Sei sulla pagina 1di 9

Diritto tributario 21\10\2020

La volta scorsa abbiamo parlato delle fasi di applicazione del tributo, le quali sono sostanzialmente
3:
1. la realizzazione del presupposto al verificarsi del quale il fatto è espressivo di capacità
contributiva;
2. la fase dell’accertamento;
3. la fase della riscossione.
Tuttavia, secondo alcuni, le fasi non sarebbero 3 ma sarebbero 2, poiché la fase della realizzazione
del presupposto sarebbe incorporata nella fase dell’accertamento, costituirebbe il primo dato di tale
fase, fase composta da una sequenza di atti, posti in essere:
- in parte dal contribuente. Parliamo di contribuente ma il termine corretto sarebbe “soggetto
passivo”. Usare indifferentemente tali due termini è errato poiché sussiste una differenza:
soggetto passivo è una nozione giuridica; contribuente è una nozione economica → colui che
perde una parte della propria ricchezza per cederla allo Stato;
- ed in parte dall’amministrazione finanziaria. Tale termine è estremamente generico, lo si usa
per comodità per indicare l’insieme di tutti i soggetti attivi (lo Stato, la Regione, il Comune)
piuttosto che elencarli tutti.
Tali atti sono volti alla determinazione della base imponibile e dell’imposta da versare.

 FASE DELL’ACCERTAMENTO
Il primo atto di tale sequenza è l’accertamento. Poniamo il caso di dover determinare l’imposta da
versare (quando, poi, viene versata si passa alla fase della riscossione). Base imponibile e imposta
da versare sono NUMERI: l’imposta, qualunque essa sia (solitamente si fa riferimento alla più
significativa che è l’IRPEF, ossia l’imposta sul reddito delle persone fisiche), si determina,
conoscendo la base imponibile, applicando le aliquote.
 Normalmente, il primo atto della fase dell’accertamento è la dichiarazione: il soggetto dichiara
qual è la base imponibile secondo lui, augurandoci che dichiari il vero;
 alla dichiarazione segue il controllo della dichiarazione: l’amministrazione finanziaria,
attraverso l’esercizio di una serie di poteri, controlla la veridicità della dichiarazione (il soggetto
potrebbe essersi fatto uno “sconto”.
La fase dell’accertamento può essere:
- brevissima, lo è se il fisco controlla e rileva che la dichiarazione è veritiera e dunque i dati sono
corretti. In tal caso la fase si conclude subito;
- o lunghissima, lo è quando l’amministrazione finanziaria contesta la base imponibile dichiarata
dal contribuente ritenendola non veritiera. In tal caso il contribuente può opporsi a tale pretesa
dell’amministrazione davanti al giudice → in particolare si tratta in 1°e in 2° grado delle
commissioni tributarie e in 3° grado della corte di Cassazione. Quindi, per ritenere conclusa la
fase dell’accertamento, in questo caso si deve necessariamente arrivare ad una sentenza passata
in giudicato, solo questa ci dirà quale sia la vera base imponibile del soggetto. Capiamo bene
che, affrontando i tre gradi del giudizio, i tempi si allungano.
L’effetto giuridico, ossia l’obbligazione tributaria, si realizza con l’ultimo atto di questa sequenza
di atti in cui consiste l’accertamento. Quando il soggetto pone in essere il presupposto di un tributo,
per esempio produce un reddito, in quel momento sorge (Sì) l’obbligazione tributaria MA non è
ancora quantificata: lui sa che deve pagare MA ancora la quantificazione dell’imposta non è
avvenuta, avviene con l’ultimo atto valido della sequenza di atti in cui consiste la fase
dell’accertamento.
Esempio: oggi un professionista guadagna X, cioè realizza un reddito → è questa la base
imponibile? NO! Sa che dovrà pagare l’imposta, ma la quantificazione avviene con l’accertamento.
Per spiegare meglio questo, la maggior parte degli studiosi ritiene che l’accertamento sia da
configurare come un procedimento amministrativo: è una sequenza di atti, ciascuno dei quali è
legittimato dall’atto precedente e, a sua volta, legittima l’atto successivo. L’effetto giuridico è
riconducibile all’ultimo atto valido della serie procedimentale. Quindi NON SOLO l’atto viziato
non produce effetti ma, inoltre, fa perdere rilevanza ed efficacia a tutti gli atti successivi, che
risultano essere privi di una base di legittimazione.
Esempio: vi è un procedimento composto da una sequenza di 6 atti. Se il terzo è viziato perde
efficacia e, di conseguenza, fa perdere efficacia anche al quarto e al quinto. DUNQUE l’effetto
giuridico è riconducibile al secondo atto, che è l’ultimo atto valido della serie che precede quello
viziato.

