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SIMBOLOGÍA ESOTÉRICA

Simbolismo del VITRIOL


“VITRIOL”. Este, es un ACRÓSTICO DERIVADO de la Frase ''Visita Interiora Terras Rectificatur
Invenies Ocultum Lapidum” (Visita el interior de nuestra tierra, que rectificando encontrarás la piedra
oculta).

La estrella de siete puntas es parte inseparable del VITRIOL acróstico. Las siete serpientes de la alquimia
se relacionan con los siete planetas y las siete grandes realizaciones cósmicas.

El acróstico VITRIOL con sus siete letras y sus siete palabras simboliza toda la Gran Obra. Los misterios del
Arcano 7 son terriblemente divinos.
Las siete puntas de la gran estrella de la alquimia tienen signaturas sagradas de los siete planetas. Las siete
palabras de VITRIOL y el doble circulo de las fuerzas masculinas y femeninas rodea a la Gran Estrella
septenaria que resplandece como un SOL en el templo de la Ciencia.
El Sol y la Luna, el fuego y el Agua, el Rey y la Reina, forman parte integral del trabajo de todo pichón
alquimista.
El pichón tiene que hacer siete grandes trabajos que culminan en la coronación de la Gran Obra.
En el centro de la Septenaria estrella de la alquimia, aparece grabado el rostro de un venerable anciano según
ilustración de VIRIDARIUM CHYMICUM.
Ese rostro tan venerable de la septenaria estrella simboliza al mercurio sófico. (EL ENS SEMINIS).
Aquello que antes estaba encerrado en muchas formas, lo ves ahora incluido en una sola. El comienzo es
nuestro viejo y él tiene la llave; el azufre con sal y mercurio dan riqueza. Si no ves nada aquí, no hay razón
para que sigas buscando; pues serás ciego, aún en medio de la LUZ. Estolsio
FISICA/MENTE

COS'È L'ALCHIMIA
(SECONDA PARTE)
Roberto Renzetti
I SEGRETI DELL'ALCHIMIA
Ho già parlato della cosa qua e là ma l'argomento merita una trattazione
particolare. In gran misura credo si sia capito cosa è l'alchimia ma a lato di essa
occorre capire gli alchimisti. Oltre quelli che davvero aspiravano alla conoscenza
ed alla perfezione attraverso di essa, vi erano anche delle persone e direi che
dovevano essere la maggioranza, che con l'alchimia ci vivevano. Si trattava delle
vere e proprie botteghe che dispensavano servigi e che, data la peculiarità del
prodotto, non potevano farlo conoscere in giro. La cosa è comprensibile. Se ci
riferiamo, ad esempio, ad un qualcosa che poteva essere argomento dell'alchimia
medica, alla cura di un mal di testa, diventa chiaro che chi conosceva il rimedio ed
il processo per realizzarlo non lo avrebbe mai detto proprio per non danneggiare la
sua bottega. Nel Rosarium Philosophorum si dice:
Notate bene che, nell’arte del nostro magistero, niente è nascosto ai
Filosofi, eccetto il segreto dell’arte, che non è legittimo rivelare ad alcun
uomo, perché chi lo facesse sarebbe maledetto, ed incorrerebbe
nell’indignazione del Signore e morirebbe con la paralisi.
E fin qui siamo nell'ambito di quelli che oggi chiameremmo brevetti. Ma il clima
generale, soprattutto per quell'aura di mistero che circondava il sapere in ogni
civiltà, tanto che diventava proprietà segreta di caste sacerdotali,, questo clima
appunto era pieno di soprannaturale. Ogni credenza, a partire da quella
propriamente religiosa, passando per astrologia, ermetismo, magia, ... si basava (ed
è ancora così oggi) su rituali tanto più ammirati quanto più misteriosi, tanto più
ricercati quanto meno compresi. L'oscurità, la nebbia, la penombra, gli incensi, le
formule magiche, le preghiere, ... sono abili condimenti da aggiungere a
coronamento della banale richiesta di qualcosa a cui si tiene. Chi deve esaudire
questo sa che un banale scambio miracolo-denaro non soddisfa il cliente ma solo il
prestatore d'opera. Ed allora si deve costruire tutto quell'armamentario
scenografico e dialettico che incornicia la prestazione.
Abbiamo già visto dei simboli grafici che avevano una notevole potenza
esplicativa come quelli dei 4 elementi. Quei triangoli verso l'alto o verso il basso ci
spiegavano bene chi saliva e chi scendeva e quei triangoli barrati ci raccontavano
di peso maggiore rispetto a quelli senza barra e quindi di chi saliva meno o
scendeva di più. E fin qui la cosa è chiaramente razionalizzabile. Vi sono poi altri
simboli che si dipartono da questi sempre più elaborati che sempre più scavano
nella suggestione e nel sogno. Non si sottovaluti la capacità astrattiva ed evocativa
di una immagine perché è la chiave che avvicina alla comprensione di cose
complesse delle mente semplici. Se è lecito il paragone è ciò che accade anche in
manifestazioni che dovrebbero essere eminentemente spirituali, come la religione,
e che invece si servono di immagini e di statue che sono ciò che rappresentano
sulla terra ciò che non si riesce ad immaginare come presenza spirituale in un
preteso cielo.
A partire dai simboli dei 4 elementi proseguiamo complicando il simbolo per
addizione di oggetti e concetti. Troviamo subito i due principi zolfo e mercurio e
quindi il terzo, il sale. Poi il maschile e femminile. Quindi la tinta che ci cambia gli
elementi. Infine gli elementi stessi da coniugare con i corpi celesti. Iniziamo con
uno schema a riportare i primi simboli alchemici delle cose ricordate.
Ed in un altro schema l'insieme dei vari elementi presi in considerazione dagli
alchimisti, anche in epoche differenti.

Da : Nicasius Le Febure, A Compleat Body of Chymistry, Londra 1664

Simbolo del flogisto, mancante nella tavola precedente


In linea di massima si nota il fatto che i vari simboli che sono stati elaborati
successivamente seguono una certa linea logica. Lo zolfo è infatti rappresentato da
un triangolo con la punta rivolta verso l'alto con una piccola croce disposta sotto la
sua base. Se ricordiamo, lo zolfo è inteso come materiale che brucia e quindi è
prossimo al fuoco. Per questo è rappresentato da un simbolo che è un'elaborazione
di quello del fuoco. Analogamente per il flogisto(1), una sorta di terra infiammabile.
Anch'esso è rappresentato dal triangolo con il vertice verso l'alto e con una
elaborazione differente (un circoletto ad ogni vertice in aggiunta alla piccola croce
sotto la base). A questo tentativo di spiegazione si può aggiungere un altro
elemento, quello dell'intersezione tra alchimia ed astrologia. I pianeti (ed alcuni
fenomeni astronomici) noti avevano loro rappresentazioni e,

Rappresentazione simbolica di pianeti noti ed eventi astronomici


conseguentemente, la più volte ricordata corrispondenza tra pianeti ed elementi
terrestri portava a rappresentare questi ultimi con simboli analoghi se non identici
ai primi(2).
A questi simboli se ne associano altri che derivano da affinità o somiglianze come
il Sole che con la sua brillantezza e grado di nobiltà può essere associato all'oro o
come la Luna che con la sua luce può essere assimilata all'argento, e che quindi
condividono stessi simboli. Il simbolo dell'argento vivo (mercurio) è lo stesso del
pianeta Mercurio che discende dal caduceo (bastone con i serpenti intrecciati) del
dio Mercurio (che sarà poi il simbolo della medicina di Esculapio):

Caduceo di Mercurio (da una antica monetazione di Roma)


Caduceo ermetico e alchemico Mercurio con il caduceo

Il simbolo del ferro è riportato a Marte che fa la guerra con la spada che è di ferro.
Il fatto che Saturno si muovesse lentamente nel cielo era associato alla pesantezza
e quindi al piombo; il fatto poi che Saturno fosse il dio della morte, lo si associava
alla putrefazione (il nero alchemico), alla falce ed alla clessidra; è quindi il dio che
causa malinconia e visioni demoniache. La sua rappresentazione simbolica è
quindi un simbolo che ricorda la falce o la lettera iniziale di Kronos il dio del
tempo . Lo stagno è invece splendente e, nel cielo, il pianeta più splendente è
Giove; inoltre se si piega una lamina di stagno si sente uno rumore associabile a
quello del fulmine che è arma di Giove e quel pianeta è il quarto pianeta del
sistema aristotelico-tolemaico; in tal modo si ha un simbolo che rappresenta lo
stagno che è assimilabile ad un 4, ad un fulmine o alla lettera greca iniziale di
Giove (Zeus): .
Insomma si procedeva così e, nel tempo, si stilizzavano sempre più i simboli di
modo che, alcuni, da un certo punto, non si riconoscevano più nelle loro intenzioni
originali.
Così come gli elementi anche gli strumenti utilizzati dagli alchimisti trovavano una
rappresentazione simbolica, come si può osservare nella tavola precedente. Una
difficoltà per chi tenta la lettura dei testi antichi resta comunque la non uniformità
del linguaggio e del simbolismo (la cosa l'ho già detta ma vale la pena ricordarla).
Altra difficoltà nasceva dalla vera e propria manìa di molti alchimisti di inventarsi
formule oscure, anagrammi, acrostici, strani alfabeti, una matematica definibile
demente ma rispondente alla numerologia, una geometria simbolica con molteplici
significati, ... oltre alle allegorie mitologiche con strani animali anch'essi
simboleggianti concetti, fenomeni e processi. Tanto per esemplificare riporto un
brano dell'alchimista scozzese del Seicento che si nascondeva dietro lo
pseudonimo di Eireneo Filalete, brano in cui il mercurio filosofico viene così
definito:
"... nostro portinaio, nostro balsamo, nostro miele, olio, rugiada di maggio,
madre, uovo, segreta fornace, fuoco vero, dragone velenoso, vino ardente,
leone verde, uccello di Ermete, oca di Ermogene, spade affilate in mano al
cherubino che custodisce l'Albero della Vita ... è la nostra verità, il vaso
segreto, il giardino dei Saggi nel quale il Sole sorge e tramonta".
In ogni caso, come vedremo più oltre in un capitolo apposito, nel procedere su
queste strade esoteriche si sviluppava un lavoro di sgrossamento nella
comprensione delle sostanze e si scoprivano vari processi e strumenti che
sarebbero poi stati utilissimi alla nascita della chimica, dopo ché saranno stati
sviluppati metodi quantitativi e strumenti affidabili di misura.
IL MITO DELLA FUSIONE
Nelle trasformazioni alla ricerca della perfezione, la fusione è una parte molto
importante. La fusione perfetta era simboleggiata dall’amore fra Ermes e Afrodite,
dal quale nacque Ermafrodito. Nel simbolismo alchemico il Sole e la Luna sono le
due entità fondamentali che rappresentano rispettivamente il sesso maschile e
quello femminile. Dalla loro congiunzione carnale deve nascere un Ermafrodito
che deve però maturare mediante procedimenti alchemici. L'Ermafrodito nasce
morto, nello stato di putrefazione nero. Da qui successivi processi alchemici lo
portano a successivi stati sempre più vicini alla perfezione fino ad arrivare alla
resurrezione di Cristo. Vediamo come il Rosarium Philosophorum, opera di un
anonimo (forse Arnaldo di Villanova - 1235-1315) alchimista del XIII secolo,
descrive quanto ho detto, avvertendo che questa è una possibile interpretazione e
che ve ne possono essere delle altre altrettanto valide. Inizio con il riportare le
illustrazioni che compaiono in questa opera:
Noi siamo l’originaria e prima Sole: "O Luna, lascia che io sia
natura dei metalli, tuo marito”
l’Arte per mezzo di noi crea la Luna: “O Sole, mi sottometto a
tintura madre. te”
Non vi è fontana né acqua Uccello: “Questo è lo Spirito
trovata simile a me che vivifica”
Io curo e aiuto sia il ricco che il
povero
Ma ancora sono piena di veleno
letale

O Luna, per mezzo del mio Qui giacciono il Re e la Regina


abbraccio e dolci baci morti.
Ti diventi bellissima, forte e
potente come io sono
O Sole, tu devi essere preferito
davanti a tutte le luci
Ma ancora tu hai bisogno di me,
come il gallo della gallina.
Qui i Quattro Elementi sono Qui la rugiada cade dal cielo, Qui l’acqua discende dall’alto
separati. e lava il corpo nero nel sepolcro. E fa rivivere il corpo putrefatto.
E l’Anima è più sottilmente
separata dal Corpo.

