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D’ORCHESTRA
Primo
convegno
nazionale
sulle
big
band
Bologna,
10-‐11
ottobre
2020
Il
10
e
l’11
ottobre
2020,
presso
la
Sala
Eventi
del
Museo
internazionale
e
biblioteca
della
musica
di
Bologna,
si
è
tenuto
il
primo
convegno
nazionale
sulle
orchestre
di
jazz.
Organizzato
dall’associazione
culturale
Jazz
Network
di
Ravenna,
in
collaborazione
con
JIP-‐Jazz
Italian
Platform,
Bologna
Jazz
Festival
e
Jazz
Club
Ferrara,
e
con
il
contributo
del
MiBACT
-‐
Bando
“Progetti
mirati
alla
diffusione
della
musica
jazzistica
italiana”,
“Prova
d’Orchestra”
ha
riunito
attorno
al
tavolo
di
lavoro
una
trentina
di
direttori
d’orchestra
italiani,
oltre
ad
alcuni
promoter
in
rappresentanza
dei
soggetti
organizzatori:
Sandra
Costantini
(Jazz
Network/JIP),
Federico
Mutti
(Bologna
Jazz
Festival/JIP),
Francesco
Bettini
(Jazz
Club
Ferrara/JIP),
Giancarlo
Di
Napoli
(Ancona
Jazz),
Pompeo
Benincasa
(Catania
Jazz/JIP).
Tema
del
convegno,
l’analisi
dello
status
quo
e
lo
sviluppo
di
proposte
per
la
valorizzazione
di
un
settore
che,
spesso
in
assenza
di
qualsiasi
sostegno
pubblico,
garantisce
più
ampie
possibilità
espressive
e
ricadute
occupazionali.
Riservato
agli
invitati,
il
convegno
si
è
svolto
nel
pomeriggio
di
sabato
10
ottobre
e
nella
mattinata
di
domenica
11
ottobre.
La
sera
del
10,
si
è
esibita
in
concerto,
anch’esso
riservato
ai
convegnisti,
la
Unscientific
Italians
Play
the
Music
of
Bill
Frisell,
orchestra
di
11
elementi
diretta
da
Alfonso
Santimone.
Questo
l’elenco
in
ordine
alfabetico
dei
26
direttori
partecipanti:
Cristiano
Arcelli,
Dino
Betti
van
der
Noot,
Piero
Bittolo
Bon,
Silvia
Bolognesi,
Riccardo
Brazzale,
Paolo
Damiani,
Cettina
Donato,
Franco
Emaldi,
Ferdinando
Faraò,
Riccardo
Fassi,
Marco
Ferri,
Maurizio
Giammarco,
Cristiano
Giardini,
Nico
Gori,
Pasquale
Innarella,
Pino
Jodice,
Ettore
Martin,
Massimo
Morganti,
Massimo
Nunzi,
Piero
Odorici,
Mauro
Ottolini,
Fabio
Petretti,
Nicola
Pisani,
Maurizio
Rolli,
Alfonso
Santimone,
Tommaso
Ussardi.
Quel
che
segue
è
un
sunto
delle
idee
e
delle
proposte
uscite
dai
due
giorni
di
confronto,
primo
passo
di
un
percorso
che
continuerà
il
suo
cammino.
L’intenzione
è
di
diffondere
e
sottoporre
questo
documento
a
tutti
i
direttori
d’orchestra
interessati,
allargando
la
platea
il
più
possibile,
sotto
il
segno
dell’inclusività,
nell’ottica
di
un’azione
corale
per
raggiungere
obiettivi
comuni.
Si
auspica
in
questo
senso
la
costituzione
di
una
rete
nazionale
di
direttori
d’orchestra,
che
elegga
al
proprio
interno
un
nucleo
rappresentativo,
con
funzioni
di
coordinamento,
che
si
faccia
portavoce
delle
istanze
condivise,
nei
modi
e
nelle
sedi
opportune,
presso
il
mondo
del
jazz,
le
istituzioni,
la
politica,
l’amministrazione
pubblica,
gli
operatori,
la
stampa.
