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Sommario

GLI ETRUSCHI .................................................................................................................................................... 2


FONDAZIONE DI ROMA .................................................................................................................................... 4
PERIODO MONARCHICO E I 7 RE DI ROMA ...................................................................................................... 5
STRUTTURA SOCIALE DURANTE MONARCHIA ................................................................................................. 6
STRUTTURA POLITICA DURANTE MONARCHIA ............................................................................................... 7
PATRIZI E PLEBEI ............................................................................................................................................... 7
RELIGIONE ROMANA ........................................................................................................................................ 8
LA REPUBBLICA ROMANA................................................................................................................................. 8
Il periodo repubblicano iniziò nel 509 a.C. secondo la tradizione Sesto Tarquinio aveva recato oltraggio a
Lucrezia che si uccise per la vergogna, allora il popolo fu incitato dal marito di Lucrezia a cacciare il re. Così
ebbe fine la monarchia. Ma secondo gli studiosi il passaggio alla repubblica potrebbe essere avvenuto
gradualmente. .................................................................................................................................................... 8
CURSUS HONORUM ........................................................................................................................................ 10
LOTTE TRA PATRIZI E PLEBEI ........................................................................................................................... 10
LA CONQUISTA DEL LAZIO .............................................................................................................................. 11
LE GUERRE SANNITICHE .................................................................................................................................. 12
GUERRA CONTRO TARANTO........................................................................................................................... 13
CARTAGINE E LE GUERRE PUNICHE ................................................................................................................ 13
1 GUERRA PUNICA 23 anni ............................................................................................................................. 14
2 GUERRA PUNICA .......................................................................................................................................... 14
3 GUERRA PUNICA .......................................................................................................................................... 15
ELENIZZAZIONE LA SOCIETA’ ROMANA DOPO LE CONQUISTE ..................................................................... 15
I GRACCHI ........................................................................................................................................................ 17
LA GUERRA CONTRO GIUGURTA E GAIO MARIO ........................................................................................... 19
GUERRA CONTRO GLI ITALICI ......................................................................................................................... 19
GUERRA TRA MARIO E SILLA .......................................................................................................................... 20
DITTATURA DI SILLA ........................................................................................................................................ 20
CATILINA:......................................................................................................................................................... 20
GUERRE SERVILI .............................................................................................................................................. 21
1 GUERRA SERVILE .......................................................................................................................................... 21
2 GUERRA SERVILE 104 - 100 .......................................................................................................................... 22
LA TERZA GUERRA SERVILE - SPARTACO ........................................................................................................ 23
1 TRIUMVIRATO – POMPEO VS CESARE......................................................................................................... 24
GIULIO CESARE ................................................................................................................................................ 25
IL SECONDO TRIUMVIRATO 43 A.C ................................................................................................................ 25
OTTAVIANO AUGUSTO ................................................................................................................................... 26
ETA’ GIULIO CLAUDIA: TIBERIO, CALIGOLA, CLAUDIO , NERONE .................................................................. 27
ETA’ FLAVIA: VESPASIANO, TITO, DOMIZIANO.............................................................................................. 28
NERVA, TRAIANO, ADRIANO, ANTONINO PIO PRINCIPI ADOTTIVI .............................................................. 29
MARCO AURELIO: 161/180d.C:....................................................................................................................... 30
COMMODO 180/192: ..................................................................................................................................... 30
DINASTIA DEI SEVERI: SETTIMIO SEVERO, CARACALLA,MACRINO, ELAGABALO,SEVERO ALESSANDRO .... 31
DIOCLEZIANO: ................................................................................................................................................. 31
COSTANTINO ................................................................................................................................................... 32

GLI ETRUSCHI
Gli Etruschi furono un popolo che raggiunse il maggior grado di civiltà, nell’Italia preromana;
Sappiamo poco delle loro origini, sono, quindi, un popolo di origine incerta, che si insedia nel VIII
secolo a.C. nella regione dell'Etruria, tra il fiume Arno e il fiume Tevere, e si sovrappone alla
precedente civiltà villanoviana.
Le prime testimonianze sugli Etruschi sono del 700 a.C.. Essi hanno conquistato molti territori; la
loro massima espansione è stata attorno al 500 a.C. Molte città dell’Italia centrale e della Val
Padana hanno origine etrusca: Bologna (l’antica Felsina), Volterra, Arezzo, Chiusi, Perugia,
Tarquinia, ecc.
Lo storico Erodoto, la fonte ad oggi più accreditata, sosteneva che gli Etruschi facessero parte
dell’Asia Minore: sosteneva che provenissero dalla Lidia e che a causa di una grave carestia,
avessero abbandonato la propria terra d'origine, insediandosi, dopo varie peregrinazioni, nelle
regioni tirreniche dell'Italia centrale, fondendosi con i popoli autoctoni.
Accanto a coloro che pensano che gli Etruschi provengano dall’Asia Minore, vi sono altri autori che
ritengono che essi abbiano origini autoctone, discenderebbero dai popoli mediterranei che abitavano
la nostra penisola gia dalla preistoria. Le origini degli etruschi sarebbero riconducibili alla civiltà
villanoviana.
Tale civiltà non rimase confinata tra l’Arno e il Tevere ma ben presto si estese verso la Pianura
Padana, la Campania, e la Corsica. Il mare da loro controllato fu il Tirreno, da qui il nome Tirreni.
Essi erano organizzati in città – stato indipendenti, non si arrivò mai ad aver euno stato unitario,
anzi le citàà erano spesso in lotta tra loro. Il massimo organismo politico da loro creato fu l’unione
di dodici città-stato ( dodecapoli), in una lega che aveva il centro nel santuario della dea
Voltumna, presso Bolsena e che, in tempo di guerra, eleggevano un comandante unico, detto
“Lars”.
Le loro città sono rimaste sempre indipendenti l’una dall’altra, erano città-stato, rette da magistrati
annuali detti “lucumoni”, i quali concentravano nelle loro mani poteri monarchici, quali civili,
militari e sacerdotali; erano assistiti da un consiglio degli anziani( formato dai capi delle famiglie
aristocratiche) e da un’assemblea popolare. Con il passare del tempo il potere del Consiglio andò
crescendo e si passò all’oligarchia.
Le città etrusche sorgevano su colli per difendersi dagli attacchi nemici e per vivere in un ambiente
più sano rispetto alle pianure, dove dilagavano le paludi e la malaria. Quando costruivano una
nuova città gli etruschi rispettavano una serie di regole: il solco che definiva il perimetro della città
doveva essere tracciato da un sacerdote; egli doveva usare un aratro di rame trainato da uan coppia
di buoi bianchi. La città doveva avere una forma rettangolare formata d aun incrocio di strade che
avevano direzione da nord a sud (CARDO) e da est a ovest (decumano). Questa struttura fu ripresa
dai romani. Le città erano circondate da mura di tufo all’interno delle quali venivano aperte delle
porte ad arco. Al centro della città veniva scavato un pozzo coprto da una lastra di roccia che
rappresentava il legame tra il mondo dei vivi e quello dei morti.
Essi erano politeisti e col tempo, grazie ai contatti con i greci, le divinità etrusche presero le
sembianze degli dei dell’Olimpo. Essi veneravano anche gli antenati. Gli Etruschi erano un popolo
religioso e credevano in molte divinità, inoltre facevano numerosi riti (cerimonie, preghiere che
aiutano i credenti a comunicare con il dio) per ottenere il favore, ossia l’aiuto, dei loro dèi, tra i
quali quelli più importanti erano Tinia, Uni e Menrva (potente triade divina); per gli Etruschi era
molto importante conoscere la volontà degli dèi e il destino degli uomini, cioè che cosa doveva
succedere nel futuro.
Essi credevano nella vita dopo la morte e seppellivano i defunti. Per avere informazioni sugli
Etruschi gli studiosi hanno osservato soprattutto le tombe, nelle quali c’erano tutte le cose che
usavano gli uomini antichi, perché gli Etruschi pensavano che la morte era la continuazione della
vita in terra. Esse erano a forma di grandi camere sotterranee, dette ipogèi ed erano decorate
fastosamente con scene della vita terrena o d’oltretomba e dotate di tutti gli oggetti ritenuti utili alla
vita del defunto.
I cimiteri si chiamavano necropoli ed erano simili alle città dei vivi; necropoli, infatti, vuol dire
città dei morti: erano i luoghi dove venivano sepolti e venerati, cioè ricordati e pregati, i morti.
Erano dodate di strade, piazze, mura e porte. I corpi dei defunti erano posti in sarcofaghi o in vasi.
Le condizioni economiche degli Etruschi furono fiorenti e permisero loro un alto e raffinato tenore
di vita; molto sviluppata era l’agricoltura, ma oltre che agricoltori erano anche artigiani e
commercianti. Essi bonificarono le zone paludose rendendole coltivabili e sulle colline coltivavano
ulivo e vite.
Sapevano lavorare con abilità i metalli: prendevano il ferro e il rame dalle miniere dell’isola d’Elba
o da altre zone della Toscana; inoltre erano bravi navigatori e portavano i loro prodotti in molte
zone del Mediterraneo e perfino sulle coste dell’Europa del Nord, il commercio, infatti, si sviluppò
soprattutto oltremare, con Greci, Fenici e Cartaginesi e importante era la flotta mercantile, che
aveva a disposizione numerosi buoni porti sul tirreno.
Gli Etruschi sono stati i primi a costruire gli archi a volta: gli archi erano fatti con pietre messe una
accanto all’altra “a secco”, cioè senza cemento; notevoli furono pure i templi, che erano bassi e
massicci, a pianta quadrata, cioè se lo si disegna visto dall’alto ha forma di quadrato; era decorato
con bassorilievi e statue in terracotta, dipinte di rosso, nero, blu e bianco.
Le vie erano lastricate, cioè coperte di pietre di forma regolare ed esistevano fognature ed
acquedotti. La maggior parte delle città sorgeva su un colle o un altopiano, per sfuggire alla malaria,
una malattia che era molto diffusa lungo la costa o nel fondovalle, inoltre per difendersi dai nemici
le città erano circondate da mura fortificate, fatte di blocchi di pietra.
Situata alle foci del Tevere e in prossimità del mare, Roma era il naturale punto di approdo sia delle
navi commerciali cartaginesi sia dei mercanti che, dalla Campania viaggiavano verso l'Etruria, o
viceversa; essa era, quindi, un punto cruciale lungo la “strada etrusca”, che collegava centro e sud
Italia, oltre che un comodo approdo per le merci provenienti dalla Sardegna e dalla Corsica.
In un primo momento Roma, pur subendo fortemente l'influenza economica e, quindi, politica dei
vicini centri etruschi, dai cui interessi dipendeva gran parte della sua crescente prosperità, conservò
effettivamente la sua indipendenza politica; ma l'estensione dei traffici e delle attività portava ad
una maggiore centralità di Roma nella vita economica italica e al desiderio, dei vicini centri
etruschi, di controllarne più da vicino le attività. Probabilmente, gli Etruschi temevano che i
Romani, sempre più ricchi e sicuri di sé, potessero sviluppare delle nuove vie di commercio oppure
che, accresciuta la loro forza economica e militare, iniziassero ad imporre condizioni meno
favorevoli per i loro traffici.
Tra il 351 a.C. e il 200 a.C. le città etrusche furono conquistate dai Romani, il cui interesse
nasceva dalla sua posizione geografica, infatti in mezzo al fiume Tevere sorgeva un’isoletta, l’Isola
Tiberina, che offriva un comodo guado (punto in cui la poco profondità permette l’attraversamento
a piedi o a cavallo) dalla riva destra alla riva sinistra. Gli Etruschi volevano controllare questo
guado, perché intendevano arricchirsi con il commercio del sale, un prodotto molto ricercato, in
quanto capace di conservare a lungo i cibi: un vero e proprio “frigorifero dell’antichità. Il guado
dell’Isola Tiberina poteva diventare, a questo scopo, un luogo di mercato di grande avvenire.

FONDAZIONE DI ROMA
I Romani erano discendenti dei latini, provenienti dal nord europa. Roma si sviluppò in poco tempo:
prima conquistò tutto il Lazio e poi arrivò a conquistare un vastissimo impero compresa l’Africa
settentrionale, l’Europa e la Mesopotamia.
La civiltà romana può essere divisa in 3 periodi:
- MONARCHICO DAL 753 AL 509
- REPUBBLICANO DAL 509 AL 31
- IMPERIALE DAL 31 A.C AL 476 d. C
Roma nacque , molto probabilmente, tra il 700 e il 650 a. C. Le vicende delle origini di Roma
possono essere leggendarie e reali.
1. Secondo la leggenda tutto ebbe inizio da troia. Dopo la sua caduta, Enea fuggì alla ricerca
di un luogo dove far sorgere una nuova città. Così sbarcò sulle coste del Lazio dove venne
accolto dal re Latino che gli diede la figlia Lavinia in sposa. I successori di Enea si
avvicendarono al trono pacificamente fino a quando il trono spettò a Numitore, il quale fu
cacciato da Amulio. Quest’ultimo per evitare che i discendenti del fratello potessero
vendicarsi uccise suo figlio e costrinse la figlia Rea a diventare sacerdotessa. Ma Marte si
innamorò di Rea e nacquero 2 gemelli. il re ordinò che i due gemelli fossero gettati nel
Tevere; ai pianti dei gemelli accorse una lupa, che li nutrì con il suo latte. I gemelli furono
chiamati Romolo e Remo. Essi crebbero e, scoperto il segreto della loro discendenza,
uccisero Amulio e rimisero sul trono il loro nonno Numitore, primo re di Albalonga.
Dopo un po’ di tempo decisero di fondare una nuova città, proprio nel luogo in cui erano
stati trovati; a causa di litigi, nati mentre tracciavano la linea che doveva delimitare i confini,
Romolo uccise il fratello e diede il proprio nome alla città. I romani chiamarono la città
Roma, appunto dal nome del suo fondatore. Romolo diede asilo nella sua città a uomini di
ogni provenienza e di ogni condizione, ma poiché mancavano le donne e i popoli vicini
rifiutavano di imparentarsi con i romani, durante i solenni giochi, che bandì in onore di
Nettuno, fece rapire le figlie dei sabini ( RATTO DELLE SABINE) e poi sostenne contro
di loro una guerra, sedata dall'intervento delle stesse donne sabine, che convinsero i due
popoli a condividere la cittadinanza; il potere venne così gestito in comune da Romolo e da
Tito Tazio, che regnarono su sabini e latini ormai uniti. Morto il re sabino, Romolo rafforzò
l'autonomia dell'Urbe sui popoli vicini, diede una costituzione civile e militare e quindi
venne assunto in cielo e venerato con il nome di Quirino.
2. Gli storici, invece, dicono che, nel Lazio, abitavano molte comunità, cioè gruppi, di Latini;
una delle comunità, tra l’VIII e il VI secolo a.C., aveva costruito dei villaggi su sette colli,
che erano vicini alla foce del Tevere. Da questa piccola comunità ha avuto origine la città di
Roma.
Nel punto dove è stata fondata Roma il fiume poteva essere attraversato facilmente; da quel
punto passavano le vie commerciali, che collegavano le città degli Etruschi (che vivevano in
Toscana), con alcune ricche città della Magna Grecia (che si trovavano in Campania); le
persone, che abitavano dove è nata Roma, potevano controllare i commercianti che
passavano per quella via e questa possibilità ha spinto i villaggi ad unirsi e a formare Roma.

