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RETROVIRIDAE

• È una famiglia di virus che sono stati per la maggior parte isolati dai vertebrati e associati a patologie quali
forme tumorali, alterazioni del sistema immunitario e forme neurologiche di tipo neurodegenerativo.
• Comprende 3 sottofamiglie:
1. Oncovirinae: vi appartengono il genere Alpha, Beta, Gamma, Delta (HTLV1, HTLV2) ed Epsilon
Retrovirus. Questi sono la maggior parte dei virus che causano sarcomi o leucemie.
2. Lentivirinae: causa disordini di tipo degenerativo a carico del sistema immunitario e nervoso
(progressione lenta).
3. Spumavirinae: ci appartiene solo il genere Spumavirus, che colpisce le scimmie.
• Genoma a RNA diploide a polarità positiva, caratterizzati da un particolare ciclo replicativo che prevede un
intermedio a DNA.

LENTIVIRUS
Sono responsabili di una grande varietà di malattie neurologiche e immunologiche, che si manifestano
dopo un lungo periodo di incubazione.
I Lentivirus infettano le CELLULE LINFOIDI preposte alla risposta immune con una particolare
propensione a replicare nei macrofagi, provocando delle infezioni permanenti nelle varie specie animali
colpite (nei primati e nei non primati).
Tra questi abbiamo: il virus dell’immunodeficienza umana (HIV1 e HIV2, distinguibili sulla base della
loro organizzazione genomica e delle relazioni filogenetiche con altri Lentivirus dei primati), responsabili
della sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS), e della scimmia (SIV) e quelli dell’immunodeficienza
del felino (FIV) e del bovino (BIV).

➢ HIV1 e HIV2: derivano da due specie diverse del SIV: HIV1 deriva dal SIV dello scimpanzé; HIV2 deriva dal
SIV del del Cercocebo Agile. La probabile via di trasmissione, sarà stata legata alla macellazione e consumo di
carne di scimmia. Tra il genotipo di HIV1 e HIV2 c’è il 50% di divergenza.
➢ Nel 1981, negli Stati Uniti, furono osservati i primi casi di una grave immunodeficienza con
lifoadenopatia, polmonite da Pneumocystis Carinii e Sarcoma di Kaposi.
➢ HIV-1 mostra una certa variabilità genetica e fenotipica, conseguenza di varie mutazioni puntiformi quali
riarrangiamenti e ricombinazioni genetiche. L’analisi di sequenza ha rilevato tre diversi gruppi: M, N, O. Le
infezioni dei gruppi N e O, rimangono circoscritte ad alcune zone dell’Africa centro-occidentale; il gruppo M è
quello diffuso a livello mondiale.
o Il gruppo M è costituito a sua volta da 11 sottotipi, denominati con le lettere dell’alfabeto dalla A alla K,
molti dei quali presentano una prevalente associazione in particolari aree geografiche (il sottotipo B, ad
esempio, predomina nei Paesi industrializzati, in America Latina e nei Caraibi).
o Sequenze di amminoacidi della glicoproteina dell’envelope mostrano fino al 35% di divergenza fra i
differenti sottotipi e fino al 20% di divergenza all’interno di un dato sottotipo.
➢ HIV-2: comprende sei distinte linee filogenetiche denominate con le lettere dell’alfabeto dalla A alla F. La
variabilità genetica tra questi ceppi arriva fino al 25% di divergenza

