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linguistico
Glottologia
Università degli Studi di Milano
41 pag.
2.1. INTRODUZIONE
La linguistica si separò dalla logica, con un "divorzio" che durerà fino a metà Novecento.
Attrassero l'interesse dei linguisti le discipline biologiche e in particolare l'anatomia comparata
prima e le teorie evoluzioniste poi. Cuvier studiò le correlazioni tra gli organi delle diverse specie,
individuando gli omologhi, riconducibili ad un'unica struttura ancestrale. L'individuazione di
corrispondenze morfologiche e fonologiche poteva far risalire due lingue diverse alla stessa lingua
madre.
L'evoluzione delle specie studiata da Lamarck e poi da Darwin nel suo L'origine delle specie del
1859 si basava sull'idea del mutamento delle specie come determinato dalla discendenza con
modificazione. Il linguista Schleicher interpretò tali tesi come una conferma delle sue teorie.
Darwin aveva introdotto storia e tempo nello studio della natura. Il geologo Lyell aveva, prima di
lui, proposto un approccio uniformista, opposto a quello catastrofista tradizionale ispirato al
racconto del diluvio universale; le trasformazioni della Terra si possono spiegare in base alle stesse
cause che sono attualmente in azione.
Alla ricerca sulle corrispondenze tra forme grammaticali e suoni continuava ad affiancarsi la
speculazione generale sulla natura e l'origine del linguaggio e sulle categorie grammaticali.
Wilhelm von Humboldt (1767-1835) si dedicò a quattro tematiche: la linguistica generale o teorica,
ovvero le questioni di fondo sulla natura e sulla struttura del linguaggio, la linguistica descrittiva, la
linguistica storico-comparativa e il confronto tra varie lingue, che sarà poi definito tipologia
linguistica, cioè la ricerca delle caratteristiche strutturali comuni.
L'interpretazione delle teorie linguistiche di Humboldt è difficile. Fu un diplomatico ed
inevitabilmente cercava di conciliare punti di vista opposti. La sua opera più nota riguarda il kawi,
lingua sacra dell'isola di Giava. Altri lavori si trovano nella raccolta edita dall'Accademia di Berlino
a inizio Novecento.
Non esistono lingue primitive e va scartata l'ipotesi dell'evoluzione del linguaggio, che è istinto
intellettuale della ragione, da una forma elementare ad una più matura.
Il linguaggio non è opera o érgon ma attività o enérgeia. Il linguaggio è l'organo formativo del
pensiero. La forma linguistica interna o innere Sprachform può essere intesa, secondo Coseriu, in
tre modi. Il primo senso di "forma linguistica" riguarda il linguaggio in generale, nel suo rapporto
con la realtà, in cui la parola è una copia non dell'oggetto in se' ma dell'immagine che questo ha
prodotto nell'anima. Il secondo senso riguarda la forma di una singola lingua e il suo rapporto con
la realtà. Il terzo senso investe il principio formativo di ogni lingua, che organizza i propri mezzi
espressivi in modo diverso a seconda della sua tipologia.
Uno dei primi allievi di Bopp, August Pott (1802-1887) fu professore all'Università di Halle. La sua
opera maggiore fu Ricerche etimologiche nel dominio delle lingue indoeuropee, in cui sosteneva
che la linguistica storica-comparativa era una disciplina autonoma e volta alla ricostruzione delle
forme fonologiche e grammaticali della lingua madre indoeuropea. Pott forniva un elenco di radici
da cui derivavano parole comuni nelle varie lingue indoeuropee e indicava le corrispondenze
fonetiche che permettevano di giustificare l'etimologia ricostruita.
Per dimostrare il legame etimologico cercava una corrispondenza sistematica di suoni,
individuando le tappe che dal suono originario hanno condotto a quelli osservati.
Andava aumentando il numero delle lingue riconosciute come indoeuropee e nacquero la filologia
romanza e la filologia slava, accanto alla germanica che ebbe come caposcuola Grimm. Vennero
individuati i gruppi indiano, iranico, armeno, greco, albanese, italico, slavo, baltico, germanico e
celtico. Nel Novecento furono aggiunti i gruppi anatolico e tocario.
August Schleicher (1821-1868) fu professore prima a Praga e poi a Jena. Sistematizzò la linguistica
storico-comparativa indoeuropea.
Classificò i rapporti tra lingua originaria e lingue derivate nella famiglia indoeuropea. Vide nel
sanscrito una lingua sorella e non madre, che rispecchiava più da vicino lo stato della lingua
originaria. Pochi anni dopo la sua morte si scoprì che aveva subito maggiori trasformazioni del
greco antico.
Steinthal (1823-1899) basò la linguistica sulla psicologia, influenzando i neogrammatici. Nella sua
visione l'origine e lo sviluppo del linguaggio sono momenti dello sviluppo delle capacità intellettive
dell'individuo, ma esiste anche un aspetto sociale del linguaggio. Formulò la nozione di
etnopsicologia.
Il suo pensiero costituisce una sintesi originale di alcuni aspetti della linguistica di Humboldt, della
filosofia di Hegel e della psicologia di Herbart. Polemizzò contro la tradizione della grammatica
generale, contro qualunque impostazione "logicizzante". Per Steinthal linguaggio e pensiero non
coincidevano, così come logica e grammatica. Se non si poteva fondare la linguistica sulla logica,
come faceva la grammatica generale, propose di fondarla sulla psicologia.
La fonte del linguaggio era l'autocoscienza, non la comunicazione, di cui il linguaggio, una volta
scaturito dallo sviluppo della mente individuale, diventava strumento. Le idee fondamentali sono
innate, vengono acquisite istintivamente.
La prima manifestazione del linguaggio si ha nelle interiezione, a cui segue lo stadio
dell'onomatopea, il legame dl suono con l'intuizione. Questo primo stadio dello sviluppo del
linguaggio è definito "primo livello della forma linguistica interna". La distinzione tra soggetto e
predicato pertiene al secondo livello. Il completo allontanarsi del linguaggio dal suo originario
aspetto onomatopeico porta al terzo.
Per descrivere il funzionamento del linguaggio nel suo stato maturo, Steinthal ricorre alla
psicologia di Herbart e in particolare alle nozioni di rappresentazione, ovvero contenuto mentale,
e meccanica psichica, le associazioni tra tali contenuti. Le rappresentazioni nuove fanno si che le
vecchie vengano rimosse e cadano al di sotto della "soglia di coscienza", da cui possono riemergere.
La "ristrettezza della coscienza" ha conseguenze decisive sulla natura del linguaggio, che presenta
un aspetto necessariamente seriale. Nell'interpretazione della frase entrano in relazione anche
elementi non immediatamente adiacenti, per questo Steinthal ricorre alla nozione di
"rappresentazioni vibranti", le più prossime alla soglia della coscienza. Questo spiegherebbe
fenomeni quali l'assimilazione consonantica e l'attrazione del pronome relativo.
Steinthal aggiunse alla psicologia generale l'etnopsicologia da lui elaborata insieme al cognato
Lazarus per spiegare alcuni fenomeni non descrivibili in termini di psicologia individuale ma
spiegabili solo in base alle interrelazioni tra gli individui in una società. L'etnopsicologia è la
psicologia dell'uomo sociale o della società umana.
Steinthal distinse tra lingue prive di forma e lingue dotate di forma, a seconda del modo utilizzato
per esprimere le relazioni grammaticali: tramite parole materiali nel primo caso, attraverso la
flessione nel secondo caso, in lingue come quelle semitiche o indoeuropee. Questa classificazione
fu chiamata "psicologica" e contrapposta a quella "morfologica" di Schlegel. Entrambi tendono a
far coincidere le classi tipologiche con le famiglie linguistiche, creando una scala di valore. Con il
progresso della tipologia linguistica si comincerà ad ammettere che lingue di tipo diverso possono
appartenere alla stessa famiglia linguistica e che non esistono lingue più sviluppate di altre.
L'edificio della linguistica indoeuropea costituito da Schleicher appariva saldo e si basava sui
risultati ottenuti dalla linguistica storico-comparativa in un periodo assai breve.
Già Scherer prima di Whitney e Bréal aveva assunto la posizione uniformista. Inoltre la visione
psicologista elaborata da Steinthal rappresentava un'esplicita alternativa alla concezione
schleicheriana.
Brugmann (1849-1919) e Delbrück (1842-1922) appartenevano alla scuola dei neogrammatici o
Junggrammatiker, "grammatici giovani", etichettati così per indicarne la furia giovanile.
Le nasali sonanti sono una scoperta di Brugmann. Come si spiegava che a -em finale di alcuni
numerali latini corrispondesse la -a del greco? Ipotizzò che derivassero da un suono nasale sonante,
una m o una n formanti da sole il nucleo sillabico, divenuto impronunciabile nelle lingue derivate.
Questo avrebbe sviluppato una vocale d'appoggio; alcune lingue avrebbero conservato sia la nasale
che la vocale, altre solo la vocale. Brugmann espose la sua ipotesi in un saggio sulla rivista dietta
dal suo maestro all'Università di Lipsia, Georg Curtius, approfittando di un suo periodo di assenza.
Curtius si dichiarò poi in disaccordo dando probabilmente inizio alla "rivolta" del gruppo.
La legge delle palatali fu scoperta contemporaneamente da diversi studiosi ma il primo a
pubblicarla fu Collitz (1855-1935). Dove il sanscrito ha c davanti ad a, tale a corrisponde ad una e
in greco e latino, mentre dove il sanscrito ha k, alla a sanscrita corrisponde in latino e greco una a
oppure una o. Le vocali a, e, o dell'antica lingua madre indoeuropea si sono fuse in un'unica a nel
sanscrito e nelle lingue del gruppo indo-iranico. Il sanscrito non è quindi la lingua più antica o
meno decaduta, anch'essa è soggetta a mutamenti tanto quanto le sue "sorelle" e, anzi, il greco è più
vicino alla lingua madre per quanto riguarda il sistema vocalico. Riceveva un ulteriore colpo l'idea
che la storia del linguaggio conosce un'epoca preistorica di progresso e una storica di decadenza,
con l'apice rappresentato dalla lingua madre indoeuropea, di cui il sanscrito costiuirebbe
l'attestazione più autorevole.
La legge di Verner spiega le eccezioni alla legge di Grimm o di Rask. L'anomalia fu studiata dal
danese Verner (1846-1896): nel passaggio dall'indoeuropeo alle lingue germaniche, le occlusive
sorde indoeuropee diventa dapprima fricative sorde e diventano poi sonore se l'accento le segue,
mentre rimangono sorde se l'accento le precede.
Le tre leggi aprivano la strada a una concezione della linguistica come scienza esatta, che spiegava
le apparenti eccezioni con nuove leggi fonetiche o Lautgesetze. La scuola neogrammatica si formò
a Lipsia e fu influenzata dalle teorie di Steinthal; la linguistica era considerata scienza dello spirito,
psicologica e storica, poichè Geist può indicare sia la mente pensante che i prodotti culturali di un
popolo o dell'umanità. Le leggi fonetiche descrivevano i processi psicologici inconsci che guidano
l'attività linguistica.
