici ritengono di poter riempire questa norma attraverso
il riferimento alla contrattazione collettiva, l’inderogabilità nasce però dal rapporto individuale di lavoro e
le garanzie poste dalla contrattazione collettiva o dalla legge e sostanzialmente la contrattazione
individuale è vincolata al rispetto delle garanzie minime standard fissate dalla legge o dalla contrattazione
collettiva. Questo è importante nell’ottica di cui vi ho detto, perché in questo modo si stabilizza un
minimo ma che cosa significa? Che quello che muore di fame e lavorerebbe anche per meno non può
accedere al mercato del lavoro attraverso una concorrenza, cioè facendo una concorrenza al privato; cioè
se io ho questo da vendere e costa 25 euro, se lo metto in vendita a 2 euro posso farlo, non posso offrire la
mia professionalità a meno di quello che è previsto nei minimi contrattuali, quindi un vincolo forte ed
escludente, però le ragioni dell’imposizioni dei minimi inderogabili, quindi proprio l’inderogabilità è un
principio, fondamento del diritto del lavoro è dato dall’inderogabilità dei rapporti, perché, dicono gli
economisti, per questo motivo.
Ora, tenete presente, diremo qualcosa anche di questo non potendo soffermarci più di tanto ma che queste
caratteristiche sono proprie sia dei diritti nazionali che dell’intervento a livello internazionale
dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL), anch’essa caratterizzata da interventi normativi
secondo i meccanismo che vedremo, funzionali all’imposizione di minimi inderogabili su scala
planetaria, perché ci sono paesi con garanzie più alte e paesi con garanzie molto limitate. L’Europa è una
situazione a parte, non dobbiamo dimenticarci che c’è il problema del rapporto con le legislazioni di tutti
gli altri paesi del mondo, soprattutto oggi con la situazione in cui l’economia presenta delle problematiche

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abbastanza particolari.
L’Organizzazione Internazionale del Lavoro all’origine aveva, gli interventi normativi dell’OIL erano
assolutamente identici a quelli stati nazionali, cioè presentavano tutte le caratteristiche di cui abbiamo
parlato. Il problema è quello di chiedersi se tutto questo oggi è sufficiente, cioè se un impianto o se un
diritto del lavoro avente le caratteristiche che vi ho sinteticamente descritto corrispondono alla struttura
tipica del diritto tradizionale, il problema è che oggi il mercato del lavoro non più quello degli inizi del
‘900, basti pensare al fatto che il numero di chi frequenta le Università non è più il numero ridotto degli
inizi del ‘900, le professionalità si sono differenziate notevolmente e anche le caratteristiche dell’impresa.
I mercato del lavoro è cambiato quindi non è del tutto identico, non è uguale in tutte le aree del Paese e
del mondo, in tutte le aree geografiche del pianeta, ci sono molte più imprese, le imprese ora sono tante e
molto differenziate e ricercano professionalità variate. Anche qui gli economisti hanno dato un’etichetta e
l’hanno definita “monopsonio dinamico”, cosa si intende, secondo gli economisti? Il monopsonio
dinamico è : la distorsione monopsonistica che abbiamo definito nel rapporto contrattuale tra datore e
prestatore di lavoro può manifestarsi anche in presenza di una pluralità di imprenditori, innanzitutto a
causa di una forte asimmetria informativa tra le parti, succede che si viene a creare un mercato in cui
l’imprenditore sottraendosi di fatto dalla competizione con i propri potenziali concorrenti, trae vantaggio
dalla propria possibilità di scelte, dall’impossibilità di scelta in cui si trova il lavoratore.
Il problema delle asimmetrie informative resta un problema forte, l’asimmetria informativa all’inizio era
semplice da dominare, le manovalanze avevano professionalità bassissime e l’unico problema era quello
di capire qual’era l’impresa che offriva lavoro, oggi è diverso, pensate solo ai corsi di laurea che offre
questa facoltà con professionalità differenziate e a volte non tanto e poi l’ingresso in un mondo del lavoro
dove le richieste sono molto diverse, resta a fondo il problema dell’asimmetria informativa: il lavoratore o
chi cerca lavoro non hanno tutte le informazioni e il patrimonio di conoscenze necessarie per rispondere
alle offerte di lavoro. Quindi non è più sufficiente la risposta tradizionale dell’ordinamento lavoristico,
non è più sufficiente un sistema giuridico che ponga minimi standard uguali per tutti di regolazione,
perché si pone un problema diverso, se le cause di un monopsonio sono diverse da quelle tradizionali gli
stati, gli ordinamenti giuridici sono chiamati ad intervenire in maniera differente correggendo appunto
queste distorsioni; gli ordinamenti nazionali, in questo caso il nostro, lavoristici devono porsi il problema
di capire quali sono le distorsioni da correggere e dare risposte che in qualche modo siano correlate a
queste ragioni. Uno dei problemi del fatto che l’Università sono dieci anni che è terreno di guerra, in cui
in ogni momento viene modificato l’ordinamento e lo stesso 3+2 è figlio di questo problema, figlio di una
domanda che si è posto il legislatore comunitario: c’è il monopsonio dinamico, cosa facciamo? Intanto
interveniamo sulla formazione, il 3+2 era funzionale a questo, garantire una formazione professionale più
elevata, aumentando la scolarizzazione perché era quella che il mercato del lavoro richiedeva, è un
processo complicato ed è figlio del tema della cosiddetta EMPLOYABILITY e che è una risposta
individuata a livello europeo.
Abbiamo capito con riferimento al primo punto, cioè nell’ambito di una situazione come quella
tradizionale le misure più efficaci erano evidentemente quelle di tipo tradizionale, cioè imposizione
inderogabile di regole, norme standard ai datori di lavoro, standard minimi di trattamento che ovviamente
potevano anche tradursi in una diminuzione dei livelli occupazionali in un ostacolo all’accesso al lavoro
regolare. In una situazione caratterizzata invece dal cosiddetto monopsonio dinamico, qui bisogna
intervenire sulle asimmetrie e quindi attivare servizi d’informazione, formazione professionale, assistenza
alla mobilità del mercato capaci di incrementare la possibilità di scelta del lavoratore, cioè il lavoratore
deve essere in grado di rispondere alle diverse offerte, quindi ha evidentemente bisogno di un livello di
preparazione anche culturale molto più elevato, poi non entriamo nel problema di capire se la formazione
deve essere professionale o deve essere formazione culturale di un tipo diverso, io sarei dell’idea che
serva una formazione più di carattere culturale, se io vi facessi questo corso spiegandovi nel dettaglio
come funziona oggi la disciplina comunitaria del lavoro a termine, intanto domani cambia e no so a cosa
possa servire, il problema è quello di capire, perlomeno per noi giuristi inutile che ci formiamo sul
singolo dettaglio della normativa oggi, ci dobbiamo formare sul metodo, sui principi, sul sistema perché
in ogni caso il problema è questo: intervenire a livello di servizi di mercato del lavoro, cioè realizzare un
processo nell’ambito del quale sia possibile assistere i lavoratori o chi è in cerca di lavoro nel contatto con

