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ITALO CALVINO

Calvino nasce a Cuba nel 1923 da una famiglia di scienziati di origine ligure.
La sua formazione fisica e tecnica e la sua militanza nella sinistra è molto
precoce: combatte durante la Resistenza in brigata partigiana comunista. Da
quell’esperienza provengono i primi testi pubblicati da Calvino  Il Sentiero
dei nidi di ragno. Nel 1946 s’inizia anche con la sua attività di giornalista e
saggista.
Nella seconda metà degli anni Cinquanta la sua posizione di intellettuale e
scrittore è ormai consolidata: Calvino alterna testi a sfondo fiabesco, ad altri
direttamente impegnati ad ambito socio-politico. Ma dopo la crisi del rapporto
con il Partito comunista Calvino sceglie una strada nuova per la sua scrittura,
accogliendo tendenze di matrice strutturalista; questa fase prosegue sino alla
pubblicazione del meta-romanzo SE UNA NOTTE D’INVERNO UN
VIAGGIATORE ed è stato spesso affiancato al quasi coevo bestseller di U.
Eco, IL NOME DELLA ROSA, come esempio del postmordernismo italiano.
Calvino muore all’improvviso per un’emorragia cerebrale.
Produzione Narrativa, Calvino:
Il primo romanzo di Calvino (citato prima) mostra già alcuni tratti peculiari di
questo scrittore la materia storica viene volutamente filtrata da una struttura
di tipo fiabesco, in cui il protagonista non è un partigiano adulto ma il piccolo
Pin, e ciò produce un effetto di straniamento, quasi che la guerra sia una
sorta di terribile gioco. Calvino risulta in sostanza incapace di narrare una
storia alla maniera dei realisti ottocenteschi o dei neorealisti coevi.
La vivacità intellettuale di Calvino, ben presto definito (da Pavese) uno
<<scoiattolo della penna>> si delinea subito nelle sue scelte personali, come
scrittore e saggista. La sua fisionomia si delinea quando esce IL VISCONTE
DIMEZZATO, prima parte della Trilogia I NOSTRI ANTENATI, composta
anche da IL BARONE RAMPANTE e IL CAVALIERE INESISTENTE in
questi testi prevalgono modelli lontani dal realismo otto-novecentesco.
Successivamente Calvino decide di abbandonare l’impegno diretto nel P.
Comunista (deluso dalla politica repressiva dell’Urss) ma non rinuncia a
interpretare il dibattito politico-culturale, pubblicando alcuni dei suoi saggi
migliori.
Sempre alla fine degli anni Cinquanta lo scrittore ligure oscilla fra tentativi di
avvicinamento alla cronaca e l’interesse per il fantastico-romanzesco,
avventuroso e il fiabesco.
1964 Calvino si dedica sempre di più alla riflessione sulle modalità di
interpretazione della realtà. Il suo sguardo si rivolge a Parigi, dove si discute
delle nuove posizioni strutturaliste e semiologiche su tutti i segni naturali e
culturali. Calvino si orienta verso la Metaletteratura, ovvero verso la
riflessione sulle modalità di scrittura e di interpretazione del mondo, piuttosto
che verso una narrazione semplice: essa rappresenta per Calvino a veicolare
un tentativo di rappresentare il reale, ormai sempre più complesso e
stratificato.
Il primo testo che si inserisce nella nuova poetica Calviniana è la raccolta LA
COSMICOMICHE nella quale, oltre a uno stile complicato dall’uso di un
lessico para-scientifico, si colgono riferimenti a scrittori fantastico-paradossali
(Borges).
Calvino usa anche esplicitamente Opere Popolari, come appunto fumetti o le
comiche cinematografiche per proporre ipotesi singolari di interpretazione del
cosmo. Nella raccolta successiva TI CON ZERO compaiono racconti basati
su particolari procedimenti, che porteranno poi a scritture combinatorie
ovvero legate a determinati vincoli.
Gli esiti più evidenti di questa fase si colgono in alcuni racconti scritti col titolo
IL CASTELLO DEI DESTINI INCROCIATI e basati sulle figure dei tarocchi.