Queste posizioni sono espresse dal manifesto dei neogrammatici, la prefazione del 1878 alla rivista
Morphologische Untersuchungen firmata da Osthoff e Brugmann ma scritta da quest ultimo. Egli
criticava l'eccessivo interesse per le fasi antiche delle lingue indoeuropee a scapito degli sudi sulle
loro fasi moderne e sui dialetti.
La lingua ha la sua vera esistenza nell'individuo, è un elemento della psiche. L'attività fisica e
psichica svolta dall'uomo nel farsi propria la lingua ereditata e nel riprodurre e dar forma nuova alle
immagini foniche accolte nella coscienza deve essere stata essenzialmente la stessa in tutti i tempi.
Passava poi a formulare i principi della scuola. Le leggi fonetiche sono ineccepibili. L'analogia,
secondo l'uniformismo, è sempre attiva e lo è sempre stata e può essere utilizzataa per spiegare vari
fenomeni che sembrano contraddire il primo principio, oltre ad essere un fondamentale fattore di
funzionamento del linguaggio.
Fino a una ventina d'anni fa si riducevano tutte le teorie dei neogrammatici all'affermazione che
l'unico studio scientifico del linguaggio è di carattere storico, così da contrapporre a un Ottocento
Ascoli (1829-1907) è considerato il fondatore della linguistica scientifica in Italia. A lui è dovuta
l'invenzione del termine glottologia, sul modello di Sprachwissenschaft, ossia "scienza del
linguaggio". Fu il primo italiano ad applicare con assoluta competenza i metodi elaborati dalla
linguistica storico-comparativa da Bopp in poi. Si occupò sia di lingue indoeuropee antiche che di
lingue e dialetti romanzi, soprattutto di area italiana.
Le sue osservazioni portarono alla ricostruzione del sistema delle consonanti velari. L'indoeuropeo
primitivo aveva una velare pura *k, una con intacco palatale *k' e una labiovelare *kw, un unico
suono prodotto con un lieve arrotondamento delle labbra. Il latino e le lingue occidentali
conservano k e kw, il sanscrito e le orientali mutano la velare palatale nella fricativa [s] e unificano
la labiovelare con la velare pura. Le osservazioni di Ascoli furono pubblicate nel 1870 e gli
procurarono un notevole prestigio internazionale.
L'opera di Ascoli pose le premesse della scuola neogrammatica, eppure lo studioso credeva
nell'etnologia e dava grande importanza ai fenomeni di sostrato. Lamentava il disinteresse per i
problemi dell'origine del linguaggio e il distacco della linguistica all'antropologia; l'indoeuropeo
doveva essere espressione di un'unità etnica ed antropologica, secondo una visione opposta a quella
algebrica.
Fondò la rivista Archivio Glottologico Italiano su cui nel 1873 pubblicò i suoi Saggi ladini.
Saussure (1857-1913), nato a Ginevra, studiò dapprima in Svizzera, poi a Lipsia. Si dedicò alla
grammatica storico-comparativa e analizzò il sistema vocalico della lingua madre indoeuropea in
termini nuovi. L'innovazione principale era quella di coefficiente sonantico, un'entità assente nelle
lingue indoeuropee attestate; ipotizzandone l'esistenza nella lingua madre ricostruita, le alternanze
tra vocali brevi e lunghe possono essere spiegate in modo semplice. Quando il coefficiente
semantico ricorre da solo tra consonanti si trasforma in vocale, in modo diverso da lingua a lingua.
A Parigi ottenne un posto di insegnamento alla Ecole des Hautes Etudes, che lasciò dieci anni dopo
per tornare a Ginevra. I suoi scritti inediti sono stati in parte pubblicati dopo la sua morte. Il suo
obiettivo era una riflessione generale sui metodi e gli scopi della linguistica, per "mostrare al
linguista ciò che egli fa", come scrisse in una lettera a Meillet. I suoi allievi Bally e Sechehaye,
basandosi sugli appunti presi da alcuni uditori, pubblicarono in tre edizioni, tra il 1916 e il 1922, il
Alcuni studioso hanno tentato di collocare correttamente Saussure nel suo tempo. La sua
formazione si svolse nello stesso ambiente dei neogrammatici.
E' abituale riassumere il suo pensiero per mezzo di quattro dicotomie, cioè opposizioni binarie tra
concetti: langue e parole, sincronia e diacronia, significante e significato, rapporti sintagmatici e
paradigmatici.
La prima dicotomia era già presente in Paul e in Gabelentz, la terza negli Stoici, la quarta ancora in
Paul. Saussure si distaccò dagli studiosi precedenti per il suo approccio sistemico: ogni entità della
lingua può essere definita esattamente solo in base al sistema di relazioni che ha con le altre entità.
Questa impostazione caratterizzerà la linguistica strutturale, cioè la corrente dei linguisti più
direttamente influenzati da Saussure, tra cui Hjelmsley. Un altro tratto originale di Saussure è la
tendenza a costruire una linguistica autonoma rispetto alle altre discipline.
Questa dicotomia è meno netta di quanto appaia. Il linguaggio ha un lato sociale, la langue.
L'utilizzo che di questo repertorio fanno i singoli parlanti è detta parole, l'azione concreta del
parlare. Il parlante associa a un concetto una immagine acustica attraverso un processo psichico,
trasmette agli organi fonatori gli impulsi corrispondenti tramite un processo fisiologico, questi
impulsi generano onde sonore mediante un processo fisico. Questi tre processi si riproducono in
ordine inverso nell'ascoltatore. Si stabilisce una sorta di media: tutti riprodurranno
approssimativamente gli stessi segni uniti agli stessi concetti. E' il legame sociale che costituisce la
langue, un tesoro depositato dalla pratica della parole nei soggetti appartenenti a una stessa
comunità.
La loro gerarchia è opposta rispetto a quella esistente tra uso linguistico e attività linguistica
individuale, prioritaria in Paul.
Il linguaggio o langage è l'oggetto multiforme da suddividere in langue e parole ma anche la
facoltà che permette agli esseri umani di acquisire una lingua, ed è per questo detto anche facoltà
del linguaggio.
Anche Gabelentz distingue tre sensi del termine linguaggio: discorso, lingua singola e capacità
linguistica. Si muove ancora in una prospettiva etnopsicologia e vede il linguaggio come un'entità
psicologica superiore all'individuo. Manca la concezione della langue come sistema.
Sincronia e diacronia designano rispettivamente uno stato di lingua ed una fase di evoluzione. Già
Paul distingueva tra grammatica descrittiva e grammatica storica. Il programma della grammatica
tradizionale è strettamente sincronico, viceversa la linguistica moderna può dirsi interamente
assorbita dalla diacronia. Anche per Paul i nessi causali, gli oggetti e i fatti reali possono essere colti
solo se ci si pone nella prospettiva della grammatica descrittiva.
Saussure capovolge il punto di vista: l'aspetto sincronico domina sull'altro poiché la massa parlante
è la vera e unica realtà.
Una posizione simile si trova in Gabelentz ma Saussure definisce la diacronia come una serie di
avvenimenti indipendenti e la sincronia come il rapporto tra elementi simultanei, come un sistema.
I fatti sincronici sono sistematici e significativi, quelli diacronici isolati e ateleologici. Le posizioni
saussuriane determinano un cambiamento radicale nell'orientamento della linguistica del
Novecento.
Il segno è un'entità psicologica a due facce, costituito da un concetto, poi detto significato o
signifié, e da un'immagine acustica, poi significante o signifiant. Questi termini hanno un valore
tecnico.
Il legame tra i due aspetti è arbitrario, quindi lo è anche il segno. Questa dottrina va oltre il
convenzionalismo di Aristotele o di Whitney; il segno linguistico è un rapporto interno al
linguaggio stesso, la combinazione tra linguaggio e realtà crea una forma, non una sostanza.
Il segno ha un valore determinato solo dal rapporto con gli altri segni del sistema. Il suo valore è
differenziale e oppositivo, è cioè lo spazio che non è occupato dagli altri segni. Nella lingua vi sono
solo differenze senza termini positivi. Due significati sono distinti se indicano altrettanti
significanti, e viceversa.
Le lingue sono insiemi di valori determinati dal loro rapporto reciproco, che si riferiscono alla
realtà in modi diversi. Non significa che la nostra percezione della realtà sia condizionata dal
linguaggio, ma semplicemente che ogni lingua si rapporta diversamente alla realtà.
La linguistica è parte della semiologia, una scienza che studia la vita dei segni nel quadro della vita
sociale. Questo condizionamento storico e sociale è il motivo fondamentale dell'arbitrarietà del
segno.
Hjemslev propose di sostituire il termine "associativo" con "paradigmatico" per eliminare ogni
traccia di psicologismo e l'innovazione terminologica ebbe successo. Secondo Saussure
l'opposizione tra sintagmi e paradigmi è l'unica vera divisione razionale della grammatica e supera
la tradizionale distinzione tra morfologia e sintassi, entrambe esempi di rapporti sintagmatici.
I rapporti associativi o paradigmatici appartengono alla langue. Secondo la lettura di De Mauro le
frasi e i sintagmi appartengono invece alla parole in ciò che hanno di dipendente dalla volontà
individuale, quindi non totalmente.
Gli studiosi appartenenti alle scuole strutturaliste di Ginevra, Copenaghen e Praga si muovevano in
grande autonomia. Avevano alcune caratteristiche comuni che si richiamavano al pensiero di
Saussure, come la concezione della lingua come sistema o struttura, che è ciò che le distingueva
dalla scuola neogrammatica. Abbandonarono lo psicologismo.
Strutturalisti furono Guillame e Tesnière, Firth, alcuni statunitensi e Benveniste.
Con strutturalismo si è indicato un movimento culturale sviluppatosi tra gli anni cinquanta e
settanta soprattutto in Francia, anche in campi extralinguistici: nell'antropologia culturale con
Lévi-Strauss, nella psicanalisi, nella filosofia marxista. Questi studiosi si ispiravano a Jakobson, che
aveva elaborato una metodologia generale da applicare a tutte le scienze umane.
3.4.3 Le origini del funzionalismo linguistico: Bally, Mathesius e le "Tesi del '29"
Potremmo definire il funzionalismo come il tentativo di spiegare le strutture del linguaggio in base
al suo uso come strumento di comunicazione. Studi di questo genere avevano avuto qualche
antecedente nell'Ottocento con Wegener e Svedelius. Questa impostazione caratterizza alcuni
studiosi della scuola di Ginevra e tutti quelli di Praga.
Bally non si definisce esplicitamente funzionalista, ma la sua concezione del linguaggio in parte
anticipa quelle praghesi. Il linguaggio naturale comprende un aspetto intellettuale e uno affettivo,
emotivo o espressivo. L'uso concreto del linguaggio implica sempre una relazione dialogica. La
stilistica è la disciplina che deve descrivere l'azione combinata dell'aspetto intellettuale e di quello
affettivo.
Bally interpreta la langue come insieme di concetti virtuali che devono essere accompagnati da
attualizzatori. La langue precede la parole dal punto di vista statico, cioè sincronico; questo
rapporto è però inverso dal punto di vista genetico.
