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L
a presenza di intelligenze extraterrestri che periodicamente
visitano il nostro pianeta è ormai scientificamente provata.
Negli ultimi sessant’anni sono stati documentati almeno
150.000 eventi per i quali ogni ipotesi di spiegazione
“convenzionale” non si è rivelata valida. Eppure sono in molti
ancora a non credere alla teoria extraterrestre, anche perché le
autorità politiche e militari continuano a mettere in campo una
strategia di discredito. In questo libro Roberto Pinotti, il maggiore
esperto di ufologia italiano, fa il punto su sei decenni di analisi
del fenomeno, aprendo una finestra sulle prospettive future a
livello sociopolitico. Si sofferma soprattutto sulla “congiura del
silenzio” e sulla “strategia della confusione” messa in atto per
ragioni di ordine pubblico attraverso l’intelligence dalle grandi
potenze, timorose delle conseguenze del “fattore contatto”, che
bollano come fantasie le evidenze scientifiche relative alla
presenza di alieni.
L’autore
Premessa
In questi ultimi centosessant’anni sono apparsi in successione e con un
ritmo di crescente e rapida diffusione due tipi di manifestazioni, due
fenomenologie ben diverse tra loro, ma ambedue talmente
interessanti, controverse e soprattutto affascinanti da dividere
l’opinione pubblica in due atteggiamenti opposti: è tutto vero, è tutto
falso! Si tratta della parapsicologia (chiamata per lungo tempo
“metapsichica”) e della ufologia. Non sorprenda l’accostamento; esso
si riferisce soltanto alle reazioni, ai comportamenti del pubblico di
fronte ai due tipi di fenomeni e non ai loro contenuti, ovviamente del
tutto diversi e separati da un secolo.
Per quanto concerne lo spiritismo, pratica di cui si hanno
testimonianze da millenni, nel 1847 con le sorelle Fox a Hydesville
(New York) esso ebbe un impulso tutto speciale e si diffuse
rapidamente in vari paesi. Ai fenomeni di tale natura fu data
pressoché subito, anche da scienziati, una spiegazione: le anime dei
disincarnati, cioè dei defunti, ne sono la causa; ed ecco così l’ipotesi
spiritica alla quale i teologi opposero ben presto quella demoniaca.
Erano ricorsi all’aldilà gli scienziati, e non si poteva pretendere che i
teologi pensassero a un’ipotesi naturale.
Solo verso la fine del XIX secolo si ebbero i primi tentativi di una
spiegazione naturale, che andarono aumentando e divennero sempre
più plausibili e consistenti nella loro scientificità grazie al sorgere di
varie società: una prima, la Società di ricerche psichiche, nasceva in
Inghilterra nel 1882; due anni dopo, nel 1884, sorgeva negli Stati Uniti
la American Society for Psychical Research. Nel 1888 Richet e Marillier
diedero vita alla Societé de psychologie physiologique e nel 1901
Marzorati fondava in Italia la Società di studi psichici.
Fu Charles Richet a dare alla nuova scienza il nome di
“metapsichica” e a scrivere un voluminoso Traité de métapsychique,
pubblicato nel 1922; egli, già dal 1919, era presidente dell’Institut
métapsychique international.
Voglio comunque ricordare anche la scuola americana della Duke
University in Durham, nella Carolina del Nord, con a capo il grande
professor J.B. Rhine, che specie con il suo libro I poteri dello spirito
diede una svolta fondamentale allo studio della metapsichica. Mi sia
consentito di citare un ultimo nome: il professor Emilio Servadio, che
mi fu guida e maestro nel misterioso e interessantissimo mondo della
ricerca psichica.
Lo stesso atteggiamento dell’opinione pubblica, come accennavo
all’inizio, si ha da qualche decennio nei riguardi della ufologia: anche
in questo caso la gente si divide in due opposti atteggiamenti: è tutto
vero, è tutto falso!
Si comincia a parlare di UFO esattamente cento anni dopo le sorelle
Fox, sempre negli Stati Uniti: è il 24 giugno 1947 e al pilota Kenneth
Arnold si fa risalire la prima segnalazione riferita dalla stampa.
Essendo il mio approccio di carattere teologico, uso qui la sigla UFO
(Unidentified Flying Objects, “oggetti volanti non identificati”) in un
senso più ampio o, meglio, più completo, comprendendovi il possibile
riferimento a esseri di altri pianeti in visita alla Terra.
Scopo del mio intervento è quello di sottolineare come ormai, nel
fenomeno UFO , qualcosa di vero debba esservi e come ciò non
contrasti minimamente con la religione cristiana.
Questo libro tenta di fare il punto più aggiornato sul tema degli UFO a
sessant’anni dalla sua prima eco sulla stampa (il 24 giugno 1947 in
USA , grazie all’avvistamento del pilota privato Kenneth Arnold). E lo
fa senza troppi preamboli ed entrando nel cuore del problema,
riprendendo discorsi ormai arcinoti e quasi scontati a livello di
pubblica opinione e che d’altronde chi scrive ha proposto inizialmente
nel 1974 col best seller UFO : la congiura del silenzio e poi ripreso e
ampliato, nel 1994, con l’ancor più fortunato e diffuso UFO : Top Secret.
Non è ormai più questione di credere o no: infatti il fenomeno esiste,
resiste e persiste sempre e dovunque, a dispetto di qualsiasi obiezione
o spiegazione di comodo, e perfino gli scettici ne ammettono la realtà.
Ed è, prima che una questione storica e tecnico-scientifica, un delicato
problema politico-militare e di intelligence, ormai parte integrante
degli Arcana Imperii. Come ha rilevato il professor Federico Di
Trocchio, docente di Storia della scienza all’Università di Lecce, la
scienza non ha prestato sufficiente attenzione al tema degli UFO
perché, in nome dell’ordine pubblico e della ragion di Stato, esso è
stato ovunque oggetto di massimo riserbo, con relativa secretazione
dei dati da parte di militari e Servizi segreti. Che hanno così depistato
e ingannato l’opinione pubblica (e anche gli scienziati) screditando i
testimoni, falsificando i fatti, imponendo il silenzio e facendo
disinformazione per evitare il diffondersi nelle masse di timori,
allarmismi, sfiducia nelle autorità e reazioni psicosociologiche di
difficile controllo. Ci sono abbastanza elementi per la più stimolante
spy story. Solo che la fiction non c’entra, perché è tutto vero.
E tant’è.
Notoriamente, l’ufologia non è una scienza, bensì lo studio
scientifico interdisciplinare dei fenomeni UFO, indicati come tali a
livello mediatico dal 1947 ma noti anche in precedenza.
Fenomeni fisici, strumentalmente rilevati e quantificabili, sotto
controllo intelligente e di matrice tecnologica, di cui si parla da quasi
sei decenni, e di fronte alla enorme massa dei quali (più di un milione
di segnalazioni con oltre 150.000 eventi documentati) sono cadute una
dopo l’altra tutte le ipotesi “convenzionali”: quella di mezzi volanti
tradizionali male osservati e interpretati, quella di fenomeni fisici
atmosferici e astronomici, quella psicologica e quella di un’arma
segreta. Per dare sempre maggiore spazio e consistenza all’origine
allogena, ovvero estranea al nostro mondo, di tale fenomeno
intelligente: la Extra-Terrestrial Hypothesis (ETH ) o “ipotesi
extraterrestre”. Piaccia o no.
Un pericolo insidioso
Nello stesso periodo, fra gli anni Ottanta e Novanta, un nuovo
pericolo, insidioso e sottile, si profila con il manifestarsi di un diverso
“approccio” all’ufologia: la teoria sociopsicologica, screditante forma
di debunking strisciante tesa a negare non solo la teoria extraterrestre
ma anche l’oggettività del fenomeno e a farlo ritenere solo un “mito”.
Tanto più pericolosa in quanto fenomeno interno alla comunità
ufologica, generato da insoddisfazione e incapacità di trovare precise
risposte in una situazione di stallo e caratterizzata da troppi
interrogativi. Vera e propria micidiale “quinta colonna” scettica e
negativa, che si è manifestata in parecchi paesi (Francia, Italia, Spagna,
Germania, Inghilterra, Argentina). A tali neoufologi agnostici va
ascritta la grave responsabilità storica della speciosa frammentazione
“ideologica” e di conseguenza dell’indebolimento del fronte militante
e della ricerca attiva nel settore: un risultato che gli stessi Servizi
segreti USA , che negli anni Settanta avevano ad esempio neutralizzato
il pericoloso NICAP infiltrando loro agenti nella logica del divide et
impera fino a controllarlo del tutto, non avrebbero saputo ottenere in
modo migliore, tanto che si è pensato a un deliberato “cavallo di
Troia” della CIA che avrebbe abilmente strumentalizzato a distanza i
“dissidenti” neoufologi. Brillanti enfants prodiges caduti così nella
perversa trappola del proprio ego. E giungiamo così agli anni
Novanta, con informazioni in buona parte inquinate dalla
controinformazione governativa USA quali quelle sul caso Guardian, le
nuove documentazioni sul Majestic-12 e i fatti di Gulf Breeze; ma
anche con il montare del fenomeno dei crop circles o “cerchi nel grano”
dall’Inghilterra ad altri paesi, e con le “ondate” in Russia, Belgio,
Messico e Brasile, il rilascio di documenti del KGB dell’ex URSS da me
divulgati previa informativa agli organismi di Stato e di governo
italiani, il controverso Santilli Footage sull’autopsia di due presunti
alieni ancora tutto da chiarire, l’iniziativa ufficiale mancata del
Parlamento europeo portata avanti dal fisico Tullio Regge, il
coinvolgimento dello psichiatra di Harvard John Mack nello studio
delle abductions, il sostanziale allineamento dei sostenitori della teoria
sociopsicologica a organismi dichiaratamente scettici o addirittura
antiufologici (quali il CSICOP statunitense, Alternativa Racional in
Spagna e il CICAP in Italia) e la più recente tendenza manifestata in
Europa dalle autorità militari in Spagna, Belgio, Svizzera, Inghilterra,
Finlandia e Italia (e, fuori dell’ambito NATO ed europeo, anche in
Francia, in Cina, nell’ex URSS , in Cile, in Uruguay, a Cuba, in Messico e
in Brasile) ad “aprire” i dossier militari sugli UFO agli atti presso i
rispettivi ministeri della Difesa.
Nel contempo, vari personaggi legati all’intelligence USA (i
cosiddetti “rivelatori”, dall’ex agente della CIA John Lear
all’autorevole colonnello Philip Corso) emergono rivelando presunti
dati top secret sul cover up (“insabbiamento”) governativo relativo agli
UFO e agli alieni. Tutte cose non sempre verificabili, ma in parte anche
concrete e importanti, messe a fuoco nel corso degli ultimi quindici
anni dai simposi mondiali sugli UFO da me coordinati con il governo
di San Marino, che hanno tra l’altro visto autenticare documenti
storici confermanti la realtà di un primo studio ufficiale del problema
in Italia negli anni Trenta, in pieno Ventennio: il Gabinetto RS /33 (RS
sta per “ricerche speciali” e 33 indicherebbe l’anno della costituzione)
formalmente presieduto da Guglielmo Marconi e voluto dal capo del
governo per studiare e replicare la tecnologia dei VNC o Velivoli non
convenzionali (come il fascismo chiamava gli UFO ) di forma tonda
segnalati dalla regia aeronautica sull’Italia del Littorio e che gli italiani
credevano armi segrete della Francia oppure dell’Inghilterra o magari
della Germania (ovviamente non lo erano affatto, e gli studi teorici
sulla superaviazione portati avanti in Italia con fini di retroingegneria
furono poi ereditati nel 1944-1945 dai nazisti, che nel frattempo erano
riusciti a convincere il Duce che i VNC erano una loro arma,
concorrendo così alla decisione di Mussolini di entrare in guerra al
loro fianco). Tutto questo in un clima di generale interesse di pubblico
nei confronti del problema e delle questioni a esso connesse, dominato
dalle nostre iniziative a livello editoriale (riviste, libri, video,
collezionabili) e anche politico (al Parlamento italiano, fra il 1978 e il
1984, e al Parlamento europeo, fra il 1994 e il 2004). In USA è stimato in
almeno il 53 per cento degli adulti (dato pressoché speculare per
l’Italia) il consenso, ormai maggioritario, attribuito dalla gente
all’argomento. E nel 2000, al simposio mondiale di San Marino, lo
stato maggiore dell’aeronautica militare italiana fa relazionare su mio
invito il responsabile del Reparto generale sicurezza in uniforme sui
casi ufficiali di UFO in Italia. Sempre più accettato, l’argomento pare
ormai definitivamente uscito dal guado che ha attraversato durante
gli ultimi sei decenni, dunque. Nessuno – scettico prevenuto e non
documentato ovvero negatore d’ufficio in mala fede di una questione
annosa e scomoda – osa più negare la realtà del fenomeno e il
problema, infatti. Ma non è così semplice. La presenza sempre più
scomoda e innegabile degli UFO è in effetti una cosa; tutto un altro
conto sono i vari tipi di coinvolgimento delle autorità nella questione
in questi ultimi anni. Anche se chi scrive è accreditato e stimato nelle
sedi competenti, con alle spalle la direzione dell’enciclopedia
multimediale UFO dossier X, molteplici collaborazioni radiotelevisive
per le reti di RAI e Mediaset, TSI , La Sette e Telepadania, la direzione
delle riviste «UFO Notiziario» del CUN , «Archeomisteri» e «Gli Speciali
dei Misteri» per il Gruppo Editoriale Olimpia e una trentina di titoli
divulgativi a grande diffusione con traduzioni in inglese, spagnolo,
tedesco, rumeno e brasiliano. Nondimeno il pubblico ormai mi
conosce, mi riconosce per la consolidata immagine mediatica e
radiotelevisiva in particolare (dalle tante trasmissioni di
approfondimento giornalistico ai più vari programmi popolari di
intrattenimento dal 1967 in poi, presentati da noti personaggi e
anchormen come Enza Sampò, Dina Luce, Gianni Bisiach, Arnoldo
Foà, Maria Rosaria Omaggio, Giovanni Minoli, Lorenza Foschini,
Mino Damato, Giorgio Medail, Bruno Mobrici, Maurizio Costanzo,
Johnny Dorelli, Alessandro Cecchi Paone, Fabio Fazio, Catherine
Spaak, Roberto Giacobbo, Andrea Vianello e Claudio Brachino tanto
per citare soltanto alcuni dei più noti fra i tanti) e mi stima abbastanza,
e tanto è sufficiente per essere presi sul serio quanto basta com’è
giusto, anche se le autorità preferiscono da sempre fare lo gnorri per
non compromettersi con qualcosa che sanno anche se non capiscono
(o preferiscono non capire) appieno e che si pensa sia meglio tacere o
rimuovere in quanto solo fonte di problemi. Sul serio a tal punto che
ormai si constata un fattore prima impensabile: una volta i media
riportavano le notizie sugli avvistamenti e stava agli ufologi
verificarle in seconda battuta, com’è noto. Oggi Internet ha cambiato
tutto: in Italia come altrove la gente, giustamente consapevole del
fatto che i giornalisti, non sempre affidabili, usano e talvolta
strumentalizzano pro domo sua le notizie per fini editoriali, ha da
tempo preso a ignorare i media tradizionali quando si tratta di riferire
un avvistamento e preferisce rivolgersi direttamente agli ufologi più
noti e accreditati (che hanno il vantaggio di garantire a richiesta la
privacy e l’anonimato). Il risultato è che i tradizionali canali di
informazione vengono bypassati, e privilegiati così gli studiosi. Si
pensi che il sito Internet del Centro ufologico nazionale che ho l’onore
di presiedere (http://www.cun-italia.net), da sempre seguito dal
webmaster e segretario generale Vladimiro Bibolotti, ha registrato un
incremento esponenziale delle proprie visite, superando ogni migliore
previsione di crescita del numero degli utenti che vi accedono. Per
raggiungere e superare la fatidica e più che rispettabile soglia del
milione di visite ci sono infatti voluti sette anni fra la fine del 1998 e
quella del 2005, mentre nel solo 2006 è stato registrato un totale
superiore al 50 per cento delle precedenti visite: oltre mezzo milione!
Naturalmente il CUN può sempre essere contattato anche per lettera
presso il proprio Coordinamento nazionale gestito da Simona
Camiolo (Centro ufologico nazionale, C.P. 165, 52100 Arezzo). Sia per
via informatica sia per via postale si potrà così accedere alla rete locale
dei referenti e corrispondenti del Centro per il miglior seguito.
Osservatori o osservati?
Tutto ciò, peraltro, non sposta di un millimetro lo sconcertante
fenomeno delle “luci intelligenti”. Perché il punto nodale è proprio
questo. Secondo il fisico americano Rutledge della Southeast Missouri
State University, a suo tempo capofila del Project Identification, ci
troviamo di fronte a un fenomeno che dà ai suoi osservatori non già e
non tanto l’impressione di osservarlo, quanto piuttosto quella di
esserne a loro volta osservati. E se il fenomeno reagisce alle attività
degli osservatori, evidentemente, cade il carattere di casualità e
naturalità dell’evento, che manifesta al contrario componenti diverse:
quelle proprie di manifestazioni intelligenti. Il che ci riporta
direttamente e pesantemente, piaccia o no, al problema di fondo della
maggioranza delle segnalazioni ufologiche. Dietro il fenomeno, che
ormai nessuno scienziato degno di tal nome (anche il più scettico) ha
l’ardire di contestare oltre in quanto tale, si cela dunque, come chi lo
studia ormai da oltre mezzo secolo si chiede da tempo, una
intelligenza? Se è così, evidentemente, tutto ciò comporta l’intervento
di “altri”. Ed è dovere degli scienziati dare un volto a tali intelligenze
estranee. Nel 1999 si è appreso che la costa del lago Ontario, in
Canada, è interessata da misteriosi fenomeni luminosi. Per poter
identificare la natura di queste luci gli ufologi hanno lanciato il
Progetto Orbwatch, che consiste in continui appostamenti fotografici
nella zona e che ha già dato dei buoni risultati. Le luci, secondo
quanto comunicato da Peter Gersten del Citizens Against UFO Secrecy
(CAUS ), sarebbero principalmente di due tipi: luci notturne che si
muovono sorvolando la superficie del lago per poi immergersi in
acqua; luci diurne in grado di comparire dal nulla e di cambiare
continuamente forma, quota, dimensione e luminosità, apparendo a
tratti solide e a tratti eteree. Anche per personalità del Consiglio
nazionale nelle ricerche (CNR ) italiano, che per interesse personale si
sono documentate sul fenomeno che persiste a Hessdalen, in effetti ci
troviamo di fronte a qualcosa di sconvolgente. Se è infatti vero – come
è vero – che ad esempio all’invio di un segnale laser in direzione del
fenomeno osservato quest’ultimo è in grado di reagire “copiando” la
frequenza della luce inoltrata nella sua direzione e “rispedendola al
mittente” esterrefatto a suo piacimento, questo non solo vuol dire che,
opportunamente sollecitato, il fenomeno interagisce con l’osservatore
e gli risponde intelligentemente, ma anche che tutto ciò è al momento
assolutamente inesplicabile ed esula dalle nostre conoscenze della
fisica. Le nostre conoscenze della fisica, ripetiamo. Forse qualcun altro
ne sa di più. Nella prima metà degli anni Ottanta i nostri contatti con
vari ufficiali superiori dell’aeronautica militare italiana si sono
approfonditi pur in un clima, assolutamente personale e informale,
che imponeva ovvie regole da seguire. Quali? Quelle del tipo “voi
chiedete, e noi possiamo – se è il caso – dare in camera caritatis qualche
elemento in più”. In altri termini, voi venite a sapere di fenomeni non
riferiti alle autorità oggetto di vostre inchieste e ci passate il rapporto
di indagine del CUN . E magari insieme possiamo capire meglio. È su
questa base che si è mossa per anni la presidenza del Centro ufologico
nazionale, nella persona di Mario Cingolani. Rapporti che
ufficialmente non esistevano, ma che persistendo si rivelarono molto
importanti e istruttivi, mettendo informalmente a contatto una realtà
tecnica (seppur militare e secretata) con l’approccio volontaristico,
pragmatico e scientifico del CUN . Ma esemplifichiamo.