L’obbligazione, allora, nasce col presupposto ma si quantifica con l’ultimo atto valido.
Esempio: il contribuente presenta la dichiarazione dei redditi e dichiara un reddito di € 30.000.
L’amministrazione procede con il controllo, utilizzando una serie di poteri: accessi, ispezioni,
verifiche, controlli bancari (ci cui diremo successivamente).
Sulla base della raccolta di queste prove, l’amministrazione finanziaria ritiene che il reddito non è di
€ 30.000 ma di € 50.000 In questo caso, emette il c.d. “avviso di accertamento”, con il quale
contesta al contribuente la maggiore base imponibile.
- Se il contribuente non impugna davanti al giudice l’avviso di accertamento, la fase di
accertamento si conclude, quindi egli dovrà pagare la cifra che risulta a seguito della
determinazione della nuova base imponibile. La verifica va svolta secondo determinate regole
previste dalla legge. Immaginiamo che la verifica si sia svolta in modo illegittimo. In tal caso,
l’avviso di accertamento che segue la verifica perde rilevanza, perchè la verifica è un atto della
serie e, se questa si svolge in modo illegittimo, è un atto viziato e produce l’eliminazione degli
effetti che sono riconducibili agli atti successivi. In questo caso, qual è l’ultimo atto valido della
serie? È la dichiarazione del contribuente, pertanto egli pagherà l’imposta sulla base della sua
dichiarazione;
- Se, invece, il contribuente presenta ricorso, avremo la sentenza di primo grado e così via.
L’ultimo atto valido della serie produce l’effetto giuridico, ossia l’obbligazione tributaria.

L’altra volta abbiamo accennato al fatto che:


- NORMALMENTE si dovrebbe assistere al pagamento dopo la chiusura della fase
dell’accertamento, poiché solo con la chiusura si stabilisce in via definitiva qual è il vero debito
del soggetto;
- MA il fisco ha interesse a riscuotere prima del tempo (le casse sono vuote e lo Stato si indebita
per far fronte alle spese, le quali superano le entrate →debito pubblico) pertanto si assiste al
sovrapporsi delle fasi dell’accertamento e della riscossione.
Esempio tipico di tale sovrapposizione è il caso della sostituzione a titolo di acconto → che si ha
quando viene operata la ritenuta (metodo di riscossione) sul lavoratore dipendente o autonomo.
Proprio perché è una sostituzione a titolo di acconto, una somma è trattenuta dal datore di lavoro e
versata, MA per sapere esattamente qual è il debito del contribuente:
- dato che l’IRPEF è un tributo periodico che si paga annualmente, dovremmo attendere la
chiusura dell’anno, ossia il 31 dicembre;
- in realtà, grazie alle ritenute mensili, il lavoratore ha già pagato una parte della somma, seppur a
titolo di acconto.
Bisognerà, poi, attendere la fine dell’anno e quantificare esattamente la sua base imponibile: il
soggetto potrebbe avere altri redditi oppure ad esempio spese scolastiche per i figli che lo portano
ad avere addirittura un credito verso l’erario, poichè ha versato di più attraverso le ritenute mensili.
Allora presenterà la dichiarazione dei redditi che si concluderà non con un debito ma con un
credito, poichè segnalerà di aver subito delle ritenute nel corso dell’anno.
Si determina il reddito effettivo dell’anno: se c’è da pagare, pagherà; altrimenti avrà diritto al
rimborso. Questo è un esempio in cui la riscossione avviene, non solo prima della conclusione della
fase dell’accertamento, ma anche prima della conclusione del periodo di imposta, ossia prima del 31
dicembre.
Altro esempio frequentissimo: la normativa impone al contribuente il pagamento di due
acconti nel corso dell’anno, acconti che valgono sul debito IRPEF dell’anno stesso. Un acconto è
pagato a giugno ed uno a novembre. Come si calcolano tali acconti? La normativa prevede che si
debbano calcolare sulla base dell’IRPEF pagata nell’anno precedente, immaginando che il
contribuente abbia ogni anno lo stesso reddito o addirittura di più. Ma potrebbe non essere così,
potrebbe avere un reddito più basso rispetto all’anno precedente. Consideriamo che deve pagare un
acconto che arriva al 90\95% dell’IRPEF dell’anno precedente. Quando si conclude l’anno, in sede
di dichiarazione si scopre che il suo debito è più basso dell’anno precedente (teniamo presente che
ciò può accadere per mille motivi, altrimenti non ci sarebbero fallimenti). In tal caso avrà un
credito, poiché ha versato due acconti che superano il debito effettivo, il quale si può calcolare solo
dopo che si chiude l’anno.

