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Calvino nasce a Cuba nel 1923 da una famiglia di scienziati di origine ligure.
La sua formazione fisica e tecnica e la sua militanza nella sinistra è molto
precoce: combatte durante la Resistenza in brigata partigiana comunista. Da
quell’esperienza provengono i primi testi pubblicati da Calvino Il Sentiero
dei nidi di ragno. Nel 1946 s’inizia anche con la sua attività di giornalista e
saggista.
Nella seconda metà degli anni Cinquanta la sua posizione di intellettuale e
scrittore è ormai consolidata: Calvino alterna testi a sfondo fiabesco, ad altri
direttamente impegnati ad ambito socio-politico. Ma dopo la crisi del rapporto
con il Partito comunista Calvino sceglie una strada nuova per la sua scrittura,
accogliendo tendenze di matrice strutturalista; questa fase prosegue sino alla
pubblicazione del meta-romanzo SE UNA NOTTE D’INVERNO UN
VIAGGIATORE ed è stato spesso affiancato al quasi coevo bestseller di U.
Eco, IL NOME DELLA ROSA, come esempio del postmordernismo italiano.
Calvino muore all’improvviso per un’emorragia cerebrale.
Produzione Narrativa, Calvino:
Il primo romanzo di Calvino (citato prima) mostra già alcuni tratti peculiari di
questo scrittore la materia storica viene volutamente filtrata da una struttura
di tipo fiabesco, in cui il protagonista non è un partigiano adulto ma il piccolo
Pin, e ciò produce un effetto di straniamento, quasi che la guerra sia una
sorta di terribile gioco. Calvino risulta in sostanza incapace di narrare una
storia alla maniera dei realisti ottocenteschi o dei neorealisti coevi.
La vivacità intellettuale di Calvino, ben presto definito (da Pavese) uno
<<scoiattolo della penna>> si delinea subito nelle sue scelte personali, come
scrittore e saggista. La sua fisionomia si delinea quando esce IL VISCONTE
DIMEZZATO, prima parte della Trilogia I NOSTRI ANTENATI, composta
anche da IL BARONE RAMPANTE e IL CAVALIERE INESISTENTE in
questi testi prevalgono modelli lontani dal realismo otto-novecentesco.
Successivamente Calvino decide di abbandonare l’impegno diretto nel P.
Comunista (deluso dalla politica repressiva dell’Urss) ma non rinuncia a
interpretare il dibattito politico-culturale, pubblicando alcuni dei suoi saggi
migliori.
Sempre alla fine degli anni Cinquanta lo scrittore ligure oscilla fra tentativi di
avvicinamento alla cronaca e l’interesse per il fantastico-romanzesco,
avventuroso e il fiabesco.
1964 Calvino si dedica sempre di più alla riflessione sulle modalità di
interpretazione della realtà. Il suo sguardo si rivolge a Parigi, dove si discute
delle nuove posizioni strutturaliste e semiologiche su tutti i segni naturali e
culturali. Calvino si orienta verso la Metaletteratura, ovvero verso la
riflessione sulle modalità di scrittura e di interpretazione del mondo, piuttosto
che verso una narrazione semplice: essa rappresenta per Calvino a veicolare
un tentativo di rappresentare il reale, ormai sempre più complesso e
stratificato.
Il primo testo che si inserisce nella nuova poetica Calviniana è la raccolta LA
COSMICOMICHE nella quale, oltre a uno stile complicato dall’uso di un
lessico para-scientifico, si colgono riferimenti a scrittori fantastico-paradossali
(Borges).
Calvino usa anche esplicitamente Opere Popolari, come appunto fumetti o le
comiche cinematografiche per proporre ipotesi singolari di interpretazione del
cosmo. Nella raccolta successiva TI CON ZERO compaiono racconti basati
su particolari procedimenti, che porteranno poi a scritture combinatorie
ovvero legate a determinati vincoli.
Gli esiti più evidenti di questa fase si colgono in alcuni racconti scritti col titolo
IL CASTELLO DEI DESTINI INCROCIATI e basati sulle figure dei tarocchi.
