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FACOLTA’ DI ECONOMIA
Corso di
Tecnica di Borsa
Prof. Emilio Di Tommasi
Crediti 6
DISPENSE
O BBLIGAZIONI, AZIONI ED OPERAZIONI SUL CAPITALE
Indic e
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Università degli Studi di Salerno – Facoltà di Economia
Corso di Tecnica di Borsa
Corso di Laurea in Economia e Amministrazione delle imprese – Curriculum in Tecniche Finanziarie
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A.A. 2003-2004
Prof. Emilio Di Tommasi
L E O PE R AZ I ON I D I CO U P O N ST R IP P I NG
Si è visto che per i titoli che prevedono il pagamento di flussi di interessi attraverso lo stacco di
cedole (ad esempio BTP e CCT, per considerare i titoli di Stato), ed in generale si compongono di
una serie di flussi cedolari e di un rimborso, per l’investitore deriva un’esposizione al rischio da
reinvestimento che, invece, non è presente nei titoli senza cedola (zero coupon). Pertanto al fine di
gestire il rischio da reinvestimento, e comunque in tutti i casi in cui è necessario disporre di titoli
senza cedola, anche non in emissione, è possibile realizzare un’operazione indicata con il termine di
coupon stripping e che consiste nel dividere le cedole (strips) dal valore di rimborso (mantello).
Facendo riferimento alla formula di valutazione, è come se questa fosse stata divisa in due parti: una
costituita dagli n flussi ciascuno con una scadenza espressa dalla maturazione delle cedole, e l’altra
rappresentata dal flusso di capitale al momento del rimborso dell’investimento alla scadenza: in altre
parole un’operazione di coupon stripping scompone un’obbligazione nei suoi n+1 flussi di reddito.
Ovviamente una volta effettuata l’operazione di stripping è tecnicamente possibile realizzare anche la
successiva ricostituzione di un titolo diretta ad ottenere un nuovo titolo completo derivante dalla
riunione di un flusso relativo ad un mantello con cedole anche se queste originano da titoli diversi.
Il coupon stripping contribuisce ad arricchire le strutture del mercato in quanto, da un lato fornisce
agli investitori ulteriori opportunità di diversificazione degli impieghi e dall’altro amplia per gli
operatori specializzati, la possibilità di interventi articolati e integrati tra loro.
Nel mercato italiano questa operazione è stata resa possibile a seguito dell’emanazione del decreto
del Ministro del Tesoro del 15 luglio 1998, che ha reso l’operazione fattibile a partire dal 27
luglio 1998. Sulla base di questa disciplina possono essere oggetto di operazioni di stripping
solo titoli di Stato a tasso fisso non rimborsabili anticipatamente e dematerializzati, così
come la ricostituzione può essere relativa soltanto a titoli che abbiano già formato oggetto
di coupon stripping. Infatti a partire dal 1998 il Tesoro ha autorizzato un programma si STRIPS
(Separated Trading of Registered Interest and Principal Securities) che consente di separare le cedole dal
mantello. Successivamente è possibile ricostituire lo stesso titolo strippato riunendo tutte le cedole
con il valore di rimborso. I titoli oggetto di operazioni di stripping sono i BTP a 10 e 30 anni
(Fonte: Ministero dell’Economia, Dipartimento del Tesoro, BTP).
L’investimento originario dal quale si è venuta a determinare l’operazione di coupon stripping, ossia il
titolo iniziale, come già notato, presenta durante la sua “vita finanziaria” il problema del
reinvestimento delle cedole; l’insieme degli investimenti generatisi dopo l’operazione di stripping
non prevedendo alcun flusso periodale, danno certezza di risultato, in quanto l’investitore o
l’operatore di mercato disporranno di singoli investimenti che presentano le caratteristiche di essere
zero coupon bonds, ossia investimenti senza cedole che non sono caratterizzati più dalla produzione di
flussi periodali e dunque non risentono degli effetti sul rendimento dovuti al reinvestimento dei
flussi a condizioni di tasso di interesse variabile.
Ad es. da un BTP si ottengono n+1 investimenti, vendibili singolarmente sul mercato con
caratteristiche di rendimento differenti tra loro, in quanto ogni ex cedola avrà scadenza in momenti
diversi fino al rimborso dell’intero titolo iniziale di riferimento.
Attraverso la tecnica del coupon stripping è stata realizzata la trasformazione di un investimento
incerto per l’effetto del reinvestimento delle cedole ai tassi correnti del momento, in un
investimento certo ugualmente vendibile sul mercato, ma ad un prezzo sensibilmente diverso da
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quello del titolo di riferimento iniziale. In effetti il tasso i presente nell’espressione per la
valutazione dell’investimento di partenza, essendo riferito ad un investimento incerto, deve essere
più elevato dei singoli tassi i da applicare nella valutazione degli zero coupon. Tale ultima diversità è
collegata al fatto che, in ogni momento, il rendimento delle attività finanziarie risente della
scadenza temporale dei flussi ad esse inerenti, nel senso che oltre all’effetto derivante dal mero
calcolo del valore attuale, varia anche il tasso applicato (si ricorda che in ogni momento esiste una
curva dei tassi di interesse a termine). In via generale si avranno tassi diversi applicati alle singole
cedole e globalmente in termini di prezzo dell’investimento, il valore di mercato del titolo completo
risulterà minore di quello complessivo delle cedole e del mantello singolarmente venduti. Anche in
questo caso la relazione di prezzo appena illustrata potrà essere tranquillamente corretta dallo
stesso mercato, nel senso che, a seconda delle richieste che verranno a manifestarsi, sarà anche
possibile, per il passaggio dal mercato degli investimenti incerti a quello degli investimenti certi,
per sua natura meno redditizio, ottenere un risultato differenziale più interessante del mero
differenziale tecnico. In sostanza è possibile affermare che i soggetti in relazione alla loro
propensione al rischio, nonché alle loro necessità di disporre di risultati certi a tempi prefissati,
possono essere anche disposti ad accettare un mark up oltre questa differenza applicato
dall’operatore proponente il nuovo investimento. Un ultimo aspetto della tecnica del coupon stripping
va tenuto presente. Si potrà parlare effettivamente di investimento certo solo se si collocano sul
mercato, gli investimenti costituiti dalle singole cedole; infatti se si ragiona dell’intero ammontare
delle cedole separato dal mantello, si avrà ancora un investimento a carattere incerto nella natura
della rendita. Questa specifica è rilevante per identificare i costi ai quali si espone l’investitore.
Invero, nel caso della vendita dell’intero ammontare delle cedole, ossia della rendita, il rendimento
ottenuto a consuntivo dipenderà dal risultato del reinvestimento dei flussi intermedi e quindi dalle
condizioni riscontrate sul mercato.
Lo stripping ebbe origine negli USA per aderire alle esigenze di talune categorie di investitori che
necessitavano di introiti frequenti e costanti (si pensi ad un’impresa che intenda, a seguito della
ciclicità del proprio processo produttivo, assicurarsi incassi potenziali alle date di periodici
pagamenti futuri; per cui potrebbe convenire una serie cadenzata in maniera particolare, costituita
dai risultati ottenibili da cedole). E’ evidente che chi acquista le cedole intende assicurarsi una
rendita costante e frazionata. Il risultato potrebbe essere raggiunto anche attraverso la
sottoscrizione di titoli a rimborso graduale, ma l’investimento in sole cedole dà luogo ad un più
rapido rientro del capitale investito per effetto della riduzione della vita media dell’impiego ed
inoltre può avvenire in qualsiasi momento senza attendere che maturino i tempi per una specifica
emissione.
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I T IT O LI D I DE B IT O E DI C A P IT AL E DE L LE S OCIE T A’
Sommario :I tit oli di debi to: i pre stiti ob bliga ziona ri o rdin ari; Il Me rcat o Ob blig azion ario Tele matico
(MO T) e l’E uroM O T; Requi siti per la q uota zione s ul Me rcat o Obbli gazi ona rio Tele matico ( MO T) e
all’E uroM O T; Car atte risti che dell’i nv esti mento azion ari o; Anali si d ei di ritti i ner enti l e azi oni; G li
eff etti del TUF in mate ria di azio ni; E leme nti di ba se pe r le valut azion i di conv enie nza; L’an alisi del
risc hio nei po rta fogli azi ona ri: il coef fici ente B eta (β ); Sele zione d egli in ve sti men ti azion ari; Indic atori
fond a ment ali p er l a v alut azion e de lle a zioni quot ate i n Bo rs a; Ob blig azioni con ver tibili; O bblig azioni
cum w ar rant; Il M erc ato Azion ari o ( M TA ); La qu otazio ne sul mer cato azi ona rio ed i re qui siti;
seg mento S TA R; Il Nuo vo M erc ato ed i re quisi ti p er la qu otazio ne
Gli strumenti di debito evidenziano l’esistenza di un rapporto tipico che lega l’emittente ed i
sottoscrittori: il primo si assume una serie di obblighi consistenti nella restituzione del capitale e
nel pagamento periodico di interessi. Le tipologie di titoli che possono derivare da questa
condizione sono molteplici soprattutto dal punto di vista tecnico, il che determina una diversa
combinazione degli elementi definitori menzionati.
L’art. 2410 del Codice Civile, che disciplina l’emissione di obbligazioni da parte di società per azioni
ed in accomandita per azioni1 , recita:
“La società può emettere obbligazioni al portatore o nominative per somma non eccedente il capitale versato
esistente secondo l’ultimo bilancio approvato. Tale somma può essere superata:
1) quando le obbligazioni sono garantite da ipoteca su immobili di proprietà sociale, sino a due terzi del
valore di queste;
2) quando l’eccedenza dell’importo delle obbligazioni rispetto al capitale versato è garantita da titoli
nominativi emessi o garantiti dallo stato, aventi scadenza non anteriore a quella delle obbligazioni, ovvero da
equivalente credito di annualità o sovvenzioni a carico dello Stato o di enti pubblici. I titoli devono rimanere
depositati e le annualità o Sovvenzioni devono essere vincolate presso un istituto di credito, per la parte
necessaria a garantire il pagamento degli interessi e l’ammortamento delle relative obbligazioni, fino alla
estinzione delle obbligazioni emesse. Quando ricorrono particolari ragioni che interessano l’economia
nazionale, la società può essere autorizzata, con provvedimento dell’autorità governativa, ad emettere
obbligazioni anche senza le garanzie previste nel presente articolo, con la osservanza dei limiti, delle modalità
e delle cautele stabilite nel provvedimento stesso”.
La delibera dell’assemblea straordinaria (art. 2365 cod. civ.) relativa all’emissione delle obbligazioni
deve essere omologata dal competente Tribunale e depositata presso la Cancelleria entro trenta
giorni, a cura del notaio o degli amministratori.
A norma dell’art. 2413 del C.C., le obbliga zioni devono contenere le seguenti indicazioni:
1) le denominazioni, l’oggetto e la sede della società, con l’indicazione dell’ufficio del registro delle
imprese presso il quale la società è iscritta:
2) il capitale sociale versato ed esistente al momento dell’emissione:
1 Si ricorda che anche le banche, in qualunque delle forme giuridiche costituite e prescindendo dalla
dimensione possono emettere obbligazioni, la cui disciplina è tutta contenuta nel Testo Unico bancario (art.
12) con rinvii, per quanto ammissibili, al codice civile. Le obbligazioni bancarie possono essere ordinarie,
convertibili, nominative o al portatore, anche in eccedenza rispetto ai limiti previsti dal codice civile. Il
mercato di quotazione delle obbligazioni bancarie è il MOT per le ordinarie e l’MTA per le convertibili.
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Il MOT e l’EuroMOT accolgono i titoli obbligazionari emessi da emittenti pubblici e privati, sia a
tasso fisso che variabile, con o senza cedole. Essendo mercati regolamentati e gestiti dalla Borsa
Italiana SpA, gli emittenti devono seguire un iter di ammissione diretto ad appurare il rispetto di
specifici requisiti, sia con riguardo alle proprie condizioni, sia con riferimento all’emissione per la
quale si richiede la quotazione. Si sottraggono a questo iter soltanto i titoli di Stato per i quali è
prevista l’ammissione alla quotazione di diritto al MOT sulla base del contenuto del decreto di
emissione del Ministro del Tesoro (Ministro dell’Economia). Possono partecipare alle negoziazioni
sul MOT ed EuroMOT le banche nazionali, comunitarie ed extracomunitarie autorizzate alla
prestazione del servizio di negoziazione per conto proprio o per conto terzi; le imprese di
investimento nazionali, comunitarie ed extracomunitarie autorizzate alla prestazione del servizio di
negoziazione per conto proprio o per conto terzi, e gli agenti di cambio autorizzati alla prestazione
del servizio di negoziazione per conto terzi ai sensi del TUIF.
Il MOT è nato come mercato al dettaglio nel luglio del 1994 dall'unificazione in un unico mercato
telematico delle 10 borse valori italiane. E’ un comparto del mercato di Borsa dove vengono
negoziati contratti relativi a titoli di Stato e obbligazioni non convertibili, secondo i quantitativi
minimi negoziabili stabiliti da Borsa Italia; la determinazione dei quantitativi parte dalla necessità di
rispettare esigenze di funzionalità del mercato, di accesso agevole da parte degli investitori
istituzionali e di economicità nell'esecuzione degli ordini.
Gli strumenti finanziari sono ripartiti per tipologie con riferimento al segmenti a) MOT-Titoli di
Stato e b) MOT-Obbligazioni, nel modo seguente:
a) BOT, BTP, CTZ; CCT; b) obbligazioni internazionali in valuta, nazionali in euro a tasso fisso e
zero coupon, nazionali in euro a tasso variabile; obbligazioni denominate in valuta estera.
I contratti di compravendita delle obbligazioni sono liquidati il terzo giorno di borsa aperta
successivo alla stipulazione ad esclusione dei contratti relativi ai BOT per i quali il termine è di due
giorni.
Le transazioni scaturiscono dall'incrocio di proposte di negoziazioni (PDN) che esprimono la
volontà negoziale degli operatori. Le proposte sono automaticamente ordinate per ciascun
strumento in ordine di prezzo, decrescente se in acquisto e crescente se in vendita, e, a parità di
prezzo, in base alla priorità temporale. Borsa Italiana stabilisce limiti alle variazioni massime di
prezzo e altri condizioni di negoziazioni necessarie per assicurare l'ordinato svolgimento delle
negoziazioni nei mercati.
Gli orari di negoziazione sono diversi per ciascun segmento.