Si usa la parola acconto perchè sta a significare che la somma pagata può essere suscettibile di
conguaglio, o in positivo (deve ancora pagare perchè il suo debito è maggiore) o in negativo (ha un
credito). Quindi l’acconto postula un’attività di conguaglio, che si fa in sede di dichiarazione, ove si
vede il debito effettivo.
La normativa prevede che se il contribuente è a credito può:
- chiedere che tale credito vada ad abbattere il debito dell’anno successivo, cioè chiede la
compensazione con il debito fiscale dell’anno successivo;
- oppure chieder il rimborso, per ottenere subito i soldi.
Per evitare i rimborsi, la normativa prevede una sorta di compensazione generale, nel senso che se
Tizio ha un credito a fini dell’IRPEF può, dal momento che il creditore è lo stesso → cioè l’agenzia
delle entrate ←, chiedere la compensazione anche ai fini di altre imposte: con l’ILOR (imposta
locale sui redditi), con l’IRAP (imposta regionale sulle attività produttive), con l’IVA (imposta sul
valore aggiunto). Quindi un credito di un tributo posso utilizzarlo per un altro tributo.
Inoltre il rimborso non arriverebbe subito, date le lunghe pratiche, invece la compensazione si
realizza subito.
Diverso dall’acconto è l’anticipazione: si tratta di un pagamento non suscettibile di conguaglio a
favore del contribuente, se dovesse esserci il conguaglio sarà a sfavore.
Esempio: anticipazione dell’indennità di fine rapporto di lavoro. Nel corso del rapporto di lavoro,
il dipendente chiede al proprio datore il pagamento di una parte dell’indennità di fine rapporto già
maturata, la c.d. “buona uscita” (anche questa è reddito di lavoro), che va assoggettata a ritenuta.
Questa dunque non è acconto, è anticipazione, quindi non si avrà diritto al rimborso di questa cifra.
Quando, poi, prenderà il resto dell’indennità di fine rapporto, cioè quando cesserà il rapporto di
lavoro, andrà incontro ad una ulteriore ritenuta. Quindi la ritenuta di acconto: normalmente è un
acconto, suscettibile di conguaglio a favore o a sfavore; in rari casi è un’anticipazione.