PERIODO MONARCHICO E I 7 RE DI ROMA


Dalla sua nascita, avvenuta nel 753 a.C., fino al 509 a.C. Roma fu una monarchia, il cui governo era
affidato ad un re, che deteneva tutti i poteri: guidava l'esercito, amministrava la giustizia,
promulgava le leggi ed era il capo religioso della popolazione. I re di Roma non erano tali per
nascita, ossia non c'era una famiglia reale e non c'erano diritti di ereditarietà del trono, alla morte di
un Re il Senato ne nominava uno nuovo scegliendo tra i nobili e i patrizi, che meglio potevano
incarnare questo ruolo importante. IL SENATO era formato dagli anziani a capo delle maggiori
famiglie, dette gentes.
Il periodo monarchico di Roma durò circa 250 anni e in questo arco di tempo fu governata da 7 re,
diversi tra loro, ma che tutti contribuirono alla crescita della città e della popolazione.
1. ROMOLO: fondatore di roma. Romolo è ricordato soprattutto per avere intrapreso guerre
con i popoli vicini e per avere conquistato le terre dei Sabini. Tracciato il solco ed eliminato
il fratello, il problema più incombente era di trovare le donne per la sua compagine; senza
donne non era possibile alcuna discendenza e nessun futuro glorioso avrebbe segnato la
sorte di Roma. Così decise di risolvere la questione con l'inganno: lo stratagemma passò alla
storia come il ratto delle sabine. Il piano era di invitare ad una festa il vicino popolo dei
sabini con le donne al seguito, e, al momento opportuno, rapire quante più fanciulle
possibile; il piano riuscì alla perfezione: il bottino fu di seicentottantatre ragazze vergini,
meno una, Ersilia, rapita per errore, che diventò la sposa di Romolo. Al ratto seguì
l'inevitabile guerra tra romani e sabini, che finì soltanto grazie al provvidenziale intervento
di Ersilia: ella si fece portavoce delle sabine rapite, supplicando i contendenti di mettere fine
a quella inutile carneficina. Questa guerra terminò, così, con l’unione dei due popoli, i cui
re, Romolo e Tito Tazio, regnarono insieme. Accade, però, che Tito Tazio morì in seguito
ad un'imboscata, forse tesagli da qualche città sabina limitrofa e Romolo si trovò solo a
fronteggiare una popolazione spaccata in due: per arginare la crisi si profuse in una nuova
divisione della popolazione. Si decise di dividere i romani in patrizi (i patres, i fondatori
storici) e plebei (tutti gli altri). Ai primi spettavano i compiti religiosi ed amministrativi, ai
secondi l'artigianato, il commercio e il lavoro nei campi. I matrimoni tra cittadini di classi
diverse furono proibiti. La morte di Romolo è avvolta nel mito: scomparve in una notte di
tempesta durante un'eclissi, il suo corpo non fu mai ritrovato.
2. NUMA POMPILIO: di stirpe sabina fu un re pacifico. Modificò il calendario stabilendo
che l’anno era formato da 12 mesi aggiungendo i mesi di gennaio e febbraio. Egli costruì
tempi e altari religiosi nel tentativo di educare i romani alla relogione.
3. TULLO OSTILIO re latino. Il suo regno fu caratterizzato da guerre con le popolazioni
vicine. A lui si deve la guerra contro Alba Longa, una guerra lunga e spietata, che si
decise dovesse avvenire sotto forma di duello tra i massimi campioni di lotta, per evitare un
conflitto sanguinario, che avrebbe devastato la popolazione; fu così che si affrontarono gli
Oriazi (romani) contro i Curiazi (albani), battaglia che fu, infine, vinta dagli Oriazi romani.
4. ANCO MARZIO: re sabino e nipote di Numa Pompilio. La monarchi iniziava a diventare
ereditaria. Egli prosegue con la politica espansionistica di Tullio Ostilio, continuando a
conquistare territori a sud e a deportarne i cittadini, accrescendo, così, ulteriormente
l'importanza e la popolazione di Roma. Dopo aver conquistato il terreno che separava la
città dalla costa, fondò Ostia, così anche Roma, come si disse, poté avere il suo Pireo (il
porto di Atene). aumentarono i commerci, soprattutto del sale, per estrarre il quale si
scavarono nuove saline e per conservarlo si costruirono dei magazzini lungo il fiume; il re
ordinò, poi, la distribuzione gratuita del prodotto, cosa che risultò gradita alla popolazione,
che lo usava per conservare i cibi.
5. TARQUINIO PRISCO RE ETRUSCO: egli prosegue la politica espansionistica attuata
dai suoi predecessori, annettendo quali cittadini liberi gli abitanti delle città che si arrendono
senza opporre resistenza. allargò il numero dei patres della Curia, introducendovi, per la
prima volta, dei membri etruschi; apre le porte del Senato anche ai cittadini non appartenenti
alla classe nobile e amplia il numero dei senatori da 100 a 200. La città di Roma venne
ingrandita e abbellita: si lastricarono le strade, si arricchì il Foro di nuovi tempi e nuove
strutture, si costruì il Circo Massimo e si iniziò la costruzione del tempio di Giove
Capitolino. Morì ucciso da sicari assoldati dai figli di Anco Marzio.
6. SERVIO TULLIO: Servio venne ricordato per essere un grande riformatore, tanto da
meritarsi l'appellativo di rifondatore di Roma: per conoscere meglio la popolazione e in
modo da rendere le tasse eque rispetto alle ricchezze fece indire un censimento generale,
quindi passò a dividere le genti in cinque classi, secondo il censo; egli introdusse i comizi
centuriati e ampliò il numero dei senatori romani fino a 300. A lui si devono le possenti
mura serviane di tufo che cinsero Roma nel V secolo. Alle tre tribù originarie (Ramini, Tizi
e Luceri), dette tribù urbane, venne aggiunta una quarta tribù, detta “rustica”, composta da
tutte quelle popolazioni che si erano aggregate alla città per vari motivi
7. TARQUINIO IL SUPERBO: che fu appunto ricordato per la sua tirannia e l'assoluta
iniquità e per aver esasperato, a tal punto, il popolo romano, da meritarsi l'appellativo di
Superbo, nonché la rivolta che lo scacciò; egli proseguì nell'intento espansionistico già
attuato dai suoi predecessori, ma trascurò completamente la politica interna, diventando,
quindi, una figura avversa e sgradita. Il Superbo sciolse il senato, ne vietò ogni riunione e
uccise tutti coloro che gli mostrarono opposizione; impose poi nuove tassazioni, arricchendo
il suo patrimonio personale e distruggendo tutto l'impianto di riforme del suo predecessore.

STRUTTURA SOCIALE DURANTE MONARCHIA


FAMIGLIA era il nucleo fondamentale di tutto l’ordinamento sociale. A capo vi era il PATER
FAMILIAS , ovvero il padre, che aveva il possesso delle cose che si trovavano nella casa e delle
persone che ci vivevano.( patria potestas) Aveva anche il diritto di vita o di morte su figli e
moglie. La moglie era detta MATRONA, partecipava alle cerimonie insieme al marito e
conservava un patrimonio suo personale.
GENS erano gruppi di famiglie che discendevano da un unico antenato nobile; una sorta di famiglia
allargata senza un capo ma nata sottoforma di struttura comunitaria. Essi praticavano gli stessi culti
religiosi e avevano le proprie assemblee (curie).
TRIBU’: le gentes erano raggruppate in tribù
- Ramnes (latini)
- Tities (sabini)
- Luceres (etruschi)
Tale ripartizione fu fatta da roMOLO. OGNI tribù era divisa in 10 curie per cui il numero totale era
30. Le curie formavano i Comizi curiati: assemblee popolari che nominavano il re.

STRUTTURA POLITICA DURANTE MONARCHIA


Durante il periodo monarchico l’organizzazione politica era basata su una monarchia elettiva
costituzionale i cui poteri erano divisi tra:
- Re: massima autorità dello stato che deteneva tutti i poteri, politico, religioso, militare e
giudiziario; era considerato intermediario tra uomini e dei di cui interpretava la volontà.
- Senato: formato dai capi delle famiglie arisocratiche che venivano chiamati senatori (senex)
infatti il senato era chiamato assemblea degli anziani. Il compito era quello di formare una
lista di candidati per il ruolo di re.
- Comizi curiati: assemblee formate dalla popolazione delle tribù; eleggevano il re. Il
membro più autorevole era il pontefice. Avevano anche funzioni militari e riguardanti il
diritto privato.

PATRIZI E PLEBEI
I patrizi erano grandi proprietari terrieri, la cui comunità costituiva un gruppo chiuso a carattere
etnico e sacrale (l’aristocrazia). Si sposavano e commerciavano tra di loro, avevano essi soli i pieni
diritti civili e politici; ogni gruppo delle loro famiglie formava una gens (gruppo di persone che
condividevano lo stesso nome gentilizio) ed i capi di ogni gens si chiamavano “patres”, ossia
“padri”, fondatori della città.
I plebei, invece, facevano parte della plebs o plebe, un termine che significava “moltitudine”; erano
contadini, artigiani e commercianti; erano immigrati laziali, arrivati dopo la fondazione di Roma e
avevano dovuto accontentarsi dei campi meno redditizi. Tra loro, quelli che avevano un campo
erano anche legionari, cioè avevano il diritto di militare nella legione o esercito e potevano aspirare
ai diritti civili; vi erano, infine, i plebei nullatenenti, che erano chiamati proletari (cioè “proprietari
soltanto della propria prole”) e non potevano aspirare a nulla. I plebei erano esclusi dalle cariche
pubbliche e non potevano avere rapporti ufficiali con i patrizi, se non diventando loro clienti: una
famiglia plebea prestava ubbidienza ad una famiglia patrizia, diventando sua cliente e ne riceveva in
cambio protezione e rappresentanza.
LA SEPARAZIONE TRA PATRIZI E PLEBEI ERA MOLTO NETTA E LE CLASSI ERANO
CHIUSE TANTO CHE RA VIETATO IL MATRIMONIO TRA APPARTENENTI A CLASSI
DIVERSE.
RELIGIONE ROMANA
Politeisti. Si cercava di ottenere il favore degli Dei mediante sacrifici di animali ed offerte di
prodotti della terra. Si tratta, quindi, di una religione a fondo utilitaristico e contrattuale, in base al
quale, dando agli dei quanto è loro dovuto, si ottiene, in cambio, la loro amicizia; il mancato
rispetto del rito, dispiacendo gli dei, comporta un’empietà da lavare con l’espiazione, un piaculum
che avrebbe salvato la comunità. in un primo momento gli dei più importanti erano Giove, Marte,
Quirino(Romolo). Successivamente quando entrarono in contatto con gli Etruschi, gli dei principali
furono Giove, Giunone e Minerva.
I Lari erano divinità legate alla famiglia, proteggevano il focolare domestico.
I Penati erano gli spiriti degli antenati. Ad essi erano dedicati degli altari sui quali il pater familias
faceva delle offerte.
Al re spettavano le funzioni religiose. Al collegio degli auguri aveva il compito di interpretare la
volontà degli dei circa la possibilità di intraprender eo meno delle guerre. La volontà degli dei
veniva interpretata osservando il volo degli uccelli o fenomeni atmosferici.
Gli aruspici interpretavano il futuro attraverso l’esame del fegato degli animali.
Gli arvali si occupavano della purificazione dei campi in cui veniva cantato il carmen arvale.
Le vestali erano delle sacerdotesse il cui compito era quello di tenere sempre acceso il fuoco nel
tempio della dea Vestea.

LA REPUBBLICA ROMANA

Il periodo repubblicano iniziò nel 509 a.C. secondo la tradizione Sesto Tarquinio aveva recato
oltraggio a Lucrezia che si uccise per la vergogna, allora il popolo fu incitato dal marito di Lucrezia
a cacciare il re. Così ebbe fine la monarchia. Ma secondo gli studiosi il passaggio alla repubblica
potrebbe essere avvenuto gradualmente.
Il governo di Roma passò dalle mani del re al Senato e ai magistrati, eletti dai Comizi.
MAGISTRATI: restavano in carica un anno al termine del quale dovevano rispondere del loro
operato in sede civile e penale. Il difetto di tale annualità era la mancata continuità delle scelte
politiche. I Romani, per cautelarsi dall'eventualità di un ritorno al potere monarchico o dal
dispotismo dei singoli politici, stabilirono che ciascuna carica fosse collegiale, cioè che lo stesso
incarico fosse assegnato ad almeno due uomini alla volta.
2 CONSOLI: i consoli erano magistrati + importanti eletti dai comizi tra gli appartenenti alla classe
dei Patrizi. Esercitavano il potere esecutivo e guidavano l’esercito:
 Stipulavano accordi con altri popoli
 Proponevano leggi
 Esercitavano funzioni giuridiche
 Godevano del diritto dell’eponimìa, ovvero del diritto di dare il loro nome all’anno in cui
erano in carica.
Col tempo essi furono affiancati dai:
- PRETORI che amministravano la giustizia civile
- QUESTORI che si occupavano del denaro dello Stato, riscuotevano le tasse
- CENSORI addetti al censimento, ovvero alle ricchezze dei cittadini. Restavano in carica
5 anni
- 4 EDILI che si occupavano della costruzione delle opere pubbliche, sorvegliavano l’igiene
della città e preparavano i giochi in occasione delle feste pubbliche.
- DITTATORE che veniva eletto solo in caso di gravissimo pericolo; accentrava i poteri su
di se e sostituiva i consoli. La sua carica non poteva durare più di 6 mesi. Egli non poteva
abrogare le leggi o dichiarare guerra e non poteva imporre nuove tasse.
SENATO: era un organo della repubblica formato dia magistrati più anziani.300. Infatti senex vuol
dire vecchio. La carica di senatore era a vita. I consoli, censori e pretori terminato il loro incarico,
entravano di diritto nel Senato.
- Dava pareri su pace e guerra
- Si esprimeva sulla chiamata dei cittadini alla guerra
- Giudicava l’operato dei magistrati
Esso aveva pochi poteri palesi, ma molti poteri occulti. Ad esempio, non poteva dichiarare la guerra
e la pace, però amministrava tutti i rifornimenti di armi, navi e vettovaglie alle legioni; di
conseguenza, se non era d’accordo su una dichiarazione di guerra o non aveva simpatia per il
console che la comandava, aveva tutti i mezzi per boicottarlo. Inoltre, amministrava i territori
conquistati. Con il tempo il suo potere si accrebbe e divenne il capo effettivo della Repubblica
anche perché non essendoci continuità politica tra i vari magistrati che governavano per un anno,
essa era data dal Senato.
COMIZI: assemblee del popolo a cui partecipavano solo i cittadini romani con diritto di elettorato
attivo e passivo, con esclusione delle donne, dei liberti e degli schiavi.
Avevano la funzione di bilanciare il potere del senato e dei magistrati e costituivano, secondo
Polibio (storico greco del mondo mediterraneo), l'elemento «democratico» della costituzione
romana. Esse erano suddivise in:
- comizi curiati, che, in un primo tempo, eleggevano i magistrati e avevano potere legislativo; ben
presto però, persero tutti i loro poteri, che passarono all’assemblea centuriata e mantennero solo
funzioni religiose;
- comizi centuriati, l'assemblea più importante, alla quale erano stati chiamati a partecipare anche i
plebei; questi comizi erano formati da tutti i cittadini in armi con più di 17 anni, divisi in sei
classi, a seconda del censo ( riforma di Servio Tullio ) e poi suddivisi in 193 centurie (unità militari
di 100 uomini destinati all'esercito); delle 193 centurie, 18 centurie erano di cavalieri, 170 di fanti e
5 di non militari (inermi, ovvero nullatenenti, carpentieri, fabbri, suonatori di corno e suonatori di
tromba).
Le riunioni avvenivano nel "Campo Marzio", ed erano indette per eleggere i magistrati maggiori o
“cum imperio” (consoli, pretori, dittatori, ossia magistrati titolari dell’imperium) e per approvare le
leggi.
I comizi centuriati avevano anche un potere decisionale in tutte le cause penali, che
comportavano la perdita dei diritti civili per il cittadino, servivano a ratificare gli accordi
internazionali, le dichiarazioni di guerra e i trattati di pace .
- comizi tributi: espressione della divisione della cittadinanza romana in tribù, costituivano
l'assemblea popolare con il compito di eleggere i magistrati minori, cioè gli edili e i questori;
CURSUS HONORUM
s’intendeva il percorso che chiunque voleva ricoprire cariche pubbliche doveva seguire. Esso
prevedeva che:
- Bisognava prestare 10 anni di servizio militare per poter accedere alle cariche di questore
( verso i 30 anni) e pretore ( verso i 40 anni). Solo successivamente si poteva aspirare alla
carica di console ( dopo i 40 anni).
- Le magistrature che costituivano le tappe del cursus honorum non prevedevano alcuna
retribuzione; erano, invece, retribuite le funzioni a cui esse davano adito, in qualità di
governatori delle province, prefetti o funzionari con varie mansioni. In particolare, i consoli
e i pretori, alla fine del loro mandato, potevano diventare proconsoli e propretori e
assumere il governo di una provincia, incarico particolarmente ambito, perché oltre a
conferire poteri militari, giuridici ed esecutivi, prevedeva anche la riscossione delle tasse,
che costituiva una grande occasione di arricchimento personale.