Le negoziazioni si svolgono in due fasi successive:
a) l’asta di apertura ha l'obiettivo di selezionare gli strumenti finanziari negoziabili e di
determinare un prezzo iniziale trasparente denominato prezzo di apertura;
b) la negoziazione continua ha il compito di rendere rapido ed efficiente lo svolgersi delle
transazioni.
La quotazione sul MOT ed EuroMOT delle obbligazioni è subordinata all'invio della domanda di
ammissione da parte dell' emittente a Borsa Italiana. Entro due mesi dal giorno di presentazione
della domanda, Borsa Italiana delibera e comunica all'emittente l'ammissione o il rigetto della
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Durante la fase di negoziazione sono rese disponibili al pubblico, in tempo reale, tutte le
informazioni relative all'andamento delle contrattazioni. In particolare, per ogni strumento
finanziario sono disponibili prezzi e quantità delle migliori proposte in acquisto ed in vendita, le
quantità presenti in acquisto e in vendita per i migliori livelli di prezzo, il prezzo dell'ultimo
contratto concluso con indicazione dell'ora e della relativa quantità negoziata.
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Requisit i per la quotazione sul Merc ato Obbligazionar io Telem atic o (MOT) e
all’ E ur oMOT
I requisiti necessari per la quotazione al MOT e all’EuroMOT sono legati alla natura dei valori
mobiliari. Infatti rileva la seguente distinzione:
a) per le obbligazioni: il prestito deve essere di ammontare almeno pari a 15 milioni di euro (30
miliardi di lire) e il rimborso del capitale non può in alcun caso avvenire ad un prezzo inferiore al
valore nominale (al di sotto della pari). L'emittente deve avere pubblicato e depositato i bilanci degli
ultimi tre esercizi annuali, di cui almeno l'ultimo sottoposto a revisione contabile. Qualora
sussistano ragioni particolari, Borsa Italiana può consentire la presentazione di un numero inferiore
di bilanci. Se l'emissione è garantita da un soggetto terzo, Borsa Italiana fa riferimento, per
l'ammissione, ai requisiti del garante. Nel caso di obbligazioni strutturate (indicizzate ad attività
finanziarie quali azioni quotate in borsa in Italia o in un altro Stato ovvero indici azionari o valute),
l'emittente deve fornire indicazioni sulle strategie di copertura del rischio e dimostrare la
disponibilità in Italia delle informazioni sui prezzi delle attività prescelte per l'indicizzazione;
b) per gli eurobonds: il prestito deve essere di ammontare almeno pari a 15 milioni di euro (30
miliardi di lire) e il rimborso del capitale non può in alcun caso avvenire ad un prezzo inferiore al
valore nominale. L'emittente deve avere pubblicato e depositato i bilanci degli ultimi tre esercizi
annuali, di cui almeno l'ultimo sottoposto a revisione contabile. Qualora sussistano ragioni
particolari, Borsa Italiana può consentire la presentazione di un numero inferiore di bilanci. Se
l'emissione è garantita da un soggetto terzo, Borsa Italiana fa riferimento, per l'ammissione, ai
requisiti del garante. Nel caso di Eurobonds strutturati (indicizzati ad attività finanziarie quali
azioni quotate in borsa in Italia o in un altro Stato ovvero indici azionari o valute), l'emittente deve
fornire indicazioni sulle strategie di copertura del rischio e dimostrare la disponibilità in Italia delle
informazioni sui prezzi delle attività prescelte per l'indicizzazione.E' inoltre prevista la presenza di
almeno un operatore specialista che si impegni a sostenere la liquidità degli strumenti finanziari di
cui è richiesta la quotazione.
c) per i titoli derivanti da operazioni di cartolarizzazione (ABS): oggetto della quotazione è la
singola tranche (ABS) dell'operazione di cartolarizzazione. L'importo minimo della tranche è di 50
milioni di euro (100 miliardi di lire). L'ABS deve possedere un rating almeno pari all’investment
grade (ossia non si deve trattare di titoli il cui rating, nel porli a livello di speculative grade,
mostrano un grado di rischio del tutto lontano da quello dei titoli obbligazionari). L'emittente deve
fornire a Borsa Italiana, che si incarica di diffondere al mercato, le seguenti informazioni:
a) modifiche del rating con relativo report; b) report integrale, qualitativo e quantitativo, relativo
all'attività di sorveglianza periodica del collaterale; c) eventuali cambiamenti intervenuti nel piano
di ammortamento della tranche, nei gradi di subordinazione tra tranche e nel coefficiente di rettifica
del valore nominale della tranche (pool factor). E' inoltre prevista la presenza di almeno un operatore
specialista che si impegni a sostenere la liquidità degli strumenti finanziari di cui è richiesta la
quotazione.
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MOT EUROMOT
Tipologie titoli: Titoli di Stato, obbligazioni ordinarie Tipologie titoli: euro-obbligazioni, obbligazioni di
(nazionali, di emittenti esteri, in euro ed in altre valute) emittenti esteri e asset backed securities (ABS)
Requisiti delle obbligazioni per l’ammissione alla Requisiti delle euro-obbligazioni per l’ammissione alla
quotazione: il prestito deve essere di ammontare almeno quotazione: il prestito deve essere di ammontare almeno
pari a 15 milioni di euro (30 miliardi di lire) e il rimborso pari a 15 milioni di euro (30 miliardi di lire) e il rimborso
del capitale non può in alcun caso avvenire ad un prezzo del capitale non può in alcun caso avvenire ad un prezzo
inferiore al valore nominale (al di sotto della pari) inferiore al valore nominale (al di sotto della pari)
Per i titoli di Stato: è prevista l’ammissione alla Requisiti dei titoli derivanti da operazioni di
quotazione di diritto cartolarizzazione (ABS) per l’ammissione alla
quotazione: oggetto della quotazione è la singola tranche
(ABS) dell'operazione di cartolarizzazione. L'importo
minimo della tranche è di 50 milioni di euro (100 miliardi di
lire).
L'ABS deve possedere un rating almeno pari all’investment
grade
Requisiti dell’emittente: pubblicazione e deposito dei Requisiti dell’emittente: pubblicazione e deposito dei
bilanci degli ultimi tre esercizi annuali, di cui almeno bilanci degli ultimi tre esercizi annuali, di cui almeno
l'ultimo sottoposto a revisione contabile. Qualora sussistano l'ultimo sottoposto a revisione contabile. Qualora sussistano
ragioni particolari, Borsa Italiana può consentire la ragioni particolari, Borsa Italiana può consentire la
presentazione di un numero inferiore di bilanci. presentazione di un numero inferiore di bilanci.
Soggetti ammessi alle negoziazioni: banche nazionali, Soggetti ammessi alle negoziazioni: banche nazionali,
comunitarie ed extracomunitarie autorizzate alla comunitarie ed extracomunitarie autorizzate alla
prestazione del servizio di negoziazione per conto proprio o prestazione del servizio di negoziazione per conto proprio o
per conto terzi; le imprese di investimento nazionali, per conto terzi; le imprese di investimento nazionali,
comunitarie ed extracomunitarie autorizzate alla comunitarie ed extracomunitarie autorizzate alla
prestazione del servizio di negoziazione per conto proprio o prestazione del servizio di negoziazione per conto proprio o
per conto terzi, e gli agenti di cambio autorizzati alla per conto terzi, e gli agenti di cambio autorizzati alla
prestazione del servizio di negoziazione per conto terzi. prestazione del servizio di negoziazione per conto terzi.
L’autorizzazione di tutti i soggetti è ai sensi delle L’autorizzazione di tutti i soggetti è ai sensi delle
disposizioni contenute nel TUIF. disposizioni contenute nel TUIF.
E’ obbligatoria la presenza di operatori specialisti.
Negoziazione in due fasi: Negoziazione continua dalle ore 9.30 alle ore 17.00.
- asta di apertura ha l'obiettivo di selezionare gli
strumenti finanziari negoziabili e di determinare
un prezzo iniziale trasparente (prezzo di
apertura);
- negoziazione continua ha il compito di rendere
rapido ed efficiente lo svolgersi delle transazioni.
Orari diversi per le varie tipologie di titoli.
Esecuzione degli ordini inseriti nel sistema con una Esecuzione degli ordini inseriti nel sistema con una
procedura di abbinamento automatico (matching) secondo procedura di abbinamento automatico (matching) secondo
una priorità di prezzo e, a parità di prezzo, di tempo di una priorità di prezzo e, a parità di prezzo, di tempo di
immissione dell'ordine. immissione dell'ordine
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L'investimento in valori azionari è caratterizzato dal fatto che l'investitore acquisisce la qualità di
socio in una società per azioni. Si tratta quindi di un investimento a titolo di capitale e la durata non
è predeterminata in anticipo, anzi si rientra nella categoria dei veicoli di investimento a scadenza
indeterminata. La durata dell'investimento viene dunque stabilita in via autonoma da ciascun
operatore sulla base delle proprie convenienze. In ogni caso il disinvestimento implica il
trasferimento a terzi e quindi una negoziazione sul mercato.
Acquisendo la qualità di socio l'investitore diviene titolare di una serie di diritti in ordine alla
gestione ed al patrimonio aziendale, diritti previsti dalla normativa vigente in materia di società per
azioni e dallo statuto della società emittente i titoli.
Fra questi diritti i più rilevanti dal punto di vista dell'investitore sono:
- il diritto di decidere in ordine alla gestione aziendale, che viene esercitato partecipando alle
assemblee;
- il diritto ad una quota parte degli utili che l'assemblea decida di distribuire agli azionisti;
- il diritto esclusivo (tranne alcuni casi specifici indicati dal codice civile) alla sottoscrizione degli
eventuali aumenti di capitale sociale a pagamento e delle emissioni di obbligazioni convertibili in
azioni;
- il diritto esclusivo a beneficiare degli eventuali aumenti gratuiti di capitale sociale.
Ad essi va aggiunto il diritto alla informazione sugli affari sociali, indispensabile corollario del
diritto a decidere in ordine alla gestione aziendale e la comproprietà del patrimonio sociale.
Con riferimento alle tipologie di azioni occorre distinguere fra azioni ordinarie, che attribuiscono la
piena qualità di socio e sono nominative, azioni privilegiate, che, in genere, hanno diritto di voto
soltanto nelle assemblee straordinarie e azioni di risparmio, che sono del tutto prive del diritto di
voto, tranne che nel caso delle assemblee speciali previste dalla legge 7/6/74 n.216.
In contropartita di queste limitazioni, azioni privilegiate ed azioni di risparmio godono di un
trattamento economico più favorevole rispetto alle azioni ordinarie.
Rispetto alle azioni ordinarie, le azioni privilegiate, conferiscono al loro titolare un diritto di
precedenza nella partecipazione agli utili annuali e nella ripartizione del patrimonio netto risultante
dalla liquidazione. Lo statuto fissa di norma la misura minima percentuale di partecipazione agli
utili, nella pratica compresa fra il 5 ed il 12% del valore nominale per le società quotate in borsa. Lo
statuto può inoltre prevedere, nella distribuzione degli utili, una maggiorazione nei confronti delle
azioni ordinarie.
Le azioni di risparmio sono emesse al portatore2 e trasformabili in nominative solo su richiesta
dell'azionista. Nella distribuzione del dividendo hanno diritto di prelazione sugli utili d'esercizio
fino alla concorrenza del 5% del valore nominale dell'azione, cumulabile nei due esercizi successivi3 ,
2 Rappresentano quindi una eccezione rispetto alla regola generale la quale prevede che i titoli azionari siano
nominativi, il che comporta la obbligatorietà della cosiddetta “intestazione”, con le generalità e tutti gli altri
elementi identificativi del socio che vengono riportati sul retro del titolo a cura della società emittente
(all’emissione) od a cura di un notaio o di un facente funzione di pubblico ufficiale per la carica che riveste, ad
esempio, funzionari bancari addetti all’ufficio titoli, (in caso di acquisto nel mercato secondario). Il
trasferimento dei titoli al portatore, invece, non soggiace ad alcuna formalità di tipo particolare.
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ed hanno comunque diritto ad un dividendo superiore del 2% sul valore nominale rispetto a quello
delle azioni ordinarie.
La riduzione del capitale sociale per perdite non comporta riduzione del valore nominale delle azioni
di risparmio se non per la parte della perdita che eccede il valore nominale complessivo delle altre
azioni. Le deliberazioni relative alla riduzione e alla reintegrazione del capitale debbono assicurare,
mediante i necessari raggruppamenti o frazionamenti, la parità di valore nominale delle azioni. Allo
scioglimento della società le azioni di risparmio hanno prelazione nel rimborso del capitale per
l'intero valore nominale.
Nell’ambito delle azioni di risparmio possono essere previste altre due specifiche tipologie che
equivalgono a fornire ulteriori condizioni di favore agli azionisti: si tratta della tipologia di azioni di
risparmio non convertibili o convertibili in azioni ordinarie nominative, che, ovviamente, hanno un
valore di mercato molto vicino a quello delle azioni ordinarie.
3 Il pagamento del dividendo agli azionisti di risparmio non è una scelta assembleare, come nel caso delle
azioni ordinarie e delle azioni privilegiate. In una società che non distribuisce per mancanza di utili di bilancio,
gli azionisti di risparmio conservano il diritto per due anni: Al ritorno in bonis riceveranno, oltre al dividendo
dell’esercizio, anche i dividendi che non hanno ricevuto nei precedenti due esercizi.
4 Il riferimento è a tutta una serie di scalate azionarie che sono state spesso attuate nel passato e dove la
società obbiettivo era quotata sul mercato ad un prezzo notevolmente al di sotto del suo valore patrimoniale.
L’Opa viene lanciata non allo scopo di acquisire una società in funzionamento, da inserire in un contesto di
gruppo o, comunque, da gestire al meglio, ma allo scopo di smembrarla e di ricavare un profitto vendendone
le attività. Per ottenere la adesione degli investitori i raiders debbono, ovviamente, offrire un “prezzo
interessante” rispetto alle quotazioni del mercato.
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A prescindere dai ragionamenti di pura logica economica vi è però da tener presente anche l'aspetto
soggettivo delle valutazioni d'investimento. Se la maggioranza, o comunque un congruo numero dei
partecipanti al mercato ritengono rilevante l'aspetto patrimoniale o quello del diritto al voto essi
divengono di fatto rilevanti ed il non tenerne conto risulta un errore, almeno nel breve termine. E’
un dato di fatto che nel nostro paese si dà una grande importanza al diritto di voto. Anche nel caso
di società che non sono tecnicamente scalabili, le azioni ordinarie hanno, di norma, un prezzo di
mercato che è più elevato di quello delle azioni privilegiate, le quali, a loro volta, registrano
quotazioni superiori a quelle delle azioni di risparmio 5 .