Un esito considerato fra i più alti di questa stagione calviniana, si coglie nella
CITTA’ INVISIBILI.
La complessa struttura della CITTA’ INVISIBILI non rimane fine a se stessa,
sembra in questo caso veicolare direttamente lo sforzo calviniano di leggere
la realtà secondo occhi insieme scientifici e letterati, sostenuto da uno stile
qui limpido ma non asettico come in altri testi.
Le ultime opere narrative calviniane portano alle estreme conseguenze
alcune premesse di questa fase. Da un lato, SE UNA NOTTE D’INVERNO
UN VIAGGIATORE risulta sin troppo affine alla logica postmodernistica della
narrativa come citazione continua e come riuso di tutte le narrazioni già
sperimentate; dall’altro, i racconti brevi di PALOMAR riavvicinano Calvino al
problema dell’interpretazione del reale, questa volta attraverso il filtro ironico
e in parte disincantato del protagonista-osservatore.
CALVINO CRITICO E SAGGISTA:
La statura di Calvino si misura anche tenendo conto della sua grande
efficacia come saggista e critico; alcuni saggi degli anni Cinquanta e
Sessanta esaminano questioni fondamentali della narrativa coeva (rapporto
letteratura/storia) , sulla necessità di riuscire a demistificare letterariamente la
visione del mondo piatta proposta dai modelli capitalistici.
La SFIDA DEL LABIRINTO-> in cui si ipotizza che la letteratura debba
sperimentare <<tutti i linguaggi possibili>> per rispondere al “labirinto” della
contemporaneità.
SENTIERO DEI NIDI DI RAGNO bilancio personale e storico-letterario
(seconda edizione)
LEZIONI AMERICANE (LEGGEREZZA, RAPIDITA’, ESATTEZZA.
VISIBILITA’, MOLTEPLICITA’) vengono affrontate alcune sfide cui deve
rispondere la letteratura sempre nell’ottica di una rappresentazione autonoma
del reale: è forse particolarmente significativa “ESATTEZZA” perché appare
oggi la dominante intellettuale che ha ispirato la scrittura di Calvino.

CARLO EMILIO GADDA


Nacque a Milano nel 1893 da padre ungherese e insegnante di materie
letterarie. Pur essendo altoborghese, la famiglia si trovò in difficoltà
economiche a causa delle spese eccessive. Dopo la morte del padre Gadda
si legò sempre più alla madre, che lo spinse agli studi di ingegneria,
nonostante la sua passione per lettere.
Allo scoppio della prima guerra mondiale, si arruolò come ufficiale volontario,
ma venne fatto prigioniero dopo la sconfitta di Caporetto; solo alla fine del
conflitto venne a sapere della morte del fratello Enrico, trauma che scosse
ulteriormente il suo equilibrio psichico. Di tutti questi spunti si trovano tracce e
allusioni in molte opere gaddiane.
Gadda iniziò negli anni Venti a scrivere ampi abbozzi di romanzo e trattati,
pubblicati solo postumi.  RACCONTO ITALIANO DI IGNOTO DEL
NOVECENTO e LA MECCANICA che contengono molte riflessioni sulle
caratteristiche che deve avere il romanzo moderno in rapporto alla tradizione.
Una riflessione che caratterizzerà tutta l’opera gaddiana è quella relativa ai
rapporti tra i vari registri linguistici, da quello aulico-tradizionale a quello
tecnico-scientifico a quelli popolari, dialettali e gergali. In questi testi
cominciano ad emergere alcuni nuclei narrativi poi ossessivamente ripetuti
nella produzione di Gadda, per esempio quello della persona moralmente
retta ma incapace di difendersi, che viene emarginata dalla società, o
ancora, quello dei comportamenti dell’intera società in periodi di profonda
crisi, come una guerra terribile o un dopoguerra all’insegna della violenza.