LOTTE TRA PATRIZI E PLEBEI


Nei primi anni della repubblica i Patrizi erano gli unici a poter essere eletti magistrati. I plebei, che
erano la maggioranza della popolazione, partecipavano alle guerre come soldati. Dovevano
partecipare alle guerre, come soldati dovevano comprarsi le armi e abbandonare i loro campi che
non venivano più coltivati, raramente ricevevano parte del bottino, così, a guerra finita, se
sopravvivevano spesso si ritrovavano impoveriti. I Patrizi, al contrario, tenevano buana parte del
bottino, ricoprivano tutte le cariche pubbliche e governavano Roma secondo i propri interessi. Molti
plebei si indebitarono e furono costretti a lavorare per i patrizi. Inoltre un’antica legge romana
diceva che chi non era in grado di far fronte ai propri debiti , diventava schiavo del suo creditore e
così molti plebei persero la loro libertà.
Così i plebei reagirono scatenando le lotte della plebe; essi, non accettarono passivamente questa
prepotenza, ma scatenarono una durissima lotta che durò più di un secolo. Chiedevano condizioni
migliori per i più poveri, l’annullamento o la riduzione dei propri debiti e la possibilità di
accedere alle cariche pubbliche. I Patrizi non accettarono e così iniziò la SECESSIONE
DELL’AVENTINO: la plebe nel 494 a. c si ritirò sul colle Aventino lasciando la città senza alcuna
protezione militare.
Ottennero:
- L’elezione di alcuni magistrati come loro rappresentanti ( i TRIBUNI DELLA PLEBE)
INIZIALMENTE FURONO 2 POI 5 E INFINE 10. Si contrapponevano ai consoli e
avevano il potere di veto, cioè potevano bloccare una legge. Non potevano subire offese o
violenze e le loro decisioni dovevano essere rispettate. Erano eletti dall’assemblea della
plebe riunita in base alle tribu.
- Furono emanate le prime 12 leggi scritte della repubblica 451. Fino ad allora le leggi
venivano tramandate oralmente da patrizio a patrizio e quindi potevano essere interpretate a
danno dei plebei. Si ispirarono alle leggi greche emanate da Pericle. Furono incise su 12
tavole di bronzo. Furono affisse nel Foro in modo che tutti potessero conoscerle .
contenevano precise indicazioni sul diritto di famiglia, proprietà e testamento. Si fondavano
sul proncipio di eguaglianza.
L’incarico di scriverle fu affidato a 10 magistrati (decemviri)
- Nel 445 i plebei ottengono il diritto di “connubium”, cioè di matrimoni tra patrizi e
plebei,
- Nel 366, i plebei ottengono l’ammissione al consolato e, negli anni seguenti, alle altre
magistrature superiori, quali pretura, censura e dittatura

LA CONQUISTA DEL LAZIO


A partire dalla caduta della monarchia, i Romani s’impadronirono del Lazio in quasi 150 anni di
dure ed ininterrotte lotte; le tappe essenziali di questa conquista furono:
- Guerra con gli Etruschi: alla fine del VI secolo gli Etruschi di Chiusi approfittarono della crisi
politica e sociale dei Romani per assalirli. Secondo la leggenda, il lucumone di Chiusi, Porsenna,
sarebbe stato chiamato in aiuto da Tarquinio il Superbo, che tentava di rientrare in città; dopo
alterne vicende gli Etruschi dovettero ritirarsi;
- Guerra con i Latini: la lega latina era un patto stretto tra alcune città latine che circondavano
Roma che non accettavano la sua supremazia. Per Roma era molto importante difendersi dalla lega
in quanto altrimento non avrebbe potuto continuare ad espandersi. Il peggioramento dei rapporti tra
i romani e la lega latina portò ad una guerra aperta, che si concluse con una vittoria romana al lago
Regillo (496). Un nuovo equilibrio fu stabilito con un trattato di pace, appunto tra Romani e
Latini, il Foedus Cassianum (che rimase in vigore fino al 338 a.C.; con il trattato Roma
riconosceva, alle città latine, la loro autonomia, ma si riservava il Supremo Comando in caso di
guerra, quindi l'alleanza aveva uno scopo prettamente difensivo, in vista delle incombenti minacce
degli Equi, dei Volsci. Il Foedus Cassianum prende il nome dal console Spurio Cassio Vecellino
(politico e militare romano), che lo firmò. Diverse sono le ipotesi (che incidono anche sulla
datazione) sulle ragioni che spinsero Roma, nonostante la vittoria, a stipulare un trattato con la Lega
Latina, tra queste:
• la minaccia di invasione di popoli appenninici (Volsci, Equi e Aurunci);
• il forte clima di tensione sociale interna.
- Guerra con i Volsci: con i quali i Romani condussero una serie di guerre dall’inizio del V secolo
sino al 430 circa, riuscendo a respingerli da gran parte della regione. Appartiene a queste guerre
l’episodio leggendario di Coriolano, che, scacciato da Roma, si pone a capo dei Volsci contro la sua
città e viene convinto a ritirarsi dalle donne della sua famiglia e poi ucciso dai Volsci stessi come
traditore;
- Guerra con gli Equi: questi vengono vinti nel 441, nella battaglia dell’Algido e respinti verso
Rieti; ad essa è legato l’episodio leggendario di Cincinnato, che stava arando il suo campo quando, i
messi del senato, gli annunziarono la nomina a dittatore. Egli assunse la carica, sconfisse in pochi
giorni i nemici e poi ritornò subito ai suoi campi;
- Guerra con Veio: una delle prime città a cader vittima dell'espansionismo romano fu Veio: i
Veienti ed i Romani si odiavano reciprocamente ed entrambi miravano alla città di Fidene, dove
erano situate le proprietà terriere agricole della gens Fabia. Il conflitto con Veio si concluse con la
vittoria di Roma guidata dal Furio Camillo: i romani riuscirono a scavare una galleria sotterranea e
a soprendere i nemici, distruggendo la città. ma gli abitanti di Fidene, piuttosto di consegnarsi al
nuovo vincitore, si diedero fuoco;
- Invasione gallica: i Galli sono conosciuti anche con il nome di Celti. Intorno al IV secolo a.
C si stanziarono nella pianura Padana. Nel 390 a.C., il capo gallico, Brenno, assaltò la città di
Chiusi. I Romani tentarono, invano, la difesa della propria città,che era priva di mura, che venne,
infine, presa e saccheggiata dai Galli: solo il Campidoglio riuscì a resistere, salvato dalle oche, che
non si fecero ingannare dal silenzioso attacco, a sorpresa, del nemico e svegliarono con i loro
schiamazzi i difensori. Perciò non riuscendo a conquistare il Campidoglio decisero di pattuire un
riscatto per lasciare la città libera.
Roma reagì ai saccheggi e alla distruzione , ricostruendo e innalzando mura di cinta , costruendo
nuove vie, piazze, abitazioni; le piantagioni distrutte furono sostituite e le greggi ripopolate. Ciò
portò ad una crescita demografica e molta gente lasciò le campagne per vivere nelle città.

LE GUERRE SANNITICHE
Le Guerre sannitiche sono una serie di tre conflitti, combattuti dai Romani contro la popolazione
italica dei Sanniti e numerosi loro alleati, tra la metà del IV e l'inizio del III secolo a.C. Le guerre,
terminate tutte con la vittoria dei Romani (tranne la prima fase della seconda guerra), scaturirono
dalla politica espansionistica dei due popoli che, a quell'epoca, si equivalevano militarmente e
combattevano per conquistare l'egemonia nell'Italia centrale e meridionale, oltre che per la
conquista del porto magnogreco di Napoli.
All'epoca dei fatti, i Romani dominavano già su Lazio, Campania settentrionale, sulla città etrusca
di Veio ed avevano stretto alleanze con diverse altre città e popolazioni minori. I Sanniti, invece,
erano padroni di quasi tutto il resto della Campania e del Molise e cercavano di espandersi
ulteriormente. Nel 354 stipularono un trattato di non belligeranza.
Il casus belli (occasione della guerra), che fece scoppiare la prima guerra tra Sanniti e Romani, fu
offerto dalla città di Capua che, posta sotto l'attacco dei Sanniti, chiese l'aiuto di Roma che però
aveva stipulato il trattato di non belligeranza. Allora la città i Capua si consegnò nelle mani di
Roma ponendosi sotto il suo potere normativo. Così roma fu costretta ad intervenire e scoppiò la
PRIMA GUERRA SANNITICA.(343-341). Il primo anno della campagna militare fu affidata ai
due consoli in carica, Marco Valerio Corvo, inviato in Campania, ed Aulo Cornelio Cosso Arvina,
inviato nel Sannio; La prima guerra sannitica, si concluse nel 341 a.C., con la vittoria dei romani
che affermarono il proprio dominio sulla Campania. Appena terminata la prima guerra sannitica,
Roma dovette far fronte alla ribellione dei Latini, preoccupati della sempre maggiore potenza che
essa andava acquistando, così, nel 338 i Latini, con l'aiuto dei Campani, combatterono contro
Roma, ma vennero sconfitti dall'esercito romano La vittoria portò, come conseguenza, lo
scioglimento della lega latina. In definitiva la lega latina venne sostituita da un organismo
federale romano-latino-campano; alcune città ebbero la cittadinanza romana, altre vennero
trasformate in colonie e altre ancora ebbero particolari tipi di allenza e furono considerate “civitates
sine suffragio”, ossia “cittadinanza senza voto”.
SECONDA GUERRA SANNITICA
Scoppiò a causa dell’occupazione di Napoli da parte dei Romani e quindi i Sanniti videro ostacolata
ogni possibilità di espansione verso la costa. I Romani, in questa nuova guerra contro i Sanniti,
vollero affrontarli nel loro stesso territorio, cioè nel Sannio (odierno Abruzzo meridionale), ma, nel
321 a.C., i Romani subirono una dolorosa sconfitta, in quanto, addentratisi incautamente nelle
montagne del Sannio, furono sorpresi dai Sanniti, guidati dal condottiero Ponzio, in una stretta gola
presso Càudio (alle Forche Caudine); costretti ad arrendersi, essi ottennero la libertà solo a patto di
sgomberare il Sannio e di sottostare ad una gravissima umiliazione, quale quella di passare, tra lo
scherno dei nemici, sotto un giogo formato da 2 lance conficcate nel terreno. Questa pace non venne
accettata dal senato romano e nel 304, sempre sotto il comando del dittatore Cursore, i Romani
entrarono nuovamente nel Sannio, sconfissero i Sanniti, presero la loro capitale Boiano nel
305(presso Campobasso) e costrinsero i Sanniti alla pace. Questi ultimi dovettero rinunciare ai
territori che possedevano sul mare impedendoli di espandersi al di qua e al di la dell’Appennino.
Alcune città entrarono a far parte della confederazione romana mentre altre persero la propria
autonomia. Così Roma diventò la principale potenza dell’Italia Centrale.
TERZA GUERRA SANNITICA(298-290 a. C)
I Sanniti si allearono con quei popoli che si sentivano minacciati dall’espansione dei romani ovvero
gli Etruschi,Umbri e Galli e fu creata una coalizione anti romana. Etruschi e Galli attaccarono da
Nord mentre i Sanniti da Sud accerchiando Roma. L’esercito romano era numericamente inferiore e
subì una serie di sconfitte iniziali, ma successivamente riuscì ad evitare che gli eserciti nemici si
ricongiungessero affrontando i nemici separatamente. Battuti gli Etruschi a Volterra nel 298 a.C.,
gli eserciti romani si rivolsero contro i Sanniti, tenendoli, per 2 anni, lontani dai confini del Lazio.
Sul finire del 296 a.C., però, un esercito sannitico riuscì a passare nell'Umbria, ricongiungendosi
alle forze degli Umbri, dei Galli e degli Etruschi, muovendo contro Roma. I Romani riuscirono
ancora a prevalere e nella durissima battaglia di Sentino (295 a.C.) sbaragliarono i loro avversari,
tanto che, alcuni di essi, chiesero una pace separata. Solo i Sanniti continuarono la guerra contro i
Romani. Nel 290 a. C Roma attaccò i Sanniti sconfiggendoli definitivamente. Questa vittoria segnò
l’inizio del dominio di Roma su tutta la penisola ad eccezione di Taranto, la più ricca e potente
di tutte le città greche, che aspirava all'egemonia delle Puglie.