Qui è nata una nobile e ricca Qui il Sole è nuovamente incluso Qui il Sole lentamente muore
Regina Ed è racchiuso dal Mercurio dei ancora
Che il saggio ama come una Filosofi. E tramonta con il Mercurio dei
figlia Filosofi.
Lei si accresce e porta avanti
infiniti figli
Che è immortale pura e senza
macchia
La Regina odia morte e povertà
Adora Argento e Oro e pietre
preziose
E tutte le medicine sia preziose
che umili
Non vi è niente in questo mondo
simile a lei
Per la quale rendiamo grazie al
Dio Immortale
Qui il Sole è reso nero come pece, Qui finisce la vita della Luna, Qui l’acqua è diminuita.
Con il Mercurio dei Filosofi. e lo spirito sottilmente ascende E irrora la terra con la sua
verso l’alto. umidità

Qui l’Anima discende Qui è nato il re di tutta la gloria Io sono il vero verde e Leone
gloriosamente dal cielo, Qui non può essere stato creato Dorato senza cure,
E si leva la Figlia della Filosofia. alcuno In me tutti i segreti dei Filosofi
Più grande al mondo di lui sono nascosti.
Né per Opera dell’Arte né per
opera della Natura
Di quelle creature viventi per
sempre
I Filosofi lo chiamano loro figlio
Egli da concretezza a tutte le
cose che loro fanno
E qualsiasi uomo lo aspetta
Egli dona continua salute
Oro, Argento e pietre preziose
Egli dona fortezza, lunga vita,
bellezza
E Purezza. Egli allontana la
Rabbia, il Dolore, la Povertà e le
malattie
Benedetto sia colui sul quale Dio
spande questo dono.
Dopo la mia passione e
multiformi tormenti sono rinato
Essendo purificato e risanato da
tutte le macchie.
Il processo inizia con l'indispensabile fonte mercuriale, origine di ogni
trasformazione (raffigurazione del mondo interiore dell’anima dell’uomo).
Vengono poi i due opposti (Sole e Luna, maschile e femminile, ....) che, dopo
essersi mostrati vestiti (con il cielo favorevole come mostra la colomba che
discende da una stella), si denudano (lasciando cadere i veli della consapevolezza)
per passare al lavacro. E da qui iniziano due successive trasformazioni. A questo
punto vi è la prima coniunctio (che vede l'uomo sopra la donna per indicare che ora
sono attive le forze maschili e passive quelle femminili), la fusione, il rapporto
carnale che dà origine ad una pietra bianca (4 lati per i 4 elementi) e ad un
ermafrodito, ad un androgeno rappresentato da un unico corpo con due teste, una
maschile, una femminile. Siamo però nello stadio della putrefazione: l'ermafrodito
non può evolvere se non subisce altre trasformazioni. Dal corpo in putrefazione si
eleva l'anima maschile lasciando il corpo alla passività femminile; questa anima va
ad impregnarsi, ad essere vivificata, nell'alto del cielo. Vi è ora il lavaggio
spirituale o la purificazione attraverso l'acqua che permette all'anima maschile
impregnata dallo Spirito di ritornare al corpo dell'ermafrodito (gioia dell'anima o
nascita o sublimazione). E' a questo punto che nasce a vita completa l'ermafrodito
che ha le ali che mostrano volatilità. E' la nascita della pietra lunare bianca.
Si passa ora al secondo processo che inizia invertendo i ruoli maschile e
femminile. Passati ad uno stato superiore di purificazione è ora la donna attiva e
l'uomo passivo in una nuova fusione (fermentazione). Un disco solare alato
discende ora nel vaso della trasformazione che contiene il mercurio vivente (la
didascalia dice: Qui il Sole muore ancora ed è coperto dal Mercurio dei Filosofi).
L'anima femminile che va a vivificarsi rappresenta la solidificazione e la pioggia la
moltiplicazione. Il ritorno dell'anima è la resurrezione. E così, si è arrivati alla
nuova nascita dell'ermafrodito a livello ancora più perfetto. E' da notare il gabbiano
sullo sfondo che, beccandosi il petto fa uscire il suo sangue rosso che rappresenta
la riuscita della fusione alchemica (il leone che si intravede è altro simbolo solare).
L'ermafrodito staziona su un serpente a tre teste, l'una che mangia l'altra
simboleggiando la riunificazione di Spirito, Corpo ed Anima.
Passiamo ora alla conclusione che inizia con un leone verde che divora il Sole. La
simbologia dice che abbiamo a che fare con il mercurio filosofico degli alchimisti.
Solo questo mercurio è in grado di penetrare in tutti i corpi e li eleva. Se si mescola
con un altro corpo lo anima, lo illumina e modifica le sue proprietà. Quel Sole è
tutto ciò che con le precedenti trasformazioni e fusioni ha fino ad ora ottenuto
l'alchimista che viene modificato con l’Aqua Regia, l’acido verdastro che solo può
dissolvere l’oro (il vitriol o vetriolo del quale parlerò oltre). Si passa ora al
riconoscimento del buon conseguimento dell'Opus dell’alchimista che riceve una
corona dal Padre (corpo), dal Figlio (anima) e dallo Spirito Santo. Non manca che
l'ultima e più possente resurrezione, quella del Cristo. Il fine del processo è lo
stesso che si proponevano gli asceti del cristianesimo primitivo: liberare i principi
che animano l’essere umano tramite fermentazione e fusione dei corpi sottili.
Da questa opera alchemica prese spunto C. G. Jung per sviluppare le sue fantasie
psicanalitiche.
IL V.I.T.R.I.O.L.
Ho già parlato delle strane formule utilizzate dagli alchimisti ed ho già nella Parte
1, fatto vedere l'immagine della formula del Cancro, la più antica a noi nota. Oltre
a quella vi sono altre formule che hanno avuto, in tempi diversi, notevole
importanza. E' il caso dell'acronimo V.I.T.R.I.O.L. al quale a volte si
aggiungevano le due lettere V.M.. Le iniziali suddette stanno per: Visita Interiora
Terrae Rectificando Invenies Occultum Lapidem (Veram Medicinam), che vuol
dire “Visita l’interno della terra, e rettificando (con successive purificazioni, ndr)
troverai la pietra nascosta (che è la vera medicina)”. Dietro VITRIOL (a volte
rappresentato dal re Duenech) vi è da un lato il procedimento per arrivare al
completamento dell'Opus che non può che partire dal minerale che si trova
all'interno della Terra. D'altro canto vi è una sorta di invito a indagare la propria
anima ed il proprio spirito per purificarsi che è un processo parallelo a quello della
produzione della pietra filosofale. Ritornando al significato letterale vi è ancora
dell'altro da osservare. In epoca rinascimentale vi era un mito molto diffuso che
riguardava la scoperta di qualcosa di ignoto che avesse significati profondi. Una di
tali ambite scoperte era quella di una qualche tomba che contenesse dei
manoscritti. Alcune di queste cose accaddero davvero, altre dettero origine a
leggende e a pure e semplici invenzioni che nel campo dell'alchimia occorre
sempre tenere presenti. Vi è ad esempio il caso del famoso alchimista Basilio
Valentino del quale si scoprì un manoscritto nell’altare della chiesa di Erfurt; ma
ve ne sono altri che ora non è il caso di indagare. Quanto detto mi serve per
introdurre la leggenda della scoperta della tomba di Ermete Trismegisto da parte di
Apollonio di Tiana. In questo sepolcro, che altrove era stato descritto con una
lapide di smeraldo, Apollonio avrebbe trovato un vecchio seduto su un trono che
teneva in mano le famose Tavole smeraldine ed un libro che spiegava i segreti
della creazione e della trasmutazione fino ad arrivare alla Pietra Filosofale. Queste
storie quindi sarebbero legate allo scavare la terra per trovare la tomba nella quale
si trova il grande Hermes, maestro di ogni conoscenza ermetica ed alchemica. Ed è
proprio scavando la terra, con simbolismi che si intrecciano tra loro (cosa eccelsa
per gli alchimisti) che si trova la materia prima dalla quale partire per realizzare
l'Opus Magnum.

Uno dei simboli del V.I.T.R.I.O.L. , uno degli acronimi più in auge e più temuti dagli alchimisti. Da Daniel
Stolcius von Stolcenberg, Viridarium Chymicum , Francfort 1624
Altro simbolo del V.I.T.R.I.O.L. Da Basilio Valentino, Azoth, Francfort 1613
Il VITRIOL è poi anche un sale (ora diremmo acido) che è in grado di sciogliere
l'oro (quel leone verde). E' quindi un potente elemento in grado di provocare le
trasformazioni più elevate, quella, ad esempio, che abbiamo visto nella fusione
precedere appena il momento della resurrezione di Cristo. Più in dettaglio,
riferendoci al primo disegno, troviamo in alto la fusione del Sole (maschio) con la
Luna (femmina) dentro una coppa (acqua), cioè quella dello zolfo e del mercurio
filosofici, sotto l'influsso dei pianeti Marte, Saturno (di color nero come la
putrefazione), Venere, Giove e Mercurio (il quale ultimo ha particolare importanza
perché è messo al centro, proprio sotto la coppa nella quale avviene la fusione di
Sole e Luna; il Mercurio è l'Ermafrodita). Al centro di tutto vi è un cerchio che
dovrebbe rappresentare la pietra filosofale originata anche dai 4 elementi: coppa
(acqua), fuoco (leone), aria (aquila a due teste), terra (la stella a sette punte).
Immediatamente più in basso vi è un globo sormontato da una croce: si tratta del
simbolo del vitriol che penetra nell'interno della terra dove avviene il lavoro di
purificazione. In basso, a sinistra della stella, vi è un cerchio nel quale vi sono 7
piccoli oggetti; essi possono rappresentare i cinque metalli generati dai semi primi
che sono i soliti zolfo e mercurio. In basso, a destra della stella vi è un altro cerchio
nel quale vi sono due anelli intrecciati; essi potrebbero aver riferimento al mito di
Ouroboros o re serpente (da ouro che in copto vuol dire re e ob che in ebraico vuol
dire serpente), il serpente(3) che si mangia la coda (che simbolizza varie cose: la
seconda solidificazione che segue la putrefazione; lo spirito universale che anima
tutto, che ammazza tutto e che assume tutte le forme della natura, ciò che è tutto e
niente; il mercurio poiché sia il mercurio che il serpente si trascinano una coda che
gli serve per mantenere equilibrio; il passare degli anni ed il ritorno all'origine;
origine della tintura filosofica bianca della Luna e di quella rossa del Sole; il ciclo
della natura; il limite dell'oceano nella cosmogonia gnostica; ...). Alla destra ed alla
sinistra dei vari simboli vi sono delle mani benedicenti che indicano la necessità
dell'approvazione divina all'Opus Magnum.
Vediamo ora il secondo disegno. Partendo dall'esterno, il quadrato rappresenta i
quattro elementi. Sullo spigolo in basso a sinistra di esso vi è la terra ed a destra
l'acqua; in alto a sinistra vi è il fuoco (la salamandra) ed in alto a destra l'aria
(l'uccello). Il triangolo dovrebbe rappresentare la terra che ha nei suoi tre vertici le
tre componenti dell'uomo: anima, spirito e corpo. I piedi del corpo dell'alchimista
sono piantati uno nella terra e l'altro nell'acqua mentre una sua mano sostiene una
torcia (fuoco) e l'altra delle vesciche piene d'aria. Nella parte più alta del grande
cerchio che rappresenta l'insieme delle trasformazioni, vi sono un paio di ali
dispiegate che rappresentano la quintessenza. Naturalmente il corpo è nello spigolo
diretto verso il basso mirato sul cubo della terra e verso il basso è diretta anche una
punta della stella a sette punte, quella nera, della putrefazione, di Saturno. Le altre
sei punte della stella riportano gli altri sei corpi celesti. Vi è una numerazione che
indica la successiva maturazione della coscienza, il cammino verso la perfezione.
Tra le punte della stella vi sono sette circoli, dentro ai quali sono rappresentate le
trasformazioni alchemiche necessarie all'Opus che è al centro del disegno, il volto
del Cristo che nelle intenzioni dovrebbe essere un alchimista. La prima
trasformazione è quella della putrefazione che poi, attraverso i processi già più
volte discussi (circolando in verso orario), portano alla resurrezione (osservo che
l'unicorno, che non abbiamo mai incontrato, è uno dei modi per simboleggiare lo
zolfo, il principio mascolino).
LA SCALA DEI FILOSOFI
Agli inizi del 1600, l'alchimista francese Andrea Libavio (che sembra sia stato tra i
primi a seguire metodologie chimiche) si cimentò nello spiegare alcuni dei disegni
più oscuri presentati da suoi colleghi dei secoli precedenti, al fine di costruire il
primo manuale sistematico dei lavori alchimistici. Nel far ciò attaccò duramente
Paracelso accusandolo di essere blasfemo e di praticare la magia nera. Uno dei
disegni oscuri del passato, noto come La scala dei filosofi, è quello riportato di
seguito. Vediamone la spiegazione dopo aver osservato che una immagine simile
apparve anche nella posteriore Philosophia Reformata di Jean Daniel Mylius
(1622).
Da A. Libavio, Commentariorum Alchymia, Tractatus quartus, De Lapide Philosophorum, Francfort 1606
Da Jean Daniel Mylius, Philosophia Reformata, 1622
Nella parte bassa del disegno, indicato con A, vi sono due leoni mercuriali (che
dalla didascalia apprendiamo essere verdi) con una sola testa che vomitano il
solvente verde (mercurio filosofico) che darà inizio al processo di fabbricazione
della quintessenza. E' il simbolo della prima materia estratta dalla miniera che
originerà la Pietra Filosofale. Sui sette gradini della scala di Salomone vi sono 5
leoni per lato (B) che indicano la comune origine dei 5 metalli. I leoni di sinistra
sono solari e quelli di destra lunari. I metalli, mediante le 7 trasformazioni, si
trasferiscono nel Sole (C) e nella Luna (D). In E vi sono un re (zolfo) ed una regina
(mercurio) in un bagno chimico o fontana dei filosofi (il solvente nel quale
vengono uniti lo Zolfo ed il Mercurio filosofici). Tale bagno è una specie di letto
dal quale si genera la stirpe reale. Il re (F) e la regina sono nudi per indicare la
purezza primitiva della materia necessaria per completare l'Opus. Un poco più in
alto vi è un giardino (il mitico giardino delle Esperidi) con un albero che produce
frutti d'oro, l'albero del sole o albero della vita. Coronano il tutto delle stelle d'oro
(G) che simboleggiano i metalli bruciati, la moltiplicazione e l'aumento fino alla
proiezione.
LE FIGURE DI ABRAMO
Uno dei primi alchimisti europei fu un tal Nicolas Flamel (1330-1419?) (4). Il
personaggio e/o quanto si è costruito su di lui meriterebbero uno spazio molto
maggiore dei cenni che vi dedico io. Occorre una premessa prima di passare ad una
qualche sua opera, con la solita avvertenza che è difficile se non impossibile
separare storia da leggenda. Egli nacque in Francia da modesta famiglia che lo fece
studiare ed operò tra Francia e Spagna. Era un mistico e persona devotissima. Vi è