CIRCULATING RECOMBINANT FORMS


Due ceppi, che infettano la stessa cellula, possono ricombinare; se i due virus parenterali sono di un
sottotipo diverso, si genera la CRF (circulating recombinant forms), che possono diventare predominanti
da un punto di vista epidemiologico a causa della loro maggiore capacità replicativa o per una maggiore
capacità di adattamento all’ospite.
STRUTTURA
• Forma sferica
• È rivestito dall’envelope che circonda un capside a forma di cono
• L’ENVELOPE presenta numerosi PEPLOMERI, ognuno dei quali è costituito da quattro eterodimeri,
ciascuno contenente una proteina gp120 (che ha funzione di ANTI-RECETTORE), ancorata, con la porzione
carbossi-terminale all’estremo NH2 terminale della glicoproteina gp41 transmembrana (con attività
FUSOGENA).
• Proteina P17: si trova nella parte interna del doppio strato fosfolipidico, distribuita in maniera regolare.
In ciascuna molecola di P17 viene attuata la MIRISTILAZIONE: aggiunta di acido miristico nella porzione
N-terminale, fondamentale sia nel legame con la faccia interna dell’involucro sia per garantire il montaggio
delle glicoproteine dell’envelope durante le fasi replicative tardive.
• Proteina P24: costituisce il CORE
• CAPSIDE: ha una struttura a tronco di cono ed è costituito dalla proteina P24, l’antigene virale più
facilmente rilevabile con i metodi di tipo immunoenzimatico, con i metodi diagnostici di ELISA.
In ogni virione, il capside contiene i componenti necessari alla sua replicazione:
- 2 copie identiche di RNA a singola catena a polarità positiva,
- 2 molecole di RNA transfer che vengono utilizzate con la funzione di innesco, quindi di primer per la
trascrittasi inversa,
- enzimi RT trascrittasi inversa,
- integrasi e proteasi le cui funzioni si svolgono nella replicazione del genoma, nella integrazione del
DNA nella cellula ospite e nella maturazione dei virioni.

GENOMA
Contiene due copie identiche di RNA a singola catena a polarità positiva, tenute insieme da legami
idrogeno tra sequenze complementari. Le due molecole sono poli-adenilate all’estremità 3’ (questa
modifica avviene dopo la trascrizione, ad opera dei sistemi presenti nella cellula ospite) mentre
all’estremità 5’, durante la sintesi, viene applicato un CAP dal sistema di trascrizione cellulare.
- Tutte le molecole di RNA presentano alle estremità sequenze identiche R (repeat), che hanno un ruolo
importante durante la retro-trascrizione. Affianco a ciascun segmento R, nella parte interna, si trovano
sequenze caratteristiche uniche denominate U5 a (estremo 5’) e U3 (estremo 3’). Queste sequenze
uniche, durante la retrotrascrizione in DNA provirale, formeranno le sequenze LTR (long terminal
repeat), alle estremità del DNA, cioè delle sequenze non codificanti che contengono informazioni
essenziali per l’integrazione del DNA provirale nel genoma della cellula ospite. In particolare, nella
regione R U3 all’estremità 5’, abbiamo la sequenza TATA box rappresenta il promotore per la
trascrizione, mentre CAT box è coinvolta nella regolazione della trascrizione. Le regioni R U5
all’estremità 3’ contiene, invece, i segnali di fine trascrizione.
Tra le sequenze adiacenti all’LTR all’estremità 5’, c’è la sequenza chiamata PBS (primer binding site),
complementare ai nucleotidi terminali delle estremità 3’ del transfer, che funziona da primer.
- Geni strutturali essenziali denominati gag (group specific antigen), pol (codificanti per la polimerasi)
ed env (codificanti per le proteine dell’envelope), posti nel genoma in un ordine preciso. I geni gag, pol
ed env sono tradotti in POLIPROTEINE che sono poi scisse, tramite meccanismi proteolitici, nelle
proteine funzionali definitive:
o GAG: codifica per P17 (proteina della matrice), P24 (proteina del capside, importante antigene),
P7 e P6 (provenienti dalla scissione della proteina P5 intermedia) e altre proteine del
nucleocapside.
o POL: si originano, per successiva scissione, la trascrittasi inversa, la proteasi e l’endonucleasi
integrasi.
o ENV: produce un precursore glicosato gp160, che viene scisso in gp120 (proteina dell’envelope) e
gp41 (proteina trans-mambranaria). La gp120 funge da anti-recettore, si lega al recettore CD4,
presente soprattutto sui linfociti T helper, i macrofagi e le cellule dendritiche. Oltre al CD4, devono
esserci dei co-recettori (CCR5 e CXCR4). Una volta avvenuto il legame con il recettore, vi è il cambio
conformazionale e la fusione con la membrana cellulare della cellula ospite grazie al gp41.
- Inoltre, sono presenti altri sei geni che codificano per proteine accessorie o regolatorie del ciclo di
replicazione virale e si trovano ai lati di env:
o PROTEINA TAT: codifica per la p14, che è una proteina regolatoria. Funge da:
✓ Trans-attivatore trascrizionale: si lega ad una specifica sequenza, la Tat-responsive degli
RNA messaggeri nascenti, e ne completa la trascrizione.
✓ Attivatore trascrizionale del genoma pro-virale: una volta sintetizzata, torna nel nucleo ed
agisce come, aumentando l’efficienza dell’RNA Polimerasi II cellulare.
✓ Innesco di segnali che inducono l’attivazione di diversi fattori trascrizionali, essendo
rilasciata dalle cellule infettate e interagendo sia con la membrana della stessa cellula che la
produce sia con quella di cellule vicine non infette.
✓ Promuove l’apoptosi e gioca un ruolo importante nella deplezione dei linfociti T CD4+.
o REV (regulator of virion expression): è un trans-attivatore post-trascrizionale, che
codifica per una proteina regolatoria, la p19. Si lega alle sequenze RRE (Rev responsive elements),
presenti nella regione env dei messaggeri a livello del nucleo, e li protegge dallo splicing favorendo
il loro trasporto nel citoplasma.
o NEF ( negative expression regulatory factor): codifica per una proteina regolatoria,
la p27, che riduce l’espressione di CD4 e delle MHC di classe I nelle cellule infette. Serve quindi a
favorire l’escape immunologico, la sopravvivenza e la replcazione virale.
o VIF (Virion infectivity factor): codifica per la p23, che neutralizza l’effetto inibitorio di
un fattore cellulare, che altrimenti verrebbe incorporato nel virione e interagirebbe con la
trascrittasi, facendo produrre un DNA virale non funzionante.
o VPU: codifica per p16, che promuove la degradazione di CD4 e facilita il rilascio di virioni.
o VPR: codifica per p15, che viene incorporata nel virione e facilita il trasporto nel nucleo del
DNA virale pre-integrazione, prima di integrarsi nel genoma cellulare.