 DICHIARAZIONE TRIBUARIA
L’adempimento della dichiarazione tributaria è fondamentale, interessa praticamente tutta la
popolazione, tranne i soggetti non obbligati, dunque è un adempimento diffusissimo. Non c’è una
norma che definisca la dichiarazione tributaria.
- Alcuni la qualificano come una sorta di adempimento di collaborazione, cioè come se il
soggetto passivo collaborasse con quello attivo, fornendogli dei dati che riguardano i tributi da
lui dovuti. Questa è una lettura non conflittuale del rapporto tra soggetto passivo e soggetto
attivo, è un auspicio;
- TUTTAVIA, nella realtà, trattandosi di un’obbligazione, il rapporto è conflittuale: c’è un
creditore, che cerca di incassare il più possibile, e un debitore, che invece cerca di pagare il
meno possibile.
La dichiarazione tributaria interessa moltissimi tributi, ma molti altri non la prevedono → come per
esempio la marca da bollo, per il cui acquisto non si fa alcuna dichiarazione. Si paga la marca da
bollo è già in tal modo si sta pagando l’imposta.
La dichiarazione è un adempimento formale e non sostanziale (l’adempimento sostanziale è il
versamento, cioè quando il soggetto esce fuori la moneta e paga l’imposta). Ci sono moltissimi
adempimenti formali, un altro esempio è la tenuta di registri contabili: le imprese e gli esercenti arti
e professioni devono tenere i registri.
Il principio della riserva di legge, secondo cui nessuna prestazione personale o patrimoniale può
essere imposta se non in base alla legge, si interpreta non solo come riferita all’adempimento
sostanziale ma anche a quello formale, perché l’adempimento formale ha un costo per il
contribuente: deve rivolgersi al commercialista, tenere i libri e rivolgersi a chi se ne intende.
QUINDI, quando la norma fa riferimento alla prestazione patrimoniale, non riguarda solo l’imposta
che va a pagare, ma (se ci sono) riguarda anche gli adempimenti formali, che sono molto gravosi.
È necessario che ci sia una legge che lo preveda, affinché imponga al contribuente l’adempimento
formale, che ha un costo. Deve essere previsto dalla legge, altrimenti arriveremmo alla conclusione
che l’amministrazione finanziaria può imporre registri a chiunque, MA NON è così, deve essere il
legislatore ad imporre la dichiarazione.

Diamo una definizione di dichiarazione tributaria ed esaminiamo le singole parole:


“La dichiarazione tributaria è una comunicazione formale con effetti predeterminati
dalla legge, di dati o di scelte aventi rilevanza ai fini dell’applicazione della
normativa fiscale”.
- È una “comunicazione”: il contribuente (soggetto passivo) comunica al soggetto attivo alcuni
dati e alcune scelte;

- Tale comunicazione è “formale”: la forma di questa comunicazione è prevista dalla legge, non
è libera. Se è resa senza il rispetto della forma imposta dalla legge, la dichiarazione è nulla.
Il rispetto della forma investe la modulistica, i tempi e la modalità di presentazione.
Esempio: Tizio NON può fare la dichiarazione dei redditi mandando una lettera, dove indica il
proprio reddito, alla agenzia delle entrate, MA deve utilizzare un’apposita modulistica.
Essendo, la dichiarazione, obbligatoria → se non viene presentata o viene presentata ma senza
rispettare la forma, si va incontro a sanzioni, ad esempio la sanzione per omessa presentazione
della dichiarazione.
La dichiarazione è formale non solo con riferimento ai moduli, ma anche con riferimento ai
tempi della comunicazione.
Esempio: La legge impone un tempo che va dal 1 ottobre al 31 ottobre per rendere la
comunicazione: se Tizio la rende dopo il 31 ottobre, la comunicazione sarà tardiva e quindi
soggetta a sanzione; se, invece, la presenta prima del 1 ottobre, la comunicazione sarà
intempestiva.
Oltre alla modulistica e al tempo, la forma attiene anche alle modalità di presentazione.
Esempio: Oggi tutto si fa online, di conseguenza la dichiarazione non può essere presentata
per posta, ma va presentata per via telematica, come previsto dalla legge. Ecco che il soggetto,
non avendo né l’abilità né l’accesso per effettuare tale presentazione, è costretto a rivolgersi o
ad un professionista o al CAF (centro di assistenza fiscale) che cura la trasmissione delle
dichiarazioni;

