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METODOLOGIA EDUCATIVA E SERVIZI PER L’INFANZIA, Nima Sharmahd

CAPITOLO 1

Il paradigma meccanicista entra in crisi facendo spazio a una complessità del reale che induce a
passare dal concetto di edificio a quello di rete. Non esiste una chiave di lettura privilegiata della
realtà, ma molteplici interpretazioni indispensabili come sottolinea Morin quando fa riferimento a
quella multidimensionalità della conoscenza. In questo senso la ricerca educativa deve essere
pensata nel suo spettro logico operativo, nel suo ruolo culturale sociale, sul fronte più avanzato, in
modo da garantire alla pedagogia l'imprinting conquistato faticosamente. L'auspicio diventa quello
di dare vita a una ricerca pedagogica che della sua vocazione teorico-pratica, sappia riconoscere
fino in fondo la concretezza classica delle idee. Sulla scia di queste nuove consapevolezze
assistiamo alla rivisitazione dell'approccio quantitativo e all'introduzione di metodi indagine
qualitativi.

Discussione pedagogica seguendo il discorso di Corbetta in ambito sociologico. Tra i due metodi,
quello quantitativo e quello qualitativo, è diverso il rapporto tra teoria e ricerca. Per quanto riguarda
il primo, ispirato al neopositivismo, il rapporto è di natura deduttiva, ossia la teoria precede
l’osservazione, i dati empirici servono a sostenere o smentire la teoria. Nel secondo caso, ispirato al
paradigma interpretativo, la relazione tra teoria e ricerca è più interattiva, e non di rado il lavoro sul
campo inizia in assenza di teorie precostruite volontariamente. Ne deriva anche che l'interazione tra
Studioso e studiato sia differente a seconda che si tratti di ricerca quantitativa o qualitativa. Nel
primo caso lo studioso avrà un punto di vista distaccato, esterno al soggetto. Nel secondo caso il
ricercatore ridurrà la neutralità, per collocarsi il più possibile internamente al contesto del soggetto
studiato. Il ruolo del soggetto studiato è passivo nella ricerca quantitativa mentre nella ricerca
qualitativa è più attivo. Un altro aspetto che distingue i due approcci è il rapporto con l'ambiente
studiato: una delle questioni che la ricerca sociale ma anche educativa si trova ad affrontare, è
quella delle reattività degli oggetti di studio, dal momento che il solo fatto di indagare un
comportamento umano può portare all’alterazione di questo stesso. Il solo fatto di sentirsi osservati,
produrrà probabilmente dei cambiamenti. La ricerca quantitativa non considera questo un problema,
ritiene di poterlo controllare entro un certo margine. La ricerca qualitativa tende, invece, a fare
proprio un approccio naturalistico, nel quale il ricercatore si astiene il più possibile da qualsiasi
manipolazione della realtà. Diversi anche i disegni di ricerca che fanno capo ai due approcci, ossia
tutte le scelte di carattere operativo con le quali si decide Come, Dove, Quando raccogliere i dati e
quali strumenti di rilevazione utilizzare. La ricerca quantitativa costruisce il suo disegno in maniera
strutturata prima dell'inizio dell'indagine. Possiamo così schematizzare le fasi di una ricerca
quantitativa:

1 La ricerca nasce sotto la spinta di una domanda, di un desiderio di conoscenza


2 Viene chiarificato meglio il tema identificando domande e criticità perché
3 Si predispone una ricognizione della letteratura e delle informazioni relative al tema
4 Vengono definiti gli obiettivi Generali o le ipotesi
5 Viene creato il disegno di ricerca ipotizzando nelle fasi ed i tempi
6 Viene effettuato il campionamento. per poter effettuare lo è necessario definire la popolazione di
riferimento. I campioni possono essere probabilistici, cioè estratte da un elenco completo dei membri della
popolazione di interesse, o non probabilistici, per esempio i soggetti che vengono reperiti tra i propri
conoscenti.
7 Vengono costruiti gli strumenti da utilizzare. in questa fase si stabilisce se l'indagine richiede l'utilizzo di
osservazione, questo questionario, in intervista, focus group…
8 In alcuni casi viene effettuata una ricerca pilota, ossia una prima indagine di prova svolta per testare lo
strumento.
9 Viene verificata la validità dello strumento indiano è completata la costruzione
10 vengono raccolti i dati
11 I dati vengono codificati e analizzati
12 Viene predisposta la documentazione e diffusione dei risultati emersi

L'evoluzione della metodologia della ricerca ha portato a vedere queste stesse fasi non
necessariamente legate da un cammino lineare, ma, come lo definisce Bailey, il processo di ricerca
è come un cerchio, dove tutte le cose sono connesse. Altri studiosi preferiscono alla metafora del
cerchio, quella della rete, in cui la macro-rete diventa districabile in reti locali che interagiscono sia
tra loro sia con la macro-rete stessa. In questo modo si pone l'accento sulla diramazione delle
relazioni che contraddistingue la ricerca sul campo, caratterizzata da livelli di azione e riflessione
che si influenzano reciprocamente. Questo secondo approccio si addice meglio alla prospettiva
qualitativa che spesso agisce in maniera induttiva in assenza di una teoria o di un’ipotesi di
partenza. La ricerca qualitativa avrà un disegno meno strutturato, più aperto a modifiche in itinere.
Da qui deriva un’altra differenza tra i due approcci, legata all’uniformità o meno dello strumento di
rilevazione. Nella ricerca quantitativa, tutti i soggetti ricevono lo stesso trattamento e lo strumento
di rilevazione è uguale per tutti. In quella qualitativa, l'obiettivo non è la standardizzazione, anzi la
disomogeneità e la ricchezza di informazioni sono più che ben accette. Di conseguenza, anche la
natura dei dati, nonché la loro analisi, sarà differente: precisi e rigorosi nella ricerca quantitativa
(hard), ricchi e meno standardizzati nella ricerca qualitativa (soft). Nella ricerca quantitativa
l'oggetto di analisi sono le variabili (variable-based), nella ricerca qualitativa l'oggetto di analisi e
l'individuo (case-based).

Quantitativo e qualitativo sembrano per lungo tempo contrapposti l'un l'altro. Ancora oggi è per
certi versi possibile dividere l'universo dei ricercatori in due grandi aree, collocando da una parte i
quantitativisti e dall'altra i qualitativisti. Basti pensare alla posizione di Duccio Demetrio, che pone
particolare attenzione alla definizione della Dimensione qualitativa del fare ricerca in educazione.
Ritiene che il concetto di qualità richiami quello di soggettività, di unicità, di particolarità. Secondo
l'autore, la ricerca pedagogica di taglio positivista ha perso di vista l'essere umano e il suo agire
quotidiano, piegando la realtà alle esigenze di una ricerca mirante all’elaborazione di leggi causa-
effetto. In questo senso, quello che Demetrio definisce sperimentalismo, rappresenta quella corrente
empirica che ha saputo restituire la pedagogia al discorso scientifico. La soluzione, per Demetrio,
consiste nell'adozione di una prospettiva che tenga conto di tutti quegli aspetti più individuali che il
metodo quantitativo aveva trascurato. Per quanto riguarda la difesa dell’approccio quantitativo,
Gattullo manifesta la propria diffidenza per il concetto stesso di qualitativo applicato alla ricerca in
educazione, affermando che non esistono procedure di osservazione che possano prescindere dalla
formulazione di graduatorie per esprimere descrizioni o valutazioni sulle situazioni osservate.

Occorre fare delle chiarificazioni e distinguere i due approcci. La ricerca quantitativa non è, ipso
facto, ricerca sperimentale. L'esperimento può, infatti, essere definito come una forma di esperienza
su fatti naturali che si realizza in seguito di un intervento modificativo da parte dell'uomo. In questo
senso, la ricerca sperimentale prevede:

1 Che ricercatore controlli e manipoli volontariamente le variabili in esame


2 Che venga predisposto un gruppo di controllo con caratteristiche analoghe il gruppo sperimentale
3 Che la scelta del campione sia casuale
4 Che le procedure siano ripetibili
In realtà, però, nell'ambito della ricerca educativa risulta difficile spesso condurre esperimenti veri e
propri, perché oltre all'esistenza di riserve di tipo etico rispetto all'utilizzo di ricerche sperimentali in
questo campo, le variabili in gioco sono molte e difficilmente controllabili. Non a caso la ricerca
empirica in educazione si è trovata ad affrontare alcuni temi di natura complessa: è infatti diverso
costruire una situazione in laboratorio in cui si isola un soggetto in una situazione di problem
solving e studiare il problema dell'apprendimento in classi concrete, con particolari gruppi di
ragazzi. Per questi motivi, in ambito educativo si parla di disegni di ricerca definiti quasi-
sperimentali, che si differenziano da quelli più propriamente sperimentali In quanto:

1 Non tutte le variabili in gioco possono essere controllate da ricercatore


2 Non viene predisposto un gruppo di controllo
3 La scelta del campione non è casuale ma mirata

Lo scopo delle ricerche sperimentali e quasi sperimentali è quello di analizzare le relazioni di causa-
effetto. Le ricerche non sperimentali, che possono essere definite descrittive, hanno lo scopo di
descrivere una situazione fornendo delle interpretazioni sui dati rilevati, al fine di comparare e
analizzare i dati che emergono dalla ricerca. Possiamo dire che quando parliamo di sperimentazione
in campo educativo, facciamo riferimento, come diceva Claparède, ad una sperimentazione per così
dire allargata. C'è anche chi sostiene che la sperimentazione in questo tipo di contesto non sia
praticabile e che sia da valorizzare l'approccio naturalistico. Più adatto al contesto educativo, è
quell’approccio che si può indicare come il principio di differenziazione eticamente sostenibile.

La distinzione tra ricerca applicata e ricerca pura è la seguente: con la prima facciamo riferimento a
quel tipo di indagine che tende a verificare ipotesi di soluzione di problemi concreti; per la seconda
si intende quel tipo di studio volto a elaborare criticamente teorie che non sono immediatamente
verificabili empiricamente, ma che possono essere utilizzate come riferimento generale per il settore
di indagine. Possiamo considerare queste due tipologie come un continuum lungo il quale la
riflessione intellettuale alimenta l'applicazione pratica e viceversa.

