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Lezione 2.

La Diffrazione ai Raggi X

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Le onde

«Un pettegolezzo che parte da Washington raggiunge molto rapidamente


New York, anche se nemmeno uno degli individui che prendono parte allo
spargimento della voce viaggia fra queste due città. Ci sono due movimenti
ben diversi in questione: quello della voce, da Washington a New York, e
quello delle persone che spargono la voce.
Così come il vento che passa sopra un campo di grano genera un'onda che
si sparge per tutto il campo.
Qui dobbiamo distinguere ancora fra il movimento dell'onda e il movimento
delle singole piante, che subiscono soltanto piccole oscillazioni [...]
Le particelle che costituiscono il mezzo eseguono soltanto piccole
vibrazioni, ma l'intero movimento è quello di un'onda progressiva. La cosa
essenzialmente nuova qui è che per la prima volta consideriamo il
movimento di qualcosa che non sia materia, ma di energia propagata
attraverso la materia.»

(Albert Einstein e Leopold Infeld, What is a wave? in The Evolution of Physics 1938)

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Le onde
◆ Le onde sono una perturbazione che nasce da una
sorgente e si propaga nel tempo e nello spazio,
trasportando energia o quantità di moto senza
comportare un spostamento della materia associato al
trasporto di energia.

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Le onde
◆ L’equazione generale delle onde nella rappresentazione
semplice di onda lineare in cui un punto varia la sua
posizione con velocità 𝑣 in funzione del tempo :

1 𝜕2𝑢 𝜕2𝑢
=
𝑣 2 𝜕𝑡 2 𝜕𝑥 2

◆ La soluzione di questa equazione differenziale è:

𝑢 𝑥, 𝑡 = 𝐹 𝑥 − 𝑣𝑡 + 𝐺(𝑥 + 𝑣𝑡)

Onda progressiva e onda regressiva

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Le onde

F può essere una funzione molto generale, come sinusoidi,


onde quadre, e molto altro…
La F può rappresentare un campo elettrico, una pressione, la
posizione dei punti di una corda, la superficie dell’acqua…

𝐹(𝑥−𝑣𝑡)

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Onde piane e onde sferiche

Se la funzione è periodica nel suo argomento allora descrive un'onda


periodica.
La periodicità dell'onda è identificata dal periodo T, che rappresenta il
tempo necessario affinché un ciclo completo di oscillazione venga
completato. La frequenza ν dell'onda è inoltre il numero di periodi per
unità di tempo; se l'unità di tempo è il secondo la frequenza si misura in
hertz.

Periodo e frequenza sono legate dalla relazione:

ν = 1/T

Ad un periodo temporale corrisponde un periodo spaziale detto


lunghezza d'onda λ, e vale la relazione:

𝑣=𝜆𝜈

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Onde piane e onde sferiche
◼ Onda piana presenta una
perturbazione periodica
sempre uguale su un intero
piano, mentre una onda
sferica su una sfera

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La diffrazione
◆ La diffrazione è un fenomeno fisico che si applica a tutte
le onde.

◆ Quando ad es. una onda luminosa incontra un ostacolo,


dietro non si crea una ombra netta, ma si vedono zone
chiare e scure; lo stesso se la luce passa attraverso una
piccola fenditura.

◆ In effetti, uno dei modi per determinare tradizionalmente


se un ente fisico è fatto di onde o particelle è proprio
vedere se presenta questo fenomeno;

◆ Il dibattito se la luce era fatta di onde o particelle volse a


favore delle prime quando si vide che la luce presenta i
fenomeni di interferenza e diffrazione.

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La diffrazione non è qualcosa di esotico!

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La diffrazione

◼ Se una radiazione si
propaga attraverso una
fenditura avente diametro
simile alla  della radiazione,
le onde si irradiano in una
serie di archi a 180°
(diffrazione secondo la
teoria di Huygens).
◼ I bordi della fenditura si
comportano come una
nuova sorgente di onde
sferiche (teorema di
Huygens).

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La diffrazione si può avere con laser…

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La diffrazione

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La diffrazione
Il fenomeno è indipendente dalle dimensioni assolute: affinchè si
verifichi, lunghezza d’onda e ostacolo devono avere dimensioni
comparabili

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La diffrazione

◼ Se una radiazione si
propaga attraverso una
fenditura avente diametro
simile alla  della radiazione,
le onde si irradiano in una
serie di archi a 180°
(diffrazione secondo la
teoria di Huygens).
◼ I bordi della fenditura si
comportano come una
nuova sorgente di onde
sferiche (teorema di
Huygens).