GUERRA CONTRO TARANTO


Nel 303 a.C., Taranto strinse, con i Romani, un trattato di pace, che le garantiva la piena
indipendenza. : in esso i Romani si impegnavano a non oltrepassare, con le loro navi, il
promontorio Lacinio (presso Crotone) e a non navigare nel golfo di Taranto e nell'Adriatico. Tale
impegno, però, non fu rispettato, in quanto delle navi romane si spinsero fin nel golfo di Taranto per
garantire sicurezza al popolo di Turi. Taranto allora chiese aiuto a Pirro, re dell’Epiro, il quale
giunse in Italia con un esercito ben armato dotato anche di una decina di elefanti addestrati. I
Romani , che non avevano mai visto questi animali enormi, furono sconfitti in 2 battaglie:
- La battaglia di Eraclea nel 280
- Ad Ascoli di Puglia nel 279
mentre i Romani riorganizzavano le loro milizie, Pirro offrì ripetutamente la pace, ma Roma non
accettò, anzi si alleò con Cartagine contro Pirro. Quest'ultimo tornò a combattere contro i Romani
nel 275 a.C., dove fu sconfitto definitivamente Benevento e Pirro abbandonò per sempre l'Italia. Nel
272 a.C. Taranto si arrese ed entrò a far parte delle città alleate. Una volta che Taranto si arrese
anche le altre regioni della Magna Grecia vennero a patti con Roma. Per Roma significava avere
accesso alle vie del mare.

CARTAGINE E LE GUERRE PUNICHE


La città di Cartagine era un’antica colonia fondata dai Fenici di Tiro, CON posizione, sulle coste
africane del Mediterraneo occidentale, presso l’odierna Tunisi. Divenuta, presto, ricca e potente, si
era impadronita di buona parte della Sicilia, aveva stabilito delle colonie sulle coste della Sardegna,
della Corsica, delle Baleari, della Spagna e aveva sottratto alle città della Magna Grecia buona parte
dei commerci del Mediterraneo occidentale. Le relazioni tra Romani e Cartaginesi erano state, nel
passato, sempre buone infatti avevano stipulato una serie di trattati che non permetteva ai romani di
oltrepassare un certo limite di navigazione e di concludere accordi commerciali con Africa e
SARDEGNA e i Cartaginesi non potevano attaccare le città latine.
1 GUERRA PUNICA 23 anni
I rapporti cambiarono dopo che Roma ebbe sconfitto Taranto ed esteso il territorio fino alla
Calabria. Così la Sicilia divenne interesse anche dei Romani. La causa di questa guerra fu data da
una richiesta d’aiuto pervenuta a Roma dai Mamertini (uomini di Marte), i quali erano soldati
mercenari di origine campana, che, licenziati dal sovrano di Siracusa, durante il viaggio di ritorno
alla loro terra s'impadronirono di Messina, ove commisero atti di violenza di ogni genere sulla
popolazione. Siracusa intendeva punirli e nel timore del sovrano siracusano i Mamertini chiedono
aiuto ai Cartaginesi, che occuparono Messina; ben presto, i Mamertini si accorsero che i Cartaginesi
erano alleati scomodi, così chiesero aiuto ai Romani. Il Senato romano esitò ad intervenire.
inizialmente ROMA ottenne numerosi successi CONQUISTò Agrigento e Siracusa diventò sua
alleata. I Romani si resero conto inoltre, che bisognava creare una flotta più potente sul mare dato
che i Cartaginesi erano molto abili in tale combattimento e così decisero di armare una flotta. Le
navi romane erano pesanti e lente e possedevano il corvo che era una sorta di ponte levatoio che
terminava con un grande uncino che serviva per agganciarsi alle navi consentendo ai soldati romani
di salire a bordo della nave nemica e di combattere corpo a corpo. La battaglia proseguì con la
vittoria dei Romani a Milazzo dove i cartaginesi furono sorpresi da questa nuova tecnica di
combattimento.
Dato che i romani diventarono molto forti anche nei combattimenti vi mare, decisero di spostarsi in
Africa per attaccare Cartagine ma le truppe furono sconfitte: si narra che decisero di portare la
guerra in Africa, dove sbarcò il console Attilio Regolo un giovane console romano, fatto
prigioniero durante la guerra tra Cartagine e Roma. Un giorno i Cartaginesi decisero di mandare a
Roma Attilio Regolo con il compito di convincere il Senato ad arrendersi, ma, appena si presentò
all'assemblea, pronunciò un discorso, col quale esortava a continuare la guerra, perché, a suo parere,
Cartagine era allo stremo. Il console poi ritornò a Cartagine per mantenere la promessa fatta al
nemico ed i Cartaginesi, avendo saputo quali consigli Regolo avesse dato al Senato, lo fecero
precipitare da un'altura chiuso in una botte irta di chiodi.
La battaglia decisiva fu quella combattuta alle Isole Egadi nel 241 in cui i Romani distrussero le
navi cartaginesi. Cartagine fu ormai costretta a chiedere la pace, con la quale dovette cedere ai
Romani la Sicilia e le isole circostanti, pagare una forte indennità di guerra e non navigare nei mari
italiani.

2 GUERRA PUNICA
I cartaginesi, dopo la 1 guerra punica, cercarono di contenere le perdite subite, con il controllo della
Spagna meridionale, grazie ad Annibale, dove si trovavano miniere di argento e di ferro e dove
l'agricoltura era fiorente . I progressi compiuti da Cartagine in Spagna non sfuggirono a Roma, che
se ne preoccupò molto e, quando il generale cartaginese Annibale, nel 219, si impadronì di
Sagunto, città alleata di Roma, quest’ultima dichiarò guerra. Annibale , consapevole della
superiorità navale di Roma decise di attaccare Roma da settentrione attraversando molto
rapidamente Spagna, Pirenei, Gallia, Alpi e Pianura Padana nel 218. Ebbero luogo così una serie di
vittorie dei Cartaginesi :
- Presso il Ticino
- Nella battaglia di Trebbia
- Sul lago Trasimeno.
Per fronteggiare la gravissima situazione, a Roma venne eletto dittatore Quinto Fabio Massimo.
Egli decise di evitare altre battaglie in campo aperto e di puntare invece su una tattica di
logoramento del nemico, con azioni di guerriglia che ne disturbassero la marcia e i rifornimenti. Ma
era un modo di combattere estraneo alla tradizione romana, che suscitò forti resistenze e valse al
dittatore il soprannome spregiativo di Temporeggiatore. Così, scaduto il semestre della dittatura,
ripresero il sopravvento i sostenitori dello scontro aperto con Annibale, ma il 2 agosto del 216 a.C.
l’esercito romano, al comando dei consoli Terenzio Varrone e Lucio Emilio Paolo, subì una
tremenda sconfitta a Canne in Puglia. La Battaglia di Canne rappresentò una delle peggiori disfatte
della storia di Roma, che perse 40 mila uomini.
Di fronte a tale sconfitta Roma non si abbattè e rimpiazzò gli uomini morti. Mentre Cartagine non
poteva rifornirsi in quanto le vie di accesso del Mediterraneo erano controllate dai romani. Cosi’
tergiversarono per parecchi anni e nel frattempo alcune città italiche si allearono con Annibale. Ma
Roma riuscì a riconquistarle. Così Roma era pronta per la controffensiva: il generale Publio
Cornelio Scipione attaccò i Cartaginesi dapprima in Spagna e poi l’Africa nel 203. Appena
sbarcato, con l’appoggio di Massinissa, re di Numidia, ottenne una serie di vittorie che costrinsero i
Cartaginesi a richiamare Annibale in patria.
La vittoria definitiva si ebbe a Zama nel 202 . Scipione fu osannato e soprannominato l’Africano.
Fu stipulata la pace a condizioni durissime per i Cartaginesi in quanto:
- Divettero rinunciare ai possedimenti in Spagna
- Consegnare la propria flotta a Roma
- Impegnarsi a non fare guerra al di fuori del territorio africano
- Pagare un forte riscatto.
Inizia il controllo di Roma sul Mediterraneo.

3 GUERRA PUNICA
149-146. Dopo la sconfitta subita nella 2 fuerra punica, Cartagine cercò di riprendere le proprie
attività commerciali riuscendo a ripagare i debiti di guerra. A Roma, allora, si diffuse il timore che
la città potesse riarmarsi e attaccarla. Di questo diffuso stato d’animo si fece portavoce Marco
Porcio Catone detto il Censore. Egli, alla fine di ogni suo intervento in Senato, era solito ripetere
che Cartagine doveva essere distrutta prima che fosse troppo tardi.
Così quando Cartagine dichiarò guerra contro Massinissa, re della Numidia, a causa dei suoi
continui soprusi, Roma a sua volta dichiarò guerra a Cartagine, poiché il trattato di pace
stipulato alla fine della Seconda guerra punica impediva a Cartagine di dichiarare guerra senza il
consenso di Roma. Inizio la 3 guerra punica.
La Terza guerra punica consistette nell’assedio di Cartagine, guidato da Scipione Emiliano.
L’assedio di Cartagine durò dal 149 a.C. al 146 a.C. Fu durissimo perché i cartaginesi, rifiutato
l’ordine di evacuare la città – che secondo i romani avrebbe dovuto essere abbandonata e ricostruita
più lontano dalla costa – opposero una resistenza disperata. Cartagine fu distrutta e il suolo fu
cosparso di sale in modo da renderlo sterile in segno che lì più nulla doveva crescere.

ELENIZZAZIONE LA SOCIETA’ ROMANA DOPO LE CONQUISTE


I rapporti sempre più frequenti con le popolazioni greche di epoca ellenistica, ma soprattutto la
conquista dei ricchissimi territori d’Asia comportò due conseguenze: da un lato, giunsero a Roma
tesori preziosissimi, e un’immensità di denaro confluito dalle nuove colonie; dall’altro, tra i
“tesori”, arrivarono fisicamente nell’Urbe migliaia di schiavi greci, che portavano con sé una
tradizione, ma soprattutto una letteratura, lunga cinque secoli. Non solo dunque Roma fu investita e
assorbita dal lusso, ma conobbe più ampiamente anche la letteratura greca ed ellenistica. I tempi
cambiarono in fretta: in tutta la penisola italica, col denaro ottenuto, furono innalzati nuovi edifici e
templi, e anche Roma prese l’aspetto di una città ellenistica. La popolazione iniziò ad amare il
lusso, e ad ornare domus e villae di statue rubate ai Greci, o prodotte in Italia secondo la tecnica
greca. L’austerità di cui andavano fieri i primi Romani era perduta per sempre.
L’ellenizzazione romana, sempre più imperante col procedere del II sec., non poteva certo essere
fermata: era un processo irreversibile. La nuova classe dirigente, dunque, in modo lungimirante, si
rese conto che l’unica soluzione era dirigerla. Portavoce di tale punto di vista fu Scipione Emiliano,
nipote dell’Africano e conquistatore di Cartagine. Egli raccolse attorno a sé i più grandi poeti
filelleni dell’epoca: Ennio, padre dell’epica a Roma; Terenzio, il più “greco” tra i comici; Lucilio,
inventore della satira. Non soltanto: egli protesse anche i Greci portati schiavi a Roma dopo la
distruzione di Corinto, come Panezio, il filosofo stoico, e Polibio, lo storico greco.Tale movimento
letterario è noto col nome di “circolo degli Scipioni”.
Tradizionalmente opposto al “circolo degli Scipioni” fu Catone il Censore. Catone, interprete
dell’ideale del mos maiorum, avrebbe lottato strenuamente contro il lusso e l’influsso della cultura
greca a Roma. Catone, dunque, non respingeva a priori la cultura greca (era anche amico
dell’Emiliano!), ma ne temeva gli effetti sui fondamenti della morale romana, cioè il rifiuto del
lusso e la scelta decisa del negotium rispetto all’otium. La paura di Catone, di conseguenza, non era
“culturale”, ma politica ed etica: si rischiava di perdere ciò che aveva permesso a Roma di
conquistare gli stessi Greci, cioè il sacrificio e la romanità, rammollendo gli animi nel lusso e nella
ricchezza.
Quale fu, allora, la conclusione dello “scontro” tra mos maiorum e ellenizzazione, chi vinse? La
risposta è meno scontata di quanto si possa pensare: non vinse nessuno dei due. Sul piano etico, un
cambiamento a Roma ci fu, e fu inevitabile; sul piano culturale e letterario, però, assistiamo ad una
vera e propria fusione tra contributi greci e latini.
Nasce così l’humanitas, il risultato del dialogo tra Elleni e Romani, una sensibilità tutta nuova che
rimpiazzò il rigidismo del mos maiorum, e favorì il fiorire di una letteratura sempre più ellenistica,
prodotta da autori sempre più aperti alla lezione che i Greci sapevano insegnare.
Le conquiste fecero esplodere il fenomeno della schiavitù; i pochi schiavi che i ricchi
romani avevano posseduto, prima delle Guerre puniche, divennero milioni. Per lo più erano
prigionieri di guerra e venivano comprati sul campo stesso delle battaglie, quando ancora si udivano
i lamenti dei feriti, dai mercanti che seguivano le legioni; poi i mercanti li selezionavano e li
vendevano all’asta, nei mercati dell’Impero. Inoltre, questa situazione aveva determinato la
scomparsa del ceto dei piccoli proprietari terrieri, che erano il nerbo dell’antica società romana e che,
per i molti anni di servizio militare lontano dalla patria, non potendo curare i propri campi, avevano
finito con l’indebitarsi e col venderli, oppure offrivano il proprio lavoro come braccianti, per pagare
i debiti e conservare il campo, ma il lavoro a giornata, però, non serviva più ai grandi proprietari,
perché ormai essi facevano coltivare le loro terre da migliaia di schiavi, in quanto uno schiavo offriva
diversi vantaggi rispetto ad un bracciante: costava solo vitto e alloggio e non doveva abbandonare i
campi ogni volta che lo Stato chiamava i contadini a servire nelle legioni.
I debiti costrinsero decine di migliaia di piccoli proprietari a svendere i loro campi ai grandi
proprietari terrieri, che accumularono centinaia di piccoli lotti, fino a costituire
enormi distese di terreno, i latifondi.
La formazione del latifondo cambiò, radicalmente, sia il paesaggio sia la composizione sociale
dell’Italia; riguardo il paesaggio, là dove prima c’era un reticolato perfettamente ordinato di piccoli
poderi, ora si estendevano, a perdita d’occhio, i terreni delle grandi famiglie senatorie e, mentre un
tempo, su ogni podere, sorgeva la piccola fattoria di una famiglia contadina, ora immense distese
coltivate erano dominate da un’unica grande azienda agricola, brulicante di schiavi, chiamata villa in
latino; inoltre, poiché i latifondi erano enormi, le famiglie senatorie non avevano interesse a farli
coltivare interamente e, quindi, ne lasciarono incolte cospicue porzioni che si inselvatichirono e si
ricoprirono di paludi, come accadde in Maremma e nella Pianura pontina. Circa, invece, la
composizione sociale, i contadini, che avevano svenduto i loro poderi, emigravano a Roma e in altre
città in cerca di un lavoro. Allora, però, non esistevano industrie come quelle moderne e la
manodopera veniva impiegata solo in alcuni lavori pubblici, rari e di breve durata; per questo motivo,
un’intera categoria di piccoli proprietari agricoli si trasformò in proletariato disoccupato, che
affollava i cadenti fabbricati dei quartieri popolari cittadini.
Accadde, così, che le campagne si spopolarono e le città si riempirono, dando luogo ad un fenomeno
chiamato urbanesimo (da urbs, “città”). Roma, presa d’assalto da queste masse povere e senza
speranza, si avviò a raggiungere il milione di abitanti.
Ricchissimo divenne pure l’ordine equestre, un ordine sociale e militare basato sul censo, nelle cui
mani erano gli appalti delle imposte e la quasi totalità dei commerci.
Le grandi conquiste avevano accentuato anche il divario esistente tra i Romani e gli alleati Italici;
quest’ultimi avevano combattuto, per secoli, a fianco dei romani, seguendoli nella buona e nella
cattiva sorte, senza ricevere nulla in cambio della loro fedeltà e dei loro sacrifici, se non una grama
spartizione del bottino sui campi di battaglia. Ora essi, ed in particolare i Latini, si agitavano per
ottenere una revisione degli antichi trattati e, soprattutto, il pieno diritto di cittadinanza romana.