Un esito considerato fra i più alti di questa stagione calviniana, si coglie nella
CITTA’ INVISIBILI.
La complessa struttura della CITTA’ INVISIBILI non rimane fine a se stessa,
sembra in questo caso veicolare direttamente lo sforzo calviniano di leggere
la realtà secondo occhi insieme scientifici e letterati, sostenuto da uno stile
qui limpido ma non asettico come in altri testi.
Le ultime opere narrative calviniane portano alle estreme conseguenze
alcune premesse di questa fase. Da un lato, SE UNA NOTTE D’INVERNO
UN VIAGGIATORE risulta sin troppo affine alla logica postmodernistica della
narrativa come citazione continua e come riuso di tutte le narrazioni già
sperimentate; dall’altro, i racconti brevi di PALOMAR riavvicinano Calvino al
problema dell’interpretazione del reale, questa volta attraverso il filtro ironico
e in parte disincantato del protagonista-osservatore.
CALVINO CRITICO E SAGGISTA:
La statura di Calvino si misura anche tenendo conto della sua grande
efficacia come saggista e critico; alcuni saggi degli anni Cinquanta e
Sessanta esaminano questioni fondamentali della narrativa coeva (rapporto
letteratura/storia) , sulla necessità di riuscire a demistificare letterariamente la
visione del mondo piatta proposta dai modelli capitalistici.
La SFIDA DEL LABIRINTO-> in cui si ipotizza che la letteratura debba
sperimentare <<tutti i linguaggi possibili>> per rispondere al “labirinto” della
contemporaneità.
SENTIERO DEI NIDI DI RAGNO bilancio personale e storico-letterario
(seconda edizione)
LEZIONI AMERICANE (LEGGEREZZA, RAPIDITA’, ESATTEZZA.
VISIBILITA’, MOLTEPLICITA’) vengono affrontate alcune sfide cui deve
rispondere la letteratura sempre nell’ottica di una rappresentazione autonoma
del reale: è forse particolarmente significativa “ESATTEZZA” perché appare
oggi la dominante intellettuale che ha ispirato la scrittura di Calvino.
ELIO VITTORINI
Anche l’attività letteraria del siciliano Elio Vittorini inizia durante il Ventennio
fascista: lo scrittore infatti operò a Firenze come organizzatore culturale,
prima di trasferirsi a Milano e di aderire alla lotta resistenziale. Dopo vari
racconti, Vittorini pubblicò sulla rivista <<Letteratura>> il suo capolavoro,
CONVERSAZIONE IN SICILIA. Si tratta di un romanzo simbolico-allegorico,
nel quale il rientro in Sicilia del protagonista-narratore Silvestro diventa
l’occasione per una riflessione sia sul proprio ruolo politico, sia sulla
condizione dell’Italia intera e in specie delle zone più emarginate nel
momento finale del regime.
Vittorini sentì subito la necessità di trovare nuove forme di impegno nel
dopoguerra, sia ricordando la battaglia della Resistenza, sia promuovendo
una rivista progressista ma non rigidamente di sinistra come <<IL
POLITECNICO>>. Vittorini rivendicò l’autonomia degli intellettuali rispetto alla
politica ufficiale e promosse iniziative in questo senso con la casa editrice
Einaudi. Fino alla morte lo scrittore persegue un rinnovamento sia nei modelli
sia nei temi, con una forte attenzione alle nuove realtà tecnologico-industriali.
Oltre a numerosi saggi e interventi spesso polemici, Vittorini scrisse altri testi
narrativi LE DONNE DI MESSINA e l’incompiuto LE CITTA’ DEL MONDO.
UMBERTO SABA
Umberto Poli, che assunse lo pseudonimo-cognome <<Saba>>, nacque a
Trieste nel 1883. L’immediato abbandono da parte del padre, il rigore della
madre, l’affetto della nutrice slovena Beppa, costituiscono presupposti
autobiografici influenti sulla sua poesia. Essa si distingue per l’apparente
semplicità e cantabilità; la stilizzazione si presente come troppo semplice per
essere solo ingenua. La sua formazione culturale fu eterogenea, molte però
furono le letture personali di Nietzsche a quelle di numerosi filosofi e
intellettuali attenti all’ambito della psicanalisi.