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L’interferenza

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L’interferenza

◼ Consideriamo ora una radiazione diffratta


attraverso una prima fenditura A oltre la quale ci
siano 2 successive fenditure B e C ugualmente
distanziate da A.
◼ Si osserverà una serie di immagini scure
o chiare, a seconda che le onde diffratte
abbiano rispettivamente interferenza
distruttiva o costruttiva.

◼ Più fenditure ci sono, più è forte l’effetto:


nell’immagine sopra abbiamo
l’interferenza di due fenditure, e sotto
l’interferenza di cinque.

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La diffrazione

◼ Disegno originale di Young, lo scopritore


dell’interferenza di due fenditure.

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La diffrazione non è qualcosa di esotico!

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La diffrazione

Ricapitolando:
◼ Il primo passo è la diffrazione, che trasforma una onda piana
che passa per un fenditura in una onda sferica
◼ Il secondo passo è l’interferenza, combina le onde sferiche tra
loro creando minimi e massimi di intensità dell’onda.

L’interferenza avviene se abbiamo una schiera ordinata di


fenditure o oggetti illuminati dalle onde. Se i fenditure sono
disposti a caso avremo come risultato una intensità più o meno
uniforme. Più ordine ci sarà, più forti saranno gli effetti di
interferenza.
L’uso della diffrazione che crea le onde sferiche che poi
interferiscono ci permette quindi di misurare il grado e tipo di
ordine nel campione.

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Quali onde usare?
▪ Qualsiasi onda può essere impiegata, tuttavia le più utilizzate
in scienza dei materiali sono:

Elettroni
Raggi X
Neutroni

• Queste onde hanno in comune la caratteristica di avere una


lunghezza d’onda simile alla spaziatura degli atomi in un
cristallo (piani reticolari), che è in genere quello che vogliamo
studiare.

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Perché tre diversi tipi di onde si usano?

▪ Con gli elettroni si può eseguire esperimenti di diffrazione su


volumi di nanometri cubici, o scoprire come sono ordinati
atomi su una superficie; ma gli elettroni non penetrano in un
materiale massivo, possono attraversare solo cedine di
nanometri;
▪ I raggi X possono penetrare per decine di micron negli acciai e
fino a centimetri nei materiali plastici o biologici (radiografia) e
sono usati tutte le volte che si vuole una informazione
d’insieme;
▪ I neutroni penetrano moltissimo nei materiali, permettono di
studiare anche il magnetismo e producono in molti casi le
figure di diffrazione migliori ma serve un reattore nucleare per
produrli.

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La diffrazione
◼ Quando una radiazione X colpisce un cristallo con un certo
angolo di incidenza , essa in parte è diffusa dallo strato di
atomi della superficie, in parte penetra verso lo strato
sottostante ove è nuovamente diffusa da altri atomi.
◼ Si ha diffrazione quando la spaziatura tra i piani atomici è
dell’ordine di grandezza della  della radiazione.

X ray

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La diffrazione
Schema della diffrazione di un cristallo:

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Diffrazione di Laue
L’applicazione più semplice della diffrazione è usare lo schema precedente
per orientare un mono cristallo e tagliarlo appositamente:

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Legge di Bragg

Anche se la diffrazione era un fenomeno fisico noto, la formazione dei


puntini visti prima sulle lastre fu compresa come diffrazione dai due
Bragg, padre e figlio, che descrissero il fenomeno con la legge di Bragg.

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Legge di Bragg
Legge di Bragg
◼ La radiazione in fase colpisce il cristallo.
◼ Il raggio 1 viene riflesso mentre il 2 deve continuare fino a essere
riflesso in B, percorrendo quindi un cammino in più pari a 2dsin()
◼ Dal punto C viaggiano nuovamente adiacenti
◼ Affinché 1 e 2 emergano in fase, AB+BC deve essere un multiplo di 

A C

B
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Legge di Bragg

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L’interferenza

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Legge di Bragg
◼ La legge di Bragg (1913) esprime la dipendenza della diffrazione di
una radiazione elettromagnetica dalle dimensioni del reticolo
cristallino:

n = 2dsin()

d = distanza tra due piani del reticolo cristallino


 = angolo di incidenza del raggio (angolo di Bragg)
n = numero intero (0, 1, 2, ecc.)
 = lunghezza d’onda del raggio incidente