I GRACCHI
Il grave problema dello spopolamento delle campagne, nelle quali si erano formati i grandi latifondi
coltivati dagli schiavi, e del malcontento degli ex-piccoli proprietari terrieri venne affrontato, per la
prima volta, nel 133 da Tiberio Gracco, eletto tribuno della plebe. Egli apparteneva ad una nobile
famiglia, imparentata con quella degli Scipioni: sua madre, Cornelia, era figlia di Scipione
l’Africano. Cornelia, la madre dei Gracchi, ebbe grande fama a Roma. Quando si nomina Cornelia,
torna subito alla mente il noto aneddoto dei “gioielli”. Si racconta che un giorno Cornelia ricevette
la visita di una ricca matrona romana, che ostentava e decantava i gioielli che indossava; Cornelia la
lasciò parlare, poi chiamò i suoi figli e, rivolgendosi alla matrona, disse con orgoglio: «Questi sono
i miei gioelli».
La madre dei Gracchi fu anche una donna colta, cosa rara al tempo, e dopo la morte violenta dei
figli si ritirò in una villa sul golfo di Napoli, animando un circolo culturale. Nell’intento di
ricostituire la classe dei piccoli proprietari terrieri, che aveva formato il nerbo della società e
dell’esercito romano all’età delle grandi conquiste, TIBERIO propose, nel 133, una legge agraria,
in base alla quale:
- Nessun cittadino romano avrebbe potuto possedere più di 500 iugeri di agro pubblico
(aumentabili sino a mille se aveva dei figli);
- Le enormi estensioni di agro pubblico, che si sarebbero così resi disponibili, dovevano
essere distribuite, a piccoli lotti di 30 iugeri, ai cittadini poveri, dietro corresponsione allo Stato di
un simbolico canone annuo.
Questa legge, però, fu duramente avversata dalla classe senatoria, che godeva l’usufrutto dell’agro
pubblico e si vedeva minacciata nei propri interessi. Proprio nel nel 133 Attalo, non avendo figli,
lasciò in eredità il suo regno a Roma e Tiberio pensò di utilizzare tali beni per la ricostruzione delle
fattorie dei contadini. Ancora una volta tale decisione fu vista dal senato come un tentativo di
scavalcare la sua autorità e così quando egli provò a ricandidarsi come tribuno, l’anno successivo, la
nobiltà sfruttò una disposizione che prevedeva che tra una magistratura e l’altra dovevano
trascorrere 10 anni. Così il contrasto tra Tiberio e nobiltà si acuì tanto che nel 132 fu assassinato
durante i tumulti scoppiati a ROMA.
Ma nel 123 fu eletto tribuno della plebe il fratello minore di Tiberio, Gaio Gracco, giovane di
elevatissime capacità, che aveva come obiettivo quello di far avvicinare i gruppi ostili alla nobiltà:
gli italici e la plebe e i cavalieri.con un allargamento di programma veramente rivoluzionario, egli
propose:
- Il richiamo in vigore della “legge agraria” del fratello;
- Una legge frumentaria, per la distribuzione mensile di frumento a basso prezzo ai poveri di
Roma;
- Una legge giudiziaria che attribuiva ai cavalieri poteri giudiziari e maggiori possibilità
negli appalti;
- Una legge, infine, che concedeva la cittadinanza romana a tutti gli Italici.
- la fondazione di 4 colonie 2 nell’Italia meridionale , una a Corinto e una a Cartagine in modo
da risolvere il problema della disoccupazione agricola.
Il senato, però, manovrò abilmente la situazione, facendo porre il veto alle leggi, da parte del
tribuno Livio Druso, che presentò, contemporaneamente, delle proposte di carattere demagogico e,
in questo modo, Gaio Gracco, non riuscì a farsi eleggere tribuno per la terza volta e, poco dopo, si
fece uccidere per non finire nelle mani dei suoi nemici nel 121.
La morte di Gaio Gracco segnò la fine delle riforme; gli ex contadini non riottennero i propri campi
e gli Italici, delusi nelle loro speranze, quale quello di ottenere il pieno diritto di cittadinanza
romana, cominciarono a covare vendetta verso questa ingiustizia; infine, i cittadini nullatenenti
attendevano dei capi che li guidassero alla soluzione dei loro problemi.
La durissima lotta tra i Gracchi ed i loro avversari, la sconfitta dei due tribuni ed il loro assassinio,
segnarono una svolta nella storia di Roma; da allora in poi, la società romana si divise in due fazioni
nemiche, quali:
- i Popolari, ossia gli “amici del popolo”, che si ispiravano alle idee dei Gracchi, volevano
ridimensionare gli enormi poteri del Senato e tentavano di attenuare lo squilibrio tra ricchi e poveri,
ridistribuendo la terra con la proposta di nuove leggi agrarie. Di essi facevano parte la maggioranza
dei plebei e una minoranza di nobili;
- gli Ottimati (dall’aggettivo superlativo “ottimo”, “il migliore”, con il quale essi indicavano
se stessi), che, invece, volevano rafforzare ulteriormente i poteri del Senato ed impedivano
qualsiasi tentativo di rinnovamento, nel timore che intaccasse i loro privilegi. Gli Ottimati erano
tutti nobili, ma avevano dalla loro parte anche le proprie schiere di clienti, quei plebei nullatenenti
che essi mantenevano e impiegavano in ogni genere di servizio; all’occorrenza, con i clienti,
costituivano bande armate, che scagliavano contro i Popolari.

LA GUERRA CONTRO GIUGURTA E GAIO MARIO


Fallito il tentativo dei Gracchi, nel 111 a.C., scoppiò la guerra contro Giugurta, re della Numidia
(nord africa), molto ribelle. si svolge tra il 111 e il 107 a.C., tra numidi e romani; nel 118 a.C. la
morte di Micipsa, re della Numidia e alleato di Roma, apre la strada al trono ai suoi due figli
Iempsale e Aderbale. Il trono, però, viene usurpato dal nipote Giugurta, il quale uccise Iempsale e
Aderbale durante l’assedio di Cirta, nonostante questi godano della protezione di Roma. Durante
tale assedio molti italici e mercanti Romani furono uccisi e così il Senato decise di mandare in
Africa Lucio Bestia il quale invece di attaccare Giugurta concluse una pace nel 111 facendo
sospettare che anche lui fosse corrotto. Allora inviarono Quinto Cecilio Metello che riuscì a
sconfigger l’avversario. Ma giugurta non accettò la resa e si alleò con Bocco, suo suocero e re della
Muritania. Nel frattempo nell’esercito romano era stato eletto console Gaio Mario (HOMO
NOVUS perché estraneo alle logiche del potere) nel 106 . Il legato di Mario, il questore Lucio
Cornelio Silla, negozia con il re della Mauritania la consegna di Giugurta in cambio della divisione
delle terre di Numidia. Giugurta viene, così, consegnato ai romani, portato in trionfo a Roma dal
console Mario e, infine, giustiziato.
GAIO MARIO Mario introduce una profonda riforma dell’esercito, in base alla quale l’esercito
sarebbe stato formato esclusivamente da volontari; per arruolarsi non occorreva più possedere terra;
i legionari, non solo non dovevano pagarsi l’equipaggiamento, ma, anzi, avrebbero ricevuto una
paga giornaliera e premi in caso di vittoria; infine, chi fosse diventato veterano, cioè avesse
compiuto 16 anni di servizio militare, avrebbe ricevuto, come liquidazione, un appezzamento di
terra, diventando un piccolo proprietario.

GUERRA CONTRO GLI ITALICI


Già dal tempo dei Gracchi a Roma si avanzavano proposte d'estensione della cittadinanza agli altri
popoli italici fino ad allora alleati, ma senza successo. Nel frattempo la tensione tra le classi sociali,
in Roma, ed il problema degli italici, che aspiravano ad ottenere il pieno diritto di cittadinanza
romana, si andavano sempre più aggravando; così, nel 90 a.C., il tribuno Livio Druso, riprendendo
il programma dei Gracchi, propose nuovamente una distribuzione di terre ai cittadini poveri e la
concessione della cittadinanza agli Italici. Tali proposte, incontrarono, anche questa volta, una
tenacissima opposizione; lo stesso Druso venne assassinato in casa sua. Allora, gli Italici,
insorsero in armi in quel grande tentativo unitario antiromano, che fu la guerra italica o guerra
sociale. Questa guerra si svolge tra il 91 e l’88 a.C., tra i Romani e gli alleati italici; il senato
richiama a Roma l'ex-console Gaio Mario, ritiratosi in Asia a vita privata, dopo aver trionfato dieci
anni prima nella guerra giugurtina e nella guerra romano-germanica. La guida delle operazioni
militari fu affidata anche a Gneo Pompeo Strabone e a Lucio Cornelio Silla; nonostante le prime
vittorie romane, nel 90 a.C., il console Lucio Giulio Cesare, decise di concedere la cittadinanza a
tutte le popolazioni italiche non ribellate e a quelle disposte a deporre le armi. Il riconoscimento
della cittadinanza spinse molte popolazioni italiche verso la pace con Roma e, nell’ 88 a.C., la
guerra sociale romana poteva dirsi conclusa.

GUERRA TRA MARIO E SILLA


Console per sette volte, Gaio Mario, fu il capo del partito democratico e tentò, in ogni modo, di
limitare il potere dell’aristocrazia; così facendo, entrò in contrasto con Lucio Cornelio Silla. Il
contrasto, che poi sfociò nella prima guerra civile, si verificò quando il Senato decise di affidare il
comando della spedizione militare contro il re del Ponto, Mitridate, che aveva invaso i
possedimenti romani in Asia Minore a Silla. Mario e il suo partito non accettarono tale scelta e così
scoppiarono una serie di tumulti che si conclusero con il conferimento del comando dell’esercito a
Mario. Silla così marciò su Roma con il suo esercito scatenando una guerra civile che si concluse
con la fuga di Mario in Africa nell’88. Per la prima volta un comandante aveva messo l’esercito al
servizio dei propri interessi personali.
Quando la situazione si calmò venne ripresa la guerra in Oriente e Mitridate fu sconfitto. Nel
frattempo Mario era ritornato a Roma ma la sua morte improvvisa lasciò la città in preda a lotte
violente.

DITTATURA DI SILLA
Così nell’ 82 Silla si fece proclamare dittatore con ampi poteri.
Impose:
- Le liste di proscrizione: elenchi di persone destinate ad una morte cruenta perché avevano
appoggiato Mario.
- Riforma siliana: attuata con l’obiettivo di rafforzare il potere del Senato
o ai senatori venne nuovamente assegnata l’amministrazione della giustizia togliendola
ai cavalieri
o aumento il numero dei senatori da 300 a 600 includendo anche i cavalieri e isolando
la plebe
o elevò il numero dei pretori a 8
o pretori e consoli dovevano restare in Italia durante il primo anno di carica. Solo nel 2
anno potevano essere inviati dal senato nelle province.
Attuata la sua riforma, che ridava il potere nelle mani della classe senatoria, Silla rinunziò alla
dittatura e si ritirò a vita privata a Cuma, nel 79 a.C., dove morì l’anno seguente.

CATILINA:
Lucio Sergio Catilina apparteneva a una famiglia romana nobile ma decaduta. Nei primi anni della
sua carriera politica si schierò dalla parte di Silla; contribuì quindi attivamente all’eliminazione
degli avversari politici del dittatore inseriti nelle liste di proscrizione. Nel 78 a.C. fu eletto questore;
nel 70 edile; pretore nel 68. L’anno successivo fu inviato come propretore in Africa e nel 66 fu
accusato di concussione. A causa del processo, Catilina non potè candidarsi. Nel 65 a.C. Catilina fu
assolto dall’accusa di concussione e nel 64 a.C. potè finalmente presentare la candidatura al
consolato. Tra gli avversari aveva Cicerone e Antonio Hybrida. Catilina si alleò con Antonio ma
vinse Catilina.
Catilina, da parte sua, tentò di nuovo di ottenere il potere per vie legali. Si ripresentò infatti alle
elezioni consolari del 63 a.C. con un programma che spaventava enormemente i conservatori e le
classi abbienti. Proponeva la cancellazione dei debiti in Italia; la fine del monopolio delle
magistrature da parte degli ottimati; una più equa distribuzione delle ricchezze con misure a favore
dei nullatenenti. Con grande abilità inoltre Cicerone, nell’intento di screditare l’avversario e
provocare la reazione degli ottimati, alimentò le voci allarmistiche a proposito della presunta
minaccia fatta da Catilina di ricorrere alla forza nel caso non fosse stato eletto.
CONGIURA: Catilina non fu eletto; di qui la decisione di ottenere con le armi il potere che non
aveva raggiunto con le vie legali. E così in Etruria Caio Manlio cominciò a raccogliere un esercito,
che nelle intenzioni dei congiurati avrebbe dovuto marciare verso Roma. Cicerone ebbe modo di
conoscere con precisione i piani di Catilina E COSì pronunciò il primo discorso contro CAtilina. Il
giorno dopo Catilina decise di abbandonare Roma per raggiungere l’esercito accampato in Etruria
e nel frattempo Cicerone pronunciò un secondo discorso per informare il senato di ciò che era
accaduto. Cos’ qualche giorno dopo fu proclamato nemico pubblico e Il console Antonio ebbe
l’incarico di marciare contro di lui con un esercito. Il 3 dicembre cicerone pronunciò la 3
catilinaria avendo ottenuto le prove della congiura e in senato si discusse sulle sue sorti: Cesare
propose l’esilio. Cicerone pronunciò a questo punto la quarta Catilinaria; sostenne anche lui la
necessità della condanna a morte, ma si rimise alla volontà dei senatori. Un mese dopo, il 5 gennaio
del 62 a.C., si svolse la battaglia di Pistoia, che vide la definitiva sconfitta dei congiurati. Catilina
morì combattendo valorosamente.