Nel 1931 esce la prima raccolta gaddiana di racconti, LA MADONNA DEI
FILOSOFI, che viene seguita dal IL CASTELLO DI UDINE, accompagnata
nella versione originaria da una premessa poetica e tra note di ironico.
Nonostante i buoni riscontri non consentono a Gadda di abbandonare il
lavoro di ingegnere, che lo porta a collaborare con il Vaticano e a conoscere
bene l’ambiente romano. Intanto, continua a scrivere brevi testi inseribili nel
filone della prosa d’arte.
Nel 1936 muore la madre Adele e Gadda è costretto a prendere decisioni,
che aumentano i suoi sensi di colpa e le sue nevrosi. Poco dopo, comincia a
scrivere uno dei suoi maggiori romanzi, LA COGNIZIONE DEL DOLORE
pubblicata in parte sulla rivista fiorentina <<Letteratura>> quest’opera mette
in evidenza non solo alcuni dei temi più forti di Gadda ma anche la sua
difficoltà a chiudere definitivamente le opere, tanto che quasi tutte le più
lunghe restano allo stadio di abbozzi o comunque incompiute. Ciò implica la
necessità di interpretare i finali, solo accennati e spesso diversi nei vari stadi
compositivi, ma soprattutto implica una questione di poetica: per Gadda,
come per tanti narratori sperimentali del Novecento, la trama non è più il
punto essenziale di un romanzo, che invece vive soprattutto della sua
capacità conoscitiva, ovvero della possibilità a esso connaturata di
interpretare il mondo attraverso il linguaggio. Per questo autore la
mescolanza delle lingue e degli stili è l’UNICO modo di riuscire a
rappresentare l’infinita complessità, ovvero la <<baroccaggine del mondo>>
Gadda come letterato-scienziato-filosofo, alla ricerca di una sua vita per la
<<singula enumerare>> (elencare tutte le singole cose).
La Cognizione si apre nel paese sudamericano del Maradagàl in cui
imperversano reduci di guerra che mai hanno visto il fronte: e il povero
protagonista Don Gonzalo ingegnere che vive in una villa dissestata con la
vecchia madre, deve subire angherie e minacce di ogni tipo, diventando
ancora più nevrotico ed esasperato. Le parti satirico-grottesche si alternano
con altro più dolorose e drammatiche, come il dialogo fra Gonzalo ed il
medico, nel quale il primo rivela il suo <<male oscuro>>.
Nel quinto <<tratto>> (così Gadda chiama le sezioni del romanzo) si
comprende tutto il suo rammarico di non riuscire a instaurare un rapporto
spontaneo col figlio.
La stravaganza nevrotica di Gonzalo non è dovuta soltanto alla complessità
del legame filiale, ma pure alla sua incapacità di adattarsi all’imperfezione del
mondo, alle ingiustizie e ai soprusi.
Registri stilistici della Cognizione si possono riscontrare il tragico, il
lirico, parodico, satirico-grottescho. Falso spagnolo, al fiorentino colto, al
napoletano.
QUER PASTICCIACCIO BRUTTO DE VIA MERULANA il suo secondo
grande romanzo composto durante la seconda guerra mondiale.
Il testo si presenta in forma di Giallo, incentrato com’è su un delitto avvenuto
a Roma in pieno regime fascista. La vittima è Liliana Balducci, residente in un
palazzo di via Merulana, figlia di uno dei tanti profittatori di guerra.
Amico di famiglia è il commissario molisano Francesco, che viene incaricato
delle indagini: a mano a mano che queste avanzano, si conferma una delle
stravaganti teorie del detective e cioè che le catastrofi sono frutto di
concause. Il giallo gaddiano più che puntare alla scoperta di indizi e delle
spiegazioni, procede per deviazioni, piste sbagliate, riconoscimenti di contatti
insospettabili: insomma, più che l’indagine concreta conta quella conoscitiva
del detective, che alla fine sembrerebbe approdare alla scoperta di una
responsabile (l’ultima domestica di Liliana), ma senza che ciò sia confermato.