• La RETRO-TRASCRITTASI, di origine virale, è una trascrittasi inversa ribonucleasi H, quindi ha sia


attività di retro-trascrizione sia ribonucleasica.
Ciò significa che innanzitutto serve per retro-trascrivere il segmento di RNA in un ibrido RNA-DNA,
dopodiché elimina il segmento di RNA e trascrive una nuova sequenza di DNA, per formare la doppia elica
del DNA PROVIRALE che, grazie all’INTEGRASI, sempre di origine virale, supererà il poro nucleare e si
integrerà nel genoma cellulare. Perché la retro-trascrittasi funzioni e avvenga la retro-trascrizione, presenza
di ioni magnesio e richiede come primer una regione formata da un doppio filamento di RNA. Questo
primer è costituito da uno SPECIFICO TRANSFER che si associa al genoma durante il montaggio del virione
ed è complementare alla sequenza PBS ( primer binding site), localizzata in prossimità dell’estremità 5’
dell’RNA.
L’attività RNAsica dell’enzima, inoltre, opera il distacco del transfer dal filamento neoformato di DNA.
• La PROTEASI, invece, è la responsabile della scissione delle poliproteine codificate dai tre geni.
• L’ENDONUCLEASI INTEGRASI: è sempre di pertinenza virale, codificata dal gene POL, e serve
nell’integrazione del DNA provirale nella cellula ospite.
PENETRAZIONE NELLA CELLULA OSPITE:
Il principale recettore per HIV è il CD4, presente sulla superficie dei linfociti T helper, monociti circolanti,
macrofagi tissutali, cellule dendritiche e cellule della microglia di origine macrofagica dell’encefalo.
Perché l’adsorbimento avvenga, devono essere presenti anche i co-recettori:
• Il CCR5 è un recettore per le chemochine ed è presente sulla superficie dei macrofagi e dei linfociti T
CD4+ della memoria. I virus che utilizzano questo recettore, vengono detti M-tropici.
• Il CXCR4 è il recettore per la chemochina SDF1 (fattore derivato dalle cellule stromali), ed è presente su
tutti i linfociti T CD4+. I virus vengono definiti T-tropici.
• Ci sono poi dei ceppi R5X4, definiti dual-tropici, che possono infettare entrambi i tipi cellulari.