GUERRE SERVILI
Tra il 136 e il 71 a.C. la Repubblica romana fu impegnata nel tentativo di sopprimere diverse rivolte
servili. Tre in particolare richiesero grandi sforzi per essere domate, e lasciarono di conseguenza un
vivido ricordo nella storiografia antica:
- La rivolta capeggiata dallo schiavo di origine siriaca Euno (poi proclamatosi re con il nome
di Antioco), che tenne impegnati gli eserciti romani in Sicilia tra il 136 e il 132 a.C.;
- Una seconda ribellione, scoppiata sempre in Sicilia, guidata dagli schiavi Salvio e Atenione,
che si svolse tra il 104 e il 100 a.C.;
- La terza e più celebre insurrezione, promossa dal gladiatore trace Spartaco, che, cominciata
a Capua nel 73 a.C., si estese ben presto a tutta la penisola italica costringendo i romani a
due anni di feroci combattimenti.

1 GUERRA SERVILE
Svoltasi fra il 136 e il 132 a.C., la prima guerra servile vide contrapposti gli schiavi siciliani
capeggiati da Euno e Cleone di Cilicia e l’esercito romano del console Publio Rupilio.
Nel 146 a.C., dopo la distruzione di Cartagine da parte di Scipione Emiliano, la Sicilia viveva un
periodo di vertiginoso sviluppo economico grazie soprattutto alla ricchezza che le proveniva
dall’esportazione dei suoi prodotti agricoli pregiati, grano e vino in primis. Questo stato di fatto
aveva favorito la nascita di un ceto aristocratico benestante dedito al latifondismo della terra, ma
anche allo sfruttamento delle numerose cave e miniere presenti nell’isola. nel 136 a.C., il ribelle
siriano, alla guida di circa 400 schiavi, entrò nella città di Enna facendo strage di nobili. Questa
azione diede il coraggio ad altri 6.000 schiavi della zona di ribellarsi e unirsi ad Euno,
proclamandolo Re con il nome di Antioco. Le gesta del piccolo esercito arrivarono alle orecchie di
un altro schiavo di nome Cleone, originario della Cilicia, che subito organizzò altri 14.000 uomini
da unire al contingente di Euno. I romani tentarono subito di contrastare i ribelli, ma i primi scontri
risultarono del tutto inutili, tant’è che nel primo anno di guerra i rivoltosi riuscirono a conquistare le
importanti città di Catania e Taormina. Nel 134 a.C., non essendo più i pretori in grado di arginare
la guerra, venne inviato in Sicilia il console Gaio Fulvio Flacco, ma anche questo tentativo non
impedì ad Euno di assediare Messana (Messina), alla guida di un esercito che ormai contava di quai
200.000 unità.La riscossa romana iniziò proprio da questo episodio, quando l’altro console Lucio
Calpurnio Pisone, alla guida di un forte esercito, sconfisse pesantemente i ribelli durante l’ultimo
assalto alla città. Nel 132 a.C., Euno e l’esercito ribelle veniva assediato a Taormina dal console
Publio Rupilio, che dopo la fine delle ostilità sarebbe divenuto governatore della Sicilia. Poco
dopo, anche la città di Enna, dove nel frattempo si erano rifugiati Euno e Cleone, cadde nelle mani
dei romani.

2 GUERRA SERVILE 104 - 100


L’incapacità di Roma di modificare l’assetto economico e sociale della Sicilia sfociò infine, una
generazione più tardi, in una nuova sollevazione. Le prime avvisaglie di una possibile rivolta si
ebbero già nel 104 a.C. quando uno schiavo di nome Vario raggruppò intorno a sé un piccolo
manipolo di insorti. Questo primo focolaio fu rapidamente stroncato dal governatore romano Publio
Licinio Nerva.
A scatenare la rivolta concorse anche la particolare e delicatissima situazione militare che Roma si
trovava a dover affrontare in quegli anni. Sin dal 113 a.C. le legioni romane erano infatti
costantemente impegnate su due fronti: a nord, dove i confini della penisola italica erano minacciati
dalla pressione delle popolazioni germaniche dei Cimbri e dei Teutoni; a sud, dove ormai da dieci
anni si combatteva una durissima guerra contro il re di Numidia, Giugurta.
Un gran numero di schiavi quindi si organizzò per dare vita a un’aperta ribellione. Riunitisi presso
il Monte Capriano, essi ebbero la meglio sulle forze del comandante M. Titinio, un luogotenente
inviato da Nerva a sedare la rivolta. Forti di questo successo e raggiunto ormai il numero
considerevole di circa 6.000 unità, i ribelli elessero come re un uomo di nome Salvio. Sotto la
guida di Salvio, i ribelli si mossero contro Morgantina e, in uno scontro avvenuto fuori dalla città,
essi inflissero una pesante sconfitta a Nerva ma non riuscirono a conquistare la città. Nel frattempo
un altro schiavo, di nome Atenione, si mise a capo di una vasta rivolta nella parte nord-occidentale
della Sicilia. Raggruppata una forza di circa 10.000 uomini, Atenione strinse d’assedio Lilibeo, che
tuttavia riuscì a resistergli. Atenione unì quindi le sue forze a quelle di Salvio riconoscendone
l’autorità. I due decisero quindi di porre la “capitale” dei ribelli a Triocala, le cui difese furono
rafforzate in previsione del contrattacco romano.
All’inizio del 103 a.C. il Senato si decise infine a inviare in Sicilia Lucullo insieme con una forza di
16.000 uomini. I due eserciti, quello romano e quello di Salvio e Atenione, si scontrarono nei pressi
di Scirthaea e Lucullo riportò una grande vittoria. Ciò nonostante Lucullo non riuscì a conquistare
Triocala; inoltre, avuta notizia che su di lui pendeva un’accusa di corruzione e che il Senato aveva
già deciso di inviare in Sicilia un nuovo comandante, sciolse il suo esercito e distrusse tutti gli
accampamenti romani.
Nel 101 a.C. il Senato si risolse quindi a inviare sull’isola uno dei due consoli, M. Aquilio pose
fine alle ostilità. In una nuova grande battaglia campale egli inflisse una severa sconfitta ai ribelli e
uccise di sua mano Atenione.
LA TERZA GUERRA SERVILE - SPARTACO
Essa ebbe origine a Capua, nel 73 a.C., nella caserma gladiatoria di Cornelio Vazia. Vazia era un
lanista, ossia un impresario che comprava E allenava gladiatori da affittare poi agli organizzatori dei
giochi. Uno dei gladiatori ospitati nella caserma era Spartaco, In origine Spartaco fu un pastore
della Tracia, una regione balcanica tra il Mar Nero e il Mar Egeo. Forse perché costretto dalla
miseria, aveva accettato di arruolarsi in un corpo ausiliario della milizia romana, dal quale però
fuggì ben presto. Dichiarato disertore, venne cercato e trovato da "squadre speciali", che lo
ridussero in schiavitù . Dopodiché fu trasformato in gladiatore e venduto a Lentulo, un
organizzatore di spettacoli di Capua.. Le ragioni della rivolta non sono chiare: i gladiatori non
vivevano in condizioni peggiori rispetto agli altri schiavi e di sicuro non miravano a un progetto
politico unitario. Forse fu la congiuntura militare romana a spingerli alla ribellione, o forse fu la
forza carismatica di Spartaco ad accendere i loro cuori.
nella primavera del 73 a.C. i duecento gladiatori della scuola di Vazia si ribellarono. Il piano
prevedeva di impossessarsi dell’arsenale della scuola e di darsi alla fuga, ma qualcuno tradì e
soltanto 74 gladiatori riuscirono a evitare la cattura. Fuggiti dalla caserma, essi si diressero a sud, e
dopo circa 30 km di marcia si accamparono sui fianchi del Vesuvio. Pochi giorni dopo giunse sul
posto un contingente romano reclutato probabilmente dallo stesso Vazia, che fu pesantemente
sconfitta da Spartaco. Questo successo fece scattare la scintilla della ribellione in tutta l’area
circostante e nel giro di pochissimo tempo migliaia di schiavi e piccoli proprietari terrieri si unirono
ai gladiatori.
Il Senato romano in un primo momento inviò Claudio Glabro il quale però fu sbaragliato
dall’esercito di Spartaco. Così inviarono Publio Virinio e Lucio Cossinio che furono uccisi. A
questo punto cominciarono a sorgere contrasti all’interno delle forze ribelli. Alcuni, guidati da
Crisso ed Enoma, due gladiatori di origine celtica, volevano continuare con le razzie e i saccheggi
ed estendere la guerra a tutta la penisola italica. Spartaco, al contrario, riteneva che i ribelli
avrebbero dovuto dirigersi in fretta a nord, attraversare le Alpi e abbandonare la penisola prima
del ritorno delle legioni romane impegnate in Oriente e in Spagna. Così Spartaco alla guida di
30.000 uomini si mise in marcia verso le Alpi, mentre Crisso ed Enoma, insieme a 10.000 uomini
prevalentemente di origine celtica, puntarono a sud, verso l'Apulia. Ma furono uccisi dal console
Publicola, il quale andò in aiuto a Clodiano che stava x attaccare Spartaco. Ma anche qui Spartacò
riuscì a sbaragliare i 2 eserciti e a continuare il suo viaggio verso nord. Ora con l'ex-gladiatore
erano schierati ben 100.000 uomini, una massa difficile da controllare e da gestire. Il problema del
cibo era sempre più evidente e Spartaco, nonostante le facili vittorie, era sempre più preoccupato
della situazione. Infatti Arrivato a Modena, Spartaco, rinunciò alla sua idea, e decise di tornare
verso sud. Questo cambio di direzione sconcertò i Romani che temevano un attacco alla città. Ma
Spartaco sapeva bene che la conquista di Roma sarebbe stata un'impresa impossibile e quindi si
mantenne lontano dall'Urbe, ridiscendendo la penisola sul versante Adriatico. La sua marcia, anche
se in senso inverso, continuava ad essere inarrestabile e ogni tentativo di bloccarla si dimostrava
vano. I consoli si dimostrarono inadeguati, subendo ripetute sconfitte, e così per fronteggiare la
situazione di emergenza, Roma ricorse ancora alla soluzione dell'uomo forte, l'uomo a cui
veniva concesso un imperium assoluto. Così al pretore Marco Licinio Crasso veniva concesso il
comando assoluto della lotta contro Spartaco. Crasso, nella nuova carica di proconsole, si impegnò
nella guerra servile schierando ben 10 legioni, di cui 6 arruolate personalmente da lui.
Ne mandò subito 2 a controllare i movimenti del nemico, ma le stesse si smembrarono,
evidenziando un'estrema fragilità. Molti dei legionari si diedero alla fuga, provocando la dura
reazione di Crasso. Il proconsole volle dare un forte segnale Sottopose così le due legioni, accusate
di tradimento, ad un provvedimento punitivo ormai in disuso: la decimazione. Gli uomini venivano
divisi in gruppi di dieci e per ogni gruppo un solo uomo veniva condannato a morte. La selezione
veniva effettuata per sorteggio, ma la cosa peggiore era che la condanna doveva essere eseguita dai
9 compagni più fortunati.
Nel frattempo Spartaco si era spinto fino all'estremità della penisola, a Reggio Calabria, con
l'intenzione di imbarcarsi per la Sicilia. Ma i pirati della Cilicia che avrebbero dovuto trasportare lui
e i suoi uomini sull'isola vennero meno al loro impegno. Così Spartaco si rifugiò nell’Aspromonte
dove fu accerchiato da Crasso che creò una lunga palizzata di legno e un ampio fossato. Nonostante
ciò alcuni ribelli riuscirono a fuggire dirigendosi verso Brindisi. Crasso esasperato chiese aiuto al
Senato il quale chiamò Pompeo. Ben presto però Crasso si pentì di aver fatto questa scelta e decise
di eliminare da solo Spartaco e i ribelli prima del suo arrivo. Così Spartaco e gran parte del suo
esercito morirono, i sopravvissuti morirono in croce, circa 6000, lungo la via Appia.
Sfortunatamente un gruppo di 5000 schiavi scampati alla morte incrociarono l’esercito di Pompeo
che li uccise definitivamente.
Quindi entrambi chiesero al Senato di diventare Consoli ma quest’ultimo concesse il trionfo a
Pompeo che diventò console.

1 TRIUMVIRATO – POMPEO VS CESARE


Il Primo triumvirato, GOVERNO DEI 3 UOMINI (60 a.C.) fu un accordo privato, non
istituzionale, per un certo tempo segreto, tra Gaio Giulio Cesare, Marco Licinio Crasso e Gneo
Pompeo Magno, si basava sul fatto che, tutti e tre, avevano seguaci fedeli e clienti sufficienti per
impadronirsi del potere con la forza, qualora il Senato avesse, in qualche modo, bloccato la loro
scalata alle massime cariche della Repubblica; con questo accordo privato, si impegnavano a non
danneggiarsi politicamente a vicenda e ad unire, invece, le loro forze. per ripartirsi le cariche dello
Stato e opporsi all’oligarchia senatoria. Cesare, eletto console per l’anno 59 a.C., propose
immediatamente una legge per la concessione di terre ai veterani di Pompeo e fece anche ratificare
le conquiste di Pompeo nell’Oriente, mentre a favore di Crasso e dei cavalieri fu ridotto il canone
di appalto pagato dai publicani allo Stato. Per se stesso, Cesare ottenne, allo scadere del consolato,
l’assegnazione del proconsolato della Gallia Cisalpina e della Gallia Narbonese dove allargò il
dominio di Roma. Questa situazione preoccupava Crasso E Pompeo. Cesare capì che occorreva
rinnovare gli accordi triumvirali. L’accordo fu confermato in un incontro dei tre a Lucca (56
a.C.). Cicerone chiamò il triumvirato il “mostro a tre teste” e gli aristocratici dissero che c’erano
due consoli, “Giulio” e “Cesare”, per sottintendere che, egli, in realtà governava da solo.
Durante l’anno del suo consolato, Cesare fece approvare una serie di leggi a favore delle classi più
umili e riuscì ad ottenere il comando della Gallia Cisalpina importante per la conquista della
Francia. per un altro quinquennio, mentre Pompeo e Crasso ebbero nuovamente il consolato. Cesare
si trovò ad affrontare una ribellione di quasi tutte le tribù galliche, unitesi sotto la guida di
Vercingetorige, re della potente tribù degli Arverni. Fu una guerra durissima. Le truppe romane
persero alcune battaglie e si trovarono talvolta sull’orlo del tracollo. Ma la vittoria finale fu di
Cesare.
La morte di Crasso nella battaglia di Carre, determinò la fine del triumvirato. Poco prima era
morta anche la figlia di Cesare, moglie di Pompeo, per cui anch’egli non aveva più alcun vincolo
nei confronti di Cesare. Pompeo si riavvicinò al Senato e, quando Cesare chiese il rinnovo del
proconsolato in Gallia, i senatori glielo negarono e gli ordinarono di congedare l’esercito e rientrare
a Roma come privato cittadino. Cesare aderì alla richiesta purché anche Pompeo lasciasse il
governo della Spagna e delle sue legioni; ottenuto un rifiuto, marciò sull’Italia con le sue legioni.
iniziava, così, una nuova fase delle Guerre civili tra Cesariani e Pompeiani. . Così, Pompeo e gli
esponenti del partito senatorio fuggirono da Roma e, imbarcatisi a Brindisi, si rifugiarono in Epiro
per organizzarvi la resistenza. Cesare, occupata la penisola, fece eleggere in Roma dei magistrati di
sua fiducia e, prima di inseguire Pompeo, si volse verso la Spagna, dove riuscì a sbaragliare un
poderoso esercito del rivale, nel 49 a.C. Assicuratesi le spalle, si portò, poi, nella penisola balcanica
e nella pianura di Farsalo, in Tessaglia, dove sconfisse Pompeo in una memorabile battagliA. Così
Pompeo si rifugiò in Egitto dove fu ucciso.