La prospettiva che tenteremo di adottare in questa sede sarà quella dell'integrazione, nonché del
superamento dell’integrazione stessa. Anche il confine tra ricerca qualitativa e quantitativa in
ambito educativo si fa più labile e la prospettiva che si fa avanti diventa quella sistemico ecologica
che prende in esame il contesto di interazione nella sua interezza. Ecco allora che qualitativo e
quantitativo possono incontrarsi, facendo leva sulla loro diversità arricchente. Questa prospettiva
viene definita, dagli studiosi, in due direzioni principalmente: la prima è quella che non solo
conferisce pari dignità ai due approcci, escludendo la superiorità di un metodo sull'altro, ma ritiene
che i due approcci possano essere utilizzati in maniera intrecciata nella stessa ricerca. Sono, dunque,
emerse ricerche e indagini volte a valorizzare il cosiddetto mixed-method, avanzando, in
particolare, una critica dell'approccio neopositivista. La discussione in proposito è animata e non
mancano critiche da parte di chi ritiene che il mixed Method rischi di diventare un metodo solo
apparentemente integrato. È in questa prospettiva che Mortari, pur valorizzando l’intersecarsi dei
metodi, avanza la preoccupazione che a un metodo teoricamente misto, non corrisponda una pratica
che effettivamente sia capace di valorizzare il quantitativo e il qualitativo. Qui si colloca la seconda
declinazione della prospettiva di cui abbiamo parlato, all'interno della quale qualitativo e
quantitativo vengono considerati due approcci di pari dignità, ma si ritiene sia pressoché
impossibile una loro congiunta utilizzazione all'interno del medesimo disegno di ricerca. Corbetta
sostiene questo punto di vista, dichiarando che le ricerche che dichiarano di essere condotte sulla
base dell’intersecarsi di due approcci, in realtà si appoggiano più o meno implicitamente su uno
solo di essi. Lumbelli, all'interno di questo dibattito, prova a dare una visione problematizzata dei
due metodi. Secondo lei, la soluzione consiste nel recupero di un collegamento più stretto tra prassi
e teoria. Fondamentale risulta essere la valorizzazione del momento della definizione delle ipotesi e
della messa a punto degli strumenti di analisi. Nello specifico, Lumbelli considera i concetti di
qualitativo e quantitativo come integrati tra loro in una precisa direzione che identifica il momento
qualitativo con la fase esplorativa della ricerca, precedente lo stadio più propriamente quantitativo.

Soltanto un’analisi di tipo qualitativo permette di andare in profondità nell’osservazione dello


studio di fenomeni, ma solo l'uso di strumenti statistici e matematici corretti permette di sapere
quanto probabile quanto prevedibile sia un dato risultato. In questo senso, quindi, fare ricerca in
campo educativo significa sposare una prospettiva problematicista, valorizzando sia la dualità dei
suoi modelli investigativi, sia la pluralità dei suoi approcci metodologici, sia la convertibilità delle
sue procedure di indagine. All'interno di una cornice di questo tipo, l'approccio essenzialista lascia
il posto a una prospettiva pragmatista, capace di abbracciare la pluralità, senza delimitazioni di
sorta.

CAPITOLO 2

Occorre cambiare approccio di fare ricerca. La ricerca sul campo, in educazione, si struttura lungo
più direzioni, sviluppandosi come ricerca teoretica ed empirica un tempo, capace di constatare la
realtà, ma anche di trasformarla. La prospettiva entro la quale vogliamo muoverci, fa propria una
concezione della realtà animata dalle logiche in divenire. La dimensione relazionale assume un
ruolo fondamentale e, compito del ricercatore, diventa quello di studiare le relazioni che
intercorrono tra le varie parti costitutive del fenomeno indagato. La ricerca si fa evento dialogico e
relazionale, all'interno del quale il ricercatore stesso è parte dell'oggetto indagato. La prospettiva
che si fa avanti è quella ecologica (Bronfenbrenner) che supera la visione atomizzata della realtà
concepita come una convivenza tra enti autonomi, per arrivare a quella razionalità post-moderna
secondo la quale la dinamica delle relazioni in cui ogni ente è implicato e a cui contribuisce,
costituisce la sostanza stessa della sua essenza. L'essere è, in quanto essere con gli altri, ossia in
quanto essere in relazione. Diventa necessario che la ricerca che si occupa del mondo umano
assuma come oggetto di indagine l'intreccio delle relazioni. Il paradigma ecologico guarda alla
complessità del reale con occhio post-moderno. Fondamentale diventa il contesto, ossia la
consapevolezza l’oggetto di indagine rappresenta un sistema aperto in relazione con l'ambiente in
cui si manifesta. Immediato appare il riferimento a Bronfenbrenner e al principio secondo il quale la
comprensione dello sviluppo umano richiede ben più dell'osservazione diretta del comportamento di
12 persone che condividono lo stesso luogo. Essa richiede l'analisi di sistemi di interazione
composti da più persone.

La ricerca ecologica non può che fondarsi su alcuni presupposti:

 Ricerca naturalistica: l'approccio ecologico non può che optare per una ricerca naturalistica, ossia per
quelle indagini che viene svolta in contesto naturale, nei modi e nei luoghi in cui il fenomeno
ordinariamente accade. Un approccio di questo tipo complessifica il processo di indagine, costringendo il
ricercatore a prestare attenzione a tutti i fattori che entrano in campo. Negli studi naturalistici, l'impianto
epistemico può non essere definito a priori e strutturarsi evolutivamente in base ai dati che emergono da
un’analisi esplorativa del contesto. Questa flessibilità è ritenuta una condizione importante dai ricercatori
perché consente di dare voce alla complessità scongiurando qualsiasi tipo di riduzionismo. Diventa
fondamentale che gli studiosi redigano un report. Questa narrazione si crea lungo tutto il percorso
facendosi documentazione narrativa.
 Oggettività dinamica: il concetto di oggettività statica lascia il campo a un’oggettività complessa.
L'oggettività ecologica fa proprio un atteggiamento conoscitivo caratterizzato da un dialogo continuo tra la
capacità di distanziarsi dall’oggetto di indagine e l'apertura soggettiva verso l'oggetto stesso. Le emozioni
vengono considerate elementi del conoscere e dovrebbero essere portate a un livello di consapevolezza
tale da consentire quel processo autoriflessivo che apre le porte a una forma di conoscenza maggiormente
articolata. Si tratta di prendere atto del fatto che nessuna ricerca può evitare di essere influenzata dalla
presenza del ricercatore stesso, e di fare di questa influenza un elemento di forza che non intacca il rigore
dell'oggettività.
 Responsabilità etica: il paradigma ecologico, assumendo che la conoscenza non sia unica ma rappresenti
una versione del mondo, rende responsabile Il ricercatore delle ricerche che compie, preoccupandosi di
garantire rispetto e cura ai soggetti implicati.

Ecco allora che lo sguardo si volge alla ricerca-azione e a quella etnografica, che fondano il rigore
dell'indagine proprio sulla partecipazione, sulla valorizzazione del percorso... La partecipazione può
guardare i soggetti adulti e non. Se i soggetti coinvolti sono bambini, occorre fare qualche
riflessione in più. Per molto tempo si è fatta ricerca sui bambini, considerati come oggetti da
indagare. La critica a questo tipo di orientamento ha portato a parlare di ricerca con i bambini,
assumendoli come co-autori del percorso di indagine, nonché come detentori di diritti specifici.
Prospettiva, questa, alimentata anche dal dibattito che ha animato la pubblicazione della
Convenzione dei diritti dell'infanzia del 1989. La ricerca con i bambini implica l'ascolto e utilizza
solitamente interviste, Focus Group, osservazione partecipante, optando per strumenti di indagine

non direttivi. Occorre fare attenzione, chiarire cosa intendiamo per ascolto dei bambini, soprattutto
in considerazione del fatto che il modo in cui ascoltiamo è condizionato dalle nostre aspettative.
Dobbiamo considerare il contesto entro il quale i bambini si esprimono e tener presente che l'adulto
alimenta sempre in una certa misura la discussione, orientando indirettamente gli interventi dei
bambini. Ecco che la questione etica si lega a doppio filo alla prospettiva della ricerca child-
centered. Dobbiamo riflettere non solo su quello che si può fare con i bambini, ma anche su quello
che si può fare per i bambini. In questo senso, non è necessario né costruttivo considerare il con e il
per come uno l'esclusione dell'altro. Occorre, invece, accoglierli come approcci complementari
capace di convivere insieme.

La prospettiva ecologica ci dice che non ha senso studiare un fenomeno educativo senza prendere in
considerazione le relazioni che lo rendono tale. A maggior ragione questo tipo di approccio si rivela
fondamentale per quei contesti educativi, che fondano la propria identità sulla relazionalità.
Colonna portante dei servizi per la prima e della seconda infanzia è il legame tra
educatore/insegnante, genitore/bambino. Questo rapporto prende vita all'interno di un sistema di
riferimento composto dagli altri bambini, genitori, educatori/ insegnanti, a loro volta in relazione tra
loro e con il territorio. Il Nido di infanzia nel suo cammino di emancipazione dalla visione
custodialistica e assistenziale, ha cercato di costruirsi un'identità propria, per definirsi come luogo di
relazioni. Negli ultimi anni, questi servizi hanno cercato sempre più di lavorare nell'ottica della
continuità, sia orizzontale che verticale. Essere genitori è per certi versi più complesso che in
passato, vissuto perlopiù in una solitudine emotiva che caratterizza la condizione dei bambini
sempre più spesso figli unici. In questo senso, un numero sempre maggiore di famiglie scelgono i
servizi per l'infanzia, che diventano il primo vero luogo di incontro, il primo contesto di scambio tra
genitorialità e infanzie simili e differenti a un tempo. Per questo, i servizi necessitano di essere di
pensati in più direzioni: la professionalità delle educatrici deve confrontarsi con le molteplici
istanze che danno voce al paradigma della complessità contemporanea. L'atto dell'educare si correla
oggi con un concetto di formazione inteso come processo articolato sistemico e non lineare. Le
professionalità educative sono entrate in una nuova dimensione, nella quale devono acclimatarsi,
devono assimilare i nuovi principi, ovvero la problematicità, l'incompiutezza, l'interpretazione e la
tensionalità, dando corpo a un modello professionale nuovissimo. Queste professioni escono
nobilitate da questa trasformazione in due sensi: Con e Come prassi. Professioni costantemente tesi
tra l'utopia e la realtà, tra il teorico e il pratico. È proprio all'interno di questo spazio che si colloca
la ricerca pedagogica da promuovere nei servizi. Alcuni studi longitudinali hanno voluto indagare
quantitativamente l'incidenza positiva o negativa che i servizi per la prima e la seconda infanzia
possono avere sullo sviluppo successivo del bambino. Si tratta di ricerche sperimentali che
solitamente descrivono sommariamente i programmi educativi, scelgono un gruppo di controllo
composto da soggetti che non hanno avuto esperienze analoghe, dopodiché correlano l'espressione
educativa con indici quali il quoziente intellettivo, utilizzando scale. Le critiche a questo tipo di
studi prendono piede dalla consapevolezza dell’estrema dinamicità dei fenomeni indagati e quindi
dalla difficoltà di controllare tutte le variabili. Ecologicamente carenti, non è dunque un caso che
tali studi abbiano portato a risultati spesso contraddittori. Esistono esempi di indagini più che valide
anche da un punto di vista ecologico. Basti pensare alla ricerca condotta alla fine degli anni Ottanta,
con lo scopo di indagare le percezioni che insegnanti, genitori e altri protagonisti hanno
relativamente alle proprie e altrui idee e pratiche pedagogiche. Il metodo utilizzato è quello
dell’etnografia visuale e multivocale che si basa su Focus Group. Questa strategia è stata
recentemente ripresa e riadattata anche nella ricerca internazionale Children Crossing Borders, volta
ad indagare la dimensione interculturale delle scuole dell'infanzia di cinque paesi. I lavori appena
esposti si collocano in una prospettiva di ricerca e di formazione, nella consapevolezza che
l'indagine sul campo in educazione è fortemente intrecciata alla riflessione sulla formazione di
insegnanti, educatori, operatori, ricercatori stessi. Portare gli insegnanti assieme ai ricercatori, a
descrivere e interpretare i fenomeni educativi che hanno luogo nei loro contesti di lavoro, attraverso
l'Impiego di Focus Group o interviste che aiutino i soggetti a ricostruire criticamente la propria
storia, favorisce la presa di coscienza, la consapevolezza, la riflessione comune e quindi la
formazione indiretta.