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Legge di Bragg
◼ In pratica i cristalli possono essere considerati come reticoli con
fenditure (gli atomi) poste a distanze adatte a formare una figura di
diffrazione che contenga memoria della struttura atomica del cristallo
◼ Ci saranno alcuni valori di  che soddisferanno la legge di Bragg e
permetteranno di identificare i vari piani di riflessione della struttura
cristallina in esame attraverso il calcolo dei d, conoscendo la .
◼ ATTENZIONE: QUELLO CHE VEDIAMO IN UN ESPERIMENTO DI
DIFFRAZIONE E’ LA SPAZIATURA TRA I PIANI; LE TIPOLOGIE DI
CRISTALLI SI RICONOSCONO DAI RAPPORTI TRA SPAZIATURE DI
PIANI.

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Diffrattometria

Esempio: sistema cubico


◼ Piani di riflessione nel sistema cubico: una sostanza che cristallizza
secondo questo sistema dovrebbe fornire almeno 5 riflessioni diversi
nello spettro XRD

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Diffrattometri
La legge di bragg viene
sfruttata in diffrattometri,
strumenti dove la
radiazione viene fatta
riflettere su un campione.
A seconda del tipo di onde
il setup sperimentale può
essere un poco differente,
ma sempre con una
sorgente e un rivelatore a
un certo angolo, l’angolo
della legge di Bragg.

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Diffrattometria

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Diffrattometri

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Il diffrattogramma
◼ L’intensità dei segnali viene valutata a scopo quantitativo sulla base
dell’altezza dei picchi.
◼ Esiste un archivio (sviluppato dal JCPDF e chiamato PDF – Powder
Diffraction File) in cui sono schedati spettri di polveri, e che viene
implementato continuamente, da utilizzare a scopo diagnostico per
confronto.

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Diffrattometria

◼ Un diffrattogramma si presenta sotto forma


di un grafico X-Y
◆ X = valore angolare 2
◆ Y = intensità espresse come conteggi o conteggi/s
◼ il diffrattogramma può essere descritto come
una serie di picchi raccordati fra loro da un
fondo (background) più o meno modulato.

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Diffrattometria

◼ Le informazioni immediatamente estraibili dal


picco sono posizione angolare ed intensità
◼ Una accurata posizione del picco è ossia
importante per una corretta identificazione della
fase e, ancor più, per la determinazione dei
parametri di cella

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Esempio: le diverse strutture del ghiaccio
E’ grazie alle tecniche di diffrazione
Questa caratteristica di che è stato possibile scoprire che
misurare come i esistono una dozzina di diversi tipi di
componenti di un ghiaccio!
campione sono disposti è
di enorme importanza,
perché è complementare a
tutte le tecniche che
invece misurano di che
componenti (elementi o
molecole o simili) è
costituito. Solo l’uso
combinato di entrambe le
tecniche permette di avere
un quadro completo.

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Esempio: la decomposizione dei composti con la
temperatura
In questo caso abbiamo il composto YBa2Cu3O7 che si decompone a una
certa temperatura; il campione naturalmente contiene gli stessi elementi,
la differenza è se sono legati o no!

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Esempio: lo studio delle transizioni di fase
Se si vuole studiare cosa succede durante una transizione di fase,
quello che si fa è fare un esperimento di diffrazione con il campione
chiuso in un calorimetro: studiando il calore liberato o assorbito
cambiando la temperatura (l’impronta distintiva di un cambiamento di
fase) si può correlare transizione di fase e cambiamenti di ordine
atomico/molecolare.

Calorimetro

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Informazioni ottenibili
◼ Le informazioni leggibili sullo spettro sono:
◆ Posizione dei picchi
◆ Intensità dei picchi
◆ Forma dei picchi (broadening)
◆ Background a = d h2 + k 2 + l 2
◼ Le proprietà ottenibili sono:
◆ Dimensione della cella elementare (se cubica )
◆ Quantità delle fasi presenti
◆ Misura di spessore di rivestimenti sottili multilayer
(spessori minimi di pochi nm)
◆ Orientazioni cristallografiche preferenziali
◆ Stress residui
◆ Dimensione e tessitura dei grani cristallini
◆ Rapporto fase amorfa/fase cristallina

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Posizione dei picchi :
Riconoscimento delle fasi

◼ L’utilizzo più comune della diffrazione rX è quella


del riconoscimento di fasi.
◼ Esistono procedure manuali e (semi)automatiche
◼ Si basano sulla identificazione dei picchi più
intensi e l’impiego di database per determinare
un insieme di possibili soluzioni.