- La definizione prosegue dicendo ‘’con effetti predeterminati dalla legge’’. Qual è l’effetto che
la legge collega alla presentazione della dichiarazione? L’effetto è rendere il soggetto che ha
presentato la dichiarazione debitore verso il fisco dell’imposta emergente dalla dichiarazione.
Esempio: Tizio presenta la dichiarazione dei redditi. Se in essa Tizio indica un reddito di €
50.000 e calcola l’imposta in € 15.000 secondo le aliquote, nel momento in cui la dichiarazione
viene presentata, egli diventa debitore di € 15.000. Lui stesso indica il reddito e lui stesso
calcola l’imposta. L’effetto della presentazione è rendere il soggetto debitore dell’imposta
emergente dalla dichiarazione.
- Si comunicano dati o scelte rilevanti ai fini dell’applicazione della normativa tributaria.
I DATI possono essere numerici e non numerici
- DATI NUMERICI: esempio: il reddito dell’imprenditore. Questo si determina
sottraendo i componenti negativi dai componenti positivi. Dunque l’imprenditore dovrà
indicare entrambi tali componenti, che sono numeri, e poi fare la differenza.
L’imprenditore afferma che in un anno ha avuto ricavi per € 100.000 e costi per € 80.000
→deve specificare i costi: per esempio l’acquisto di merce, luce, telefono, segretaria,
dipendenti.
Quindi il suo reddito è di € 20.000;
altro esempio: imposta sulle successioni. Si deve presentare la dichiarazione di
successione ed indicare ciò che viene ereditato, ad esempio un appartamento, e dire qual è il suo
valore → il valore è un dato numerico che serve per determinare l’imposta. (poi ovviamente il
fisco controllerà tale valore).
- DATI NON NUMERICI. Sono dati non numerici: la data di nascita; la residenza; il
codice fiscale; o nel caso degli eredi indico la generalità degli eredi.

LE SCELTE
Di cosa si tratta? Sono scelte libere? Se così fosse ognuno sceglierebbe di non pagare :)
Determinati tributi si possono pagare secondo regole diverse. Quindi, in determinati casi, la
normativa consente al contribuente di scegliere il regime applicabile per determinare la base
imponibile dell’imposta.
Esempio: l’IVA (imposta sul valore aggiunto). Il contribuente che si abilita alla libera
professione e inizia l’attività di avvocato deve scegliere quale regime seguire e comunicarlo al
fisco;
esempio: i professionisti che hanno un importo lordo annuo entro € 65.000 possono scegliere un
determinato regime, che dà luogo a risultati diversi, è una loro scelta:
- regime ordinario (vale anche per i professionisti che superano un importo di € 65.000): si paga
l’imposta sul reddito, cioè si fa la differenza tra gli incassi e le spese del soggetto → dagli
onorari (compensi) si sottraggono le spese e così si pagano le imposte;
- regime forfettario: l’IVA non si applica e si paga un’imposta commisurata agli incassi → in via
forfettaria si paga il 15 % degli incassi, senza guardare alle spese. Che il soggetto abbia speso
molto o poco, non importa.
Allora il soggetto sceglie:
- se ha poche spese, gli conviene scegliere il regime forfettario;
- se, invece, ha molte spese gli conviene pagare con il regime ordinario.

Le scelte riguardano anche le OPZIONI


Di cosa si tratta? In seno alla dichiarazione dei redditi, il contribuente è invitato (se vuole) ad
esprimere 3 possibili opzioni (può anche non scegliere nulla):
1. dell’8 x 1000 → è una scelta del singolo contribuente, il quale stabilisce che l’8 su 1000 (che è
un numero minimo) del gettito dell’IRPEF vada: alla chiesa cattolica, o ad altre confessioni
religiose oppure allo Stato (che utilizzerà, ad esempio, le somme a favore dei paesi del terzo
mondo). Si può anche non scegliere: in tal caso non sto partecipando alla scelta della
destinazione di tale numero.
Spieghiamo meglio con un esempio: immaginiamo che il gettito totale dell’IRPEF sia pari a
1000 (di tutta l’IRPEF, NON dell’imposta che paga il singolo contribuente, quindi parliamo di
miliardi).
La normativa prevede che il singolo contribuente debba pronunziarsi sulla destinazione dell’8 x
1000, quindi deve decidere a chi destinare questo 8.
Tizio nella sua dichiarazione dei redditi individua come destinataria la chiesa cattolica. Non è
che, in tal modo, Tizio sta disponendo dell’8 x 1000 dell’imposta che paga lui, ma sta
contribuendo a stabilire a chi andrà l’8 x 1000 dell’intera IRPEF pagata da tutti, sta
partecipando alla destinazione generale di questo 8.
La scelta di Tizio, anche se ha un reddito bassissimo, vale tanto quanto la scelta di un
milionario.
Se il 40% della popolazione individua come destinataria la chiesa cattolica, allora il 40% di 8
sarà devoluto alla chiesa cattolica. Il restante 60% per come sono stati destinati dalle scelte di
altri contribuenti. Quindi l’opzione di tizio non riguarda la destinazione del 8X1000 della sua
imposta ma della distribuzione generale in base alle scelte dei contribuenti. Ma tizio potrebbe
anche non scegliere e quindi 8 x 1000 viene destinato in base alle scelte di altri;

