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La cosiddetta profezia delle “Settanta settimana” è contenuta nell’Antico Testamento, in particolare nel Libro di Daniele
e sembra predire esattamente la venuta del Messia.
Secondo Wikipedia (e anche Cathopedia) l’ipotesi maggiormente condivisa dagli studiosi sarebbe che la redazione definitiva
del Libro sia avvenuta in Giudea attorno al 164 a.C., elaborando materiali antichi. E’ una decisione presa durante gli anni
di razionalismo e revisionismo storico, dove venne messa in dubbio anche l’autenticità stessa del libro di Daniele. Fu
l’Encyclopedia Britannica a sostenere che la data avrebbe dovuto collocarsi tra il 167 e il 164 a.C., rifacendosi alle teorie
del III secolo d.C. avanzate dal filosofo anticristiano Porfirio. Molti studiosi oggi ritengono comunque che la data di
compilazione sia attorno al 536 a.C. e che il Libro sia stato redatto a Babilonia. Ma questo non interessa molto la nostra
trattazione, quello che è importante è che sia certificata la sua presenza prima di Cristo.
La stratificazione di testi diversi si riflette nel fatto che il Libro è scritto in parte in ebraico, aramaico e in parte in greco. I
contenuti sono basati sulle parole del profeta Daniele, vissuto durante l’esilio babilonese (a partire dal 605 a.C.).
Secondo lo storico Giuseppe Flavio, Daniele fa parte della stirpe regale davidica (Antichità giudaiche, X,X,1). Moltissimi
storici concordano sul fatto che Daniele, oltre 500 anni prima (o oltre 100 anni prima a seconda dei punti di
vista) profetizzò in modo dettagliato la venuta di Gesù Cristo, la sua Passione, la morte e la distruzione di
Gerusalemme, indicando il preciso periodo temporale in cui tutto questo sarebbe dovuto avvenire. Questa è la cosiddetta
“profezia delle settanta settimane”. E’ importante sottolineare ancora che il contenuto della profezia venne ultimato, diffuso
e conosciuto sicuramente prima del 163 a.C.
LA PROFEZIA DI DANIELE
Il Libro racconta che nel 538 a.C. Ciro II di Persia (detto anche “il Grande”) conquista il regno babilonese ed emette un
editto con il quale consente agli ebrei di fare ritorno in patria e ricostruire il tempio di Gerusalemme. Questo fatto era stato
profetizzato dal profeta Geremia (cfr. La profezia del profeta Geremia). Gruppi di ebrei cominciarono a tornare, e Daniele,
facendo parlare Dio, annuncia loro questa profezia.
«Settanta settimane sono fissate per il tuo popolo e per la tua santa città per mettere fine all’empietà, mettere i sigilli ai
peccati, espiare l’iniquità, portare una giustizia eterna, suggellare visione e profezia e ungere il Santo dei santi. Sappi e
intendi bene. Da quando uscì la parola sul ritorno e la ricostruzione di Gerusalemme fino a un principe consacrato, vi
saranno sette settimane. Durante sessantadue settimane saranno restaurati, riedificati piazze e fossati e ciò in tempi
angosciosi. Dopo sessantadue settimane un unto (che significa Messia, Cristo, nda) sarà soppresso senza colpa in lui. Il
popolo di un principe che verrà distruggerà la città e il santuario. Egli stringerà una forte alleanza con molti per una
settimana e, nello spazio di metà settimana, farà cessare il sacrificio e l’offerta. Sull’ala del Tempio porrà l’abominio della
desolazione e ciò sarà sino alla fine, fino al termine segnato sul devastatore» (Dan 9,24-27)
SI PARLA DI ANNI E NON DI SETTIMANE. Questo genere di profezia è unica nell’Antico Testamento. Non solo Daniele
annuncia che sta per finire l’esilio e Israele sta per tornare, ma pare proprio indicare un preciso momento della storia -
ovvero fra «Settanta settimane»- quando sarà instaurato il regno del Messia, del Cristo. Osserviamo che si parla di