Rispetto all’altro romanzo, domina qui una narrazione più consequenziale,
che procede però alternando al romanesco popolare di fondo molti linguaggi
e gerghi, compreso quello furbesco-malavitoso.
Altre sue opere sono: NOVELLE DAL DUCATO IN FIAMME, SAN GIORGIO
IN CASA BROCCHI, L’INCENDIO IN VIA KEPLERO; Giornale di guerra e di
prigionia: si colgono qui non solo alcuni dei motivi del risentimento gaddiano
contro gli opportunisti di guerra, ma pure tracce della sua forma mentis,
elaborazione idealista di un mondo perfetto, poi distrutto.

PIER PAOLO PASOLINI


Nacque a Bologna nel 1922 da un ufficiale dell’esercito e da una maestra
elementare. Sin dall’adolescenza si dimostrò molto interessato alla poesia e
sviluppò un forte sentimento del sacro. La sua formazione culturale avvenne
principalmente a Bologna, dove studiò Lettere, ma si appassionò anche di
arte e di cinema.
Pasolini compose la prima raccolta poetica in dialetto friuliano (1942) e subito
dopo si laureò con una tesi su Pascoli. Durante la guerra non combatté nella
Resistenza; negli anni seguenti si iscrisse al Partito Comunista e divenne
insegnante di materie letterarie in Friuli: ma un’accusa di abusi su minori lo
costrinse a emigrare a Roma e successivamente iniziò la sua più intensa
attività artistica, dapprima col romanzo RAGAZZI DI VITA (1955) poi con
raccolte poetiche, sceneggiature, regie di film, traduzioni, ecc. Solida amicizia
con Moravia e Morante. Pasolini-> disposto a sfidare ogni forma di potere in
difesa di sue convinzioni: i Diritti degli Omosessuali o la lotta contro le
industrie o in generale contro la distruzione dei valori autentici della civiltà
contadina sono solo alcuni dei tanti fronti aperti in articoli giornalistici, saggi e
interviste.
Ma nella notte tra il 1° e il 2° novembre 1975 Pasolini fu ucciso presso
l’Idroscalo di Ostia, in circostanze poco chiare.
PASOLINI POETA La sua raccolta di esordio, POESIE A CASARSA scritta
in dialetto friulano materno, manifesta una notevole propensione verso temi
affini a quelli del simbolismo o del surrealismo: figure ricche di significati,
come i fanciulli destinati alla morte o il Narciso del mito, rappresentano una
visione del mondo inquieta. Durante il suo soggiorno a Roma, nacquero
poemetti in terzine, riuniti sotto il titolo LE CENERI DI GRAMSCI, con questa
raccolta Pasolini enfatizza alcune sue propensioni e convinzioni; per esempio
l’alta retorica, il MITO DEL POPOLO come portatore di un sano vitalismo, la
contrapposizione ideologica nei confronti della borghesia mediocre e
conservatrice. Ideologia marxista poemi come IL PIANTO DELLA
SCAVATRICE.
PASOLINI NARRATORE (E REGISTA) mira a una ricerca sperimentale
tra lirismo e narrativa. Quasi in contemporanea con l’attività poetica, egli tenta
una sperimentazione pure in ambito narrativo, per superare i vincoli troppo
stretti del neorealismo ‘ideologico’: idee comuniste, mantenne larga
autonomie di giudizio. Le prime opere narrative pasoliniane sono incentrate
molto più sulle passioni erotiche che sugli aspetti storico-sociali.
Più vicino agli ideali del neorealismo IL SOGNO DI UNA COSA dedicato
alle lotte contadine in Friuli.
RAGAZZI DI VITA le imprese dei <<ragazzi di vita>> sono seguite in
maniera almeno apparentemente oggettiva; gran parte della forza della
narrazione sta nei dialoghi secchi, scritti in un romanesco vivace e gergale,
mentre più volte le descrizioni sono segnate da un forte lirismo.