Secondo Chiara Bove, occorre interrogarsi sempre rispetto al significato che l'esperienza di ricerca
può avere per i bambini, i genitori, gli insegnanti o educatori coinvolti, in modo da promuovere
lavori capaci di constatare la realtà ma anche di trasformarla. Per far questo, la ricerca etnografica e
la ricerca-azione appaiono strategie utilizzabili perché si identificano proprio con il cercare di
trovare punti di raccordo tra le esigenze dei ricercatori e quelle dei soggetti coinvolti. In questi casi i
partecipanti diventano con ricercatori.

PARTE SECONDA

CAPITOLO 3

Se riflessione e pratica pedagogica non possono essere congiunte, diventa necessario creare un
modello di ricerca partecipante, che non si limiti a consultare gli operatori per la definizione dei
problemi da studiare, ma li coinvolga nell'intero percorso. La prima teoria è stata avanzata da
Lewin, rappresentante del movimento gestaltico. Lui e la sua equipe promuovono il legame tra
ricercatore e operatore. In questa prospettiva, la ricerca partecipante presuppone che:

 Il problema da indagare non venga calato dall'alto ma solide all'interno della comunità educativa stessa
 Il lavoro porti alla trasformazione della realtà socioeducativa coinvolta
 Tutta la comunità partecipi alla ricerca fin dall'inizio
 Il ricercatore prenda parte alla ricerca insieme agli altri

Una forma strutturata e avanzata di ricerca partecipante è quella della Ricerca-azione, definita come
una ricerca sociale applicata, caratterizzata dal coinvolgimento immediato del ricercatore nel
processo d'azione. L'obiettivo è di fornire un contributo alle preoccupazioni pratiche delle persone
che si trovano in situazione problematica e allo sviluppo delle scienze sociali.
Il contributo di Lewin, porta a rintracciare alcune caratteristiche fondamentali della ricerca-azione
in:

 La collocazione il confronto tra ricercatori e operatori sia nella definizione del problema sia nello
svolgimento dell'indagine
 Il superamento della pretesa neutralità del ricercatore
 L'attenzione alle dinamiche sociali e alle situazioni ambientali del contesto educativo.

In anni più recenti, la scuola belga e quella francese, specificano che la ricerca azione:

 Devi essere connessa a problemi socioeducativi


 Raggiunge risultati che non sono mai definitivi, bensì riflettono un processo di apprendimento fondato sul
confronto tra gli attori implicati
 Coinvolgere i soggetti nella ricerca anche dal punto di vista esistenziale
 Accompagni e stimola all'emancipazione degli individui
 Non possiede procedure metodologiche determinate a priori
 Riabilita l'affettività e l'immaginario che nasce dal confronto delle idee e delle emozioni degli altri attori in
gioco
 Attua la valutazione formativa in itinere

A questo a questo modello verranno applicate alcune modifiche e rivisitazioni da parte di alcuni
studiosi come Frabboni, che spezza una lancia a favore del modello razionalista deduttivo quando
dice che anche nel caso della ricerca-azione le esperienze o i fatti educativi vanno preparati
teoricamente attraverso un sistema di ipotesi. Massimo Baldacci propone l'utilizzo dello
strumentalismo deweyano, partendo dalla distinzione tra epistemologia ed ermeneutica di Rorty.
Secondo questa definizione, adottare una prospettiva epistemologica significa affermare che tutti i
contributi a un determinato discorso sono commisurabili attraverso regole che indicano Come può
essere raggiunto un accordo razionale. L'ermeneutica, invece, ipotizza una conversazione che non si
basa su matrici comuni ma che ci si auspica possa condurre a un accordo. Quest'ultima posizione è
quella che Pourtois individua come criterio di validazione degli esiti della Ricerca- azione. Le
discussioni e il raggiungimento di determinati accordi sono soggetti alle dinamiche

interne al gruppo stesso, dovute alle disparità di potere e a condizionamenti di vario genere.
Possiamo integrare la prospettiva appena esposta ricordando che la validazione non è riducibile solo
a una questione di accordo intersoggettivo. L'approccio epistemologico va a integrare la prospettiva
puramente ermeneutica. Se secondo Pourtois, il coinvolgimento esistenziale dei soggetti è una delle
caratteristiche che distingue la ricerca azione dalla ricerca sperimentale, la prospettiva di Baldacci
di matrice deweyana, solleva la questione dell'affidabilità delle osservazioni. All'interno di questo
dibattito vengono portate avanti delle ricerche-azioni di vario genere. Con la ricerca-azione, più che
fare ricerca, si è in ricerca, Cioè non ci limitiamo ad accumulare ed elaborare conoscenze
scientifiche relative al fenomeno studiato, ma partecipiamo al processo di conoscenza che stimola e
accompagna l'intera indagine.

Possiamo, quindi, affermare che la ricerca-azione ha come scopo principale un cambiamento più o
meno radicale di una situazione educativa, con la partecipazione della popolazione coinvolta. Essa
interagisce dialetticamente con gli aspetti teorici, storici e sperimentali della ricerca pedagogica.
Possiamo individuare tre tempi nell'evoluzione di questa strategia:

 Inizialmente si procede all'analisi della realtà per identificare gli individui, i momenti le situazioni
suscettibili di trasformazione
 In seguito, gli interventi consistono nel suscitare delle azioni o delle riflessioni sull'azione che conducano a
una presa di coscienza
 Infine, gli interventi portano a instaurare nuove norme che saranno consolidate con un'organizzazione
pratica efficace

Le ultime due fasi e il consolidamento sono mantenute da una continua e costante raccolta di
informazioni e di analisi a proposito del gruppo e del contesto. I limiti della Ricerca-azione hanno
suscitato un forte dibattito. È stato obiettato in particolare che è difficile monitorare un processo e
garantirne l'obiettività senza un controllo rigido delle variabili. Da parte di alcuni committenti vi
può essere una certa difficoltà nell'accettare un intervento di tipo qualitativo anziché quantitativo
nonché nell'accogliere un ruolo del ricercatore diverso perché non esterno e neutrale. Dall'altro un
nuovo ruolo dell'operatore stesso attivamente coinvolto nel processo di
ricerca/formazione/intervento dal quale non otterrà risposte ma domande sulle quali riflettere. Tutto
questo rende non sempre facile reperire operatori sul campo che siano realmente disposti a
impegnare tempo ed energie mettendo in dubbio le proprie sicurezze. I sostenitori della ricerca-
azione rispondono che l'incertezza e la non obiettività sono proprio i punti forza di questo tipo di
ricerca. Non si tratta di escludere alcuni strumenti statistici, ma di usarli per conoscere la realtà nel
suo complesso e non per racchiuderla entro variabili rigide. La ricerca-azione è strettamente
connessa allo sviluppo della democrazia, dal momento che ciò che viene valorizzato è l'inclusione e
il lavoro con le persone più che sulle persone. Ecco allora che anche le fasi di una ricerca azione
non possono essere stabilite in modo rigido ma dipendono in larga misura dalla natura della ricerca
stessa e dei suoi protagonisti. La prospettiva di fondo che incornicia ogni ricerca-azione non può
che essere ecologicamente orientata a dar voce a tutti i protagonisti.

Le ricerche-azioni portate avanti nei servizi per la prima e la seconda infanzia vedono in particolare
l'interazione tra i saperi del ricercatore e quelli dell’educatore o insegnante. Quello che ne emerge è
uno sguardo arricchente verso la realtà è un progetto di trasformazione pluri direzionato. Alcune
ricerche di qualità che troviamo in ambito europeo sono il CERIS, sotto la supervisione di Pourtois
e una ricerca-azione pluriennale nelle scuole di infanzia di Charleroi, mirante a favorire lo sviluppo
del linguaggio del bambino attraverso una stretta collaborazione tra scuola famiglia e società. Le
diverse azioni previste hanno lo scopo di realizzare un modello di partenariato capace di stimolare
la presa di coscienza del ruolo della coeducazione da parte della Comunità. Nello specifico si tratta
di praticare la coeducazione a partire dalla scuola dell'infanzia al fine di:

 Favorire lo sviluppo armonico del bambino e l'apprendimento di diversi tipi di linguaggio


 Favorire l'esercizio delle proprie funzioni educative da parte dei genitori
 Stimolare gli insegnanti alla collaborazione con i genitori
 Coinvolgere la comunità nell'esercizio delle proprie responsabilità educative

Il progetto nel dettaglio era così strutturato:

 Invita i genitori a svolgere giochi e attività artistiche con i propri bambini. sono stati creati alcuni fascicoli e
libri specifici che le famiglie possono usare con i figli nello svolgimento delle attività richieste. gli stessi
materiali vengono poi utilizzati anche dagli insegnanti in classe
 Crea continuità con la comunità attraverso alcune giornate in cui le porte delle scuole dell'infanzia di
Charleroi si aprono alla città
 Stimola la costruzione di piccoli gruppi di genitori che si riuniscono per discutere insieme tematiche
educative

Al di là dei risultati, questo progetto è riuscito a concretizzare i principi della Ricerca azione.
CAPITOLO 4

Il metodo etnografico viene oggi sempre più utilizzato nelle ricerche relative ai comportamenti
umani. Si dice etnografico quel procedimento di indagine empirica che vuole illustrare l'esperienza
quotidiana dei soggetti così come appare nei contesti naturali. Lo scopo principale è l'elaborazione
di una teoria del comportamento come sistema culturale in un ambiente determinato. Le radici
affondano in studi antropologici volti alla conoscenza del punto di vista dei nativi attraverso
un'attenta descrizione, traduzione e interpretazione di quel che accade. I ricercatori partecipano alla
vita quotidiana delle persone coinvolte nell'indagine, tramite un’osservazione di tipo attivo e
prolungata nel tempo. È proprio questo il nocciolo, tentare di cogliere il senso che le pratiche
osservate assumono per i partecipanti alla ricerca. Il rapporto che si crea tra ricercatore e
protagonisti non è affatto secondario. L'affettività entra nuovamente a far parte della ricerca e trova
la sua esplicitazione nella relazione che lega il punto di vista esterno del ricercatore a quello interno
dei soggetti coinvolti. L'etnografo si immerge nel terreno si impregna, come dice Sardan quando
scrivi che i ricercatori sul campo vivendo osserva, suo malgrado in un certo verso, e tali
osservazioni vengono registrate nel suo inconscio. Qui sta tutta la differenza tra un ricercatore di
terreno che ha di quello di cui parla una Conoscenza Sensibile per impregnazione e un ricercatore di
biblioteca che lavora su dati raccolti da altri.