Premessa
Il
tema
specifico
che
il
convegno
vuole
affrontare
è
il
sostegno
e
lo
sviluppo
delle
orchestre
di
jazz,
un
tessuto
diffuso
in
tutto
il
paese,
non
solo
luogo
fondamentale
di
produzione
musicale,
ma
anche
strumento
di
esperienza,
crescita
professionale,
aggregazione
sociale.
Accade
però
che
queste
strutture
siano
oggetto
di
discriminazione,
e
l’obiettivo
è
quello
di
modificare
tale
situazione,
a
cominciare
dalla
normativa
vigente,
in
cui
si
sono
individuate
alcune
strettoie
e
incongruenze.
Lo
Stato
incoraggia
e
premia
la
pratica
orchestrale
in
ogni
modo
possibile.
Per
chiarire
questo
concetto,
occorre
analizzare
i
numeri.
Nel
2020
il
FUS
somma
complessivamente
circa
348
milioni
di
euro.
Di
questa
cifra,
oltre
il
52%
va
alle
fondazioni
lirico-‐sinfoniche
per
un
importo
di
oltre
180
milioni
di
euro.
Di
questa
cifra
ovviamente
una
buona
parte
va
a
sostenere
quelle
che
una
volta
si
definivano
"masse
orchestrali
e
corali".
Il
resto
del
settore
musicale
è
finanziato
per
il
18%
del
FUS,
equivalente
all'incirca
alla
somma
di
62
milioni
e
500.000
euro.
In
questa
cifra,
15
milioni
e
650.000
euro
vanno
alle
ICO
(Istituzioni
Concertistico-‐Orchestrali),
che
sono
le
orchestre
stabili
delle
Regioni,
ma
c'è
anche
1
milione
e
100.000
euro
per
i
complessi
strumentali
e
circa
987.000
euro
per
la
lirica
ordinaria
che
pure
si
avvale
di
formazioni
orchestrali.
Sempre
all'interno
del
FUS,
le
orchestre
giovanili
avevano
un
budget
di
700.000
euro
che
è
poi
stato
ridotto
a
350.000.
Ora
per
queste
formazioni
sono
in
corso
anche
progetti
speciali
triennali:
ad
esempio
in
Emilia
Romagna
ce
ne
sono
ben
due,
l'Orchestra
Giovanile
Cherubini
di
Riccardo
Muti
(con
sede
a
Piacenza)
che
riceve
un
contributo
di
500.000
euro,
e
la
EUYO
European
Union
Youth
Orchestra
di
Ferrara
che
è
sovvenzionata
per
300.000.
Da
qualche
anno
inoltre
non
viene
più
finanziata
nel
FUS
la
ANBIMA
Associazione
delle
Bande
(Associazione
Nazionale
delle
Bande
Italiane
Musicali
Autonome),
che
è
però
sostenuta
attraverso
altre
forme
di
finanziamento.
Per
dare
un'idea
delle
proporzioni,
l'intero
ammontare
dei
fondi
destinati
alla
concertistica
(dove
sta
gran
parte
dell'attività)
è
di
14
milioni
600.000
euro,
cioè
meno
di
quanto
va
alle
ICO
(che
sono
14,
mentre
i
soggetti
della
concertistica
sono
centinaia).
Tutto
ciò
dimostra
l'assunto
iniziale,
cioè
che
lo
Stato
incoraggia
massicciamente
la
pratica
orchestrale.
Accade
però
che
a
questo
imponente
monte
risorse
le
orchestre
di
jazz
non
possono
accedere
perché
la
legislazione
è
stata
a
suo
tempo
modellata
sulle
orchestre
sinfoniche,
quindi
le
orchestre
jazz
non
hanno
i
requisiti
di
organico,
giornate
lavorative,
contributi
previdenziali
etc.
che
consentono
di
accedere
ai
finanziamenti.
Spesso
inoltre
le
orchestre
jazz
non
sono
costituite,
non
hanno
una
ragione
sociale
(altro
requisito
richiesto).
L'implicazione
però
è
che
una
norma
amministrativa
finisce
per
essere
una
censura
di
tipo
culturale,
ciò
che
certamente
non
è
nelle
intenzioni
dello
Stato.