I fenomeni di Hessdalen
Così la valle di Hessdalen è diventata un vero laboratorio a cielo
aperto. Si studiano le perturbazioni magnetiche, le emissioni di onde
radio nella banda VLF (Very Low Frequency). Le strane luci sono
registrate anche attraverso una speciale telecamera, un sofisticato
radar e un piccolo ma efficacissimo telescopio, collegato a uno
spettrografo a bassa risoluzione. Le misure radio e ottiche vengono
strettamente correlate fra loro. L’impegno è quello di riuscire a
elaborare non solo ipotesi, ma una teoria definitiva su questo insolito
e incredibile fenomeno “ai confini della scienza”.
Nel cielo di questa valle della Norvegia appaiono, da oltre venti
anni, strani globi luminosi. Hanno un diametro che varia da pochi
centimetri a 20-30 metri. Possono emettere una luce intensa e
continua, simile a quella del Sole, o pulsante. Appaiono come sfere
perfette o, qualche volta, a forma di ellisse. Il loro colore varia dal
bianco intenso al giallo sfumato, dal rosso vivace all’azzurro
evanescente. Hanno un comportamento decisamente bizzarro:
possono sfrecciare nella valle a velocità superiore a quella del suono,
oppure rimanere immobili da alcuni minuti a qualche ora (anche se
raramente) a pochi metri dal suolo.
Qualcuno afferma che, quando toccano terra, l’erba diventa scura
come se fosse stata bruciata e sulla neve lasciano dei cerchi
concentrici, simili a quelli che appaiono nell’acqua quando si lancia un
sasso. Gli abitanti della valle hanno imparato, col tempo, a convivere
con queste misteriose luci che illuminano le loro lunghe e noiose notti
invernali. È un fenomeno intrigante e coinvolgente, che non si riesce
ancora a spiegare. È il fenomeno Hessdalen. La componente luminosa
di ciò che accade nel cielo di Hessdalen ha caratteristiche decisamente
variate. Le centinaia di avvistamenti degli ultimi vent’anni descrivono
luci di tutte le forme, generalmente globulari, dai contorni più o meno
netti. Appaiono a bassissima quota, in genere da sud, silenziosissime.
Si muovono a diverse velocità, si fermano istantaneamente, salgono
rapidamente in cielo e poi scartano lateralmente e scompaiono dalla
vista. Per riapparire magari qualche centinaio di metri più in là. Nel
1984, con un radar, fu possibile misurarne la velocità: 30.000
chilometri l’ora. Talvolta le sfere luminose mostrano un moto
pendolare o elicoidale, talvolta stazionano immobili per tempi
prolungati, sfiorando addirittura i tetti delle case.
Nel corso degli anni il fenomeno ha catturato l’attenzione di
centinaia di persone, dai cacciatori di UFO pronti a farsi trasportare in
galassie lontane a serissimi studiosi, come i ricercatori dell’Ostfold
College of Engineering di Sarpsborg in Norvegia e un gruppo di
ingegneri italiani del CNR di Medicina, il grande radiotelescopio vicino
a Bologna. Le due squadre hanno dato vita al Progetto Embla, un
gruppo di ricerca il cui scopo è lo studio, mediante sofisticati ricevitori
radio e spettrometri, del comportamento elettromagnetico dei
fenomeni luminosi di Hessdalen. L’Italia è all’avanguardia in questa
ricerca. L’ingegnere Stelio Montebugnoli, dirigente tecnologo della
stazione radioastronomica del CNR di Medicina e principale
propugnatore del Progetto SETI in Italia, ha messo a punto un piano di
collaborazione con l’Università di Sarpsborg; e seduto alla sua
scrivania sfoglia con noi un’agenda dalla copertina consumata: il suo
“libro di bordo” della missione svolta in Norvegia nell’estate del 2000.
Vi curiosiamo a caso.
5 agosto. Questa sarà una notte da ricordare, non solo per il vento
gelido e per la temperatura che si aggira intorno ai due gradi. Da un
punto di osservazione all’ingresso della valle vediamo chiaramente,
a occhio nudo e per ben cinque volte consecutive, una sfera
luminosa accendersi e spegnersi per poi spostarsi a gran velocità. Le
apparecchiature, che funzionano automaticamente, segnalano
l’avvistamento e la telecamera dei norvegesi registra le immagini
con straordinaria fedeltà.
6 agosto. Il mio collega Jader Monari riesce a riprendere, con una
telecamera digitale, un globo luminoso che si muove velocemente in
modo irregolare dall’altra parte della valle. Non è un incontro molto
“ravvicinato”, ma mi emoziono…
9 agosto, ore 00.12. La nostra tenacia viene premiata. In cielo, sul
crinale nero delle alture di fronte, appare una grande luce dai
contorni sfumati, che si dissolve nel nulla dopo pochi istanti.
Mentre ci scambiamo eccitate esclamazioni di meraviglia, la luce
riappare spostata, all’interno di una piccola valle incassata fra i
monti. È un grande globo luminosissimo. La parte centrale, di un
bianco accecante, è circondata da un’aura azzurra. Rimane nella
stessa posizione per circa sessanta secondi, poi all’improvviso si
dissolve nell’oscurità. Secondo le nostre stime, potrebbe essere
passata circa a un chilometro da noi.
20 agosto, ore 01.00. Incredibile! Una sferetta di circa trenta
centimetri di diametro con un sibilo assordante sfiora me e Massimo
Teodorani per poi fermarsi per ben dieci minuti a due metri dal
suolo dietro una piccola betulla a meno di cinquanta metri da noi!
Massimo la fotografa senza problemi e la osserviamo con un
semplice binocolo e un visore notturno Tasco. Sembra quasi il
regalo d’addio di questo magico cielo…
E da allora lo spettacolo continua, scientificamente monitorato.
Il Rapporto Condon
Sei mesi dopo, il 7 ottobre, l’USAF e l’Università Boulder del Colorado
annunciavano congiuntamente l’inizio di una indagine scientifica
sugli UFO , che l’Università del Colorado, su finanziamento dell’Ufficio
ricerche scientifiche dell’USAF , si accingeva a intraprendere. La
polemica pubblica, e non i dati raccolti – rileva l’Encyclopædia
britannica –, portava finalmente a una indagine scientifica.
Ironicamente, come se quasi venti anni di segnalazioni e di polemiche
non avessero risolto tale questione di fondo, l’équipe dell’Università
del Colorado diretta dal fisico dottor Edward U. Condon si trovò a
dover affrontare, nel 1966, la stessa questione che l’USAF si era posta
nel 1947 quando ebbero inizio le indagini: stabilire cioè se esistesse o
no il problema degli oggetti volanti non identificati. Il contratto
stipulato nel 1966 fra l’USAF e l’Università del Colorado prevedeva
anche la collaborazione del NICAP , una grande organizzazione civile
che contava migliaia di membri e che da anni si occupava seriamente
del problema. Dopo circa un anno di intese cordiali in cui sia Condon
che il suo vice dottor Robert Low, coordinatore del Progetto,
definivano le relazioni col NICAP con aggettivi come «eccellenti», si
registrarono i primi screzi. Questo avvenne nel settembre del 1967,
quando il dottor Condon si lasciò sfuggire alcune dichiarazioni dalle
quali trapelava uno scetticismo preconcetto, quasi un larvato
disprezzo verso l’intera questione degli UFO . Le cose precipitarono
qualche mese più tardi. Il capo del NICAP , maggiore Donald E.
Keyhoe, venne infatti a sapere che Condon non aveva condotto una
sola indagine sulla scorta del copioso materiale fornitogli dal NICAP .
La rottura si ebbe l’8 febbraio 1968, quando Condon e Low
allontanarono dalla équipe due colleghi, i professori Saunders e
Levine, con l’accusa di «incompetenza». Pure, l’Encyclopædia britannica
menziona il dottor David Saunders, professore di psicologia
all’Università del Colorado e decano dei componenti dell’équipe,
come uno che «ha compilato migliaia di schede di segnalazione di UFO
onde ricavare dei campioni modello dalla massa dei dati disponibili
attraverso un computer»; ben difficilmente, dunque, si poteva parlare
di «incompetenza» di David Saunders. In effetti, la decisione di
Condon e di Low era motivata da ben altro. Saunders e Levine, infatti,
avevano fornito al NICAP la fotocopia di un esplosivo memoriale che
Low aveva scritto il 9 agosto 1966, e cioè anteriormente alla firma del
contratto fra l’USAF e l’Università del Colorado. Il documento,
pubblicato dal periodico «Look», rivelava senza mezzi termini lo
scetticismo di fondo dei futuri responsabili del progetto sul problema
degli UFO e, pertanto, sulla stessa indagine che si stava per avviare.
Scriveva infatti Low: «Per poter intraprendere un simile progetto,
occorre che a esso ci si accosti in maniera oggettiva. Bisogna cioè
ammettere la possibilità che gli UFO esistano. E non è rispettabile dare
una seria considerazione a tale possibilità. Chi vi crede, in altre parole,
rimane come compromesso […]; l’ammettere tale possibilità ci
porrebbe dunque, per così dire, “dall’altra parte”, e noi perderemmo
molto più prestigio in campo scientifico di quanto forse non ne
potremmo guadagnare affrontando le indagini […]».
Seguivano le proposte personali di Low: «Lo studio dovrebbe
essere condotto quasi esclusivamente da scettici che, pur non potendo
forse pervenire a dei risultati negativi per quanto riguarda tali
indagini, potrebbero e dovrebbero contribuire a escludere la realtà
delle osservazioni […] Il trucco» continua piuttosto cinicamente il
memoriale «consisterebbe nel descrivere il progetto in modo che, pur
apparendo al pubblico come uno studio del tutto obiettivo, presenti al
mondo scientifico l’immagine di un gruppo di scettici che facciano del
loro meglio per essere obiettivi pur senza certo attendersi di trovare
un “disco”».
A: Comitato politico
novembre 1990
Un documento sconcertante
Nel 1987 il mondo degli addetti ai lavori dell’ufologia fu scosso da
una notizia bomba dagli USA : un dossier di documenti
apparentemente caratterizzati da classificazione di segretezza al
massimo livello era stato fatto pervenire da una fonte anonima al
ricercatore Jaime Shandera, che con il collega William Moore si era
quindi successivamente impegnato a verificarne i contenuti.
I documenti (cinque pagine, con riferimenti e allegati) erano a dir
poco scottanti. Essi rivelavano l’esistenza di una struttura
supersegreta, una sorta di governo ombra permanente composto di
dodici persone ai massimi livelli governativi, impegnato nello studio e
nella gestione delle informazioni riferite agli UFO fino dai tempi della
presidenza Truman: il cosiddetto Majestic-12, appunto.
Ma, più di ogni commento, vale la lettura dei documenti stessi.
PAGINA UNO
Segretissimo/Majic
Solo in visione – Informazioni di sicurezza nazionale
Segretissimo
Documentazione di rapporto, operazione Majestic-12, preparata per
il presidente eletto Dwight D. Eisenhower (solo in visione)
18 novembre 1952
ATTENZIONE : questo è un documento segretissimo – SOLO IN
VISIONE contenente informazioni variamente suddivise essenziali
alla sicurezza nazionale degli Stati Uniti. L’accesso solo in visione al
materiale allegato è strettamente limitato a quanti possiedono il
livello di segretezza Majestic-12. La riproduzione in qualunque
forma o la trascrizione scritta e meccanica di note è rigorosamente
vietata.
Solo in visione
Segretissimo T52–ESENTE
Segretissimo/Majic – Solo in visione
PAGINA DUE
Segretissimo/Majic – Solo in visione – Segretissimo
Oggetto: Rapporto preliminare dell’operazione Majestic-12 per il
presidente eletto Eisenhower.
Documento preparato il 18 novembre 1952
Ufficiale addetto alla riunione: amm. Roscoe H. Hillenkoetter (MJ -1 )
NOTA : questo documento è stato preparato solo in qualità di
rapporto preliminare. Dovrebbe pertanto essere considerato
introduttivo a un rapporto pienamente operativo che gli dovrà far
seguito. L’operazione Majestic-12 è un’operazione SEGRETISSIMA di
Ricerca e Sviluppo/Intelligence rispondente direttamente ed
esclusivamente al presidente degli Stati Uniti. Le operazioni del
progetto sono condotte sotto il controllo del Gruppo Majestic-12
(Majic-12) che è stato costituito con ordine esecutivo speciale e
classificato dal presidente Truman il 24 settembre 1947, su
raccomandazione del dottor Vannevar Bush e del segretario alla
Difesa James Forrestal (vedi all. A). I membri designati del Gruppo
Majestic-12 furono i seguenti:
amm. Roscoe H. Hillenkoetter
dr. Vannevar Bush
segr. James V. Forrestal
gen. Nathan F. Twining
gen. Hoyt S. Vandenberg
dr. Detlev Bronk
dr. Jerome Hunsaker
Sidney W. Souers
Gordon Gray
dr. Donald H. Menzel
gen. Robert M. Montague
dr. Lloyd V. Berkner
La morte del segretario Forrestal il 22 maggio 1949 creò un vuoto
nel gruppo che perdurò fino al 1º agosto 1950, data in cui il generale
Walter B. Smith venne designato a sostituire permanentemente lo
scomparso.
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PAGINA TRE
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Il 24 giugno 1947 un pilota civile in volo sulle montagne Cascade
nello Stato di Washington osservò nove aeromobili a forma di disco
procedenti in formazione ad alta velocità. Sebbene questo non fosse
il primo avvistamento noto di tali oggetti, fu il primo a ottenere una
diffusa attenzione da parte dei mezzi di pubblica informazione.
Seguirono centinaia di rapporti di avvistamento di oggetti simili.
Molti di questi venivano da fonti militari e civili altamente credibili.
Tali rapporti portarono all’impegno indipendente di vari e diversi
elementi delle forze armate per accertare la natura e gli scopi di
questi oggetti negli interessi della difesa nazionale. Parecchi
testimoni furono intervistati e vi furono diversi tentativi senza
successo di utilizzare degli aerei al fine di inseguire in volo i
“dischi” segnalati. Le reazioni del pubblico rasentavano talvolta
l’isterismo collettivo.
Nonostante tali sforzi, di sostanziale si era appreso assai poco su
questi oggetti finché un allevatore non segnalò che uno di essi si era
schiantato in una remota regione del New Mexico situata
approssimativamente a 75 miglia a nordovest della base aeronautica
dell’esercito di Roswell (oggi Walker Field). Il 7 luglio 1947 ebbe
inizio un’operazione segreta per assicurare il recupero dei rottami
di questo oggetto ai fini di uno studio scientifico. Nel corso di tale
operazione, la ricognizione aerea della zona scoprì che quattro
piccoli esseri dall’aspetto umano erano stati apparentemente espulsi
dal mezzo volante a un certo punto, prima che esplodesse. Essi
erano caduti a terra circa due miglia a est rispetto al luogo
dell’impatto. Tutti e quattro erano morti e notevolmente decomposti
in conseguenza dell’azione di animali predatori e dell’esposizione
agli agenti esterni durante il periodo di tempo di quasi una
settimana che era trascorso prima della loro scoperta. Un gruppo
scientifico speciale ebbe l’incarico di rimuovere tali corpi per
studiarli (vedi all. C).
I rottami dell’oggetto furono anch’essi rimossi con varie e diverse
destinazioni (vedi all. B). Testimoni civili e militari in zona furono
interrogati, e ai giornalisti fu fornita una storia di copertura secondo
cui l’oggetto sarebbe stato un pallone per ricerche meteorologiche
finito fuori rotta.
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PAGINA QUATTRO
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Un impegno analitico riservato, organizzato dal generale Twining e
dal dottor Bush operanti agli ordini diretti del presidente, portò alla
concorde conclusione in via preliminare (19 settembre 1947) che il
“disco” era molto probabilmente un velivolo da ricognizione a corto
raggio. Tale conclusione era fondata per la maggior parte sulle
dimensioni dell’oggetto e sull’apparente mancanza a bordo di
qualsiasi tipo di provviste identificabili (vedi all. D). Una analisi
simile dei quattro occupanti morti fu effettuata dal dottor Bronk. A
livello di congettura, la conclusione di questo gruppo è stata (30
novembre 1947) che, sebbene tali creature siano di aspetto simile
all’uomo, i processi biologici ed evolutivi alla base del loro sviluppo
siano stati apparentemente del tutto diversi da quelli osservati o
postulati nel caso dell’Homo sapiens. Il gruppo del dottor Bronk ha
suggerito di adottare, quale termine di riferimento standard da
assegnare a tali creature fino a quando non sia possibile concordare
una denominazione più definitiva, l’espressione “entità biologiche
extraterrestri” (o EBE ). Dal momento che è praticamente certo che
tali ordigni non provengono da nessun paese della Terra, si è
notevolmente speculato sulla questione chiave di quale sia il loro
luogo di origine e di come possano arrivare qui. Il pianeta Marte è e
resta una possibilità, sebbene alcuni scienziati, e in particolare il
dottor Menzel, considerino molto più probabile che ci si trovi di
fronte a esseri originari addirittura di un altro sistema solare.
Numerosi esempi di ciò che sembra costituire una forma di scrittura
sono stati trovati fra i rottami. Ogni sforzo per decifrarla è rimasto
del tutto vano (vedi all. E). Egualmente senza successo si sono
dimostrati gli sforzi tesi a determinare il sistema di propulsione o il
metodo di trasmissione della fonte energetica alla base del
funzionamento del “disco”. Ogni ricerca in tal senso è stata
complicata dalla totale assenza di ali, propulsori, reattori e altri
metodi propulsivi e di guida convenzionali, come pure dalla
mancanza assoluta di cavi metallici, valvole termoioniche o simili
componenti elettronici riconoscibili (vedi all. F). Si presume che il
gruppo propulsore del mezzo sia stato completamente distrutto
dall’esplosione che ha causato lo schianto dell’oggetto.
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PAGINA CINQUE
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La necessità per quanto possibile di numerose altre informazioni su
questi oggetti, le caratteristiche delle loro prestazioni e i loro scopi
hanno portato a intraprendere, nel dicembre 1947, il Progetto
dell’US Air Force noto come SIGN . Al fine di salvaguardare la
sicurezza, i collegamenti fra SIGN e Majestic-12 sono stati limitati a
due individui all’interno della divisione Informazioni del Comando
materiali aerei il cui ruolo era quello di trasmettere certune
informazioni attraverso i dovuti canali. SIGN si è evoluto poi nel
progetto GRUDGE nel dicembre 1948. L’operazione è attualmente
condotta sotto il nome in codice di BLUE BOOK, e i collegamenti
sono mantenuti attraverso l’ufficiale dell’US Air Force a capo del
progetto.
Il 6 dicembre 1950 un secondo oggetto, probabilmente di analoga
origine, precipitò ad alta velocità schiantandosi a terra nella zona fra
El Indio e Guerrero lungo il confine fra il Texas e il Messico, dopo
aver seguito una lunga traiettoria nell’atmosfera.
Al momento dell’intervento del relativo gruppo di ricerca,
quanto rimaneva dell’oggetto era quasi totalmente ridotto in cenere.
Tale materiale, per quanto si poté recuperare, fu trasportato nella
base AEC a Sandia (New Mexico) per essere studiato.
Le implicazioni per la sicurezza nazionale restano di persistente
importanza dal momento che i motivi e gli intenti ultimi di questi
visitatori rimangono del tutto ignoti. Inoltre, un aumento
significativo nell’attività di apparente sorveglianza condotta da
questi oggetti iniziatasi in maggio e proseguita fino a tutto
l’autunno di quest’anno ha indotto una considerevole ansia circa la
possibilità che nuovi sviluppi possano essere imminenti.
È per queste ragioni, come pure per ovvie considerazioni
internazionali e tecnologiche nonché allo scopo ultimo di evitare
necessariamente e a tutti i costi il panico generale, che il Gruppo
Majestic-12 resta dell’opinione unanime sul fatto che l’imposizione
delle più strette precauzioni di sicurezza debba continuare senza
interruzioni con l’avvento della prossima amministrazione. Allo
stesso tempo il Piano di eventualità MJ/1949-04P/78 (Segretissimo –
Solo in visione) dovrebbe essere mantenuto nello stato di allerta
continuo, nel caso si dovesse presentare la necessità di fare un
annuncio pubblico in proposito (vedi all. G).
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ALLEGATI
Il “caso Forrestal”
Nato nel 1892, nel giugno del 1940 Forrestal fu chiamato dal
presidente Roosevelt a ricoprire la carica di sottosegretario alla Marina
e con impegno si dedicò alla ricostruzione della flotta americana dopo
il proditorio attacco giapponese di Pearl Harbor, al punto di essere
preposto alla carica di ministro della Marina nel 1944. Nel 1947, con
Truman, nel suo nuovo ruolo di sottosegretario alla Difesa, contribuì
all’unificazione e al coordinamento delle tre armi (esercito, marina e
aeronautica), per poi essere nominato ministro dell’Aeronautica.