Negli anni trenta del Novecento il circolò di Praga pubblicò i Travaux du Cercle Linguistique de
Prague. Nel quarto volume uscì un lavoro di Jakobson dedicato ai Principi di fonologia storica. Il
settimo è costituito dai Grundzüge der Phonologie di Trubeckoj.
La fonetica è la scienza dei suoni della parole, la fonologia la scienza dei suoni della langue. Il
fonetista esamina le particolarità acustiche e articolatorie dei suoni del linguaggio, il fonologo
studia ciò che ha funzione di elemento distintivo delle parole in base alla capacità di distinguere o
meno dei significati. Anche la fonologia fa uso di concetti fonetici, ma solo come punto di partenza.
Jakobson descrive i fonemi come termini di opposizione fonologica non suscettibili di essere divisi
in sotto-opposizioni fonologiche, mentreTrubeckoj come un concetto linguistico e non psicologico,
L'analisi del sistema fonologico è uno dei compiti essenziali della fonologia. I membri di
un'opposizione fonologica hanno una base di confronto. Le opposizioni si classificano in base a tre
criteri. In base al loro rapporto con l'intero sistema di opposizioni si classificano in bilaterali,
multilaterali, proporzionali, quando il rapporto tra i membri è identico a quello tra i membri di
un'altra opposizione, e isolate, quando non sono proporzionali. Dal punto di vista del rapporto tra i
suoi membri un'opposizione è privativa quando uno dei suoi membri è contrassegnato dalla
presenza di un tratto assente nell'altro, il che dà luogo alla definizione di membri marcati e non
marcati, è graduale quando la stessa proprietà si realizza in gradi diversi è equipollente quando i
membri stanno logicamente su un piano di parità. La fonologia binaristica di Jakobson permetterà
di ricondurre le opposizioni graduali ed equipollenti a opposizioni privative.
La differenza tra opposizioni costanti e neutralizzabili sta nella loro capacità, se neutralizzate, di
mantenere i tratti rilevanti comuni a tutti e due i membri, cioè la loro base di confronto, ovvero
l'arcifonema convenzionalmente indicato con la maiuscola.
Il mutamento di un suono può non avere effetti fonologici: in questo caso è detto mutamento
extrafonologico. Quando il mutamento di suono abolisce una opposizione tra fonemi si ha una
defonologizzazione, viceversa, si ha fonologizzazione. La rifonologizzazione si ha quando
un'opposizione cambia di tipo. Altri mutamenti riguardano la scissione di un fonema in due e la
fusione in un unico fonema di un gruppo di fonemi.
I mutamenti fonologici servono a mantenere l'equilibrio del sistema fonologico.
E' un esempio della concezione finalistica della diacronia della scuola di Praga. Jakobson propone
un metodo integrale, il cui primo principio è che ogni modificazione deve essere trattata in funzione
del sistema. Qui sta lo sblocco logico del cammino intrapreso dai neogrammatici per emancipare la
linguistica della metodologia delle scienze naturali, secondo la visione di Jakobson. L'origine dello
strutturalismo non linguistico risiede nel tentativo di applicare questa metodologia anche ad altre
discipline.
Il circolo linguistico di Praga riprese la sua attività dopo la guerra. Non erano più presenti
Trubeckoj e Mathesius. La nuova dittatura comunista cecoslovacca bollò come borghese qualunque
tipo di strutturalismo. Negli anni sessanta a Praga si costituì un gruppo noto come seconda scuola
di Praga.
Jakobson pubblicò nel 1941 Linguaggi infantile, afasia e leggi fonetiche generali. L'ordine di
acquisizione dei suoni linguistici da parte del bambino è speculare a quello della loro perdita da
parte dell'afasico.
Queste leggi generali dell'acquisizione si riconducono a leggi generali della struttura dei sistemi
fonologici.
Le leggi fonetiche generali si presentano come enunciati di forma implicazionale. Le leggi
fonetiche dei neogrammatici erano limitate nello spazio e nel tempo e giudicate dai praghesi
Martinet ebbe stretti contatti con la scuola di Praga. Fondò il Circolo linguistico di New York,
considerato una filiale di quello praghese. Sviluppò la considerazione funzionale del linguaggio.
Una notevole preoccupazione di Martinet è quella di individuare le proprietà che distinguono il
linguaggio umano: la funzione comunicativa, la natura fonica, perché è essenzialmente vocale, la
doppia articolazione. Le lingue naturali sono analizzabili in diverse specie di unità, quelle di prima
articolazione sono i segni, dotati di significante e significato e di numero illimitato, quelle di
seconda articolazione sono i fonemi che compongono i segni, distintivi del significato ma non
dotati di un significato proprio e in numero molto limitato. Il fatto che il linguaggio sia
doppiamente articolato è dovuto a motivi di economia, di aiuto alla memoria. Inoltre i nostri organi
fonatori hanno delle capacità limitate. L'economia indica il bilanciamento di due tendenze opposto:
il minimo sforzo e l'efficienza comunicativa, in uno dei tanti casi di ricorso al buon senso.
Nel suo trattato di fonologia diacronica del 1955. Martinet dava importanza non solo ai fattori
interni ma anche a quelli esterni del cambiamento fonetico, relativi al sistema linguistico e dovuti
all'ambiente, alle tradizioni, alla costituzione somatica dei soggetti o ai contatti con altre comunità.
Questo richiamo all'osservazione empirica è alla base del rifiuto del binarismo, cui rivolge l'accusa
di apriorismo perché la ricerca sulle lingue umane è ancora troppo limitata e perché niente prova
che l'ascoltatore decodifichi i segnali in modo binario. Jakobson ha una visione deduttiva, Martinet
induttiva, secondo una contrapposizione epistemologica che si ritrova nelle discussioni odierne tra
generativisti e funzionalisti.
I fenomeni di mutamento extrafonologico sono la rifonologizzazione, quando un fonema isolato
entra a far parte di una correlazione, cioè di una serie di opposizioni bilaterali, la
defonologizzazione, cioè l'abbandono di opposizioni fonematiche che non offrivano vantaggi capaci
di controbilanciare il dispendio di energia e attenzione richiesto al loro mantenimento, e la
fonologizzazione, che consiste nel trasferimento di alcuni tratti distintivi da un segmento all'altro
della catena.
Queste considerazioni si possono riassumere nel concetto di equilibrio del sistema già introdotto da
Jakobson. L'equilibrio non viene mai raggiunto perché una lingua serve ad esprimere delle esigenze
mutevoli e perché le lingue sono continuamente in contatto tra loro.
Per quanto riguarda la sintassi funzionale, occorre esplicitare i mezzi che permettono
all'ascoltatore di ricostruire l'esperienza che gli è comunicata tramite le unità di prima articolazione.
Hjemslev pubblicò nel 1943, in danese, i suoi Fondamenti della teoria del linguaggio, poi
ribattezzati Prolegomeni. Cominciò ad elaborare la sua teoria con Uldall, teoria a cui fu dato il
nome di glossematica, da glossa, cioè lingua, ed -ema, che indica le unità di analisi; il glossema è
3.4.7 Dalla teoria del segno alla teoria degli atti linguistici: Benveniste
Benveniste (1902-1976) fu allievo di Martinet, allievo a sua volta di Saussure. La sua teoria della
radice si collega alle ipotesi saussuriane sui coefficienti sonantici dell'indoeuropeo. Tutte le radici
indoeuropee sarebbe riconducibili alla struttura consonante + vocale e oppure o + consonante. Se
alla vocale segue un coefficiente sonantico, essa si allunga, se il coefficiente precede, la vocale
cambia timbro, a seconda del tipo di coefficiente. Alla ricostruzione lingusiticae e culturale
dell'indoeuropeo dedicò numerosi lavori.
Si occupò anche della revisione critica del concetto di segno in Saussure. Il rapporto del significato
con la realtà è arbitrario mentre il rapporto tra significante e significato è necessario; i segni
linguistici sono valori determinati dal sistema, relativi gli uni agli altri. Benveniste contribuì quindi
ad eliminare la confusione tra arbitrario in senso saussuriano e convenzionale nel senso
tradizionale.
Guillame e Tesnière si concentrarono più sulla sintassi che sulla fonologia e morfologia.
I testi delle lezioni di Guillame si basano sulle lezioni tenute a Parigi dal 1938 al 1960.
Si colloca nel solco delle dottrine linguistiche saussuriane ma nella sua opera si possono riscontrare
richiami alle teorie filosofiche di Bergson dedicate al concetto di tempo come è colto
immediatamente dalla coscienza dell'individuo, distinto dal tempo spazializzato della fisica. Il
concetto specifico introdotto da Guillame è quello di tempo operativo, che è portatore e vettore dei
fenomeni linguistici, sotto cui si trova tutta una cronologia nozionale occulta.
Il sistema dei tempi in francese è prodotto tramite un'operazione di cronogenesi, un asse
longitudinale attraverso da altri tre assi che rappresentano tre stati di costruzione dell'immagine
tempo. Ai modi quasi nominale corrisponde un minimo di completezza rappresentativa, al modo
congiuntivo una completezza media, al modo indicativo un massimo di completezza
rappresentativa. L'incidenza rappresenta il tempo nel suo completamento, la decadenza come già
compiuto; queste due dimensioni si combinano solo nel presente. L'aspetto esprime le differenze di
tempo implicato, che è il tempo che il verbo porta con se'. Il tempo esplicato è invece il tempo
divisibile in passato, presente e futuro.
Il linguaggio è un'entità in movimento, cinetica. Guillame elabora così una teoria del linguaggio
detta psico-meccanica.
Le operazioni di pensiero espresse dal linguaggio riguardano la psico-sistematica, la
frammentazione del pensabile in parti distinte. Le espressioni formali di tali operazioni concernono
la psico-semiologia, l'invenzione di segni collegati, che, nella lingua sono idee di segni. Il pensiero
svolge un'attività di categorizzazione che viene successivamente tradotta in segni. Per conoscere il
sistema semiologico bisogna conoscere il sistema psichico, che è però accessibile solo tramite il
sistema semiologico.
Semiologico è ciò che ha una forma morfologica propria.
Guillame reinterpreta i concetti di langue e parole, detta discorso. Sul piano della langue, in
potenza, si collocano le unità della lingua, sul piano del discorso o dell'effetto le unità del discorso.
Alla base delle unità di entrambi i tipi sta l'atto di linguaggio, costruttore dell'unità d'effetto che è la
frase ma anche costruttore dell'unità di potenza che è la parola.
Se dunque la parola è unità di lingua e la frase di discorso, la morfologia è un fatto di lingua,
mentre la sintassi di discorso. Si oppongono nomi di lingua, quelli della grammatica tradizionale,
a nomi di discorso, le frasi subordinate con una funzione analoga a quella del nome. Allo stesso
modo verbi di lingua e di discorso, casi di lingua e di discorso, predicati di lingua e di discorso.
La sintassi genetica appartiene al tempo operativo portatore della transizione lingua/discorso. Alla
sintassi genetica si contrappone la sintassi del risultato, ossia l'ordine lineare delle parole.