Tale
incongruenza,
ancor
più
ingiustificata
oggi
di
fronte
a
un
fiorire
massiccio
di
orchestre
jazz
in
tutta
Italia,
va
segnalata
al
Ministero,
affinché
ponga
fine
alla
discriminazione
di
trattamento
modificando
la
legislazione
vigente.
Lo
Stato
sostiene
le
orchestre
perché
la
dimensione
delle
strutture
in
un
mercato
privato
non
starebbe
in
piedi,
sarebbe
anti-‐economico.
L'aspetto
occupazionale,
il
sostegno
del
lavoro,
è
altro
scopo
esplicito.
Questo
vale
per
gli
organici
di
50-‐100
elementi
delle
orchestre
sinfoniche,
ma
vale
su
scala
più
ridotta
anche
per
il
jazz.
Proposte
operative
-‐ richiedere
la
parità
di
genere
musicale,
e
di
conseguenza
l’adeguamento
del
monte
risorse
per
il
settore,
è
la
prima
battaglia
da
intraprendere;
il
jazz
rappresenta
l’1,13%
del
FUS;
una
sola
associazione
classica
oggi
riceve
a
livello
di
contributi
quanto
tutto
il
jazz
messo
assieme;
il
jazz
è
una
musica
diffusa,
questo
è
un
concetto
da
comunicare;
-‐ far
adeguare
la
normativa
FUS
per
permettere
l’accesso
alle
domande
da
parte
delle
orchestre
di
jazz,
ora
escluse
da
requisiti
modellati
sulle
orchestre
classiche;
-‐ osservare
e
studiare
le
esperienze
straniere,
le
molte
orchestre
estere
(specie
nel
Nord
Europa)
finanziate
dagli
Stati
e
dalle
istituzioni,
per
trovare
spunti
e
indicazioni
da
seguire;
-‐ creazione
di
una
rete
di
orchestre
nazionale,
organizzata
in
gruppi
di
lavoro
collettivi
(magari
su
basi
regionali)
e
un
nucleo
di
coordinamento,
che
rilanci
il
concetto
di
“cultura
orchestrale”,
si
adoperi
per
il
raggiungimento
di
una
propria
“identità”,
porti
avanti
le
istanze
dell’intero
settore;
-‐ creazione
di
orchestre
regionali,
opportunità
per
i
giovani
musicisti
di
fare
esperienze
formative,
imparare,
crescere;
l’orchestra
come
laboratorio
permanente,
vivaio
di
nuovi
talenti;
-‐ creazione
di
un
rapporto
stretto
con
i
festival
e
i
promoter,
che
parta
da
un
confronto
per
meglio
comprendere
le
esigenze
reciproche
ed
arrivi
a
un
sostegno
vicendevole:
i
festival
potrebbero
aprire
i
loro
calendari
alle
orchestre
(magari
attraverso
l’istituzione
di
orchestre
“residenti”,
con
cui
si
possa
mettere
in
piedi
un
lavoro
di
lungo
respiro;
slogan
“adotta
una
big
band”),
aiutando
da
un
lato
la
diffusione
della
“cultura
orchestrale”,
educando
il
pubblico,
e
dall’altro
sostenendo
le
strutture
dando
loro
opportunità
di
lavoro
e
di
visibilità;
le
orchestre,
se
si
organizzano
e
si
strutturano,
a
cominciare
dal
costituirsi
in
una
qualche
forma
associativa,
potrebbero
accedere
a
finanziamenti
e
sovvenzioni
e
di
conseguenza
alleggerire
il
carico
economico
che
grava
sui
promoter
che
le
ingaggiano;
-‐ rafforzare
e
valorizzare
il
rapporto
con
il
territorio,
i
suoi
luoghi
e
le
sue
realtà:
al
di
là
dei
festival,
le
scuole,
i
conservatori,
gli
operatori
culturali,
le
amministrazioni
locali…
-‐ snellimento
della
burocrazia
(aiuterebbe
sia
le
orchestre
che
chi
le
ingaggia),
ad
esempio
attraverso
l’istituzione
di
voucher,
che
allevierebbero
il
peso
di
un’eccessiva