Quindi, la depressione, le dimissioni e la morte in una inattesa e
folgorante successione di eventi. Ma è poi tutto come ce l’hanno
raccontato? Depressione a parte, perché uno si dimette? Perché non
condivide, evidentemente, il proprio o l’altrui operato. Vediamo
dunque la situazione più a fondo. Il 1º aprile Forrestal si era dimesso
dal suo incarico ministeriale. Il 10 aprile, in pigiama, egli fu visto
uscire dalla sua abitazione di Washington gridando ripetutamente: «I
russi sono atterrati in territorio americano!». L’accaduto fece sì che egli
fosse ricoverato nella clinica dell’ospedale di Bethesda (nel Maryland).
Qui si sarebbe poi gettato dal sedicesimo piano, restando ucciso sul
colpo. La sepoltura ebbe luogo con gli onori militari nel cimitero di
guerra di Arlington. Apparentemente sarebbe stata ordinata
un’inchiesta, peraltro senza alcun esito. Perché, in effetti – come si
chiese il giornalista Harry W. Frantz – è a dir poco curioso che un
paziente depresso (e per di più un ex ministro) sia stato collocato al
sedicesimo piano, e senza nessun tipo di controllo (se è vero che aveva
manifestato davvero in precedenza intenzioni suicide). Non solo:
risulta che Forrestal avesse anche chiesto all’FBI di levargli dai piedi
degli agenti che lo avrebbero sorvegliato. Idee solo sue, destituite di
fondamento, o realtà? E in tal caso, come mai questi “angeli custodi”
(che, se reali, non sarebbero stati agenti federali, a dire dell’FBI ;
semmai si sarebbe trattato di esponenti dell’intelligence)? A tenerlo
d’occhio per ragioni di salute sarebbero bastati dei medici e perfino
degli infermieri. Qualcosa non torna, evidentemente.
Il diplomatico italiano Alberto Perego, fino dagli anni Cinquanta,
propone nei suoi libri questa interpretazione: Forrestal, provenendo
dalla marina, aveva impegnato ingenti fondi per la difesa puntando
sulla massiccia costruzione di portaerei (non a caso la ben nota
Forrestal ha poi portato il suo nome), e sarebbe rimasto sconvolto di
fronte alla realtà della questione degli UFO e in particolare dagli UFO
crashes da Roswell in poi. Egli avrebbe ritenuto il fenomeno legato
all’attività dei russi, piuttosto che di extraterrestri, e si sarebbe reso
conto che un’aviazione tanto rivoluzionaria (evidentemente in grado
di effettuare voli intercontinentali senza scalo) avrebbe
strategicamente dovuto essere contrastata con ben altri mezzi. Le sue
portaerei erano a quel punto indubbiamente sorpassate, e questo lo
avrebbe messo del tutto in crisi. I media americani, dal canto loro,
avrebbero accreditato l’idea di un momentaneo squilibrio dell’ex
ministro, imputandolo alla depressione. All’indomani della tragedia
scriveva al riguardo Harry W. Frantz: «Il cadavere informe di James
Forrestal, che ora giace nell’obitorio del nuovo ospedale della Marina
di Bethesda, verrà sepolto mercoledì nel cimitero nazionale di
Arlington, riservato ai caduti della Prima guerra mondiale. Questo è
quanto è stato deciso dal segretario della Difesa Louis Johnson, dopo
un colloquio con la vedova dello scomparso, ritornata da Parigi col
figlio ventunenne Michael a bordo di quello stesso aereo presidenziale
Independence che era giunto nella capitale francese carico di speranza e
che ne è ripartito carico di straziato dolore. Abbiamo visto la camera al
sedicesimo piano dell’ospedale, ci siamo affacciati alla finestra del
ripostiglio in cui vengono conservati i medicinali e dalla quale
Forrestal si lanciò nel suo tragico volo. Verrà sepolto con gli onori
militari, è stato deciso a Washington, in quanto la sua fine deve essere
attribuita alla eccessiva tensione nervosa procuratagli dalla sua carica
alla quale si era dedicato con un entusiasmo giovanile, a onta dei suoi
cinquantasette anni. In basso, così lontano che lo sguardo se ne ritrae
con un moto di orrore, si vede una gran macchia umida. Gli
inservienti dell’ospedale hanno lavato con grossi idranti le macchie di
sangue. All’una e quarantacinque di ieri mattina il suicida ha
compiuto il gran balzo, come è stato possibile accertare. Per cinque ore
aveva vegliato nella sua stanza, una di quelle camere moderne in cui
tutto sembra fatto per far dimenticare che si tratta di un luogo di cura.
Sul tavolino, accanto al telefono bianco, giace ancora adesso
un’antologia delle tragedie di Sofocle e di Euripide. Il volume è stato
lasciato aperto da Forrestal con una matita appoggiata lungo la
costura. Le pagine erano quelle del coro dell’Aiace di Sofocle;
singolarissimo particolare di un uomo che si è rifugiato negli antichi
classici dopo essere stato per tanto tempo ossessionato dall’idea della
bomba atomica, delle telearmi e del pericolo di una guerra quale
neppure la fantasia di un Omero avrebbe saputo immaginare.
Forrestal non si è accontentato di rileggere queste righe, ha voluto
ricopiare i primi ventisei versi in cui il coro parla del triste canto
dell’usignolo solitario. Nel silenzio della notte Forrestal ha sentito
l’ineluttabilità del suo destino, amplificata dall’antichissimo coro
greco. Prima deve aver cercato di impiccarsi, dato che il cordone della
sua veste da camera gli è stato trovato stretto intorno al collo. Poi,
forse incapace di una simile fine per mancanza di forze fisiche, si è
lasciato attrarre dal buio della finestra, dalle stelle basse dalle altre
finestre lontane. Un’inchiesta stabilirà tante cose: primo, perché l’ex
segretario della Difesa, che aveva dato le dimissioni dal 1º aprile, non
era sorvegliato. Aveva conseguito un considerevole miglioramento,
dicono i medici, ma evidentemente non era migliorato abbastanza.
Drew Pearson, il noto radiocommentatore scandalistico, ha posto
parecchi interrogativi sull’argomento, sostenendo che già quattro
volte Forrestal aveva tentato il suicidio. Il famoso giornalista ha
chiesto se proprio nessuno si fosse accorto della pazzia di Forrestal
quando questi era ancora al ministero della Difesa, nonostante molti
chiari sintomi. Egli aveva influito – dice Pearson – sulla politica
americana nel Vicino Oriente, aveva espresso timori nei confronti di
una possibile rappresaglia di ebrei. Aveva più volte telefonato al
dipartimento della Giustizia e al Federal Bureau of Investigation per
chieder loro di levargli dai piedi degli inesistenti agenti che lo
avrebbero sorvegliato. Le affermazioni di Drew Pearson sono sempre
accettate, in America, con un certo scetticismo, ma comunque è certo
che qualcosa non ha funzionato bene nell’ospedale della Marina,
altrimenti Forrestal non sarebbe morto così. Come mai al primo piano
all’ammezzato dell’edificio non era stato possibile trovare una camera
per lui, invece che al sedicesimo? A questi interrogativi le autorità
daranno forse una risposta. “Quando non splendono più i raggi della
ragione” aveva scritto il suicida, ricopiando dall’Aiace “quando tutto
decade tristemente, meglio morire e dormire un sonno senza risveglio,
piuttosto che vivere ancora, quando l’anima stessa della vita se n’è
andata per sempre”» («La Stampa», 24 maggio 1949).
Sembra un epitaffio. Perché sul tavolo della stanza di Forrestal
un’antologia di Sofocle era aperta al coro dell’Aiace, del quale «il
suicida avrebbe ricopiato i primi ventisei versi in cui il coro parla del
triste canto dell’usignolo solitario»? Orbene, se la citazione è giusta, i
primi ventisei versi del coro dell’Aiace non sono però quelli citati. In
essi, al contrario, si parla semmai della viltà e della maldicenza del
popolo, e del fatto che i deboli, se i potenti non li soccorrono,
costituiscono una difesa fragile per la verità. E, più oltre, che le accuse
ingiustamente rivolte a un prode non possono comunque non lasciare
il segno. Citazioni illuminanti e sicuramente più in linea con
l’interpretazione di Perego, che potrebbero suggerire l’idea di uno
scenario diverso, dominato dallo sbrigativo desiderio di accreditare
un suicidio. Ma lo è stato poi davvero?
La stampa spiegò con un tale tragico gesto l’accaduto. Ma il coro
dell’Aiace di Sofocle da questa pur fuori luogo citato su indicazione
delle autorità, che parla del triste canto dell’usignolo solitario, evoca la
classica vox clamantis in deserto, la voce di chi da solo testimonia
comunque qualcosa che nessuno vuole ascoltare. Meno che mai un
potere che non perdona certo chi parla controcorrente, ovvero che
sceglie di “cantare” come un “usignolo solitario”…
Se tutta la storia del Majestic-12 è vera, Forrestal di questi dodici
uomini avrebbe fatto parte a pieno titolo. Qualora avesse manifestato
comunque una crisi personale o psicologica, è chiaro che quasi
certamente lo si sarebbe dovuto considerare non più affidabile, quasi
una sorta di Giuda all’interno di una compagine ristretta ed esclusiva
da cui si usciva soltanto, lo si ricordi, in caso di morte. Giuda, com’è
noto, morì suicida.
Forrestal, invece, fu forse “suicidato” in nome della ragion di Stato?
Conclusioni
A che cosa si riferiva? Abbiamo incontrato – osserva Baccarini – un
itinerario che potrebbe sovvertire la nostra conoscenza dei fatti
riguardo la morte di Marilyn Monroe. Nuove prove e nuovi
documenti sembrerebbero indicare che la sua posizione era
considerata, in alcuni ambienti, estremamente scomoda. Lo scenario
delineato da ricercatori come Burleson potrebbe avvicinarsi molto alla
realtà. Marilyn, durante i momenti intimi con J.F.K., potrebbe
certamente essere venuta a conoscenza di informazioni sensibili sulla
sicurezza e i piani americani. Informazioni che potevano riguardare i
tentativi di invadere Cuba e di uccidere Castro, ma anche i rottami di
presumibile origine aliena che erano custoditi e studiati dal governo
americano all’indomani dell’incidente di Roswell. Quando la relazione
con J.F.K. iniziò a incrinarsi Marilyn, come confidò ad alcuni suoi
amici, cominciò a pensare di divulgare alcune informazioni sensibili
alla stampa. Ciò avrebbe potuto condurla alla morte. Questo scenario,
che apparentemente potrebbe sembrare tratto da un film
cospirazionista, in base agli ultimi documenti rilasciati e a ricerche
durate decenni potrebbe avvicinarsi alla realtà più di quanto non
sembri possibile. Forse non sapremo mai se dietro la morte di una star
come Marilyn si sia celato un intento suicida o non, piuttosto, un
omicidio di Stato; ma indubbiamente diversi fatti sembrerebbero
indicarci la seconda strada. E in questa ipotesi, al di là delle improprie
e superficiali strombazzature finora effettuate a fini puramente
sensazionalistici e editoriali, la UFO connection non può essere
assolutamente esclusa.
Qualunque amante, presto o tardi, diventa una confidente
immancabile di segreti. E certo a Marilyn è successo.
Nel 2005 il quotidiano «The Los Angeles Times» ha pubblicato i
dialoghi fra Marilyn e il suo psichiatra Ralph Greeson, morto nel 1979.
Questi ultimi erano noti solo all’ex procuratore George Miner, che
indagò sulla fine dell’attrice. Oggi, a ottantasei anni, Miner li ha fatti
trapelare e a quarantacinque anni dalla morte della diva di
Hollywood il “mito Monroe” si tinge più che mai di giallo. La Marilyn
degli ultimi giorni della sua vita non manifestava in effetti alcuna
motivazione o inclinazione suicida e pertanto i barbiturici che furono
trovati nel suo corpo potrebbero anche esservi stati introdotti con un
micidiale clistere, somministrato dopo avere fatto perdere i sensi alla
donna con un drink soporifero. Miner, che sottolinea come anche lo
psichiatra Greeson avesse completamente escluso pulsioni suicide in
Marilyn, vorrebbe riaprire il caso, esumando il cadavere e facendo
eseguire una nuova autopsia.
Ma non crediamo che servirà a molto.
L’ufologia è e resta comunque una scelta pericolosa. Già nel 1971 lo
scrittore e ricercatore Otto Binder ha scritto un articolo relativo alle
morti improvvise, insolite e sospette di ben 137 ufologi nel decennio
precedente in USA . Una fin troppo strana “moria” che aveva solo dato
consistenza al mito dei MIB (Men in Black, ovvero “uomini in nero”,
dall’abbigliamento di tali supposti agenti governativi vestiti con
soprabiti, abiti e cappelli scuri), tesi a intimidire, tacitare e financo
sopprimere inquirenti, testimoni e studiosi troppo impegnati in
ambito ufologico. Oggi, comunque, i sistemi di eliminazione di tali
soggetti scomodi sarebbero diversi. Ai finti suicidi e ai “tragici”
incidenti, pur se ancora talvolta utilizzati solo in casi estremi, la
tecnologia avrebbe affiancato sofisticate e meno sospette e
appariscenti tecniche: non ultima la possibilità di indurre patologie
varie (dall’infarto all’ictus, e dall’AIDS a diverse forme letali di cancro)
in chi deve uscire di scena. Ma il migliore sistema – che costituisce
anche un tacito avvertimento – resta contro tali “obiettivi” dapprima
l’uso del discredito ed eventualmente del ridicolo, e poi il “tagliare le
gambe” all’interessato, facendogli perdere il lavoro e togliendogli così,
in assenza di un adeguato sostegno economico, la possibilità di
continuare a impegnarsi più di tanto sul fronte ufologico.
È quanto nel 1989 è successo a chi scrive…
Riservato
SOM 1-01
TO 12 D1-3-11-1
MANUALE OPERATIVO SPECIALE DEL GRUPPO MAJESTIC-12
ENTITÀ E TECNOLOGIE EXTRATERRESTRI, RECUPERO E
COLLOCAZIONE
Top secret/Majic
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ATTENZIONE ! Questo è un documento top secret Majic solo in
visione contenente informazioni divise in sezioni e di essenziale
importanza per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti. L’accesso
solo in visione al materiale in esso contenuto è strettamente limitato
al personale in possesso del livello di segretezza Majic-12. L’esame o
l’uso di questo da parte di personale non autorizzato è
rigorosamente proibito ed è punibile secondo leggi federali.
Gruppo Majestic-12.
aprile 1954
Top secret/Majic
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SOM 1-01
MANUALE OPERATIVO SPECIALE DEL GRUPPO MAJESTIC-12 N. 1-01
Washington 25, D.C., 7 aprile 1954
ENTITÀ E TECNOLOGIE EXTRATERRESTRI, RECUPERO E
COLLOCAZIONE
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Capitolo 1
OPERAZIONE MAJESTIC-12
SEZIONE I – AMBITO E FINALITÀ DEL PROGETTO
1. Ambito
Il presente manuale è stato preparato in particolare per le unità
previste dal Majestic-12. Le sue finalità consistono nel presentare
tutti gli aspetti del Majestic-12 in modo che il personale autorizzato
acquisisca una migliore comprensione delle finalità stesse del
Gruppo e sia messo in condizione di trattare con maggiore
competenza gli oggetti volanti non identificati, la tecnologia e le
entità extraterrestri, sviluppando in tal modo la propria efficienza di
fronte a operazioni future.
2. Nozioni generali
Il MJ -12 guarda in termini di estrema serietà agli oggetti volanti non
identificati, alla tecnologia extraterrestre e alle entità biologiche
extraterrestri e considera l’intera materia una questione di massima
sicurezza per la nazione. Per questa ragione a tutto quello che
riguarda tali argomenti è stata assegnata la massima classificazione
di sicurezza.
Tre punti principali saranno affrontati in questa sezione:
a. gli aspetti generali del MJ -12 , onde chiarire qualsiasi concetto
erroneo insorto in chicchessia;
b. l’importanza delle operazioni;
c. la necessità di una segretezza assoluta in ogni fase delle
operazioni.
3. Classifica di sicurezza
Tutte le informazioni riferite al MJ -12 sono state classificate come
MAJIC SOLO IN VISIONE e sono caratterizzate da un livello di
sicurezza superiore di due punti al top secret.
Le ragioni di ciò hanno a che fare con le conseguenze che
potrebbero scaturire non solo dall’impatto sul pubblico qualora
l’esistenza di tali fatti divenisse nota a tutti, ma anche dal pericolo
che una tecnologia tanto avanzata quale quella che l’aeronautica
militare ha recuperato possa cadere nelle mani di potenze straniere
ostili. Nessuna informazione a riguardo è stata rilasciata alla stampa
e la posizione ufficiale del governo è che nessun gruppo speciale
quale il MJ -12 esiste in realtà.
4. Storia del Gruppo
L’operazione Majestic-12 fu avviata per ordine speciale e classificato
dal presidente degli USA il 24 settembre 1947 su suggerimento del
ministro della Difesa James V. Forrestal e del dottor Vannevar Bush,
presidente della commissione di collegamento Ricerca e Sviluppo.
Le operazioni sono condotte da un gruppo di intelligence top secret
di ricerca e sviluppo che risponde solamente e direttamente al
presidente degli USA . Le finalità del Gruppo MJ -12 sono le seguenti:
a. Il recupero per studi scientifici di ogni materiale o ordigno di
manifattura straniera o extraterrestre che risulti disponibile. Tali
materiali e ordigni saranno recuperati dal gruppo con ogni mezzo
ritenuto necessario.
b. Il recupero per studi scientifici di ogni entità e resti di entità di
origine non terrestre che possano risultare disponibili per azione
indipendente di tali entità o per incidente ovvero a causa di attività
militari.
c. La costituzione e organizzazione di team speciali per attuare le
operazioni di cui sopra.
d. La costituzione e l’organizzazione di installazioni speciali di
sicurezza situate in località segrete comprese nei confini continentali
degli Stati Uniti per ricevere, sviluppare, analizzare e studiare
scientificamente ogni materiale o entità classificati di origine
extraterrestre dal gruppo dei team speciali.
e. La costituzione e organizzazione di operazioni sotto copertura
da condursi di concerto con la CIA per effettuare il recupero per gli
Stati Uniti di tecnologia ed entità extraterrestri manifestatesi nel
territorio di potenze straniere ovvero venute in possesso di queste.
f. La costituzione e il mantenimento della segretezza al massimo
grado e assoluta circa le operazioni di cui sopra.
5. Situazione attuale
Per quanto concerne la situazione attuale, si considera che vi siano
scarse indicazioni che questi oggetti e i loro costruttori costituiscano
una diretta minaccia alla sicurezza degli USA , nonostante
l’incertezza degli scopi ultimi della loro venuta qui. Certamente la
tecnologia in possesso di tali esseri supera tutto quello che è oggi
noto alla scienza moderna, sebbene la loro presenza qui appaia
benigna, ed essi sembrino evitare contatti con la nostra specie,
almeno per il momento. Diverse di queste entità sono state
recuperate cadaveri unitamente a una notevole quantità di rottami e
attrezzature varie a bordo di velivoli precipitati, tutti attualmente in
corso di studio in diverse località.
Non ci sono stati tentativi, da parte di entità extraterrestri, di
contattare nostre autorità o di recuperare i loro compagni morti,
nonostante uno di tali incidenti sia stato effetto di una diretta azione
militare. Al momento la minaccia maggiore scaturisce
dall’acquisizione e dallo studio di una tecnologia tanto avanzata da
parte di potenze straniere nemiche degli USA . Per questa ragione al
recupero e allo studio di materiali di questo tipo da parte degli Stati
Uniti è stata assegnata la massima priorità.
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Capitolo 2
INTRODUZIONE
SEZIONE I. NOZIONI GENERALI
6. Ambito
a. Il presente manuale operativo è pubblicato a titolo di
informazione e guida per tutti gli interessati. Contiene informazioni
riferite alla determinazione, documentazione, raccolta e
disposizione di frammenti, attrezzature, mezzi e occupanti di tali
apparecchi in quanto oggetti delle definizioni “tecnologia
extraterrestre” e “entità biologiche extraterrestri” (EBE ) di cui alla
Sezione II di questo capitolo.
b. L’Appendice I contiene l’elenco delle attuali referenze,
comprensiva di manuali tecnici e altre pubblicazioni disponibili
pertinenti a tali operazioni.
c. L’Appendice II contiene una lista nominativa delle persone che
compongono il Gruppo Majestic-12.