Nicolas Flamel
una leggenda che egli stesso scrive e che è in completo accordo con la tendenza,
già citata, degli alchimisti di rintracciare cose segrete in tombe o, scavando, in
strani luoghi. Flamel racconta l'episodio seguente (che gli era stato premonito in
sogno da un angelo):
Era capitato nelle mie mani, per due fiorini, un libro molto antico e di
grande formato; non era di carta, né di pergamena, come gli altri libri, ma
(così mi parve) di sottile scorza di giovane arbusto. La sua copertina era di
rame sottile ed ornata di strane lettere e figure incise. lo non lo sapevo
decifrare, ma supponevo che fossero caratteri greci o di qualche altra
lingua antica. I fogli di corteccia dell' interno erano coperti di bei caratteri
latini molto chiari che erano stati incisi con una punta d'acciaio e poi
colorati. Il volume conteneva tre volte sette fogli perché così erano numerati
in testa al foglio, il settimo sempre senza scrittura, ma, invece, nel primo
settimo foglio, erano raffigurati due serpenti avvinti insieme intorno ad una
verga; nel secondo, una croce sulla quale era crocifisso un serpente;
nell'ultimo settimo foglio c'era dipinto un deserto in mezzo al quale
zampillavano belle fontane dalle quali uscivano molti serpenti che
strisciavano qua e là. Sul primo foglio era scritto in grandi lettere
maiuscole in oro: «Abraham giudeo, principe, sacerdote, levita, astrologo e
filosofo, alla Nazione giudaica, dall'ira di Dio dispersa fra i Gentili, invia
salute». Dopo di ciò la pagina era piena di grandi maledizioni ed
imprecazioni (ricorrendo sovente la parola maranatha) contro chiunque
avesse gettato lo sguardo su quelle pagine, eccetto che non fosse scriba o
levita.
Ed ecco che si è creato un alone fantastico che invoglia subito a saperne di più. Nel
libro vi era un qualcosa di difficile da comprendere ma Flamel capì che si trattava
di qualcosa di molto importante, come trasformare la materia volgare in oro e
come far emergere lo spirito dal corpo (sembra si trattasse dell'antica ricetta che, a
dire di Flamel, permetteva agli ebrei di fabbricare oro per pagare il tributo agli
imperatori romani). Per comprendere davvero di cosa si trattava occorreva
conoscere l'ebraico perché il libro era in quella lingua ed anche i libri ermetici e la
cabala. Ma di ebrei in Francia non ve n'erano quasi più perché, a seguito di
persecuzioni, si erano rifugiati in Spagna. Fu per questo che Flamel fu tra i
pellegrini che si incamminarono sulla via di Santiago (San Giacomo) di
Compostella per farvi voto. Trovò, dopo lunghe ricerche, un tal Maestro Chances
che lo seguì a Parigi per aiutarlo anche perché entusiasmato dalla vista di quel
libro, l'Asch Mezareph di Rabbi Abraham, che, a suo dire, era scomparso da una
cinquantina d'anni. Seguì un gran lavoro e, si racconta, il 17 gennaio 1382 tramutò
mezzo chilo di piombo in argento ed il 25 aprile ripeté il processo ottenendo oro.
Divenne ricchissimo e dette tutti i suoi beni in beneficenza (ospizi, ospedali,
cappelle, donazioni a sette chiese, restauri di chiese, ...). Questa è la leggenda nella
quale vi è anche il fatto che Flamel avrebbe regalato alla chiesa del cimitero degli
innocenti il bassorilievo illustrato nella figura che segue:

Veniamo ora alle illustrazioni dell'opera di Flamel, Le livre des figures


hierogliphiques d’Abrahm Juif (Parigi)(5), che dovrebbero discendere dal libro
comprato per due fiorini e che hanno una evidente somiglianza con quelle del
portale del cimitero.

L’immagine riprodotta nel libro di Flamel è composta da alcune figure centrali


contornate da un'ogiva che è a sua volta contornata da vari riquadri con differenti
immagini. Iniziando dalla striscia più in basso (e non seguendo l'ordine che Flamel
racconta di aver trovato nel libro), al centro vi sono tre immagini che
rappresentano la strage degli innocenti: un Re che con una spada sguainata in mano
(fig. 3 della serie che segue) dà ordine ai suoi soldati di uccidere dei bambini il cui
sangue (spirito minerale dei metalli) finisce in una tinozza nella quale si bagnano il
Sole e la Luna (fig. 1). Nell'immagine centrale si vedono una donna che supplica
un soldato (fig. 2). A sinistra vi è una piccola immagine (fig. 4) a fianco della quale
vi è il nome di Flamel e quello della sua amata moglie (alcuni credono che dietro
questa presunta moglie vi sia un qualche mistero da risolvere). L'immagine
dovrebbe rappresentare un forno alchemico del quale si vede la griglia in basso. Su
tale griglia si dispongono il matraccio e la scodella per la cottura dell'uovo
filosofico. A proposito di questo disegno, scrive Flamel:
Questo Vaso di terra, in questa forma, è chiamato dai Filosofi, il loro triplo Vaso, perché
al suo interno si trova nel mezzo uno stadio, o un piano, e sopra di esso un piatto o lastra,
piena di tiepide ceneri, all'interno delle quali è posto l'Uovo Filosofale, che è una fiala di
vetro piena di confezioni delle Arti (come del fumo del mar rosso, ed il grasso del vento
mercuriale) che tu vedi dipinto nella forma di una Penna e di un Calamaio. Ora questo
Vaso di terra è aperto sopra per porre nel piatto e la fiala, sotto la quale per mezzo del
passaggio aperto, è posto il fuoco Filosofico, come tu sai. Così tu hai tre vasi; ed il vaso a
tre pieghe: L'invidioso ha nominato un Alambicco, un fuoco, escrementi, Balneum Marie,
una Fornace, una Sfera, il Leone verde, una prigione, una tomba, un orinale, una fiala, e
la testa di un bullone: io stesso nel mio Sommario o Compendio di Filosofia, che ho
composto quattro anni e due mesi fa, alla fine di esso ho perciò indicato questo vaso
come causa prima e l'abitazione del piccolo Pollo, e le ceneri del Piatto grande, la paglia
del piccolo Pollo. Il nome comune è un Forno, che io non avrei mai trovato se Abramo
l'Ebreo non lo avesse dipinto, insieme con il fuoco proporzionabile, ove è racchiusa una
gran parte del segreto. Perché esso è come fosse la pancia, o il seno, contenente il vero
calore naturale per animare il nostro giovane Re: se non sarà misurata con attenzione la
temperatura del fuoco, dice Calid il Persiano, figlio di Iasichus; se esso non sarà reso
docile con una spada, dice Pitagora; se tu darai fuoco al Vaso, dice Morien, e gli farai
sentire il calore del fuoco; esso ti offrirà una cassetta sulla cura, e brucerà i suoi fiori
prima che siano sollevati dalle profondità del suo Midollo, facendoli diventare rossi,
piuttosto che bianchi, e quindi il tuo lavoro sarà rovinato; ed anche se farai un fuoco
troppo tenue, per questo non ne vedrai mai la fine, per via della freddezza delle nature,
che non avrà sufficiente forza per assimilarle insieme. Il calore quindi del tuo fuoco in
questo vaso sarà (come hanno detto Hermes e Rofinus) secondo l'Inverno, o piuttosto,
come dice Diomede, secondo il calore di un Uccello che comincia a volare così
dolcemente dal segno dell'Ariete a quello del Cancro: per sapere che l'Infante all'inizio è
pieno di calda flemma e di latte, e che un calore troppo veemente è nemico del freddo e
della mistura del nostro Embrione, e che i due nemici, così si deve dire, o due elementi di
freddo e caldo non si uniranno mai perfettamente l'uno all'altro, ma a poco a poco,
avendo prima a lungo dimorato assieme, nel mezzo del calore della temperatura del loro
bagno, ed essendo modificati a seguito di lunga cottura, in Zolfo incombustibile Governa
dunque dolcemente con eguaglianza e proporzione, il tuo orgoglio e le altezzose nature,
affinché tu non favorisca l'uno più che l'altro, poiché, in questo caso, loro che sono
naturalmente nemici, cresceranno furiosi contro di te, animati dalla gelosia, e
disseccheranno irascibili, e ti faranno sospirare per molto tempo dopo. Oltre a ciò, tu
dovrai mantenerli perpetuamente a questo calore temperato, il che significa, notte e
giorno, fino al tempo in cui l'Inverno, il tempo della mistura degli elementi, sarà passato;
poiché loro faranno la loro pace, e uniranno le mani per essere riscaldati insieme, ma se
dovessero queste nature trovarsi anche una sola mezz'ora senza fuoco, diverrebbero per
sempre irreconciliabili. Vedi perciò la ragione per cui è stato detto nel Libro dei settanta
precetti: Guarda che il loro calore continui infaticabilmente senza mai diminuire, e che
nessuno dei loro giorni sia dimenticato. E Rafis, la fretta, dice egli, che sia portata con
troppo fuoco, è sempre seguita dal Duello e dall'Errore. Quando l'Uccello dorato, dice
Diomede, diventerà prossimo al Cancro, e da là correrà verso la Libra, allora tu dovrai
aumentare un poco il fuoco. E in modo simile, quando questo giusto Uccello, volerà dalla
Libra verso il Capricorno, che è il desiderato Autunno, il tempo del raccolto, indicherà
che i frutti sono ormai maturi.
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Passando alla striscia superiore, alla base dell'ogiva, troviamo 5 immagini
rettangolari.
La prima (fig. 5) riporta due dragoni (di colori giallastro, blu e nero su fondo blu e
nero) avvinghiati (i veri principi della filosofia). Quello che sta sotto, senza ali, è il
maschile, il solido. Quello con le ali, che sta sopra, è il femminile nero ed oscuro, il
volatile. Il primo rappresenta lo Zolfo (o Caldo e Secco) e l'ultimo Argento Vivo (o
Freddo ed Umido). Sono il Sole e la Luna (o Sorgente Mercuriale ed Origine
Solforosa) che mediante il fuoco continuo si adornano di abiti reali per vincere
ogni cosa metallica, solida, dura e forte quando saranno uniti insieme e trasformati
in Quintessenza. I dragoni sono quelli che gli antichi disegnavano come serpenti
che si mangiano la coda e che sono a guardia del giardino delle Esperidi, il
giardino delle Vergini, che fornisce frutti d'oro. Sono i serpenti avvinghiati nel
caduceo di Mercurio che hanno proprietà di guarire ma anche di far trasformare
Mercurio in ciò che vuole. Sono i serpenti che Ercole ha dovuto uccidere per dare
inizio alla sua Opera. I dragoni non si lasciano mai (se il freddo non l'impedisce) e
si potranno solo uccidere tra loro con il loro morso velenoso dal quale potrà
ricominciare il processo di purificazione, a partire dalla corruzione e putrefazione.
La seconda (fig. 6) mostra un uomo ed una donna vestiti color arancio su un fondo
azzurro e blu con uno striscione. Si tratta di Flamel e sua moglie (Perrenelle) qui a
significare il maschile ed il femminile. Questi corpi sono pronti per la fusione
(l'unione carnale) che darà origine all'ermafrodito che dovrà essere curato per poter
trasformarsi in Quintessenza e le cure saranno proprio date dai due personaggi che
si sono uniti. Nello striscione dell'uomo è scritto: L'uomo andrà al giudizio di Dio;
ed in quello della donna: Certo e quel giorno sarà terribile. E vi è qui l'annuncio
della resurrezione, l'arrivo al colore della perfezione per arrivare al quale occorre
essere puliti da ogni macchia nera e divenire spirituali.
Segue la figura 17 in cui è rappresentato San Paolo con un manto bianco arancio
bordato d'oro ed avente una spada nella mano. Ai suoi piedi vi è un uomo
inginocchiato con un manto arancio, bianco e nero. Lo striscione che ha nella mano
recita: Cancella il male che ho fatto che vuol dire "toglimi il nero da dosso". La
spada nuda è anche splendente e rappresenta la Pietra Bianca (molti alchimisti la
rappresentano in tal modo) mentre la cinta arrotolata intorno alla spada rappresenta
le varie operazioni per arrivare a raggiungerla. Vi è qui un labirinto di
trasformazioni mescolate: vi è la fermentazione, lo sbiancamento, la coagulazione,
il dissolvimento (la N che si nota in alto è l'iniziale di Nicolas).
La figura 7 (che nell'ogiva è disposta sotto la 18) rappresenta, su campo verde, due
uomini ed una donna che risorgono purificati da un bagno e vestiti di biano. Il
fondo è verde perché a questo punto dell'opera la materia è verde. I tre personaggi
che risorgono rappresentano il Corpo, l'Anima e lo Spirito della nostra Pietra
Bianca. E così come Corpo, Anima e Spirito formano un uomo solo, vi è una sola
Pietra Bianca che ha le caratteristiche cercate (e qui vi sono tante cose che si
potrebbero dire ma solo a quelli di animo puro e veri credenti, i cosiddetti iniziati).
La simbologia prevede la resurrezione di Sole, Luna e Mercurio. Levando la testa
in alto si vede (fig. 18) venire il re coronato e resuscitato (che ha vinto la morte)
sorretto da due angeli. E' l'elisir bianco che da questo momento unirà a sé
inseparabilmente ogni natura metallica pura tramutandola nella sua natura
argentata e raffinata e scacciando l'impurezza e l'eterogeneità. Lodato sia Dio per
questo regalo e per poter considerare questo bianco scintillante, più perfetto di ogni
altra cosa dopo l'anima immortale; lodato sia per la Quintessenza, un Argento
purissimo passato nel crogiolo e raffinato sette volte (dice il Profeta David).
La figura 8 riporta due angeli, di color arancio su fondo violetto e blu, che portano
uno striscione su cui è scritto: Risuscitate morti, venite al giudizio di Dio mio
Signore. Si inizia il passaggio dalla Pietra Bianca a quella Rossa e ricominciano le
variazioni cromatiche a partire dal verde e dal blu e non più dal nero. Ora vi sono
le ali perché la materia è volatile e punterà alla perfezione del cielo. E' pura
spiritualità quella che originerà la tintura finale. Si debbono ora fare le
trasformazioni di sublimazione e calcinazione con del mercurio arancio e queste
operazioni saranno permesse solo a chi Dio avrà permesso di conoscere quelle
proprietà che sono nel segno della Bilancia quando è illuminata dal Sole e da
Mercurio nel mese di ottobre.
La figura 19 mostra San Pietro, con una tunica rosso arancio, che ha una chiave
nella mano destra e che tiene l'altra mano su una donna vestita di arancio che è in
ginocchio ai suoi piedi. Nello striscione è scritto: Cristo, vi prego, siate
misericordioso. Si tratta della Pietra (la donna(6)) che chiede due cose al Mercurio
solare dei filosofi (Pietro), la scoperta della Moltiplicazione ed un abito più ricco
(che divenga rosso). E Pietro glielo accorda (la F che si nota in alto è l'iniziale di
Flamel).
La figura 9, su campo violetto scuro, presenta un uomo vestito di rosso
vermiglione che tiene una zampa di un leone alato color rosso lacca con
atteggiamento di rapire e portarsi via l'uomo. I colori mostrano che Pietro ha
esaudito la donna, i suoi vestiti sono cambiati di colore e sono diventati rossi. Ella
è ora come un leone alato che divora ogni natura metallica cambiandola nella sua
vera sostanza, nell'oro più fino che le miniere possano fornire. Questo Leone
prende l'uomo e lo solleva definitivamente da terra liberandolo da ogni bisogno.
Restano solo da discutere le figure dalla 10 alla 15, alle quali ed a questo punto,
siamo più avvezzi.
La figura 10 rappresenta il serpente di bronzo che Mosè inchiodò sulla croce
perché fosse visibile da tutto il popolo per liberarlo dalla piaga che soffriva. E'
simbolo della forza curativa dell'elisir mercuriale o del Cristo crocifisso. Il
serpente, come già accennato, è considerato come il potente re naturale che cura il
mondo intero come un balsamo salino. Ma affinché faccia effetto, il suo corpo
primario e velenoso deve essere fatto a pezzi e lo spirito volatile fissato con un
chiodo d'oro (da A. Eleazar, Uraltes chemisches Werk, Leipzig 1760). Nella figura
seguente vi è un probabile disegno del libro originale di Abramo trovato da Flamel:
La figura 11 rappresenta Mercurio con il caduceo nella mano attaccato da Saturno
(ha una clessidra in testa) con una falce nella mano, come quella della morte, per
tagliare le gambe a Mercurio. Simbolicamente è questo il processo di
coppellazione (mettere in un crogiolo) del piombo (Saturno) argentifero dove le
impurità sono assorbite dal crogiolo poroso e viene liberato l'argento (chiamato
mercurio filosofico, puro ed inalterabile) contenuto nel piombo. Nella figura
seguente vi è un probabile disegno del libro originale di Abramo trovato da Flamel:
La figura 12 rappresenta una collina sulla quale cresce una pianta scossa dal vento
del nord (vento della dissoluzione) che ha tronco blu, fiori rossi e bianchi(7) ( i
successivi stadi bianco e rosso dell'Opera) e foglie lucenti come l'oro. Attorno ad
esso vi sono i nidi di di dragoni (mercurio filosofico) e grifoni del nord (un ibrido
tra aquila e leone cioè tra materia voltile e materia solida). Nella figura seguente vi
è un probabile disegno del libro originale di Abramo trovato da Flamel:
La figura 13 raffigura un giardino nel mezzo del quale vi è un roseto in fiore che
s'intreccia ad una quercia con il tronco scavato. Ai piedi della quercia sgorga una
fontana da cui sgorga acqua purissima che molti cercavano senza vederla perché
non erano preparati a farlo. Solo uno la vede perché ha tenuto conto del peso.
L'acqua che fluisce via dalla fontana rappresenta il flusso ermetico, descritto dagli
alchimisti come acqua pesante o acqua che non bagna le mani (caratteristica
dell'ordinario mercurio, ndr). Nella figura seguente vi è un probabile disegno del
libro originale di Abramo trovato da Flamel:

La figura 14 rappresenta (di nuovo) la strage degli innocenti con il sangue dei
bambini (principio minerale) che viene versato in una tinozza per dare alimento al
Sole (Zolfo) ed alla Luna (Mercurio). Le figure in ginocchio sono delle madri
piangenti ed imploranti. Nelle figure seguenti vi sono due probabili disegni dello
stesso episodio tratte dal libro originale di Abramo trovato da Flamel:
La figura 15 rappresenta due serpenti (il mascolino ed il femminino) che si
divorano mutuamente vicino ad una verga. I serpenti rappresentano la rotazione
ciclica della distillazione e condensazione e la verga è quella che , con i due
serpenti, costituisce il caduceo di Mercurio. Quando i due serpenti si sono divorati
mutuamente, mediante la putrefazione, perdono il loro aspetto naturale per
acquisirne uno più nobile.
La figura 16 rappresenta dei serpenti che vagano in una collina deserta dalla quale
scende, biforcandosi, un corso d'acqua lunare pura, antica materia all'origine di
tutte le cose. Si tratta della pericolosa via secca che parte dal caos primordiale; a
questa via occorre sostituire la via umida che parte dalle zolle di terra nera, pesante
e bianca. I serpenti (mercurio) che si trovano sulla via secca sono velenosi ma
quando, dopo aver attraversato i corsi d'acqua, saranno saliti varie volte (le diverse
trasformazioni) in cima alla collina (che rappresenta un alambicco dentro cui si
compiono le varie trasformazioni) diventeranno fiori medicinali. Nelle figure
seguenti vi sono due probabili disegni dello stesso episodio tratte dal libro
originale di Abramo trovato da Flamel:
UN ALCHIMISTA MITICO MA SCONOSCIUTO
Ho già detto dell'uso degli alchimisti di creare del mistero intorno alle loro opere
ed alle loro persone. E' il caso di Basilio Valentino, un alchimista di circa due
secoli posteriore a Flamel. Il nome di tale alchimista è uno pseudonimo che
significa Re potente dietro al quale non sappiamo chi ci fosse. Di certo era un frate
benedettino vissuto probabilmente tra la fine del XIV secolo e gli inizi del XV che
operava in Germania nella confraternita di San Pietro di Erfurt. Secondo racconti
degli inizi del XVIII secolo (J.J. Manget nell’opera Bibliotheca Chemica Curiosa
del 1702) i suoi libri sarebbero stati scoperti casualmente nel XVI secolo quando
un fulmine aprì una breccia in una colonna della Chiesa di Erfurt. Ed anche qui si è
costruita la leggenda che fa scoprire segreti nascosti. Come Flamel, anche Basilio
fece pellegrinaggio a Santiago de Compostela e viaggiò in Belgio ed Inghilterra.
Le sue opere iniziarono ad essere pubblicate nel 1599 (Eisleben) e, a lato della
classica alchimia, si intravedono conoscenze metallurgiche e chimiche(8) (questo
aspetto che tratta dei rapporti tra alchimia e chimica lo tratterò in un capitolo a
parte). Ma qui vi furono nefaste interferenze e manipolazioni dell'editore, Johann
Thölde di Hesse, denunciate addirittura da Leibniz. Da notare che Valentino fu,
precursore di Paracelso, l'alchimista che introdusse il Sale come terzo principio a
lato di Zolfo e Mercurio.
Una delle opere alchemiche più famose di Valentino è Le dodici chiavi della
filosofia che ebbe varie edizioni, che differiscono tra loro per delle manipolazioni
che tendevano a semplificare alcuni disegni(9). Nel 1618 Michael Maier ne presentò
una versione latina che incluse nel suo Tripus Aureus e che corredò con delle
incisioni attribuite a Mérian. La versione latina di Maier venne poi ristampata nel
1678, inserita nella seconda edizione del Musaeum Hermeticum ed in seguito nella
Biblioteca di Manget del 1702. Riporto di seguito i disegni delle dodici chiavi (1618) e passerò poi ad illustrarli.

La chiave 1 mostra la coppia fondamentale dell'alchimia nel suo simbolismo noto:


il principio femminile o mercurio (che ha nella mano destra un mazzo con tre fiori
ed a sinistra un piumino fatto con una coda di pavone) ed il principio maschile o
zolfo (che porta nella mano destra un bastone). In primo piano a sinistra vi è un
lupo che salta sopra un crogiolo (la via secca); a destra un vecchio con una falce
che minacciosamente si avvicina ad un uovo che è sul fuoco. Il mazzo di fiori che
ha nella mano il mercurio femminile rappresenta la calce che è indispensabile per
ottenere il mercurio filosofico; la falce rappresenta la lira d'Orfeo che tranquillizza
e calma gli animi selvaggi (riferimento all'attenzione che si deve avere per il grado
di calore del fuoco). In definitiva il tutto simbolizza la produzione di mercurio
attraverso il solfuro d'antimonio.
La chiave 2 mostra il Mercurio alato (volatile) con due caducei che deve essere
ridotto. Allo scopo la falce gli farà perdere le ali. La cosa ha anche altra lettura. Lo
sposo, l'oro, si purifica attraverso due materiali antagonisti (i due duellanti). Il
duellante di destra, che ha un'aquila nella spada, rappresenta il sale di ammoniaca e
quello di sinistra, con il serpente nella spada, rappresenta il nitrato. Il mercurio
filosofico che sta al centro (Mercurio con i due caducei) simbolizza il prodotto
della distillazione di ambedue (sale di ammoniaca e nitrato), il bagno minerale nel
quale si dissolverà la sposa durante gli sponsali.
Nella chiave 3, in primo piano vi è un dragone alato che probabilmente simbolizza
il solfuro d'antimonio, una delle materie prime. La volpe ed il gallo simbolizzano il
fisso ed il volatile che agiscono nella terza fase del processo. Il castello in fondo
rappresenta il forno che ha nel bosco la materia prima. Basilio Valentino dice che
si tratta di ritirare al re (l'oro) la sua anima, il suo zolfo. Questo zolfo è la volpe che
ha fissato la gallina mercuriale ed è volatilizzato dal gallo che la divora.
La chiave 4 rappresenta la putrefazione, cioè la dissoluzione dei corpi nel bagno
degli astri (Mercurio filosofico) ottenuto per la via secca. Lo scheletro ricorda il
fatto che la cenere di ossa (nero animale) è necessaria per preparare la crema di
tartaro.. Non vi può essere resurrezione se prima non si passa attraverso la morte
con il fuoco (la candela) e nella cenere si trova il sale della gloria (la croce sul
"cubo" della bara rappresentano il sale di tartaro) che porta una nuova vita (il
tronco d'albero che dovrebbe essere in fiore, così dice Valentino). Il pavone sul
campanile della chiesa annuncia la fase della policromia.
La chiave 5 rappresenta il momento in cui occorre passare al forno per la via secca
(circa 1300 °C) e far sviluppare l'Embrione (lo Zolfo filosofico). Il principio
femminile porta sulle spalle una grande bisaccia molto carica che ha la stessa
forma del piumino fatto con una coda di pavone che ha in mano il principio
femminile della chiave 1. Il mazzo di fiori (albero solare) s'è moltiplicato, simbolo
del prossimo avvicinamento dello Zolfo alla resina dell'oro. I fiori sono ora sette ed
hanno come radice un cuore (anima della pietra). Il giovanetto (Cupido), bendato a
simbolo della cecità dell'amore, che è nell'atteggiamento di lanciare la freccia
d'argento simbolizza la velocità con la quale occorre fare il primo intervento, se i
principi dell'Opus sono vicini alla congiunzione. Sembra l'allegoria della
formazione dell'ottone (materia composta da oro ed argento crudi, volatili e pieni
del nero della putrefazione, chiamato anche Ventre di Saturno, da cui Venere fu
generata).
La chiave 6 è il matrimonio reale tra la umida regina Mercurio ed il secco Re
Zolfo, celebrato da un vescovo che rappresenta il sale del fuoco. L'arcobaleno
indica che la materia va seccandosi ed anche che iniziano a cambiare i colori. Sulla
destra, Nettuno (che simbolizza l'acqua) prepara il bagno mercuriale nuziale.
L'acqua si aggiunge alla miscela per ottenere la crema di tartaro.
Nella chiave 7 entriamo nel regno dell'allegoria del regno del fuoco (spada e
bilancia). E' necessario che l'alambicco sia ermeticamente sigillato perché non esca
fuori acqua spirituale rappresentata come un triangolo di fuoco inscritto nel
quadrato del Sale. Il Sale dei saggi si ottiene estraendo dal sale del corpo lo zolfo
coagulante in modo che la sua parte interna divenga esterna. La figura sottende
anche il simbolo dei pesi della natura (la bilancia) ma anche quello della giustizia e
quindi di Giove. La spada invece rappresenta il primo agente, quello che permette
di ottenere l'umido radicale metallico. La parola CHAOS che è scritta nella corona
circolare può essere interpretata in due modi: caos iniziale e cioè materia prima
allo stato confuso o secondo caos, quello che segue la dissoluzione dei corpi
(putrefazione). Le quattro stagioni scritte intorno al quadrato simbolizzano i gradi
delle temperature di regime. L'acqua è inscritta nel simbolo del fuoco traducendo il
doppio carattere di acqua ignea o di fuoco che non bagna le mani: è il leone verde
o dissolvente universale.