CICLO REPLICATIVO
1. Riconoscimento e attaccamento alle cellule target, dotate dei recettori CD4 sulla loro superficie, da parte
della gp120 dell’envelope. Questo induce il cambio conformazionale e l’esposizione di epitopi antigenici
riconosciuti dal co-recettore.
2. La penetrazione si ottiene soltanto dopo il legame con il co-recettore: CCR5 (presente su macrofagi e
linfociti CD4) e CXCR4 (presente sui linfociti). La formazione del complesso CD4-gp120-corecettore
provoca ulteriori cambiamenti conformazionali nella glicoproteina, che includono l’esposizione di un
peptide di fusione, presente all’estremità ammino-terminale della gp41.
3. Fusione tra la membrana cellulare e l’envelope virale.
4. Il core del virus di essere trasportato nel citoplasma della cellula ospite, dove viene denudato.
5. l’RNA virale viene trascritto in una doppia catena di DNA ad opera delle Dna polimerasi RNA-dipendenti
virali: inizialmente viene sintetizzata una catena di DNA complementare (che forma un ibrido RNA-DNA).
Dopodiché viene degradata la molecola di RNA e viene trascritta la seconda molecola di DNA.
6. La molecola di DNA bicatenario così ottenuta va a formare il complesso di preintegrazione, che contiene
VPR, una proteina che “accompagna” questo complesso per i pori nucleari, nel nucleo.
7. Integrazione del DNA virale retro-trascritto nel genoma della cellula ospite, che avviene in due fasi:
• legame con l’enzima specifico ad una specifica sequenza nell’LTR del DNA virale e rimozione di
alcuni nucleotidi terminali
• le estremità del DNA processato sono inserite, grazie all’integrasi, nel DNA dell’ospite.
• Intervengono enzimi di riparo, che sono di origine cellulare e permettono il riempimento degli
spazi creati durante il processo di integrazione.
8. Una volta integrato, il DNA resta in maniera permanente come pro-virus fino a quando la cellula non muore.
Il pro-virus si comporta come qualsiasi altro gene umano.
9. La trascrizione del pro-virus, quindi, viene effettuata dall’RNA polimerasi II cellulare e il genoma codifica
per tre classi di messaggeri di diversa lunghezza che, una volta tradotti, vengono scissi nelle singole
proteine:
1. FASE PRECOCE: in questa fase, il trascritto viene elaborato in una classe di trascritti di piccole
dimensioni, detti multispliced, corrispondenti ai singoli geni che codificano le proteine regolatrici ed
accessorie. Nel nucleo si trovano, quindi, inizialmente gli mRNA che codificano per le proteine
regolatorie, Tat, Rev e Nef.
La prima proteina regolatrice trascritta è Tat, che rientra nel nucleo, si lega alle sequenze TAR e
regola il processo trascrittivo.
La proteina Rev segna, invece, il passaggio dalla fase precoce a quella tardiva poiché, rientrando nel
nucleo, si lega alle specifiche sequenze RRE, presenti nella regione env dei trascritti primari e li
protegge da ulteriori splicing, permettendo l’esportazione dal nucleo al citoplasma di quei messaggeri
di maggiori dimensioni, bloccando la produzione di quelli multi-spliced e regolando la produzione
della sintesi delle proteine regolatrici.
2. FASE TARDIVA: troviamo gli mRNA che codificano per le proteine strutturali, necessarie per il
montaggio e la maturazione del virione. I trascritti tardivi sono costituiti da:
❖ molecole di messaggero lunghe quanto il pro-virus, costituenti il genoma della nuova progenie virale,
❖ trascritti che vengono tradotti nelle proteine strutturali ed enzimatiche, codificate dai geni gag e pol,
❖ trascritti che vengono tradotti nelle proteine strutturali codificate da env.
10. La trascrizione e la traduzione producono precursori proteici che vengono tagliati per generare i singoli
peptidi funzionali, sia strutturali sia enzimatici.
11. Le diverse componenti virali, genoma e proteine, traslocano alla periferia della cellula
12. Vengono assemblate dando origine al complesso nucleo-proteico virale, che poi acquisisce l’involucro
pericapsidico dalla zona della membrana cellulare dove è presente la proteina della matrice p17.
13. Segue la gemmazione attraverso la membrana, che favorisce la liberazione dei virioni neoformati
nell’ambiente extra-cellulare.