Tesnière formulò un modello di sintassi che, assieme a quello di Chomsky, ha esercitato l'influsso
più profondo sulle ricerche successive.
Firth, titolare della prima cattedra di Linguistica generale istituita in Gran Bretagna, a Londra, e i
suoi allievi sono indicati con il nome di scuola di Londra.
In Gran Bretagna la linguistica storico-comparativa si sviluppò per influsso degli studiosi tedeschi,
contemporaneamente allo studio delle lingue moderne ad opera per esempio di Jones, che definì il
fonema come una famiglia di suoni linguistici pronunciati in una data lingua che dal punto di vista
pratico contano come se fossero un identico segno e che distinguono le parole l'una dall'altra.
I linguisti inglesi erano quindi al corrente delle dottrine strutturaliste ma le condividevano solo in
parte. Gardiner tradusse langue e parole come language e speech, definendo tuttavia quest'ultimo
come un insieme di reazioni agli stimoli esterni al fine di ottenere collaborazione da parte di altre
persone. Le parole hanno carattere diacronico, le frasi sincronico.
Firth utilizzò il concetto di contesto di situazione, coniato dall'antropologo Malinowski e definito
come il partecipante o i partecipanti umani, quello che dicono e ciò che avviene. La linguistica di
Firth si basa quindi, come quella di Saussure, sull'analisi del processo comunicativo, ma al fine di
analizzare il comportamento umano nelle singole situazioni, o meglio in contesti di situazione tipici
che creano forme specifiche di parlato. Questa impostazione sembra vicina a quella
comportamentalista di Bloomfield e in generale della linguistica strutturale americana e anticipa la
pragmatica linguistica di Austin. Firth parla di efficienza pragmatica delle parole. Definisce il
linguaggio come un modo di trattare con le persone e le cose per far sì che gli altri agiscano. Il
significato è funzione del contesto di situazione in cui sono coinvolte la grammatica, la
lessicografia, la grammatica e la fonetica. I diversi livelli di analisi non vanno trattati
separatamente.
La nozione di contesto conduce all'elaborazione dei concetti di fonologia prosodica e di
collocazione. La fonologia prosodica si basa a sua volta sui concetti di sistema, l'aspetto
paradigmatico del linguaggio, e struttura, l'aspetto sintagmatico. Alle entità fonematiche vanno
aggiunte le prosodie, intese sia in senso tradizionale che riferite a qualunque altra entità definita in
base alla sua funzione nella catena parlata, come la vocale neutra dell'inglese moderno.
Una caratteristica propria della linguistica statunitense era l'interesse per le lingue amerindiane o
amerindie. Boas avviò nel 1911 una grande impresa collettiva, l'Handbokk of American Indian
Languages e nel 1917 fondò l'International Journal of American Linguistics. Queste lingue non
avevano una tradizione scritta e quindi necessitavano di uno studio sincronico, inoltre era
necessario elaborare nuove tecniche di analisi, di tipo formale o distribuzionale. Si dimostrò che le
lingue degli Indiani erano complesse quanto le europee, solo molto diverse. Si accentuò la
prospettiva di relativismo linguistico, cioè l'idea che non esistono elementi universali comuni a tutte
le lingue.
I due maggiori linguisti americani della prima metà del Novecento sono Sapir (1884-1939) e
Bloomfield (1887-1949), capofila della linguistica mentalista e comportamentista. Il
comportamentismo si basa sullo studio unicamente del comportamento osservabile e non degli stati
mentali, inaccessibili da questo punto di vista. La psicologia affermava di essere una scienza ma
aveva assunto i tratti di una filosofia litigiosa, per questo nacque il comportamentismo.
L'opposizione tra Bloomfield e Sapir fu frutto della storiografia successiva, i due non risparmiarono
infatti reciproci apprezzamenti.
Sapir fu allievo di Boas e sotto la sua guida cominciò a lavorare sulle lingue amerindiane. La
vastità dei suoi interessi si riflette nella varietà dei suoi scritti, riguardanti lingue, razze, culture e
letterature.
Sostiene la validità dei principi neogrammatici ma definisce la lingua come prodotto culturale e
sociale; mentre ogni funzione biologica ha un organo che le è proprio, primario, non c'è un tale
organo per il linguaggio.
Il fonema è definito come unità che ha un significato funzionale nella forma o nel sistema
rigidamente determinati dei suoni propri di una lingua. I fonemi sono utili non solo a una
descrizione linguistica astratta ma hanno una precisa realtà, anche se inconscia, nella mente del
parlante.
Con Hjemslev e Tesnière è uno dei pochi linguisti della prima metà del Novecento ad occuparsi di
tipologia linguistica. Sapir nega decisamente la scala di valore e, riferendosi implicitamente a
Steinthal, afferma che non si possa distinguere tra lingue dotate e prive di forma. La distinzione in
lingue isolanti, agglutinanti e flessive o sintetiche ed analitiche è insufficiente; ci si deve basare
sulla natura dei concetti espressi dalla lingua, concetti grammaticali divisi in due gruppi. Il primo
comprende i concetti riguardanti il contenuto materiale, suddivisi in fondamentali o concreti,
ovvero oggetti, azioni e qualità, e derivativi, che danno all'elemento radicale un particolare aumento
di significato. Il secondo gruppo contiene i concetti riguardanti la relazione, divisi in concreti, che
hanno un residuo di contenuto materiale, come genere e numero, e concetti puri. Solo i concetti
fondamentali e i concetti relazionali puri sono espressi in ogni lingua, gli altri due tipi non sono
necessariamente espressi. Esistono quindi quattro gruppi di lingue: semplici pure relazionali,
complesse pure relazionali, semplici miste relazionali, complesse miste relazionali. Si incrociano a
queste altre due dimensioni classificatorie: la tecnica, ovvero l'uso di procedimenti isolanti,
agglutinanti, flessivi, detti da Sapir fusivi, o simbolici, e il grado di sintesi, che distingue le
Bloomfield ebbe come collega all'Università dell'Ohio lo psicologo comportamentista Weiss, per il
cui influsso abbandonò le teorie mentaliste di Wundt. Diede un grande contributo alla rivista
Language, organo della Società di Linguistica Americana.
Un'idea di Saussure ripresa esplicitamente da Bloomfield e data per scontata è la distinzione tra
langue e parole, ma la sua analisi si basa non sulla parola ma sulla frase.
Nella sua prefazione a Language ricordava di essersi precedentemente basato sulla psicologia di
Wundt ma affermava che non fosse necessario ricorrere a teorie psicologiche. Questa concezione si
riconduce oltre che al comportamentismo anche al fisicalismo, secondo cui la scienza doveva
riferirsi solo alle entità osservabili. La scienza del linguaggio non può che basarsi sul
comportamento dei parlanti, descritto tramite i termini di stimolo e risposta o reazione,
fondamentali nel comportamentismo. Tutto ciò rientrava nell'atmosfera antimentalista degli anni
trenta.
La fonologia deve occuparsi dei suoni linguistici significativi. Un fonema è un'unità minima di
tratto sonoro distintivo. Come Trubeckoj individua la distintività e la minimalità come proprietà
caratterizzanti del fonema ma parte degli elementi minimi distintivi. Non fa riferimento alla realtà
psicologica dei fonemi, ne alle forme astratte. I fonemi non sono suoni ma tratti sonori che il
parlante è stato abituato a produrre e a riconoscere nel flusso degli effettivi suoni linguistici, e che si
distinguono dagli altri fonemi della stessa lingua. Esistono due tipi di fonetica, la fonetica in senso
stretto, strumentale, acustica o fisiologica, e la fonetica pratica, che riconosce le unità fonemiche e
cerca di spiegare come il parlante le riproduce. La fonetica pratica non va confusa con la fonologia,
che considera i fonemi solo in quanto unità distinta che svolge un certo ruolo, ed è quindi una
disciplina puramente astratta e formale.
Alla fonetica oppone la semantica, che ha il compito di individuare quali significati siano
accompagnati alle varie forme fonetiche e che si divide in grammatica e lessico. La forma
linguistica è una forma fonetica dotata di significato, che va individuata e classificata tramite un
metodo di analisi formale e distribuzionale che caratterizzerà buona parte della linguistica
americana successiva.
Una forma legata è una forma linguistica che non viene mai pronunciata da sola, mentre tutte le
altre forme sono libere. Una forma complessa ammetta una parziale somiglianza fonetico-semantica
con qualche altra forma linguistica, una forma semplice no. La forma semplice è anche detta
morfema, entità linguistica minima dotata di significato.
La sintassi tratta le costruzioni che non contengono alcuna forma legata, a differenza della
morfologia, L'insieme dei morfemi di una lingua consiste nel suo lessico. L disposizioni
significative delle forme di una lingua costituiscono la grammatica. In base alla disposizione delle
forme lessicali si possono determinare delle classi di forme o formali. La classe di forme
comprende tutte le forme che hanno le stesse funzioni. Una classe di forme in cui tali forme siano
parole è una classe di parole. Le massime classi di parole di una lingua sono le parti del discorso.
La linguistica statunitense tra gli anni trenta e cinquanta è nota come post-bloomfieldiana o
strutturale o descrittiva.
Hockett definì l'atto di linguaggio come un'entità del comportamento umano con certe
caratteristiche fisiologiche e sociologiche, accentuando il comportamentismo di Bloomfield. Harris
ne riprese il concetto di distribuzione, definendola come il totale dei contesti in cui un elemento
ricorre,ossia la somma delle posizioni o occorrenze di un elemento rispetto all'occorrenza degli
altri. Si rivela la generale impostazione proceduralista americana: il compito del linguista è quello
di elaborare delle procedure per individuare i morfemi, le classi di parole, eccetera, secondo il
principio della separazione dei livelli; prima devono essere individuati i fonemi, poi i morfemi, e
così via. Dopo aver distinto struttura fonologica e grammaticale bisogna distinguere struttura tattica
e morfofonemica, ovvero la distribuzione dei morfemi e la loro realizzazione fonetica.
Swadesh propose, per individuare i fonemi, un test di sostituzione, che consisteva nel pronunciare
una parola con qualche modificazione dei fonemi. Un altro approccio al fonema che non ricorre alla
nozione di significato è quello di Twaddel, che sottolinea come i tratti sonori siano irriducibilmente
diversi da un parlante all'altro e nei diversi enunciati. Il fonema è un'entità fittizia, un puro
strumento terminologico. Tuttavia la concezione fondamentale della scienza è quella di considerare
identici due fenomeni tra i quali la maggior parte degli osservatori non trovi differenze qualitative.
Il fonema costituisce una classe di suoni talvolta molto diversi. Appartengono alla stessa classe gli
allofoni del fonema, termine coniato da Whorf, che hanno una distribuzione complementare; se due
suoni simili si presentano sempre l'uno in un determinato contesto fonetico e l'altro in un altro, sono
realizzazioni fonetiche diverse di uno stesso fonema. Sono le varianti di Trubeckoj.