Nella chiave 8 la croce ed il quadrato del sepolcro formano il simbolo del sale
tartarico. dell'acido tartarico il cui spirito sublima tutti i metalli. Le croci in
secondo piano indicano la fermentazione del mercurio con il proprio zolfo . Così si
arriva alla fine all'oro . In ultimo piano vi sono degli arcieri che si esercitano su un
bersaglio; essi ci ricordano l'attività di setacciare i corpi al fine di separare le parti
più grossolane. In un piano intermedio vi è l'uscita dalla tomba insieme ad un
cespuglio molto rigoglioso: è la fase dell'accrescimento e della moltiplicazione. In
primo piano, a sinistra, il personaggio simbolizza la semina metallica o resina
d'oro. A destra vi è l'angelo dell'annunciazione che, per tradizione, simbolizza
sempre l'animazione del Mercurio. Al centro il simbolo di Venere rovesciato,
rappresenta la terra (allumino, silice) allo stesso modo che il trisolfuro d'antimonio.
Quanto alle croci disseminate esse simbolizzano, come già accennato, lo Zolfo
Vivo. Tornando al bersaglio, esso è colpito da sette frecce che simbolizzano i
metalli e di queste frecce solo una ha centrato il bersaglio. La chiave situata sul
bersaglio agisce solo quando l'alchimista, mediante la sua arte, arriva a capire il
meccanismo che gli permetterà di aprire la famosa entrata al palazzo del re.

La chiave 9 è un simbolo piuttosto complesso e comunque diverso da quanto più o


meno ordinariamente si può associare e capire. Il disegno rappresenta la fase
cromatica dell'Opus, che è anche chiamata coda di pavone. Ha luogo sotto
l'influenza di Venere nel segno della Bilancia e dice che la materia passa
lentamente allo stato secco. Il triplo Ouroboros rappresenta le tre materie
primordiali (Mercurio, Zolfo, Sale) e le tre principali fasi dell'Opus. L'insieme
della figura (un cerchio in basso ed una croce su di esso) vuole indicare
l'antimonite della prima materia cosmica. Si ha cioè la coppia Zolfo-Mercurio e la
ridistillazione filosofica che corrisponde al progressivo arricchimento in Zolfo del
principio femminile durante la Grande cottura. Si notino una fenice, un cigno ed un
corvo: l'ultimo è sinonimo di putrefazione; la fenice è sinonimo di germinazione e
corrisponde al rendere di nuovo crudo un materiale; il cigno corrisponde invece al
leone verde. Vi è infine il pavone sotto i piedi della figura femminile che
rappresenta, come accennato, il simbolo dell'inizio della fase cromatica. Nel suo
insieme questa è la fase della rotazione dei composti.
Arrivamo alla complessa chiave 10. Vi è di nuovo il simbolo dell'acqua dentro il
quale è inscritta una corona circolare. Ai tre angoli del triangolo vi sono i simboli
dello Zolfo, della Luna e del Mercurio. L'iscrizione che si trova ai bordi esterni
dice: Sono nato da Ermogene. Iperion mi ha scelto. Senza Iamshup sono costretto
a morire. Ermogene è uno strano nome che dovrebbe significare generato da
Mercurio ma che può semplicemente essere il Mercurio. Iperion, padre del Sole, ha
relazione con lo Zolfo rosso o tintura: è lo Zolfo che torna allo stato primitivo a
diventare oro alchemico. Il nome Iamsuph è invece ancora un rebus che forse può
essere risolto alla luce delle singole lettere ebraiche(10). Una semplice soluzione è
quella di dividere la parola in due Iam Suph. In tal caso, in ebraico, si ha il
significato letterale di Mare Rosso o, meglio, Mare di Rose o meglio ancora
Dragone Rosso e quindi Mercurio da cui si inizia l'Opus, come dice il resto della
frase che accompagna il nome Iam Suph (ma vi sono ance molti significati ricavati
dalla Bibbia: Mosè che lascia l'Egitto è la fase nera; poi piano piano, per assonanza
con ciò che accade, si ritrovano le varie fari del processo alchemico. Insomma
siamo alle solite con superstizione e religione che si intrecciano facendo perdere di
vista i dati della natura). Il testo ebraico che si trova al di sopra dei simboli dei
pianeti probabilmente è la trascrizione dei segni dello zodiaco e di combinazioni
numeriche (sotto il simbolo del Sole potrebbe esservi il numero dei giorni
dell'anno; sotto il simbolo della Luna vi è il numero dei segni dello Zodiaco; sotto
il simbolo di Mercurio vi è il numero dei giorni del mese lunare; all'interno della
corona circolare potrebbero esservi alcuni segni zodiacali e corpi celesti
riconoscibili da ciascuna lettera: Hét = cancro  , Bét = Luna-Saturno, Ayin =
Capricorno , Tét = Leone .
La fase 11 raffigura il combattimento tra il leone rosso ed il leone verde. Sembra si
abbia un passaggio per transizione successiva dal Leone verde al rosso. Quasi si
voglia indicare il cambiamento della forma di una sostanza, come ad esempio la
trasformazione in cristallina di una sostanza amorfa. A sinistra vi è il leone
maschio ed a destra quello femmina. In un piano posteriore vi è un cavaliere che è
pronto, al momento opportuno, a colpire con la spada, quasi a togliere l'allegria. Si
tratta di togliere le incrostazioni dal dragone impuro in modo da riportarlo alla sua
origine di pietra bianca (ecco come viene fuori l'opera della pirite vetriolica,
segreto del dragone babilonese). Qui risiede il vero Sale dei filosofi sotto la
materia doppia dove la stella ed il fiore compaiono e scompaiono alternativamente,
nascondendo, con il loro ritmo nell'alternarsi, la prossima nascita di questo cuore di
leone situato nel cielo nella costellazione del Leone: è il piccolo re dell'Opus, detto
anche BasileuV (leggi: Basileus, che è poi il nome di Basilio Valentino che trova il modo di firmarsi in questa
penultima chiave). Con le parole di Lull (altro alchimista medioevale) possiamo descrivere questa chiave:
Bisogna capire che il Mercurio non è che un Misto formato da un corpo fornito di
un'Anima che si presenta all'inizio vestito in modo poco glorioso di stracci sordidi; in un
primo tempo questa Anima, amorfa sia in senso proprio che figurato del termine, deve
essere depurata, operazione che si realizza nel solvente. E questa depurazione esige la
dissoluzione che si effettua sotto l'effetto del primo agente (il cavaliere che brandisce la
spada). A questo stadio dell'Opus, le materie formano un Misto, le loro nature sono
intimamente legate ed uno non saprebbe distinguere il maschile e femminile, dove nasce
tale ambiguità, dove si trova l'Anima, dove vengono fuori successivamente il Sole e la
Luna
La chiave 12 è un disegno che ho già riportato nella prima parte ma che qui assume
significati più pregnanti. Quando si uniscono il leone (Sole) ed il serpente (Luna),
la pietra raggiunge la sua perfezione.. Nonostante ciò, per potersi riprodurre e
portare i frutti del mercurio deve essere scaldata in un crogiolo con tre parti di oro
purificato e farla fermentare. La botte in fiamme simbolizza il tartaro a partire dal
quale si fabbrica la crema di tartaro. Questa crema dovrà essere idratata prima di
essere messa in un contenitore per la fusione con del salnitro, prima di arrivare al
sale bianco del potassio puro. La calce, simbolizzata per il vaso con i due fiori,
servirà allora per la formazione della potassa caustica. Il Sole e la Luna potranno
allora subire la prova del bagno di astri. L'ultimo mistero è la bilancia simbolo
della conoscenza dei pesi di natura. Quanto ai recipienti sistemati sulla mensola,
essi simbolizzano i quattro elementi (da destra a sinistra: terra, acqua, fuoco, aria).
La botte rappresenta la fornace dei filosofi e l'origine di uno dei costituenti del
fuoco segreto per la via secca e per una delle possibilità di ottenere l'arcano
duplicato (ma si possono scegliere altre strade.
Ho portato a termine le dodici chiavi di Basilio Valentino con molta fatica e sono
convinto che la comprensione dello scritto, qua e là sia del tutto manchevole.
Certamente lo è stata per me. Alcune cose sono di un certo autore e l'idea di
cogliere ogni significato rasenta l'impossibilità. Tanto più, come ho accennato
nell'ultima chiave, ogni simbolo era legato ad una operazione di combinazione
chimica con tutti i problemi legati alle quantità relative, ai tempi ed alle
temperature. Chiaro che tutto questo non si mette facilmente in geroglifici ed
altrettanto facilmente si possa sperare di capire di cosa si tratta. Coloro che hanno
dedicato la vita a capire tali simboli, ne escono con quasi un cammino a ritroso
partendo da alcuni dati della chimica moderna. ma spesso, anche loro, alla fine
dell'interpretazione dicono che si tratta di sole ipotesi. E' utile, per capire le gravi
difficoltà in cui ci si dibatte, riportare una frase dello stesso Basilio Valentino:
Tutto questo sembrerà incomprensibile a molti e certamente porrà parecchi
interrogativi alla mente degli uomini ... Poiché la sostanza è alla portata di
tutti ed è solo questo il modo per conservare la differenza voluta da Dio tra
ricco e povero.
Chiaro, no ? Lo stesso Valentino si era reso conto di essere andato troppo in là con
i suoi segreti, indovinelli, simbolismi, allegorie, fantasie. Ed ognuno aveva le sue
di fantasie così che la ricostruzione non può avere una ricostruzione razionale di
pensiero e, se non è possibile rendere ripetibile una qualunque manipolazione, la
cosa non rientra in ambiti scientifici. Ciò che si tenta a posteriori di fare è ricercare
quali pratiche sono poi servite o sono state utilizzate per lo sviluppo della chimica
ed è quello che farò in un prossimo capitolo non prima però di aver trattato in
breve dei rapporti tra alchimia e religione, cosa che farò nel prossimo capitolo.

NOTE
(1) La teoria del flogisto fu elaborata dall'alchimista medico tedesco Johann
Joachim Becher (1635-1682) nella sua Physica subterranea (1667). Secondo
Becher, l'aristotelica terra era distinguibile in tre terre distinte: la vetrificabile o
fusibile o petrosa, la infiammabile o pingue e la mercuriale o fluida, approssimabili
ai tre principi di Paracelso, sale (proprietà della solidità), zolfo (proprietà
dell'infiammabilità), mercurio (proprietà della fluidità). La teoria di Becher fu
sviluppata dal suo allievo Georg Ernst Sthal (1660-1734).
Il flogisto era ritenuto responsabile della combustione e della calcinazione. Ogni
sostanza combustibile doveva essere composta da flogisto e cenere; mentre ogni
sostanza ossidabile o calcinabile, come i metalli, doveva essere costituita da
flogisto e calce o ossido. In questo ultimo caso, durante la calcinazione
(ossidazione) si libera il flogisto volatile e rimane la calce fissa. Analogamente,
durante la combustione, si libera il flogisto, rimanendo la cenere. Sembra chiaro
che il flogisto è inteso come una sostanza e quindi dotata delle proprietà materiali
delle sostanze tra cui il peso. Occorreranno i lavori di Lavoisier (conservazione
della massa) per mostrare l'erroneità di tale teoria: pesando un materiale e poi lo
stesso scaldato il peso non varia.