7. Modulistica e archiviazione
La modulistica utilizzata per riferire su tali operazioni è indicata
nell’Appendice Ia.
SEZIONE II. DEFINIZIONE E DATI
8. Nozioni generali
La tecnologia extraterrestre è definita come segue:
a. Velivoli identificati come non costruiti negli USA o in
qualunque altra potenza straniera, compresi mezzi sperimentali
militari e civili. Velivoli di questo tipo sono generalmente noti come
oggetti volanti non identificati (UFOBS ; acronimo di Unidentified
Flying Objects, NdA). Tali velivoli possono apparire di varie forme e
configurazioni ed esibire caratteristiche di volo straordinarie.
b. Oggetti e mezzi dalle funzioni e origini ignote, costruiti con – o
costituiti da – materiali non riferibili a tecnologie e conoscenze
attuali.
c. Rottami di qualunque velivolo che si ritenga di costruzione e
origine extraterrestre. Tali rottami potrebbero essere il risultato di
incidenti ovvero di azioni militari.
d. Materiali che mostrino caratteristiche straordinarie o insolite
non connesse con la tecnologia e le conoscenze scientifiche attuali.
Le entità biologiche extraterrestri sono descritte come:
e. creature, umanoidi o no, i cui processi evolutivi di sviluppo
risultino comunque diversi da quelli posseduti dall’Homo sapiens o
in esso osservabili.
9. Descrizione dei velivoli
I mezzi extraterrestri (UFOBS ) di cui si ha documentazione sono
classificati, in base alla loro forma generale, in una delle seguenti
quattro categorie:
a. Forma ellittica o discoidale. Questo tipo di apparecchio è di
costruzione metallica e di colore alluminio opaco. Hanno
l’apparenza di due teglie da forno o di un paio di piatti poco
profondi tenuti insieme e possono avere una cupola, che si eleva
sulla struttura superiormente o inferiormente. Né giunzioni né
snodi sono visibili sulla superficie, dando l’impressione di una
costruzione tutta di un pezzo. I dischi hanno un diametro stimato
fra i 50 e i 300 piedi [da 15 a 90 metri], e l’altezza dello scafo
corrisponde approssimativamente a un 15 per cento del diametro,
non considerando la cupola, che si eleva per un 30 per cento del
diametro del disco e si estende fino a 4-6 piedi [da 1 metro e 20 a 1
metro e 80] al di sopra del corpo centrale del disco stesso. La cupola
può comprendere o no finestrini e oblò, e oblò si trovano intorno
alla circonferenza inferiore dello scafo discoidale in taluni casi. La
maggior parte degli oggetti di forma discoidale è munita di luci
esterne sia superiormente che inferiormente, e anche lungo la
circonferenza esterna. Esse non sono visibili quando l’oggetto è
inattivo al suolo o comunque non funzionante. In genere non vi
sono proiettori o antenne visibili. Il carrello di atterraggio è
composto da tre gambe estendibili, terminanti con piastre circolari
di appoggio. Quando pienamente esteso, il carrello sostiene il corpo
centrale a una altezza variabile da 70 centimetri a 1 metro circa dal
punto più basso dello scafo. Un portello rettangolare si trova lungo
la circonferenza o sulla superficie inferiore del disco.
b. Tipo “fusoliera cilindrica” o sigariforme. Rapporti documentati
di questo tipo di apparecchio sono estremamente rari. I rapporti
radar dell’aeronautica militare indicano che essi avrebbero una
lunghezza di circa 700 metri e un’altezza di almeno 30, e a quanto
pare non operano nella bassa atmosfera. Si hanno pochi dati sulla
prestazione di questi velivoli, ma i rapporti radar hanno indicato
velocità superiori a 11.000 chilometri l’ora. Non sembrano effettuare
manovre folgoranti ed erratiche come fanno invece i velivoli di
minori dimensioni.
c. Forma ovoidale o circolare. Questo tipo di apparecchio è
descritto della forma di un cono gelato, arrotondato nell’estremità
superiore e più ampio e affusolato e quasi appuntito in quella
inferiore. Ha una lunghezza da 10 a 12 metri e il diametro
dell’estremità inferiore è pari a circa il 20 per cento della lunghezza.
Una luce estremamente brillante è posta nell’estremità inferiore, e
gli apparecchi si spostano con quest’ultima rivolta verso il basso. Gli
oggetti appaiono di forme diverse (da rotonda a cilindrica) in
funzione dell’angolo di osservazione. Spesso gli avvistamenti di
questo tipo di velivolo sono riferiti a oggetti ellittici visti con
un’angolazione inclinata o secondo la prospettiva del loro bordo
circolare esterno.
d. Tipo a “foglio” (aereo di carta) o triangolare. Questo
apparecchio è ritenuto parte di una nuova tecnologia in
conseguenza della rarità e del carattere recente delle relative
osservazioni. Il radar ha indicato un profilo a triangolo isoscele, con
i lati maggiori di una lunghezza dell’ordine dei 100 metri circa. Si sa
poco sulle prestazioni di questi velivoli, a causa della rarità di
avvistamenti validi, ma si crede che siano capaci di raggiungere alte
velocità e di effettuare manovre improvvise simili nelle prestazioni
a quelle eseguite dagli oggetti di tipo a. e c.
10. Descrizione delle entità biologiche extraterrestri (EBE ).
L’esame dei resti recuperati fra i rottami di UFOBS indica che le
entità biologiche extraterrestri possono essere classificate secondo le
due distinte categorie seguenti:
a. EBE tipo I. Queste entità sono umanoidi e potrebbero essere
scambiate per esseri umani di razza orientale a una certa distanza.
Sono bipedi, da più di 1 metro e 50 a più di 1 metro e 60 centimetri
di altezza, e pesano più o meno una cinquantina di chili.
Proporzionalmente sono simili agli esseri umani, nonostante il
cranio sia più largo e arrotondato. La pelle è di colorito pallido,
giallastra, spessa e raggrinzita leggermente. Gli occhi sono piccoli,
distanziati uno dall’altro, e a mandorla, con iridi di colore marrone
o nero e grandi pupille. Il bianco degli occhi non è come quello degli
esseri umani in quanto ha una sfumatura più scura, sul grigio
pallido. Le orecchie sono piccole e non in una posizione bassa
rispetto al cranio. Il naso è sottile e allungato, la bocca più ampia
rispetto agli esseri umani e quasi priva di labbra. Non vi è alcuna
apparente peluria facciale e pochissima peluria sul resto del corpo,
limitandosi leggerissima alle ascelle e alla zona inguinale. Il corpo è
sottile e apparentemente privo di grasso, ma i muscoli sono ben
sviluppati. Le mani sono piccole, con quattro dita allungate ma
prive di un pollice opponibile. Il dito esterno ha un’articolazione
tale da renderlo quasi opponibile, e non vi è alcuna membrana
interdigitale come negli esseri umani. Le gambe sono leggermente
ma evidentemente arcuate, e i piedi sono piuttosto divaricati e
proporzionalmente grandi.
b. EBE tipo II. Queste entità sono umanoidi ma differiscono dal
tipo I per molti aspetti. Sono bipedi, di altezza compresa fra il metro
e il metro e 20, e pesano fra i 15 e i 30 chilogrammi. In proporzione
la testa è molto più lunga che negli esseri umani o nelle EBE di tipo
I, essendo il loro cranio più voluminoso e allungato. Gli occhi sono
molto grandi, inclinati e posti lateralmente sul cranio. Sono neri e
non mostrano cornee. Non vi sono archi sopracciliari evidenti, e il
cranio presenta una leggera sommità che degrada verso il basso. Il
naso consiste in due piccoli buchi posti al di sopra dell’orifizio che
costituisce la bocca. Non hanno orecchie esterne. La pelle è di
colorito pallido grigio bluastro, talvolta più scura nella parte
posteriore del corpo, ed è liscia e delicata. Non presentano peluria
né sul volto né sul corpo e non sembrano mammiferi. Le braccia
sono lunghe in proporzione alle gambe, e le mani hanno tre dita
lunghe e affusolate con un pollice che ha quasi la stessa lunghezza
di queste. Il secondo dito è più spesso delle altre, ma non quanto
l’indice. I piedi sono piccoli e stretti, e quattro dita sono collegate da
una membrana. Non è noto da dove provenga l’uno e l’altro tipo di
EBE , ma sembra certo che queste creature non si siano evolute sulla
Terra. È semmai piuttosto evidente, quantunque non accertato, che
esse siano originarie di due pianeti diversi.
11. Descrizione della tecnologia extraterrestre
Le seguenti informazioni derivano da rapporti preliminari di analisi
realizzati sulla base di rottami recuperati in diversi luoghi di caduta
di velivoli extraterrestri fra il 1947 e il 1953, estratti dei quali sono
citati testualmente per fornire indicazioni sul tipo di caratteristiche
dei materiali che ci si potrebbe trovare di fronte in future operazioni
di recupero.
a. L’analisi iniziale dei frammenti ottenuti dal luogo di caduta
sembra indicare che essi fanno parte di un mezzo extraterrestre
esploso dall’interno e venuto in contatto col suolo con gran forza,
distruggendosi completamente. Il volume del materiale raccolto
indica che l’oggetto era più o meno delle dimensioni medie di un
aereo, sebbene il suo peso fosse estremamente leggero considerate
queste ultime.
b. L’analisi metallurgica della massa centrale dei rottami
recuperati indica che i campioni non sono composti da materiali
attualmente noti alla scienza sulla Terra.
c. I materiali sottoposti a test evidenziano grande forza e
resistenza al calore in proporzione al peso e alle dimensioni,
essendo molto più forti di qualunque materiale usato attualmente
nella costruzione di velivoli militari o civili.
d. La maggior parte del materiale, dell’apparenza di fogli di
alluminio o di lastre di alluminio e magnesio, non presenta alcuna
caratteristica dei suddetti metalli, ed è più simile invece a qualche
tipo sconosciuto di materiale plastico.
e. Strutture solide e travature strutturali di sostegno, presentanti
all’apparenza una netta somiglianza con il legno compatto senza
fibre, mostrano una estrema leggerezza per quanto riguarda il loro
peso e sono caratterizzate da una forza di tensione e di
compressione non ottenibile con alcun mezzo noto all’industria
moderna.
f. Nessuno dei materiali sottoposto a test ha mostrato
caratteristiche misurabili di magnetismo, ovvero radiazioni residue.
g. Diversi campioni risultano caratterizzati da incisioni, marchi e
simboli, non prontamente identificabili. In genere i tentativi di
decifrarli non hanno avuto alcun successo.
h. L’esame dei diversi apparenti mezzi e congegni meccanici ha
rivelato poco o nulla circa le loro funzioni o i loro metodi di
fabbricazione.
Top secret/Majic
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Capitolo 3
OPERAZIONI DI RECUPERO
SEZIONE I. SICUREZZA
12. Silenzio stampa
Occorre fare molta attenzione affinché sia preservata la sicurezza di
qualsiasi luogo in cui sia possibile recuperare tecnologia
extraterrestre per la ricerca scientifica. Vanno prese misure drastiche
per proteggere e preservare qualsiasi materiale o velivolo dalla
scoperta, esame o rimozione da parte di organismi civili o di
comuni cittadini. Si raccomanda pertanto che venga instaurato
appena possibile il totale silenzio stampa. Nel caso in cui queste
misure dovessero rivelarsi insufficienti, si suggeriscono le seguenti
versioni di copertura da dare alla stampa. L’ufficiale responsabile
dovrà agire rapidamente per scegliere la storia di copertura che
meglio si adatti alla situazione. Sarà necessario ricordare, nel
selezionare una storia di copertura, che la politica ufficiale riguardo
agli UFOBS è che essi non esistono.
a. Smentita ufficiale. La risposta più auspicabile sarebbe che non
si è verificato niente di insolito. Affermando che il governo non è a
conoscenza dell’evento, si potrebbero prevenire ulteriori indagini
da parte della stampa.
b. Discredito dei testimoni. Per quanto possibile, i testimoni
saranno tenuti in stato di segregazione finché non si sarà
determinato il loro grado di conoscenza e coinvolgimento. I
testimoni verranno scoraggiati dal riferire ciò che hanno visto e, al
fine di indurli a collaborare, si potrebbero rendere necessarie delle
intimidazioni. Qualora i testimoni avessero già contattato la stampa,
sarà necessario screditare le loro versioni. Il modo migliore per farlo
sarà asserire che hanno male interpretato degli eventi naturali,
oppure che sono vittime di isteria o di allucinazioni o ancora che si
tratta di persone dedite a ordire beffe.
c. Affermazioni false. Potrebbe rendersi necessario dichiarare il
falso per preservare la sicurezza del sito. Meteoriti, satelliti
precipitati, palloni meteorologici e velivoli militari sono tutte
alternative accettabili sebbene, nel caso in cui si affermi che è
precipitato un velivolo militare, occorrerà fare molta attenzione al
fine di non suggerire l’idea che si tratti di un velivolo sperimentale o
segreto, in quanto ciò potrebbe suscitare la curiosità della stampa
americana ed estera. Dichiarazioni concernenti la contaminazione
dell’area a causa della fuoriuscita di sostanze tossiche da autocarri o
cisterne ferroviarie possono altresì servire a tenere personale non
autorizzato o indesiderato lontano dall’area.
13. Chiusura dell’area
L’area dovrà essere chiusa il più rapidamente possibile per evitare
che personale non autorizzato si infiltri nel luogo. L’ufficiale
incaricato erigerà un perimetro e stabilirà un posto di comando
all’interno del perimetro. Il personale avente accesso al sito sarà
ridotto al minimo strettamente necessario alla preparazione del
velivolo o dei rottami per il trasporto, e sarà composto da squadre
militari di sicurezza. Ci si potrà servire delle autorità locali per il
controllo del traffico e della folla. In nessuna circostanza si
consentirà a personale o funzionari delle forze dell’ordine locali di
accedere all’interno del perimetro e si dovranno prendere tutte le
precauzioni necessarie al fine di assicurarsi che essi non
interferiscano con l’operazione.
a. Perimetro. È auspicabile che si utilizzi personale militare
sufficiente per erigere intorno al sito un perimetro abbastanza
ampio per evitare che sia il personale non autorizzato sia quello
addetto al perimetro vedano il sito. Una volta che il luogo sarà stato
circoscritto, si istituiranno pattuglie regolari lungo il perimetro, per
garantirne la totale sicurezza, e si farà uso di sorveglianza
elettronica per potenziare la ricognizione. Il personale di perimetro
sarà equipaggiato con sistemi di comunicazione manuale e con armi
automatiche e munizioni. Il personale che lavora al sito sarà dotato
di armi da fianco. Il personale non autorizzato non avrà accesso
all’area chiusa.
b. Posto di comando. Idealmente, il posto di comando dovrebbe
trovarsi il più vicino possibile al sito, in modo da poter coordinare
con efficienza le operazioni. Non appena il posto di comando sarà
operativo, bisognerà stabilire il contatto con il Gruppo Majestic-12
attraverso comunicazioni sicure.
c. Sgombero dell’area. Il sito e l’area circostante saranno
sgomberati da personale non autorizzato. I testimoni saranno
interrogati e trattenuti per essere sottoposti alla successiva
valutazione dell’MJ -12. In nessun caso i testimoni verranno rilasciati
prima che le loro versioni siano state valutate dal Gruppo MJ -12 e
prima di essere stati interrogati a fondo.
d. Valutazione della situazione. Una valutazione preliminare
della situazione dovrà essere completata e si dovrà redigere un
rapporto preliminare. Il Gruppo MJ -12 verrà dunque ragguagliato
sulla situazione il prima possibile. Il Gruppo MJ -12 dovrà poi
decidere se inviare o no una SQUADRA ROSSA o una SQUADRA
OPNAC MJ -12 nell’area.
SEZIONE II. RECUPERO TECNOLOGICO
14. Rimozione e trasporto
Appena stabilita la comunicazione, si darà inizio a rimozione e al
trasporto di tutto il materiale, su ordini del Gruppo MJ -12.
a. Documentazione. Se la situazione lo consente, bisognerebbe aver
cura di realizzare una documentazione fotografica dell’area, prima
di spostare qualsiasi cosa. Si controllerà che nell’area non vi sia
presenza di radiazioni o sostanze tossiche. Qualora l’area non
potesse essere mantenuta chiusa per lungo periodo, tutti i materiali
dovranno essere imballati e trasportati nel più breve tempo
possibile alla più vicina struttura militare sicura. Laddove possibile,
ciò sarà effettuato con trasporti coperti su strade poco frequentate.
b. Velivoli completi o funzionanti. Bisognerà avvicinarsi ai velivoli
con estrema cautela, nel caso in cui appaiano funzionanti, in quanto
l’esposizione a radiazioni e scariche elettriche potrebbe provocare
gravi lesioni. Se il velivolo è funzionante ma appare abbandonato,
vi si potrà avvicinare solo personale della SQUADRA ROSSA MJ -12
appositamente addestrato, che indossi tute di protezione.
Qualunque velivolo che appaia funzionante dovrà inoltre essere
lasciato a disposizione della SQUADRA ROSSA MJ -12. Velivoli
completi e parti di velivoli che fossero troppo grandi per essere
trasportati su mezzi coperti verranno smontati, se questo si può fare
facilmente e rapidamente. Qualora dovessero essere trasportati
interi, o su rimorchi aperti, essi verranno coperti in modo tale da
camuffarne la forma.
c. Entità biologiche extraterrestri (EBE ). Le EBE dovranno essere
trasferite il più rapidamente possibile in una struttura di massima
sicurezza. Sarà necessario prevenire con cura un’eventuale
contaminazione da parte di agenti biologici alieni. Le EBE decedute
dovranno al più presto essere conservate sotto ghiaccio, al fine di
preservarne i tessuti. Qualora si entrasse in contatto con EBE vive,
esse dovranno essere prese in custodia e trasferite in ambulanza in
una struttura di massima sicurezza. Sarà necessario fare ogni sforzo
per garantire la sopravvivenza delle EBE . Il coinvolgimento del
personale con EBE vive o morte dovrà essere ridotto al minimo.
(Vedi Capitolo 5 per istruzioni più dettagliate sui rapporti con le
EBE .)
15. Ripulitura dell’area
Una volta che tutti i materiali saranno stati rimossi dall’area
centrale, la zona circostante verrà ispezionata a fondo per
assicurarsi che sia stata rimossa ogni traccia di tecnologia
extraterrestre. Nel caso di uno schianto al suolo, l’area circostante
verrà ripetutamente esaminata a fondo per accertarsi che non sia
stato tralasciato nulla. L’area d’ispezione in questione potrà variare
a seconda delle condizioni locali, a discrezione dell’ufficiale
responsabile. Quando sarà convinzione dell’ufficiale responsabile
che sul luogo non persistano ulteriori prove dell’evento, esso potrà
essere evacuato.
16. Circostanze particolari o insolite
Esiste la possibilità che velivoli extraterrestri possano atterrare o
schiantarsi in zone ad alta densità di popolazione, nelle quali la
sicurezza non possa essere efficacemente mantenuta. Ampie
porzioni della popolazione e la stampa potrebbero avvistare questi
velivoli. Occorrerebbe tener pronto il Piano di contingenza MJ-1949-
04P/78 (TOP SECRET – SOLO IN VISIONE) nel caso in cui si dovesse
rendere necessaria una pubblica divulgazione dei fatti.
17. Tecnologia extraterrestre
Tabella di classificazione della tecnologia extraterrestre:
18. Dati sull’imballaggio e confezionamento
a. Spedizione nazionale. I materiali individuali vengono
contrassegnati e avvolti in involucri a prova d’acqua e vapore
sigillati a caldo. Dopo di ciò vengono posti all’interno di una scatola
di cartone ondulato. I vuoti all’interno della scatola vengono
completamente riempiti di ovatta di cellulosa neutra per evitare che
i materiali si muovano. La chiusura della scatola viene sigillata con
nastro adesivo gommato del tipo Kraft. Il modulo MJ 1-007 viene
posto in una busta di carta sigillata e marcata ACCESSO SOLO AL
MAJIC-12 che viene saldamente legata alla sommità della scatola con
del nastro adesivo. La scatola viene poi imbottita in ogni angolo con
inserti di cartone, alla sommità e alla base, e viene posta all’interno
di un’ampia scatola di cartone ondulato. Tutta la chiusura esterna
della scatola viene sigillata con adesivo gommato del tipo Kraft.