MECCANISMO ALLA BASE DELLA RIDUZIONE DEI LINFOCITI T CD4+


❖ Uccisione diretta a causa del virus (30%)
❖ Apoptosi dei linfociti non infetti, innescata da di gp120, presente nel capside e liberata, con il
recettore CXCR4.
❖ Fusione di cellule infettate con cellule non infette
❖ Citotossicità delle cellule NK, con funzione anti-virale
❖ Azione apoptotica e oncogena di Tat

TRASMISSIONE:
La maggior parte dei fluidi corporei (sangue, le secrezioni vaginali, lo sperma e il latte materno) delle
persone sieropositive contiene una quantità di virus sufficiente a trasmettere l’infezione ad altre persone.
Non sono mai stati segnalati casi di trasmissione attraverso le lacrime o la saliva.
Nei vari materiali biologici il virus si può trovare sotto forma di particelle virali o di virioni contenuti in
cellule MONONUCLEATE infette del sangue periferico, che rappresentano il maggior veicolo di
trasmissione poiché il virus intracellulare è più resistente all’inattivazione al di fuori dell’organismo.
FATTORI DI RISCHIO:
a) Rapporti sessuali non protetti in cui la trasmissione è facilitata da microtraumi e microlesioni.
b) L’utilizzo di aghi contaminati
c) La gravidanza o l’allattamento da parte di donne sieropositive. I neonati possono contrarre l’HIV dalla
madre per via diaplacentare, durante il parto (infezioni perinatali) o attraverso il latte materno.
d) Trasfusione di sangue.
e) Rischio occupazionale per il personale sanitario a contatto con pazienti infetti.

INFEZIONE E PROGRESSIONE DELL’INFEZIONE


1. Ingresso del virus dalle mucose, dove le prime cellule ad essere infettate sono i linfociti T effettori, che
esprimono il corecettore CCRC5. Questo spiega come mai l’infezione primaria sia quasi sempre causata da
ceppi M-tropici.
2. In questi linfociti, in seguito alla attivazione antigenica, il virus si riattiva con conseguente replicazione e
produzione di particelle virali infettanti;
3. Le particelle infettanti si riversano in circolo con conseguente morte cellulare.
Ne consegue che, negli individui siero-positivi, le infezioni ricorrenti potenziano la replicazione del virus e
aumentano la diffusione dell’infezione.
4. Subito dopo c’è la differenziazione in cellule della memoria (di quelle che sopravvivono) che formano un
importante reservoir di cellule che portano il genoma virale integrato. In queste cellule, l’HIV può persistere
per anni, al riparo dagli effettori della risposta immune così come di farmaci antivirali.
Anche i macrofagi e le cellule dendritiche possono rappresentare un serbatoio del virus:
5. In seguito all’infezione delle mucose, le cellule dendritiche degli epiteli catturano il virus e migrano nei
linfonodi dove possono infettare i linfociti T CD4+ per contatto diretto.
6. L’infezione nei linfonodi si associa ad una massiccia viremia: FASE ACUTA con diffusione del virus
nell’organismo.
7. Alla fase acuta segue un parziale controllo della replicazione ad opera dell’immunità umorale e cellulo-
mediata. Il virus stabilisce un’INFEZIONE CRONICA a livello dei tessuti linfoidi, definita latenza clinica con
fasi di latenza, di riattivazione e un progressivo aumento della replicazione virale.
8. La caratteristica, dunque, è che il DNA provirale entra in uno STATO DI QUIESCENZA, integrato nel
genoma cellulare. Può rimanere silente (INFEZIONE LATENTE) anche per lunghi periodi di tempo,
duplicandosi solo con la replicazione della cellula stessa. L’integrazione del provirus nel genoma cellulare e
la latenza comportano dei cambiamenti conformazionali nella cromatina, l’attivazione di fattori di
trascrizione negativi e l’attivazione di enzimi definiti COMPLESSO PROTEICO DI LATENZA, che portano al
silenziamento delle sequenze promoter enhancer dell’LTR virale e al blocco della trascrizione.
9. Si può riattivare e dar luogo ad un ciclo di replicazione virale (INFEZIONE PRODUTTIVA).
La RIATTIVAZIONE è determinata dalla presenza di fattori trascrizionali cellulari positivi, cioè indotti da
STIMOLI ANTIGENICI che determinano dei cambiamenti nella cromatina e l’allontanamento del complesso
di latenza. Si ha come conseguenza l’ATTIVAZIONE dell’RNA polimerasi 2 cellulare e l’inizio della
trascrizione.
Ad es. Il virus va in latenza nei linfociti CD4+ della memoria che mancano di alcuni fattori trascrizionali cellulari come il
fattore nucleare kb (NF-kb) o il fattore nucleare delle cellule T attivate (NF-at), mentre, la riattivazione del provirus dalla
latenza e l’inizio della trascrizione avviene in seguito ad uno stimolo antigenico e all’attivazione dei linfociti T CD4+, quindi
con l’espressione di questi fattori trascrizionali o anche di altri fattori trascrizionali.
10. La distruzione dei tessuti linfoidi porta ad una nuova viremia e alla progressione della patologia verso un
AIDS conclamato.