(2) Vi è anche un'altra particolare considerazione da fare relativamente, ad


esempio, a Giove e Saturno; se si osservano i rispettivi simboli si scoprirà che
somigliano ai numeri 4 e 5 della numerazione araba che veniva introdotta in
Occidente, che sono proprio i pianeti 4 e 5 del sistema aristotelico-tolemaico. I
pianeti furono comunque sempre rappresentati con le immagini delle divinità di cui
portavano il nome, accanto alle quali si usava però collocare lo strumento
distintivo della loro potenza; così Giove è raffigurato con l'aquila (la
rappresentazione è dubbia e qualcuno nel simbolo vede un fulmine e qualcun altro
la lettera greca iniziale del nome greco di Giove, cioè Zeus), Saturno con la falce
, Marte con lo scudo e la lancia (ma anche con una simbologia fallica),
Mercurio col caduceo e Venere con lo specchio (ma anche con il simbolo
della croce egizia che indica la divisione tra il basso Egitto - sotto la barra
trasversale - e l'alto Egitto - sopra la barra - che è zona del delta del Nilo, zona
estremamente fertile).
(Alcune notizie sono tratte da: Guido Horn d'Arturo - Numeri arabici e simboli
celesti, www.bo.astro.it/~biblio/Horn/Horn_page/arabi.html).
Riporto di seguito l'elenco di vari simboli alchemici perché indicativamente aiutino
a capire alcune immagini:

Terra - Fuoco - Acqua - Aria - Venere, Lucifero - Zolfo [Zolfo sublimato o


disciolto] - Animo [Mercurio : Mercurio filosofico o doppio Mercurio, solvente dei
Saggi] - Esagramma di Salomone [Acqua ignea ou Fuoco d'acqua] - Terra fissa -
Anima - Anima consurgens [sublimazione dell'animus o del Mercurio] - Azoto -
Sale - IoV [Calce metallica] - Stella - Flos - Stibina - Sole - Luna - Toro [Rebis] -
Arco - Arès, Marte, Vitriol - Zafferano d'allume [calce di terra fissa dell'allume] -
Alcale fisso sublimato [Nettuno] - Luna mercuriale - Zeus, Giove - Cronos,
Saturno, Piombo - Nigredo [Sole nero] - Opposizione - Luna decrescente [in
aurorae tempore] - Sole Ares - Luna di Venere - Sale Amon - Stella cum cruce - IoV
cristou [calce mercuriale] - Aurea stibi - Antimonio [ antimimon] - Vitri oleum -
AZOTH [qeioV] - Animus - Salnitro - Translatio [transfert] - Cogitare [proiezione] -
Albatio - Aes ustum - Zolfo «azoqué ».
(3) Il serpente ha per secoli rappresentato un simbolo alla base di molte culture del
passato. Ad esempio, il serpente di Mosè rappresenta tutti i poteri magici. In una
lamina di un codice greco del secolo XI il serpente è alla base della fabbricazione
dell'oro da parte di una alchimista di nome Cleopatra del secolo IV d.C.:
In basso a sinistra si vede Ouroboros ed in alto a sinistra, nei cerchi concentrici si
legge: L'Uno è il tutto, tutto sta in lui, tutto è per lui. Il serpente è l'Uno; possiede
due simboli, quello del bene e quello del male. Vale forse la pena dire qualcosa in
più rispetto a quanto accennato: nell'antichità l'Alchimia era condannata sia dal
potere civile che da quello religioso poiché si era diffusa la credenza che essa fosse
stata insegnata all'uomo dagli angeli caduti dal cielo.
Questi simboli sono così suggestivi che anime semplici li usano per riempire il
nulla che è sedimentato in esse. Faccio un solo esempio (oltre a quelli noti dei
cultori della Cabala ebraica e della massonerie). Nel 1875, a New York, una
immigrata russa, Helena P. Blavatsky (1831-1891) fondò una società che chiamò
Teosofica e che ebbe un discreto successo. Nei piani della signora vi era di mettere
insieme scienza, filosofia e religione, come antesignana della New Age. Non mi
interessa molto dire di più su questa società ma è utile vedere quale era il suo
simbolo:

Qui abbiamo una vera e propria marmellata fatta da: un Ouroboro occidentale che
racchiude il tutto mediante il sigillo di una svastica orientale (in India, ad esempio,
la svastica, che differisce da quella tragicamente nota per il verso di rotazione, è un
simbolo di pace ed amore; ndr). Al centro campeggia la stella a sei punte di di
David in cui è iscritta la croce egiziana che indica l'unione tra il basso e l'alto
Egitto.
La cosa non è del tutto inventata se simboli analoghi furono costruiti nell'antichità:
Da A. J. Kirchwegwr, Annulus Paltonis (Aurea Catena Homeri), 1781
Riguardo al ritorno della Stella di David su fatti esoterici la cosa è dovuta al fatto
che una parte importante della cultura ebraica è esoterica. Mi ripropongo in futuro
di scrivere qualcosa a proposito della Cabala che è altro esoterismo di matrice
ebraica. Riporto una sola figura dove si può intuire l'importanza della Cabala ed il
suo mescolarsi con ogni esoterismo:
Da S. Michelspacher, Cabala, Augsburg 1616
(4) Notizie su Flamel si trovano in: http://www.duepassinelmistero.com/Nicolas
%20Flamel.htm
(5) Il libro viene attribuito a Flamel ma alcuni studiosi lo postdatano di duecento
anni. Ad esempio, Claude Gagnon nel suo “Flamel sous investigation” (Editions le
Loup de Gouthiers, Quebec, 1994) ha creduto di scoprire che in realtà il libro,
ritenuto del XIV secolo, sia da postdatare al XVII. Il Libro delle figure
geroglifiche, redatto da Arnauld de Cabalerie fu infatti scritto da Beroalde de
Verville nel 1612 (i nomi sono degli anagrammi imperfetti l'uno dell'altro). Chi
volesse può approfondire in www.duepassinelmistero.com/Nicolas
%20Flamel.htm. Insomma vi sono molte fantasie su questo mitico alchimista del
quale però si conoscono molte cose certe: dove è situata la sua casa, alcuni graffiti
sulle sue pareti, la sua tomba (che fu trovata vuota), ... Di tutto questo si parla in :
http://hdelboy.club.fr/fig_hier.htm#PREMI%C8RE+FIGURE
(6) E' interessante capire perché è una donna a chiedere qualcosa a Pietro. In linea
di principio a questo punto uomo, donna, angelo sono tutti equivalenti perché ora
siamo alla completa spiritualità. Ma dice Flamel che la donna è più appropriata
perché il desiderio della Moltiplicazione è più proprio a lei.
(7) I colori possono essere quelli reali ma anche quelli che indicano a quale fase
del Processo ci si trova. Inoltre possono indicare la temperatura del forno: calor
rosso (bassa temperatura) calor bianco (alta temperatura).
(8) Usò per primo l'antimonio come medicamento e scrisse un'opera intitolata Il
carro trionfale dell'antimonio in cui, oltre a illustrare la storia di questo elemento,
spiega come preparare lo spirito di sale (acido cloridrico), come ottenere
l'acquavite distillando il vino o la birra e come estrarre il rame dal suo solfuro.
Anche l'Alografia, o Trattato sui sali, parla di molti interessanti fenomeni chimici.
(9) Come esempio riporto la chiave n° 10 nell'edizione del 1618 e nell'edizione del
1677:

Edizione 1618
EL DEMIURGO HIPERVÍNCULO \l "nasterisco"(*)

Cap. I, Parte I, de Mélanges, Gallimard, París, 1976. No publicado aún en castellano.


I
Hay unos cuantos problemas que constantemente han preocupado a los hombres,
pero el que se ha presentado generalmente como más difícil de resolver es el del
origen del Mal, con el que han topado, como si fuera un obstáculo infranqueable, la
mayoría de los filósofos y sobre todo los teólogos: "Si Deus est, unde Malum? Si
non est, unde Bonum?" . Este dilema es, en efecto, insoluble para
HIPERVÍNCULO \l "n1"( 1 )

aquellos que consideran la Creación como la obra directa de Dios, y que, en


consecuencia, están obligados a responsabilizarle del Bien y del Mal. Se dirá sin
duda que esta responsabilidad es atenuada, en cierta medida, por la libertad de las
criaturas; pero, si las criaturas pueden escoger entre el Bien y el Mal, es que uno y
otro existían ya, al menos en principio; y si las criaturas son susceptibles de
decidirse a veces en favor del Mal en lugar de hacerlo siempre hacia el Bien, es
que son imperfectas. ¿Cómo entonces Dios, si es perfecto, ha podido crear seres
imperfectos?
Es evidente que lo Perfecto no puede engendrar imperfección, ya que, si esto fuera
posible, lo Perfecto debería contener en sí mismo lo imperfecto en estado
principial, con lo que dejaría de ser lo Perfecto. Lo imperfecto no puede entonces
proceder de lo Perfecto por vía de emanación; entonces no podría resultar más que
de la creación "ex nihilo", ¿pero cómo admitir que algo pueda proceder de la nada,
o, en otros términos, que pueda existir alguna cosa carente de principio? Por otra
parte, admitir la creación "ex nihilo" sería admitir el aniquilamiento final de los
seres creados, ya que lo que ha tenido un comienzo debe también tener un final, y
no hay nada más ilógico que hablar de inmortalidad en tal hipótesis. Pero la
creación así entendida es un absurdo, puesto que es contraria al principio de
causalidad, que es innegable para todo hombre sincero y medianamente razonable,
con lo que podemos decir al igual que Lucrecio: "Ex nihilo nihil, ad nihilum nihil
posse reverti."HIPERVÍNCULO \l "n2"( 2 )