La morfofonemica studia l'alternanza tra fonemi corrispondenti in forme diverse dello stesso
morfema. Allomorfo sta a morfema come allofono sta a fonema. Il morfo è la singola forma del
morfema mentre le forme o rappresentazioni del medesimo morfema sono i suoi allomorfi. I morfi
vuoti non hanno significato e non corrispondono a nessun morfema, i morfi cumulativi
rappresentano più morfemi.
La linguistica post-bloomfieldiana si basa sul modello ad entità e disposizioni: ogni entità
grammaticale è analizzata come la combinazione di morfi, i quali presentano morfemi che possono
essere discontinui. Le combinazioni possibili dei vari elementi consistono nella struttura tattica
della lingua.
Wells notò che classi di espressione più ampie possono occupare le stesse posizioni di classi di
espressioni più semplici, costituendo un'espansione di queste ultime. Tramite un sistema di barre
verticali indicava i vari livelli dei costituenti immediati. In certi casi le stesse sequenze di morfemi
potevano essere analizzate in diversi modi, dando luogo alle costruzioni omonime o ambiguità
sintattiche.
Il metodo di Harris, dal sistema all'enunciato, procede invece che dall'alto verso il basso come
l'analisi in costituenti immediati, dal basso verso l'alto, procedendo per operazioni di sostituzione.
Nel sistema di equazioni elaborato dal linguista esistono diverse possibilità di sostituzione.
4.1 INTRODUZIONE
Daremo grande spazio a Chomsky e alla grammatica generativa perché, anche se le sue teorie non
sono state accettate da molti specialisti di oggi, tuttavia sono pochi quelli di loro che possono fare a
meno di riferirsi alla grammatica generativa. Chomsky cominciò ad elaborare la sua teoria nei
primi anni cinquanta, nell'epoca in cui cambiò l'atteggiamento dei logici e dei filosofi nei confronti
del linguaggio naturale, non più considerato come un sistema imperfetto e fonte di equivoci. Le
alternative alla posizione generativista furono quelle tipologiche e funzionaliste, sociolinguistiche,
e quelle derivate dagli sviluppi della grammatica linguistica.
Morris intendeva tracciare i lineamenti della semiotica, cioè della teoria dei segni, una scienza che
studia cose o proprietà di cose fungenti da segni, strumento di tutte le scienze giacché queste si
servono di segni e vi si esprimono.
La semiosi è il processo in cui qualcosa funziona come segno, e si articola in tre componenti,
seguiti da un quarto fattore. Un segno o veicolo segnico si riferisce a un'entità, il designatum,
tramite una certa relazione, l'interprete, per un utente del segno stesso o interprete. Si verificano tre
tipi di relazioni: la relazione sintattica, tra i segni, semantica, tra i segni e gli oggetti cui sono
applicabili, e pragmatica, tra segni ed interpreti. Quindi la pragmatica è la scienza del rapporto tra
segni ed interpreti e dal punto di vista della pragmatica una struttura linguistica è un sistema di
comportamento. Certe espressioni, quali le interiezioni, gli ordini o i termini valutativi, possono
essere analizzate correttamente solo da questa prospettiva.
Morris osservava che la sintassi logica di Carnap, costruita per i linguaggi formali, non poteva
essere identificata con la sintattica. Non solo le lingue formali ma anche quelle naturali diventavano
dunque un legittimo oggetto di studio. Carnap opponeva una semantica e una sintassi pure alle
I primi lavori di pragmatica ebbero origine ad Oxford con Austin (1911-1960) e a Cambridge con
Wittengstein.
Wittengstein decise, dopo aver abbandonato la filosofia, di svolgere una sorta di attività terapeutica,
mostrando quali sono gli equivoci da cui la filosofia nasce. Questi equivoci hanno sempre
un'origine linguistica. Gli scritti che documentano il secondo Wittengstein, trasferito a Cambridge,
sono usciti postumi e continuano ad essere pubblicati.
Il concetto di uso diventa cruciale; che cosa designano le parole del linguaggio? Il loro significato
consiste nel loro uso da parte dei parlanti. Non può esistere, almeno nel linguaggio naturale, una
pragmatica indipendente dalla semantica. Una volta rovesciata la prospettiva del Tractatus logico-
philosophicus anche l'atteggiamento nei confronti del rapporto tra forma grammaticale e forma
logica cambia radicalmente; la seconda viene legittimata. E' stato un errore giudicare il linguaggio
naturale confrontandolo con i linguaggi della logica e della matematica.
La concezione del linguaggio naturale come insieme di pratiche caratterizza anche il pensiero di
Austin. Entrambi i filosofi criticano i caratteri troppo astratti e dogmatici del neopositivismo
logico. Austin insegnò ad Harvard e il volume contenente le sue lezioni fu pubblicato nel 1962 e poi
nel 1975.
Gli enunciati performativi, che servono a compiere un'azione, si oppongono ai constativi o
constatativi, che sono veri o falsi. Un enunciato performativo può essere vero o falso a seconda
delle circostanze di impiego e di chi lo impiega. Gli enunciati performativi, ed eventualmente anche
i constatativi, sono felici se ne sono soddisfatte le condizioni. Una prima specie di infelicità è
legata all'autorizzazione che una persona a ad emettere l'enunciato, una seconda specie alla
sincerità, come nel caso delle promesse, un terzo tipo è determinato dalla rottura dell'impegno. Non
esiste una forma normale dei performativi, un criterio verbale.
La nuova teoria dell'atto linguistico consiste nell'individuare più precisamente in che cosa il fare
del parlare consista. Austin sostiene che proferendo un enunciato compiamo tre tipi di atti
linguistici. L'atto locutorio consiste nell'emettere certi suoni scegliendo certi vocaboli e
combinandoli secondo le regole grammaticali e usando i vocaboli con un determinato senso e
significato. L'atto locutorio si compone quindi di un aspetto fonetico, di uno fatico e di uno retico,
ed è quello a cui si sono sempre interessati i filosofi.
L'atto illocutorio, come gli atti performativi che ne sono un sottotipo, è l'esecuzione nel dire
qualcosa. Significato e forma illocutoria vanno distinti; quest ultima si fonda sull'accordo
interpersonale basato su convenzioni condivise.
L'atto perlocutorio consiste nella produzione di certi effetti consecutivi sui sentimenti, i pensieri, le
azioni di chi sente, o di chi parla, o di altre persone. L'atto perlocutorio non è convenzionale; posso
ottenere lo stesso effetto mediante molti mezzi diversi.
La pragmatica segnava un notevole passo avanti rispetto a Morris e a Carnap la concezione del
linguaggio come uso assumeva dei connotati più precisi.
Il linguaggio naturale è stato considerato da alcuni logici e filosofi del linguaggio analizzabile con
gli stessi strumenti dei linguaggi formali. Ajdukiewicz e Reichenbach, codirettore con Carnap della
rivista Erkenntnis, assumevano che tanto il linguaggio naturale quanto i linguaggi formali sono
costruiti in base agli stessi schemi.
La nozione fondamentale di Ajdukiewicz è quella di connessione sintattica: una combinazione di
parole è sintatticamente connessa quando è formata da parole dotate di senso e il suo senso deriva
dal senso delle parole che la formano. Si richiama esplicitamente ad Husserl, da cui muta il
Chomsky ha sempre presentato la propria teoria linguistica, cioè la grammatica generativa, come
opposta allo strutturalismo di Bloomfield e dei post-bloomfieldiani. I legami concettuali tra
Chomsky ed Harris sono stretti.
Il termine trasformazione fu impiegato da Harris, e prima di lui da Wundt e Frei. Due costruzioni
sono trasformare l'una nell'altra se esprimono lo stesso significato mediante forme grammaticali
diverse.
Il concetto di trasformazione viene usato da Harris come strumento ausiliario nell'analisi del
discorso, il cui scopo era di estendere i metodi del distribuzionalismo post-bloomfieldiano oltre i
limiti della frase; era perciò necessario elaborare dei metodi per individuare classi di frasi
equivalenti. Frasi della forma A sono equivalenti a frasi della forma B se per ogni frase A si può
trovare una frase B che contiene gli stessi morfemi, a parte le differenze dovute alla differenza di
forma tra A e B.
Harris ha dato a queste intuizioni una formalizzazione esplicita ed ha esteso la nozione di
trasformazione a frasi non sinonime, come le interrogative e le dichiarative corrispondenti. Forme
Noam Chomsky, nato nel 1928, ebreo, fu allievo diretto di Harris all'Università della Pennsylvania.
Harris affidò a Chomsky la correzione delle bozze di Methods in Structural Linguistics, una summa
dell'analisi distribuzionale da lui compiuta.
Chomsky decise di mettere in relazione forme di parole apparentemente irregolari e prive di legame
conducendole a forme astratte soggiacenti. Applicò queste idee alle analisi di morfofonematica
dell'ebraico moderno.
Ottenne una borsa di studio presso la Harvard University di Cambridge ed ebbe come docente
Jakobson.
Conobbe Bar-Hillel, che aveva studiato a Chicago con Carnap, il quale aveva insistito sul ruolo
fondamentale nella scienza dei concetti astratti, nozione difficilmente conciliabile con la linguistica
post-bloomfieldiana. Queste forme astratte venivano a svolgere un ruolo analogo a quello delle
forme ricostruite in linguistica storica, secondo un paragone suggerito da Bar-Hillel ma di certo
anche per influenza di Halle, allievo di Jakobson e quindi esperto di fonologia e linguistica storica.
Chomsky maturava la sua opposizione al modello psicologico del linguaggio allora dominante,
ossia il comportamentismo, secondo cui il linguaggio verrebbe appreso esclusivamente per
imitazione del comportamento linguistico degli adulti. Chomsky osserva che i bambini imparano in
un tempo sorprendentemente rapido la lingua sulla base di un'esposizione linguistica limitata e
frammentaria e producono enunciati nuovi. Alla base dell'acquisizione del linguaggio si trovano
specifiche strutture mentali preprogrammate; a una tale ipotesi non poteva essere estraneo il neuro-
psicologo Lenneberg, convinto che al linguaggio fosse connessa una struttura biologica innata la
quale giunge a maturazione dopo un certo periodo.
Chomsky ottenne il dottorato all'Università di Pennsylvania con una tesi intitolata Analisi
funzionale dell'inglese, parte di La struttura logica della teoria linguistica. Divenne insegnante al
Massachussetts Institute of Technology e fondò con Halle il Dipartimento di Linguistica, il primo
a carattere umanistico.
Lo scopo fondamentale dell'analisi linguistica di una lingua L è separare le sequenze
grammaticali, che sono frasi di L, da quelle non grammaticali (indicate con un asterisco a partire
dagli anni sessanta) e studiare la struttura delle prime.
Il successo di Chomsky (1957) fu ben accolto dalla maggior parte dei linguisti post-bloomfieldiani,
che lo consideravano come uno sviluppo naturale delle ricerche di Harris. La teoria di Chomsky
assunse poi un aspetto sistematico, poi detto standard, che portò ad una rottura.
La grammatica generativa è un dispositivo che specifica l'insieme definito delle frasi ben formate e
che assegna a ciascuna una o più descrizioni strutturali. Si divide in tre componenti: sintattico, che
è generativo, fonologico e semantico, che sono interpretativi. Il componente semantico mette in
relazione una struttura generata dal sintattico con una certa rappresentazione semantica, generando
la struttura profonda della frase. Nello stesso modo, il componente fonologico genera la struttura
superficiale.