FATTORI DELL’OSPITE CHE INFLUENZANO IL DECORSO DELLA MALATTIA


I soggetti che acquisiscono l’infezione in età avanzata e i neonati, che contraggono l’infezione dalla madre
infetta, hanno una progressione più rapida.
La presenza di mutazioni dei co-recettori, in particolare CCR5, influenzano sia la sensibilità all’infezione: i
soggetti omozigoti per un tipo di mutazione, presentano resistenza all’infezione.
Una piccola percentuale di pazienti infetti, per motivi non conosciuti, con un particolare tipo di HLA e
variazioni del pattway del TLR di altri recettori, sopravvivono senza manifestazioni patologiche clinicamente
evidenti e con un corredo normale di linfociti T CD4+ circolanti: sono definiti long-term non progressor.

FATTORI DELL’OSPITE CHE INFLUENZANO IL DECORSO DELLA MALATTIA


Gli stipiti macrofago-tropici che infettano quindi i macrofagi e linfociti T CD4 della memoria, sono
frequentemente presenti nelle PRIME FASI dell’infezione; gli stipiti linfo-tropici, che infettano tutti i tipi
linfocitari, prevalgono nel corso della malattia.

IMMUNITÀ
Il genoma è caratterizzato da una iper-mutabilità che consente la comparsa di qualsiasi specie con
ANTIGENI DI SUPERFICIE DIVERSI, che permettono di evadere la risposta immunologica.
Nella FASE INIZIALE DELL’INFEZIONE, il soggetto mostra una specifica risposta umorale e cellulo-mediata
che è attivata dal contatto dei T helper con le cellule presentanti l’antigene e con la produzione di specifiche
citochine.
I linfociti citotossici CD8+ sono in grado di contrastare l’infezione sia direttamente, uccidendo le cellule
infette che hanno gli antigeni di HIV, sia indirettamente producendo citochine con attività anti-virale.
L’immunità umorale è meno efficace, perché la regione env è caratterizzata da iper-mutabilità.
L’HIV continua a replicarsi, sequestrato negli organi linfoidi secondari e al riparo del sistema immune.

EVOLUZIONE CLINICA
1. INFEZIONE PRIMARIA (FASE ACUTA): si manifesta dopo circa 3-6 settimane si manifesta, con una
sintomatologia simile a quella delle mononucleosi infettive e con sintomi aspecifici. I linfociti T citotossici
(CTL) aumentano e i linfociti T CD4+ diminuiscono.
2. LATENZA CLINICA (FASE CRONICA): asintomatica nella maggior parte dei casi; si stabilisce un equilibrio
tra la risposta immune e la replicazione virale, con comparsa di viremia.
3. SINTOMI CLINICI
4. AIDS CONCLAMATO;

INFEZIONI OPPORTUNISTICHE
Le cause prevalenti di morbilità e di mortalità tra i pazienti con infezione avanzata da HIV sono appunto le
infezioni opportunistiche indotte da agenti infettivi che NON causano o causano raramente malattie negli
ospiti immunocompetenti: ad esempio le POLMONITI da specie di PNEUMOCYSTIS, infezioni da HERPES
SIMPLEX oppure infezioni protozoarie da TOXOPLASMA GONDII.