Pasolini vuole applicare le sue idee sul Plurilinguismo ma la stilizzazione
appare piuttosto monocorde. L’ideale dell’oggettività è solo esteriore:
RAGAZZI DI VITA risulta in fondo un romanzo Picaresco, spesso drammatico
e violento, in cui la posizione dell’autore trapela volontariamente o meno, ed
è in genere populista perché i giovani pasoliniani possono violare la legge ma
restano migliori d’animo rispetto ai borghesi capitalisti. Il primo romanzo di
Pasolini suscitò scandalo e subì un processo per oscenità che vide molti
scrittori e intellettuali schierarsi a difesa dell’opera e del suo autore, colpito
pure per la sua omosessualità. In seguito Pasolini pubblica un secondo
romanzo romano, UNA VITA VIOLENTA incentrato sul giovane TOMMASO
PUZZILLI, dapprima teppista poi militante comunista che si sacrifica quasi
eroicamente, appare fin troppo ideologizzato. Pasolini stesso si rende conto
che la scrittura non è sufficiente a esprimere tutte le sue potenzialità
narrative, sceglie di passare alla REGIA CINEMATOGRAFICA primo film di
Pasolini, ACCATTONE nel 1961, deriva da un raccolto ancora ispirato al
mondo delle borgate, ma riesce a stilizzare assai meglio le idee populiste
grazie ad un attento dosaggio delle immagini colte e a un forte cortocircuito
tra le scene crude e drammatiche e il commento musicale.
Altri film TRILOGIA DELLA VITA, PORCILE (ampi riferimenti ai miti e
tragedie greche, rilette in chiave psicanalitica); sino alla tragica morte lavorò
al suo capolavoro letterario PETROLIO (natura del potere politico in Italia,
invadenza del capitalismo ecc.)
PASOLINI SAGGISTA interviene in molti dibattiti politico culturali italiani;
promotore di riviste come <<Officina>> e polemista su periodici come
<<L’Espresso>>. Si dimostrò uno dei più pronti a cogliere le modifiche
sostanziali della nostra società e di quella occidentale in genere: attento
all’evoluzione linguistica e difensore dei dialetti.

ELIO VITTORINI
Anche l’attività letteraria del siciliano Elio Vittorini inizia durante il Ventennio
fascista: lo scrittore infatti operò a Firenze come organizzatore culturale,
prima di trasferirsi a Milano e di aderire alla lotta resistenziale. Dopo vari
racconti, Vittorini pubblicò sulla rivista <<Letteratura>> il suo capolavoro,
CONVERSAZIONE IN SICILIA. Si tratta di un romanzo simbolico-allegorico,
nel quale il rientro in Sicilia del protagonista-narratore Silvestro diventa
l’occasione per una riflessione sia sul proprio ruolo politico, sia sulla
condizione dell’Italia intera e in specie delle zone più emarginate nel
momento finale del regime.
Vittorini sentì subito la necessità di trovare nuove forme di impegno nel
dopoguerra, sia ricordando la battaglia della Resistenza, sia promuovendo
una rivista progressista ma non rigidamente di sinistra come <<IL
POLITECNICO>>. Vittorini rivendicò l’autonomia degli intellettuali rispetto alla
politica ufficiale e promosse iniziative in questo senso con la casa editrice
Einaudi. Fino alla morte lo scrittore persegue un rinnovamento sia nei modelli
sia nei temi, con una forte attenzione alle nuove realtà tecnologico-industriali.
Oltre a numerosi saggi e interventi spesso polemici, Vittorini scrisse altri testi
narrativi LE DONNE DI MESSINA e l’incompiuto LE CITTA’ DEL MONDO.

UMBERTO SABA
Umberto Poli, che assunse lo pseudonimo-cognome <<Saba>>, nacque a
Trieste nel 1883. L’immediato abbandono da parte del padre, il rigore della
madre, l’affetto della nutrice slovena Beppa, costituiscono presupposti
autobiografici influenti sulla sua poesia. Essa si distingue per l’apparente
semplicità e cantabilità; la stilizzazione si presente come troppo semplice per
essere solo ingenua. La sua formazione culturale fu eterogenea, molte però
furono le letture personali di Nietzsche a quelle di numerosi filosofi e
intellettuali attenti all’ambito della psicanalisi.