Saba rivendicò sempre con orgoglio la sua figura di irregolare e aspirò ad
un’integrazione difficile: il regime fascista lo emarginava con le leggi razziali,
che lo costrinsero nel 1943 ad abbandonare Trieste, i suoi affetti e la sua
libreria antiquaria; l’amore coniugale andò incontro a numerose e forti crisi.
Anche come scrittore, Saba rimase fino alla morte al di fuori dei circoli
culturali più attivi e influenti. Ciononostante, la sua poesia fu assunta a
modello per la linea antinovecentesca o antinovecentista, la quale si doveva
caratterizzare come semplice e onesta, capace di costruire un rapporto
franco con il lettore.
La produzione poetica sino al 1921 il primo Canzoniere Già dal
1911/1912 escono i testi molto apprezzati come quelli di CASA E
CAMPAGNA e TRIESTE E UNA DONNA, raccolte in parte dedicate alla
moglie Lina. Saba rimane legato alla sua Trieste, ecco perché le liriche delle
prime raccolte appaiono del tutto fuori tempo rispetto alle avanguardie e
volutamente fondate su un linguaggio letterario ormai perduto.
La stessa idea di un CANZONIERE risulta a quest’altezza decisamente
conservatrice; se si aggiunge che le forme metriche preferite da Saba sono
quelle chiuse (come i sonetti). Fra le poesie di maggior valore del primo
CANZONIERE, si debbono ricordare quelle che fondono una stilizzazione
classicista con una scelta di immagini inconsuete e stranianti: A MIA
MOGLIE, in cui Lina viene paragonata ad una serie di animali non nobili,
come una pollastra. L’amore coniugale contrastato si esplicita in un affetto
quotidiano, singolare e profondo, come quello verso gli animali domestici. In
generale l’insieme dei testi assume la struttura di piccoli romanzi dove
l’autobiografismo esibito manifesta tensione dell’io lirico a depurarsi dei sensi
di colpa e nello stesso tempo a comprendersi.
Nel primo Canzoniere Saba mira a una poesia da lui stesso definita
<<onesta>>, di una leggerezza che diventa chiarezza e definizione,
espressione classica di una sensibilità contrastata e nonostante tutto
moderna.
Dopo la pubblicazione del primo Canzoniere Saba, entra in contatto con
alcuni giovani intellettuali e scrittori come EUGENIO MONTALE.
In questi anni il poeta triestino si avvicina non solo alla psicoanalisi, ma anche
alla cultura europea contemporanea, introducendo nei suoi modelli note più
forti di modernità.
Una nuova tappa è segnata dal Secondo Canzoniere uscito nel 1945. Nuovi
rapporti tematici arrivano con il PRELUDIO e FUGHE dove si mettono in
contrappunto musicale varie voci liriche. CUOR MORITURO La Brama e Il
Borgo. Altre opere SCORCIATOIE E RACCONTINI, ERNESTO (romanzo
incompiuto), STORIA E CRONISTORIA DEL <<CANZONIERE>> (testo
singolare), novelle GLI EBREI, LA GALLINA.
SALVATORE QUASIMODO
Nasce a Modica (Ragusa) il 20 agosto 1901. Durante l’infanzia vaga da un
paese all’altro della Sicilia orientale, perché il padre fa il capostazione.
Nel 1908, il catastrofico terremoto di Messina, cambia la vita del futuro poeta:
il padre è incaricato di riorganizzare la stazione; non c’erano ancora i
container e quindi i vagoni fungevano da abitazioni. In questa
città Quasimodo si diploma all’Istituto Tecnico e intanto pubblica poesie su
alcune riviste simboliste locali.