Le caratteristiche essenziali del modello etnografico sono:

 L'importanza decisiva accordata al contesto fisico e socioculturale nel quale si svolge l'azione l'interazione
 L'estensione del campo di investigazione si analizzano i comportamenti quotidiani ma anche gli scambi
istituzionali
 Interesse riservato in particolar modo alle applicazioni possibili nell'ambiente scolastico e educativo
 L'adozione di procedure induttive empiriche e naturalistiche, dal momento che i fenomeni vengono
osservati nel loro ambiente naturale.
 È indispensabile studiare il contesto Inteso in maniera dialogica e plurale, come interazione tra i contesti
nei quali hanno luogo i comportamenti professionali.
 Occorre lasciarsi sollecitare dagli eventi e adottare un'ottica esplorativa capace di lasciarsi sorprendere
 L'osservazione è prolungata e ripetuta e i concatenamenti degli eventi sono osservati più di una volta per
stabilire l'attendibilità delle osservazioni
 In qualsiasi ambiente parte dalla conoscenza socioculturale che influenza il comportamento e la
comunicazione è implicita o tacita. un comportamento significativo della ricerca etnografica e rendere
esplicito implicito che sempre condiziona i nostri comportamenti.
 L'osservazione del contesto deve intrecciarsi con la dimensione comunicativa
 L'Osservatore partecipa senza però mai diventare un soggetto locale partecipazione non deve significare
confusione di ruoli
 L'interesse principalmente rivolto studiare i processi semantici dei soggetti stessi senza esplicite finalità
trasformative, attraverso una procedura induttiva.
 Il lavoro che viene svolto è di natura intensiva microscopica e descrittiva

Si evince quanto la ricerca etnografica possa rappresentare un valido approccio per entrare nelle
situazioni educative. Deve essere gestito in modo che venga sempre mantenuto l'equilibrio tra il
processo di attribuzione di significato e la soggettività del ricercatore. Studiare etnograficamente
un'interazione tra pari in un nido, significa partecipare in maniera molto ravvicinata a ciò che
accade per cogliere il significato che i soggetti in gioco attribuiscono agli eventi. Non possiamo
però essere troppo dentro. La domanda è quindi: fino a che punto è possibile che gli eventi osservati
sul campo vengano restituiti nel resoconto etnografico in modo che restino chiare le fonti originarie
e viceversa. La tensione dentro fuori è una tra le sfide più problematiche ma anche più stimolanti.
Ad essa sono collegate la questione della validità della ricerca e della sua generalizzabilità.
Per questi motivi diventa necessario agire con particolare cura metodologica, dichiarando e
documentando la processualità del proprio lavoro. L'esperienza sul campo diventa un dato arricchito
dalle note etnografiche che dovrebbero essere sempre prese in itinere. Sono queste caratteristiche a
fare di tale ricerca una risorsa, dal punto di vista formativo. Il ricercatore prova a mettersi dal punto
di vista dei partecipanti e a dar loro voce. Il fatto di chiedere per capire rappresenta per gli
interlocutori un'esperienza forte. Il potenziale formativo di tutto questo sta nel vedere il ricercatore e
i soggetti impegnati in un tentativo di comprensione dei significati. Viene messo in atto un processo
riflessivo circolare che attiva nelle persone coinvolte una revisione critica dei propri
comportamenti. Quando la ricerca etnografica viene applicata al campo educativo riesce a
intrecciare il fine interpretativo proprio della dimensione etnografica pura alla tensione al
cambiamento che sempre accompagna chi fa ricerca in tale ambito. Ecco allora che condicio sine
qua non di questo tipo di lavoro diventa la progettazione di spazi prima, durante e dopo la ricerca.

Il metodo etnografico è stato tradotto nei diversi settori educativi in vari modi, al fine di adattare
approcci e strumenti di natura antropologica a contesti pedagogicamente orientati. Alcuni spunti
vengono dati dal metodo dell'etnografia visuale, con uso di filmati, introdotto in ambito educativo
da Tobin. Il metodo consiste nella videoregistrazione di una giornata tipo in un contesto educativo,
nel montaggio di un film nel tuo uso come stimolo per la discussione delle idee. I testi trascritti dai
Focus gruppo costituiscono i dati da analizzare. Il metodo presentato la Tobin comprende tre fasi:

 I ricercatori individuano per ciascun contesto culturale coinvolto, una scuola dell'infanzia nella quale
filmare una giornata tipo, facendo attenzione a riprendere alcuni momenti significativi
 I ricercatori rivedere i filmati insieme agli insegnanti protagonisti e selezionano le immagini da usare per il
montaggio di un filmato più breve. il video ridotto viene nuovamente discusso con i protagonisti delle
immagini e con altri ricercatori
 Il gruppo organizza momenti di discussione sui filmati con i protagonisti delle immagini e con
rappresentanti di altre scuole si appartenenti allo stesso contesto culturale che non. in questo modo si
creano differenti livelli di confronto che costituiranno poi dati da analizzare nella ricerca. le discussioni
vengono coordinate dai ricercatori stessi che si fanno facilitatori della comunicazione.

Si tratta di un approccio che pur ponendo dei problemi in relazione ad esempio alla
rappresentatività della scuola scelta, a scelta con rappresentatività. il confronto è la discussione ciò
che intreccia la ricerca alla formazione. All'interno di una cornice di questo tipo che si inserisce una
recente estensione della ricerca di Tobin. La ricerca intitolata Children Crossing Borders ha voluto
nello specifico indagare attraverso la voce dei protagonisti coinvolti in focus group, la percezione di
insegnanti e genitori, autoctoni e non, relativamente alla scuola dell'infanzia e alla multietnicità
presente nelle scuole. Si è voluto dar voce, da un lato, alle idee delle famiglie immigrate
sull'educazione dei loro figli; dall’altro ai modelli educativi presenti nei cinque paesi. L'obiettivo
trasversale è la valenza formativa che tutto questo può avere per i gruppi coinvolti. Il fatto che i
genitori e insegnanti siano chiamati a confrontarsi anche sui filmati girati nelle scuole degli altri
paesi coinvolti, rende possibile la messa in discussione dei propri punti di vista.

L'esperienza esce dal piano del semplice esperito e diventa riflettuta. Il fatto che più persone
abbiano la possibilità di visionare lo stesso filmato apre a interpretazioni differenti e dunque a
confronti quanto mai arricchenti. La riflessività può essere stimolata anche in altri modi per
esempio attraverso immagini non montate utilizzate come rappresentazione di un fenomeno, al fine
di attivare momenti di osservazione e descrizione dei comportamenti relazionali dei soggetti
coinvolti. È il caso del metodo usato in una ricerca condotta in Italia sul finire degli anni 90, allo
scopo di studiare le modalità di ambientamento di bambini piccoli al nido.
PARTE TERZA

CAPITOLO 5

Il termine intervista sembra oggi designare ogni situazione in cui una persona conversi con un'altra
al fine di ottenere delle informazioni. Quando parliamo di interviste in una prospettiva scientifica di
ricerca dobbiamo affinare lo sguardo e scavare nei meandri di una consapevolezza professionale.
Trentini si era scontrato con una molteplicità di significati, determinata da diversi campi di
applicazione dell'intervista stessa. Troveremo una definizione diversa a seconda che a darla sia un
sociologo o uno psichiatra o uno psicanalista... Occorre capire cosa intendiamo quando parliamo di
interviste in relazione a ricerche scientifiche. Alcuni manuali parlano di intervista anche quando
trattano del questionario, specificando che si parla di intervista rigidamente strutturata. In questo
test utilizzeremo il termine intervista per indicare l'interrogazione nell'approccio di natura
qualitativa e il termine questionario per indicare l'interrogazione di matrice quantitativa. In qualsiasi
campo venga messo in atto, possiamo affermare insieme a Kanizsa, che può essere considerata
intervista uno scambio verbale fra due persone, una delle quali è l'intervistatore, che cerca di
raccogliere informazioni o opinioni dall'altra, cioè l'intervistato, su un tema particolare. In questo
senso l'intervista diventa una conversazione con un fine. Il modello verso cui tendere, secondo
Montesperelli, è la conversazione ordinaria. L’intervistatore deve però evitare che il libero fluire del
discorso si riduca uno scambio di chiacchiere, lo stesso intervistato finirebbe per provare
imbarazzo. È dunque l'intervistatore a fornire l'orientamento, pur mantenendo quella flessibilità che
rende l'intervista uno strumento adatto a essere impiegato nello studio delle dinamiche relazionali.
Per questi motivi, l'intervista viene solitamente considerata uno strumento di ricerca di tipo
qualitativo, utile soprattutto per indagare tutte quelle realtà che per la loro mutevolezza e
soggettività, risultano difficilmente trattabili tramite un'oggettiva quantificazione. Stare dentro alla
complessità e darle voce, non significa, però, agire senza una cornice scientifica di riferimento,
significa, casomai, fare appello a quell’idea di scienza aperta e problematica di cui abbiamo parlato,
per indicare i presupposti capaci di orientare una pratica intenzionale possibile a un tempo.
Cominciamo col dire che la relazione di intervista è caratterizzata dalla non casualità, perché è una
relazione voluta e cercata da uno dei due membri dell'interazione. I ruoli dei due interlocutori non
sono intercambiabili. L'intervista dà vita a una relazione asimmetrica, dal momento che
l'intervistatore è lì per acquisire delle informazioni che solo l'altro possiede e questo fa in modo che
l'intervistatore abbia tutti i doveri e l'intervistato tutti i diritti. Lo strumento presenta delle analogie
con il colloquio terapeutico Rogersiano, con la differenza che, mentre in quest'ultimo il paziente a
rivolgersi al terapeuta, nel caso dell’intervista è l'intervistatore che chiede un favore. Quest'ultimo
deve sempre tenere presente queste premesse in modo da:

 Porsi in un atteggiamento di ascolto partecipato


 Essere congruente, ossia mostrare accordo tra parole e sentimenti
 Rassicurare gli intervistati garantendo l'anonimato laddove necessario

Una volta stabilite le regole generali, resta da scegliere quale tipologia di intervista adottare. La
scelta dipende dal livello di approfondimento che vogliamo raggiungere, dagli obiettivi che
intendiamo perseguire. La scelta che proponiamo è tra tre tipologie di intervista, che si
differenziano tra loro a seconda del livello di standardizzazione, nonché del polo di centratura, ossia
del maggiore o minore rilievo che assume una delle due persone impegnata nella relazione.
Possiamo quindi distinguere:

 Intervista libera in profondità o non direttiva: l'intervista è completamente centrata sull’intervistato che
può liberamente scegliere il percorso da seguire e gli argomenti da affrontare riguardo un tema proposto
dall’intervistatore. Una volta proposto l'argomento l'intervistatore si limita ad ascoltare con attenzione
stimolando l'interlocutore a parlare il più liberamente possibile.
 Intervista semi strutturata: si tratta di una tipologia simile all'intervista libera, con la differenza che viene
elaborata una griglia di tematiche che l'intervistatore deve necessariamente affrontare, al fine di ottenere
informazioni particolari. Questa macroarea generale viene suddivisa in microaree più specifiche, ognuna
delle quali deve essere trattata con tutti gli intervistati, sebbene seguendo un ordine che può cambiare. Il
ruolo dell'intervistatore consiste nell'ascoltare quello che viene detto, cercando di riportarla ai temi
contenuti nella griglia ed evitare il più possibile domande dirette. Possiamo liberamente chiedere
chiarimenti su quanto detto e approfondire ciò su cui ci sembra necessario soffermarci. Si tratta di una
tipologia di conduzione che concede ampia libertà all’intervistato e intervistatore, garantendo che tutti i
temi rilevanti vengono discussi.
 Intervista strutturata: le domande sono molto precise, l'intervistatore le stabilisce in anticipo insieme
all'ordine in cui proporle. Le risposte non sono però stabilite, l'intervistato può rispondere con estrema
libertà. In questo caso, anche se la domanda non vincola la libera espressività dell'intervistato, Il solo fatto
di porre le stesse domande con la stessa sequenza a tutti gli intervistati, introduce nella dinamica
dell'intervista un certo elemento di rigidità.