Saba rivendicò sempre con orgoglio la sua figura di irregolare e aspirò ad
un’integrazione difficile: il regime fascista lo emarginava con le leggi razziali,
che lo costrinsero nel 1943 ad abbandonare Trieste, i suoi affetti e la sua
libreria antiquaria; l’amore coniugale andò incontro a numerose e forti crisi.
Anche come scrittore, Saba rimase fino alla morte al di fuori dei circoli
culturali più attivi e influenti. Ciononostante, la sua poesia fu assunta a
modello per la linea antinovecentesca o antinovecentista, la quale si doveva
caratterizzare come semplice e onesta, capace di costruire un rapporto
franco con il lettore.
La produzione poetica sino al 1921 il primo Canzoniere Già dal
1911/1912 escono i testi molto apprezzati come quelli di CASA E
CAMPAGNA e TRIESTE E UNA DONNA, raccolte in parte dedicate alla
moglie Lina. Saba rimane legato alla sua Trieste, ecco perché le liriche delle
prime raccolte appaiono del tutto fuori tempo rispetto alle avanguardie e
volutamente fondate su un linguaggio letterario ormai perduto.
La stessa idea di un CANZONIERE risulta a quest’altezza decisamente
conservatrice; se si aggiunge che le forme metriche preferite da Saba sono
quelle chiuse (come i sonetti). Fra le poesie di maggior valore del primo
CANZONIERE, si debbono ricordare quelle che fondono una stilizzazione
classicista con una scelta di immagini inconsuete e stranianti: A MIA
MOGLIE, in cui Lina viene paragonata ad una serie di animali non nobili,
come una pollastra. L’amore coniugale contrastato si esplicita in un affetto
quotidiano, singolare e profondo, come quello verso gli animali domestici. In
generale l’insieme dei testi assume la struttura di piccoli romanzi dove
l’autobiografismo esibito manifesta tensione dell’io lirico a depurarsi dei sensi
di colpa e nello stesso tempo a comprendersi.
Nel primo Canzoniere Saba mira a una poesia da lui stesso definita
<<onesta>>, di una leggerezza che diventa chiarezza e definizione,
espressione classica di una sensibilità contrastata e nonostante tutto
moderna.
Dopo la pubblicazione del primo Canzoniere Saba, entra in contatto con
alcuni giovani intellettuali e scrittori come EUGENIO MONTALE.
In questi anni il poeta triestino si avvicina non solo alla psicoanalisi, ma anche
alla cultura europea contemporanea, introducendo nei suoi modelli note più
forti di modernità.
Una nuova tappa è segnata dal Secondo Canzoniere uscito nel 1945. Nuovi
rapporti tematici arrivano con il PRELUDIO e FUGHE dove si mettono in
contrappunto musicale varie voci liriche. CUOR MORITURO La Brama e Il
Borgo. Altre opere SCORCIATOIE E RACCONTINI, ERNESTO (romanzo
incompiuto), STORIA E CRONISTORIA DEL <<CANZONIERE>> (testo
singolare), novelle GLI EBREI, LA GALLINA.

SALVATORE QUASIMODO
Nasce a Modica (Ragusa) il 20 agosto 1901. Durante l’infanzia vaga da un
paese all’altro della Sicilia orientale, perché il padre fa il capostazione.
Nel 1908, il catastrofico terremoto di Messina, cambia la vita del futuro poeta:
il padre è incaricato di riorganizzare la stazione; non c’erano ancora i
container e quindi i vagoni fungevano da abitazioni. In questa
città Quasimodo si diploma all’Istituto Tecnico e intanto pubblica poesie su
alcune riviste simboliste locali.
