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La dodecafonia

Nel 1923 Schönberg giunse alla definizione della dodecafonia, o «metodo di composizione con dodici
suoni non in relazione tra loro»: i dodici suoni della scala cromatica vengono organizzati in ‘serie’, in
cui nessuno di essi viene ripetuto, ha una predominanza o costituisce un centro d’attrazione.
Dopo diversi tentativi preparatori, la dodecafonia fu applicata compiutamente nella Suite per pianoforte
op. 25 (1921) e soprattutto nelle complesse Variazioni per orchestra op. 31 (1926-28).
I principi dodecafonici sono alla base anche dell’opera in un atto Dall’oggi al domani (1929), una
satira feroce dei tempi moderni. Rimase invece incompiuta l’opera Mosè e Aronne (1930-32).
Con l’avvento delle persecuzioni razziali, nel 1932 Schönberg decise di recarsi negli Stati Uniti – dove
rimase fino alla morte, avvenuta a Los Angeles nel 1951 – proseguendo il suo lavoro di compositore e
l’attività di docente presso prestigiose università.
Al periodo americano risalgono alcune importanti partiture, come il Concerto per violino e orchestra
op. 36 (1934-36) e il Concerto per pianoforte e orchestra op. 42 (1942). Significato sociale ed
emozionale rivestono inoltre l’Ode a Napoleone op. 41 (1942), appassionata invettiva contro la
tirannia, e Un sopravvissuto di Varsavia op. 46 (1947), che rievoca lo sterminio nazista avvenuto nel
ghetto di Varsavia.

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