No puede haber nada que carezca de principio; pero ¿cuál es este principio?, y, en
realidad ¿no hay más que un Principio único de todas las cosas? Si se considera el
Universo total, es evidente que contiene todas las cosas, puesto que todas las partes
están contenidas en el Todo. Por otro lado, el Todo es necesariamente ilimitado, ya
que, si tuviera un límite, lo que hubiera más allá de este límite no estaría
comprendido por el Todo, siendo esta suposición completamente absurda. Lo que
carece de límite puede ser llamado Infinito, y como lo contiene todo, es el
principio de todas las cosas. Por otra parte el Infinito es necesariamente "uno",
porque dos Infinitos que no fueran idénticos se excluirían el uno al otro; resultando
de esto que no hay más que un Principio único de todas las cosas, y este Principio
es lo Perfecto, pues el Infinito sólo puede ser tal si es lo Perfecto.
Así lo Perfecto es el Principio supremo, la Causa primera, que contiene todas las
cosas y las ha producido todas; pero entonces, puesto que no hay más que un
Principio único, ¿de dónde salen todas las oposiciones que normalmente se
consideran en el Universo: el Ser y el No-Ser, el Espíritu y la Materia, el Bien y el
Mal? Nos encontramos aquí con la misma pregunta del comienzo, y ahora
podemos formularla de una manera más general: ¿cómo ha podido la Unidad
producir la Dualidad?
Algunos han creído que debían admitir dos principios distintos, opuestos el uno al
otro, pero esta hipótesis está descartada por lo dicho anteriormente. En efecto,
estos dos principios no pueden ser ambos infinitos, pues entonces se excluirían o se
confundirían; si sólo uno fuera infinito, éste sería el principio del otro; y, si ambos
fueran finitos, no serían verdaderos principios, ya que decir que aquello que es
finito puede existir por sí mismo, es admitir que algo puede salir de la nada, puesto
que todo lo finito tiene un principio lógico si no cronológico. En este último caso,
en consecuencia, uno y otro, siendo finitos, deben proceder de un principio común,
que es infinito, lo que nos vuelve a llevar a la consideración de un Principio único.
Además, muchas doctrinas que observamos como dualistas, no lo son más que en
apariencia; en el Maniqueísmo, como en la religión de Zoroastro, el dualismo no es
más que una doctrina puramente exotérica, cubriendo una verdadera doctrina
esotérica de la Unidad: Ormuz y Ahrimán son los dos engendrados por Zervané-
Akérêné, y deben fundirse con él al final de los tiempos.
La Dualidad es entonces necesariamente producida por la Unidad, puesto que no
puede existir por sí misma; ¿pero cómo puede ser producida? Para comprenderlo
debemos considerar primeramente a la Dualidad bajo su aspecto menos particular,
que es la oposición del Ser y del No-Ser; por otra parte, puesto que uno y otro
están forzosamente contenidos en la Perfección total, es evidente, en principio, que
esta oposición no puede ser más que aparente. Entonces valdría más hablar
únicamente de distinción; pero ¿en qué consiste esa distinción?, ¿existe, en
realidad, independientemente de nosotros, o no será simplemente más que el
resultado de nuestra forma de ver las cosas?
Si por No-Ser no entendemos más que la pura nada, es inútil seguir hablando, pues
¿qué podemos decir de aquello que no es nada? Pero otra cosa distinta sería
considerar al No-Ser como posibilidad de ser; con lo que el Ser sería la
manifestación del No-Ser y, entendido de este modo, el Ser estaría contenido en
estado potencial en el No-Ser. La relación entre el No-Ser y el Ser es entonces la
relación entre lo no-manifestado y lo manifestado, y podemos decir que lo no-
manifestado es superior a lo manifestado, puesto que es su principio, ya que
contiene en potencia todo lo manifestado más lo que no es, ni jamás ha sido, ni
jamás será manifestado. Al mismo tiempo, vemos aquí la imposibilidad de hablar
de una distinción real, ya que lo manifestado está contenido en principio en lo no-
manifestado; sin embargo no podemos concebir lo no-manifestado directamente,
sino únicamente a través de lo manifestado. Esta distinción existe pues para
nosotros y sólo para nosotros.
Si es así concebida la Dualidad en cuanto a la distinción entre Ser y No-Ser, con
mayor razón debe serlo igualmente en sus demás aspectos. Con esto vemos el
carácter ilusorio de la distinción entre Espíritu y Materia, sobre la que se han
edificado -sobre todo en los tiempos modernos- gran cantidad de sistemas
filosóficos, como si se tratara de una base inquebrantable; y desapareciendo esta
distinción, de tales sistemas no queda nada. Además, podemos resaltar de paso que
la Dualidad no puede existir sin el Ternario, ya que si el Principio supremo, al
diferenciarse, da nacimiento a dos elementos -que por otra parte sólo son distintos
en tanto nosotros los consideremos como tales-, éstos y su Principio común forman
un Ternario. Y de tal forma esto es así que, en realidad, es el Ternario y no el
Binario lo que es inmediatamente producido por la primera diferenciación de la
Unidad primordial.
Volvamos ahora a la distinción entre el Bien y el Mal, que no es en sí, más que un
aspecto particular de la Dualidad. Cuando oponemos Bien y Mal, consideramos
generalmente el Bien como Perfección o, al menos, en un grado inferior, como una
tendencia a la Perfección, con lo que el Mal no es otra cosa que lo imperfecto. Pero
¿cómo lo imperfecto podría oponerse a lo Perfecto? Hemos visto que lo Perfecto es
el Principio de todas las cosas, y que, por otra parte, no puede producir lo
imperfecto; de lo que resulta que lo imperfecto no existe, o que, al menos, lo
imperfecto sólo puede existir como elemento constitutivo de la Perfección total, y,
siendo así, no puede ser realmente imperfecto, y lo que llamamos imperfección no
es más que relatividad. Así, lo que llamamos error es verdad relativa, ya que todos
los errores deben ser comprehendidos en la Verdad total, sin lo que ésta, estando
limitada por algo que estaría fuera de ella, no sería perfecta, lo que equivale a decir
que no sería la Verdad. Los errores, o, mejor dicho, las verdades relativas, no son
sino fragmentos de la Verdad total; es pues la fragmentación la que produce la
relatividad, y en consecuencia, podríamos decir que, si relatividad fuera realmente
sinónimo de imperfección, podría considerarse como causa del Mal. Pero el Mal
sólo es tal cuando se lo distingue del Bien.
Si llamamos Bien a lo Perfecto, realmente lo relativo no es algo distinto, ya que en
principio está contenido en El; entonces, desde el punto de vista universal, el Mal
no existe. Existirá únicamente si consideramos las cosas bajo un aspecto
fragmentario y analítico, separándolas de su Principio común, en lugar de
considerarlas sintéticamente como contenidas en este Principio, que es la
Perfección. Así es creado lo imperfecto; el Mal y el Bien son creados al
distinguirlos el uno del otro, y, si no hay Mal, no hay motivo para referirse al Bien
en el sentido ordinario de esta palabra, sino únicamente a la Perfección. Es pues la
fatal ilusión del Dualismo la que realiza el Bien y el Mal, y que, considerando las
cosas bajo un punto de vista particularizado, sustituye a la Unidad por la
Multiplicidad, y encierra así a los seres sobre los cuales ejerce su poder en el
dominio de la confusión y de la división. Este dominio es el Imperio del Demiurgo.
II
Lo que hemos dicho respecto la distinción del Bien y el Mal permite comprender el
símbolo del Pecado original, al menos en la medida en que estas cosas pueden
llegar a expresarse. La fragmentación de la Verdad total, o del Verbo -pues son lo
mismo en el fondo-, produce la relatividad y es idéntica a la segmentación del
Adam Kadmon, cuyas partes separadas constituyen al Adam Protoplastas, el
primer formador. La causa de esta segmentación es Nahash, el Egoísmo o el deseo
de la existencia individual. Este Nahash no es algo externo al hombre, sino que
está en él, primero en estado potencial, y sólo deviene externo en la medida en que
el hombre mismo lo exterioriza. Este instinto de separatividad, por su naturaleza,
que es provocar la división, empuja al hombre a probar el fruto del Arbol de la
Ciencia del Bien y del Mal, es decir, a crear la distinción entre Bien y Mal.
Entonces sus ojos se abren, pues aquello que le era interior se ha convertido en
exterior, a consecuencia de la separación que se ha producido entre los seres. Estos
están ahora revestidos de formas, que limitan y definen su existencia individual, y
así el hombre se ha convertido en el primer formador. Pero en lo sucesivo, también
él se encuentra sometido a las condiciones de esta existencia individual, está
revestido de una forma, o, siguiendo la expresión bíblica, de una túnica de piel, y
está encerrado en el dominio del Bien y del Mal, en el Imperio del Demiurgo.
A través de esta exposición abreviada y muy incompleta, vemos que el Demiurgo
no es en realidad una potencia externa al hombre; en principio no es más que la
voluntad del hombre en tanto realiza la distinción entre Bien y Mal. Pero
seguidamente el hombre, limitado como ser individual por esa voluntad que es la
suya propia, la considera como algo externo a él, y así deviene distinta de él.
Además, como dicha voluntad se opone a los esfuerzos necesarios para salir del
dominio en que él mismo se ha encerrado, la ve como una potencia hostil, y la
denomina Satán o el Adversario. Remarquemos que este Adversario, que hemos
creado nosotros mismos y que creamos a cada instante -ya que esto no debe
considerarse como algo que ocurrió en un tiempo determinado-, no es malo en sí
mismo, sino que constituye únicamente el conjunto de todo lo que nos es contrario.
Desde un punto de vista más general, el Demiurgo, convertido en una potencia
distinta y considerado como tal, es el Príncipe de este Mundo del cual se habla en
el Evangelio de Juan. No es, propiamente hablando, ni bueno ni malo, más bien es
lo uno y lo otro, puesto que contiene en sí mismo el Bien y el Mal. Se considera su
dominio como el Mundo inferior, en oposición al Mundo superior o Universo
principial del que ha sido separado. Pero hay que tener en cuenta que esta
separación jamás es absolutamente real, sólo lo es en la medida en que la
realizamos, pues este Mundo inferior está contenido, en estado potencial, en el
Universo principial, y es evidente que ninguna parte puede realmente salir del
Todo. Por otra parte, esto es lo que impide que la caída continúe indefinidamente;
pero esto no es sino una expresión totalmente simbólica, y la profundidad de la
caída mide simplemente el grado de separación realizada. Con esta restricción el
Demiurgo se opone al Adam Kadmon o a la Humanidad principial, -manifestación
del Verbo-, pero solamente como un reflejo, ya que no es una emanación, y no
existe por sí mismo; eso es lo que está representado por la figura de los dos
ancianos del Zohar, y también por los dos triángulos opuestos del Sello de
Salomón.

