La geografia dell'interculturalità -
Appunti di Geografia economica,
Appunti di Geografia
Università degli Studi di Palermo
•
Prof. Girolamo Cusimano
Geografia
4.5
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SPAZI CONTESI SPAZI
CONDIVISI. GEOGRAFIA
DELL’INTERCULTURALITA’
Prefazione
Chiave di lettura del testo è la
possibilità o impossibilità di
definire o tracciare confini.
L'operazione originaria prevede
il tracciare una linea di
demarcazione temporale e
territoriale a partire da cui si
costruisce lo spazio
quantificabile e matematizzabile.
È il momento della nascita della
triade fondamentale alla base del
movimento della conoscenza:
soggetto, distanza, oggetto.
Inutile nascondere la difficoltà di
dare una definizione della
cultura, Taylor, la definisce
come un insieme che include le
conoscenze, le credenze, l'arte, la
morale, il diritto, il costume e
qualsiasi altra capacità e
abitudine.
Se ne deve poi sottolineare la
profonda compenetrazione con
l'economia e con la lingua.
La cultura costituisce perciò un
vero e proprio strumento
essenziale alla sopravvivenza
dell'uomo in quanto il suo
bagaglio organico non riesce da
solo ad orientarlo e a guidarlo,
gli fornisce quindi la modalità di
adattarsi e mutare
l'ambiente, e dunque è essa
stessa, l'ambiente dell'uomo.
Si può perciò ritenere che l'uomo
“si foggia negli spazi in cui
vive”.
Se la cultura è lo strumento
primario che orienta l'uomo, e se
è vero che essa trova attuazione
in forme particolari e
locali, allora sorgono molteplici
interrogativi sulla configurazione
spaziale e culturale delle città
odierne spiccatamente
pluriculturali.
È noto che tutte le società stanno
diventando sempre più
multiculturali, e più aperte alle
migrazioni multinazionali.
Parlare, però, di integrazione, di
multiculturalismo, come rilevano
Buttitta e Banini, non è un
passaggio immediato, e
anzi può considerarsi
problematico.
Alessandro Di Blasi discute
della città e del suo assetto
urbano contestando
l'inadeguatezza delle
pianificazioni
urbanistiche ai fini dell'incontro
sociale.
Consapevole della duplicità della
città come luogo d'incontro con
una alterità non sempre
rassicurante è Marco Picone
nella sua ricostruzione della
tolkeniana Brea.
Daniela Santus contesta la difesa
della presunta neutralità dello
Stato condotta in Francia
mediante una legge che vieta
ogni ostentazione di simboli
religiosi nella scuola pubblica e
ribadisce l'opportunità della
comprensione verso costumi
diversi in quanto “essere pronti
all'accoglienza non vuol dire
snaturarci per creare spazi
acritici da riempire”.
Non si deve dimenticare però la
precarietà della cultura;
caratteristica precipua di essa è
l'alternanza di ripetizione e
mutamento. Siamo difronte ad
un paradosso in cui l'uomo
dipende dalla cultura la quale è
un modello che non esiste al
di fuori delle azioni individuali e
dei luoghi culturali. Questa
dialettica propria dei modelli
culturali che oscilla tra
conservazione e mutamento è
proprio nell'ambito di
processi migratori messa a
dura prova, prestandosi a
estremizzazioni e forme di
sclerotizzazione. Secondo Elena
dell'Agnese è proprio la volontà
di fedeltà alla propria
cultura, sottratta a mutamento
che produce il cambiamento, con
i conseguenti fenomeni di
nazionalismo nelle comunità
diasporiche.
Ulteriore esempio di difficile
coesistenza culturale è lo studio
condotto da Leonardo Mercatanti
sul conflitto nello Sri
Lanka, in cui è proprio la volontà
di dialogo e di integrazione a
mancare. Si stratta di un
interessante esempio di come
“il settore pubblico giochi un
ruolo centrale nell'allocazione
delle risorse e nella formazione
delle identità”.
