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Lei mi chiede come ero da ragazzo? Come posso fargli capire chi sono… deve sapere che sono
nato in un piccolo villaggio di campagna nel sud est del Sudafrica, sulle rive del fiume Mbashe.
Da qui fuggii a soli 19 anni insieme a mio cugino, quando ci venne imposto un matrimonio
combinato, io mi rifiutai e dissi di NO a questa tradizione, ed insieme scappammo a Johannesburg
dove studiai legge. Questa imposizione ha scatenato una tale rabbia dentro di me che decisi di
ribellarmi. Non potevo accettare che qualcuno mi privasse della libertà.
(Angela) E’ DA QUESTO EVENTO CHE DERIVA IL SUO CORAGGIO?
No, la mia idea del coraggio si è formata da quando ero ragazzino, quando ascoltavo i racconti sui
leggendari leader africani. Ma il momento più importante è stato quando a soli 16 anni, insieme ad
altri 25 ragazzi, ci rinchiusero in due capanne lungo il fiume, rasati da capo ai piedi e ricoperti da
un pigmento color ocra e poi avvolti in coperte, pronti per il rituale della circoncisione.
Prima che mi accorgessi di quello che stava accadendo, un uomo anziano e molto magro si palesò
davanti a me. Lo guardai dritto negli occhi. E lui in silenzio, fece un’incisione netta. In quel
momento fu come se del piombo stesse scorrendo nelle mie vene. Mi dimenticai per un attimo
della parola del rituale e solo quando mi ripresi, riuscii a dire “io sono un uomo”, ma gli altri ragazzi
sembravano molto più forti di me e ripetevano a turno la parola in modo più chiaro e incisivo.
Da allora ho capito di non essere coraggioso per natura, ma che avrei imparato a diventarlo.
Da quel rito ho deciso che sarei stato sempre FORTE, che non avrei più esitato. Capìi che il
CORAGGIO non è assenza di paura, ma è saperla DOMINARE.
(XXX) E LA NOTTE?
Di notte affrontavo i demoni della solitudine, i dubbi, e il tempo interminabile. Dovevo fare
qualcosa. Allora mi misi a studiare, quanto più potevo, non volevo considerarmi una vittima.
Dovevo resistere.
E ho resistito, anche quando non mi hanno permesso di andare al funerale di mia madre, anche
quando non mi hanno permesso di andare al funerale di mio figlio Thembi.
Ci dicevano che saremmo morti lì. Che a nessuno in tutto l’universo importava di noi, che
avremmo rimpianto di non essere stati giustiziati.
(XXX) COME SI È SENTITO NEL VEDERE CHE LA SUA TERRA ERA PEGGIO DI COME
L’AVEVA LASCIATA?
Non è stato facile. La liberazione è stata solo un piccolo passo. Ma il popolo nero non voleva
condividere il potere con i bianchi. Continuavano gli atti di violenza. Gli slogan erano: Pistole, non
pace.
Ho dedicato la mia vita alla lotta del popolo africano combattuto contro la dominazione dei bianchi,
ho combattuto contro la dominazione dei neri, ho abbracciato fortemente l’ideale di una società
democratica e libera, i cui tutte le persone vivano insieme in armonia.
Ero arrabbiato. Ma alla vendetta ho preferito il perdono: dei miei nemici politici e di coloro che
hanno commesso abusi e violenze.