fiscalità,
ricarichi
di
tasse
ed
ex-‐
Enpals
insostenibili
per
organici
elevati;
abolizione
del
certificato
di
agibilità:
viste
le
difficoltà
di
aprire
agibilità
adeguate,
si
finisce
per
ricorrere
al
versamento
del
minimo
Enpals,
e
ad
essere
penalizzati
sono
i
musicisti;
-‐ per
quei
pochi
soggetti
orchestrali
che
riescono
ad
accedere
al
FUS,
il
fatto
che
sia
basato
in
prevalenza
su
aspetti
quantitativi
costringe
ad
aumentare
sempre
più
il
numero
dei
concerti
riducendo
però
gli
organici;
l’aspetto
qualitativo
andrebbe
maggiormente
valutato;
così
come
andrebbero
accelerati
i
tempi
di
erogazione
dei
contributi,
altrimenti
la
gestione
diventa
insostenibile
e
i
soggetti
rischiano
di
chiudere
l’attività;
-‐ necessità
di
allargare
la
base
e
aiutare
dal
basso
questo
movimento,
è
fondamentale
per
dare
un
contributo
educativo
e
culturale;
il
lavoro
nelle
e
con
le
scuole
è
fondamentale;
c’è
una
mancanza
di
raccordo
in
tutta
la
struttura
educativa
che
riguarda
la
musica,
mancano
i
licei
musicali,
gli
snodi
intermedi
tra
scuola
primaria
e
conservatorio,
manca
un
piano
educativo
dedicato
alla
crescita
di
artisti;
necessario
lavorare
coi
minori,
con
alunni
e
studenti,
per
diffondere
la
cultura
jazzistica
ed
allargare
la
platea
di
domani;
-‐ “professionalizzare”
le
orchestre;
strutturandosi
ed
entrando
in
un’ottica
di
accesso
al
sostegno
pubblico
(FUS,
bandi
nazionali
e
regionali…),
saranno
in
grado
di
uscire
dalla
prassi
del
volontariato
(autotassazione,
musicisti
che
lavorano
gratis…)
e
avere
un
minimo
di
progettualità,
programmare
guardando
avanti
e
concentrarsi
sulla
creazione
di
nuove
musiche
e
nuovi
arrangiamenti,
sulla
produzione,
sull’attività;
-‐ lanciare
una
campagna
pubblicitaria
“a
messaggio”
(sorta
di
“pubblicità
progresso”,
ad
esempio
tramite
spot
sui
social)
che
ridia
lustro
e
vigore
all’orchestra
jazz,
veicolando
le
sue
meraviglie,
la
sua
capacità
di
impatto
sonoro,
di
grande
coinvolgimento
emotivo;
nonché
i
suoi
messaggi:
è
un
lavoro
collettivo,
non
si
basa
sull’idolatria
di
singoli,
si
lavora
assieme
su
idee,
la
diversità
significa
ricchezza,
la
socialità
contrapposta
all’individualismo;
l’orchestra
è
un
bene
pubblico,
il
cui
valore
va
sottolineato
e
riconosciuto;
va
riconosciuto
il
valore
culturale,
sociale
e
artistico
dell’orchestra
jazz,
occorre
dichiararlo
e
il
messaggio
va
fatto
circolare;
-‐ realizzare
un
festival
nazionale
di
big
band;
lanciare
una
campagna
100
orchestre
per
100
città;
stabilire
un
giorno
l’anno
prossimo
in
cui
in
tutte
le
città
italiane
suona
un’orchestra…
-‐ creare
un
sito,
con
un
database
condiviso
con
la
mappatura/censimento
delle
orchestre
di
jazz
italiane
esistenti;
-‐ creare
una
mailing
list
e
una
chat
su
whatsapp
di
tutti
i
direttori
per
una
comunicazione
in
tempo
reale,
per
far
circuitare
idee
e
condividere
iniziative
e
azioni
comuni,
a
cominciare
da
questo
documento;
-‐ in
prospettiva,
organizzare
corsi
di
formazione
e
corsi
di
aggiornamento
e
quant’altro
possa
risultare
utile
all’intero
settore.