D’altronde il mercato non sempre è freddamente logico ed il non prendere in considerazione la
particolare logica di comportamento seguita dal mercato in un determinato momento temporale può
significare l'incorrere in grossi rischi o comunque il perdere delle interessanti possibilità di
guadagno.
5 Fanno eccezione le azioni di risparmio convertibili in azioni ordinarie le quali, in prossimità della
conversione, hanno talvolta fatto registrare quotazioni superiori a quelle delle azioni ordinarie a causa della
maggiore redditività in termini di dividendo.
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delle prospettive generali di andamento della azienda, non certo a porre le basi per una ridiscussione
dei risultati in sede di assemblea ordinaria.
C) Diritto esclusivo alla sottoscrizione degli aumenti di capitale e delle emissioni di
obbligazioni convertibili in azioni
La normativa vigente stabilisce che gli azionisti hanno il diritto di sottoscrivere le azioni di nuova
emissione in proporzione del numero delle azioni da essi possedute.
Il diritto di opzione può essere escluso soltanto quando:
- l'aumento debba essere eseguito in tutto od in parte attraverso conferimenti in natura;
- l'interesse della società lo esiga;
- una quota parte delle azioni o la loro totalità sia riservata alla sottoscrizione da parte dei
dipendenti della società.
Nei primi due casi di esclusione del diritto di opzione l'emissione delle azioni deve avvenire con un
sovrapprezzo il quale tenga conto del valore del patrimonio netto e dell'andamento delle quotazioni
dell'ultimo semestre.
Analogo diritto spetta agli azionisti nei casi di emissione di obbligazioni convertibili in azioni della
società emittente (il diritto non spetta qualora le obbligazioni siano convertibili in azioni di altre
società). Anche in questo caso è possibile, nel superiore interesse della società, l'esclusione del
diritto di opzione.
Il diritto è di norma rappresentato da una sorta di facoltà che può essere staccata dal titolo ed è
liberamente negoziabile, ovviamente solo quando c’è un aumento di capitale e vengono negoziati
anche in Borsa (qualora siano derivanti da azioni quotate).
I diritti possono essere negoziati per tutto il periodo di validità, anche se il periodo di contrattazione
in Borsa è più breve a causa dei problemi tecnici connessi allo stacco ed all'appuramento delle
ragioni di dare e di avere fra i diversi partecipanti al mercato. Ricordiamo che in Borsa si negoziano
titoli fungibili, aventi eguale contenuto economico, e che, quindi, quotazione dei titoli e quotazione
dei diritti vanno raccordate in modo tale che il mercato dei diritti inizi quando è possibile quotare
per la nuova scadenza dei titoli che non contengano più il diritto (quotazione ex).
Nello stesso tempo, il mercato dei diritti deve chiudere con congruo anticipo rispetto alla chiusura
del periodo di opzione, in quanto le operazioni di consegna e di pagamento vanno espletate in tempo
utile per l’esercizio dei diritti stessi. La durata delle contrattazioni dei diritti, in definitiva, non
dipende soltanto dalla tempistica stabilita nella delibera di aumento di capitale, ma anche dai tempi
tecnici del mercato.
Chiusura del periodo di opzione non significa, però, chiusura delle operazioni di aumento in quanto
vi è il problema del cosiddetto “inoptato”. Decorso il termine gli azionisti perdono la possibilità di
sottoscrivere e si procede, a beneficio della società alla vendita in Borsa dei diritti non esercitati. La
vendita avviene “entro il mese successivo” alla scadenza del periodo di opzione (art. 2441 del codice
civile), il che comporta un ovvio prolungamento dei tempi, anche se assicura, a meno di casi del
tutto particolari, una integrale sottoscrizione dei titoli in emissione.
Gli acquirenti in borsa hanno un ovvio vantaggio in termini di costo complessivo dei nuovi titoli
rispetto agli azionisti che decidano di eseguire l’aumento ed agli investitori che abbiano acquistato i
diritti in vigenza del periodo di opzione. Versano il controvalore del prezzo di emissione con un
arco temporale di differenza il che contribuisce a rendere più conveniente una operazione che non è
stata giudicata “appetibile” dal mercato.
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L'esame delle caratteristiche dell'investimento in valori azionari che è stato svolto nelle pagine
precedenti porta ad individuare una serie di aspetti che vanno approfonditi e valutati al fine di essere
in grado di operare una scelta.
Si ricorda che si tratta di un investimento a risultato aleatorio e quindi si rinvia in parte alle
considerazioni in ordine alla stima dei rendimenti attesi, propri di investimenti come quelli azionari.
Inoltre le unità economiche, per poter compiere delle valide scelte di investimenti questo tipo,
devono preventivamente congetturare quali potranno essere i risultati economici ottenibili
dall'investimento ed il rischio ad essi connesso. Per far ciò è necessario che esse effettuino delle
stime in ordine all'entità ed alla probabilità di ottenimento dei diversi flussi monetari che
l'investimento può generare, nonché al loro momento di probabile manifestazione.
Nel caso in esame l'investimento può produrre dei flussi con cadenza annuale (dividendi) e produce
un flusso finale dovuto al disinvestimento, alla vendita dei titoli sul mercato (operazione che può
essere anche effettuata in via parziale). Il numero dei titoli e l'entità dell'investimento, comunque,
non restano necessariamente fissi per tutta la durata prevista, in quanto si possono registrare
operazioni sul capitale (aumenti di capitale gratuiti od a pagamento), nonché distribuzioni gratuite di
titoli che l’azienda abbia in portafoglio od anche offerte di vendita di titoli azionari detenuti in
portafoglio riservate agli azionisti.
Le operazioni sul capitale comportano una variazione nel numero dei titoli detenuti dall'investitore
e, se a pagamento, comportano anche un esborso monetario aggiuntivo rispetto a quello originario,
purchè l'investitore non decida, per provvedersi dei fondi necessari, di vendere diritti di opzione,
oppure parte delle azioni che detiene.
La scelta fra investire o meno nuovi mezzi monetari (se scelta si pone, in quanto l'investitore può
anche mancare delle disponibilità necessarie ad eseguire l'aumento) dipende dalle prospettive in
ordine all'andamento futuro del mercato, mentre la scelta fra la vendita dei diritti o dei titoli
dipende dall'andamento relativo dei rispettivi mercati. Al limite, se esiste un sensibile sfasamento fra
la quotazione dei diritti e quella dei titoli, può essere conveniente vendere la totalità dei titoli ed
utilizzare il ricavato per l'acquisto di ulteriori diritti e per il versamento contanti a fronte
dell'aumento di capitale, oppure, al contrario, vendere la totalità dei diritti ed utilizzare il ricavato
per acquistare titoli sul mercato.
Le diverse alternative non sono indifferenti per l'investitore e pongono tutta una serie di problemi
di valutazione al fine di una scelta volta alla massimizzazione del risultato finale dell'investimento.
Analoghi problemi pone l'offerta in opzione di titoli azionari detenuti in portafoglio. Nella maggior
parte dei casi il diritto in questione non è cedibile e quindi l'investitore dovrà decidere se impiegare
nuovi fondi (si dà per scontato che il prezzo di offerta sia un prezzo conveniente) aumentando
l'entità delle somme impiegate, oppure provvedersi di mezzi monetari liquidando in parte
l’investimento originario.
I Dividendi
Nel nostro paese i dividendi corrisposti dalle società quotate in Borsa sono di regola stabilizzati in
una certa misura percentuale del valore dei titoli. Ciò viene ottenuto non tanto attraverso l'adozione
di una particolare politica di distribuzione dei risultati di esercizio, quanto attraverso l'adozione di
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politiche di gestione e di politiche di bilancio che portino l'utile netto in linea con il dividendo che i
responsabili della società ritengono conveniente distribuire.
In altre parole, il flusso periodale corrisposto agli azionisti è in larga misura sganciato dall’effettivo
andamento dell'azienda, anche se, ovviamente, non si può prescindere dalle prospettive di medio e
lungo periodo le quali restano sempre il fattore condizionante delle scelte operative effettuate dagli
amministratori.
Siffatta politica di remunerazione comporta tutta una serie di importanti conseguenze a livello di
valutazione del rendimento che è possibile ottenere dall'investimento in valori azionari in quanto si
tratta, di regola, di un rendimento che è parametrato su ciò che il mercato richiede da aziende di
analoghe dimensioni operanti all’interno dei medesimi settori.
Se si effettua un confronto fra il rendimento di dividendo, calcolato con rispetto ai prezzi di Borsa,
ed il rendimento di investimenti alternativi ci si rende conto chiaramente che la motivazione
all'investimento azionario non è certo costituita dal desiderio di fruire di un reddito da dividendi.
Anche se negli ultimi anni si è registrata, quando possibile, una certa tendenza ad un aumento dei
dividendi unitari, il rapporto fra dividendo e corso di Borsa risulta sempre molto basso. Il
rendimento periodale ottenibile dall'investimento azionario è inferiore a quello ottenibile
dall'investimento nel “reddito fisso“, a fronte, inoltre, di un rischio ben più elevato.
La convenienza all’acquisizione di azioni, dunque, dipende soprattutto dall’altro elemento del quale
si è fatto discorso, e non dal dividendo.
Quanto detto non significa però che il dividendo non debba essere preso in considerazione o che il
mercato sia del tutto indifferente alla entità del dividendo unitario distribuito dalle società quotate.
Il reddito da dividendi, per quanto minimo, integra pur sempre la remunerazione globale
dell'investitore e, comunque, l'entità del dividendo costituisce un importante indice segnaletico dello
“stato di salute” della società.
Nel contesto illustrato, una riduzione del dividendo unitario rappresenta il sintomo esterno di una
situazione aziendale certamente “non facile”. Così è ovvio che il mercato, nel suo complesso
considerato, reagisca negativamente e ciò a prescindere da eventuali valutazioni approfondite che
possano effettuare coloro i quali dispongono delle necessarie capacità tecniche.
L’ analisi del r isc hio nei por tafogli az ionar i: il c oeffic iente beta (ß)
(Fo n t e Bet aB oo k )
Il rischio dei titoli è un elemento chiave da valutare per le scelte di investimento in azioni.
Il rischio di un’attività finanziaria viene in genere percepito come la possibilità di subire perdite
rispetto al rendimento previsto. Un modo più rigoroso per definire il rischio di un titolo consiste
nello stabilirne il suo rendimento rispetto al valore atteso; in altre parole le scelte di investimento
in azioni sono basate sull’andamento dei seguenti elementi di ciascun titolo:
a) il rendimento atteso;
b) il rischio che lo caratterizza.
Ma in che consiste il rischio delle azioni in particolare?
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Il rischio di un’azione deriva dalla variabilità del rendimento di questa e quindi in primo luogo
dalle relative quotazioni.
Gli strumenti classici per la misurazione del rischio sono gli indici statistici di variazione rispetto ad
un valore atteso ed in articolare lo scarto quadratico medio e la varianza. La varianza di un
rendimento di un titolo è la deviazione al quadrato dal rendimento medio.
Un passo fondamentale per l’analisi ed il trattamento del rischio delle azioni consiste, poi, nel
considerare gli effetti sul rischio dei titoli, dovuti alla diversificazione condotta attraverso
opportune politiche di composizione dei portafogli. Infatti diversificare riduce la variabilità e
quindi il rischio dei titoli una semplice applicazione di quanto affermato è espressa graficamente
di seguito.
(scarto quadratico medio)
Rischio del portafoglio
Numero titoli
Chiaramente la diversificazione è efficace quanto più le quotazioni delle diverse azioni hanno un
andamento non perfettamente correlato. Su queste premesse di basano i fondamenti delle analisi del
rischio della teoria moderna di Portafoglio (Modern Portfolio Theory) che prende le mosse dalla
scissione del rischio totale di un’azione in due componenti:
1) rischio specifico del titolo: è detto anche non-systematic risk o rischio non
sistematico, e può essere gestito attraverso la diversificazione del portafoglio. Pertanto
non risulta critico per un investitore che abbia una propensione alla diversificazione, quindi
alla combinazione di investimenti (azioni ed obbligazioni, ad esempio), oppure alla
combinazione di azioni non correlate tra loro (azioni appartenenti a settori economici
diversi e non correlati). Questa parte del rischio deriva dal fatto che molti fattori di
variabilità sono peculiari alla singola azienda emittente quotata ed eventualmente ad altre
società del settore: conoscere questi aspetti permette di prendere una serie di scelte che
vanno dall’introduzione quantitativamente limitata di titoli del genere all’interno del
proprio portafoglio, oppure alla combinazione della presenza di questi titoli con altri che
presentano comportamenti opposti, vista l’appartenenza a settori diversi;
2) rischio derivante dal mercato: detto anche systematic risk o rischio sistematico, non
può essere intaccato dalla diversificazione, in quanto vi sono fattori economici di rischio che
riguardano tutte le aziende, non sono legate alle condizioni dell’emittente, ma sono dovute a
condizioni generali di sistema.
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Per un investitore è opportuno misurare l’impatto di ogni titolo sul rischio complessivo del
portafoglio, in quanto il rischio di un portafoglio sufficientemente diversificato dipende
comunque proporzionalmente dal rischio sistematico delle azioni che lo compongono.
E’ quindi opportuno valutare l’impatto del singolo titolo sul rischio complessivo del
portafoglio.
Lo strumento che permette di effettuare questa misurazione è il coefficiente Beta (ß) che
esprime il grado di variabilità del rendimento di un’azione rispetto alle variazioni del mercato
azionario nel suo complesso.
Il coefficiente Beta indica come un titolo reagisce alle variazioni del mercato borsistico ed è
uno strumento fondamentale per orientare gli investimenti alla luce delle aspettative di andamento
del mercato in generale.