GIULIO CESARE
Cesare sbarcò in Egitto e si intromise nella politica egiziana facendo eleggere Cleopatra della quale
si era invaghito. Poi passò in Asia Minore dove sconfisse il figlio di Mitridate e sconfisse
definitivamente i Pompeiani in Africa Settentrionale.
Quando tornò a Roma era convinto che i tempi fossero maturi per passare ad un regime forte, di
tipo monarchico, accentrato nelle mani di uno solo, quindi si fece quindi nominare – come Silla –
dittatore a vita, che lo rendeva superiore a tutti gli altri magistrati e, con questi poteri, varò alcune
prime riforme:
- una grande riforma agraria, simile a quella dei Gracchi, con la quale molte terre dei
senatori furono distribuite ai veterani della Guerra gallica e della Guerra civile, i quali divennero,
così, piccoli proprietari contadini;
- una vasta serie di opere pubbliche, che diede lavoro ai numerosi nullatenenti della
capitale;
- la fondazione di colonie romane nelle province, che diede terra ai proletari;
- l’aumento del numero dei senatori, da 600 a 900, con l’immissione di personaggi che gli
erano fedeli e che garantivano di votare leggi in armonia;
- la concessione della cittadinanza romana agli abitanti della Cisalpina e a molte genti
della Gallia e della Spagna.
La plebe idolatrava Cesare e volle che gli fosse concesso a vita il titolo di imperatore, che lo
abilitava al comando di tutti gli eserciti; inoltre il nome del quinto mese del calendario romano,
quale “Quintilis”, fu cambiato in “Iulius”, ossia luglio.
Ottenne, inoltre, la potestà tribunizia, che gli permetteva di porre il veto alle deliberazioni degli
altri magistrati e del senato.
Il Senato, per ingraziarselo, stabilì addirittura che fosse divinizzato dopo la morte.
Il 15 marzo del 44 a.C. (le Idi di marzo, secondo il calendario romano) un gruppo di senatori, che
vedeva in lui il nemico della Costituzione repubblicana lo uccise a pugnalate, mentre entrava
nell’aula del Senato. Tra loro vi erano anche uno dei suoi figli adottivi, Marco Bruto.

IL SECONDO TRIUMVIRATO 43 A.C


Dopo la morte di Cesare , i congiurati credettero di potersi impadronire facilmente del potere e di
restaurare l’antico predominio del senato, ma Marco Antonio, un violento ed ambizioso
luogotenente di Cesare, che in quell’anno era console, il giorno dei funerali del dittatore ne lesse nel
Foro il testamento, che lasciava, in parte, erede il popolo romano ed eccitò la folla a tal punto contro
i congiurati, che questi furono costretti a fuggire. Antonio stava avviandosi alla conquista del
potere, quando giunse in Roma, dalla Grecia, , un giovane, nipote di Cesare, Gaio Giulio Cesare
Ottaviano che seppe acquistarsi rapidamente il favore del popolo. In un primo momento Ottaviano
riuscì a convincere il Senato a dichiarare Antonio nemico pubblico ma successivamente decise di
allearsi.
Così nel 43 Antonio, Ottaviano e Lepido formarono il 2 triumvirato di durata quinquennale.
Come primo atto i triumviri stabiliscono di creare una lista di proscrizione in cui furono inseriti tutti
i cesaricidi, tra cui Cicerone.
Nel 42 decisero di rivolgersi ai cesaricidi oltremare cioè a Crasso e Pompeo. Questi vennero
sconfitti nella battaglia di Filippi.
Con l’accordo di Brindisi, Antonio e Ottaviano si spartiscono i domini romani: ad Antonio il
controllo delle province orientali e a Ottaviano di quelle Occidentali. A Lepido venne concessa solo
l’Africa. Antonio nelle province orientali si legò a Cleopatra, la quale aveva avuto un figlio da
Giulio Cesare, così i rapporti tra Ottaviano e Antonio peggiorarono: Ottaviano recuperò il
testamento di antonio nel quale era scritto che alla sua morte tutti possedimenti sarebbero stati
donati a Cleopatra. Il senato dichiarò guerra all’Egitto, lo scontro finale avvenne ad Azio dove la
flotta di Antonio fu sconfitta. Così Cleopatra ed Antonio si suicidarono.

OTTAVIANO AUGUSTO
Quando tornò a Roma nel 29, ricevette il titolo di Augustus, deriva da augeo, accresco, indicava la
caratteristica di un uomo che faceva aumentare il benessere dei cittadini.
Ebbe altri titoli:
- Princeps senatus: primo cittadino dello Stato
- Imperator: termine con cui si indicavano i generali vittoriosi
- Pontificato massimo: la più alta carica religiosa, aveva il controllo di tutte le funzioni
religiose
- Proconsolato per tutto l’impero: che gli permetteva di controllare tutte le province
strategiche
- Tribuno della plebe: permise di controllare le Assemblee della plebe, dove si potevano
votare leggi senza bisogno dell’approvazione del Senato
Fu un fautore del ritorno ai valori tradizionali degli antenati, il mos maiorum, cioè
quell’insieme di comportamenti e tradizioni che sono il fondamento dell'etica: esse
comprendono innanzitutto il senso civico, la pietas, il valore militare, l'austerità dei
comportamenti e il rispetto delle leggi.
Sviluppò un’intensa opera di promozione della cultura potenziando le biblioteche. I poeti
Virgilio, Orazio, Tito Livio descrissero l’età augustea come un periodo di pace e prosperità.
Mecenate è universalmente riconosciuto come uno dei fautori del successo politico e culturale
di Ottaviano Augusto, del quale fu amico della prima ora, nonché potente “ministro della
cultura”. Si deve infatti a lui la costruzione di quei solidi legami tra il principe e il fior fiore dei
poeti del tempo, CREANDO IL Circolo di Mecenate.
Fece edificare il foro di Augusto, l’ara pacis e il Pantheon.
Per amministrare al meglio l’impero, Ottaviano divise le province in 2 categorie:
- Senatorie: che versavano le tasse nell’erario, il tesoro statale
- Imperiali: affidate a persone fidate del principe, versavano i tributi al tesoro imperiale.
Visse fino a 77 anni ma non avendo figli, fu costretto a designare come successore Tiberio, suo
figliastro.

ETA’ GIULIO CLAUDIA: TIBERIO, CALIGOLA, CLAUDIO , NERONE


TIBERIO 14/37 d.C : Le fonti antiche lo presentano come un personaggio piuttosto schivo, crudele
e insofferente del mondo.
inizialmente aveva come obiettivo un programma di collaborazione con i senato, favorì la ripresa
dell’agricoltura, tutelò le province con alleggerimenti fiscali. Ai confini settentrionale egli inviò un
suo nipote Germanico, che in una serie di campagne militari sconfisse ripetutamente i Germani.
Tiberio però decise di non proseguire oltre e di non tentare quindi una nuova occupazione di quelle
regioni. Germanico fu allora inviato in Oriente a fronteggiare i Parti, dove però morì
improvvisamente (19 d.C.): a Roma, perciò, nacque il forte sospetto che fosse stato avvelenato per
ordine dello stesso Tiberio. Da questo momento la sua popolarità crollò definitivamente e il suo
atteggiamento nei confronti del senato si fece sospettoso. Così decise di ritirarsi nella sua villa a
Capri. La sua lontananza favorì l’ascesa di Seiano, ma nel 31 fu accusato e giustiziato. Gli ultimi
anni di governo furono segnati da un clima di sospetto che provocò altre repressioni. Infatti la sua
morte fu vista come una liberazione.
CALIGOLA (Gaio Cesare): 37/41 d.C. egli cercò di trasformare il regime repubblicano augusteo
in una monarchia assoluta di tipo orientale: introdusse il cerimoniale di prostrarsi ai piedi dle
principe; divinizzò la sorella Drusilla e obbligò gli ebrei ad introdurre nel tempio la statua del
principe. Aumentò le tasse per sopperire agli sperperi di corte. Si attirò l’odio di tutti così fu
assassinato nel 41 dai pretoriani i quali acclamarono Claudio, zio di Caligola.
CLAUDIO 41/54 d. c. : riorganizzò l’apparato statale istituendo uffici per l’amministrazione del
patrimonio ai liberti, schiavi più capaci e fedeli. I liberti imperiali assunsero anche un ruolo di
consiglieri del sovrano e concentrarono nelle loro mani un potere immenso, suscitando il
malcontento tra cavalieri e senatori.
Fece costruire il porto di Ostia e l’acquedotto lungo 70km.
POLITICA ESTERA: Estese la cittadinanza romana e annesse all’impero altre province, la
Mauritania, la Tracia e la Giudea.
Sua moglie Agrippina lo convinse ad adottare suo figlio Nerone e forse fu proprio lei ad accellerare
l’ascesa di Nerone facendo uccidere Claudio.
NERONE 37/68: ultimo imperatore della dinastia giulio claudia. Salì al potere a 17 anni,
guidato dalla madre e da Seneca. Nerone fece ucciere Britannico, figlio di Claudio, e MESSALINA
PRIMA MOGLIE DI Claudio. Uccise sua madre Agrippina, sua moglie Ottavia, e uccise la seconda
Poppea. Nel 65 scoperta una congiura contro di lui organizzata dal senatore Pisone, avviò una
politica di terrore: mcaddero vittima della sua crudeltà Seneca. Diventò un tiranno. Un terribile
incendio distrusse gran parte di Roma ed egli trovò n capro espiatorio nei cristiani. Così i cristiani
subirono una prima e feroce persecuzione.
-Istituì i giochi neroniani nei quali si esibiva nelle vesti di poeta per umiliare l’aristocrazia e
ottenere il consenso della plebe. Gli eccessi di Nerone furono sgraditi al senato anche sotto il profilo
economico in quanto egli svalutò la moneta .
- POLITICA SOCIALE: Per favorire un'ordinata ricostruzione e impedire il diffondersi di nuovi
incendi, venne emanato un nuovo piano regolatore, attuato però solo in parte, come riporta Tacito,
tramite la realizzazione di strade più larghe, affiancate da portici, senza pareti in comune tra gli
edifici, di altezza limitata e con un uso quasi bandito di materiali infiammabili, sostituiti da pietra e
mattoni.
- fece costruire il mercato del Celio e le Terme di Nerone
- il taglio dell'istmo di Corinto e un canale lungo la costa dall'Averno a Roma
Da più parti d’impero iniziarono a giunger enotizie di proteste contro Nerone ma il senato non
osava intervenire fino a quando il legato imperiale Galba mosse verso Roma. Il senato dichiArò
Nerone nemico dello stato e quindi chiunque poteva ucciderlo. Nerone rimase isolato , tentò la fuga
ma si fece uccidere da un liberto.

ETA’ FLAVIA: VESPASIANO, TITO, DOMIZIANO


VESPASIANO 69/79: alla morte di Nerone, vengono eletti quattro diversi imperatori provenienti
da quattro diverse zone dell’impero: Galba in Spagna, Vitellio dalle legioni germaniche, Otone
dalla guardia pretoriana e Vespasiano dalle legioni siriane. In oriente tutti guardano a Vespasiano;
apparteneva ad una modesta famiglia del ceto equeste italico. Pur mantenendo rispetto verso il
senato, fece assegnare i poteri di cui i suoi predecessori avevano goduto.
- Varò una legge che rendeva ereditario il trono, Con lui il principato iniziò a chiamarsi
impero. Attuò una politica mirante alla pace e alla sicurezza interna. Rinunciò ai fasti di
corte. Come censore riformò il Senato e l'ordine equestre, rimuovendone i membri inadatti e
indegni e promuovendo uomini abili e onesti, sia tra gli Italici sia tra i provincialiAllo stesso
tempo, rese questi organismi più dipendenti dall'imperatore, esercitando la sua influenza
sulla loro composizione.
- fece costruire il COLOSSEO e ricostruì il Campidoglio. iniziò la costruzione di un nuovo
e funzionale foro con annesso tempio dedicato alla pace.
- Ampliò i diritti di cittadinanza agli abitanti delle province.
- In politica estera represse la rivolta degli ebrei nel 70 ordinando al figlio Tito di distruggere
il Tempio di Gerusalemme di cui restò in piedi solo la parte estrema del muro
occidentale, il muro del pianto.
Nel 79 morì a causa di una malattia intestinale.
TITO 79/81: regnò per poco più di 2 anni. Si era già fatto apprezzare durante la repressione della
rivolta giudaica (prima guerra giudaica).
-Appena salito al potere sostenne anche con proprie ricchezze le popolazioni colpite dall’eruzione
del Vesuvio che distrusse Pompei, Ercolano e Stabia. La sua intelligenza procurò il consenso di
tutti.
- Pose fine ai processi per tradimento, e organizzò sontuosi giochi gladiatori
Portò a compimento il Colosseo.
Alla sua morte fu deificato dal Senato, e un arco trionfale che raffigura la sua apoteosi fu eretto nel
Foro Romano dallo stesso Domiziano per celebrare le sue imprese militari in Giudea.
DOMIZIANO 69-96: IN POLITICA ESTERA:
- TRA IL Reno e il Danubio riuscì a creare una zona che controllasse le continue pressioni
delle popolazioni barbariche. Lungo il limes, confine, fu poi edificata una linea fortificata.
- Grazie all’opera di Agricola venne consolidato il dominio in Britannia
Politica interna:
- SI MOSTRò DIVERSO DAL FRATELLO Tito, aveva un carattere diffidente e autoritario,
amava farsi chiamare dominus ed deus e volle governare ocn una stretta cerchia di
collaboratori lasciando ai margini il senato. Essendo censore a vita espulse dal senato le
persone sfavorevoli determinando una sistuazione di attrito. Ciò non fece che accellarare i
tentativi del senato di sopprimerlo e ne 96 fu assassinato da u liberto. In quello stesso
giorno il senato acclamò imperatore, Nerva.