Quali sono le ragioni dei
movimenti migratori? Nella
miseria estrema e nella
disperazione è la disuguaglianza
e
l'assenza di opportunità di
soddisfare i bisogni primari che
annulla le differenze culturali
nelle società di partenza come
di arrivo.
Quale possibilità interculturale si
può configurare laddove il
problema è ancora quello della
fame e della insicurezza
sanitaria? Ne discute l'articolo di
Banini a partire dal legame tra
sottosviluppo e immigrazione, in
cui si rileva il
carattere strutturale del
sottosviluppo, a differenza
dalla povertà congiunturale
caratteristica dei paesi europei
in
passato, sede di ingenti
influssi emigratori. Ne discute
anche la riflessione di Elena
Di Liberto sulla questione
alimentare, che fa emergere da
un punto di vista etico e
interculturale le contraddizioni
etnocentriche di cui siamo
prigionieri quando ci facciamo
paladini di determinati diritti in
casa d'altri.
Le altre culture esistono e
dobbiamo vivere sempre, sia su
scala mondiale sia strettamente
mescolati in ogni singola
società(Taylor).
PARTE PRIMA
Franco Farinelli: Prima della
Geografia
Origine non è una parola da
prendersi alla leggera. Benjamin
distingueva l'origine dalla
genesi. L'origine non riguarda
la storia, ma quello che viene
prima e dopo il fenomeno cui si
riferisce. L'origine è qualcosa
che sta prima della causa
di quel che accade, essa preesiste
ai modelli e alle strutture. Essa
non può che essere il processo in
cui linearità e
causalità vengono alla luce. Tale
nascita è perciò la più dolorosa e
cruenta che la cultura occidentale
conosce, proprio
perché da essa tutte le altre
dipendono. Il suo racconto è
consegnato al canto IX
dell'Odissea, in i protagonisti
sono
Ulisse ed il ciclope Polifemo.
Questo nome significa: che dice
più cose, che chiama una cosa
con più nomi, dunque che
nel suo linguaggio la relazione
tra i nomi e le cose non è
biunivoca. Così quando Ulisse
dice di chiamarsi Nessuno altro
non fa che imitare il suo
antagonista assumendone se non
la logica il linguaggio.
In questo canto vediamo la
nascita del soggetto segue
l'invenzione dello spazio che è la
vera trovata in virtù della quale
i greci prigionieri del Ciclope
riescono a salvarsi. Polifemo
viene ingannato perché ragiona
in termini di mondo e non
di spazio: il primo infatti
funziona per livelli, il
secondo invece è costituito
dalla loro versione formale,
cioè
bidimensionale.
Seduto sulla soglia dell'antro e
con le spalle rivolte al mondo
esterno è nella stessa condizione
del portiere di calcio.
Insieme alla dimensione, però,
quel conta è la posizione di
Polifemo. Sdraiato a terra
durante il cruenti attacco che lo
renderà cieco, seduto durante
l'evasione dei suoi nemici, si
ergerà in tutta la sua natura
soltanto durante la loro fuga,
episodio finale in cui la trilogia
epistemologica fondamentale (il
soggetto, la distanza, l'oggetto)
avrà definitivamente
preso forma.
Una volta che lo spazio è
compiuto la geografia potrà
iniziare. E con essa la versione
del mondo che conosciamo, ma
che oggi sappiamo non essere
più sufficiente.
Antonino Buttitta: i nuovi
schiavi ovverosia del
multiculturalismo improbabile
PRESENZE E MEMORIA
Per quanto il flusso migratorio
abbia raggiunto una consistenza
di portata massiva nessuno si è
posto il problema dei
suoi esiti futuri. Il dibattito
politico e i conseguenti
provvedimenti legislativi, le
soluzioni adottate, le asettiche
ricerche
e analisi elaborate da studiosi di
vari ambiti hanno ignorato o
glissato il fatto che perdurando
gli attuali ritmi, entro il
prossimo ventennio il profilo
antropologico del nostro
continente subirà una radicale
trasformazione. Pure quanti
questo fatto sembrano percepire,
in realtà non ne hanno valutato
appieno gli effetti in ambito
economico, sociale,
culturale e dunque anche
politico.