Rischio specifico
Rischio del portafoglio
Rischio di mercato
Numero titoli
Il coefficiente Beta viene individuato calcolando per un certo orizzonte temporale, il rendimento
di ciascun titolo ed il corrispondente rendimento del mercato nel suo complesso (espresso
dall’indice specifico di borsa che viene calcolato in tutti i mercati). Quasi tutte le azioni
reagiscono in qualche misura alle variazioni del mercato. L’esame del coefficiente Beta consente di
classificare i titoli in tre principali categorie in funzione della loro sensibilità all’andamento del
mercato azionario nel suo insieme:
- titoli aggressivi: Beta > 1; si tratta di titoli generalmente caratterizzati da variazioni
superiori all’indice di Borsa. Queste azioni saliranno in media più che proporzionalmente
rispetto all’indice nelle fasi di rialzo di borsa e normalmente avranno perdite superiori alla
media in fasi di borsa calante (ad es. un’azione con Beta pari a 1,3 vedrà in media crescere i
prezzi dell’1,3% in presenza di una variazione positiva dell’indice di borsa dell’1%;
analogamente per uno stessa variazione negativa dell’indice di borsa, la variazione del titolo
sarà –1,3%; queste azioni saranno preferite in periodi di rialzo del mercato;
- titoli neutri: Beta pari circa a 1; si tratta di titoli che in media avranno una variazione di
prezzo in linea con quella di mercato;
- titoli difensivi: Beta < 1: subiranno variazioni di quotazione generalmente inferiori a
quelle dell’indice di mercato (ad es. un titolo con Beta 0,5, vedrà dimezzate in media le
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variazioni percentuali di prezzo rispetto alle variazioni sia positive che negative del
mercato; sono titoli più adeguati a fronteggiare situazioni di mercato con prospettive di
diminuzione.
Ovviamente l’analisi dei rendimenti deve essere relativa a valori che si sono registrati in un periodo
di tempo di ampiezza significativa, in modo da ridurre gli effetti dovuti ad operazioni straordinarie o
eccezionali che hanno riguardato la società ed influenzato il mercato. In ogni caso si deve trattare di
un periodo di tempo piuttosto lungo.
Nella composizione del proprio portafoglio, gli investitori non sono obbligati ad assumersi dei rischi
quando operano sul mercato mobiliare: essi investono solo in prospettiva di un rendimento
adeguato al grado di rischio.
L’investimento in titoli di Stato esprime rischi estremamente contenuti, al limite considerabili
anche pari a 0 (infatti i titoli di Stato hanno un Beta pari a 0).
Per contro l’investimento in un portafoglio costituito da tutti i titoli (azionari) nella stessa
proporzione in cui sono presenti sul mercato nel suo complesso, presenta un Beta pari a 1.
In realtà se l’investitore desidera sopportare un limitato grado di rischio, potrà investire il
proprio portafoglio, parte in titoli di Stato ed in parte in azioni. In particolare si supponga di
dividere il proprio patrimonio pariteticamente tra titoli a rischio molto contenuti o privi di rischio
(al solito i titoli di Stato con rating sull’emittente che permetta di rendere valida questa
affermazione) e tra azioni con le stesse caratteristiche, quindi acquisendo tutte le azioni del mercato.
In tal caso, il Beta del portafoglio complessivo sarà apri a 0,5 ed il rendimento che da esso ci si può
attendere sarà a metà strada tra quello dei titoli di Stato e quello atteso del mercato azionario.
In alternativa, se l’investitore intende rischiare, può addirittura indebitarsi ad un interesse pari a
quello privo di rischio ed investire tutto in borsa acquistando azioni. In tal caso il Beta del
portafoglio sarà pari a 2.
Oltre al Beta di ogni singolo titolo, è opportuno procedere con il calcolo del Beta di portafoglio
che è determinato calcolando la media dei Beta delle azioni, ponderata sulla base della quota
investita in ciascun titolo. Di seguito è riportato il calcolo del Beta di un portafoglio composta da
4 azioni ciascuna delle quali “impegna” una certa percentuale (peso nel portafoglio) delle risorse
destinate all’investimento:
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Sulla base dell’evoluzione futura del mercato azionario che ciascun operatore ritiene probabile, è
possibile sfruttare le stime del grado di rischio sistematico dei singoli titoli azionari per
ottenere rendimenti al di sopra della media di mercato.
In particolare se si ritiene che la tendenza generale sia orientata verso l’aumento delle
quotazioni, allora la strategia d’investimento dovrebbe essere quella di puntare su titoli il cui
coefficiente Beta è alto (azioni aggressive). Portafogli composti da titoli con Beta elevato
tendono a “battere” il mercato nei cicli positivi.
In condizioni di incertezza riguardo l’andamento futuro delle quotazioni, la strategia dovrebbe
essere quella di investire in titoli aventi Beta medio o basso (azioni difensive o neutre), in modo
tale da limitare i rischi.
Infine, nel caso in cui si teme un possibile ribasso del mercato, e volendo comunque investire o
mantenere una posizione in titoli azionari, si dovrà cercare di limitare il rischio di mercato del
proprio portafoglio acquistando azioni con Beta basso e/o vendendo azioni con Beta alto.
La selezione degli investimento, inoltre, può avvenire anche individuando titoli sottovalutati. In
questo caso l’analisi dovrà essere volta a stabilire se il titolo considerato sia sottovalutato rispetto al
suo valore intrinseco.
Tuttavia la valutazione positiva dell’andamento futuro delle società non è la sola questione
rilevante: è ancor più critica l’entità della divergenza tra la propria valutazione e quella degli altri
analisti/operatori. In altre parole, affinché un’azione possa considerarsi sottovalutata è necessario
che il giudizio dell’analista sia positivo non tanto in termini assoluti, ma relativamente al consenso
del mercato. L’elemento più importante delle strategie di investimento diviene perciò l’anticipazione
delle scelte degli altri operatori. In questo senso è utile analizzare il rendimento anormale, ossia
rettificato, per tenere conto del rischio del titolo considerato, per cercare di capire se le propri
valutazioni hanno già trovato riscontro nell’apprezzamento del mercato.
Dall’esame del comportamento del titolo, è possibile desumere se il mercato considera il titolo
sopravvalutato (ciò si verifica nel caso di rendimento anormale negativo), o sottovalutato (nel
caso di rendimento anormale positivo).
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Indic ator i fondam entali per la valutaz ione delle az ioni quotate in bor sa
Per consentire una valutazione delle azioni quotate in borsa si utilizzano anche i seguenti parametri:
a) price/earning
esprime il rapporto tra il corso di un’azione e l’utile per azione. Si divide l'utile complessivo della
società per il numero delle azioni in circolazione; il P/E è la base dell'analisi reddituale di un titolo
azionario; per cui tanto più basso è il rapporto , tanto più conveniente è acquistare il titolo;
b) rapporto tra prezzo e cash flow
esprime il rapporto tra il corso di un’azione ed il cash flow (la somma algebrica degli utili di
esercizio e degli ammortamenti);
c) rapporto tra prezzo e mezzi propri o tra prezzo e patrimonio netto
esprimono il rapporto tra il corso di un'azione ed il patrimonio netto per azione. Il P/MP ed il
P/PN sono utilizzati per valutare il valore di avviamento del titolo, cioè l'eventuale eccedenza
rispetto al valore patrimoniale. Al ridursi del rapporto aumenta la validità dell'investimento;
d) rapporto di distribuzione degli utili:
esprime il rapporto tra i dividendi complessivi distribuiti e l'utile netto di bilancio. Il quoziente
indica la quota di utili netti distribuiti agli azionisti sotto forma di dividendi e, in via
complementare, la quota di utili netti trattenuti presso l'impresa e reinvestiti nel circuito della
gestione. Quando l'indice assume valori superiori all'unità, significa che una parte dei dividendi è
stata prelevata contabilmente dalle riserve;
e) rapporto tra dividendo e prezzo
esprime il rapporto tra l'ultimo dividendo distribuito e la quotazione del titolo;
d) earning per share
esprime l'utile per azione calcolato sui dati del bilancio di fine esercizio. Quando il dato assume
valori elevati conviene acquistare i titoli;
e) il tasso di sviluppo dei dividendi:
è il risultato della variazione nel tempo che i dividendi distribuiti dalla società fanno registrare; è
utile per prevedere il dividendo futuro.
f) il leverage:
esprime il rapporto tra mezzi dei terzi e mezzi propri; offre le informazioni sull'aleatorietà della
struttura patrimoniale stessa.
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fissati per la conversione a meno che non sia concessa la facoltà di chiedere la conversione prima
della assemblea chiamata a prendere le relative deliberazioni.
Nello stesso tempo l’obbligazionista convertibile partecipa a tutte le operazioni sul capitale che
avvengono nel periodo per il quale egli è facoltizzato a chiedere la conversione dei suoi titoli. Per gli
aumenti di capitale a titolo gratuito, come pure per la riduzione del capitale a seguito di perdite di
gestione, il rapporto di cambio va modificato in proporzione dell’aumento o della perdita. Per gli
aumenti di capitale a pagamento e per le emissioni di obbligazioni convertibili, la normativa vigente
prevede, invece, che gli obbligazionisti convertibili abbiano il diritto esclusivo, unitamente agli
azionisti, di partecipare all’operazione.
Nel caso del procedimento diretto, dunque, la valutazione dovrà tener conto non soltanto di quanto
espressamente previsto nel regolamento del prestito, ma anche di ciò che prevede la normativa
vigente in materia. Nel caso del procedimento indiretto, invece, in assenza di specifiche disposizioni di
legge, la valutazione va riferita esclusivamente a quanto previsto nel regolamento ed alle sue
implicazioni.
Prescindendo dalla valutazione di eventuali operazioni sul capitale che possano intervenire nel
periodo di vita del titolo e che possano portare a modificazioni del rapporto di cambio od
all’esercizio del diritto di opzione, gli elementi base per l’apprezzamento della facoltà di conversione
sono costituiti essenzialmente dal rapporto di conversione, dal prezzo di mercato (o di
sottoscrizione) delle obbligazioni e dalle prospettive di mercato del titolo per il periodo nel quale la
conversione potrà essere esercitata. Tenendo presente il prezzo di mercato delle obbligazioni ed il
rapporto di conversione, è possibile calcolare agevolmente il costo dei titoli azionari che si potranno
ottenere in conversione.
In effetti, il valore nominale dell’insieme dei titoli necessari per effettuare la conversione va
moltiplicato per il costo degli stessi (controvalore al corso di Borsa + oneri accessori) al fine di
ricavare il costo complessivo delle azioni ottenibili in conversione. A volte occorre aggiungere a
questo risultato anche altri oneri connessi all’operazione di conversione, oneri costituiti da spese a
carico dell’obbligazionista o, più di frequente, dall’importo della cedola in corso al momento della
conversione.
Il costo dei titoli in conversione andrà poi confrontato con il prevedibile valore futuro al momento
della conversione, valore che ovviamente risentirà di diluizione dovuto all’aumentato numero di
titoli in circolazione. Attraverso il confronto fra il prevedibile valore futuro ed il costo in
conversione e tenendo conto della incertezza propria all’andamento futuro dei corsi, si viene a
determinare il valore della facoltà, valore che andrà aggiunto al valore della componente
obbligazione ordinaria per determinare il valore complessivo del titolo convertibile.
La grande difficoltà di una corretta valutazione dei titoli convertibili è dunque costituita
dall’apprezzamento delle prospettive di mercato del titolo che si potrà ottenere in conversione. Il
premio o lo sconto rispetto al prezzo corrente rappresentano soltanto una mera indicazione degli
orientamenti del mercato al momento del loro calcolo. Le convenienze vanno apprezzate in
prospettiva, riferendosi al momento in cui la facoltà di conversione diverrà operativa.
La complessità delle valutazioni è legata al fatto che con un’obbligazione convertibile si è dunque di
fronte ad un titolo che incorpora le caratteristiche di un’obbligazione ordinaria (flussi cedolari e
valore di rimborso), insieme con quelle dovute alla facoltà di versare obbligazioni per acquisire lo
status di socio e dunque tecnicamente per pagare le azioni.
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Confro nto ob bliga zioni or dina rie e ob blig azioni con ve rtibil i
Elementi di omogeneità Elementi di differenziazione
Trattamento fiscale: 12,50% sulle cedole e sulla differenza rispetto Presenza di un’opzione di conversione in azioni a favore del
al valore di rimborso portatore, secondo condizioni predefinite per tempi e modalità
Regime di circolazione e trasmissibilità: al portatore e nominative Esistenza del diritto di opzione, sia in entrata che in uscita
Modalità di collocamento: tramite consorzio di banche Impossibilità di emissione del titolo sotto la pari
Profilo finanziario: il rendimento è espresso dal TRES ed è Ammissione alla quotazione di borsa solo nel caso di quotazione
composto da flussi cedolari e valore di rimborso delle azioni di compendio
Diritti ed oneri per il sottoscrittore: assunzione di una posizione
di creditore e quindi con il diritto a percepire flussi periodici di
interessi espressi dalle cedole
Negoziazione sui mercati ufficiali qualora l’emittente abbia i
requisiti per fare richiesta di ammissione alla quotazione
La logica di gestione del mercato azionario fondata su un’attenzione alla qualità dei sistemi di
negoziazione, alla definizione di sistemi di liquidazione e custodia, nonché per il quadro
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regolamentare di riferimento, ha contribuito ad una sua consistente evoluzione che ha indotto anche
molte aziende alla ricerca del capitale di rischio, ossia alla quotazione sul mercato.
Le società quotande hanno a loro disposizione l’individuazione di tre tipologie di mercati costituiti
dalla Borsa (MTA) per le aziende di maggiore dimensione e/o leader nei loro mercati di riferimento,
dal Nuovo Mercato (NM) per le aziende con elevato potenziale di crescita e/o appartenenti a settori
ad alta innovazione ed il Mercato Ristretto per aziende che richiedono un sistema di contrattazione
semplificato.
La quotazione in Borsa presuppone alcuni interventi preparatori che sono molto utili per un più
efficace approccio allo sviluppo futuro dell'azienda, ben recepito dagli investitori che notano anche le
concrete prospettive di sviluppo, l’esistenza di un management professionale, chi comunica in modo
trasparente ed efficace.
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FASI TEMPI
Adempimenti della società: 2 - 3 mesi
ü Delibere assembleari e del CdA
ü Scelta dello sponsor e dei consulenti legali, di comunicazione, ecc.
ü Processo di due diligence economico-finanziaria e legale
ü Approvazione dello statuto e dell'eventuale aumento di capitale da
parte del tribunale
ü Primi contatti con Borsa Italiana e Consob
ü Avvio della preparazione del prospetto e valutazione della società
Istruttoria di Borsa Italiana e Consob: Max 60
ü Delibera di ammissione a quotazione da parte di Borsa Italiana, e giorni
contestualmente:
ü Rilascio del nulla osta alla pubblicazione del prospetto informativo da
parte di Consob
Preparazione dell'offerta e avvio delle contrattazioni: 3-4
ü Pubblicazione del prospetto informativo settimane
ü Marketing e road-show
ü Bookbuilding e offerta pubblica di vendita (e sottoscrizione)
ü Consegna e pagamento dei titoli
ü Comunicazione dei risultati dell'offerta
ü Delibera di inizio negoziazione da parte della Borsa
L'azienda quotata deve attenersi ad alcune regole previste dalla normativa con riguardo a
informativa societaria, corporate governance e insider trading allo scopo di garantire un corretto
andamento del prezzo del titolo sul mercato.