Particolare attenzione merita anche lo strumento di intervista biografica basata sulla raccolta di
storie di vita. Diari, scritti, ma anche video-registrazioni sono mezzi volti a stimolare nei soggetti, la
ricostruzione della propria storia. Anche in questo caso le finalità conoscitive della ricerca si
intrecciano con quelle auto trasformative. Il racconto autobiografico si colloca nella dimensione del
pensiero narrativo. Il pensiero narrativo prende posizione, valuta, esprime il proprio punto di vista
che resta stabile, si trasforma a un tempo. Le potenzialità formative dello strumento autobiografico
rendono idonea questo tipo di tecnica a essere impiegata nei servizi educativi. È stato Duccio
Demetrio a introdurre in Italia la prospettiva autobiografica in educazione.

Le tipologie di intervista sono dunque diverse e non esiste tra loro una relazione di tipo gerarchico,
in quanto ciascuna di esse si adatta a un tipo particolare di ricerca o anche a fasi diverse della stessa
ricerca. Una volta stabilito il genere di intervista, occorrerà scegliere con quale modalità registrare i
dati. La scelta dipenderà, anche in questo caso, dagli obiettivi della ricerca e dal tipo di intervista
utilizzata. S Solitamente sono due le tecniche:

1) Carta e matita, ossia scrivere quello che viene detto nel momento in cui viene detto

2) Registratore munirsi di un piccolo registratore.

Entrambe le procedure presentano pro e contro. La prima può risultare più rassicurante, sia per
l'intervistatore che per l'intervistato perché il foglio scritto delinea i contorni della relazione. Gli
svantaggi però sono numerosi, a cominciare dalla perdita di dati non verbali, quali silenzi,
esitazioni... Scrivere mentre si ascolta può inoltre portare l'intervistatore a non dedicare la dovuta
attenzione a quanto accade nella relazione. Anche l'uso del registratore presenta alcuni svantaggi,
primo tra i quali il tempo necessario a risentire sbobinare l'intervista nonché il fatto che questo tipo
di strumento può essere vissuto dall'intervistato come controllo e mettere a disagio l'intervistatore
stesso. Per questo, è sempre importante, prima di incontrare l'intervistato, avvisarlo sulla modalità
di raccolta dati. La fase successiva allo svolgimento e alla trascrizione delle interviste consiste
nell'analisi dei contenuti emersi, che verrà svolta in modo diverso a seconda della tipologia di
intervista svolta. Uno dei criteri utilizzati, è quello di scomporre il testo in unità di senso, che
possono coincidere con i principali temi trattati. Oggi esistono diversi programmi volti all'analisi
del contenuto dei testi, classificabili in due gruppi:

 I software del tipo CAQDAS, che consentono di etichettare manualmente porzioni di testo con codici
alfanumerici
 I software finalizzati all'analisi semi-automatica mediante tecniche statistiche lessicali.

Nel caso della ricerca Children Crossing Borders, ad esempio, i dati dei focus group sono stati
analizzati utilizzando il software Hyper Research, che consente di archiviare i testi narrativi per poi
recuperare le diverse parti delle trascrizioni e confrontarle tra loro. La presentazione dei risultati
avviene secondo una prospettiva narrativa, cioè attraverso racconti di episodi, di descrizione di casi.
Solitamente si tratta di sviluppare un’argomentazione. Alcuni programmi consentono, in una certa
misura, di effettuare operazioni statistiche anche su testi narrativi, unendo dimensione quantitativa e
qualitativa. Ovviamente si tratta di interventi che possono essere fruttuosi solo se introdotti con una
certa cautela. Nel caso dell'intervista strutturata, l'analisi dei risultati può essere svolta in parte
anche statisticamente, costruendo una vera e propria matrice. In questo modo possiamo avere
un'analisi doppia: quantitativa e qualitativa. Qualunque sia lo strumento che scegliamo di utilizzare,
occorre sempre tener presente che il principio che ci deve orientare è quello dell’epochè, ossia della
sospensione del giudizio, consapevoli, però, che per quanto il ricercatore si sia sforzato di assumere
un atteggiamento non giudicante, comunque la sua presenza può aver determinato una qualche sorta
di suggestione. Il ricercatore dovrà esplicitare le modalità attraverso le quali ha contattato i soggetti
e dal punto di vista dell'analisi dei contenuti dovrà cimentarsi nella loro interpretazione. Occorre
tener presente che l'intervista, più che un atto di osservazione, rappresenta un atto di interazione
attraverso il quale il ricercatore accede direttamente al mondo vitale dell'intervistato. Appare chiaro
quanto diventi fondamentale il lavoro di gruppo, ossia il confronto tra più studiosi che fanno capo
alla stessa unità di ricerca.

Un'intervista condotta in piccolo gruppo, può essere definita focus group, anche se alcuni studiosi
preferiscono parlare di discussione di gruppo, a sottolineare la prospettiva aperta di questo tipo di
strumento. Ad oggi non esiste, nella letteratura, una definizione univoca di Focus Group, ma si è
solitamente concordi nell'affermare che esso è uno strumento di ricerca che coinvolge in una
discussione di gruppo da 4 a 12 persone e con l'aiuto di un moderatore, discutono di un argomento
in un ambiente informale. L'idea risale agli anni 40 (Merton). Lo strumento è stato poi, per molti
versi, dimenticato, per poi essere riscoperto durante gli anni ’80, ed oggi sempre più in campo
sociale e educativo. Il ricorso allo strumento del Focus group, si fa necessario quando si vogliono
indagare temi complessi che si collocano oltre la sfera di comportamenti noti al singolo,
coinvolgendo atti, valori, pregiudizi... Le informazioni che otteniamo saranno differenti da quelle
che emergerebbero tramite l'utilizzo un'intervista. Il tema sul quale discutere viene stabilito in
anticipo dal committente o dal ricercatore stesso, le eventuali domande non dovranno essere rivolte
al singolo ma al gruppo e in apertura dell'incontro, occorrerà specificare alcune regole da tenere
presenti durante la discussione, come quella di cercare di parlare uno per volta, esprimendo le
proprie idee senza timore di essere giudicati. Egli dovrà cercare di unire intenzionalità e flessibilità,
tenendo sempre presente l'obiettivo. Oggi esistono diversi modi per strutturare focus group, sempre
accomunati dal fatto che vi è un moderatore che guida la discussione e un osservatore che
l'accompagna, che la conversazione viene registrata, che la natura delle domande delle risposte non
è standardizzata, che il ricercatore sceglie un piccolo gruppo di persone idonee in base agli obiettivi
di ricerca, e che il gruppo rispetti qualche criterio di omogeneità ma anche di eterogeneità.
Quest'ultimo punto è significativo dal momento che l'omogeneità può favorire la creazione di un
setting confortevole, ma comporta come il limite un potenziale appiattimento delle opinioni. Queste
sopra elencate sono le caratteristiche comuni del focus group, di seguito vengono analizzate le
diverse tipologie di Focus Group in base al numero di partecipanti, al numero degli incontri…

 Full Group: discussione di 90-120 minuti condotta con 8-10 persone. È la forma più usata.
 Mini-group: coinvolge al massimo sei persone consentendo di ottenere informazioni più approfondite
rispetto al full Group.
 Telephone Group: è una conversazione telefonica basata sul fatto che i partecipanti si trovano in luoghi
diversi e comunicano tra loro telefonicamente nello stesso momento.

Questa modalità presenta dei problemi logistici non indifferenti, dal momento che non è possibile
raccogliere informazioni non verbali e l'interazione tra i partecipanti è limitata.

 Focus group su internet: le caratteristiche sono le stesse del focus group tradizionale solo che la
discussione avviene virtualmente. Il vantaggio è la maggiore facilità di reperimento delle persone.
 Videoconferenza: si tratta di un focus group che consente a più osservatori di assistere
contemporaneamente alla discussione.

Per quanto riguarda i servizi per l'infanzia, il Full Group e il mini-group sono le forme più
utilizzate. Una volta completata la registrazione la sbobinatura dei Focus group, si apre la fase
dell'analisi dei dati raccolti. L'analisi avrà lo scopo, non solo di cercare possibili interpretazioni di
quel che emerge, ma anche di conferire pesi diversi ai vari argomenti trattati. Allo stesso modo
occorrerà tenere presente il fatto che un discorso non potrà essere estrapolato dal contesto nel quale
viene prodotto e dovrà essere valutato diversamente, a seconda che sia stato proposto dal gruppo o
dal moderatore. Sia nel caso dell'intervista che nel focus group, buona parte dei risultati dipenderà
dalla capacità di ascolto del ricercatore. Occorrerà che l'intervistatore o moderatore, ascolti il suo
interlocutore con tutti i sensi, come suggeriva Sullivan. Essere ascoltati, significa essere preso sul
serio. L'ascolto, che innesta processi di auto riflessione, di scoperta di sé, deve, però,
necessariamente essere partecipato, interessato e sentito. Ci sono due modi di ascoltare: il primo
consiste nell’impossessarsi dei discorsi dell'altro per metterli al servizio della propria tesi, il
secondo consiste nel sentire l'altro, nel capire da dove parla, nell'andare verso di lui. L'ascolto attivo
rientra in quest'ultima modalità. Bion sosteneva che per diventare dei buoni ascoltatori è necessario
essere in grado di mettere da parte il ricordo, il desiderio e il giudizio. In altre parole, l'ascolto attivo
è il mettersi in discussione che non vuol dire, però, annullarsi. L'ascolto attivo presuppone che
venga mantenuta una netta percezione dei confini tra il proprio se e quello del nostro interlocutore.
Ascoltare attivamente significa attivare un'attenzione capace di coinvolgere tutti i sensi, in modo da
accogliere sia il messaggio verbale che quello non verbale di chi ci sta di fronte. Nello specifico
sono rilevanti:

 I comportamenti legati al linguaggio del corpo


 Quelli prossemici
 Quelli paralinguistici comprendenti il tono della voce o le vocalizzazioni prive di contenuto
 Il grado di contatto fisico tra gli interlocutori
 Le caratteristiche fisiche e gli ornamenti dell'intervistato

Occorre sottolineare che un certo comportamento non ha un'unica interpretazione ma assume


significati diversi a seconda del contesto in cui si manifesta. Possiamo dire che il piano
comunicativo comprende almeno quattro componenti:

 Il contenuto
 La relazione, ovvero l'influenza che la natura del rapporto tra gli interlocutori può avere sulla percezione
del contenuto
 La coloritura emotiva, cioè tutti i sentimenti di emozioni espressi dal comportamento non verbale
 L'aspettativa

Sono quattro fattori che possono irrompere nel processo comunicativo in forma consapevole o
inconsapevole. Non sempre poi il comportamento non verbale è in sintonia con quello verbale. Il
compito di un educatore che svolge un colloquio, un incontro con un piccolo gruppo, è quello di
servirsi di strumenti comunicativi specifici che trovano le loro fondamenta nelle tecniche
incoraggianti del rispecchiamento. Sarà suo compito o dell’ intervistatore, proporre al suo
interlocutore una continua stimolazione dell’approfondimento, tramite il rimando, la
verbalizzazione o il riassunto. L'intento è quello di stimolare nell'altro un processo di presa di
coscienza dei propri vissuti, tramite l'esplicitazione, sempre più approfondita e sentita di quel che
egli stesso afferma. Lo scopo è quello di comprendere il pensiero, i vissuti dell'intervistato. Lucia
Lumbelli si riferisce a questo quando parla di comunicazione non autoritaria, identificandola come
una tipologia di interazione orientata dai principi dell'ascolto empatico e mirante a rendere

ognuno capace di trovare dentro di sé le potenzialità e le risorse utili a superare ogni evento della
propria vita. Ispirandosi ai principi rogersiani, la comunicazione non autoritaria si serve di una serie
di strumenti specifici:

- L'ascoltatore deve tendere verso l'altro in maniera partecipe, consapevole che il tuo modo di essere
si ripercuote sul modo di essere dell'interlocutore e viceversa.