«settimane» e non di «anni», tuttavia tutte le interpretazioni ritengono però che si tratti di settimane di anni, quindi
in totale 490 anni (70×7). Questa chiave di lettura coincide con altri passaggi nella Bibbia: in Genesi 29,26-28 si
legge: «Rispose Làbano: “Non si usa far così nel nostro paese, dare, cioè, la più piccola prima della maggiore. Finisci
questa settimana nuziale, poi ti darà anche quest’altra per il servizio che tu presterai presso di me per altri sette anni». E
in Levitico 25:8: «Conterai pure sette settimane d’anni: sette volte sette anni; e queste sette settimane d’anni ti faranno
un periodo di 49 anni». Inoltre, la frase di Daniele non avrebbero assolutamente senso se assumessimo che, ad
esempio, in 7 giorni si possa stringere alleanza con molti e che addirittura in metà settimana, quindi in 3,5 giorni (??), si
possano interrompere sacrifici e offerte sacrificali (ricordiamo che la cadenza settimanale di sette giorni era già
accertata da dopo l’esilio babilonese, quindi nel 586 a.C., anche se probabilmente l’uso preesisteva da molto tempo. Anche
la versione italiana della Bibbia ebraica, edizione del 1967, fa notare: «Qui settimane si devono intendere di anni; settanta
settimane di anni» (Gli agiografi, ed. 1967, p. 271).
Le settanta settimane (490 anni) vengono quindi divise da Daniele in modo preciso in tre periodi: 7 settimane (ovvero,
49 anni), 62 settimane (434 anni) e 1 settimana (7 anni). Le prime 7 settimane (49 anni) passeranno dal decreto per la
ricostruzione di Gerusalemme fino alla fondamentale figura di un consacrato (che nella versione greca di Teodizione viene
definito “unto”, nel senso della consacrazione ebraica e “comandante o “leader”). Dopo le 7 settimane, ci vorranno
altre sessantadue settimane (434 anni) per ricostruire Gerusalemme e il Tempio. Sarà un periodo di lotta e di prove.
Dopo questi 483 anni (49 + 434), verrà il Messia e sarà ucciso ingiustamente. Dopo di ché, in una settimana (cioè 7
anni), un principe straniero distruggerà Gerusalemme e il Tempio, ponendo fine del culto antico. Il termine «inondazione»
sottolinea il carattere apocalittico dell’evento.
CONCLUSIONE
Abbiamo dunque visto come l’unica interpretazione che risponda pianamente alle richieste della profezia di Daniele sia
quella che vede compiersi il vaticinio con la morte di Gesù, la distruzione di Gerusalemme e del Tempio nel 70 d.C., la fine
del culto antico e anche la fine delle profezie. Questa profezia delle “Settanta settimane” venne scritta ufficialmente e
conosciuta da tutti sicuramente dal 164 a.C. in poi, ma comunque tramandata oralmente o in altre forme scritte da
almeno 200 anni prima. I dettagli di questa profezia sono così incredibili, che, chi non è credente, potrebbe persino
supporre che essa sia stata scritta dopo la distruzione di Gerusalemme del 70 d.C. Nessuno osa tanto, per fortuna, anche
perché l’antichità e l’autenticità del libro biblico sono assolutamente confermate anche dai ritrovamenti di
Qumran. Lì è stato rinvenuto l’intero libro di Daniele come noi lo conosciamo ed in particolare, alcuni fra i manoscritti che
lo tramandano sono addirittura risalenti al II secolo a.C., quasi due secoli prima della nascita di Gesù e della rovina portata
dai romani. L’esistenza di questa profezia è una delle prove dell’ispirazione divina della Bibbia, proprio questo giustifica
i numerosi tentativi di screditarne l’autenticità da parte del razionalismo e l’eccessivo timore e desiderio di neutralità da
parte dell’esegesi postconciliare. Tuttavia, come abbiamo visto, tutte le alternative all’interpretazione tradizionale non sono
sostenute da una base razionale.