La teoria standard, come tutte le successive fasi della grammatica generativa, si inquadra in una
generale concezione mentalistica del linguaggio e della linguistica, esposta nel dettaglio da
Chomsky nel 1965.
Il modello di sintassi di Chomsky del 1965 presenta alcune differente rispetto a quello del 1957.
Negli anni lo studioso sviluppò il concetto di indicatore sintagmatico generalizzato, il quale
contiene tutte le informazioni contenute nel fondamento, oltre alle informazioni fornite dalle
trasformazioni per inclusione generalizzate. Le trasformazioni facoltative sono attivate da simboli
astratti soggiacenti e li cancellano dando luogo ad una frase grammaticale.
La distinzione tra tipi di trasformazione viene abolita grazie alla nozione di ciclo: le trasformazioni
si applicano nel primo ciclo all'unità frasale inclusa più profondamente, nel ciclo successivo
all'unità frasale che la domina immediatamente, e così via, fino a raggiungere la frase principale.
La teoria standard del componente semantico si basa sulle nozioni di lettura e di regola di
proiezione.
La lettura è l'analisi in indicatori semantici di ciascuna unità minima generata dal componente
sintattico, ossia di ogni parola. Le entità astratte, come l'idea di oggetto fisico o di femmina, si
combinano per produrre i significati delle voci lessicali. La lettura contiene l'indicazione dei tratti
sintattici della parola e delle sue restrizioni selettive.
Le regole di proiezione procedono dal basso verso l'alto, combinando le letture dei singoli elementi
che formano un nodo nell'indicatore sintagmatico per produrne la lettura derivata o interpretazione
semantica. Se le letture di due elementi non possono combinarsi, la lettura del nodo risultante sarà
semanticamente anomala. Se uno o più elementi hanno più letture, la frase è semanticamente
ambigua tante volte quante sono le letture possibili, ambigua al grado n.
Questa teoria ha una prospettiva ristretta perché non esamina il problema del significato o del
riferimento. Sembrava difficile distinguere tra indicatore e parole. Un altro problema era quello
delle letture metaforiche. Queste prime fasi della riflessione semantica all'interno della scuola
generativa hanno portato comunque ad escludere la nozione di significato nel senso di Frege e
hanno introdotto la nozione di indicatore, poi ribattezzato componente semantico e reinterpretato in
senso cognitivo, collegandolo al processo di acquisizione del linguaggio; si ipotizzò che il bambino
disponesse di un bagaglio innato di componenti semantici a cui doveva semplicemente attribuire
delle etichette, diverse da lingua a lingua.
La grammatica generativa conobbe un notevole successo, sia negli Stati Uniti che in Europa.
Questo successo era in parte dovuto alla notevole capacità propagandistica dei suoi sostenitori, che
organizzarono diversi convegni. Chomsky partecipò nel 1962 al IX Congresso Internazionale dei
Linguisti, dove fece riferimento ai suoi "antenati intellettuali" Cartesio e Humboldt sottolineando la
tradizione razionalista sottesa alle sue idee, il che suscitò l'attenzione di molti europei.
Il successo maggiore fu ottenuto dalla nozione di trasformazione di Harris che fu popolarizzata
soprattutto da Chomsky e dai suoi allievi. E' un concetto intuitivo già utilizzato in molte analisi
tradizionale ma che venne formalizzato rigorosamente da Chomsky; per questo la grammatica
generativa veniva anche detta trasformazionale.
La concezione della nuova linguistica, di tipo cognitivo, si basava sull'idea del linguaggio come
struttura indipendente dal suo uso, di linguistica come ricerca degli universali e sull'analisi del
linguaggio in più livelli di rappresentazione, in particolare definiti struttura profonda e superficiale.
Tutte queste idee furono sottoposte a critica.
La natura sociale del linguaggio fu ribadita da Weinreich e dal sociolinguista Hymes. Le varie
scuole funzionaliste contestarono l'autonomia della sintassi.
La ricerca sugli universali linguistici ha ricevuto un notevole impulso dalle ricerche di Greemberg.
Tuttavia, le posizioni universaliste di Chomsky, che si basavano su una concezione innati sta del
C'erano opinioni molto diverse su che cosa dovesse intendersi per struttura profonda: la
componente della sintassi comune a tutte le lingua, per esempio, o l'input delle operazione
trasformazionali che hanno la struttura superficiale come output.
Nella teoria standard di Chomsky è rappresentata come un insieme di elementi, morfemi, parole e
sintagmi, ordinati gerarchicamente e disposti linearmente, come nella struttura superficiale. Fin
dagli anni sessanta Saudiano sostenne che gli elementi della struttura profonda costituissero un
insieme non ordinato, il che comporterebbe, secondo Chomsky, un'inutile complicazione. Tuttavia
questa ipotesi è stata portata avanti da Fillmore. Fillmore formulò la grammatica dei casi, che
rappresenta una rottura radicale con la teoria generativa standard.
Fillmore distingue le relazioni sintattiche pure, come le relazioni grammaticali, dalle etichettate,
come le nozioni di modo o luogo. Bisogna abbandonare la tradizionale analisi della frase in
soggetto e predicato, secondo un'ipotesi che richiama Tesnière, da allora riscoperto.
La struttura di base consiste di un verbo e uno o più sintagmi nominali, ciascuno associato al verbo
da una particolare relazione di caso, sintattico-semantica, espressa dai casi morfologici o da
preposizioni o in altri modi. I casi profondi si oppongono ai casi morfologici o superficiali e sono:
agentivo, strumentale, dativo, fattivo, locativo e oggettivo.
Le nozioni grammaticali, come soggetto e oggetto, sono relative alla sola struttura superficiale e
possono quindi corrispondere a casi profondi differenti. Se nella struttura soggiacente è presente un
agentivo, questo sarà il soggetto, altrimenti sarà lo strumentale o l'oggettivo. La gerarchia può
essere volata ma la violazione deve essere segnalata; è il caso delle frasi passive, in cui il soggetto
è l'oggettivo ma il caso profondo più in alto nella gerarchia, ossia l'agentivo, è preceduto da una
preposizione.
Le prime scissioni interne alla scuola generativa si verificarono tra gli anni sessanta e i primi anni
settanta del Novecento, epoca delle guerre linguistiche.
I principali avversari di Chomsky furono Lakoff, McCawley, Postal e Ross. Dopo aver lavorato in
stretto contatto con Chomsky, cominciarono a costruire un'alternativa alla teoria standard nota come
semantica generativa, un'etichetta che indicava una concezione del componente semantico opposta
a quella standard: le rappresentazioni semantiche sarebbero generate autonomamente. Questa
concezione rendeva superflua la nozione di struttura profonda, con cui le rappresentazioni
semantiche venivano ad identificarsi. Nella teoria standard i vari tipi di regole si applicano in
quest'ordine: regole di struttura sintagmatica, lessicali, trasformazionali. Lakoff e Ross sostenevano
invece che le regole lessicali potessero applicarsi in qualunque punto della derivazione.
Le regole lessicali non devono necessariamente applicarsi prima delle trasformazioni, quindi viene
meno uno dei motivi per postulare un livello di struttura profonda che definisca le strutture
grammaticali, nozioni fondamentali nell'interpretazione semantica ma pertinenti al solo livello della
struttura superficiale, come dimostrato da Fillmore. La struttura profonda nel senso standard è un
concetto inutile e la descrizione linguistica deve essere basata sulla semantica.
La semantica dei semantici generativi si basava sulla struttura semantica di base, fondata sulle
categorie di frase, sintagma nominale e verbo, speculari a proposizione, argomento e predicato della
logica simbolica. Per i semantici generativi la rappresentazione semantica coincideva con la
struttura logica del linguaggio generale. La logica naturale nel senso di Lakoff è dunque una teoria
sulla mente umana in cui grammatica, logica e psicologia coincidono.
I quantificatori della logica simbolica sono oggetto di una rappresentazione astratta lontana da
quella superficiale, cioè concretamente osservabile. Nel passaggio dalla frase attiva "molti uomini
leggono pochi libri" alla passiva "pochi libri sono letti da molti uomini", "pochi libri" assume una
portata ampia e "molti uomini" una ristretta, mentre nella frase attiva la situazione è opposta.
Postal e Perlmutter idearono la grammatica relazionale o GR, che aveva come scopo la ricerca
delle somiglianze e differenze tra le lingue naturali. La struttura della frase è rappresentata come un
insieme ordinato di elementi in relazione tra loro. Questa posizione porta all'abbandono della
suddivisione della frase in soggetto e predicato, assumendo le relazioni grammaticali come
primitivi.
Anche la GR continua ad operare con vari livelli di analisi, che ribattezza strati. Lo strato iniziale
delle relazioni grammaticali è connesso agli altri tramite nessi relazionali. Ogni relazione
grammaticale è indicata con un numero: 1 per la relazione di soggetto, 2 per quella di oggetto
diretto, 3 per quella di oggetto indiretto, eccetera. Un elemento privo di relazioni è Cho,
disoccupato. I cambiamenti di relazioni possibili sono regolati da leggi relazionali. Queste
rappresentazioni in termini di diagrammi di strati sono generiche, il che rende possibile cogliere
l'elemento comune a certa costruzioni, come il passivo, realizzato in modi diversi nelle varie lingue.
Perlmutter si occupò dell'alternanza degli ausiliari essere e avere in italiano, ipotizzando che i
verbi intransitivi che prendono essere non abbiano, allo strato iniziale, un soggetto, ma un oggetto
diretto: questi verbi sono chiamati inaccusativi in quanto tale oggetto diretto non riceve dal verbo il
caso accusativo, bensì il nominativo. Il passaggio dalla relazione di oggetto diretto a quella di
soggetto determinerebbe la scelta dell'ausiliare essere rispetto ad avere.
Altre correnti mantennero una netta distinzione tra rappresentazione semantica e struttura sintattica,
assumendo però un solo livello di analisi sintattica, e perciò sono detto monolivello. Brame
proponeva un modello di sintassi privo di regole trasformazionali all'interno del quadro
generativista.
Negli anni settanta nacquero la grammatica lessico-funzionale della Bresnan e la grammatica a
struttura sintagmatica generalizzata di Gazdar assumono un solo livello e non ricorrono a
trasformazioni. La LFG mira a costruire una grammatica psicologicamente reale, come Chomsky,
ma propone altri mezzi. La GPSG ha come scopo quello di ottenere gli stessi risultati con strumenti
più limitati elaborando un modello che conservi il formato delle regole di struttura sintagmatica,
superando la loro inadeguatezza empirica, messa in luce già da Chomsky.
Anche le origini del funzionalismo linguistico precedono quelle della grammatica generativa, di cui
costituirono un'alternativa. Le scuole sorte prima della grammatica generativa furono di matrice
europea e meno radicali, quelle nate dopo furono prevalentemente statunitensi.