2. del 5 x 1000 → Tale scelta si può fare a favore di enti di assistenza, organizzazioni non
lucrative di utilità sociale, ospedali, università.
Qui cambia tutto. Non è il 5 x 1000 dell’intero gettito dell’IRPEF, ma dell’imposta che paga il
singolo contribuente.
Esempio: se Tizio paga un’imposta IRPEF di € 10.000, perché ha un reddito di € 40.000, lui
sta disponendo del 5 x 1000 di questi € 10.000 che paga lui stesso.
Qui, allora, c’è differenza tra:
- la scelta del milionario → esempio: Tizio ha un reddito di 10 MLN, l’imposta sarà 6 MLN.
Capiamo bene che il 5 x 1000 di 6 MLN è una cifra significativa;
- e la scelta di chi, invece, ha un reddito più basso → esempio: Caio ha un reddito di € 30.000
dunque paga un’imposta di € 8.000. Caio può destinare il 5 x 1000 di 8.000, la cifra sarà molto
modesta.
Questa volta il tipo di scelta investe la posizione economica del soggetto che fa la scelta (e non
incide, come accade per l’8 x 1000, su tutti coloro che hanno fatto la scelta);

3. del 2 x 1000 → Tale scelta si può fare a favore dei partiti politici.
Anche qui si destina il 2 x 2000 dell’imposta IRPEF che paga il singolo contribuente.

PRECISAZIONE
- Se NON si esprime una scelta del 2 x 1000 o 5 x1000, la somma non verrà erogata e lo Stato
trattiene tutta l’imposta;
- se, invece, non si esprime una scelta dell’8 x 1000, questa quota deve essere comunque
destinata, significa che decideranno gli altri → Per avere un’idea, ci sono in Italia circa 20
milioni di dichiarazioni dei redditi, su 55 milioni di abitanti. Se su 20 milioni di dichiarazioni,
10 milioni di persone hanno espresso una scelta, decideranno loro.

 DICHIARAZIONE DI IMPOSTA
La dichiarazione tributaria è il genus. Al suo interno abbiamo una species, che è la dichiarazione di
imposta. Quest’ultima contiene dati rilevanti ai fini della determinazione della somma da pagare.
Facciamo tale distinzione, poiché la normativa prevede anche una serie di dichiarazioni che NON
investono né la base imponibile, né il pagamento del tributo, eppure rientrano nella nozione
generale di dichiarazione tributaria.

Esempio:
- Tizio si è abilitato e decide di iniziare l’attività di avvocato. È obbligato a presentare la
dichiarazione di inizio attività: questa dichiarazione NON contiene dati numerici (perchè sta
iniziando appena) ma deve comunicare al fisco una serie di dati: che sta iniziando, l’indirizzo
dello studio, chi tiene la contabilità dello studio;
- Se, poi, un dato contenuto nella dichiarazione di inizio cambia nel tempo, si presenta la
dichiarazione di variazione dati : ad esempio cambia l’indirizzo dello studio;
- Se, poi, Tizio cessa la sua attività, deve presentare la dichiarazione di cessazione dell’attività.
Sono dichiarazioni che non riguardano base imponibile e imposta da pagare.