All’esterno della scatola viene affissa un’etichetta contenente le
seguenti informazioni: destinazione, numero del codice di
spedizione e l’ammonimento ACCESSO SOLO AL MAJIC-12.
b. Spedizioni oltreoceano. I materiali vengono imballati come
descritto sopra, con l’eccezione che dentro la scatola interna di
cartone ondulato vengono inclusi un indicatore di umidità e un
essiccante. Successivamente, la scatola viene avvolta in un involucro
a prova d’acqua e vapore e sigillata a caldo. I materiali imballati
vengono poi sistemati all’interno di una seconda scatola di cartone
impermeabile sigillata con nastro impermeabile. Questo secondo
cartone viene marcato ACCESSO SOLO AL MAJIC-12 su tutti i lati e
viene posto all’interno di un contenitore per spedizioni di legno,
foderato e a prova di sostanze grasse e acqua. Il rivestimento viene
sigillato con nastro impermeabile e il contenitore per spedizioni in
legno viene chiuso. Il contenitore viene ulteriormente rinforzato
inchiodando due capsule di metallo da tre quarti di pollice [due
centimetri circa] a circa 8 pollici [20 centimetri circa] da ciascuna
estremità. Le informazioni relative alla spedizione vengono poi
stampigliate sulla superficie del contenitore di legno.
Nota. Le procedure di confezionamento e imballaggio descritte
sopra valgono soltanto per i materiali non organici. I dati su
trattamento, confezionamento, imballaggio e spedizione di materia
organica e di entità non viventi sono forniti nel Capitolo 5, Sezione
II di questo manuale.
Top secret/Majic
Solo in visione
Capitolo 4
RICEZIONE E TRATTAMENTO
SEZIONE I. TRATTAMENTO DEL MATERIALE RICEVUTO
20. Disimballaggio, apertura e controllo
Nota. La procedura di disimballaggio, apertura e controllo per i
contenitori marcati ACCESSO SOLO AL MAJIC-12 sarà espletata da
personale avente autorizzazione MJ-12. I contenitori così
contrassegnati verranno immagazzinati in un’area di massima
sicurezza fino a quando sarà disponibile il personale autorizzato per
queste procedure.
a. Si raccomanda la massima attenzione nel disimballare e aprire i
pacchi contenenti il materiale. Evitare di introdurre a forza degli
arnesi all’interno del contenitore usato per la spedizione. Non
danneggiare i materiali d’imballaggio più di quanto sia
assolutamente necessario per la rimozione dei campioni: tali
materiali potrebbero essere necessari per futuri imballaggi.
Conservare il materiale d’imballaggio interno dentro al contenitore
usato per la spedizione. Nel disimballare e spacchettare i campioni,
seguire la procedura da 1) a 11) riportata di seguito:
1) Disimballare i campioni in un’area di massima sicurezza per
impedire l’accesso di personale non autorizzato.
2) Tagliare i fili metallici con un adeguato arnese da taglio, o
torcerli con delle pinze finché si cristallizzino e si rompano.
3) Rimuovere le viti dal coperchio del contenitore usato per la
spedizione con un cacciavite.
4) Tagliare il nastro e i sigilli del rivestimento della cassa in modo
tale che la carta impermeabile sia danneggiata il meno possibile.
5) Tirare fuori i campioni imballati dalla cassa di legno.
6) Tagliare il nastro che sigilla i lembi superiori dei cartoni
esterni; si faccia attenzione affinché i cartoni non vengano
danneggiati.
7) Tagliare la barriera lungo la giunzione superiore sigillata a
caldo e rimuovere con cautela il cartone interno.
8) Rimuovere la busta di carta sigillata dalla sommità della
scatola di cartone interna.
9) Aprire il cartone interno e rimuovere gli inserti di cartone
fibra, l’essiccante e l’indicatore di umidità.
10) Estrarre l’imballaggio sigillato a caldo contenente i campioni;
sistemarli in modo ordinato per l’ispezione.
11) Porre tutto il materiale da imballaggio all’interno del
contenitore da spedizione per l’utilizzo in futuri confezionamenti.
Capitolo 6
GUIDA ALL’IDENTIFICAZIONE DEGLI UFO
SEZIONE I. GUIDA AGLI UFOB
27. Indagini successive
Un rapporto sugli UFOBS merita successive indagini nel caso in cui
contenga informazioni che suggeriscono che si può effettuare una
chiara identificazione di un fenomeno ben noto o qualora
caratterizzi un fenomeno inconsueto. Il resoconto dovrebbe
suggerire pressoché subito, prevalentemente in rapporto alla
coerenza e chiarezza dei dati, che vi è qualcosa che abbia valore
scientifico e/o identificativo. In generale, si dovrebbero prendere in
considerazione quei resoconti che coinvolgano vari osservatori
attendibili, insieme o separatamente, e che riguardino avvistamenti
che abbiano avuto una durata superiore ai 15 secondi. Le uniche
eccezioni potrebbero riguardare rapporti le cui circostanze vengano
considerate straordinarie. Si dovrà prestare particolare attenzione a
quei rapporti che consentano il rilevamento di una “posizione X” e
a quelli relativi a traiettorie insolite.
28. Regole empiriche
Ciascun caso di avvistamento di UFOBS dovrebbe essere giudicato
individualmente, ma vi sono varie “regole empiriche”, sotto
ciascuna delle seguenti intestazioni, che dovrebbero risultare utili a
determinare l’eventuale necessità di indagini successive.
a. Durata dell’avvistamento. Quando la durata di un avvistamento
è inferiore ai 15 secondi, vi sono maggiori probabilità che non meriti
indagini successive. Per prudenza, comunque, qualora un gran
numero di osservatori individuali dovesse riferire di un
avvistamento insolito della durata di pochi secondi, sarebbe meglio
non trascurarlo.
b. Quantità di persone che riferiscono dell’avvistamento. Avvistamenti
di breve durata da parte di singoli individui meritano raramente di
essere investigati. Due o tre osservazioni competenti e indipendenti
hanno il peso di dieci o più osservazioni simultanee e individuali.
Per esempio, venticinque persone in uno stesso luogo potrebbero
osservare una strana luce nel cielo.
c. Questo, tuttavia, avrà un peso inferiore rispetto a due persone
attendibili che osservino la stessa luce da località diverse. Nel
secondo caso viene rilevata una posizione X precisa.
d. Distanza dalla sede degli avvistamenti alla più vicina unità da
campo. I rapporti che soddisfino i criteri preliminari di cui sopra
dovrebbero essere tutti sottoposti a indagini, qualora l’evento si sia
verificato nelle immediate vicinanze operative della squadra
interessata. Per resoconti che implichino distanze maggiori, la
necessità di indagini successive potrà essere determinata in quanto
inversamente proporzionale al quadrato delle distanze interessate.
Ad esempio, un evento verificatosi a 150 miglia di distanza
potrebbe […]
APPENDICE I
RIFERIMENTI
[Qui vi sono delle parole a mano.]
N. 4, AB 1. Regolamenti [Applicabili]
1. Sicurezza militare (salvaguardia delle informazioni di sicurezza).
Manutenzione approvvigionamenti ed equipaggiamenti,
responsabilità di manutenzione e operazioni di esercizio
2. Approvvigionamento
XX 725-405-5
Preparazione e presentazione della richiesta di approvvigionamenti.
3. Altre pubblicazioni
XX 219-20-3
Indice dei manuali di addestramento XX 310-20-4
Indice dei manuali tecnici, regolamenti tecnici, bollettini tecnici,
bollettini sugli approvvigionamenti, ordini sui lubrificanti e
modifica ordini di servizio.
XX310-20-5
Indice delle pubblicazioni amministrative
XX310-20-7
Indice delle tabelle di organizzazione ed equipaggiamento, tabelle
di riduzione, tabelle di organizzazione, tabelle di equipaggiamento,
tabelle tipo di distribuzione e tabelle di assegnazione.
4. Riferimenti attrezzature per test
TM 11-664
Teoria e uso delle attrezzature elettroniche per i test
5. Riferimenti fotografici
TM 11-404A
Unità di elaborazione stampa fotografica AN/TFQ-9
TM 11-405
Attrezzatura per l’elaborazione PH-406 TM 11-401
Elementi di fotografia di segnalazione TM 11-2363
Camera oscura PH-392
E di cosa si trattava?
Frammenti metallici di varie dimensioni. E non erano verniciati o
colorati. Erano color metallo vivo, tipo acciaio inossidabile.
E poi?
E poi niente. Fu questo il mio “incontro ravvicinato” con i reperti. Le
garantisco che li ho visti. E non avevano nulla a che fare con il pallone
che il generale Ramey tirò in ballo poi. E tanto meno con la storia del
Progetto “Mogul”.
Lei ritiene allora che la versione del Pentagono sia una vera e
propria copertura. O no?
Può dirlo forte! Ci hanno presi tutti in giro per quasi cinquant’anni…
Quale?
La Ballard Funeral Home aveva un contratto con la base per seguire in
esclusiva ogni tipo di decesso, incidenti aerei compresi. Così gli
domandai se si era verificata la caduta di un aereo. «Ci serve saperlo
solo per nostra informazione» tagliò corto l’uomo, e chiuse la
comunicazione.
Quale fattaccio?
Andai a un distributore automatico di bibite e qui mi scontrai con un
ufficiale. Ingenuamente, mentre mi squadrava, gli chiesi se avevano
avuto un incidente aereo, e offrii tutta la mia collaborazione. Non
l’avessi mai fatto! «Chi diavolo è, lei?» mi investì l’uomo. Al che mi
presentai. Mi disse di andare subito via dalla base, poi chiamò due MP
(polizia militare) e disse loro di occuparsi di me, definendomi un
«figlio di puttana» con tono minaccioso. «È impazzito?» dissi io.
«Sono un civile, non potete trattarmi così.» Il militare tuonò ancora
contro di me e mi fece scortare di peso all’ambulanza, ordinando agli
MP di riportarmi alla Ballard Funeral Home.
E lo fecero?
Certo. Solo che camminando ci imbattemmo in un’infermiera che ben
conoscevo per averla frequentata tempo addietro. Era uscita all’aperto
con un panno sulla bocca, e per un momento pensai che piangesse. Ma
non era così. Mi riconobbe e incrociandomi mi disse: «Glenn, cosa stai
facendo qui? Vuoi farti fucilare?». Io risposi che me ne stavo andando,
indicando la mia scorta. E notai, proseguendo, altre due persone che
come lei uscivano dalla stessa porta, con un panno sulla bocca anche
loro.
E poi?
Poi niente. Non ci vedemmo più. Dopo qualche tempo chiesi io sue
notizie alla base. Mi sentii dire che era in Inghilterra, per servizio. Ne
ottenni l’indirizzo e le scrissi, ma la lettera tornò indietro, con una
stampigliatura sconvolgente: «Destinatario deceduto».
Come?
Mi dissero «in un incidente aereo». Questo è quanto.
Altri dettagli?
La mia amica mi disse che anche i medici si erano sentiti male durante
l’autopsia, e che i due uomini che erano usciti all’aperto subito dopo
di lei quando la incrociai quella sera erano patologi giunti
appositamente dal Walter Reed Hospital di Washington, DC .
Il mistero dell’infermiera
Ma nel 1999 una serie di informazioni dagli USA ha apparentemente
contraddetto le affermazioni di Glenn Dennis. Infatti, secondo un
rapporto del 427 Army Air Forces Base Unit (AAFBU ) Squadron,
«nessun membro del personale medico di stanza a Roswell sarebbe
stato mai trasferito». Ciò, naturalmente, contrasta con le note
dichiarazioni di Dennis secondo cui, prima di esserne allontanata per
servizio, un’amica infermiera della base e già a lui legata
sentimentalmente avrebbe confermato non solo l’incidente e il
recupero dell’UFO , ma anche di avere partecipato all’autopsia eseguita
sui cadaveri in avanzato stato di decomposizione ritrovati nel deserto
in prossimità dell’oggetto schiantato.
Com’è noto, l’infermiera X avrebbe anche chiesto a Dennis di
giurarle che comunque non l’avrebbe mai coinvolta. È dunque
evidente che il nome infine emerso per indicarla – Naomi Maria Selff –
è certamente del tutto convenzionale, e non deve sorprendere il fatto
che nei morning reports dell’ospedale militare di Roswell non risulti
alcuna donna con quel nome; non appare neppure nei registri del
National Personnel Records Center (NPRO ) di St Louis, facenti parte
della National Archives Record Administration. Analogamente
nessun nominativo del genere è presente in alcuna delle varie branche
delle forze armate USA . Non ci vengano però a dire che Glenn Dennis
è un bugiardo o un mistificatore. Tutt’al più si potrà dire che sta
onorando l’impegno preso ancor oggi, cautelando l’identità
dell’infermiera X con vari espedienti ben al di là dell’uso di un nome
convenzionale di fantasia. Dennis, infatti, potrebbe anche averlo fatto
fin dall’inizio diffondendo un dettaglio depistante quanto risolutivo: il
fatto che la “sua” infermiera sarebbe morta in un incidente di volo in
Europa pochi mesi dopo il crash. Nessuno, infatti, avrebbe più cercato
un morto.
Secondo i documenti agli atti (relativamente alla base di Roswell),
l’unica infermiera trasferita sarebbe stata distaccata il 23 luglio 1947, e
cioè posteriormente ai fatti di Corona. Il trasferimento della donna si
sarebbe verificato nel quadro della normale rotazione del personale.
L’infermiera sarebbe poi finita a Fort Worth (la odierna Carswell
AFB ) in Texas, ove sarebbe rimasta fino al marzo del 1949. Ma vediamo
se queste informazioni sono conciliabili con quanto dichiarato da
Dennis (e successivamente verificato da altri).
Va da sé che le dichiarazioni di Glenn Dennis hanno innescato una
vasta polemica e una serie di verifiche in ambito ufologico e
giornalistico, e non certo di recente. Pure, tutte le ricerche effettuate
dalla coppia Donald R. Schmitt e Kevin D. Randle, da Karl T. Pflock e
dallo scettico Kal Korff per individuare la fantomatica Naomi Maria
Selff sono stati vani. Se ne dovrebbe quindi concludere che il nome
dell’infermiera X è sicuramente un altro. Quale? Non resta che passare
in rassegna le schede agli atti ancora disponibili.
La sola infermiera fra le cinque a vario titolo legate alla vicenda di
Roswell ancora vivente è andata in pensione nel 1975 con il grado di
tenente colonnello. Si tratta di Rosemary J. Brown, nome da ragazza
Rosemary A. McManus nata l’11 gennaio 1915. Dopo un corso di
formazione al St Mary’s Hospital di Wausa (Wisconsin) nel 1942, la
donna entrò nel corpo delle infermiere il 6 aprile 1944, e nel 1947 era a
Roswell. In seguito operò in diverse basi nel sudovest degli USA con
mansioni generiche (ma anche di chirurgia operatoria), prestando
pure servizio per diciotto mesi nel Marocco francese. Rosemary si è
sposata due volte e ha sempre amato viaggiare.
Appassionata dell’Alaska, la donna ha ricevuto diversi
riconoscimenti militari e per servizio tra cui la medaglia per la
campagna euro-afro-mediorientale e l’attestato per anzianità di
servizio dell’aeronautica militare (e relativa medaglia di bronzo con
foglie di quercia). Dopo il pensionamento, ha lavorato per otto anni
nel Wisconsin per il programma sanitario Medicare/Medicaid.
Attualmente risiede in una casa di riposo per infermiere. Secondo
l’opinione di Donald R. Schmitt, l’infermiera X di Dennis potrebbe
essere lei in virtù del fatto che la donna avrebbe gravitato spesso su
Minneapolis e St Paul, che Dennis avrebbe avuto l’impressione fosse il
luogo di nascita della “sua” nurse. In ogni caso, Rosemary non ha
omesso di esprimere un’opinione circa la questione degli UFO : «Penso
che esista certamente qualcosa al riguardo» ha dichiarato «ma non
saprei cosa». Resta comunque il fatto che si è sempre dichiarata
all’oscuro dei fatti di Roswell. Altre quattro infermiere possono
peraltro essere coinvolte. Purtroppo sono oggi tutte decedute.
Vediamo di chi si tratta una per una.
Joyce Godard, nata a Milledgeville (Georgia) l’8 aprile 1912,
frequentò nel 1929 un college femminile della Georgia e, nel 1932, si
diplomò infermiera presso l’ospedale di Milledgeville. Tra il 1932 e il
1938 operò presso l’ospedale della contea di Aiken (South Carolina).
Entrò quindi nel corpo infermiere dell’aeronautica l’11 maggio 1942,
svolgendo il proprio addestramento di base presso Barsdale
(Louisiana). Fu destinata a Roswell dall’agosto 1946 all’agosto 1947. Le
sue mansioni comprendevano sia l’infermierato generico che quello
amministrativo, nonché quello di carattere aeronautico, e alla fine
della carriera (agosto 1959 - maggio 1962) la Godard era a capo dei
servizi di infermeria della base aeronautica di Norton (California),
dove ricevette la medaglia di encomio dell’aeronautica. Secondo il
cugino Mark, l’ultimo della famiglia, Joyce fece quindi ritorno a
Milledgeville successivamente al proprio pensionamento (nel 1962),
per lavorare nell’ospedale locale. Morì il 25 dicembre 1981. Quando
andò in pensione aveva raggiunto il grado di capitano.
Naturalizzata americana, Angele A. LaRue, nata a Montréal
(Canada) il 26 maggio 1922, frequentò la scuola per infermiere di
Waterbury (Connecticut) per poi entrare, il 9 aprile 1945, nel corpo
infermiere dell’aeronautica. Fu di stanza a Roswell e, in seguito,
presso il 7º Gruppo Bombardieri di Carswell (Texas). Nel 1948 si
sposò con il pilota Frederick Thessing: lasciò il servizio attivo nel 1949
per dedicarsi alla famiglia, allietata da quattro figli. Come molte
famiglie di militari, i Thessing si spostarono spesso: dal Texas al
Nebraska, dalla Florida al Connecticut. LaRue era diabetica e
manifestò problemi cardiaci. Andata in pensione col grado di tenente,
morì nel 1986 a Conway (Arkansas).
Claudia Uebele, nata il 20 febbraio 1905, conseguì il proprio
diploma alla Scuola per infermiere dell’ospedale di Bethesda a
Cincinnati (Ohio) nel 1930. Entrò nel corpo infermiere dell’aeronautica
il 15 marzo 1945, svolgendo il proprio addestramento di base
all’ospedale generale di Billings (Indiana). La Uebele era a Roswell nel
1947 e, in seguito, continuò a svolgere le proprie mansioni in altre sedi
come la base di Marks (Alaska) e quella di MacDill (Florida). Andò in
pensione nel 1965 col grado di maggiore, dopo un periodo di tre anni
presso l’801º Gruppo medico alla base USAF di Lockbourne (Ohio).
Decorata con tre medaglie, morì il 17 maggio 1994 a Seal Beach
(California).
Adeline Mae Fanton, nata il 16 marzo 1916 a Louisville (Kentucky),
frequentò la Scuola per infermiere presso l’ospedale delle Sante Maria
ed Elisabetta di Louisville. Entrò nel corpo infermiere dell’aeronautica
il 19 aprile 1945, e operò in varie sedi nel corso dei tredici anni
successivi. Dopo essere stata distaccata a Roswell, svolse il suo
servizio presso il Campo March (California), per poi trasferirsi al 5001º
Gruppo medico alla base USAF di Ladd (Alaska). Distaccata presso
vari ospedali militari fino al suo pensionamento nel 1958, la Fanton
non si sposò. Ricevuta nel 1951 la American Campaign Medal
(decorazione di cui fu insignita anche Claudia Uebele), due anni dopo
le fu attribuita la medaglia per il servizio nella Difesa nazionale. Come
pensionata, la Fanton si ritirò a Louisville e vi morì nel 1975, venti
anni dopo (a cinquantanove anni).
Che dire, a questo punto? Naomi Maria Selff cela dunque il nome
di Rosemary MacManus, Joyce Godard, Angele LaRue, Claudia
Uebele o Adeline Fanton?
Per rispondere dovremmo eventualmente rifarci a uno o più dati
che, propri dell’infermiera X, possano essere riscontrabili in una delle
cinque donne sopra menzionate. Chi scrive è stato due volte a Roswell
e lo ha fatto da tempo, e le conclusioni sono che, come anche
confermato dagli ultimi studi di Kevin D. Randle, una di loro meglio
delle altre si adatta alle caratteristiche di Naomi Maria Selff. E si tratta
dell’ultima di cui abbiamo parlato, Adeline Mae Fanton. Vediamo
perché.