In particolare gli obblighi di informativa societaria verso il pubblico, la Borsa Italiana e la Consob
riguardano:
• comunicazione di tipo price sensitive (fatti rilevanti, operazioni straordinarie);
• pubblicazione del bilancio d'esercizio, della relazione semestrale e, a partire dal 2000 della
relazione trimestrale;
• informazione sull'esercizio dei diritti connessi agli strumenti quotati;
• comunicazioni riguardanti la variazione della composizione degli organi sociali;
• comunicazioni riguardanti assetti proprietari e partecipazioni.
Al di là degli obblighi normativi, una politica di comunicazione ampia, trasparente e tempestiva
consente di riflettere nel prezzo delle azioni i risultati positivi attesi ad alleviare fenomeni di
sottostima o eccessiva oscillazione dei corsi nei momenti di congiuntura negativa.
Per potersi quotare in Borsa occorre soddisfare due categorie di requisiti, identificabili in:
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• Requisiti formali
• Requisiti sostanziali
I requisiti formali previsti dal regolamento di Borsa Italiana si sono evoluti nella direzione di una
minore restrizione e un maggior peso ai requisiti sostanziali. Infatti i requisiti per l'ammissione in
Borsa tendono a coincidere con gli attributi che gli investitori si aspettano di trovare in una società.
I requisiti formali minimi richiesti per l'ammissione al mercato di Borsa delle azioni di un'azienda
italiana sono i seguenti:
(*) Nel caso l'ultimo bilancio risalga a più di sei mesi prima della domanda di ammissione sarà
necessario un bilancio infra-annuale anch'esso sottoposto a revisione.
La preparazione alla quotazione richiede l'assistenza di consulenti specializzati, il più importante dei
quali è lo Sponsor, figura prevista dai regolamenti della Borsa Italiana, costituita da un
intermediario finanziario che assiste la società nello svolgimento dell'intero processo di quotazione e
nel periodo successivo.
Alla quotazione lo sponsor dichiara alla Borsa Italiana che:
• la documentazione e i dati forniti sono completi
• l’emittente è informato degli impegni che conseguono dalla quotazione
• l’emittente dispone di un valido sistema di controllo di gestione
• i dati previsionali relativi ai sei mesi all'ultimo documento contabile esibiti siano
ragionevolmente realizzabili
• il collocamento dei titoli viene effettuato secondo le regole della migliore prassi nazionale e
internazionale
Nella maggior parte dei casi lo sponsor svolge anche il ruolo di coordinatore globale, ovvero si
impegna anche a collocare sul mercato i titoli della società quotanda. Sulla base della dimensione
prevista del collocamento la società può nominare anche più di un coordinatore globale.
Per la centralità del suo ruolo durante e dopo il processo di quotazione, lo sponsor/coordinatore
globale deve essere accuratamente selezionato.
In base alle specifiche circostanze della società o alle dimensioni del collocamento possono essere
nominati altri consulenti specializzati.
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Il segmento STAR previsto da Borsa Italiana è diretto alla valorizzazione delle società di piccola e
media capitalizzazione. Gli obiettivi del progetto sono di aumentare la visibilità e la liquidità degli
emittenti e di facilitare l'accesso alle informazioni sulle società del segmento da parte degli
investitori.
La segmentazione, la trasparenza e la liquidità, i tre strumenti che Borsa Italiana ha individuato per
raggiungere questi obiettivi, sono anche i requisiti di accesso e permanenza a STAR per le società
già quotate o di nuova quotazione. Infa tti, la qualifica di star può essere richiesta dagli emittenti che
soddisfino requisiti di tipo qualitativo e quantitativo addizionali rispetto a quelli richiesti per
l'ammissione alla quotazione in Borsa.
Le condizioni quantitative per l'ottenimento della qualifica star fanno riferimento alla
capitalizzazione e alla diffusione delle azioni:
• Capitalizzazione. La capitalizzazione delle azioni star deve essere inferiore a 800
milioni di euro. L’individuazione della soglia, soggetta a revisioni periodiche, è volta a
creare un segmento composto da società omogenee e rappresentativo della realtà delle
piccole e medie imprese italiane, escludendo tutte le società comprese nel Midex e nel
Mib30.
• Diffusione delle azioni tra il pubblico. La qualifica di star viene subordinata ad
una diffusione minima delle azioni presso il pubblico pari al 35% del capitale sociale per le
società di nuova quotazione, e al 20% per le azioni già quotate. Un flottante pari al 20% del
capitale sociale è, in ogni caso, una condizione per il mantenimento della qualifica "star".
Le condizioni di tipo qualitativo consistono invece in impegni che l'emittente deve assumere e
rispettare durante il periodo nel quale le proprie azioni sono negoziate in questo segmento star e
sono volti a garantire, da parte dell'emittente, standard più elevati rispetto a quelli richiesti dalla
legge o diffusi nella prassi per quanto riguarda l'informazione da diffondere al pubblico e
l'organizzazione interna.
Impegni relativi all'informativa.
Gli emittenti star devono pubblicare la trimestrale entro 45 giorni dal termine di ciascun trimestre,
anche nei trimestri in cui è prevista la redazione di più completi documenti, come il bilancio o la
relazione semestrale.
L'emittente star deve trasmettere i dati di bilancio, i dati trimestrali e semestrali, alla Borsa Italiana
secondo il formato elettronico predisposto dalla stessa Borsa. In tal modo la Borsa potrà mettere a
disposizione degli investitori, attraverso il proprio sito internet, un'applicazione che consentirà di
rielaborare i dati contabili in modo semplice e secondo le tecniche più avanzate.
Al fine di garantire la massima diffusione dell'informativa anche all'estero, gli emittenti star devono
rendere disponibile l'informativa prevista dalla normativa vigente (bilancio, relazione semestrale,
trimestrale, informativa price-sensitive, ecc.) attraverso il proprio sito internet secondo uno schema
predisposto da Borsa Italiana, fornendo anche una versione in inglese, seppure senza carattere di
ufficialità.
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L'emittente star deve individuare al proprio interno un soggetto (investor relator). professionalmente
qualificato incaricato di tenere i rapporti con gli investitori.
Il Consiglio di amministrazione deve essere composto da amministratori non esecutivi ed
indipendenti che, per numero ed autorevolezza, abbiano un peso significativo nell'assunzione delle
decisioni consiliari (1, 2, o 3 a seconda che il numero dei componenti il Consiglio di
Amministrazione sia rispettivamente inferiore a 5, compreso tra 6 e 11, superiore a 11). Ai fini della
valutazione dell'indipendenza, invece, Borsa fa riferimento all'inesistenza in capo agli
amministratori di:
• relazioni economiche di rilevanza tale da condizionare l'autonomia di giudizio con la società,
con le sue controllate, con gli amministratori esecutivi, con l'azionista o gruppo di azionisti
che controllano la società;
• titolarità, diretta o indiretta, di partecipazioni azionarie di entità tali da permettere loro di
esercitare il controllo sulla società;
• partecipazione a patti parasociali per il controllo della società
• L'emittente "star" deve avere nominato un comitato per il controllo o aver riservato in
maniera specifica al Consiglio l'incarico di analizzare le problematiche e istruire le pratiche
rilevanti per il controllo dell'attività aziendale.
• Devono essere previste forme di incentivazione degli amministratori esecutivi e degli alti
dirigenti attraverso la correlazione di una parte significativa della loro remunerazione al
raggiungimento di obiettivi individuali prefissati e/o ai risultati economici conseguiti dalla
società (mediante, ad esempio, "stock options" o forme di partecipazioni agli utili).
Presenza e impegni dell'operatore specialista sulle azioni "star"
L'emittente "star" deve nominare un operatore specialista che, per tutto il periodo in cui le azioni
sono negoziate nel segmento star, svolga un'attività di sostegno della liquidità del titolo e si assuma
inoltre i seguenti impegni:
• pubblicazione di almeno due analisi finanziarie all'anno e di brevi analisi in
occasione della diffusione dei dati trimestrali e dei principali eventi societari dell'emittente
• trasmissione tempestiva alla Borsa Italiana di tutti gli studi e delle ricerche
effettuate dallo specialista sulla società
• organizzazione, almeno due volte all'anno, di un incontro tra il management della
società e gli investitori professionali.
Tra le funzioni assegnate allo specialista riveste particolare rilievo l'obbligo di effettuare almeno
due ricerche all'anno e di inviare tutte le ricerche e gli studi effettuati sulla società alla Borsa
Italiana. La Borsa, al fine di massimizzare la diffusione dello studio ricevuto, si avvarrà dei canali
rappresentati dagli information providers di rilievo internazionale, cui accedono gli investitori
istituzionali ed esteri.
L’obiettivo del Nuovo Mercato è quello di rispondere alle esigenze delle piccole e medie imprese
(PMI) che vogliono crescere e realizzare gli investimenti strategici allo sviluppo e al rafforzamento
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competitivo funzionale al successo futuro. Il target del Nuovo Mercato sono, dunque, le imprese
innovative, operanti in settori ad alto contenuto tecnologico o considerati "tradizionali", ma
caratterizzate da un approccio innovativo di prodotto, processo o servizio e da ambiziosi programmi
di espansione (società giovani con fabbisogni finanziari legati a un progetto o programma di
sviluppo; società di settori innovativi ad alta tecnologia che devono sviluppare nuovi prodotti o
rafforzare la loro posizione competitiva; società di settori "tradizionali" con innovazioni di prodotto,
di processo o distributive che comportano una crescita significativa; società gestite da managers-
fondatori che cercano partners per programmi ambiziosi di sviluppo; società già quotate su altri
mercati esteri che desiderano allargare la base azionaria domestica; società italiane o estere e società
già quotate su altri mercati azionari europei o extraeuropei).
Il Nuovo Mercato fornisce l'accesso al capitale di rischio adeguato e flessibile in funzione dei
bisogni specifici delle fasi di sviluppo e consolidamento delle attività produttive.
Il sistema di negoziazione del NM è integrato in quello del Mercato Telematico Azionario. La
qualità dei prezzi è garantita dalla divulgazione in tempo reale di prezzi, quantità e indici di
riferimento.
Per garantire un buon livello di liquidità è stato introdotto su ciascun titolo l'obbligo dello
specialista, intermediario autorizzato che utilizza due leve, ossia la presenza costante sul mercato
per quantitativi minimi e nell'ambito di variazioni massime di prezzi, secondo regole stabilite dai
regolamenti della Borsa Italiana ed un’attività di ricerca mirata a valorizzare e diffondere
informazioni sulla società emittente e sul settore in cui opera.
Per quanto riguarda i requisiti a carico delle società quotande va sottolineata l’esistenza di una
sostanziale differenza con le società che chiedono l’ammissione alle quotazioni sul MTA. In
particolare per le società che fanno richiesta di ammissione alle quotazioni sul NM non vi sono
requisiti minimi di reddito, né di fatturato né di dimensione dell'attivo; l’offerta pubblica minima
deve essere pari al 20% del capitale e pari a 5 milioni di euro di cui almeno la metà in sottoscrizione;
il patrimonio netto minimo di circa 1,5 milioni di euro. Circa ulteriori requisiti vanno evidenziati
l’obbligo da parte degli azionisti imprenditori o managers a mantenere per un anno l'80% delle
azioni in possesso dopo la quotazione (clausola di lock-in), il citato impegno di un operatore
specialista per assicurare la liquidità del titolo ed una informativa costante e comunicazione
trimestrale dei dati finanziari.
La quotazione si articola il fasi:
a) nella prima fase vi è la selezione di un intermediario che svolga la funzione di Sponsor e
Specialista. Lo Sponsor :
• completa la due diligence su tutta la documentazione propedeutica alla quotazione e
alla sollecitazione del pubblico risparmio concomitante al collocamento dell'offerta
• coordina il lavoro e l'assunzione delle responsabilità dei soggetti coinvolti nella
preparazione alla quotazione (società di revisione, studi legali, advisors, ecc.)
• dirige il consorzio di collocamento dei titoli oggetto di offerta, organizzando
distribuzione e marketing finanziario
• assume funzioni di specialista e svolge attività di ricerca per i titoli quotati.
b) nella seconda fase vi è la domanda di ammissione presso Borsa Italiana SpA e di nulla osta al
prospetto informativo presso Consob . Dalla data di presentazione della domanda a Borsa Italiana
alla delibera di ammissione decorrono al massimo due mesi, corrispondendo requisiti per la
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quotazione. Per le Società già quotate su altro mercato regolamentato che chiedono l'ammissione al
Nuovo Mercato i corrispettivi sono ridotti del 50%.
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Sommario : G li au men ti di ca pital e a pa ga mento: a spet ti gen erali; Il di ritto di opzion e; L a p arità
teoric a del di ritto di opzi one; Il merc ato d ei diritti di op zione; La for mazion e del pr ezzo di mer cato
dei dirit ti di opzion e; La v alutazi one; Casi p arti cola ri; G li aumenti di ca pitale a titolo g ratui to: a spetti
gen erali; La valut azion e; Il diritto di a ss egn azion e; G li aume nti di capit ale in fo r ma mist a: a spetti
gen erali; Val ore t eori co e mer cato d ei diri tti; Au mento a cas cat a; Aumenti di c apital e con o ffe rta di
titoli div er si
Gli aumenti di capitale sociale a pagamento hanno luogo mediante emissione di nuove azioni
offerte in opzione agli azionisti della società. A nostro parere è da escludere la possibilità di un
aumento di capitale a pagamento attuato attraverso l'aumento del valore nominale dei titoli in
circolazione in quanto ciò porterebbe ad una esclusione di fatto del diritto di opzione previsto dalla
legislazione vigente.
Le azioni di nuova emissione devono avere un valore nominale pari a quello delle altre azioni in
circolazione, ma possono anche presentare caratteristiche differenti. Così una società che abbia un
capitale sociale composto di sole azioni ordinarie può anche effettuare un aumento di capitale
emettendo azioni di risparmio od azioni privilegiate.
Le azioni di nuova emissione non potranno essere negoziate finché non saranno disponibili e non sia
stata ultimata la procedura (anche per le azioni di risparmio occorre una formale delibera). Nel
periodo intercorrente fra l'emissione e la quotazione ufficiale si potrà formare un mercato; ma i
prezzi fatti non presenteranno certo quella affidabilità che è propria dei prezzi fatti al mercato
ufficiale.