Firbas e Daneš prendono le mosse dall'analisi concreta della frase di Mathesius, che consiste nella
distinzione tra tema e rema, a livello dell'organizzazione dell'enunciato. Gli altri due livelli della
sintassi sono la struttura grammaticale, basata sul modello di frase, uno schema astratto su cui
possono basarsi varie sequenze di parole specifiche per formare degli enunciati specifici, e la
struttura semantica, universale.
Firbas introduce il concetto di prospettiva funzionale della frase, che ordina gli elementi secondo
una scala di dinamismo comunicativo, a seconda della misura relativa in cui un elemento
contribuisce allo sviluppo ulteriore della comunicazione. Gli elementi che hanno il grado più basso
di dinamismo comunicativo sono tematici, dati, più legati al contesto come i pronomi personali,
quelli con il grado più alto rematici, nuovi, come i sostantivi. I verbi sono elementi di transizione.
La distribuzione elementare del dinamismo comunicativo segue l'ordine tema-rema, ma il contesto
può causare una deviazione.
Sgall elaborò una descrizione funzionale generativa, che considera il generativismo non sbagliato
ma parziale. Molto più critiche furono la grammatica sistemico-funzionale di Halliday e la
grammatica funzionale di Dik. Entrambe si proponevano di spiegare la relazione tra la struttura di
frase soggiacente e la struttura sintattica superficiale.
Halliday distingue tre funzioni del linguaggio: ideativa, quando il soggetto indica l'agente o
soggetto logico, interpersonale, quando il soggetto è il tradizionale soggetto grammaticale o
soggetto modale, e testuale, quando il soggetto è quello psicologico.
La grammatica funzionale di Dik individua nel linguaggio tre componenti principali: il fondo,
costituito da schemi predicativi ovvero predicati, termini ovvero argomenti e satelliti ovvero
circostanziali, la struttura di frase soggiacente, stratificata in predicazioni nucleari, funzioni
sintattiche e funzioni pragmatiche, interne o topic o tema ed esterne, e le regole di espressione, che
determinano l'ordine dei costituenti sulla base della struttura di frase soggiacente prodotta dalle
varie funzioni, semantiche, sintattiche e pragmatiche.
Poco dopo la pubblicazione del saggio di Greenberg si cercò di trovare una spiegazione più
approfondita delle relazioni concordi. Secondo il principio strutturale di Lehmann, i modificatori si
collocano al lato opposto di un elemento sintattico di base rispetto a quello del suo concomitante
primario. Come Fillmore ipotizza una struttura sottostante non ordinata linearmente. Opera
unicamente con le categorie di verbo e oggetto, perché ritiene che i soggetti non siano elementi
primari della frase.
Il principio strutturale forniva una spiegazione degli ordini concordi ma non dei discordi, salvo
attribuirli, genericamente, al fatto che le lingue cambiano e quindi possono affiancare caratteristiche
di periodi diversi. Hawkins introduce la nozione di universale complesso, che ha cioè la forma di
un'implicazione con due condizioni.
Antinucci sostiene che l'ordine degli elementi sia governato da tre principi: costruttivo, che
stabilisce che una lingua disporrà gli argomenti a destra o a sinistra del predicato, di accrescimento,
che determina l'ordine degli argomenti, e di formazione del soggetto, che sceglie un argomento e lo
colloca a inizio frase, topicalizzandolo. I primi due riprincipi appartengono al sistema strutturale del
linguaggio, il terzo al sistema comunicativo. La scelta dell'argomento da topicalizzare è governata
dalla gerarchia naturale del topic, che si basa sulla capacità o incapacità di essere la causa di un
determinato stato di cose, e dalla sua scala di animatezza. La tipologia dell'ordine delle parole
comincia ad essere affrontata non solo con strumenti sintattici, ma anche semantici e pragmatici.
La nozione di gerarchia usata da Antinucci indica le diverse probabilità dei vari argomenti di
diventare il soggetto. Fu usata da Keenan e Comrie nello studio della frase relativa, condizionata
dalla funzione grammaticale dell'elemento che la introduce, secondo la seguente gerarchia: soggetto
< oggetto diretto < oggetto indiretto < obliquo < genitivo < secondo termine di paragone. Una frase
relativa introdotta da un elemento in funzione di soggetto si ha in tutte le lingue. Le diverse
possibilità si applicano a un segmento continuo della gerarchia, e possono fermarsi a qualunque
punto. Le relazioni grammaticali più facilmente comprensibili sarebbero le più facilmente
relativizzabili. Il soggetto è caratterizzato dalla proprietà di indipendenza referenziale, perché il
riferimento del soggetto non può dipendere da quello di un altro elemento della frase.
Il soggetto è un nesso di proprietà diverse. Se tutte queste proprietà ricorrono insieme, il soggetto è
prototipico, mentre le deviazioni dal prototipo si dispongono lungo un continuum, dal soggetto più
prototipico a quello meno prototipico. Più una categoria è lontana dal prototipo più è marcata,
secondo una nozione fonologica adattata. Il soggetto prototipico è il costituente che esprime al
tempo stesso l'agente dell'azione, e ha quindi una proprietà semantica, e il tema della frase, cioè
l'argomento, e ha quindi una proprietà pragmatico-comunicativa. Questo spiega l'avvicinamento
della linguistica tipologica alle varie correnti funzionaliste.
Il modello classico di Chomsky ed Halle venne criticato per la sua eccessiva astrattezza da
Kiparsky e poi da Vennemann, che elaborò la fonologia generativa naturale, uno dei cui principi
guida era la rinuncia alle rappresentazione fonologiche soggiacenti. Dalla fonologia generativa
naturale va tenuta distinta la fonologia naturale di Stampe, ripresa da Dressler. La fonologia
naturale ha una concezione diversa dei meccanismi cognitivi che stanno alla base dell'acquisizione
del linguaggio da parte del bambino, da ricondurre a capacità cognitive generali, che portano a
limitare o sopprimere processi innati tramite due fenomeni: la lenizione, che indebolisce un suono
per facilitarne la pronuncia, funzionale all'ascoltatore, e il rafforzamento, che ne diminuisce il
contrasto coi suoni vicini per renderlo più facilmente percepibile, funzionale all'ascoltatore. E'
presente un'implicita tendenza funzionalista. Gli universali costituiscono semplici preferenze, la cui
motivazione va cercata in fattori extralinguistici.
Anche la teoria dell'ottimalità di McCarthy e Prince, Smolensky, e poi ripresa a Kager, prende
l'avvio dalla nozione di marcatezza, intesa come proprietà delle rappresentazioni fonetiche. La
marcatezza è una delle due forze contrastanti che agiscono sul linguaggio umano, insieme alla
fedeltà. La marcatezza è un concetto relativo fondato sulle proprietà dei sistemi articolatori e
percettivi, sottoposta a restrizioni universali ma violabili, accanto a restrizioni specifiche delle
singole lingue. Le restrizioni di fedeltà richiedono che le uscite conservino le proprietà delle loro
forme lessicali di base, conservando una somiglianza tra l'ingresso e l'uscita. Queste permettono di
mantenere i contrasti lessicali, e quindi le differenze di significato, ma impediscono anche che gli
allomorfi differiscano eccessivamente l'uno dall'altro. La violazione deve essere minima e motivata.
Un'uscita è ottimale quando comporta la violazione minima di un insieme di restrizioni, tenendo
conto del loro ordinamento gerarchico. Le restrizioni e i principi generali della loro interazione
sono universali, mentre le gerarchie delle restrizioni sono specifiche delle singole lingue.
L'analisi del linguaggio come mezzo di comunicazione era già presente nell'Ottocento. L'origine
della pragmatica e, più in generale, della concezione del linguaggio come uso, precede quella della
grammatica generativa.
Weinreich (1926-1967) era stato allievo di Martinet e si era dedicato alla situazione linguistica nel
cantone dei Grigioni, dove si parlano sia dialetti svizzero-tedeschi che romani. Sia lo strutturalismo
che la dialettologia sono alla base degli studi di Weinreich, il cui concetto chiave è interferenza, che
indica le influenze che una lingua esercita su un'altra in situazioni di contatto linguistico, ossia
quando queste lingue sono parlate dagli stessi individui. I fenomeni di interferenza consistono in
una ristrutturazione del sistema linguistico, non solo nel lessico ma anche in fonologia e
morfologia. Gli stessi risultati erano stati raggiunti da Schuchardt nei suoi studi sulle lingue miste.
Weinreich affermava che lo scopo ultimo degli studi sull'interferenza dovesse essere quello di
prevedere forme di interferenza tipiche partendo dalla descrizione di una comunità bilingua e dalla
descrizione strutturale delle lingue.
Le ricerche sui rapporti tra linguaggio e società si moltiplicarono anche in Italia grazie a De Mauro.
Ferguson pubblicò un importante lavoro sul concetto di diglossia, ovvero sulla situazione delle
comunità linguistiche in cui consistono due varietà, una alta e una bassa, come in Italia. Con
bilinguismo Weinreich si riferiva tanto alla compresenza di lingue ufficiali quanto a quella di una
lingua ufficiale con un dialetto. Fishman ha mostrato come la differente combinazione di
bilinguismo e diglossia dia luogo a quattro situazioni diverse: diglossia con o senza bilinguismo,
bilinguismo senza diglossia, né bilinguismo ne diglossia. E' un esempio di sociologia del
linguaggio, che studia pianificazione, politiche linguistiche, atteggiamenti mentre la
sociolinguistica studia le manifestazioni all'interno della lingua.
La consacrazione definitiva della sociolinguistica si ebbe nel 1964 con l'organizzazione di un
convegno presso l'Università di California a Los Angeles, nello stesso periodo in cui Chomsky
elaborava la sua teoria standard.
Il concetto di competenza comunicativa fu presentato da Hymes (1927-2009). Riprendeva il
concetto chomskiano di competenza, cercando di integrarlo in una diversa visione del linguaggio.
Obiettava che una comunità linguistica non è omogenea, sottolineando che l'idealizzazione non è
ammissibile perché molti aspetti della stessa competenza del parlante sono determinati
dall'eterogeneità della comunità linguistica. Alla competenza grammaticale va opposta una
competenza d'uso, in cui rientra anche la capacità di riconoscere i diversi tipi di atti linguistici. Lo
scopo della teoria linguistica è anche quello di rendere conto della capacità del parlante di
riconoscere ciò che è appropriato o inappropriato in un certo contesto, e ciò che è raro o abituale.
Queste quattro dimensioni si collegano nella produzione e nell'interpretazione del comportamento
culturale corrente. Le lingue sono inoltre sottoposte a interferenza sociolinguistica. Il repertorio
verbale indica l'insieme delle varietà, dei codici o dai sottocodici padroneggiati da un individuo,
insieme ai tipi di cambiamento che si verificano tra essi. Le pratiche linguistiche indicano le
organizzazioni sequenziali oltre la frase, sia nell'attività di una persona, sia nell'interazione. I
domini del comportamento linguistico sono le situazioni in cui i parlanti usano una determinata
varietà tra quelle disponibili.
Labov, allievo di Weinreich, voleva fornire una descrizione formale e sistematica delle differenze
linguistiche dovute a quelle di classe sociale, età, etnia, eccetera, nei vari ceti sociali a New York.