Tanto per cominciare, l’infermiera X, a detta di Dennis, era
cattolica, il che necessariamente restringe il campo. La Fanton era
cattolica: si era formata all’ospedale delle Sante Maria ed Elisabetta di
Louisville, nonché all’Accademia di Santa Caterina di Springfield,
entrambe istituzioni cattoliche del Kentucky. Poi la nurse di Dennis
sarebbe stata trasferita in Gran Bretagna; e anche la Fanton in effetti vi
lavorò, operando presso il 7510º USAF Hospital a Wimpoole Park,
Cambridge (Inghilterra). Ciò avvenne successivamente alla sua
permanenza a Roswell, dal 26 dicembre 1946 al settembre del 1947,
pare. Cosa accadde esattamente nel settembre 1947, però, non è del
tutto chiaro. Infatti, a seguito di un incendio al National Personnel
Records Center di St Louis, gli incartamenti comprendenti i dossier
personali delle infermiere Fanton, LaRue e McManus furono distrutti;
e sono stati successivamente ricostruiti, pur non nella loro
completezza.
Così, qualcosa manca o magari fu aggiunto nel curriculum
“ricostruito” della Fanton. Ma quanto a questo, qualcosa è importante
ai fini della nostra ricerca forse più di quanto non si possa
immaginare. Perché, infatti, Adeline MacFanton in seguito cambiò
nome? In effetti, per ragioni non del tutto chiare, la Fanton cambiò il
nome proprio, Adeline, in Eileen. Una decisione che avrebbe
indubbiamente reso difficile, a chiunque l’avesse conosciuta, ritrovarla
in seguito. Comunque sia, risulterebbe che il 4 settembre 1947 la
Fanton avrebbe lasciato Roswell, per una ragione tutta particolare:
quella di farsi ricoverare, formalmente per “instabilità psichica”, al
Brooke General Hospital di Fort Sam Houston (Texas). Nel suo dossier
personale si dice, anzi, che la donna avrebbe sofferto di problemi
psichiatrici già nel 1946. Ciò nondimeno, se fosse vero che il
pensionamento anticipato (30 aprile 1955) era dovuto proprio a tali
problemi, mal si giustifica il fatto che la Fanton, congedatasi con un
nuovo nome di battesimo e il grado di capitano, sia stata comunque
insignita di ben due diverse decorazioni. Una circostanza a dir poco
contraddittoria.
Last but not least, va considerata un’ultima circostanza. Glenn
Dennis ha descritto la “sua” nurse come una giovane minuta, dagli
occhi neri, i capelli scuri e con l’incarnato d’alabastro. Orbene, se è
forse vero che una persona a cui si è comunque stati legati si ricorda
certo assai più bella di quanto non fosse in realtà, e che dunque il
paragonare l’infermiera X, da parte di Dennis, a una “Audrey
Hepburn in miniatura” è forse eccessivo, resta il fatto che se
guardiamo una fotografia di Adeline (o, meglio, Eileen) MacFanton un
minimo di somiglianza potrebbe forse anche emergere. Nel 1995, nel
suo fascicolo di autunno (l’ultimo) la ora scomparsa rivista americana
«Omni» in un articolo di Paul McCarthy e in una intervista di Karl T.
Pflock riferiva la questione della “infermiera perduta” di Roswell.
Oggi, forse, siamo un passo più vicino dalla verità. Resta comunque il
fatto che se – come molto potrebbe indurre a pensare – la Fanton è
davvero Naomi Maria Selff, non potrà mai ammetterlo, essendo morta
da ventiquattro anni. Potrebbe, forse, confermarlo Glenn Dennis. Ma
se non lo ha fatto prima, perché dovrebbe farlo adesso?
In conclusione, ci sembra che anche la questione della missing nurse,
la famigerata “infermiera perduta” su cui non pochi hanno scritto più
o meno a vanvera, sia abbastanza consequenziale con tutta la storia di
Roswell e dei suoi vari protagonisti e coerentemente dominata dal più
o meno comprensibile riserbo di questi ultimi da un lato e dal cover up
delle autorità dall’altro. Cosa volete che facciano i militari, se non
continuare a insabbiare il tutto come hanno fatto finora? Come emerge
dalla più recente iniziativa ufficiale del GAO – Government
Accountability Office – promossa dal compianto onorevole S. Shiff,
che si trovò di fronte alla pressoché totale assenza di documentazioni
ufficiali agli atti in quanto “distrutte per errore”, l’indagine sulle
infermiere di Roswell è illuminante.
Da un lato, abbiamo Glenn Dennis, un anziano e stimato cittadino,
onorato dalla comunità, che ha sempre e coerentemente fatto certe
affermazioni, preoccupandosi di tutelare al massimo la fonte delle sue
informazioni, anche probabilmente con l’espediente di far credere
deceduta quest’ultima (sempre che il tutto non sia invece stato indotto
dalle autorità stesse). Dall’altro abbiamo una serie di prove indiziarie
che portano a Adeline MacFanton: una brunetta di aspetto
mediterraneo, single e rimasta tale, cattolica, che successivamente al
1947 cambia nome da Adeline in Eileen e il cui dossier personale – ma
guarda un po’ – viene distrutto in un incendio per venire
successivamente “ricostruito”.
Così – a scanso di rischi futuri dovuti a possibili atteggiamenti non
collaborativi dell’interessata – in esso risulteranno “problemi psichici”
a carico della donna nel 1946 (a pochi mesi dalla sua entrata in
servizio!) un ricovero per “instabilità psichica” e una serie di problemi
psichiatrici che sottintendono la causa del suo congedo anticipato nel
1955. Ciò nondimeno, e del tutto inspiegabilmente, la Fanton viene
professionalmente utilizzata un po’ dappertutto (e non è certo
consentito che l’attività infermieristica sia esercitata da soggetti con
problemi psichiatrici), viene promossa fino al grado di capitano (in
dieci anni di carriera militare, davvero niente male!) e addirittura
decorata (per quali meriti?). Va da sé che troppe cose non tornano. E
che a questa donna, lei consenziente (ma quali alternative potevano
sussistere, nella sua situazione?), si è palesemente cercato di fare il
vuoto intorno (sia anagraficamente che a livello di curriculum), pur in
stridente contrasto con l’evidenza logica e professionale di fatti che
parlano da soli. Il che si può giustificare solo se sotto c’era davvero
qualcosa che doveva essere gelosamente occultato: un’esperienza
inconfessabile (ma nondimeno riferita confidenzialmente a Glenn
Dennis) di capitale importanza per la difesa nazionale. Quella vissuta
a Roswell da tanti, troppi testimoni diretti e indiretti, e forse per la
quale – vista la sua sostanziale e responsabile collaborazione – alla
Fanton è financo stata data una medaglia: la National Defense Service
Medal, appunto.
Quanto a Glenn Dennis, al di là dell’intervista che ci rilasciò nel
1995, nell’occasione scambiammo diverse battute con lui e parlammo
anche dell’infermiera X. Poco, ma abbastanza per registrare una
precisa e inequivocabile sensazione. Primo, l’impegno assunto nel
1947 di non coinvolgerla in ogni caso era per lui importante e non vi
sarebbe mai venuto meno. Secondo, si considerava un uomo
“all’antica”, con una parola sola. Di conseguenza pensiamo che ben
difficilmente sapremo di più rispetto a quanto egli abbia ritenuto di
dover dichiarare al riguardo. Pertanto lo capiamo e forse anche lo
giustifichiamo, perché abbiamo la pretesa di aver letto nei suoi occhi
di uomo anziano quello che nessun libro e nessun documento può
rivelare fra le righe. E che può emergere solo dai contatti umani e in
loco, oltre che dalle indagini al tavolino.
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testo: … – – – – – – L – D [-] SAFE TALK NEWSPAPER MEANING OF
STORY AND A – [– –
traduzione: … (in) un discorso sicuro il significato dato dai giornali
alla storia e…
In questo tratto si parla dei giornali e del significato che era stato
attribuito alla storia dagli stessi. È bene ricordare che i quotidiani
dell’epoca diedero ampio spazio alla vicenda, questo a seguito del
comunicato stampa rilasciato dalla base aerea di Roswell. Poco tempo
dopo che la notizia aveva iniziato a diffondersi, vari contrordini
vennero diramati da parte dei militari i quali hanno poi fatto di tutto
pur di dimostrare l’assoluta origine terrestre dell’oggetto precipitato.
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testo e traduzione: … TEMPLE …
Perché Roswell?
I dati di cui sopra, se mai ce ne fosse bisogno, comprovano al di là di
ogni ragionevole dubbio che il famoso crash si colloca in un ambito
statistico e fenomenologico estremamente preciso e concreto, ove
nulla è lasciato al caso. E in cui il coinvolgimento delle autorità
militari e di intelligence appare non solo logico, ma addirittura
consequenziale. Una considerazione finale è comunque d’obbligo.
Come già detto, fra il 1947 e il 1948 il New Mexico vide in ogni caso il
manifestarsi di una insolita concentrazione delle segnalazioni
ufologiche rispetto all’intera casistica statunitense. Questo Stato degli
USA , già allora, ospitava i più avanzati impianti atomici e missilistici
del mondo: dalla base aeronautica di élite di Holloman al poligono
atomico di Alamogordo, dove esplose la prima bomba nucleare prima
dell’utilizzo tattico contro il Giappone (e dove i test nucleari
continuarono anche dopo il 1945); dal poligono missilistico di White
Sands, a guerra finita culla dei primi lanci spaziali sulla base delle V-1
e V-2 tedesche sottratte ai nazisti, alla base aeronautica di Roswell,
dove era dislocato il 509º Gruppo Bombardieri, l’unico in grado di
effettuare il lancio di bombe atomiche.
È dunque evidente che chiunque avesse voluto tenere davvero
d’occhio la tecnologia avanzati di punta degli USA e del mondo in quel
momento, avrebbe in ogni caso dovuto farlo proprio laggiù nel New
Mexico con una specifica e persistente attività di ricognizione.
Esattamente come appunto è avvenuto. Ma non a opera dell’URSS , e
oggi ben lo sappiamo. Chi lo fece, allora?
Questo è ancora un mistero che continua ad avere il suo epicentro a
Roswell, sperduta cittadina nel New Mexico situata in una pianura
deserta e desolata, come se ne vedono soltanto nei film western, con i
cespugli secchi fatti a palla che rotolano nella polvere. Adesso, per la
verità, nella vasta piana di Saint Augustin, nella zona di Roswell, non
ci sono solo i cespugli, ma anche le ventisette gigantesche parabole
dell’Osservatorio nazionale radioastronomico USA , un enorme sistema
di ascolto spaziale denominato in sigla VLA (Very Large Array).
Secondo le autorità è stato messo lì non per caso, ma perché in quel
punto si registra un bassissimo livello di interferenza elettrica. È
curioso però che un così vasto e complesso dispositivo, atto a rilevare
più di qualunque altro oggi in USA eventuali segnali extraterrestri
intelligenti nel quadro del Progetto SETI , si trovi proprio nella zona
indicata come il luogo d’impatto dell’UFO di Roswell.
Sarà soltanto una coincidenza, si è detto. Ma l’eventuale, specifico
interesse degli UFO per la zona di Roswell potrebbe non essere stato
esclusivamente dovuto a ragioni strategico militari, e cioè alla sola
presenza del 509º Gruppo Bombardieri, bensì a un altro fatto, che vale
la pena di ricordare a livello storico. Il 7 novembre 1936 il pioniere
dell’astronautica USA Robert H. Goddard aveva effettuato, proprio da
Roswell, il lancio, perfettamente riuscito, di un razzo a propellente
liquido (il primo del mondo), indubbiamente caratterizzando in tal
modo la zona agli occhi di chiunque avesse potuto osservare
dall’esterno il non comune evento, palese indice di uno sviluppo
tecnologico rilevante rispetto ad altre zone del mondo. Nel 1944 e nel
1945, in pieno conflitto mondiale, altri successivi lanci di razzi (le V-1 e
le V-2 tedesche) avrebbero anche potuto attirare ulteriori interessi
estranei al nostro mondo, al pari delle esplosioni atomiche di
Hiroshima e Nagasaki. E forse non è un caso che, come nel New
Mexico nel 1947-1948, sia in Germania nel 1944-1945 che in Giappone
nel 1945, siano stati ripetutamente segnalati misteriosi oggetti volanti:
i Foo-Fighters intercettati dagli aviatori militari alleati, aventi le
medesime caratteristiche degli UFO . Solo in alcuni casi nuovi mezzi
realizzati dai nazisti nel quadro delle Vergeltungswaffen, sia ben
chiaro…
Premessa
Per chi segue la tematica UFO , la figura del colonnello Philip Corso è
ormai nota: militare di carriera e combattente nella Seconda guerra
mondiale, autorevole uomo dell’intelligence USA e membro del
National Security Council sotto Eisenhower, dal 1997 è venuto allo
scoperto affermando di avere gestito dal 1961 quale capo della
divisione Tecnologia straniera del Research and Development
Department, ovvero del dipartimento Ricerca e sviluppo dell’esercito
americano, la gestione dei materiali raccolti a Roswell nel 1947, nel
contesto di un progetto tecnico finalizzato di retroingegneria.
Autorizzato a ciò dall’ordine del suo diretto superiore, il generale
Arthur G. Trudeau del Pentagono, egli avrebbe così in breve
contribuito a “impiantare” parzialmente la ricaduta dei frammenti di
tecnologia extraterrestre acquisiti dall’UFO crash di Roswell e
successivi nei colossi dell’industria USA : dall’IBM alla Hugues Aircraft
e dalla Bell Labs alla Dow Cornig. Tutto ciò avrebbe portato ad alcune
acquisizioni sotto gli occhi di tutti ma in realtà di matrice o input
extraterrestri, quali ad esempio il laser, le fibre ottiche, la visione
notturna a raggi infrarossi, le fibre super tenaci (kevlar), nonché gli
stessi microcircuiti integrati che avrebbero indotto gli sviluppi a
cascata sull’informatica. Come pure, d’altronde, ricerche varie “di
frontiera” su onde cerebrali, il plasma e l’elettromagnetismo, i
superconduttori e l’antigravità. Vero? Falso?
Decorato dal reggente del Regno d’Italia Umberto II
successivamente all’abdicazione di Vittorio Emanuele III per i meriti
acquisiti nella riorganizzazione delle autorità italiane dopo la
Liberazione, questo soldato di vecchio stampo votato alla disciplina e
all’onore militari si è dimostrato estremamente corretto e coerente, a
cominciare dal proprio personale approccio non tanto conservatore
quanto legalitario, e come tale nettamente anticomunista e
antisovietico, che avrebbe successivamente ispirato la creazione nel
nostro paese, con la guerra fredda, della stessa struttura difensiva
paramilitare Stay Behind solo in seguito trasformatasi in Gladio con le
deviazioni che poi ne scaturirono. Chi scrive ha scoperto che il
colonnello Corso, sostenitore degli uomini di De Gasperi fin
dall’inizio ben visti dagli anglo-americani, fu indicato come un
reazionario e violentemente attaccato (pare per ordine diretto di
Stalin) dall’organo del Partito comunista italiano, «l’Unità», con
l’accusa di avere impiegato “elementi fascisti” nella riorganizzazione
dell’intelligence italiana postbellica.
«Quando il comando alleato mi diede l’ordine di mettere
rapidamente in piedi una struttura del genere almeno parzialmente
efficiente» mi spiegò poi sorridendo «cosa avrei mai potuto fare se
non valermi di professionisti con un minimo di esperienza, seppur
minimamente compromessi col fascismo che nondimeno noi alleati
(non certo i partigiani dell’ultima ora) avevamo abbattuto con il
sangue dei nostri soldati? Pensa forse» aggiunse con una battuta «che
avrei dovuto prendere in considerazione le suore Orsoline o gli
uomini di Togliatti, agenti dichiarati dell’URSS del dittatore Stalin a noi
sempre più ostile?»
Sia come sia, non dimentichiamo comunque che la stessa CIA
statunitense, a guerra finita, si aprì all’apporto di non pochi ex
prigionieri tedeschi provenienti dalla Gestapo, la polizia segreta di
stato del Terzo Reich di Hitler.
Tenendo dunque da parte qualsiasi considerazione o polemica di
carattere politico ideologico, per quanto concerne Corso, in effetti, la
figura di questo personaggio – che dopo le nostre conversazioni
private in Italia disse testualmente di considerare chi scrive «un gran
gentiluomo cui dare fiducia» – a distanza di dieci anni (da quando
cioè il suo nome si è imposto all’attenzione della comunità ufologica
internazionale) non è stata ancora adeguatamente analizzata. Dopo la
pubblicazione in Italia del suo libro Il giorno dopo Roswell (scritto in
collaborazione con William J. Birnes e dunque non completamente di
suo pugno) che ho contribuito a rendere possibile, ci si attendeva dal
colonnello tutta una serie di ulteriori elementi che però non sono
emersi. A ciò ha certamente concorso la sua morte prematura in
seguito a un inatteso ricovero ospedaliero nel 1998, poco dopo la sua
pesante accusa al governo USA di avere dichiarato il falso sulla
questione Roswell. E così pure il fatto che in America il figlio abbia
sostanzialmente “blindato” gli scritti del padre (fra cui un libro
sull’attentato a Kennedy e un altro sul ruolo svolto dell’autore a Roma
all’indomani della fine della Seconda guerra mondiale), bloccandone
in pratica ogni diffusione in seguito a più o meno dirette pressioni di
organismi governativi. Ma è anche una realtà che chi nel nostro paese,
dopo avere editorialmente lucrato su quanto da lui scritto e sulla sua
stessa morte, avrebbe potuto e dovuto pubblicare di più non lo abbia
poi fatto (anche perché “bloccato” dal figlio di Corso). Io, che per
primo ho storicamente verificato le credenziali e le attività di Corso in
Italia e in USA , che l’ho ospitato al simposio mondiale di San Marino e
che ho ricevuto da lui precise documentazioni con l’impegno di
renderle comunque pubbliche se “in un ragionevole lasso di tempo”
quanto da lui già fornito ad altri per essere pubblicato non fosse stato
reso noto, mi trovo dunque oggi di fronte all’impegno morale di
adempiere alle sue ultime volontà, espressemi telefonicamente pochi
giorni prima di morire. Un obbligo morale conferitomi in extremis,
dunque, cui ormai ad anni di distanza non posso più sottrarmi. Tanto
più che – per l’interesse dell’ufologia – ho da dire anche la mia sul
materiale di Corso, che ha avuto nel console italiano Alberto Perego
un vero e proprio precursore, e non certo a caso. A differenza di altri,
considero i Corso Files non un semplice “prodotto editoriale” per fare
soldi. Viceversa, chi come me ha il know how (che non si improvvisa)
per farlo, ha tanto da dire, commentare, comparare e spiegare. Di
seguito, quindi, offrirò ai lettori una mia sintesi del materiale
fornitomi da Corso.
L’UFO e le EBE
Il colonnello Corso riteneva che vi fosse una interazione fra le EBE
pilotanti l’UFO e il mezzo spaziale tanto incredibile quanto fantastica, e
cioè una interfaccia simbiotica di tipo biomeccanico ed elettronico fra
chi guida il velivolo da lui controllato. Egli vide ciò come una forma di
ergonomia digitale comprendente un flusso di elettromagnetismo che
legava dal punto di vista neurologico l’EBE alla propria navicella. Era
come se il pilota e il mezzo diventassero una sola entità, in cui il
cervello della EBE si integrava con l’onda elettromagnetica
propagantesi attorno all’UFO . Utilizzando attraverso la fronte
opportunamente così bendata una banda frontale atta a trasmettere i
propri impulsi psichici, la EBE appariva in grado di manipolare diversi
campi elettromagnetici mediante le proprie onde telepatiche come
pure mediante le punte delle dita attraverso dei cambiamenti
sequenziali (come se suonasse un pianoforte) atti ad aumentare o
diminuire la velocità della navetta, nonché di controllarne le varie
manovre nell’atmosfera.