L'emissione dei nuovi titoli può6 avvenire ad un prezzo superiore, ma non a prezzo inferiore alla
pari (al valore nominale), in quanto si ritiene che in tal caso si avrebbe un annacquamento del
capitale e quindi una garanzia fittizia per i creditori della società. Vi sono comunque diversi casi in
cui vi è solo un rispetto formale delle disposizioni normative, ad esempio, quando l'emissione venga
affidata ad un sindacato di collocamento e garanzia che, di fatto, finisce per acquistare l’emissione ad
un prezzo che è inferiore al nominale, anche se la quota pagata in meno rappresenta il compenso
dovuto dalla azienda emittente. Un altro caso è quello dell'emissione di azioni alla pari ma con
godimento retroattivo rispetto alla data di effettuazione della operazione di aumento.
Pratica comune, in situazioni a carattere normale è, comunque, l’emissione alla pari più una
eventuale quota minima aggiuntiva a titolo di rimborso spese. Più raramente si registrano
emissioni con sovrapprezzo. Esse vengono, in genere attuate da società i cui titoli abbiano una
quotazione di mercato molto superiore al nominale ed il sovrapprezzo viene stabilito tenendo conto
del presumibile andamento dei corsi nel periodo di opzione.
Siffatta modalità di emissione è vantaggiosa per la società emittente in quanto permette di
contenere l'entità assoluta del capitale da remunerare ad aumento avvenuto, ma non è certo
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favorevole agli azionisti in quanto si richiede loro un esborso maggiore a parità di numero di titoli e
si viene a comprimere il valore del diritto di opzione.
A parità di ammontare complessivamente richiesto dall'azienda emittente, un’emissione alla pari è
certamente più gradita dagli azionisti in quanto, qualora non intendano eseguire l'aumento,
potranno vendere i diritti di opzione ad un prezzo maggiore, mentre qualora eseguano
l'aumento si troveranno in possesso di un maggior numero di titoli aventi diritto al
dividendo, titoli per i quali il divario fra prezzo di Borsa e valore nominale si sarà
sensibilmente ridotto.
Un ulteriore aspetto del quale occorre tener conto riguarda la decorrenza del godimento, del
diritto a percepire i dividendi. In effetti, quando le nuove azioni vengono sottoscritte e versate
durante il corso di un esercizio, il loro godimento può essere anticipato all'inizio
dell'esercizio in corso, o posticipato all'inizio dell'esercizio che seguirà o ancora può
coincidere con l'epoca del versamento.
Qualora le nuove azioni abbiano un godimento pari a quello delle azioni in circolazione, che sia stato
o meno pagato un ammontare aggiuntivo a titolo di conguaglio dividendo (pari alla frazione di
dividendo che si presume maturata al momento della conclusione dell’operazione di aumento di
capitale) non sorgono problemi di sorta. Viceversa, quando il godimento è differente, i titoli di
nuova emissione non possono essere negoziati al mercato ufficiale se non viene richiesta ed
ottenuta l'ammissione alla quotazione. Si avrà dunque un periodo più o meno lungo di tempo nel
quale i titoli nuovi emessi potranno essere negoziati soltanto nel mercato non ufficiale.
Per ovviare a questo inconveniente, che incide sulla “appetibilità” della emissione, si preferisce in
genere parificare il godimento o direttamente o richiedendo il versamento di una quota
“conguaglio dividendo”.
Si hanno comunque diversi casi in cui risulta conveniente ottenere l'effetto di “diluire“ l'impatto di
una nuova emissione sui corsi di Borsa. Il problema della minore “appetibilità” delle emissioni può
dunque passare in secondo piano e si può avere interesse ad emettere titoli aventi differente
decorrenza di godimento. Si avranno così due quotazioni che verranno poi ad unificarsi al momento
dello stacco del dividendo, quando si verrà a parificare il contenuto economico dei titoli7 a
parificazione della chiusura dell'esercizio in corso.
Si può anche avere interesse a fragmentare il mercato in modo tale da renderlo più sensibile ad
eventuali interventi. In questo caso si provvederà ad emettere dei nuovi titoli che presentino delle
differenze tecniche rispetto ai titoli in circolazione e che siano tali da giustificare una permanente
quotazione separata. Quest'ultimo è, comunque, un caso piuttosto raro in quanto si finisce per
ingenerare confusione fra gli investitori, il che, alla lunga, risulta controproducente anche per la
società emittente.
7 Ricordiamo che la parificazione del godimento, che si realizza alla chiusura dell’esercizio, non significa certo
parificazione del contenuto economico in quanto, anche a parità di cedola in corso, i titoli danno diritto a
ricevere pagamenti di diverso ammontare al momento dello stacco.
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Il d ir it to di opz ione
La sottoscrizione delle nuove azioni in occasione degli aumenti di capitale sociale, tranne i casi già
ricordati, è diritto esclusivo dei soci della società (degli azionisti). Essi hanno diritto a partecipare
all'aumento in proporzione del numero delle azioni che possiedono.
Qualora l'azionista decida di non esercitare il proprio diritto (perché manca di sufficienti mezzi
finanziari, perché non desidera investire nuovi capitali nella società, o perché intende attuare un
disinvestimento parziale, o per altri motivi) potrà venderlo ad un terzo. In tal caso la
sottoscrizione dei nuovi titoli verrà attuata dall'acquirente del diritto.
Il diritto di opzione diviene in questo momento una vera e propria categoria di veicoli di
investimento che si affianca ai valori azionari. Il diritto di opzione ha una vita relativamente breve
(il periodo di opzione è limitato) ed il loro valore dipende essenzialmente dalle modalità
dell'operazione, dalla valutazione che il mercato effettua in ordine alle prospettive borsistiche del
titolo, nonché dalla situazione tecnica del mercato.
Per l’acquirente, il corrispettivo pagato per il diritto, in aggiunta al prezzo di emissione,
rappresenta il costo unitario dei nuovi titoli. Per il venditore il corrispettivo del diritto
rappresenta il compenso per la perdita di valore che il suo investimento inevitabilmente
subisce a causa della emissione di nuove azioni ad un prezzo inferiore al valore corrente delle
azioni in circolazione.
In un mercato perfetto il valore del diritto di opzione sarebbe esattamente eguale alla
differenza fra il corso delle vecchie azioni prima della emissione e quello registrato ad
emissione avvenuta. Vi sarebbe dunque indifferenza fra acquistare i titoli sul mercato ed
acquistare i diritti per sottoscrivere le nuove azioni; il corso di borsa successivo alla
emissione, rifletterebbe esattamente la “diluizione” di valore dovuta ai nuovi titoli in
circolazione.
Gli operatori sono ben coscienti che il mercato dei capitali è ben lontano dall'essere perfetto,
tuttavia, a scopo indicativo, si ricorre al calcolo del valore teorico del diritto, in modo tale da
poter disporre di un elemento di riferimento al fine delle valutazioni di convenienza.
Nell'ipotesi teorica di una costanza del prezzo di mercato, il valore delle azioni optate, ad
aumento eseguito, si ricava dalla seguente formula
vPm + nPe
Vo =
v +n
dove:
Vo = valore delle azioni dopo l'aumento di capitale;
Pm = prezzo di mercato delle azioni prima dell'aumento di capitale;
v = numero di azioni in circolazione prima dell'aumento;
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Il calcolo della parità teorica del diritto viene effettuato prima che abbiano inizio le
operazioni di aumento di capitale ovvero prima che in Borsa venga staccato il diritto.
I titoli vengono dunque quotati ex diritto e il diritto viene negoziato separatamente.
Le negoziazioni che si svolgono ai borsini delle Banche, dove è concentrata la maggior parte del
lavoro nel campo dei diritti di opzione, perdono così per diversi giorni operativi quell'importante
punto di riferimento che è costituito dai prezzi ufficiali, i quali, lo ricordiamo, rappresentano un
vincolo ai prezzi che le banche possono praticare alla clientela.
I prezzi fatti in Borsa alle contrattazioni ufficiali servono, infine, per la determinazione del prezzo
medio dei diritti (risultante dalla media ponderata dei prezzi fatti), e per la decurtazione dei
contratti a premio aventi scadenza posteriore al periodo di opzione, nei quali i prezzi vanno
rettificati per tener conto della perdita di valore successiva all’aumento.
La for mazione del pr ezzo di m er cato dei dir itt i d i opz ione
Nel corso del periodo di durata delle operazioni di aumento di capitale i prezzi dei diritti ed
i prezzi dei titoli ex diritto variano in conseguenza del variare delle correnti di domanda e di
offerta.
La domanda è essenzialmente una domanda di investimento promanante o da operatori che
trovano conveniente acquisire lo status di socio sottoscrivendo l'operazione di aumento o da azionisti
della società i quali necessitino di acquistare diritti per “arrotondare le partite”, per colmare le
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eventuali differenze rispetto al rapporto di emissione, oppure per poter disporre, ad aumento
avvenuto, di un numero di azioni che possa essere negoziato al mercato ufficiale.
L'offerta deriva essenzialmente da azionisti che non dispongono dei mezzi finanziari necessari per
esercitare il diritto o che non intendano impiegare nuovi capitali, da azionisti che dispongono di
frazioni e preferiscono arrotondare le partite per difetto piuttosto che per eccesso e da azionisti che
volendo disporre ad aumento eseguito di una partita regolare vendono la eccedenza dei diritti.
Raramente l'offerta deriva dalla volontà di disinvestire parzialmente, in quanto disinvestire
attraverso la vendita dei diritti e non anche dei titoli risulta conveniente soltanto quando il prezzo
dei diritti è più elevato del prezzo teorico connesso alla quotazione ex diritto, ipotesi che non è certo
frequente.
Anche se il titolo ex diritto è regolarmente negoziabile, mentre le nuove azioni verranno introdotte
in Borsa soltanto dopo un certo periodo di tempo dall'esecuzione dell'aumento e quindi del
versamento del corrispettivo, è possibile affermare che, dal punto di vista degli investitori,
mercato dei diritti e mercato dei titoli rappresentano due diversi mercati del medesimo
veicolo di investimento. La relazione tecnica fra i prezzi sui due mercati è data dalle modalità di
esecuzione della operazione di aumento e ad ogni prezzo dei diritti corrisponde un determinato
prezzo dell'azione ex opzione e viceversa. Gli investitori, potendo scegliere, si orienteranno verso il
mercato più conveniente, il che contribuisce a mantenere i prezzi in linea con la relazione tecnica
esistente fra di essi.
Relazione Teorica
vDp + nPe
Vo =------------
n
Quanto detto non significa necessariamente che debba aversi equilibrio fra i due mercati, piuttosto
che i due mercati tendono ad una posizione di equilibrio.
Si apre dunque spazio per una attività di speculazione volta ad avvantaggiarsi di eventuali
variazioni nel prezzo di mercato dei diritti di opzione o di differenze fra il prezzo delle azioni
ex diritto ed il prezzo dei diritti che non siano giustificate dalle modalità tecniche e dalle
condizioni della operazione di aumento.
Siffatto tipo di operazioni, arbitraggio fra titoli e diritti, può essere effettuato tanto da azionisti i
quali vendano i titoli in loro possesso utilizzando il controvalore per acquisire nuovi diritti e per
attuare il versamento a fronte dell'aumento di capitale, quanto da azionisti i quali vendano i diritti
utilizzando il ricavato per acquistare titoli sul mercato.
Nel primo caso (che è tipico di diritti sottovalutati) sarà necessario disporre della copertura in
contanti per il periodo intercorrente sino alla liquidazione della operazione di vendita a termine. Si
avrà così una perdita di interesse, da calcolarsi separatamente per la liquidazione dei diritti e per il
versamento a fronte delle nuove azioni. Nel caso di operazioni svolte attraverso aziende di credito la
valuta è invece la stessa, tanto per l'acquisto dei diritti quanto per il versamento effettuato alla
società emittente. La perdita di interessi si aggiunge agli altri oneri accessori afferenti all'operazione
(commissioni sulla vendita dei titoli a termine e sull'acquisto dei diritti) rendendola poco
conveniente qualora le differenze di valutazione siano di contenuta ampiezza.
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D’altronde, occorre tener conto anche del fatto che i nuovi titoli non sono immediatamente
disponibili rispetto al momento della loro sottoscrizione e del relativo pagamento e che, se hanno un
godimento diverso da quelli in circolazione occorre attendere la parificazione del contenuto
economico. Ciò significa che la differenza di prezzo deve essere tale da compensare il rischio
connesso al fatto che si vende uno strumento finanziario che è liquido per acquisirne un altro che
non può essere venduto sul mercato, vuoi perché non materialmente disponibile, vuoi perché non
quotato in quanto “diverso”, almeno temporaneamente da quelli in circolazione sul mercato. Accade
spesso che delle differenze di prezzo, apparentemente ampie, fra costo dei titoli ex diritto e costo dei
titoli per l’acquirente dei diritti si rivelino non sufficienti perché convenga una operazione di
arbitraggio attuata vendendo titoli ed acquistando diritti.
Per ciò che attiene al secondo caso (che corrisponde a diritti sopravvalutati), il meccanismo è
alquanto diverso poiché invece di una perdita di interessi, si avrà un guadagno derivante
dall'impiego temporaneo del controvalore ricavato dalla vendita dei diritti per il periodo
intercorrente fra la liquidazione dei diritti e la liquidazione dell'acquisto a termine dei titoli. Inoltre,
qualora vi sia differenza di godimento fra i titoli vecchi e nuovi, l'operatore otterrà il risultato di
ridurre la rischiosità globale del suo investimento, in quanto si troverà a disporre soltanto di titoli
liberamente negoziabili e non anche di una quota di titoli che diverranno negoziabili soltanto in un
momento successivo.
Ambedue i casi descritti presuppongono, ovviamente, che gli azionisti abbiano fiducia nelle
prospettive del titolo. Qualora le loro previsioni siano per un mercato stagnante, o addirittura al
ribasso, essi opereranno in modo totalmente diverso, mirando a ridurre l'entità del loro
investimento od a disinvestire del tutto.
L'arbitraggio fra titoli e diritti può essere anche attuato da speculatori i quali vendano allo scoperto
i titoli per acquistare i diritti. Anche in questo caso sarà necessaria la copertura in contanti per il
periodo sino alla liquidazione della vendita a termine.
La speculazione potrà ovviamente effettuare arbitraggi titoli-diritti soltanto quando i diritti sono
sottovalutati, non anche quando i diritti sono sopravvalutati, stante la impossibilità di prorogare nel
tempo gli effetti economici di una vendita di diritti di opzione, categoria di veicoli di investimento
avente una scadenza ben precisa, la data di versamento del controvalore dei nuovi titoli.