INCLUIRIMAGEN \d "demiurg8.gif"
Los dos ancianos del Zohar
Esto nos lleva a considerar al Demiurgo como un reflejo tenebroso e invertido del
Ser, ya que en realidad no puede ser otra cosa. Por tanto no es un ser; pero después
de lo dicho, puede considerarse como la colectividad de los seres en la medida en
que son distintos, o si se prefiere, en tanto tienen una existencia individual. Somos
seres distintos en tanto que creamos nosotros mismos la distinción, que sólo existe
en la medida en que la creamos; y en tanto que lo hacemos somos elementos del
Demiurgo, y, como seres distintos, pertenecemos al dominio de este Demiurgo,
que es lo que se conoce como la Creación.
Todos los elementos de la Creación, es decir las criaturas, están pues contenidas en
el Demiurgo, y en efecto, sólo las puede extraer de sí mismo puesto que la creación
ex nihilo es imposible. Considerado como Creador, el Demiurgo produce primero
la división, y no es realmente distinto de ella, ya que sólo existe en tanto que la
división misma existe; después, como la división es la fuente de la existencia
individual y ésta viene definida por la forma, el Demiurgo debe ser considerado
como formador y entonces es idéntico al Adam Protoplastas, tal como hemos
visto. Podemos decir también que el Demiurgo crea la Materia, entendiendo por
esta palabra el caos primordial que es la reserva común de todas las formas;
después organiza esta Materia caótica y tenebrosa donde reina la confusión,
haciendo surgir de ella las múltiples formas cuyo conjunto constituye la Creación.
¿Debemos decir entonces que esta Creación es imperfecta?, seguramente no se la
puede considerar como perfecta; pero, desde el punto de vista Universal, no es más
que uno de los elementos constitutivos de la Perfección total. Sólo es imperfecta
cuando la consideramos analíticamente, como separada de su Principio, y lo es en
la misma medida que constituye el dominio del Demiurgo. Pero, si lo imperfecto
sólo es un elemento de lo Perfecto, no es verdaderamente imperfecto, y de ahí
resulta que en realidad el Demiurgo y su dominio no existen desde el punto de
vista universal, al igual que la distinción entre Bien y Mal. Igualmente resulta que,
desde el mismo punto de vista, la Materia no existe: la apariencia material es una
ilusión, de donde no hay que sacar la conclusión de que los seres que tienen esta
apariencia no existan, pues sería caer en otra ilusión: la de un idealismo exagerado
y mal entendido.
Si la Materia no existe, la distinción entre Espíritu y Materia desaparece; en
realidad todo debe ser Espíritu, pero entendiendo esta palabra en un sentido bien
diferente del que le han atribuido la mayor parte de los filósofos modernos. Estos,
en efecto, oponiendo el Espíritu a la Materia, no lo consideran como independiente
de toda forma, con lo que podríamos preguntarnos en qué se diferencia de la
Materia. Si afirmamos que es inextenso, mientras que la Materia es extensa ¿cómo
es que lo inextenso puede estar revestido de una forma?. Por otra parte, ¿por qué
definir el Espíritu?, ya sea con el pensamiento o de otra manera, es siempre a
través de una forma como se lo quiere definir, y entonces ya no es Espíritu. En
realidad el Espíritu universal es el Ser, y no tal o cual ser particular; es el Principio
de todos los seres, y así los contiene a todos. Por eso todo es Espíritu.
Cuando el hombre alcanza el conocimiento real de esta verdad, se identifica e
identifica todas las cosas con el Espíritu universal. Entonces para él toda distinción
desaparece, de tal forma que contempla todas las cosas como estando en él mismo
y no como exteriores a él, pues la ilusión se desvanece ante la Verdad como la
sombra ante el sol. Así, por ese mismo conocimiento, el hombre es liberado de las
ataduras de la Materia y de la existencia individual, ya no está sometido al dominio
del Príncipe de este Mundo, ya no pertenece al Imperio del Demiurgo.
III
De lo que precede resulta que el hombre puede, desde su existencia terrestre,
liberarse del dominio del Demiurgo o del Mundo hylico, y que esta liberación se
opera por la Gnosis, es decir por el Conocimiento integral. Señalemos que este
Conocimiento nada tiene en común con la ciencia analítica y no la supone de
ningún modo. Es una ilusión muy extendida en nuestros días creer que no se puede
llegar a la síntesis total más que a través del análisis; al contrario, la ciencia
ordinaria es totalmente relativa y, limitada al Mundo hylico, tiene la misma
existencia que éste desde el punto de vista universal.
Por otra parte, debemos indicar también que los diferentes Mundos, o, según la
expresión generalmente admitida, los diversos planos del Universo no son lugares
o regiones, sino modalidades de la existencia o estados del ser. Esto permite
comprender cómo un hombre viviendo en la tierra puede pertenecer en realidad, ya
no al Mundo hylico, sino al Mundo psíquico o incluso al Mundo pneumático. Es lo
que constituye el segundo nacimiento. Sin embargo, propiamente hablando, éste no
es más que el nacimiento al Mundo psíquico, por el cual el hombre se hace
consciente de los dos planos, pero sin alcanzar todavía el Mundo pneumático, es
decir sin identificarse con el Espíritu universal. Esta identificación sólo es
alcanzada por aquel que posee íntegramente el triple Conocimiento, por el cual es
liberado para siempre de los nacimientos mortales; es lo que se expresa diciendo
que solamente los Pneumáticos son salvados. El estado de los psíquicos no es más
que un estado transitorio; es el del ser que ya está preparado para recibir la Luz,
pero que todavía no la percibe, que no ha tomado consciencia de la Verdad una e
inmutable.
Cuando hablamos de nacimientos mortales, entendemos las modificaciones del ser,
su paso a través de las formas múltiples y cambiantes; no habiendo en ello nada
que se parezca a la doctrina de la reencarnación tal como la admiten los espiritistas
y los teosofistas, doctrina que algún día tendremos la ocasión de explicar. El
Pneumático está liberado de los nacimientos mortales, es decir está liberado de la
forma, por lo tanto del Mundo demiúrgico; ya no está sometido al cambio y, en
consecuencia, carece de acción; siendo este un punto sobre el que hablaremos más
adelante. El Psíquico, por el contrario, no sobrepasa el mundo de la Formación,
que es designado simbólicamente como el primer Cielo o la esfera de la Luna; de
allí regresa al Mundo terrestre, lo que no significa que tome un nuevo cuerpo en la
Tierra, sino simplemente que debe revestirse de nuevas formas, sean cuales fueren,
antes de obtener la liberación.
Lo que acabamos de exponer muestra el acuerdo -podríamos incluso decir la
identidad real, a pesar de ciertas diferencias en la expresión- de la doctrina gnóstica
con las doctrinas orientales y más particularmente con el Vedanta, el más ortodoxo
de todos los sistemas metafísicos fundados en el Brahmanismo. Es por este motivo
que podemos completar lo dicho anteriormente respecto a los diversos estados del
ser, reproduciendo algunas citas del Tratado del Conocimiento del Espíritu de
Sankarâchârya.
"No hay otro medio de obtener la liberación completa y final que el Conocimiento;
es el único instrumento que desata los lazos de las pasiones; sin el Conocimiento
no se puede obtener la Beatitud."
"La acción, no oponiéndose a la ignorancia, no la puede alejar; pero el
Conocimiento disipa la ignorancia, como la Luz disipa las tinieblas."
La ignorancia es aquí el estado del ser envuelto en las tinieblas del Mundo hylico,
atado a la apariencia ilusoria de la Materia y a las distinciones individuales;
mediante el Conocimiento -que no pertenece al dominio de la acción, sino que le es
superior- todas las ilusiones desaparecen, tal como hemos dicho anteriormente.
"Cuando la ignorancia que nace de los afectos terrestres es alejada, el Espíritu, por
su propio esplendor, brilla a lo lejos en un estado indiviso, como el Sol difunde su
claridad cuando las nubes se dispersan."
Pero, antes de llegar a este grado, el ser pasa por un estado intermedio, el que
corresponde al Mundo psíquico; entonces cree ser, ya no el cuerpo material, sino el
alma individual, puesto que para él no ha desaparecido toda distinción, porque
todavía no ha salido del dominio del Demiurgo.
"Imaginándose que es el alma individual, el hombre se asusta, como alguien que
toma por error un trozo de cuerda por una serpiente; pero su temor es alejado por la
percepción de que él no es el alma, sino el Espíritu universal."
Quien ha tomado consciencia de los dos Mundos manifestados, es decir del Mundo
hylico -conjunto de manifestaciones groseras o materiales-, y del Mundo psíquico,
-conjunto de las manifestaciones sutiles-, es nacido dos veces, Dwidja; pero aquel
que es consciente del Universo no manifestado o del Mundo sin forma, es decir del
Mundo pneumático, y que ha llegado a la identificación de sí mismo con el
Espíritu universal, Atmâ, éste y sólo éste puede ser llamado Yogui, que quiere decir
unido al Espíritu universal.
"El Yogui, cuyo intelecto es perfecto, contempla todas las cosas como morando en
él mismo, y así, por el ojo del Conocimiento, percibe que todo es Espíritu."
Notemos de paso que el Mundo hylico se compara al estado de vigilia, el Mundo
psíquico al estado de sueño, y el Mundo pneumático al estado de sueño profundo.
Debemos recordar a este propósito, que lo no-manifestado es superior a lo
manifestado, por ser su principio. Por encima del Universo pneumático no hay más
-según la doctrina gnóstica- que el Pleroma, que puede considerarse como
constituido por el conjunto de los atributos de la Divinidad. No se trata de un
cuarto mundo, sino del Espíritu universal mismo, Principio supremo de los Tres
Mundos, ni manifestado ni no-manifestado, indefinible, inconcebible e
incomprensible.
El Yogui o el Pneumático, ya que en el fondo es lo mismo, se percibe, no ya como
una forma grosera ni como una forma sutil, sino como un ser sin forma; se
identifica entonces con el Espíritu universal, y estos son los términos con que
Sankarâchârya describe ese estado:
"Es Brahma, tras cuya posesión no hay nada que poseer; tras el gozo de su
felicidad, ya no hay felicidad que pueda ser deseada; y tras la obtención de su
conocimiento, ya no hay conocimiento que obtener."
"Es Brahma, el que una vez visto, no deja otro objeto que contemplar; habiéndose
identificado con El, ya ningún nacimiento es experimentado; habiéndolo percibido,
no hay nada más que percibir."
"Es Brahma, esparcido por todas partes, en todo: en el espacio medio, en lo que
está por encima y lo que está por debajo; el verdadero, el viviente, el dichoso, sin
dualidad, indivisible, eterno y uno."
"Es Brahma, sin tamaño, inextenso, increado, incorruptible, sin rostro, sin
cualidades o características."
"Penetra él mismo su propia esencia eterna, y contempla el Mundo entero
apareciendo como Brahma."
"Brahma no se parece en nada al Mundo, y fuera de Brahma no hay nada; todo lo
que parece existir fuera de él es una ilusión."
"De todo lo que se ve, de todo lo que se oye, sólo existe Brahma, y por el
conocimiento del principio, Brahma es contemplado como el Ser verdadero,
viviente, feliz, sin dualidad."
"El ojo del Conocimiento contempla al Ser verdadero, viviente, feliz, que todo lo
penetra; pero el ojo de la ignorancia no lo descubre, no lo percibe al igual que un
hombre ciego no ve la luz."
"Cuando el Sol del Conocimiento espiritual se levanta en el cielo del corazón,
expulsa las tinieblas, penetra todo, abarca todo e ilumina todo."
Observemos que el Brahma del que aquí se trata es el Brahma superior; hay que
tener cuidado en distinguirlo del Brahma inferior, pues éste no es otra cosa que el
Demiurgo, considerado como el reflejo del Ser. Para el Yogui, sólo hay el Brahma
superior, que contiene todas las cosas, y fuera del cual no hay nada; el Demiurgo y
su obra de división ya no existen.
"El que ha realizado el peregrinaje de su propio espíritu, un peregrinaje en el cual
no hay nada que concierna a la situación, al lugar o al tiempo, que está en todo, en
el que ni el calor ni el frío se experimentan, que constituye una felicidad perpetua y
una liberación de toda penalidad; éste está por encima de la acción, conoce todas
las cosas, y obtiene la eterna Beatitud."
IV
Después de haber caracterizado los tres Mundos y los estados del ser que les
corresponden, y de haber indicado dentro de lo posible, en qué consiste la
liberación de la dominación demiúrgica, debemos retomar todavía el tema de la
distinción entre el Bien y el Mal, con el fin de sacar algunas consecuencias de lo
expuesto anteriormente.
Para empezar, se podría estar tentado de decir lo siguiente: si la distinción entre el
Bien y el Mal es ilusoria, si en realidad no existe, lo mismo debe suceder con la
moral, pues es evidente que la moral está basada en esta distinción, a la que
considera esencial. Esto sería ir demasiado lejos; la moral existe, pero en la misma
medida que la distinción entre el Bien y el Mal, es decir para todo lo que pertenece
al dominio del Demiurgo; desde el punto de vista universal, no tendría ninguna
razón de ser. En efecto, la moral no puede aplicarse más que a la acción; la acción
supone el cambio, y éste sólo es posible en lo formal o manifestado. El Mundo sin
forma es inmutable, superior al cambio, por lo tanto a la acción, y es por lo que el
Ser que ya no pertenece al Imperio del Demiurgo es no- actuante.
Esto indica que hay que tener mucho cuidado en no confundir los diversos planos
del Universo, pues lo que se dice de uno podría no ser verdadero para el otro. Así,
la moral existe necesariamente en el plano social, que es esencialmente el dominio
de la acción; pero no cuando se considera el plano metafísico o universal, puesto
que entonces ya no hay acción.
Establecido este punto, debemos señalar que el ser superior a la acción posee sin
embargo la plenitud de la actividad; pero es una actividad potencial, una actividad
no actuante. Este ser no es inmóvil - como se podría decir equivocadamente-, sino
inmutable, es decir superior al cambio. En efecto, se identifica con el Ser que
siempre es idéntico a sí mismo: según la fórmula bíblica "el Ser es el Ser." Esto
está relacionado con la doctrina taoísta, según la cual la Actividad del Cielo es no
actuante. El Sabio, en quien se refleja la Actividad del Cielo observa el no actuar.
Sin embargo, este Sabio -que hemos designado como el Pneumático o el Yogui-
puede actuar aparentemente, como la Luna parece que se mueve cuando las nubes
pasan delante de ella; pero el viento que aparta las nubes no tiene influencia sobre
la Luna. Igualmente la agitación del Mundo demiúrgico no tiene influencia sobre el
Pneumático; y a este respecto podemos citar lo que dice Sankarâchârya.
"El Yogui, habiendo atravesado el mar de las pasiones, está unido a la
Tranquilidad y se regocija en el Espíritu."
"Habiendo renunciado a los placeres que nacen de los objetos externos
perecederos, y gozando de las delicias espirituales, está en calma y sereno como la
llama bajo un apagavelas, y se alegra en su propia esencia."
"Durante su residencia en el cuerpo, no es afectado por sus propiedades, como el
firmamento no es afectado por lo que flota en su seno; conociendo todas las cosas
permanece no afectado por las contingencias."
A partir de ahí podemos comprender el verdadero sentido de la palabra Nirvana, de
la cual se han dado tantas falsas interpretaciones; esta palabra significa literalmente
"extinción del soplo o de la agitación", o sea el estado de un ser que ya no está
sometido a ninguna agitación, que está definitivamente liberado de la forma. Es un
error muy extendido, al menos en Occidente, creer que no hay nada cuando no hay
forma, cuando en realidad es la forma lo que no es nada y lo informal lo es todo.
Así, el Nirvana, muy lejos de ser el aniquilamiento como han pretendido algunos
filósofos, es por el contrario la plenitud del Ser.
De todo lo que precede, podríamos sacar la conclusión que no hay que actuar; pero
sería inexacto, sino en principio, al menos en la aplicación que quisiéramos hacer.
En efecto, la acción es la condición de los seres individuales, pertenecientes al
Imperio del Demiurgo; en el Pneumático o el Sabio en realidad no hay acción, pero
en tanto que reside en un cuerpo, tiene las apariencias de la acción; exteriormente,
es en todo parecido a los demás hombres, pero sabe que no es más que una
apariencia ilusoria, y esto es suficiente para que esté liberado de la acción, puesto
que es a través del Conocimiento como se obtiene la liberación. Por eso mismo, el
que está liberado de la acción ya no está sujeto al sufrimiento, ya que el
sufrimiento es un resultado del esfuerzo, por tanto de la acción, y esto es en lo que
consiste lo que llamamos la imperfección, aunque en realidad no haya nada
imperfecto.
Es evidente que la acción no puede existir para aquel que contempla todas las
cosas en sí mismo como existiendo en el Espíritu universal, sin ninguna distinción
de objetos individuales, tal como expresan estas palabras de los Vedas: "Los
objetos difieren simplemente en designación, accidente y nombre, como los
utensilios terrestres reciben diferentes nombres, aunque solamente sean diferentes
formas de tierra." La tierra, principio de todas esas formas, es en sí misma sin
forma, pero las contiene a todas en potencia; tal es también el Espíritu universal.
La acción implica cambio, es decir la destrucción incesante de formas que
desaparecen para ser reemplazadas por otras; son las modificaciones que llamamos
nacimiento y muerte, los múltiples cambios de estado que debe atravesar el ser que
todavía no ha alcanzado la liberación o la transformación final, empleando esta
palabra transformación en su sentido etimológico, que es el de pasaje fuera de la
forma. El apego a las cosas individuales, o a las formas esencialmente transitorias
y perecederas, es propio de la ignorancia; las formas no son nada para el ser que se
ha liberado de ellas, y por eso, incluso durante su residencia en el cuerpo, no le
afectan en nada sus propiedades.
"Así se mueve libre como el viento, pues sus movimientos no están afectados por
las pasiones."
"Cuando las formas son destruidas, el Yogui y todos los seres entran en la esencia
que todo lo penetra."
"Es sin cualidades y sin acción, imperecedero, sin volición; feliz, inmutable, sin
rostro; eternamente libre y puro."
"Es como el éter, expandido por todas partes, y que penetra al mismo tiempo el
exterior y el interior de las cosas; es incorruptible, imperecedero; es el mismo en
todas las cosas, puro, impasible, sin forma, inmutable."
"Es el gran Brahma, que es eterno, puro, libre, uno, incesantemente feliz, no dual,
existente, perceptivo y sin fin."
Tal es el estado al que llega el ser por el Conocimiento espiritual; así es liberado
para siempre jamás de las condiciones de la existencia individual, liberado del
Imperio del Demiurgo. Traducción: Antonio Guri y P. Vela
Edizione 1677

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