Le onde elettromagnetiche si manifesterebbero talvolta come
collettori distribuiti tutt’intorno al veicolo, e ciò spiegherebbe i
numerosi avvistamenti di UFO accompagnati da luci colorate mentre
procedono nell’atmosfera. Il colonnello Corso riteneva che le EBE
fossero il prodotto di una ingegneria genetica aliena specificamente
rivolta alla creazione di piloti atti ad affrontare il volo spaziale. Gli
esseri umani, come i programmi degli USA e dell’URSS prima e russo
poi hanno provato, non possono viaggiare su lunghe distanze senza
registrare una serie di controindicazioni avverse. Anche in missioni
spaziali di corta durata astronauti e cosmonauti hanno sperimentato
perdita di massa corporea e di stabilità, danni al sistema immunitario,
criticità digestive e spossatezza generale. I nostri stessi esperimenti di
clonazione hanno dimostrato che sarebbe teoricamente possibile
costruire geneticamente un “perfetto” viaggiatore spaziale. È forse
questo ciò che hanno davvero fatto gli extraterrestri centinaia di
migliaia se non milioni di anni fa? Di che genere di tecnologia
disponevano per creare entità (le EBE ) geneticamente progettate e
computerizzate in grado di esplorare la galassia?
Le creature che, pattugliandoli, viaggiano da un mondo all’altro su
mandato dei loro creatori alieni sono allora state progettate a livello
genetico specificamente per affrontare le missioni spaziali? Cosa
accadrebbe, si chiede Corso, se potessimo raggiungere il pianeta di
provenienza delle EBE di Roswell? Le creature schiantatesi nel New
Mexico nel 1947 sono entità biogeneticamente prodotte in serie
(clonate) per affrontare i rischi dei viaggi spaziali e non per operare
nel mondo dei loro creatori?
Non certo a torto, Corso conclude che per viaggiare nello spazio su
lunghe distanze dovremmo essere “più” che umani. Seguendo i criteri
della presunta progettazione genetica delle EBE , i viaggi spaziali
sarebbero grandemente agevolati da un corpo atto a proteggere
l’organismo dalle radiazioni. Dovremmo dipendere da un
elettromagnetismo autoprodotto piuttosto che da ossigeno e cibo. E
un incredibile accorciamento nei tempi di viaggio sarebbe ottenuto
dall’uso di una propulsione elettromagnetica, una energia attivata in
funzione delle nostre necessità, come l’elettricità. Sulla base delle
relazioni autoptiche del Walter Reed Hospital dell’esercito, il
colonnello Corso riteneva che le EBE fossero esseri o clonati o
comunque realizzati specificamente per il volo spaziale, dal momento
che i loro sistemi bioorganici sembravano non solo adattarsi
perfettamente ai rigori della esposizione per lunghi periodi alla
gravità zero e alle radiazioni cosmiche, ma anche interfacciarsi
perfettamente con il mezzo pilotato. Secondo Corso, il cervello delle
EBE constava di quattro parti, due per così dire “computerizzate” e
due normali. Era quest’organo che presiedeva alla loro “missione”?
Per esempio, il cervello era elettromagneticamente interconnesso
con il sistema della navicella mediante impianti in silicio nei lobi
cerebrali. Questi ultimi erano caratterizzati da quello che gli analisti
medici dell’esercito descrivevano come un insieme di “avvolgimenti
esterni”, sul tipo di quelli interfacciati a una massa magnetica
utilizzata per aumentare le emissioni elettromagnetiche. I patologi
dell’esercito non furono mai in grado di misurare alcuna di tali
emissioni, in quanto le EBE erano morte e la loro attività cerebrale era
cessata. Ma, ritenendo che ciò che i patologi avevano riscontrato
indicasse quanto il cervello si supponeva fosse effettivamente in grado
di fare, nulla esclude che tali avvolgimenti esterni attorno alle teste
delle EBE fossero deputati a quanto sopra detto.
Il cervello delle EBE aveva quattro lobi dei quali il primo era il più
grande. Corso riteneva dalle sue dimensioni che esso non solo
funzionasse quale “cervello principale”, ma fosse altresì, in pratica,
quello dello stesso velivolo, quale parte integrante dello schema
progettuale dell’UFO .
Il lobo 2 sembrava agire in funzione ausiliaria rispetto al lobo 1,
forse in quanto contenente varie istruzioni di programmazione, dati di
navigazione, nonché procedure da adottare in caso di guasti o danni
al mezzo o di decisioni critiche. Era come se tale lobo fosse simile a un
cervello umano primitivo caratterizzato da “reazioni di fuga”, e cioè
dalla capacità di reagire propriamente per salvare il mezzo e i suoi
occupanti.
Il lobo 3 era simile al cervello umano, controllante funzioni di
supporto vitale come il cuore, il polmone e i muscoli. Esso era altresì
in grado di ridurre i requisiti energetici di tali funzioni vitali nel caso
di lunghi viaggi nello spazio.
Il lobo 4 controllava la maggior parte del sistema dei muscoli
volontari e consentiva alle EBE azioni indipendenti, forse nel caso di
missioni ricognitive su pianeti lontani, in modo abbastanza simile alla
programmazione che verrà usata dalle nostre sonde robotizzate lunari
o marziane per consentire di condurre una esplorazione sulla base
della situazione locale del momento.
Le EBE indossavano delle fasce frontali che intensificavano le onde
celebrali per la comunicazione telepatica, di grande aiuto nel
funzionamento “biologico” della EBE . Una di queste fasce frontali fu
rinvenuta da Corso fra i reperti allegati agli archivi del Pentagono sul
caso Roswell, ed egli la consegnò, per le possibili applicazioni
tecnologiche conseguenti, alle industrie aerospaziali legate da
contratto al ministero della Difesa USA . Oggi, tale fascia frontale esiste
ed è utilizzata per aiutare individui fisicamente disabili a muovere un
cursore sullo schermo di un computer e piloti collaudatori a tenere
sotto controllo certune funzioni del velivolo in volo.
Le EBE potevano altresì controllare l’UFO attraverso relè
amplificatori di corrente a forma di coppa collegati alle estremità delle
dita delle mani? Il colonnello Corso notò che in tutte le punte delle
dita delle EBE si riscontravano circa 80.000 punti di emissione. È
dunque estremamente probabile che attraverso questi relè le EBE
trasmettessero istruzioni di guida al sistema di navigazione del
velivolo direttamente dalle loro menti mediante le dita delle mani.
UFO e KGB
Nel 1994, nella nuova situazione della Russia postsovietica, si
apprende che un paio di esponenti dell’ex Servizio segreto dell’URSS , il
KGB (Komitet Gosudarstvennoi Bezopaznosti) ovvero Comitato per la
sicurezza dello Stato), avrebbe venduto in USA un dossier di casi
ufologici esistenti agli atti dell’intelligence del Cremlino.
In virtù di consolidati contatti preferenziali, stabiliti fin dagli anni
Sessanta con i pionieri della ricerca nel settore in URSS (Zhigel,
Tikhonov, Kazantsev, Rotsius ecc.), attraverso chi scrive il Centro
Ufologico Nazionale ottiene da Mosca per mano di Boris Shurinov
copia di tale materiale con l’indicazione di divulgarlo. Il tutto nel
quadro della massima glasnost e in barba al suo mercimonio, come in
fondo era giusto avvenisse.
Il dossier, comprensivo di diciassette casi di fonte militare occorsi
fra il 1982 e il 1990, viene così tradotto dal CUN che lo divulgherà dopo
averlo inoltrato agli organi istituzionali italiani (Presidenza della
Repubblica, Presidenza del Consiglio dei ministri, ministri della
Difesa, dell’Interno e della Ricerca Scientifica, stato maggiore
aeronautica, responsabili degli enti di intelligence SISMI , SISDE e CESIS ).
Solo in seguito il testo apparirà in appendice al mio volume UFO : Top
Secret.
Al rilascio di tale materiale autentico fanno riscontro purtroppo, in
Russia, attività di sedicenti ricercatori locali, tutt’altro che seri e
disinteressati, che diffondono comunicati di taglio sensazionalistico
quando non addirittura mistificatorio. A parte poche eccezioni, l’unica
voce valida sul tema UFO proveniente dal più grande paese dell’Est
europeo rimane quella della UFOS , organizzazione di ricerca privata
diretta da Boris Shurinov a Mosca. È nello scenario caratterizzato
dall’emergere dei rapporti ufologici del KGB che, nel 1998, si verifica
un episodio apparentemente collegato al sottobosco dei “pataccari”
venuti alla ribalta in diversi settori della Nuova Russia. Ma non è così
semplice.
Come osserva Boris Shurinov, con un evento simile non ci si può
non rendere conto dell’attività delle forze che agiscono contro la vera
comprensione del problema, per finalità solo in parte bassamente
economiche. Ma veniamo al dunque, e per farlo cediamo direttamente
la parola al presidente della UFOS , Boris Shurinov.
SOLDATI O PECORE?
LA DIVISA
L’AUTOPSIA
I CERTIFICATI DI MORTE
Gli autori del filmato vogliono convincere gli spettatori che i dottori
sono tutti deceduti lo stesso giorno, il 24 marzo 1969, appena una
settimana dopo l’autopsia. A conferma si presentano i certificati di
morte dei tre medici rilasciati a Mosca. Solo che il modulo utilizzato
è stato messo in circolazione soltanto nella seconda metà degli anni
Settanta. Nei certificati del filmato la sigla RF sta per Federazione
russa (Rossiskaja Federatsja), nome ufficiale assunto dalla Russia solo
dal 1992. Nel 1969, all’epoca dell’URSS , si usava invece la sigla
RSFSR (Repubblica socialista federativa sovietica russa).
Nel falso certificato possiamo quindi leggere la diagnosi:
letteralmente “emorragia cerebrale”. Ma in lingua russa c’è una
piccola differenza: noi diciamo infatti “emorragia del cervello’’ e
non “emorragia cerebrale”. Ultima interessante osservazione in
proposito è che il colore dei certificati emessi nel mio paese nel 1969
è diverso da quello dei certificati emessi nella seconda metà degli
anni Settanta.
Sta scherzando?
No!
DOCUMENTI FALSIFICATI
“Disinformazia” e “maskerazia”
Noi non possiamo che convenire su quanto riferisce Shurinov,
naturalmente.
Tanto più che nel 2006 è venuto alla ribalta di Internet (all’indirizzo
www.kbat746432.info, poi abbuiato) un altro filmato accompagnato
da una foto e da una lettera aperta di un sedicente scienziato russo
inviata per e-mail a un ufologo americano, William Matchen. Esso,
relativo a un supposto Progetto KBAT 746432 di carattere ufficiale e
segreto collegato a studi riferiti a pretese sperimentazioni aliene su
creature umane che sarebbero emerse col recupero dei frammenti di
un UFO precipitato a nord del mare di Kara, mostrerebbe una “sala
medica aliena” con una donna (rapita) al centro di sperimentazioni
biogenetiche extraterrestri. Non c’è neanche bisogno di dire che il
tutto si è poi dimostrato un altro falso, sempre di marca russa.
Ma, a parte quest’ultima “bufala” su Internet, non possiamo non
considerare un dato palese. E cioè che in Russia un gruppo di
americani ha realizzato premeditatamente e senza troppi ostacoli un
falso che, riferendosi ai materiali sugli UFO presenti negli archivi
dell’ex Servizio segreto sovietico, nel momento della sua scoperta
poteva avere un solo effetto: quello di proiettare un’ombra di dubbio
sullo stesso materiale genuino inizialmente diffuso dal KGB per ordine
del generale Sciam all’ex astronauta Popovich. In tal modo, l’impatto
del dossier dei diciassette casi di fonte militare del periodo 1982-1900,
seppur autentici, risulta fatalmente ridimensionato a livello mediatico
in quanto l’interrogativo consequenziale che sorge nel pubblico è:
poiché vi sono certamente documentazioni attribuite al KGB adesso
riconosciute false, quanto di vero c’è in quelle ritenute autentiche e
quanto di falso potrebbe nonostante tutto esservi? È evidente che solo
determinati ambienti potrebbero avere interesse a screditare i
materiali ufologici genuini del KGB , e sono evidentemente proprio gli
stessi che in USA screditano il caso Roswell: l’intelligence statunitense,
che su scala planetaria continua a utilizzare ovunque gli stessi sistemi
di disinformazione (la ben nota “disinformazia” di Mosca) pur
celando il suo vero volto (con quello che i russi definiscono
“maskerazia”); tutto il mondo è paese, a certi livelli…
Attenzione, però. Anche la Nuova Russia potrebbe avere oggi la
sua convenienza ad applicare ancora e più che mai il Savierscienna
Siekretna (cioè il top secret) a quanto si riferisce seriamente agli UFO o
NLO .
Gli UFO ? Non esistono. A dirlo è stato l’ultimo capo del KGB
Vladimir Kriuchkov, che oggi afferma di avere indagato a fondo sul
paranormale e sugli alieni ma di non essersi imbattuto mai – a suo
dire – in dischi volanti o extraterrestri. «Diverse volte» rivela
Kriuchkov «il Comitato centrale del PCUS ci chiese di verificare
l’attendibilità di voci su fenomeni misteriosi, ma di NLO non abbiamo
trovato tracce. Mobilitai i nostri migliori agenti in URSS e all’estero e il
risultato fu sempre lo stesso: si trattava o di trucchi o del frutto di
sbrigliate fantasie.» In patria le verifiche sarebbero state condotte dal
cosiddetto “triangolo M” di Perm negli Urali fino alla regione di
Volgograd, dalla zona dell’ansa del Volga presso Samara a Zhiguli
fino all’altopiano di Nalcik nel Caucaso, dal monte dei Morti negli
Urali settentrionali all’altopiano di Putorana in Siberia, fino alla
regione anomala di Novovoronezh. Kriuchkov, reduce da alcuni anni
di detenzione dopo la condanna giustamente comminatagli per il
cruento tentativo di rovesciare Mikhail Gorbaciov unitamente ad altri
congiurati allo scopo di ripristinare il comunismo ortodosso in URSS
manu militari, fu la mente fredda e determinata di un progetto golpista
di restaurazione a carattere stalinista e quindi processato per alto
tradimento nello stesso momento in cui, in seguito alle reazioni
insorte per fronteggiare la drammatica situazione, l’URSS si dissolse.
Ciò nonostante è oggi gradito ospite del Cremlino nonché memoria
storica nell’intelligence moscovita e prezioso consulente di Vladimir
Putin (che, lo si ricordi, viene anch’egli dal KGB ), e la sua dichiarazione
in apparenza del tutto immotivata viene da molti vista come un
tentativo di delegittimare lo scomodo dossier 1982-1990 del KGB sugli
UFO notoriamente reso noto e ufficialmente trasmesso dal generale
N.A. Sciam al cosmonauta e ufologo Pavel Popovich il 24 ottobre 1991,
venuto alla ribalta con il collasso dell’impero sovietico e del suo
sistema di intelligence. Infatti tale dossier, dapprima venduto
sottobanco all’intelligence USA da due ex dirigenti del KGB disoccupati,
venne disinvoltamente diffuso da Michael Hesemann in Germania e
da chi scrive per il CUN in Italia dopo averlo ricevuto per mano di
Boris Shurinov (da ambienti che a Mosca ritenevano giustamente
scandaloso il mercato che ne era stato fatto), e documenta ampiamente
il diretto coinvolgimento del Servizio segreto dell’URSS nelle indagini
sugli UFO presentando altresì molteplici casi concreti, positivi e
assolutamente non collegabili a nulla di convenzionale o di fantasioso.
Come si può riscontrare da tale dossier ufficiale tradotto dal russo dal
professor Stefano Breccia dell’Università dell’Aquila e da me
trasmesso nel 1994, prima che ai media del nostro paese, alle autorità
di Stato e di governo della Repubblica italiana (dal premier Berlusconi
che ci ringraziò al presidente Scalfaro, dai ministri dell’Interno, della
Difesa e della Ricerca Scientifica ai tre enti di intelligence italiani), le
località dell’Unione Sovietica teatro degli eventi ufologici al centro dei
vari rapporti erano le seguenti:
1) la città di Pietropavlovsk (20 ottobre 1982);
2) le città di Kupska, Voronezh e Yelzi (17 ottobre 1983);
3) la comunità locale di Ghiuze (13 febbraio 1985);
4) la zona di Khabarovsk (23 maggio 1985);
5) la zona di Primorsk (12 novembre 1985);
6) la città di Magadan (25 novembre 1986);
7) la penisola di Tiksi (14 agosto 1987);
8) la città d Mineralnie Vodi (14 dicembre 1987);
9) la città di Nievinnomsk (30 dicembre 1987);
10) la regione della penisola della Kamciatka (tra la fine del 1987 e
l’inizio del 1988);
11) nuovamente la città di Khabarovsk (6 maggio 1988);
12) ancora la città di Magadan (1º ottobre 1988);
13) la città di Soci (26 luglio 1989);
14) la città col poligono missilistico cosmodromo di Kapustin Yar
(28 luglio 1989);
15) la zona di Astrakhan (28 settembre 1989);
16) una volta ancora la zona di Magadan (21 ottobre 1989);
17) la zona di Vladimir (21 marzo 1990).
Resoconti puntuali, circostanziati e senza spiegazioni. Una
situazione estremamente imbarazzante anche per la nuova
superpotenza russa odierna guidata dal “democratico” Putin e
pertanto comunque da rimuovere per quanto possibile. Ecco perché la
zelante ma assolutamente non richiesta sortita mediatica dell’ex
traditore Kriuchkov oggi semiriabilitato non ha convinto in effetti
quasi nessuno (con la sola eccezione, forse, di qualche
veterocomunista inguaribilmente nostalgico pronto ad accettare ogni
voce evocante un passato acritico). Come ben si sa, infatti, excusatio
non petita, accusatio manifesta…
La CIA e Dreamland
Semplici fantasie destituite di qualsiasi fondamento? Forse. Però…
Ecco un estratto dal cap. 3 (La CIA e gli altri servizi informazioni) del
volume CIA : culto e mistica del servizio segreto di Victor Marchetti e John
D. Marks (Garzanti, Milano 1975, pagg. 89-90), edito in USA nel 1974
dopo una revisione e censura del testo da parte della CIA , che cercò in
ogni modo di impedirne la pubblicazione.
E per finire:
Intrusi in orbita?
3 settembre 1993, ore 18.30 (20.30 UTC ). Il genovese Vittorio Orlando,
radioamatore con l’hobby della meteorologia, rileva attraverso la
propria potente strumentazione un’immagine originata dal satellite
Meteosat-3 che, in certe ore della giornata, viene utilizzata come
transponder per il segnale del Meteosat-4, e al momento non orbitante
sul continente europeo bensì su quello americano, più o meno
all’altezza del golfo del Messico. L’immagine pervenuta è a dir poco
intrigante: in alto sulla sinistra, infatti, ove si può scorgere lo spazio
con la curvatura terrestre e non dovrebbe esserci niente, spicca invece
un corpo dai contorni netti e precisi, quello che sembra un oggetto
volante sconosciuto di forma lenticolare, apparentemente
geostazionario. Di cosa si tratta? Di un satellite artificiale? Niente da
fare. In quella zona di spazio, infatti, non risultano altri corpi
denunciati dal controllo strumentale della rete di rilevamento del
NORAD (il comando militare USA per la difesa del Nordamerica).
Naturalmente ciò non esclude necessariamente la presenza di un
satellite spia non denunciato, un “satellite ombra”. Ma è altrettanto
chiaro che nessun organismo che utilizzasse uno di tali satelliti lo
metterebbe in un’orbita tale da interferire con quelle di noti satelliti
meteorologici come i Meteosat, in prossimità dei quali la sua presenza
potrebbe allora venire rilevata senza grandi difficoltà dalle telecamere
montate su questi ultimi. A parte ciò, il corpo visibile nell’immagine
satellitare in questione presenta una forma assolutamente atipica per
un satellite: quella discoidale o ellissoidale. Certo un ordigno siffatto
si presterebbe male a eventuali correzioni di rotta; oltretutto non si
notano strutture esterne sullo scafo ricollegabili a sensori o antenne in
grado di ricevere e trasmettere impulsi. Si tratta quindi di un satellite?
Il profilo è quello, netto, di un corpo solido e compatto occupante
un’orbita attigua a quella del Meteosat, certo, ma l’intruso ha
evidentemente ben poco a che fare con alcunché di noto e
convenzionale posto dall’uomo in orbita terrestre.
L’immagine ricevuta dal signor Orlando, comunque, ci suggerisce
che l’oggetto possa ruotare sul suo asse principale. Essa, infatti,
contiene una serie di informazioni sulle emissioni all’infrarosso degli
oggetti ripresi, e cioè sul calore emesso da questi. E se ne conclude che
l’intruso, pur trovandosi a ben 36.000 chilometri di altezza, dove la
temperatura si aggira sui –200 gradi Kelvin sotto zero, non presenta
delle parti che irradiano il calore solare in maniera differente. A tale
quota ciò si giustifica solo se l’oggetto in questione ruota sul proprio
asse, esponendo periodicamente tutte le sue parti al calore del Sole, e
omogeneizzando in tal modo la temperatura su tutta la sua superficie.