- A chi ascolta si chiede di accogliere incondizionatamente attraverso un atteggiamento non


giudicante e avalutativo.

Rogers Individua proprio nel cosiddetto colloquio non direttivo una valida forma di comunicazione
attraverso la quale mettere in atto tutti i principi sopra esposti. In questo tipo di interazione, il
terapeuta cerca di condurre la conversazione in maniera non rigida, lasciando spazio alle
argomentazioni che emergono dall’interlocutore in modo spontaneo. Il consiglio di Roger è quello
di non porre domande dirette durante il colloquio. Gli interventi dovranno, quindi, essere indiretti e
riprendere o rispecchiare ciò che l'altro ha detto, ha dimostrato di sentire. Per far questo, il terapeuta
deve ascoltare il suo interlocutore con tutti i sensi, servendosi di una serie di precise tecniche di
incoraggiamento verbale:

 Tecnica del rispecchiamento: consente di proporre all'interlocutore una continua stimolazione. Questa
tecnica si può tradurre in riformulazione eco o un intervento a specchio, quindi, si ripropone a chi ti sta di
fronte le ultime parole pronunciate nell'intento di incoraggiarlo a continuare.
 Il riepilogo: si tratta di riassumere un intervento particolarmente lungo dell'intervistato cercando di
rimarcare i punti importanti e fine dell'intervista
 Riflesso del sentimento: consiste nel riproporre al nostro interlocutore i sentimenti che ci sono sembrati
sottesi alle sue parole.
 L'estensione: Mira ad acquisire altre informazioni dal soggetto intervistato, relativamente ad argomenti
da Luisa tra stati e abbandonati perché molto intensi a livello emotivo

In questi casi è importante l'uso di espressioni dubitative che lasciano sempre all'interlocutore la
possibilità di smentirsi e di spiegarci meglio, il tutto espresso attraverso un tono di voce che deve
cercare di mantenersi neutro. Affrontare argomenti delicati non significa rendere l'intervista
pesante.

È chiaro che il linguaggio utilizzato assume una rilevanza particolare che non può essere lasciata al
caso. Entra in gioco quella che Semi, in relazione al colloquio, definisce la regola del linguaggio.
Questo significa che durante l'intervista, l'intervistatore si deve assicurare che il significato
attribuito ai termini utilizzati sia lo stesso per lui e per l'interlocutore. Anche la tipologia delle
domande da utilizzare deve essere pensata in anticipo e scelte in base agli obiettivi della ricerca,
consapevoli del fatto che possiamo ottenere risposte molto diverse a seconda del tipo di domanda.
Una cosa importante da tenere di conto è aprire una comunicazione con l'espressione o domande
che creino e costruiscano fiducia tra intervistatore e intervistato. Ciò che è importante è sia cosa la
persona risponde o dice e sia come lo dice. Distinguiamo tra domande dirette e indirette a seconda
del livello di profondità a cui vogliamo aggiungere. Le prime mirano ad una risposta precisa, le
seconde lasciano lo spazio all’intervistato di organizzare la risposta. È buona norma che gli
interventi degli intervistatori siano brevi e chiari e le domande non devono essere doppie, ossia
evitare di proporre più di una domanda alla volta. Anche l'espressione “ In che senso?” merita
attenzione. Se può essere utilizzata dall'intervistatore per chiedere spiegazioni approfondite, quando
viene utilizzata dall’intervistato, rappresenta un sensore importante che può indicare che si è toccato
un argomento delicato e da trattare con attenzione. Secondo La Mendola, come primo passo lui
tende a stare zitto perché crede che la migliore mossa per sostenere l'altro e per rimanere aperti
senza perdere la propria centratura è il silenzio. Bisogna tener di conto anche il fatto che anche
l'intervistatore può commettere errori, l'importante è esserne consapevoli, mantenendo la propria
centratura, ossia ascoltando quel che si muove dentro di noi.

ESEMPI DI INTERVISTE: sono importanti l'apertura e la chiusura dell'intervista. è buona norma


cominciare con il benvenuto e con il riassunto dello scopo dell'intervista mettendo a proprio agio
l'intervistato. si ricorda la modalità di raccolta dei dati e che verrà mantenuto l'anonimato. Alla fine
dell'incontro si ringrazia per la disponibilità cercando di valorizzare la preziosità delle informazioni
ottenute e la loro rilevanza per la ricerca.

ESEMPI DI FOCUS GROUP ESEMPI DI COLLOQUI


CAPITOLO 6

Osservare non è guardare, è piuttosto uno sguardo intenzionale sulle cose, che si traduce nella
descrizione delle caratteristiche di un particolare evento o situazione. È uno strumento definito
solitamente qualitativo, anche se dipende dalle modalità con le quali viene utilizzato. Nelle ricerche
su e con l'infanzia, osservare è essenziale. Le note di Darwin segnano una svolta per la psicologia
dello sviluppo, non solo per la valorizzazione della Dimensione osservativa, ma anche per l'accento
posto sulle competenze interattive del bambino reale. L'osservazione impone di fare i conti con i
limiti delle teorie esistenti, costringendo la concettuale dicotomia natura-cultura a calarsi in eventi
concreti. Lo strumento osservativo godrà di scarsa fortuna nei decenni successivi, quando il già
citato entusiasmo quantitativo porterà a prediligere approcci di tipo sperimentale. Le numerose
critiche degli anni ‘70 a questo tipo di approccio, sfoceranno in un cambiamento di prospettiva. Una
per tutte, la voce di Bronfenbrenner che scrive “ si potrebbe dire che molto dell'attuale psicologia
dell'età evolutiva è la scienza del comportamento inusuale di bambini posti in situazioni insolite con
adulti sconosciuti per il più breve tempo possibile”. Nel nostro paese, un grande merito deve essere
riconosciuto alle istruzioni di Maria Montessori, la quale punta sullo sviluppo delle competenze
osservative delle insegnanti della casa dei bambini. La dottoressa promuove una pedagogia
differente che cerca di partire dal bambino reale, ascoltandone le esigenze e le risorse. Per questo la
maestra deve insegnare poco e osservare molto. Ecco che il compito dell'insegnante diventa quello
di organizzare l'ambiente, attendendo poi che i bambini si concentrano su un determinato materiale
per poter osservare i comportamenti messi in atto. Sarà a partire degli anni ‘80 che si cercherà
sempre più di studiare il bambino nel suo complesso, quindi le indagini descrittive verranno
affiancate da ricerche a taglio interpretativo, all'interno delle quali anche la scelta della tipologia
osservativa da adottare seguirà criteri più aperti. Gli ultimi decenni hanno visto una rinnovata
diffusione degli strumenti osservativi, anzi, grazie al maggior interesse che in questo periodo si è
andato ad affermare verso l'età prescolare. Osservare, per programmare, documentare, verificare e
valutare rientrano in quelle che possiamo definire competenze metodologiche dell'educatore,
insieme alle competenze riflessive relazionali ecc.… che insieme vanno a definire la professionalità
di chi quotidianamente lavora con bambini e famiglie. Tutto ciò avvicina la figura dell'educatore o
dell'insegnante a quella del ricercatore, proponendo una visione dinamica dell'educazione. Se da un
lato è corretto distinguere tra l'osservazione realizzata ai fini della ricerca e quella condotta nella
pratica educativa, come strumento di lavoro per conoscere le persone con cui si lavora e per
rimodellare la progettazione in itinere, dall'altro è anche importante ribadire che educazione e
ricerca si muovono su terreni confinanti a volte poco distinguibili. così come le osservazioni svolte
a fine di ricerca diventano esaurienti quanto più viene consentito il confronto tra più osservatori,
anche le osservazioni effettuate dagli educatori di un nido acquisiscono maggiore esaustività e
ricchezza se la stessa situazione o viene osservata da più persone o se viene quantomeno garantito
uno spazio di confronto su ciò che emerge.

Esistono diversi modi di osservare. Possiamo distinguere, innanzitutto, tra osservazione


naturalistica, attraverso la quale il ricercatore non esercita alcun tipo di controllo sul proprio oggetto
di studio e osservazioni in condizioni controllate, durante la quale si cerca di imporre un certo grado
di controllo sulla situazione da osservare. L'osservazione in condizioni controllate si differenzia
dalla sperimentazione vera e propria perché non comporta una manipolazione sperimentale della
variabile indipendente. Il ricercatore predispone alcune situazioni che ritiene

possano favorire l'emergere spontaneo del comportamento che ci interessa. Risulta essere
semplicistica l'equivalenza tra ambiente naturale e assenza di ristrutturazione, perché possono
benissimo esistere ricerche sul campo che prevedono un certo grado di strutturazione, ponendo
osservazione ed esperimento su un continuum non sempre distinguibile. Per questo si preferisce
oggi parlare di osservazione diretta più che naturale, per distinguerla dagli strumenti di osservazione
indiretta, identificabili nel questionario, nell'intervista, nei test. L'osservazione diretta può essere
condotta in tre prospettive:

 Psicoanalitica: si focalizza sull’interazione del bambino con la madre, ma può essere estesa anche ad altri
ambiti educativi. Già Freud aveva accennato l'importanza dell'osservazione sottolineando aspetti poi ripresi
approfonditi da Winnicott il quale evidenzia la necessità di accostare all'analisi degli elementi inconsci della
mente anche L'osservazione diretta. I contributi più significativi si avranno negli anni 50, quando si
comincerà a sottolineare l'importanza dell'osservazione al fine di sviluppare teorie sulla primissima infanzia.
Tra le varie tecniche sviluppate, particolare rilevanza assume l'infant observation, che prevede in
particolare l'osservazione sistematica della coppia madre-figlio all'interno delle pareti domestiche nel corso
dei primi anni di vita. Lo scopo è cogliere l'unicità dello sviluppo di ogni bambino e delle sue modalità di
interazione con la madre. Oltre a essere svolte in ambiente naturale e a focalizzarsi sui minimi dettagli
comportamentali, la caratteristica principale è il dover guardare in due direzioni: verso l'esterno e verso
l'interno, ossia deve prendere in considerazione sia ciò che vede fa e sente il soggetto osservato, sia quello
che vede fa e sente l’osservatore. L'osservatore non è dunque solo partecipante, in quanto interviene
direttamente sulla situazione da osservare. Ecco perché le descrizioni delle osservazioni psicoanalitiche non
si limitano ad aspetti comportamentali, ma si estendono alla sfera emotiva. Non è un caso che i dati
vengano annotati dopo l'osservazione e senza l'ausilio di strumenti statistici. Si tratta di mantenere
l'equilibrio tra il rispetto della aderenza al dato osservato sul piano fattuale e la mediazione costituita dalla
soggettività dell'osservatore. I limiti sono la mancanza di attendibilità dei dati raccolti laddove l’osservatore
sia unico.
 Piagetiana: prende il nome dagli studi di Piaget, che ha condotto sui suoi tre figli nei loro primi anni di vita.
È una modalità osservativa da utilizzare in ambiente naturale alla presenza di un osservatore umano
guidato da precisi ipotesi da confermare o falsificare. Lo studio viene condotto con continuità, secondo una
procedura che ha molti punti in comune con quella diaristica. Il tempo di osservazione non è prefissato ma
si stende con intervalli di diversa durata, prendendo in esame relazioni e trasformazioni che lo
caratterizzano. la validità dell'osservazione è di tipo causa effetto e di costrutto. Pertanto, la fedeltà non
può essere studiata da un punto di vista statistico. Caratteristica particolare di questa modalità è il fatto che
l’osservatore non si limita a prendere atto del comportamento osservato, ma interviene personalmente per
modificare la situazione oggetto di osservazione. Quello che differenzia l'osservazione piagetiana da quella
psicoanalitica è il fatto che nella prima il ricercatore non prende in esame i cambiamenti che i suoi
interventi comportano da un punto di vista relazionale, ma solo i conseguenti comportamenti dei bambini
in risposta ai nuovi elementi introdotti. Lo studio psicoanalitico si sofferma sulla relazione.
 Etologica: Prende le mosse dall’etologia ossia dalla scienza che studia il comportamento animale. Prevede
nello specifico: che i soggetti vengano studiati nel loro ambiente naturale di vita, la descrizione analitica
non valutativa e quindi interpretativa dei comportamenti osservati, la non interferenza dell'osservatore il
quale deve cercare di non influenzare il comportamento spontaneo dell’osservato. Quest'ultimo aspetto
può essere affrontato in diversi modi: l’osservatore può utilizzare uno specchio unidirezionale dal quale
osservare senza essere visto oppure può essere utilizzata la videoregistrazione. Questo approccio adotta
una serie di misure che consentano la registrazione, la descrizione e la catalogazione sistematica dei
comportamenti osservati al fine di poterli interpretare Alla luce di ipotesi. Una volta registrati i dati inizia la
fase di catalogazione dei comportamenti, tenendo presente l'obiettivo che orienta l'agire del soggetto. Alla
catalogazione segue l'interpretazione e la formulazione di ipotesi: compito dell'osservatore diventa quello
di analizzare la sequenza comportamentale individuata nella rilevazione precedente. L'ultima fase della
ricerca prevede poi la verifica delle ipotesi elaborate, attraverso una nuova osservazione. Oltre ai filmati, la
registrazione dei dati tramite checklist si rende necessaria. Nel caso l'osservazione venga svolta nei servizi
educativi, da un insegnante o da un’educatrice, occorre cercare di tenersi a distanza lasciando che i bambini
familiarizzano con la presenza dell'osservatore per un po' di tempo. L'osservazione etologica risulta
particolarmente adatta alle istituzioni educative, soprattutto quando si ha a che fare con i bambini. Il limite
di questa tipologia viene individuato nel fatto che anche la descrizione più accurata di un fenomeno non
garantisce mai lo l'assoluta oggettività e rappresenta sempre uno sguardo selettivo.

Le tecniche osservative descritte sono state spesso rivisitate per essere utilizzate nei servizi per
l'infanzia, per creare griglie ad hoc adattabili alle situazioni che di volta in volta vogliamo
osservare. Qualunque sia l'orientamento scelto, il problema della soggettività deve essere affrontato.
Se gli osservatori etologici considerano l'interpretazione soggettiva un rischio, i ricercatori che si
rifanno alla psicoanalisi vedono invece nella soggettività una potenzialità e la pongono alla base
della stessa interpretazione dei dati raccolti. Oltre al fatto che la presenza stessa dell'osservatore sul
campo provoca degli effetti sui comportamenti delle persone, è necessario evidenziare che ogni
osservazione è e sarà sempre influenzata dalla soggettività dell'osservatore, che tralasciare taluni
aspetti che invece un altro osservatore coglie con puntualità. Bisognerà preoccuparsi dello stato
psicofisico dell'osservatore stesso che potrà riportare dati manchevoli se alle prime armi o in preda
all'ansia.

Formare all'osservazione significa molte cose. Innanzitutto, imparare a decentrarsi e ad aprirsi alla
scoperta. Questi due fattori devono stare dentro ad una cornice orientativa che chiarifichi:

 Il perché osserviamo, quindi il nostro obiettivo


 Il cosa, cioè dove si poserà il nostro sguardo
 Il come, cioè in che modo ci proponiamo di osservare, ossia chi effettuerà la registrazione dei dati  Il
dove, cioè in quali luoghi fisici vogliamo osservare
 Il quando, cioè in quali tempi e per quanto tempo. possiamo usare un campionamento temporale che
prevede che il soggetto venga osservato a intervalli di tempo in una durata uniforme; ho un
campionamento di eventi quando si è interessati agli aspetti relativi alla sequenza e modalità con cui si
verifica un comportamento; la tecnica dei diari nel seguire l'evoluzione di uno o più soggetti
continuativamente per un arco di tempo prefissato che può durare anche anni.

Una volta stabilita la cornice di riferimento sarà possibile creare griglie ad hoc per le diverse
situazioni che intendiamo studiare. È all'interno di un orientamento metodologico di questo tipo che
diventa possibile lasciare spazio alla scoperta dello stupore che ogni attività di osservazione
racchiude in sé. Per questi motivi un riadattamento dell'osservazione di tipo ecologico può risultare
adeguato in certe situazioni, laddove di questo strumento si conservi la sospensione del giudizio.
La semplice descrizione di quel che avviene apre al confronto che può essere condizionato
dall’espressione di un giudizio valutativo.

Effetto Pigmalione: consiste nella tendenza a registrare o privilegiare ciò che ci si aspetta o si
desidera che accada trascurando la contestualizzazione degli eventi.

Molto interessante è il lavoro portato avanti dall'equipe dell'Istituto di scienze e tecnologie della
cognizione. Il percorso proposto sostiene un processo di analisi e di riflessione attorno al
funzionamento effettivo del servizio e alla qualità dell'esperienza offerta ai bambini. Nello specifico
si propone di utilizzare la modalità dell'osservazione narrativa per registrare le proprie osservazioni.
La documentazione scritta si fa traccia, memoria, aprendo a una rielaborazione dell'esperienza. A
questo proposito sono stati elaborati i 3 strumenti:

 Il diario delle educatrici


 Il rapporto osservatorio
 Il rapporto di processo

Ognuno dei quali vuole indagare le seguenti aree tematiche:

 Le transizioni tra famiglie servizio


 Le dinamiche sociali
 Le attività dei bambini
 I momenti di cura
 L'uso dello spazio

In particolare, attraverso il diario delle educatrici viene descritto lo svolgimento delle giornate che
compongono una settimana del servizio. Questo può essere arricchito dal rapporto osservativo da
redigere circa ogni quattro mesi. Descrive e analizza un'intera giornata all'interno del servizio, in
modo da fornire una narrazione particolarmente approfondita. Questo si basa sull'osservazione delle
unità sociali, lo sguardo e quindi sul contesto è sul gruppo. L'osservazione deve essere svolta da due
operatrici non direttamente coinvolte nella situazione osservata. Chi osserva deve essere presente
sul campo per tutta la durata dell'osservazione, prendendo qualche appunto. In un secondo momento
l’osservatore dovrà a stendere il resoconto soffermandosi sulla descrizione degli eventi e sulla loro
valutazione. L'ultimo strumento mira a esplicitare il significato del processo dell'esperienza dei
bambini, al di là e oltre la giornata o la settimana. Questo strumento cerca di captare il tipo di
continuità o trasformazione attraverso l'analisi integrata della documentazione raccolta con i due
strumenti precedenti. L'acquisizione di competenze osservative e quindi fondamentale nel processo
di formazione del ricercatore.

Osservazione e valutazione sono dunque strettamente legate. Osservare e documentare la


quotidianità dei servizi per l'infanzia rappresentano il primo passo per valutarla e quindi per
garantire la qualità e la crescita dei servizi stessi. È in questa prospettiva che nascono le scale di
valutazione per nido e scuole dell' infanzia, con l'obiettivo di individuare gli indicatori necessari a
definire la qualità dei servizi. Basti pensare allo SVANI che è una scala di valutazione che consta di
37 items quantitativamente orientati e raggruppati in 7 subscales:

 Arredi e materiali
 Routine
 Linguaggio
 Apprendimenti
 Interazioni
 Organizzazione delle attività
 Bisogni degli adulti

Definire la qualità non è semplice, devono essere presi in considerazione più punti di vista. È anche
alla luce di questi dati che appare essenziale interrogarsi sulla qualità delle offerte educative e
cercare di misurarla attraverso modalità di valutazione dell'efficienza del servizio. All'interno dei
servizi per la prima infanzia è possibile individuare:

 Una qualità pedagogica progettata, data dall'analisi delle attività educative, dalla loro organizzazione e
delle scelte pedagogiche sottostanti
 Una qualità attesa e percepita da utenti e personale lavorativo
 Una qualità gestionale

La progettazione di sistemi di valutazione e analisi deve dunque tener conto di tutti i protagonisti
coinvolti, compresi i bambini, in modo da garantire un confronto capace di far emergere una
fotografia il più possibile esauriente della realtà di un servizio.

CAPITOLO 7

Tra gli strumenti dell' indagine quantitativa, assieme ai testi alle griglie di osservazione tramite
checklist, il questionario ha un ruolo di rilievo. Viene scelto spesso quando si ha a che fare con un
campione numericamente vasto da analizzare ed ha dei risultati più generalizzabili. Il fatto che a
ciascun soggetto vengano somministrate le stesse domande, garantisce un successivo confronto più
standardizzato tra le risposte. L'aspetto che viene invece a mancare è l'approfondimento e la
personalizzazione delle risposte ottenute. È necessario che siano chiari il motivo per il quale si
lavora e l'obiettivo che si intende raggiungere. Per costruire un questionario occorre partire dagli
scopi della ricerca da declinare poi in macroaree tematiche specifiche. Queste verranno suddivise in
variabili, a loro volta declinate in risposte chiare ed esaurienti, items. Le macroaree non devono
necessariamente contenere lo stesso numero di domande ed è meglio non specificare la
denominazione della macroarea nel corpo del questionario. È In base allo scopo che ci proponiamo
di raggiungere e alle eventuali ipotesi di partenza che ci orienteremo verso un tipo di questionario
piuttosto che un altro. Il ricercatore deve scegliere ogni item con estrema accuratezza cercando di
essere consapevole del grado di influenza che il proprio sistema culturale di riferimento può giocare
nella formulazione e somministrazione delle domande stesse. Dovrà utilizzare un linguaggio che sia
in linea con quello degli intervistati in modo che i termini utilizzati non corrano il rischio di essere
fraintesi.