Successivamente va a Roma, per studiare ingegneria. Frequenta anche corsi
di Latino e Greco. Lavora come disegnatore tecnico, magazziniere,
geometra. Nel 1926, per lavoro, è a Reggio Calabria. Le aspirazioni letterarie
si facevano più urgenti ma, al tempo stesso, la costrizione del lavoro lo
allontanava dai suoi obiettivi. Una volta a Reggio, però, ritrova fiducia grazie
a Salvatore Pugliatti, che lo spinge a riprendere i versi scritti durante il
periodo romano, e a lavorarci sopra Nasceva in questo modo il primo
nucleo delle poesie di Acqua e terre.
Quasimodo si dedica alla stesura di una seconda raccolta: Oboe sommerso
(con cui il poeta dichiara di aver dato inizio all’ Ermetismo in senso proprio).
Nel 1934 si trasferisce a Milano: qui lavora nel settore editoriale come
segretario di Cesare Zavattini. Scrive Erato e Apollion, (Milano, 1936) con la
prefazione di Sergio Solmi: si conclude la fase ermetica della sua poesia: è
una celebrazione di Apollo, dio del sole e protettore delle Muse, e di Ulisse,
l’esule per eccellenza. Nel 1938 la prima raccolta antologica con prefazione
di Oreste Macrì, uno dei critici più autorevoli della sua poesia.
Era intanto cominciata la collaborazione con la rivista ufficiale dell’Ermetismo
Quasimodo è il più importante poeta dell’Ermetismo, quella corrente
poetica della prima metà del Novecento da cui progressivamente avevano
preso le distanze sia Montale sia Ungaretti: si tratta di un movimento
letterario avvenuto in modo spontaneo e capillare che solo più tardi (grazie,
tra gli altri, a Quasimodo) trovò una sua precisa inquadratura stilistica: Il
rovesciamento del decadentismo dannunziano; un’etica e un’estetica che
rivendicassero la profonda libertà spirituale dell’uomo; la ricerca cioè di
una poesia pura, non corrotta.<-- «Letteratura», redatta a Firenze.
La passione per il mondo greco lo portano a sentire una profonda affinità per
i lirici greci come Saffo, Alceo. A colpirlo, è la loro facilità espressiva e il loro
rapporto poetico con la vita: la loro immediatezza, la suggestione delle loro
parole, frutto non di una approssimativa spontaneità, ma di una ricerca
ostinata e profonda.
Nel 1941 Quasimodo ricevette la cattedra di Italiano al Conservatorio
“Giuseppe Verdi” di Milano, insegnamento che terrà fino all’anno della sua
morte.
Nel 1942 uscì la raccolta Ed è subito sera, che è una sintesi antologica oltre
che un bilancio del primo decennio della sua produzione poetica: fu un best
seller, cosa rarissima per la poesia.
La Seconda Guerra Mondiale è uno spartiacqueQuasimodo prosegue
alacremente nella traduzione degli antichi (il Vangelo di Giovanni ma anche
poeti moderni).
La raccolta Giorno dopo giorno (1947) segna un netto cambiamento stilistico:
la poesia si fa più impegnata, attenta alla società. Seguono raccolte come La
vita non è sogno, Il falso e vero verde, La terra impareggiabile .
Quasimodo riceve nel 1959 il premio Nobel, «per la sua poetica lirica, che
con ardente classicità esprime le tragiche esperienze della vita dei
nostri tempi», (motivazione del premio Nobel). Il geometra, l’ingegnere
mancato, aveva vinto il premio più prestigioso per uno scrittore. Eppure
questo premio, che molti ritennero immeritato, sospese il giudizio critico sul
poeta, che venne lentamente oscurato fino ad essere eclissato dalla
triade Saba, Montale, Ungaretti. L’ultima raccolta è Dare e avere (1966).
Due anni dopo, nel 1968, fu colto da un malore mentre si trovava ad Amalfi e
morì sull’auto che lo portava d’urgenza a Napoli.
Tuttavia la critica negli ultimi anni ha cercato sempre più di riascoltare la voce
di Quasimodo e di ricollocare la sua opera nella giusta dimensione. Aveva
infatti già notato il grande critico Carlo Bo «[Quasimodo] ha certo dato
assai di più di ciò che le nostre voci non sono riuscite a riconoscere».