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l’impresa e nella risposta alle esigenze dell’impresa, tant’è che uno degli ambiti più forti dell’intervento
del legislatore comunitario e di scontro fra la disciplina comunitaria e quella nazionale e quella
internazionale è stato proprio il settore del mercato del lavoro e il settore del lavoro interinale, le agenzie
di lavoro interinale sono lo strumento più importante secondo il legislatore comunitario per realizzare un
processo informativo e di assistenza alla mobilità nel mercato del lavoro e proprio di collegamento tra
domanda e offerta di lavoro, che poi in concreto nell’agenzia di lavoro interinale siano venuti meno
l’impegno forte è più un discorso applicativo.
Questa tendenza evolutiva del sistema lavoristico l’avete vista studiando le istituzioni di diritto del lavoro,
ho già parlato del progressivo depotenziamento del sistema di collocamento, del lavoro temporaneo, negli
anni c’è una progressiva modifica forte, significativa, ad oggi sicuramente non assestata; gran parte dei
problemi della disciplina del lavoro sono dati dal fatto che non c’è una chiara linea di regolazione, anche
di politica pubblica perché oggettivamente chi ha fatto l’esame nel 2008 ricorderà che a quel tempo in
materia di dimissioni c’era stata una legge che diceva che le dimissioni dovevano essere in forma scritta,
che perché fossero valide si doveva andare in Comune, etc, tutta una cosa complicata che rispondeva ad
una esigenza di politica del diritto più tradizionale, cioè l’idea di dimissioni che spesso sono in bianco e di
dover quindi intervenire con un meccanismo, quella legge è durata credo qualche giorno perché poi è
caduto il governo, perché le imprese lo fanno: è un modo spesso sbagliato per aggirare le conseguenze
della disciplina vincolistica in materia di licenziamento ed ecco quindi che le aziende all’atto
dell’assunzione venivano fatte firmare e penso ancora oggi delle dimissioni in bianco con poi un
contenzioso giudiziario infinito per provare questa cosa, comunque il contratto di lavoro sta dentro ad una
dinamica civilistica ordinaria e la legge mirava a risolvere questo problema creando però dei problemi
gestionali mostruosi, comunque sia buona o cattiva fosse quella legge, in ogni caso è stata abrogata pochi
giorni dopo l’insediamento del nuovo governo. Al di là di questo tipo di problemi il processo non dipende
dal governo anche se vi sono visioni ideologiche della regolazione del lavoro diverse ma a prescindere dai
governi in carica dal ’91 ad oggi, comunque il processo è quello verso una semplificazione delle regole e
un depotenziamento proprio dell’intervento statuale con riferimento alla disciplina, l’apprendistato i
contratti in materia di contrattazione collettiva, lo stesso contratto a termine che fino all’’87 si poteva
stipulare soltanto in presenza di una serie di ipotesi tipiche predefinite, nell’’87 hanno esteso alla
contrattazione collettiva, nel 2001 hanno abrogato tutto introducendo una clausola generale. Quindi una
semplificazione per forme di lavoro flessibili e poi il ruolo forte, importante attribuito alle agenzie di
lavoro interinale su cui anche la legge, il pacchetto lavoro entrato in vigore all’inizio di questo mese
(novembre 2011) interviene con riferimento a questi temi interviene in maniera importante. Per
sintetizzare, tutto questo perché il legislatore si pone il problema di capire che tipo di monopsonio
caratterizzi il mercato del lavoro, ovviamente tendo conto che ci sono le emigrazioni e di questo ne
parleremo, cioè ci sono persone che arrivano da modelli disciplinari differenti soprattutto nel caso della
prestazione di servizi e questo pone una serie di problemi.

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