TUMORI OPPORTUNISTICI
I tumori associati all’AIDS hanno una prevalente etiologia virale:
• Il SARCOMA DI KAPOSI è il tumore più comunemente associato all’AIDS: è un raro tumore vascolare o
linfatico legato all’infezione da Herpes umano 8.
• LINFOMA DI HODGKIN
• CARCINOMA SQUAMOSO ANOGENITALE, probabilmente collegato alla co-infezione con papilloma
virus.

STADIAZIONE
Per monitorare il pz con HIV e per stabilire lo stadio dell’infezione, sono richieste le misure delle cellule T
CD4+ e della viremia.

CONDIZIONI DI CATEGORIA B: prevede patologie quali l’angiomatosi bacillare, la candidosi orale, la


porpora trombocitopenica idiopatica, la neuropatia periferica e l’herpes zoster.

CATEGORIA C (AIDS conclamata): la lista di patologie dovute sia a patogeni opportunisti sia allo sviluppo di
neoplasie.

Purtroppo la stragrande maggioranza dei casi da HIV non vengono diagnosticate e queste persone non sono
consapevoli dei rischi di trasmissione.

DIAGNOSTICA
• DIAGNOSTICA INDIRETTA o SIEROLOGICA: test di screening in immunoenzimatica e, in caso di
positività, un test di conferma con Western Blot.
• DIAGNOSTICA DIRETTA: isolamento in coltura solo per uso di ricerca dell’antigene della proteina capsidica
o ricerca degli acidi nucleici (DNA virale e l’RNA virale).
• Il MONITORAGGIO è importante perché si può quantificare il genoma virale, si può genotipizzare e si
possono mettere in evidenza le farmaco resistenze. Viene usato soprattutto per il follow-up terapeutico.

CLASSI DI ANTIRETROVIRALI:
Sono farmaci che agiscono o sull’RNA virale o sul DNA provirale.
• ANTAGONISTI RECETTORIALI
• INIBITORI DELLA FUSIONE DELLE PROTEINE FUSOGENE,
• INIBITORI DELLA TRASCRITTASI INVERSA
• INIBITORI DELLE INTEGRASI e delle PROTEASI.
Ci sono delle linee guida internazionali per la terapia antiretrovirale, però si assiste spesso al fallimento
terapeutico ed è necessario intervenire per modificare lo schema.

I problemi legati al fallimento terapeutico: sono dovuti all’insorgenza di ceppi resistenti ai farmaci e
mancata aderenza da parte del paziente, anche a causa della tossicità degli stessi.

FARMACO-RESISTENZA
Il virus non viene eradicato, ma solo controllato, a causa della presenza di reservoir virali: popolazioni di
cellule infettate che sopravvivono a lungo quali linfociti T della memoria o i macrofagi.
IN QUESTI SANTUARI, le CONCENTRAZIONI DEI FARMACI possono NON RAGGIUNGERE LE CONDIZIONI
ADEGUATE nonostante la presenza nel siero di concentrazioni terapeutiche; in questi siti la replicazione dei
virus può continuare e c’è la pressione selettiva della terapia antivirale che conduce alla comparsa di HIV
con mutazioni farmaco resistenti.
Inoltre ha le implicazioni di due tipologie di genoma virale (DNA e RNA):
• In quanto virus a DNA integrato, è caratterizzato da un’infezione produttiva e non produttiva (latente) in
ogni momento del suo ciclo di vita;
• Se lo consideriamo virus a RNA ha un’elevata replicazione e un elevato polimorfismo genetico, che
comportano la nascita di mutanti farmaco-resistenti.

VACCINAZIONE
Chiaramente i motivi che lo rendono resistente ai farmaci, lo rendono anche non responsivo ai vaccini.
Lo sviluppo di un vaccino è difficile perché il suo genoma si integra nella cellula ospite e matura
enormemente.
Inoltre, per motivi di sicurezza, non si può usare un vaccino fatto con virus vivo attenuato.
Fino ad oggi ci sono stati molti tentativi soprattutto concentrati sulla produzione di anticorpi neutralizzanti
diretti verso la GP120: però la GP20 è una proteina che ha una diversità genetica, perché si tratta di una
regione iper-variabile come la regione env. Inoltre molti epitopi vengono anche mascherati dalla
glicosilazione.
Attualmente l’infezione viene solo controllata e la progressione della malattia viene controllata con l’utilizzo
di farmaci antiretrovirali.

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