Queste indicazioni generali devono essere tenute presenti, qualunque sia la tipologia di domande
adottata, che si tratti di domande a risposta aperta o domande a risposta chiusa. Quest'ultime
corrono il rischio di impoverire gli argomenti trattati ma se ben costruite, limitano tutti quei
fraintendimenti che possono invece scaturire dalle domande a risposta aperta. Laddove si opti per
domande a risposta chiusa occorrerà individuare il tipo di quesito strutturato che si intende
utilizzare, scegliendo tra:

 Domande con alternativa: per le quali esistono soltanto due risposte che si escludono a vicenda
 Domande a scelta multipla: per le quali è possibile scegliere una tra le risposte indicate
 Domande a risposta multipla: alle quali si può dare più di una risposta
 Domande filtro: che rinviano a seconda della risposta adatta a diverse sotto parti del questionario stesso
Le domande dovranno essere brevi perché si è troppo lunghe possono annoiare o confondere
l'intervistato. Devono essere chiare, cioè chi risponde deve essere in grado di capire cosa vogliamo
da lui; non devono essere suggestive; non devono essere doppie; non devono contenere asserzioni
presupposte. Può essere ambiguo anche quando il suo significato è interpretabile in più modi.
Linguisticamente parlando le domande con costruzione grammaticale difficile possono risultare
ambigue. Occorrerà anche prestare attenzione al fatto che le domande non devono superare il livello
di istruzione del campione. Anche l'ordine secondo il quale disponiamo le domande riveste una
certa rilevanza. Seguendo le indicazioni di Bailey, possiamo ricordare:

 Inserire le domande delicate o potenzialmente imbarazzanti e quelle aperte nell'ultima parte del
questionario perché solitamente richiedono un livello di riflessione che viene facilitato dal fatto di essere
già entrati nell'argomento
 Prima si formulare prima le domande a cui è facile rispondere
 Mettere le domande in ordine logico
 Evitare di favorire risposte in serie. L'ordine logico può essere consapevolmente infranto da parte del
ricercatore, qualora ritenga che la formulazione di molte domande consecutive sullo stesso argomento
possa produrre una serie di risposte uguali. Il ricercatore è autorizzato a cambiare l'ordine logico delle
domande al fine di evitare il rischio di Response set.
 Verificare se sia applicabile la tecnica dell' imbuto, secondo la quale vengono formulate prima le
domande ampie per poi restringere il campo.

In certi casi può essere utile utilizzare scale grafiche in modo da semplificare la lettura e dunque la
scelta dell’item da parte di chi risponde. possiamo chiedere il grado di accordo o disaccordo o
possiamo proporre una scala rappresentata tramite una face scale. in questi casi il problema consiste
nel decidere quale valore numerico assegnare alle risposte date. Il rischio è quello di forzare la
risposta del soggetto all'interno di una categoria che non necessariamente corrisponde alla sua reale
scelta. Le scale grafiche, e nello specifico le face scale, sono particolarmente utili nelle ricerche che
coinvolgono i bambini. All'interno di uno stesso questionario è possibile far coesistere domande di
natura diversa pur dovendo rispettare tutta una serie di cautele e di precauzioni necessarie. È
fondamentale accompagnare le domande con un’introduzione esplicativa in cui esporre gli obiettivi
della ricerca. Allo stesso modo sarà necessario fare in modo che le categorie di risposta siano
mutualmente esclusive, ossia che ogni domanda definisca le proprie risposte in modo esaustivo,
prevedendo tutti gli item possibili. In particolare, occorrerà considerare il fatto che una variabile
può variare di continuo, vale a dire che forma un continuum perfetto. Possiamo avere variabili
continue, con un numero infinito di stati impercettibilmente diversi l'uno dall'altro, e variabili
discrete con un numero finito di stati distinguibili l'uno dall'altro.

Una variabile è un vettore di segni che rappresentano gli stati dei casi sulle proprietà. Le variabili
rappresentanti le proprietà che interessano una specifica ricerca si trovano sulle colonne della
matrice dei dati relativi all'indagine. Una ricerca mira ad esaminare i rapporti esistenti tra più
variabili. Se questo rapporto è unidirezionale si definisce dipendente, la variabile che ipotizziamo
possa modificarsi in funzione delle variazioni di un'altra variabile si dice indipendente. Le opinioni
delle persone, le loro idee o i loro comportamenti sono assunti come variabili dipendenti
solitamente, le cui caratteristiche vengono dunque studiate al variare delle variabili indipendenti. In
realtà ogni variabile può essere considerata dipendente o indipendente a seconda degli scopi di
ricerca e un questionario prevede di solito domande relative a entrambe queste tipologie di
variabile. Quello che una ricerca cerca di fare è studiare legami tra le variabili in gioco esaminando
tale rapporto a livello correlazionale, che significa misurare se le variabili A e B tendono a essere
compresenti. A un livello di indagine più complesso possiamo poi stabilire l'esistenza di rapporti di
causa-effetto tra le variabili. Nel campo della ricerca educativa i rapporti di causa-effetto sono
perlopiù ipotetici. Il fatto stesso che ad A segua B poco si addice al campo della ricerca pedagogica
all'interno del quale i rapporti sono sempre pluri direzionati. Le proprietà rappresentate dalle
variabili sono misurabili a livelli differenti. In particolare, in un crescendo di precisione nella
misurazione abbiamo diverse scale:

 Scala nominale: permette di individuare le variazioni di una variabile, ma non di misurare specifiche
qualità.
 Scala ordinale: permette di ordinare lungo una singola dimensione le variazioni di un fenomeno. I valori
attribuiti alle variazioni ci permettono di classificare gli oggetti a seconda della loro grandezza lungo la
dimensione analizzata.
 Scale a intervalli: consente di ordinare le variabili lungo un continuum con N intervalli.
 Scala a rapporto: permette una misurazione in cui la distanza tra due valori qualunque della scala è
identica alla distanza tra altri due valori qualunque

Una volta terminata questa prima parte di costruzione e somministrazione delle domande, si si passa
alla fase di codifica, registrazione analisi dei dati raccolti. Tali operazioni richiedono una certa
conoscenza della statistica e oggi si effettuano in modo rapido Grazie all'utilizzo di package
informatici. Nella ricerca quantitativa la fase di codifica del materiale ottenuto prevede la
costruzione di una matrice di dati, ossia la trasformazione dei dati verbali in dati numerici. Tali
valori numerici assegnati possono: coincidere con la risposta del soggetto, oppure essere assegnati
in maniera arbitraria. Nello specifico si tratterà di costruire una matrice di dati in cui le n righe si
trasferiscono agli n soggetti e le n colonne si riferiscono alle misure delle n variabili. I valori
numerici assegnati agli items verranno inseriti nelle celle. In seguito, potremo decidere se inserire o
meno i dati delle risposte non date nella nostra analisi. Una volta inseriti i dati ottenuti dai
questionari in un foglio Excel, il programma statistico elaborerà la relativa tabella. La tabella si
spiega nei seguenti termini:

 Count: frequenza ossia valore numerico denotante in questo caso il numero di soggetti che ha scelto un
determinato ai tempi di risposta.
 Cum Count: frequenza cumulata nella cui distribuzione viene riportata non la sua frequenza ma la somma
delle frequenze corrispondenti a quel valore e a tutti quelli inferiori.
 Pct: percentuale indicante il rapporto tra la numero di ogni singola classe quella totale.
 Cum Pct: percentuale cumulata nella cui distribuzione, in corrispondenza di ogni valore della variabile,
viene riportata non la tua frequenza percentuale ma la somma delle frequenze percentuali corrispondente
a quel valore e a tutti quelli inferiori.
 V1sesso: variabili relative al sesso

La tabella può essere rappresentata tramite un grafico oppure in certi casi può essere preferibile
utilizzare un istogramma. L'analisi viene definita univariata un monovariata quando le variabili non
sono incrociate tra loro. L'analisi può anche essere bivariata quando vengono presi in esame la
relazione tra due variabili, o multivariata dove sono presi in esame la relazione tra più variabili e
costruiscono le relative tabelle cosiddette a doppia entrata.

Nei servizi per l'infanzia il questionario può essere utilizzato per scopi differenti, per esempio per
indagare la soddisfazione del servizio da parte dei genitori. Un esempio sono i questionari distribuiti
agli insegnanti e ai genitori di alcune scuole dell'infanzia della Toscana, nell’ambito della ricerca
regionale “ bambini e genitori immigrati nei servizi per l'infanzia in Toscana: modelli educativi e
questioni di metodo” che si colloca all'interno dell'approfondimento italiano inserito nel progetto
Children Crossing Borders. Lo scopo era di confrontare i punti di vista diversi, approfondito
ulteriormente attraverso lo svolgimento di specifici focus group.
L'elaborazione dello a seguito alcune fasi:

 La prima fase ha previsto una discussione e confronto tra le varie unità di ricerca al fine di mettere in
comune le idee
 La seconda fase ha riguardato una prima costruzione dello strumento. la prima parte del questionario
ricorda le finalità della ricerca e chiarifica le modalità di risposta, Ringraziando per la collaborazione,
passaggio fondamentale. I contenuti nel caso del questionario per l'insegnante e le macroaree affrontate
possono essere identificate in:
1. Dati anagrafici e informazioni di con testo
2. Conoscenza del fenomeno migratorio
3. Accoglienza dei bambini stranieri
4. Dimensione relazionale
5. Rapporto scuola famiglia

Per quanto riguarda il questionario per i genitori, le macroaree erano le seguenti:

1. Dati anagrafici e storia dell'immigrazione


2. Situazione familiare
3. Situazione abitativa
4. Livello di istruzione e conoscenza della lingua italiana
5. Educazione familiare e rapporto con la cultura d'origine
6. Rapporto con la scuola dell'infanzia

 Una volta costruiti gli strumenti sono stati provati in una scuola Fiorentina
 Dopo la prima somministrazione, sono seguiti alcuni incontri tra i ricercatori coinvolti per discutere le
eventuali modifiche degli strumenti. È emersa l'adeguatezza del questionario per quel che riguarda le
tematiche affrontate.
 A questo punto e questionario di elaborati sono stati somministrati nelle scuole dell'infanzia di alcuni
comuni toscani
 I dati emersi sono stati lavorati tramite il software SYSTAT.

I risultati sono stati poi incrociati con quelli emersi dai focus group, in maniera da dare vita a una
reale virtuosa circolarità tra dimensione quantitativa e qualitativa.

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