Elaborò il concetto di regola variabile, una regola di struttura sintagmatica la cui applicazione è
condizionata da alcuni fattori probabilistici, di natura sia linguistica che extralinguistica. Il caso più
famoso è quello della contrazione della copula in inglese , presente nella struttura profonda sia
L'impatto della grammatica generativa fu forte su Searle, che riprese la teoria di Austin sugli atti
linguistici. Inizialmente seguace di Chomsky, ne diventò un critico sempre più acceso, anche se
tentò di ricondurre gli atti linguistici a fatti di langue.
Una nozione centrale nel pensiero di Searle è quella di regola: parlare significa eseguire degli atti
secondo certe regole. Le regole regolanti regolano un'attività preesistente, le regole costitutive
costituiscono un'attività la cui esistenza è logicamente dipendente dalle regole, come nel caso dei
giochi. Parlare una lingua è una questione di eseguire atti linguistici in accordo con certi sistemi di
regole costrittive. Le regole del linguaggio sono seguite inconsciamente.
Per quanto riguarda l'analisi egli atti linguistici, in Searle l'atto locutivo di Austin si sdoppia in atto
enunciativo, l'enunciazione di parole e morfemi, e atto proposizionale, le operazioni di riferimento
e di predicazione. L'atto illocutorio e l'atto enunciativo sono mantenuti e viene formalizzata la
nozione di forza illocutoria o illocutiva. Questa analisi si basa sull'opposizione tra struttura
profonda e superficiale tipica della teoria generativa standard.
Searle analizza anche gli atti linguistici indiretti, espressioni come "puoi passarmi il sale?" che, pur
essendo sintatticamente una frase interrogativa, è il realtà, come atto illocutorio, un ordine o una
preghiera.
Espressioni di questo tipo fanno affidamento sul bagaglio di cognizioni sia linguistiche che non e,
genericamente, sulle facoltà di ragionamento di cui dispone l'ascoltatore. Il filosofo del linguaggio
Grice inquadrava il problema degli atti linguistici indiretti in un modello generale della
conversazione. Il suo punto di partenza era il problema dell'imperfezione del linguaggio naturale
rispetto agli standard della logica. Osservava che ci sono delle discrepanze tra il valore degli
operatori logici e quello delle espressioni corrispondenti del linguaggio naturale. Secondo Grice i
formalisti, tra cui si potrebbero annoverare i filosofi del linguaggio, e gli informalisti, tra cui forse
si potrebbero collocare il secondo Wittengstein e i suoi seguaci, avrebbero impostato una disputa
inutile perché le divergenze di interpretazione deriverebbero dalla condizioni che governano la
conversazione, condizioni che si applicano nel linguaggio naturale e non nei linguaggi formali.
La conversazione è governata da un principio generale approssimativo, detto principio di
cooperazione: il contributo alla conversazione deve essere tale quale è richiesto, allo stadio in cui
avviene, dallo scopo o orientamento accettato dallo scambio linguistico. Da questo principio
derivano quattro categorie di massime conversazionali. La categoria della quantità è articolata in
due massime: dà un contributo tanto informativo quanto è richiesto, non più informativo. La
categoria della qualità in: non dire ciò che credi essere falso o per cui non hai prove adeguate. La
categoria della relazione prevede l'unica massima della pertinenza, la categoria del modo s può
riassumere in una super massima, ossia: "sii perspicuo".
Grice non si limita a spiegare il conflitto apparente tra logica formale e linguaggio naturale, ma
utilizza la nozione di massima conversazionale per illustrare una serie di usi del linguaggio in cui
ricadono anche gli atti linguistici indiretti di Searle. Una massima viene sfruttata se è violata
ostentatamente, quando si realizzano le implicature conversazionali.
Il programma chomskiano è un programma di ricerca unitario che è stato prima chiamato teoria
standard estesa, poi teoria dei principi e parametri o teoria della reggenza e del legamento, e infine
programma minimalista. Il filo conduttore è la nozione di grammatica universale o GU, l'insieme
delle proprietà del linguaggio umano biologicamente determinate, ovvero la teoria della facoltà di
linguaggio umana. Il programma sviluppa una visione biologica degli universali linguistici, visti
come condizioni sul formato della grammatica.
L'idea di parlante ascoltatore-ideale in una comunità linguistica completamente omogenea fu
considerata da molti un'astrazione troppo forte. L'idealizzazione perse di importanza in quanto
Chomsky arrivò a concludere che il concetto stesso di lingua non fosse un concetto ben definito
dalla linguistica.
Chomsky oppose lingua esterna, la totalità degli enunciati che si possono produrre in una comunità
linguistica, e lingua interna, un qualche elemento della mente della persona che conosce la lingua,
acquisito nell'apprendimento e usato nelle funzioni di parlante-ascoltatore, la capacità mentale
studiata dalla grammatica, una lingua individuale in quanto riguarda in primo luogo un individuo e
solo derivativamente una comunità linguistica. Il concetto scientifico di lingua è dunque sociale,
non individuale.
Se il saggio di Chomsky del 1973 portava il titolo di Condizioni sulle trasformazioni, già nel 1976
il suo allievo Emonds aveva dimostrato che le trasformazioni ammissibili nella grammatica si
riducano a tre tipi.
Le condizioni riguardavano la forma delle trasformazioni, Chomsky studiava invece le condizioni
sul loro funzionamento. Le tre condizioni più importanti formulate da Chomsky sono la condizione
di soggiacenza, la condizione del soggetto specificati e la condizione della frase temporalizzata. Per
quanto riguarda la condizione di soggiacenza, nessuna trasformazione in movimento può spostare
un costituente attraverso più di un nodo ciclico, ovvero una frase o un sintagma nominale, dove il
termine nodo indica una determinata categoria dell'indicatore sintagmatico. La frase si sdoppia, in
questa analisi, in un centro, costituito dal sintagma nominale e dal sintagma verbale e che
corrisponde alla tradizionale categoria, e una periferia detta COMP o complementatore,
dell'elemento che introduce la frase. Una frase è agrammaticale se l'elemento "chi" deve
Nell'opera di Chomsky e Lasnik la forma fonetica corrisponde alla rappresentazione fonetica del
modello standard, la forma logica indica gli aspetti della rappresentazione semantica strettamente
dipendenti dalla grammatica, la struttura-s diventa l'unico input all'interpretazione semantica e
assume quindi il ruolo della struttura profonda, qui ribattezzata struttura-p. Le trasformazioni sono
ridotte a schemi generali, muovi SN e muovi wh-. Il passo successivo fu quello di unificare due
schemi in uno solo, denominato muovi 10 F0, una categoria arbitraria. Mediante la formulazione di
ipotesi così generali, il programma chomskiano sosteneva di arrivare a un'individuazione più
precisa delle proprietà della grammatica universale.
Se tutti gli esseri umani sono dotati di un'unica grammatica universale, perché le lingue sono così
diverse? Tra gli anni settanta e ottanta fu introdotta la distinzione tra principi, universali, fissati
dalla nascita e invariabili in tutte le lingue, e parametri, opzioni il cui valore è fissato in base
all'esperienza, che spiega la diversità delle lingue riconducendole nei limiti della GU. Dobbiamo
l'elaborazione del modello a principi e parametri ai lavori di Chomsky e Lasnik Taraldsen, Roueret,
Vergnaud e Rizzi.
Il caso astratto esiste anche nelle lingue che non mostrano differenze di caso morfologico o le
hanno solo in maniera molto ridotta. E' una relazione sintattica, definita in termini srutturali, una
proprietà universale cui è riconducibile qualunque sintagma nominale foneticamente realizzato:
questo è il cosiddetto filtro del caso. Il caso nominativo è assegnato alla flessione del verbo finito, il
caso oggettivo al verbo, il caso obliquo alla preposizione. Questa relazione di reggenza è definita in
termini strutturali complessi il cui assunto di base è che i due elementi devono essere adiacenti.
Il legamento indica la possibilità, l'impossibilità o la necessità di un determinato sintagma
nominale di avere lo stesso riferimento di un altro sintagma nominale all'interno di una determinata
frase. I sintagmi nominali possono essere anafore, ovvero comportarsi come i pronomi riflessivi o
I saggi degli anni novanta affrontano il problema del riferimento, giungendo a conclusioni simili a
quelle di Frege, che indicava così l'oggetto designato dal segno, diversamente da Chomsky, che
trova la nozione inapplicabile al linguaggio naturale.
Uno degli argomenti di Chomsky è quello dei nomi di città, che possono indicare un modo di vita,
un insieme di strade ed edifici, eccetera, quindi non si può dire che abbiano un riferimento nel senso
tecnico di Frege. Anche i concetti più elementari del linguaggio umano non sono collegati a oggetti
indipendenti dalla mente da qualche relazione simile al riferimento.
Le espressioni linguistiche si riferiscono propriamente solo a certe entità mentali ed è
l'interrelazione complessa tra queste e il nostro uso del linguaggio che ci permette di parlare del
mondo esterno. Queste dichiarazioni di sfiducia nei confronti della semantica referenzialista si
riferiscono alla facoltà di linguaggio in senso stretto, alla sintassi. Si deve andare alla ricerca della
GU. La prospettiva chomskiana più recente attribuisce il funzionamento della semantica a principi
diversi da quelli formali che governano la sintassi e quindi anche di carattere pragmatico. Per
quanto riguarda l'inutilità della semantica referenzialista o modellistica per l'analisi del linguaggio
naturale, molti studiosi hanno assunto posizioni diverse, ipotizzando l'esistenza di un riferimento di
altro tipo, da studiare con le tecniche della semantica modellistica. Si presenta l'impresa di
armonizzare la semantica formale di origine logica e la teoria chomskiana del linguaggio.
La linguistica strutturale della prima metà del novecento era sincronica come quella dell'ultimo
cinquantennio. che ha però assunto una prospettiva cognitivista. Il linguaggio è un'entità mentale
umana collegata a molte altre- Se quasi tute le scuole linguistiche contemporanee non hanno
problemi a definirsi cognitiviste, l'interpretazione del termine varia. Chomsky ha dato avvio alla
rivoluzione cognitiva, tuttavia molti gli negano tale merito per via della sua impostazione troppo
astratta.
Nella linguistica dell'ultimo mezzo specolo si sono contrapposti un paradigma formale, della
grammatica generativa e di Montague, e un paradigma funzionale, rappresentato da alcune scuole
funzionaliste e da altre di derivazione tipologica o generativista, accomunate dall'assunto che il
linguaggio umano è anzitutto uno strumento di comunicazione, che determina le strutture
linguistiche. Le ricerche sociolinguistiche e pragmatiche appaiono autonome.
Negli ultimi decenni si è verificata una certa convergenza sui temi di ricerca, per esempio per
quanto riguarda l'origine del linguaggio. Chomsky ha assunto una posizione discontinuista,
sostenendo che non derivi dallo sviluppo di sistemi di comunicazione animali, una posizione che
contrasta con la teoria darwiniana dell'evoluzione. La posizione continuista è quella assunta da
linguisti, dagli antropologi e dai sociologi più vicini al funzionalismo.