D'altronde, come si è detto, il caso di una sopravvalutazione del prezzo dei diritti rispetto a quello
dei titoli ex opzione è abbastanza raro. Situazioni di questo tipo derivano essenzialmente da
passeggeri errori di valutazione del sindacato che cura l'emissione e che cerca di agire sui prezzi di
mercato, sia del titolo che del diritto, in modo tale da favorire il collocamento, oppure da una azione
di rastrellamento al fine della costituzione di un pacchetto di titoli, azione che, di norma, si svolge in
contemporanea tanto sull'ordinario mercato a termine, quanto nel mercato dei diritti.
Frequentemente si registra una sottovalutazione dei diritti rispetto ai titoli, specie quando l'esborso
richiesto all'azionista sia particolarmente elevato e quando il rapporto di emissione porti, ad
aumento eseguito, a risultati non esattamente in linea con le partite negoziabili in Borsa.
Il problema, ovviamente viene risentito di meno da coloro che dispongono di grossi portafogli titoli,
per i quali un certo arrotondamento avviene in via automatica. Per i piccoli azionisti, invece,
l'arrotondamento a partita regolare delle proprie disponibilità di titoli conseguenti all'aumento può
risultare una operazione particolarmente onerosa.
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Così, nel caso di aumenti di capitale attuati da società i cui titoli sono ampiamente diffusi fra il
pubblico dei risparmiatori, quando le modalità di aumento siano congegnate in modo tale da
richiedere arrotondamenti, ci si può ragionevolmente attendere un ampio volume di offerta sul
mercato dei diritti. L'offerta, inoltre, a causa del fatto che i risparmiatori non sono in genere rapidi a
prendere le loro decisioni sarà concentrata negli ultimi giorni utili e quindi si farà maggiormente
sentire, portando ad una rilevante compressione dei prezzi rispetto al primo periodo di
contrattazione.
La Valutazione
L’elemento che maggiormente influenza le scelte degli operatori in ordine all'esercizio del diritto di
opzione è costituito dalle previsioni circa il futuro comportamento borsistico del titolo ad
aumento avvenuto.
Non si tratta quindi soltanto di una stima degli effetti positivi indotti dall'afflusso alla azienda di
nuovi mezzi monetari; ma anche e soprattutto di un apprezzamento dell'andamento futuro del
mercato nel suo complesso e dell'andamento dei titoli della particolare azienda all'interno
del mercato.
Si sottoscrive l'operazione di aumento di capitale quando si è propensi ad investire nuovi
mezzi monetari e si ritiene che in un prossimo futuro il prezzo di mercato dei titoli più che
recupererà l'effetto di diluizione dovuto all'immissione di nuovo capitale in aggiunta a
quello in circolazione. In ogni caso, se l'azienda in questione è economicamente sana ed il
mercato nel suo complesso valuta positivamente il futuro di borsa, si avrà anche un effetto
anticipatorio della tendenza futura per cui il titolo non “staccherà” tutto il diritto, cioè la
quotazione ex diritto sarà superiore alla quotazione teorica, ovvero alla quotazione che sconta
a pieno l'effetto di diluizione.
Quando ciò avviene l'aumento di capitale rappresenta un indubbio vantaggio per gli azionisti,
tanto per quelli propensi a sottoscriverlo quanto per quelli che vogliano realizzare nel mercato
la quota di plusvalore connessa al diritto di opzione od anche per quelli che intendano disinvestire
del tutto.
I primi realizzeranno rapidamente un plusvalore che potranno monetizzare vendendo una parte dei
titoli. I secondi potranno vendere i diritti ad un prezzo di mercato più elevato (a causa del
meccanismo equilibratore descritto in precedenza). Coloro che intendano liquidare del tutto il loro
investimento, infine, godranno del doppio vantaggio di un prezzo ex opzione più alto e di un più
elevato prezzo dei diritti.
L'elemento chiave delle valutazioni è dunque costituito dalle modalità di esecuzione dell'operazione
e dalle previsioni in ordine all'avvenire borsistico dei titoli, che ne sono oggetto. In definitiva, i
ragionamenti di carattere strettamente economico ed economico aziendale passano in secondo
piano, per fare spazio a ragionamenti prettamente di mercato, dove più che la “logica economica”
vale la “logica del mercato”, due logiche che possono anche essere sensibilmente diverse l'una
dall'altra, la prima che opera nel campo del calcolo economico sublimato dalla realtà, la seconda che
tiene conto di tutto quell'insieme di elementi soggettivi che sono propri alle unità economiche che
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operano nel mercato e che quindi determinano i prezzi fatti. Soltanto tenendo conto di questa
seconda logica, la quale è indubbiamente molto più razionale ed analizzabile di quanto possa
sembrare a prima vista è possibile prendere delle decisioni ottimizzanti nella materia in discorso.
Così grande influenza sul successo delle operazioni di aumento di capitale ha la situazione tecnica
del mercato ed il comportamento borsistico del titolo nel periodo immediatamente precedente
l'annuncio della operazione.
Gli aumenti di capitale, a meno che non vengano attuati in un momento particolarmente euforico,
vanno accuratamente preparati con dosati interventi sulle quotazioni in modo tale da ingenerare
delle aspettative di un rialzo dei corsi e vanno sostenuti tanto il mercato dei titoli ex diritto,
quanto il mercato dei diritti. Agendo in tal guisa e qualora il mercato si riveli ricettizio anche nel
medio termine, si viene a creare una situazione dalla quale finiscono col trarre vantaggio tanto la
società emittente, che vede coperto agevolmente l'intero importo dell'operazione, quanto gli
azionisti che in definitiva finiscono per “fare un buon affare”.
Ovviamente se l'intervento è attuato soltanto in modo da forzare al rialzo un mercato statico o
addirittura depresso l'operazione risulta vantaggiosa soltanto per la società emittente, la quale
riesce cosi a raccogliere nuovi fondi, mentre gli azionisti subiranno una perdita di valore capitale
quando cesseranno le manovre di sostegno. Nel lungo periodo, poi, un comportamento siffatto
finisce col riuscire pernicioso tanto per la società emittente, la quale troverà sempre maggiori
difficoltà a collocare nuovo capitale, quanto per l'insieme del mercato nel quale si sviluppa una
“diffidenza” nei confronti di nuove operazioni sul capitale che ha delle conseguenze estremamente
negative a livello di sistema economico.
Le considerazioni svolte nelle pagine precedenti non esauriscono certo i casi in cui si possono
articolare le operazioni sul capitale. Esse mirano piuttosto a fornire una serie di criteri in base ai
quali impostare caso per caso i ragionamenti di convenienza tenendo conto delle particolari
condizioni previste per l'emissione oggetto di esame.
Il discorso va comunque integrato per tener conto di alcuni situazioni che sono sì particolari, ma
ricorrenti e che aggiungono una componente aleatoria alle valutazioni illustrate nelle pagine che
precedono. In particolare i casi che verranno esaminati sono relativi a:
ü emissione di titoli aventi godimento differente;
ü emissione di azioni di categorie diverse da quelle in circolazione
ü emissione di obbligazioni convertibili in azioni
ü emissione contemporanea di nuove azioni e di obbligazioni convertibili
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Una situazione che, ovviamente, influenza anche il corso di mercato delle azioni vecchie in quanto
l'impatto dell'aumento verrà risentito a pieno soltanto quando i titoli nuovi emessi potranno affluire
in Borsa.
Per il calcolo del valore teorico del diritto di opzione si adopera la stessa formula riportata
alle pagine precedenti. Occorre però tener conto della differenza di godimento e, per poter
parificare nei calcoli il contenuto economico dei titoli nuovi emessi a quello dei titoli già in
circolazione, dal valore corrente delle azioni in circolazione occorre sottrarre la quota di
dividendo presumibilmente maturata sino alla data di godimento delle nuove azioni.
A meno di non disporre di informazioni di tipo particolare si procede ipotizzando una costanza dei
dividendi nel tempo. Si determina così la quota di dividendo da sottrarre al prezzo di mercato
della azione vecchia per omogeneizzare i valori.
Il risultato ottenuto sarà comunque una azione optata con un godimento diverso da quello delle
azioni in circolazione il che complica i calcoli di convenienza per le operazioni di arbitraggio titoli
diritti in quanto, ai fini di questi conteggi, il costo dei nuovi titoli per l’acquirente dei diritti va
incrementato della quota di dividendo di pertinenza delle azioni vecchie.
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Il capitale può anche essere aumentato senza richiedere agli azionisti ulteriori esborsi di carattere
monetario; utilizzando la parte disponibile delle riserve e dei fondi speciali iscritti in bilancio. Non si
ha quindi incremento degli elementi patrimoniali, ma una semplice trasposizione di carattere
contabile fra le voci componenti del capitale netto. Per questo motivo l'aumento di capitale n i
discorso detto anche aumento virtuale, apparente o figurativo, pur comportando degli effetti
economici importanti sia per gli azionisti che per la società.
Perché possa essere effettuata una operazione di aumento gratuito di capitale occorre che la società
disponga di riserve o di fondi utilizzabili a tale scopo a norma della legge o dello statuto:
- la riserva legale può essere adoperata soltanto per la parte eccedente i limiti di legge (1/5 del
capitale sociale);
- la riserva sovrapprezzo azioni, formata dai versamenti effettuati dagli azionisti per emissioni ad un
prezzo superiore al valore nominale, può essere adoperata soltanto se la riserva legale ha raggiunto
il limite di legge;
- le riserve statutarie possono essere adoperate soltanto nei limiti di quanto previsto dallo statuto
sociale.
I fondi di rivalutazione per conguaglio monetario venutisi a formare a seguito dell'applicazione di
disposizioni di legge di tipo obbligatorio sono liberamente utilizzabili per l'aumento gratuito del
capitale sociale.
La Valutazione
L'aumento di capitale in forma gratuita può essere attuato o attraverso l'aumento del valore
nominale dei titoli in circolazione o attraverso l'emissione di nuove azioni. Nel primo caso la società
ottiene il vantaggio di non aumentare il numero dei titoli da remunerare attraverso la
corresponsione del dividendo, ma poco o nessun beneficio ne derivano le quotazioni. Viceversa, nel
caso dell’emissione di nuove azioni, aumenta il numero dei titoli da remunerare, ma quasi sempre la
quotazione risulta tonificata, non fosse altro perché l'azionista verrà a disporre di un numero
maggiore di titoli rispetto a quelli di partenza e quindi godrà complessivamente di un maggior
reddito da dividendi, sempreché la società emittente mantenga inalterata la propria politica di
distribuzione.
Inoltre vi è da tener conto del fatto che siccome in Borsa si opera per quantitativi minimi e loro
multipli, gli azionisti hanno tutto l'interesse a disporre di un numero maggiore di titoli di valore
unitario inferiore. Più basso valore unitario significa più facile commerciabilità e numero maggiore
di titoli significa possibilità di disinvestimenti parziali, di monetizzazione, almeno parziale, del
plusvalore ottenuto sull'investimento originario.
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Valutare le prospettive borsistiche di un titolo oggetto di una operazione sul capitale, comunque, è
tutt'altro che facile, in quanto il suo comportamento di mercato risulta falsato sin dal momento
dell'annuncio dell'operazione, o meglio, da quando cominciano a filtrare le prime indiscrezioni e si
formano le prime congetture in ordine alla futura operazione.
Il “mercato” opera sulla base di “previsioni”, di “attese” circa il futuro possibile comportamento dei
prezzi. I prezzi correnti riflettono le previsioni, le attese del mercato, e quindi scontano in tutto od
in parte i possibili effetti dell'operazione sul capitale prima che questa avvenga, anche se vi è da
tener conto di eventuali interventi del gruppo di controllo della società emittente, come ricordato in
tema di aumenti di capitale a pagamento.
Vi è dunque un ampio spazio per un'attività di speculazione volta, appunto, a capitalizzare sulle
incertezze, sulle indecisioni del mercato e sulle “attese” degli operatori, fondate od infondate che
siano.
Nella valutazione delle operazioni in discorso, dunque, particolare attenzione va data al
comportamento del titolo per un congruo periodo antecedente all'operazione di aumento, in modo
da cercare di individuare quale sia stato il possibile effetto di anticipazione e quindi porsi in grado di
congetturare in modo efficace il probabile futuro andamento dei corsi ad operazione avvenuta.
Il d ir it to di assegnazione
Il diritto che ha l'azionista a ricevere gratuitamente le nuove azioni è detto diritto di assegnazione che
può essere esercitato, oppure negoziato, a scelta del socio, ed il suo valore di mercato dipenderà
dalle prospettive del titolo e dal numero di diritti di cui è necessario disporre, ossia che è necessario
acquistare per ottenere l'assegnazione.
Una indicazione del possibile prezzo di mercato del diritto viene fornita dal suo valore
teorico, cioè dal valore che esso assumerebbe se la valutazione complessiva del titolo restasse
inalterata, cioè se il mercato tenesse soltanto conto dell'aumentato numero dei titoli in circolazione
e dell'eventuale rimborso spese.
La formula per il calcolo del valore teorico del diritto è la stessa di quella adoperata per il
diritto di opzione, ossia per il diritto a pagamento. Manca la componente prezzo di emissione,
in quanto i titoli verranno assegnati in via gratuita, salvo un eventuale rimborso spese che
ovviamente va inserito nel calcolo. Quindi, adoperando la stessa simbologia utilizzata per gli
aumenti di capitale a pagamento, abbiamo:
vPm
Vo = ------
v+g
Il diritto di assegnazione sarà dunque eguale alla differenza fra il valore dell'azione ex
aumento di capitale (Vo) ed il valore dell'azione prima dell'aumento di capitale (Pm).
Per ciò che attiene alla significatività del valore teorico, si rimanda a quanto detto in materia di
aumenti di capitale a pagamento. A parità di condizioni, di andamento del mercato, il valore
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effettivo dovrebbe essere sistematicamente inferiore al valore teorico in quanto occorre tener
conto del fatto che è necessario un certo lasso di tempo prima che colui che acquista i diritti possa
disporne effettivamente e che quindi il costo dei titoli da ottenere in assegnazione non è
direttamente confrontabile con il prezzo corrente, il quale è relativo a titoli liberamente negoziabili
in qualunque momento.
Il mercato dei diritti di assegnazione è, in genere, un mercato poco attivo e di breve durata.
Nonostante si tratti di diritti che non hanno un termine di scadenza e che quindi possono essere
esercitati in un qualunque momento prima della prescrizione decennale, la loro contrattazione,
quando prevista, è di norma limitata ad un periodo di tempo relativamente breve, anche se,
ovviamente essi restano cedibili per tutto il periodo della loro validità.