 CATTERI DELLA DICHIARAZIONE TRIBUTARIA


La dichiarazione tributaria ha 3 caratteri (che ovviamente riguardano anche la dichiarazione
d’imposta, essendo una species della dichiarazione tributaria):
1. VERIDICITA’ → il soggetto è tenuto a fornire dati veritieri; viceversa andrà incontro alle
sanzioni per infedeltà delle dichiarazioni;

2. COMPLETEZZA → si devono indicare TUTTI i dati rilevanti, non si può indicare solo una
parte di questi; viceversa, anche qui, andrà incontro alle sanzioni per infedeltà delle
dichiarazioni (in passato vi erano due figure sanzionatorie).
Esempio: Tizio non si può dichiarare 1 appartamento se ne dispone 4;

3. VINCOLATIVITA’ delle scelte ma non dei dati →


- le scelte sono vincolanti: se scelgo un regime, ad esempio quello forfettario, sia per IVA
che imposte dirette, mi sono impegnato ad applicare questo regime. Normalmente il
regime, volontariamente scelto, è vincolante per 3 anni;

- i dati, invece, NON sono vincolanti. I dati più importanti sono quelli numerici: attraverso
questi si perviene alla quantificazione della base imponibile e dell’imposta da versare.
Sui dati numerici È POSSIBILE RETTIFICARE la dichiarazione.
Tizio potrebbe presentare una dichiarazione con dati errati. In tal caso, prima che il fisco se ne
accorga (altrimenti sarebbe troppo comodo, anche se poi vedremo che ci sono una serie di
meccanismi che prevedono una riduzione delle sanzioni se, una volta scoperto dal fisco, pago
immediatamente), può correggerli.
DOMANDA: perchè la rettifica è ammessa? Bisogna precisare che esistono:
- una rettifica in aumento → si presenta perché, nel momento in cui è stata presentata la
dichiarazione, è stata violata la norma, poiché è stato dichiarato di meno: o perché si
voleva evadere il fisco oppure a causa di un errore nella compilazione della
dichiarazione. Dunque, presentando la dichiarazione in aumento, si ottiene una riduzione
delle sanzioni.

- una rettifica in diminuzione → presentando la dichiarazione in diminuzione, si chiede il


rimborso delle somme già pagate, laddove si riesca a dimostrare che effettivamente la
situazione economica era diversa da quella che è stata rappresentata nella dichiarazione.
Esempio: una madre ritiene che un appartamento è suo, mentre dal testamento risulta essere
del figlio. La donna, nella dichiarazione dei redditi, inserisce l’appartamento tra i suoi redditi.
Questo è sbagliato, perchè il debitore è il figlio, essendo il proprietario dell’appartamento, non
la madre. Allora quest’ultima presenta la dichiarazione in diminuzione.

 NATURA GIURIDICA DELLA DICHIARAZIONE TRIBUTARIA (tema


fondamentale!!)
Circa la natura giuridica della dichiarazione si sono avanzate una serie di teorie:
1. Secondo una prima teoria, la dichiarazione ha natura confessoria, è una confessione,
istituto conosciuto dal nostro codice civile.
Perchè si dice che è una confessione? Perché la confessione è una comunicazione di fatti a
sé dannosi, la comunicazione di fatti negativi, fatti che produrranno danni.
Chi sostiene tale tesi, ritiene che il primo danno prodotto, una volta presentata la
dichiarazione, è che si diventa debitore delle somme emergente dalla dichiarazione stessa.
 Questa tesi non può essere condivisa a causa della frequente sovrapposizione delle fasi (con
l’ipotesi del sostituto o per via degli acconti poc’anzi citati).
Può avvenire che Tizio presenta la dichiarazione per ottenere il rimborso delle somme,
pagate in più sotto forma di ritenuta o pagate in più per via degli acconti.
Quindi non è vero che la confessione produce solo di effetti negativi; d’altro canto la
normativa prevede che se NON si presenta la dichiarazione, si perde il credito.
Esempio: Tizio ha pagato due acconti che sono in eccesso rispetto alla effettiva imposta
che avrei dovuto pagare; in tal caso Tizio dovrà presentare la dichiarazione per ottenere il
rimborso o per fare la compensazione. Se la dichiarazione non viene presentata si perde il
diritto al rimborso.
Quindi la dichiarazione può servire sia per pagare quello che emerge dalla dichiarazione
che per ottenere il rimborso. Allora non è una confessione, che investe soltanto fatti
sfavorevoli al soggetto;