NERVA, TRAIANO, ADRIANO, ANTONINO PIO PRINCIPI ADOTTIVI


NERVA 30/98 d.C: fu l’ultimo imperatore italico di famiglia e di nascita. Egli non seguì l’usuale
cursus honorum.
Appena eletto fece:
- cessare le persecuzioni contro i cristiani, consentì agli esiliati di rientrare a Roma
- abolì i processi di lesa maestà
- reintegrò il senato nelle sue scelte politiche
- abolì il fiscus iudaicus = la tassa pagata dagli ebrei assoggettati all’impero romano dopo la
distruzione del Tempio di Gerusalemme per opera di Tito.
- Introdusse il principato adottivo = adottare quale proprio successore un uomo moderato,
giusto, prudente, equilibrato, cioè l’optimus princeps. Negli anni che seguirono il principato
di Nerva gli imperatori evitavano di nominare come successore un membro della propria
famiglia, preferendo adottare persone effettivamente capaci e apprezzate dal popolo romano.
Nerva scelse Traiano.
- Iniziò un periodo florido e pacifico per l’impero romano.
TRAIANO 98/117 d.C: fu un buon principe energico e realista.
- Riformò l’amministrazione dello stato e dei municipi
- Risanò le finanze dell’erario (finanze dello Stato), in modo da poter attuare la bonifica delle
paludi pontine, la costruzione del foro, di un acquedotto e di una rete di strade
- Concesse ai piccoli proprietari italici prestiti a basso interesse (alimenta); gli interessi su tali
prestiti venivano usati per creare centri assistenziali pe rorfani o poveri
- POLITICA ESTERA: portò l’impero alla sua massima espansione territoriale.
 Condusse una serie di campagne contro i Daci, ricsvandone grandi quantità di oro e
schiavi; la Dacia divenne provincia romana e fu chiamata ROmania.
 In Oriente realizzò l’annessione dell’Arabia Petrea che permetteva di conrollare il
traffico commerciale in Oriente.
 Condusse diverse spedizioni contro Parti che portarono alla conquista di Seleucia e
Babilonia.
Nel 117 morì per edema polmonare in Cilicia ( Turchia) dopo aver indicato come successore
Adriano.
ADRIANO 117/138: era un uomo colto e raffinato, amante della cultura greca, infatti compì molti
viaggi in ogni angolo dell’impero romano per risolvere problemi locali ma anche per interesse
culturale. Atene fu una delle mete principali.
POLITICA ESTERA: a differenza di quella di Traiano, fu una politica difensiva e mirante alla
sicurezza, infatti rese stanziali i reparti dell’esercito sui confini. Un esempio di questa politica
difensiva fu il Vallo adrianeo, una lunga muraglia fatta costruire per proteggere il confine
delle province britanniche.
Solo nel domare la nuova rivolta scoppiata in Giudea Adriano fu spietato: la sollevazione fu
stroncata nel sangue e Gerusalemme fu punita cambiando nome e diventando Elia Capitolina.
POLITICA INTERNA: migliorò l’amministrazione dello Stato e della giustizia:
- stabilì compensi nei pubblici uffici
- fece redigere leggi comuni valide per tutti
Nonstante ciò il suo governo non riscosse grandi consensi in quanto dal popolo era ritenuto troppo
raffinato e moderno.
Quando morì adottò Antonino Pio.
ANTONINO PIO 138/ 161: fu definito Pio perché fu un sovrano preoccupato solo dell’interesse
collettivo, rispettoso del senato e delle tradizioni.
POLITICA ESTERA: proseguì la politica difensiva di Adriano costruendo in Britannia il secondo
Vallo, Vallo di Antonino.
POLITICA INTERNA: promosse iniziative di carattere umanitario; in campo giuridico introdusse
innovazioni ispirate a maggiore equità.
Morì nel 161 e fu seppellito nel Mausoleo di Adriano (castel Sant’Angelo). I suoi successori gli
dedicarono una colonna. I suoi successore furono Marco Aurelio e Lucio Vero.

MARCO AURELIO: 161/180d.C:


fu un imperatore colto e interessato alla filosofia stoica che propugnava un ideale di saggezza
basato sulla tranquillità d’animo e sul rispetto del dovere. Governò con Lucio Vero.
Lucio dovette partire pe runa unga guerra contro i Parti, in Mesopotamia; subito dopo, a seguito
delle invasioni dei barbari, Marco Aurelio fu costretto a partire per combattere sul fronte del
Danubio. Per celebrare le sue vittorie fu decisa la costruzione della colonna dinanzi a palazzo Chigi.
Si aggiunse la peste che dalla Mesopotamia giunse fino a Roma facendo migliaia di vittime. Nel
corso dei 19 anni di guerre incessanti i due imperatori dovettero ricorrere ad arruolare anche schiavi
germanici e dare fondo alle risorse dello stato.
Marco Aurelio morì di perste nel 180. Gli successe il figlio COmmodo.

COMMODO 180/192:
si rivelò diverso dal padre: sregolato, narcisista e violento. Non amava i campi di battaglia e si
affrettò a concludere la pace con i Quadi e Marcomanni e rientrò a Roma in trionfo. COmmodo
voleva essere come Nerone, l’imperatore della plebe romana: si esibiva nell’arena vestito di una
pelle di leone per dare la caccia alle belve, prosciugando le casse dello stato.
Con l’arrivo della peste si creò una profonda crisi economica e militare dovuta anche
all’aggressione di nemici esterni come i Parti in Oriente e i Germani. Eppure commodo abbandonò
a se stessa l’amministrazione dello stato dedicandosi alla cura della sua persona.
Così facendo il senato complottò più volte nei suoi confronti fino al 192, quando venne assassinato
da alcuni senatori e dalla sua concubina Marcia.

DINASTIA DEI SEVERI: SETTIMIO SEVERO, CARACALLA,MACRINO, ELAGABALO,SEVERO ALESSANDRO


SETTIMIO SEVERO 193/211: nacque in Africa . fece entrare in senato i ceti dirigenti delle
province orientali e africane.
Adottò una serie di provvedimenti a favore dell’esercito: aumentò le paghe dei soldati, istituì
premi straordinari per i meritevoli, estese il reclutamento dei legionari nei bassi strati sociali, diede
ai soldati la possibilità di vivere con le proprie famiglie vicino ai campi militari.
Si dedicò allo sviluppo delle province dell’Africa. Proseguì nelle opere di riforma giuridica: varò
una norma che dichiarava non valide le confessioni estorte a uno schiavo con la tortura.
Fu tollerante in campo religioso e introdusse a Roma x la prima volta i culti orientali.
POLITICA ESTERA: riprese la lotta contro i Parti e partì pe rla Britannia insieme ai suoi figli
Caracalla e Geta, dove morì.
CARACALLA: dopo aver eliminato il fratello Geta, continuò la politica del padre.
Emanò l’editto di Caracalla= estese la cittadinanza romana a tutti i cittadini dell’impero,
includendo le periferie, allargando la base fiscale e la possibilità di reclutare forze militari.
Iniziò i lavori per la costruzione delle Terme di Caracalla.
Organizzò una grandiosa spedizione in Oriente, ma la sua condotta fu così disastrosa che nel 217 fu
fatto uccidere.
MACRINO: regnò solo un anno 217/218 e fu fatto giustiziare come usurpatore.
ELAGABALO: rafforzò la presenza dei culti orientali nella corte di Roma; inoltre dichiarò di non
amare i campi di battaglia e durante il suo governo fu infruenzato da sua madre Soemia, vera
padrona dello stato. Fu ucciso dai pretoriani insieme alla madre.
SEVERO ALESSANDRO: abolì i culti orientali e ripristinò il prestigio del senato.tuttavia la sua
irresolutezza nella lotta contro i barbari gli alienarono il consenso perfino dell’esercito. Fu proprio
quest’ultimo a ribellarsi e a sancire la fine di Alessandro Severo nel 235.

DIOCLEZIANO:
la fine della dinastia dei Severi aprì un periodo di Anarchia militare: erano infatti i soldati a
proclamare gli imperatori, sperando di ottenere privilegi. Se poi il primcipe non manteneva quanto
promesso, veniva eliminato. Nel frattempo le pressioni dei barbari si fecero sempre più minacciose.
Si aggiunse anche la gravante della crisi economica che determinò la crisi dei piccolo proprietari e
quindi la fuga dalle campagne. Per cui in questo periodo si susseguirono una serie di imperatori che
governarono per pochissimo tempo.
Fino ad arrivare a Diocleziano, nato da una famiglia di umili origini. Nel 284 fu acclamato
imperatore mettendo fine alle lotte dinastiche. Si rese subito conto che un impero così vasto non
poteva essere governato da un solo re , per questo associò un abile generale, Massimiano, a cui
affidò il governo d’Occidente.
Nel 293 varò un nuovo sistema di governo, la tetrarchia, cioè governo a 4 in cui il potere veniva
diviso tra i due imperatori augusti. Diocleziano scelse il generale Galerio, mentre Massimiano
Costanzo Cloro. Dopo vent’anni i due imperatori avrebbero dovuto abdicare e lasciare il posto ai
loro cesari, in questo modo si sarebbero evitate lotte dinastiche. Per essere più vicini alle aree
maggiormente esposte a minacce esterne, ciascun tetrarca scelse un luogo diverso. Diocleziano
scelse Nicomedia, in Asia minore, Massimiano Milano, GAlerio SIrmio e Costanzo Treviri sul
Reno.
Nella tetrarchia Diocleziano assunse un ruolo predominante. Tanto da essere considerato di origine
divina.
Nel 303 emanò un editto di persecuzione dei cristiani, considerati una minaccia perché non
riconoscevano la religione romana ufficiale.
Modificò la struttura dell’esercito romano: furono creati reparti stanziati nelle città principali. Si
trattava di un esercito mobile (compagnia). Si trattava delle truppe migliori e meglio equipaggiate.
Lungo la frontiera invece, venne posto l’esercito di confine, costituito da limitanei, arruolati tra i
proprietari terrieri delle zone di confine. Per finanziare l’esercito, avviò una riforma fiscale. Essa
prevedeva un censimento della popolazione dell’impero; parallelamente venne realizzato un catasto,
cioè un inventario delle terre coltivabili, la loro estensione e il numero dei contadini che vi
lavoravano. Sulla base di quanto acertato, vennero introdotte:
-l’imposta fondiaria
-l’imposta personale:
Col tempo la pressione fiscale divenne gravosa per la popolazione cosi’ DIocleziano emanò l’editto
dei prezzi, con il quale impose valori massimi dei salari e dei prezzi a cui potevano essere
venduti i prodotti. I trasgressori venivano puniti con la pena di morte.
Molti cominciarono ad abbandonare le lor attività per sfuggire al fisco. Questa situazione rischiava
di mettere in crisi il sistema di raccolta delle imposte. Per questo impose l’ereditarietà dei
mestieri, cioè la proibizione di cambiare mestiere.
Nel 305 Diocleziano abdicò e morì nel 303. Ricominciarono le lotte per la conquista del trono im
quanto anche gli altri tetrarchi abdicarono.

COSTANTINO
Figlio di Costanzo Cloro, cominciò la sua carriera militare durante il governo di Diocleziano.
A Roma i pretoriani elessero imperatore Massenzio. Lo scontro tra Costantino e quest’ultimo fu
inevitabile. Fino al 312 quando Costantino lo sconfisse nella battaglia di Ponte Milvio. Ora
l’impero si trovava a essere gocernato da due augusti: Costantino regnava sull’occidente, Licinio
sull’Oriente. Secondo una tradizione leggendaria, Dio sarebbe apparso in sogno a Costantino
prima della battaglia di Ponte Milvio dicendo di apporre sugli scudi la croce per ottenere la vittoria.
Per questo si convertì al cristianesimo emanando l’editto di Milano o editto di tolleranza, oltre a
riconoscere la libertà di culto, l'editto di Milano determina l'obbligo di restituire tutti i luoghi,
beni e possedimenti in precedenza acquistati, requisiti o tolti ai cristiani durante il lungo
periodo delle persecuzioni. Costantino considerava la religione cristiana un potente strumento di
governo, così le Chiese furono ricostruite ( ad esempio San Pietro) ed esentate dal pagamento delle
tasse.
In campo amministrativo:
- Mantenne le 12 diocesi create da Diocleziano e le raggruppò in 4 grandi prefetture: quella
d’Oriente, d’Italia, delle Gallie e d’Africa.
- In campo militare: Capo supremo dell'esercito è l'imperatore. Sotto di lui 4 magistri militum,
col comando militare di una prefettura e ai suoi ordini un magister equitum e un magister
peditum e un certo numero di duces i quali avevano il comando territoriale di specifici tratti
di frontiera provinciale.
- istituì la carica del quaestor sacri palatii, incaricato di redigere leggi e responsi e di regolare
le alte carriere militari
- Accanto alla carriera civile c’era anche quella ecclesiastica in quanto Costantino aveva
provveduto ad assegnare poteri giurisdizionali ai vescovi.
- Introdusse una riforma monetaria: fece coniare il solidus d’oro, la moneta sostituì l'aureo
come principale moneta d'oro dell'Impero Romano.
Costantino e Licinio però perseguivano linee politiche diverse in quanto il primo era a favore dei
cristiani mentre il secondo dei pagani. Nacque così uno scontro tra i due il 18 settembre 324 che
vide la sconfitta di Licinio nella battaglia di Crispoli in Asia Minore. Così Costantino rimase
l’unico padrone dell’impero e la tetrarchia cessava di esistere. Divise l'impero tra i figli
assegnando a Costantino II Gallia, Spagna e Britannia, a Costanzo II le province asiatiche, l'Oriente
e l'Egitto e a Costante I l'Italia, l'Illirico e le province africane.
Egli fondò una nuova capitale, Costantinopoli, a Bisanzio nel 330. Il luogo venne scelto come
capitale nel 324 per le sue eccezionali qualità difensive e per la vicinanza ai minacciati confini
orientali e al danubiani. Inoltre, consentiva a Costantino di sottrarsi all'influenza invadente,
degli aristocratici presenti nel Senato romano, che tra l'altro erano per lo più ancora di
religione pagana, a differenza dell'imperatore. La creazione di una nuova capitale era necessaria
per fronteggiare il regno dei Persiani, ma allo stesso tempo era una presa d’atto che la parte più
importante dell’impero fosse l’Oriente.
Morì nel 337 e preferì non nominare un unico erede, ma dividere il potere tra i suoi tre figli cesari
Costante I, Costantino II e Costanzo II e due nipoti Dalmazio e Annibaliano.

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