Successivamente va a Roma, per studiare ingegneria. Frequenta anche corsi
di Latino e Greco. Lavora come disegnatore tecnico, magazziniere,
geometra. Nel 1926, per lavoro, è a Reggio Calabria. Le aspirazioni letterarie
si facevano più urgenti ma, al tempo stesso, la costrizione del lavoro lo
allontanava dai suoi obiettivi. Una volta a Reggio, però, ritrova fiducia grazie
a Salvatore Pugliatti, che lo spinge a riprendere i versi scritti durante il
periodo romano, e a lavorarci sopra Nasceva in questo modo il primo
nucleo delle poesie di Acqua e terre.
Quasimodo si dedica alla stesura di una seconda raccolta: Oboe sommerso
(con cui il poeta dichiara di aver dato inizio all’ Ermetismo in senso proprio).
Nel 1934 si trasferisce a Milano: qui lavora nel settore editoriale come
segretario di Cesare Zavattini. Scrive Erato e Apollion, (Milano, 1936) con la
prefazione di Sergio Solmi: si conclude la fase ermetica della sua poesia: è
una celebrazione di Apollo, dio del sole e protettore delle Muse, e di Ulisse,
l’esule per eccellenza. Nel 1938 la prima raccolta antologica con prefazione
di Oreste Macrì, uno dei critici più autorevoli della sua poesia.
Era intanto cominciata la collaborazione con la rivista ufficiale dell’Ermetismo
 Quasimodo è il più importante poeta dell’Ermetismo, quella corrente
poetica della prima metà del Novecento da cui progressivamente avevano
preso le distanze sia  Montale  sia  Ungaretti: si tratta di un movimento
letterario avvenuto in modo spontaneo e capillare che solo più tardi (grazie,
tra gli altri, a Quasimodo) trovò una sua precisa inquadratura stilistica: Il
rovesciamento del decadentismo dannunziano; un’etica e un’estetica che
rivendicassero la profonda libertà spirituale dell’uomo; la ricerca cioè di
una poesia pura, non corrotta.<-- «Letteratura», redatta a Firenze.
La passione per il mondo greco lo portano a sentire una profonda affinità per
i lirici greci come Saffo, Alceo. A colpirlo, è la loro facilità espressiva e il loro
rapporto poetico con la vita: la loro immediatezza, la suggestione delle loro
parole, frutto non di una approssimativa spontaneità, ma di una ricerca
ostinata e profonda.
Nel 1941 Quasimodo ricevette la cattedra di Italiano al Conservatorio
“Giuseppe Verdi” di Milano, insegnamento che terrà fino all’anno della sua
morte.
Nel 1942 uscì la raccolta Ed è subito sera, che è una sintesi antologica oltre
che un bilancio del primo decennio della sua produzione poetica: fu un best
seller, cosa rarissima per la poesia.
La Seconda Guerra Mondiale è uno spartiacqueQuasimodo prosegue
alacremente nella traduzione degli antichi (il Vangelo di Giovanni ma anche
poeti moderni).    
La raccolta  Giorno dopo giorno (1947) segna un netto cambiamento stilistico:
la poesia si fa più impegnata, attenta alla società. Seguono raccolte come La
vita non è sogno, Il falso e vero verde, La terra impareggiabile .
Quasimodo riceve nel 1959 il premio Nobel, «per la sua poetica lirica, che
con ardente classicità esprime le tragiche esperienze della vita dei
nostri tempi», (motivazione del premio Nobel). Il geometra, l’ingegnere
mancato, aveva vinto il premio più prestigioso per uno scrittore. Eppure
questo premio, che molti ritennero immeritato, sospese il giudizio critico sul
poeta, che venne lentamente oscurato fino ad essere eclissato dalla
triade Saba, Montale, Ungaretti. L’ultima raccolta è Dare e avere (1966).
Due anni dopo, nel 1968, fu colto da un malore mentre si trovava ad Amalfi e
morì sull’auto che lo portava d’urgenza a Napoli.
Tuttavia la critica negli ultimi anni ha cercato sempre più di riascoltare la voce
di Quasimodo e di ricollocare la sua opera nella giusta dimensione. Aveva
infatti già notato il grande critico Carlo Bo «[Quasimodo] ha certo dato
assai di più di ciò che le nostre voci non sono riuscite a riconoscere».     

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