In effetti vi è poco interesse a questo mercato, che è alimentato soprattutto dalla negoziazione delle
frazioni necessarie per “arrotondare le partite”.
Siccome gli aumenti a titolo gratuito vengono effettuati soltanto da società in una buona od
eccellente situazione economica, gli investitori hanno poco interesse a vendere i diritti, a meno che il
prezzo non sia particolarmente interessante, tanto più che, spesso si tratta di società che attuano
una sistematica politica di operazioni gratuite, il che fa venir meno la necessità di arrotondare volta
per volta le partite sino ad ottenere una partita regolare.
Di contro vi è poco interesse ad acquistare diritti, a meno che il prezzo non sia particolarmente
favorevole, a causa dell'incertezza in ordine al possibile andamento dei prezzi nel periodo
intercorrente fra l'effettuazione dell'operazione di aumento e la disponibilità effettiva dei nuovi titoli.
Quanto detto non esclude la possibilità di effettuare degli arbitraggi fra titoli e diritti,
vendendo titoli ed acquistando diritti o viceversa, anche se, ovviamente, il maggiore
ostacolo è costituito proprio dalla limitata ampiezza del mercato, che non consente di
effettuare grosse operazioni.
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Gli aumenti di capitale in forma mista rappresentano un abbinamento fra le due forme che
sono state descritte ai punti precedenti. Si mira a rendere più appetibile la sottoscrizione
dell'aumento di capitale a pagamento assegnando agli azionisti un certo numero di azioni
gratuite.
L'azionista è assegnatario di un doppio diritto, un diritto di opzione per la sottoscrizione delle
nuove azioni a pagamento ed un diritto di assegnazione delle nuove azioni gratuite, il tutto in
proporzione delle azioni in suo possesso.
L'operazione può essere congegnata in vario modo. Innanzitutto ognuna delle operazioni che la
compongono può comportare un aumento del valore nominale dei titoli in circolazione o l'emissione
di nuove azioni il che non è certo indifferente per l'azionista, come chiarito in tema di aumenti di
capitale a pagamento. In secondo luogo, l'aumento di capitale gratuito, può precedere, essere
contemporaneo o seguire l'aumento a pagamento e si può avere sia il caso in cui le nuove azioni a
pagamento partecipino anche alla parte gratuita, sia il caso in cui le nuove azioni ottenute in via
gratuita partecipino all'operazione a pagamento, sia, infine, il caso in cui ambedue le operazioni
componenti vengano direttamente connesse al numero delle azioni in circolazione prima delle
operazioni di aumento.
La configurazione tecnica dell'operazione influenza ovviamente le convenienze degli azionisti e
quindi il prezzo di mercato dei titoli. Per la sua valutazione valgono le stesse considerazioni
effettuate in tema di aumenti gratuiti e di aumenti a pagamento.
A seguito dell'operazione il valore di mercato del titolo subisce una diminuzione che a parità
di condizioni dipende dal numero globale delle nuove azioni emesse, dal peso relativo delle
due componenti, dal prezzo di emissione delle nuove azioni a pagamento e dall'entità degli
eventuali rimborsi spese. Sulla base di questi elementi è possibile calcolare la diminuzione
teorica di valore, l'effetto di diluizione dovuto alla immissione dei nuovi titoli sul mercato,
nella ipotesi che il prezzo dei titoli resti costante.
La diminuzione effettiva di valore dipenderà dalle previsioni del mercato in ordine alle
prospettive del titolo. Se le prospettive sono buone, il titolo può anche “staccare” un valore
inferiore a quello teorico, il che significa un vantaggio immediato per gli azionisti. Viceversa uno
“stacco” maggiore indica prospettive poco favorevoli e comporta un danno immediato per gli
azionisti i quali vedono decurtato il valore di mercato dei titoli che possiedono.
Nel lungo termine il prezzo di mercato può anche più che recuperare la diminuzione di valore
conseguente all'operazione sul capitale e quindi, alla lunga l'operazione può risultare ugualmente
vantaggiosa; ma in ogni caso il vantaggio economico dell'azionista che abbia eseguito l'aumento sarà
certamente inferiore a quello di un investitore che abbia acquistato ad aumento avvenuto.
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Come già detto, nelle operazioni di aumento di capitale in forma mista, gli azionisti sono
titolari di due diritti, un diritto di opzione relativo alla componente a pagamento ed un
diritto di assegnazione relativo alla componente gratuita. Ciascuno di questi due diritti ha un
proprio valore il quale dipende dalle condizioni stabilite dalla società emittente per l'esecuzione
dell'operazione.
Per il calcolo del valore teorico dei diritti, valore che, ricordiamo, è puramente indicativo, si parte
dalla considerazione che, a parità di condizioni, la somma dei valori dei due diritti deve
corrispondere alla diminuzione che il prezzo di mercato del titolo subisce per effetto
dell'operazione di aumento. Così si calcola innanzitutto il valore dell'azione optata, come valore
medio del possesso azionario dell'unità economica che abbia eseguito ambedue le componenti
dell'operazione.
La formula è identica a quella adoperata per gli aumenti a pagamento, ma con l'aggiunta della
componente gratuita:
vPm+nPe
Vo = -------------
v+n+g
dove
Vo = valore dell'azione dopo l'aumento di capitale
v = numero delle vecchie azioni necessarie per partecipare all'aumento
n = numero delle nuove azioni a pagamento
g = numero delle nuove azioni gratuite
Pm = prezzo corrente di mercato prima dell'inizio delle operazioni di aumento
Pe = prezzo di emissione dei titoli comprensivo di sovrapprezzo e di eventuali altri oneri a carico
del sottoscrittore
Il valore del “diritto completo” si ottiene per differenza fra il valore corrente ed il valore
dell'azione optata. Per il calcolo del distinto valore dei due diritti si parte dalla relazione che deve,
almeno in via teorica, legare valore dell'azione optata e valore dei diritti. Il costo dei titoli per
l'acquirente dei diritti deve essere pari al valore dell'azione optata. Così :
vD p + nPe vDg
Vo = =
n g
Dp = diritto a pagamento
Dg = diritto gratuito
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Ovviamente è inutile calcolare ambedue i diritti in quanto il secondo si ottiene per differenza
rispetto al “diritto completo”.
Un'altra possibile via per la determinazione del valore teorico dei diritti consiste nel considerare le
due operazioni come non contemporanee, calcolando prima il valore del titolo al netto di uno dei
diritti ed utilizzando il risultato per la ricerca del valore del secondo diritto.
Si avreb be così
Vo1 = valore del titolo dopo l'aumento a pagamento e prima dell'aumento gratuito
Si può avere il caso in cui l’aumento a pagamento venga effettuato prima dell’aumento
gratuito, ma le nuove azioni sottoscritte a pagamento partecipino anche alla successiva fase
gratuita.
Anche in questo caso occorrerà calcolare il diritto completo, ma secondo una metodologia
diversa da quella adoperata nella precedente situazione, in quanto occorre tener conto, sia a livello
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di numeratore che di denominatore, delle azioni gratuite spettanti ai sottoscrittori della parte a
pagamento.
Trovato il valore del diritto completo lo si scinde in diritto a pagamento ed in diritto
gratuito sulla base di ragionamenti analoghi a quelli effettuati in precedenza, calcolando quel valore
del diritto che eguaglia il costo dell’acquisto dei titoli “via diritti” al valore dell'azione optata.
Indicando con g1 il numero delle azioni gratuite connesso alle nuove azioni sottoscritte:
vDp + nPe
Vo = -----------
(n + g1)
Risolvendo per Dp
Vo (n+ g1 ) - nPe
Dp = -----------------------
v
Per il calcolo del diritto gratuito è invece possibile adoperare la formula già indicata per il caso
dell’aumento misto di tipo semplice, ovvero
Dg = Vo x g/v
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Fra i vantaggi economici ottenibili dall'investimento in valori azionari rientra la possibilità che
all'azionista vengano offerti in opzione o assegnati, dalla società nei cui titoli ha investito, dei titoli
diversi.
Può trattarsi tanto di un’opzione o di un’assegnazione relativa a titoli emessi dalla stessa società, ma
che presentino delle caratteristiche differenti, quanto di un’operazione relativa a titoli di società
controllate o collegate, in via generale, a titoli detenuti in portafoglio.
L'azionista ottiene un effettivo vantaggio economico soltanto quando l'operazione avviene a titolo
gratuito o comunque ad un prezzo inferiore al valore corrente del veicolo d'investimento che viene
ad essere acquisito se si aderisce all'offerta.
Se l'operazione avviene al prezzo corrente non si ha alcun vantaggio ad essere destinatari
dell'offerta.
La stima della convenienza alla operazione per i titoli che hanno un prezzo corrente è molto
semplice in quanto è sufficiente confrontare il prezzo corrente con le condizioni alle quali
avviene l'offerta. Per i titoli che non sono negoziati sul mercato, ed è questa la maggioranza dei
casi, almeno nell'ultimo periodo, occorre invece effettuare una stima del probabile valore
corrente, di come il mercato accoglierà il nuovo titolo.
In genere le offerte in opzione di titoli che non hanno ancora un mercato sono volte a creare quelle
condizioni di diffusione fra il pubblico che sono indispensabili perché si formi un attivo mercato nel
quale la società che lancia l'offerta andrà poi a collocare ulteriori titoli. Occorre allettare gli
investitori e porre le premesse per ulteriori operazioni e quindi il prezzo di offerta è sempre
interessante.
Il problema, dunque, non è tanto quello di effettuare delle stime al fine di stabilire se l'operazione sia
conveniente o meno, ma di quantizzare l'entità del vantaggio economico ottenibile qualora vi si
aderisca.
Siffatte offerte od assegnazioni agli azionisti influenzano ovviamente la quotazione di mercato del
titolo il quale viene ad acquistare un contenuto economico che prima non aveva o che, comunque,
era soltanto potenziale, contenuto economico che perde il momento in cui l'opzione sia stata
esercitata o sia avvenuta l'assegnazione. Occorre dunque ripartire il vantaggio economico ricavabile
per il numero di titoli necessario per aderire all'offerta o per ottenere l'assegnazione, in modo tale da
calcolare il valore di mercato che il titolo avrà dopo che l'operazione sia stata completata. E’ questo
sempre un valore teorico, un valore indicativo, poiché l'effettivo valore di mercato dipenderà in ogni
caso dalle prospettive del titolo.
Il discorso svolto nelle pagine precedenti necessita di alcune precisazioni.
Nel nostro paese i valori azionari danno un rendimento di dividendo che è mediamente molto basso
in relazione al valore di Borsa, la remunerazione dell'investitore, quindi, è soprattutto costituita da
operazioni sul capitale che trovino un favorevole accoglimento nel mercato e dalla differenza di
valore realizzata a seguito della alienazione del titolo.
In definitiva, se è vero che un veicolo di investimento “vale per quel che rende”, è anche vero che
quel particolare veicolo di investimento costituito dai titoli azionari “rende perché vale”. Si tratta di
un apparente assurdo logico il quale deriva dal fatto che il mercato è ben lontano dall'essere quel
“mercato perfetto” cui fanno sovente riferimento le teorie.
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Nel campo dei titoli azionari gli elementi di incerta valutazione sono molti. Le unità economiche che
operano nel mercato non agiscono in modo uniforme e comunque la loro azione è diversamente
motivata ed informata, per cui la possibilità di differenti valutazioni si riflette maggiormente sui
prezzi.
La soggettività delle valutazioni e delle decisioni delle unità economiche comporta conseguenze
molto importanti a livello di formazione del prezzo di mercato il quale si discosta, com e già abbiamo
avuto occasione di notare, da quello che si formerebbe se le scelte avvenissero in modo puramente
obiettivo e fossero soltanto determinate da ragionamenti di pura “logica economica” applicati ad
informazioni esaurienti ed accessibili a tutti. La realtà operativa di tutti i giorni è ben diversa. I
prezzi si formano soprattutto sulla base di “attese”, di “aspettative” in ordine ai futuri prezzi di
mercato, “attese” e “aspettative” che spesso non derivano affatto da informazioni complete ed
esaurienti e che comunque risentono di tutti gli elementi soggettivi propri alla singola unità
economica che le formula.
Siccome il dividendo rappresenta una componente minimale del rendimento che è possibile ottenere
dall'investimento, l'attenzione degli operatori si rivolge soprattutto alle altre componenti cioè alle
operazioni sul capitale ed al possibile aumento del valore di mercato. Ciò non significa però che
siano del tutto da trascurare le considerazioni in ordine all'effettivo andamento della gestione, in
quanto una società la quale non produca utili non potrà certo effettuare delle operazioni sul capitale
che risultino profittevoli per gli azionisti. E’ però vero che le considerazioni di carattere economico
aziendale passano in secondo piano rispetto alle considerazioni di mercato, alla valutazione di come
il mercato reagirà a probabili accadimenti futuri, di carattere aziendale od extra-aziendale che siano.
Le valutazioni di mercato devono giocoforza essere basate sul comportamento degli operatori che vi
agiscono e quindi le loro decisioni, le scelte attuate in un momento determinato, non comportano
soltanto uno spostamento dei prezzi, ma costituiscono anche un elemento di base per la
formulazione delle aspettative di andamento futuro, sempreché i prezzi che si sono venuti a formare
non vengano giudicati come derivanti da un orientamento meramente episodico e contingente.
In definitiva le aspettative degli uni finiscono per influenzare le aspettative degli altri e le scelte di
investimento operate in un particolare momento dalle unità economiche che agiscono nel mercato,
portando a nuovi prezzi, finiscono col determinare l'effettivo risultato economico ottenibile qualora
decidano di disinvestire, dalle unità economiche che abbiano investito precedentemente.
Si ha un complesso gioco di interazione fra il comportamento dei diversi operatori che finisce
coll'esaltare lo scostamento fra il valore di Borsa ed il valore che i titoli dovrebbero avere in
relazione alla loro redditività, lasciando ampio spazio a considerazioni che poco hanno della logica
economica. Basti pensare alla grande rilevanza che ha, nei ragionamenti degli investitori, il valore
patrimoniale dei titoli che pure, come si è chiarito dovrebbe avere una importanza minima, limitata
ai riflessi che il contenuto patrimoniale riverbera sulla capacità a produrre utili nel futuro. Anche se
non coerente con la logica economica, il valore patrimoniale costituisce ormai una componente
fondamentale delle decisioni di investimento e finché il mercato continuerà a ritenerlo tale esso
influenzerà le convenienze degli operatori, contribuendo a determinare il risultato economico
ottenibile.
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