2. Secondo un’altra teoria, la dichiarazione è un negozio giuridico.


 Neanche tale tesi può essere condivisa, poichè sussiste la volontarietà dell’atto (se non
voglio, non la presento. Poi andrò, certamente, incontro a sanzioni) MA manca la
volontarietà degli effetti.
L’effetto della dichiarazione è il riconoscersi debitore di una certa cifra, gli effetti della
dichiarazione sono determinati dalla legge.
Quando si pone in essere un negozio giuridico si vogliono pure gli effetti del negozio
(stipulo un contratto di compravendita: l’effetto è voler acquisire un bene a fronte del
pagamento).
Dunque NON si può considerare la dichiarazione un negozio giuridico poiché non c’è
niente da negoziare: è la legge che ne impone la presentazione ( è una dichiarazione ex
legge) e ne determina gli effetti;

3. Secondo una teoria largamente condivisa la dichiarazione è una dichiarazione di scienza


qualificata.
Chi sostiene tale teoria, ritiene che è proprio per questa natura giuridica che è possibile
ammettere la rettifica. Se Tizio fa un negozio giuridico non ha nulla da rettificare. La
rettifica ha un senso in quanto si riconosce la natura di dichiarazione di scienza qualificata.

Spieghiamo cosa si intende per “dichiarazione di scienza qualificata”:


- Dichiarazione di scienza: “scienza” sta per conoscenza”, la conoscenza dei fatti di chi
presenta la dichiarazione.
Esempio: quando si presenta la dichiarazione dei redditi (o la dichiarazione di
successione, o la dichiarazione IVA) si richiamano fatti, che poi si traducono in numeri,
che sono a conoscenza del singolo, perché i dati rilevanti ai fini del pagamento
dell’imposta contenuti nella dichiarazione riguardano sempre fatti del passato (non,
ovviamente, fatti del futuro → quella è la scelta del regime).
Proprio perchè si tratta di una dichiarazione di scienza (e dunque non di una
dichiarazione di volontà) è suscettibile di ERRORE e per questo è ammessa la rettifica;

- sarebbe sbagliato limitarsi a dire dichiarazione di scienza, per questo motivo si aggiunge
l’aggettivo ‘’qualificata’’: significa che, nel trasmettere i dati, si devono rispettare le
qualificazioni giuridiche che la legge dà a quei dati.
Esempio: pensiamo ad un imprenditore commerciale. La legge gli chiede di inserire
una serie di dati, che riguardano le entrate e le spese.
La dichiarazione relativa al 2019, prorogata per via del coronavirus, scade il 30
novembre 2020, anche se il pagamento è avvenuto prima, ossia a luglio.
(Parentesi: questa è un’anomalia incredibile: il legislatore fissa una data per il
pagamento. MA, se si deve pagare, si devono PRIMA fare i calcoli del pagamento.
Ratio di tale anomalia: il fisco ha premura di incassare. Quindi a luglio bisogna pagare
ma la dichiarazione può anche essere presentata successivamente, purchè entro
novembre).
L’imprenditore deve inserire nel modulo una serie di dati. Il modulo contiene varie voci:
- la ‘’plus valenza’’;
- le ‘’sopravvenienze’’.
- i ‘’ricavi’
accanto ad ogni voce, è necessario inserire un numero, ossia un valore.

MA sono tutti termini tecnici: c’è una norma fiscale che li definisce → quindi
l’imprenditore, nel trasmettere i dati, deve tenere conto della qualificazione giuridica che
la legge dà ai singoli dati. Deve, quindi, indicare un numero che è espressivo, per
esempio, dei ricavi secondo la nozione di ricavi prevista dalla legge.
Quindi, nel trasmettere la conoscenza, NON si può ignorare la qualificazione giuridica
che la legge dà ai singoli termini, altrimenti si va incontro a sanzione. Ecco perché si
parla di dichiarazione di scienza qualificata!

La dichiarazione è l’adempimento più complesso: ci sono 200 pagine, scritte strette, per la
compilazione. È, pertanto, necessaria l’opera di un professionista.

Potrebbero piacerti anche