Rispetto al fenomeno
considerato, passato e presente
mostrano tratti differenziali.
Nella preistoria, il trasferimento
si
determinò per gruppi
etnicamente omogenei, mentre
oggi si attua per infiltrazioni
disarticolate; per l'aspetto
sociale,
dall'alto con tendenza a dilatarsi
verso il basso, nel primo caso, e
dal basso con l'aspirazione ad
accedere all'alto per il
secondo. Le ragioni sono
evidenti. Nel passato s trattava
della conquista di nuovi territori.
Oggi invece è dovuto alla
arcaicità e insufficienza dei
sistemi produttivi delle aree
di provenienza, richiamate dal
più alto regime di vita
assicurato da strutture produttive
più avanzate.
Occorre considerare anche le
analogie tra i fenomeni migratori
del passato e quelli del presente.
La ricerca di nuovi
spazi vitali può essere definitiva
o temporanea. I due fenomeni
hanno in comune il carattere
della definitività. In
analogia con le grandi
migrazioni dell'Ottocento e dei
primi del Novecento verso le
Americhe, la maggior parte degli
attuali immigrati in Europa tende
a permanere. È possibile
prevedere con certezza quali
modificazioni questo fatto
determinerà in termini sociali
e culturali. Sappiamo però
che gli immigrati attuali nei
paesi europei tendono a
permanere nella loro cultura:
nella sfera religiosa, linguistica e
alimentare. Di conseguenza
potrebbero prodursi reali e
ben definite situazioni
multiculturali.
Questa eventualità appare
tuttavia molto problematica.
Perché possa realizzarsi sono
infatti necessari radicali
mutamenti istituzionali e
legislativi.
Le scelte della Comunità
Europea non segnalano
purtroppo cambiamenti
significativi in questa
direzione. La
legislazione italiana è molto
significativa al riguardo: un
esempio è la legge del 6 marzo
1998 n°40 “Disciplina
dell'immigrazione e norma sulla
condizione dello straniero.
Si è data rigida applicazione alla
volontà espressa dai legislatori di
attivare in ogni forma iniziative
per l'integrazione
linguistica degli immigrati e dei
loro figli attraverso le strutture
scolastiche. Viene applicata così
una politica della
integrazione linguistica forzata.
D'altra parte essendo la domanda
a precedere la risposta finiranno
con rafforzare e
stabilizzare una situazione già di
fatto esistente: l'uso dell'inglese
come lingua di scambio.
In ogni caso, sia nel
riconoscimento della parità
linguistica, sia nell'imposizione
della lingua dello stato ospite, è
erroneo pensare a esiti
eterodiretti.
L'ASLI (Associazione per la
Storia della Lingua Italiana) ha
proposto di: promuovere
l’insegnamento delle lingue
straniere in chiave di diversità
culturale, e non di ibridazione,
allo scopo di acquisire le
conoscenze interlinguistiche
necessarie per la costruzione
1
dell’unione Europea . Ma
quando le cultura entrano in
contatto tra loro, si producono
sempre processi di scambio, e
non si determina in genere la
cancellazione totale di una di
esse. Si può affermare che
l'imporsi dell'anglofonia, ha fatto
della cultura statunitense una
replica di quella inglese. Sarebbe
difficile capire a
nascita del jazz senza tener conto
della presenza negra sia pure in
situazione di assoluta
subalternità.
Al di là di ogni previsione sul
futuro dell'identità culturale dei
paesi europei è sicuro che la
massiccia presenza degli
immigrati determinerà
mutamenti notevoli. A parte
l'ambito religioso, fatti
significativi è già possibile
registrarne nel
settore alimentare. In tutti i
supermercati si trovano sempre
più spesso spazi dedicati ad
alimenti non appartenenti alle
tradizioni culinarie europee, e
non c'è città che non conti
esercizi dove sono in vendita
derrate alimentari consumate
solo da asiatici e africani. A
parte la moda, è un fatto che le
abitudini alimentari degli
immigrati tendono ad espandersi
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