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Posizione dei picchi :
Riconoscimento delle fasi

◼ La distanza interplanare d determina la posizione


dei picchi
◼ L’intensità dei picchi dipende
◆ Dalla struttura cristallografica
◆ Dalla posizione degli atomi all’interno della cella elementare
◆ Dalle vibrazioni termiche
◼ L’ampiezza e la forma dei picchi derivano dalle
condizioni di misura e dalla microstruttura del campione

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Posizione dei picchi : Stress residui

◼ Nei cristalli si possono osservare 2 tipologie di stress residui:


◆ Macro e microstress: compressione o trazione della cella medi
(Macro) o diversi da grano a grano (micro)
 Variano i parametri reticolari
 Si verifica uno shift dei picchi
 Non si ha allargamento dei picchi
◆ Nanostress
 Causati da difetti puntuali, deformazioni plastiche
 Causa allargamento dei picchi

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Posizione dei picchi : Stress residui

Macro e microstress provocano una deformazione di cella che si riflette


nello spostamento del picco dalla posizione standard;

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Intensità dei picchi: quantificazione delle fasi in
minerale metallico ridotto in altoforno

◼ Nel prodotto di altoforno ci sono


almeno una dozzina di elementi,
che possono combinarsi in
centinaia di modi; la diffrazione
ci permette di capire cosa si è
realmente formato.

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RECAP

◼ In tante situazioni non basta sapere gli atomi o le


molecole di cui è composto un materiale, ma
anche la loro struttura e il loro ordine.
◼ Da un diffrattogramma due informazioni sono
immediatamente utilizzabili: la posizione dei
picchi e la loro intensità
◼ Se ho una miscela di materiali con differenti
strutture cristalline, il mio lavoro è attribuire i
picchi osservati alle varie strutture; in questo
modo capisco cosa è presente nel campione.
◼ Con delle metodologie con i rapporti tra intensità
dei picchi di fasi diverse posso anche
determinare la % dei vari materiali che
compongono il campione.

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Appendice, esempi

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Esempio: lo studio dei catalizzatori
Se si vuole studiare cosa succede durante una reazione chimica
catalizzata si impiega un diffrattometro con uno strumento a
infrarossi accoppiato, che permette di associare strutture
ordinate di atomi sulla superficie del catalizzatore con passi
intermedi di reazione.

Detector
diffrazione

Detector
Infrarossi

Reattore
chimico

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Esempio: le diverse strutture del ferro
E’ grazie alle tecniche di diffrazione
Questa caratteristica di che è possibile vedere la differenza
misurare come i tra ferrite e austenite, che sono
componenti di un sempre ferro!
campione sono disposti è
di enorme importanza,
perché è complementare a
tutte le tecniche che
invece misurano di che
componenti (elementi o
molecole o simili) è
costituito. Solo l’uso
combinato di entrambe le
tecniche permette di avere
un quadro completo.

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Esempio: studio della distribuzione degli stress in
un acciaio Duplex
◼ Grazie alla diffrazione è possibile studiare in un acciaio misto
austenite-ferrite come si distribuiscono gli stress in una prova di
trazione!

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Esempio: quantificazione dell’austenite residua
(ASTM E975-03)

◼ Alcuni acciai ad elevate prestazioni (Duplex) sono composti da


mix di austenite e ferrite; il rapporto tra le due fasi determina
molte proprietà meccaniche di questi acciai.
◼ Il metodo standard per controllare questo rapporto è proprio
tramite lo studio del rapporto tra il segnale DrX delle due fasi.
◼ Essendo composte entrambe le fasi solo di ferro, nessuna analisi
COMPOSITIVA avrebbe potuto distinguerle.
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Esempio: studio dell’invecchiamento in un acciaio
Duplex
◼ Lo stesso acciaio una volta temprato durante l’invecchimento
cambia microscopicamente: il cambiamento di distribuzione
degli stress si misura con la diffrazione

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Esempio: studio del campo di stress attorno a un
rivetto
◼ La diffrazione ci permette di misurare il campo di
stress creato dall’inserimento di un rivetto,
permettendo di controllare la correttezza dei
modelli a elementi finiti.

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RECAP

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