La “schermata” catturata e “salvata” dal radioamatore genovese,
comunque, è caratterizzata da un tempo di trasmissione di circa tre
minuti e trenta secondi, necessario perché il sistema di “videolento”
trasmetta tutte le righe che compongono l’immagine. Ma lasciamo alle
parole dello stesso Orlando la spiegazione tecnica dell’accaduto.
Conclusioni
Dopo aver presentato nel dettaglio le analisi compiute sui crop circles
apparsi l’estate del 2001 nei campi di Chilbolton vorremmo
concludere sottolineando al lettore alcuni punti. Il fascino di questo
“disegno” ha risvegliato nell’animo di molti ricercatori la possibilità
che una razza aliena abbia risposto a un nostro messaggio inviato
ventisette anni prima, innescando l’interesse di molti studiosi a livello
internazionale che tra incredulità e diffidenza hanno dato notevole
risalto alla cosa. Poche critiche sono state avanzate dalla comunità
scientifica, e per la maggior parte delle volte queste sono state
indirizzate al fenomeno dei crop circles in generale. Il SETI Institute ha
dedicato la copertina della propria pagina Internet all’agroglifo
inglese; in Italia un articolo in prima pagina e una intera pagina
interna sono stati dedicati al caso dall’autorevole quotidiano «La
Stampa», mentre il popolare settimanale di taglio sensazionalistico
«Visto» ha realizzato un ampio servizio illustrato a colori e il giornale
economico «Il Sole - 24 Ore» se ne è significativamente occupato,
seppur a livello superficialmente opinionistico. Last but not least, il
diffusissimo mensile di divulgazione scientifica «Focus» ha dato
anch’esso ampio spazio alla cosa (in termini correttamente
interlocutori) sul suo numero del novembre 2001. Molto, troppo
risalto per qualcosa che in parecchi continuano a ritenere l’opera di
abili mistificatori. Numerosi punti che vi abbiamo presentato possono
apparire ostici o quanto meno incredibili, ma nella loro totalità sono il
frutto di serie e minuziose analisi da parte di ricercatori di tutto il
mondo. Verifiche ulteriori stanno attualmente coinvolgendo una folta
schiera di studiosi, tutte tese all’unico scopo di interpretare quella che
potrebbe essere la eventuale risposta di una razza aliena ovvero a
individuare la sempre possibile longa manus di una occulta quanto
sofisticata mistificazione terrestre: ma chi e perché, nel caso? Una
risposta in tal senso potrebbe essere inquietante, non potendosi
escludere in ogni caso o la nuova fase di un preciso piano di debunking
della questione dei crop circles finalizzato a rimuovere sottilmente
dall’opinione pubblica l’idea emergente, destabilizzante e decisamente
“scomoda” (in quanto ormai divenuta fin troppo popolare) della
matrice extraterrestre del fenomeno ovvero anche solo a testare le
reazioni delle masse alla notizia di potenziali manifestazioni aliene; in
ambedue i casi la conseguenza sarebbe l’affossamento e il successivo
insabbiamento sia dell’argomento dei crop circles sia di quello degli
UFO e degli alieni una volta che lo specifico evento sia stato assimilato
a una mistificazione. Come? È presto detto: mediante l’intervento
mirato di una “mente” costituita da una équipe di scienziati e da un
“braccio” ottenuto dalla efficiente manovalanza di soggetti altamente
addestrati a realizzare in poche ore agroglifi quali quello di
Chilbonton con la probabile complicità o la connivenza di personale
accademico (nel caso specifico, si potrebbe pensare a quello del vicino
radiotelescopio locale, il dottor Darcy Ladd in primis). Com’è noto da
tempo si vocifera che (messi ormai definitivamente da parte i due
pensionati britannici a suo tempo indicati come autori di diversi crop
circles e utilizzati per screditare il fenomeno negli anni Novanta)
diversi agroglifi siano stati e siano realizzati per scherzo da diversi
gruppi organizzati di studenti di facoltà tecniche di un paio di
università del Regno Unito, dietro cui si celerebbe la probabile
ispirazione occulta di alcuni docenti. I circlemakers sarebbero dunque
costoro: spiritosi burloni caratterizzati da uno humour tutto
britannico, che la gente potrà anche essere indotta a ritenere spassosi e
in fondo innocui mattacchioni desiderosi solo di divertirsi alle spalle
del mondo intero, in bilico fra la goliardia di college anglosassoni più
o meno esclusivi e l’originalità di accademici in vena di eccentricità.
Ma non noi.
Sì, perché la nota frase evangelica «li riconoscerete dalle loro opere»
non può non aprire gli occhi a chi consideri in questa vicenda una
serie di importanti ed evidenti fattori. Vediamoli.
1) È storicamente comprovato che dal 1953 (se non già dal 1947) il
governo USA , per ragioni di ordine pubblico, ha varato una congiura
del silenzio sugli UFO fondata sulla politica del discredito (debunking) e
la tattica dell’insabbiamento (cover up), ritenendo giustamente che la
conferma della presenza aliena sulla Terra in popolazioni impreparate
avrebbe destabilizzato le varie culture e i poteri che le regolano.
2) Tale iniziale congiura del silenzio è stata affiancata da una
strategia della confusione con parziali ammissioni unite a
disinformazione diffusa, realizzata attraverso apparenti fughe di
notizie e l’uso di rivelatori sovente legati all’intelligence. Obiettivo:
una acculturazione delle masse alla prospettiva che “non siamo soli”
nel lungo periodo con una informazione mirata e non traumatica,
comunque temperata da una disinformazione atta a riequilibrare il
tutto senza alcuno shock culturale. Ciò consentirà alla gente di
metabolizzare il concetto della presenza aliena senza che l’impatto del
contatto travolga le strutture odierne del potere.
3) Tale specifico modus operandi è stato sostanzialmente applicato
in tutto il mondo da varie potenze e paesi, seppur con sfumature e
varianti.
4) In Europa il paese maggiormente allineato alla politica USA è
indiscutibilmente il Regno Unito, a livello sia politico-economico che
militare e di intelligence. Di conseguenza la congiura del silenzio e le
strategia della confusione sulla conferma della presenza aliena sulla
Terra dovrebbero avere il medesimo grado di applicazione sia in USA
che in Inghilterra.
5) La valenza aliena del fenomeno dei crop circles è guardata con
apprensione dall’establishment in quanto esso è ben più insidioso di
quello UFO . Quest’ultimo, infatti, è imprevedibile ma fugace, e
consente alle autorità il silenzio, la negazione, la confusione e dunque
un qualche tipo di controllo. Al contrario, quello dei crop circles non
può né passare sotto silenzio né essere negato, persistendo nel tempo
con la sua muta evidenza fisica che può solo in parte essere confusa e
manipolata. E che fa discutere. Di qui la assoluta necessità di
ricollegarlo a una matrice esclusivamente umana, in quanto il suo
potenziale di destabilizzazione per l’establishment è ben più elevato e
assai meno controllabile di quello insito nelle manifestazioni degli
UFO .
6) Quello che sta succedendo oggi ci mostra uno sviluppo
esponenziale e incontrollabile delle manifestazioni dei crop circles e il
timore di un establishment incalzato dagli eventi di dover fornire
risposte positive in chiave extraterrestre il cui impatto sul pubblico, a
dispetto di quasi mezzo secolo di acculturazione delle masse, sarebbe
certo ancora di difficile gestione. Di qui scaturiscono solo tre possibili
alternative:
a) subire passivamente l’iniziativa dell’intelligenza che produce il
fenomeno e attuare una politica situazionista, consapevoli di dover
ormai affrontare la verità coram populo;
b) contrastare il fenomeno spiegandolo in termini convenzionali
attraverso la creazione di crop circles falsi; il che è in effetti stato fatto
finora, e probabilmente non con la semplice regia di qualche
buontempone;
c) testare le reazioni delle masse alla conferma della presenza aliena
sulla Terra con la creazione di alcuni eventi tipo ricollegabili a una
matrice aliena destinati comunque a restare inesplicati. Quello occorso
a Chilbolton, se fraudolento, si presterebbe non poco alla bisogna.
«Se non è vero è ben pensato» si dice in Inghilterra. Certo, nel caso
sarebbe ben più auspicabile la prima delle tre eventualità di cui sopra,
implicante di per sé il fatto che la matrice dell’Arecibo Reply sia
davvero di origine non umana, e che cioè provenga proprio dal
cosmo. Da dove? Si è parlato, come unico candidato accettabile, di un
pianeta del sistema di Hercules 86, stella non dissimile dal nostro Sole
posta a 26,4 anni luce da noi sulla traiettoria ideale (pur con una
leggera deviazione di 17 gradi) seguita dal fascio radio a suo tempo
inviato verso l’ammasso stellare M13 di Ercole: più o meno, in effetti,
il tempo richiesto al messaggio di Arecibo da noi inoltrato verso la
costellazione di Ercole nel 1974 per raggiungere quel sistema stellare
alla velocità della luce. Visto che l’eventuale risposta si sarebbe avuta
oggi più o meno in tempo reale, senza che trascorressero altri
ventisette anni, gli Ercoliani avrebbero bypassato la velocità della luce,
allora? La fisica teorica d’avanguardia del warp drive e dei wormholes
(popolarmente anticipata dal serial TV Star Trek) permetterebbe questo
e altro a chiunque sapesse gestirla, com’è ben noto agli scienziati
aerospaziali che attualmente studiano la cosiddetta breakthrough
propulsion. E nel caso la fantascienza non c’entra affatto.
Non solo. Indipendentemente dai due agroglifi di Chilbolton,
apparsi fra il 17 e il 19 agosto 2001, altri crop circles guastano il sonno
degli scettici. È il caso di quello, colossale, materializzatosi il 13 agosto
dal giorno alla notte in un campo di Milk Hill a Wansdyke nel
Wiltshire, composto da circa 400 cerchi e del diametro di 450 metri.
«Anche gli scettici devono valutare un campo costituito da 400 dischi
volanti» ha scritto il «Daily Mail» del 20 agosto, riportando il
commento di John Lundberg, noto e autoconfesso “creatore” di
diversi crop circles falsi in Inghilterra. «Se questa formazione è stata
fatta dall’uomo, allora va detto che, considerando quanto deve esserci
voluto a operare entrando e uscendo dal campo con l’oscurità, la
costruzione deve avere richiesto almeno quattro ore. Considerando
poi che ci sono circa 400 cerchi, molti dei quali di più di venti metri di
diametro, ciò starebbe a significare che ciascun cerchio avrebbe
dovuto essere creato ogni 30 secondi, e ciò solo per schiacciare la
vegetazione al suolo senza svolgere alcuna attività di misurazione sul
terreno.» In altri termini, tutto ciò è troppo anche per qualunque
falsificatore! Per cui…
Quanto a Chilbolton, gli scenari sono dunque estremamente
complessi e per ora non è possibile formulare, oltre a quelli presentati,
elementi ulteriori riguardo alla natura e ai significati di quest’ultimo
agroglifo. Molti dubbi permangono e probabilmente permarranno,
mentre altri sembrano essere stati risolti. Solo la stretta collaborazione
dei ricercatori forse potrà alzare il velo di mistero che ancora permane
a Chilbolton, mostrando infine la reale matrice dell’Arecibo Reply.
Come esseri umani, oltre che come ufologi, noi possiamo solo
augurarci che il silenzio infinito dello spazio, che sgomentava un
filosofo come Pascal, un giorno davvero si animi e risponda a chi
guarda al di là di esso. L’uomo è in ogni caso stanco di sentirsi solo in
un universo vuoto, e ancor più di sentirsi dire da politicanti arroganti
e da spocchiosi cattedratici da troppo tempo chiusi in una turris
eburnea che non permette loro di vedere al di là del proprio naso che
saremmo soli nel cosmo. Perché in ogni caso non è così.
Anche nel 2002 i crop circles inglesi hanno fatto parlare di loro.
Quotidiani quali «Il Giornale» (14 agosto) e «La Stampa» (20 e 23
agosto) hanno dedicato intere pagine alla questione. Tra le decine di
agroglifi apparsi nei campi dei contadini britannici un nuovo
stupefacente “messaggio” sembrerebbe essere apparso. Alcuni lo
hanno correlato, per la sua magnificenza e qualità, al crop circle di
Chilbolton dell’anno precedente. A seguito della sua scoperta diversi
ricercatori hanno avanzato da subito le prime critiche, e si sono accesi
aspri dibattiti tra i detrattori e gli studiosi del fenomeno. Il caso di
Crabwood Hill, come è stato definito dai primi inquirenti che vi si
sono interessati, ha suscitato interesse e costernazione tra le schiere di
curiosi e di addetti ai lavori. Siamo in presenza di un crop circle di
dimensioni veramente ragguardevoli, 108 metri per 75, costituito dal
volto umanoide di un alieno (del tipo, esile e macrocefalo, del classico
Grigio sovente segnalato dalle vittime delle abductions, i presunti
rapimenti alieni), rappresentato tridimensionalmente, che
sembrerebbe reggere in mano un disco con strane incisioni.
Come ci ricorda Enrico Baccarini, la prima comunicazione
riguardante l’agroglifo di Crabwood Hill è stata fatta pervenire
attraverso una casella di posta elettronica a M.J. Fussell, editor del sito
Crop Circle Connector (www.cropcircleconnector.com). Le prime
ricerche hanno permesso di appurare come il disegno sia
probabilmente apparso nella notte tra il 12 e 13 agosto 2002, sebbene
altri studiosi affermino che una data più probabile sia la notte tra il 15
e il 16 agosto. Lucy Pringle, una ricercatrice e fotografa indipendente,
insieme al dottor Paul Vigay (già l’anno precedente tra i principali
studiosi a essersi interessati al caso Chilbolton) hanno iniziato a
effettuare da subito le prime verifiche. Con grande fortuna dei due
anche il proprietario del campo, il signor Mike Burge, ha dimostrato
enorme disponibilità e interesse nei confronti dello strano disegno
apparso nel suo podere. Tra le prime questioni sollevate dallo stesso
Burge ci si è chiesti come il testimone anonimo, che diede notizia della
presenza del disegno, avesse potuto osservarlo e quindi riferire della
sua esistenza. L’agroglifo si trova infatti in una posizione che non ne
permette l’osservazione né dalla strada né da altre posizioni, ma solo
da una collinetta adiacente.
Il signor Burge è stato anche visitato da Julian Gibson, altro
studioso del fenomeno, che gli ha mostrato un filmato aereo del suo
campo in cui si nota chiaramente il volto alieno nonché l’estrema
complessità del disegno. È curioso sottolineare come l’agroglifo di
Crabwood Hill si trovi a sole 15 chilometri di distanza dalla ben nota
cittadina di Chilbolton in cui l’anno precedente, nel medesimo
periodo, si era manifestato un crop circle altrettanto interessante
quanto complesso. Burge, a Vale Farm Pitt, si è trovato al centro di
uno dei più importanti agroglifi che fino a oggi si siano presentati.
Secondo numerosi ricercatori, che escludono un operato mistificatorio,
il crop di Crabwood Hill potrebbe infatti essere uno dei più
significativi. Purtroppo ancora oggi non possediamo dati
incontrovertibili sulla sua genuinità e sulla possibilità che dietro
questo disegno possano celarsi ben altri intenti. Vari inquirenti hanno
infatti da subito sollevato molti dubbi su tale formazione. Tra le
principali questioni discusse ci si è chiesti come tale disegno possa
riproporre una conformazione anatomica di un essere alieno molto
simile, per non dire uguale, a quelle che siamo stati abituati a
conoscere dalla letteratura in merito e dai resoconti testimoniali. La
risposta più ovvia e immediata è che, se il crop fosse vero, quanto
rappresentato potrebbe rispecchiare la reale conformazione anatomica
di questi esseri. Nell’ipotesi ci trovassimo davanti a una
sofisticatissima mistificazione ulteriori precisazioni non sarebbero
naturalmente necessarie, rafforzando ciò, nel caso, quanto abbiamo
detto circa la Arecibo Reply del 2001. Altre particolarità sono state
notate durante i primi sopralluoghi. Curiosamente la formazione è
apparsa vicino a una stazione a microonde e l’agroglifo sembra essere
direzionato proprio verso di essa. Secondo Paul Vigay questo dato
potrebbe plausibilmente significare che il sistema per realizzare
l’agroglifo chiami in causa proprio le microonde (ovviamente si tratta
ancora di ipotesi poiché ricerche e analisi dettagliate non sono state
ancora compiute). Le microonde sono state sovente associate, negli
studi fino a oggi condotti, alla presunta fonte energetica che sarebbe la
causa della realizzazione degli agroglifi. I recenti approfondimenti del
fisico olandese Heltjo Hasselhoff sono solo una parte del vasto
panorama di ricerche condotte in questo campo. I due ricercatori
inglesi N. Talbot e W. Levengood già nei primi anni Novanta
presentarono alla comunità scientifica, attraverso le pagine della
rivista «Phisyologia Plantarum», una serie di studi che cercarono di
stabilire le prime basi scientifiche per la comprensione del
meccanismo di formazione degli agroglifi. Le microonde
sembrerebbero quindi utilizzabili, se opportunamente modulate e
focalizzate, come una sorta di “pennello” immateriale attraverso il
quale realizzare queste raffigurazioni. Analizzando il disegno ci
rendiamo conto che, oltre alla perfezione con cui l’essere alieno
sembrerebbe essere stato realizzato, un altro dettaglio salta subito
all’attenzione degli osservatori. Tra i ricercatori ha infatti suscitato
notevole interesse una struttura circolare che l’alieno sembrerebbe
tenere in mano, un qualcosa di simile a un messaggio in codice binario
o a un CD-ROM . Si è cercato di contestualizzare tale conformazione con
l’essere cui sembra essere associata e l’ipotesi principale che è stata
avanzata vedrebbe in tale oggetto proprio una sorta di “comunicato”
rivolto e indirizzato agli osservatori. Come nell’agroglifo apparso
l’anno prima a Chilbolton gli studiosi si sono subito orientatati verso
una sua traduzione mediante il codice binario, che sembrerebbe essere
l’unico sistema per poter comprendere un eventuale messaggio ivi
contenuto.
Il messaggio nascosto
E in effetti il messaggio contenuto nella formazione di Crabwood Hill
presenta forti somiglianze con i dati digitali immagazzinati in un CD-
ROM o in un DVD . Se infatti si osservasse uno di questi due supporti
digitali sotto un potente microscopio, quello che potremmo rilevare
sarebbero delle strutture praticamente uguali a quelle presenti nel
disco di Crabwood Hill. Alcuni ricercatori dell’Yowusa
(www.yowusa.com) affermano addirittura che la codificazione
rinvenuta potrebbe essere proprio quella corrispettiva a un DVD ,
quindi un’informazione video. Ovviamente questi dati per ora
rimangono unicamente speculazioni, poiché non sono stati tentati
esperimenti per trasporre il codice rinvenuto all’interno di un
supporto digitale. Analisi del messaggio, comunque, sembrerebbero
indicarci che il tipo di codifica binaria utilizzato in questo caso possa
essere quasi sicuramente a 8 bit, cioè a informazioni contenute in
pacchetti da 8. Il disco si presenta con un disegno spiraliforme, del
diametro di 60 metri. La spirale è costituita da 16 circonvoluzioni in
cui il grano è stato appiattito in diversi punti, mentre in altri è stato
lasciato nella sua forma originaria. Il codice binario contenuto sembra
aver creato non pochi problemi ai ricercatori che hanno tentato una
sua decifrazione. Il primo problema che si presentò fu quello relativo
a dove iniziare la decodifica, quindi quale fosse il pacchetto di
informazioni in codice binario che potesse permettere una sua
decifrazione. Si ipotizzò poco tempo dopo che il metodo più probabile
poteva essere una traduzione che iniziasse dalla circonferenza esterna
verso quella interna. Come già detto, un’analisi che ne derivò ha
permesso di ottenere il seguente testo in funzione del codice binario
contenuto: BEWARE THE BEARERS OF FALSE GIFTS & THEIR BROKEN
PROMISES. MUCH PAIN BUT STILL TIME. EELRIJUE (PAROLA DANNEGGIATA).
THERE IS GOOD OUT THERE. WE OPPOSE DECEPTION. CONDUIT CLOSING
(BELL SOUND).
Ipotizzando per un momento per tale messaggio un’origine
extraterrestre, queste frasi criptiche suggestivamente evocanti
l’apertura e chiusura sonora di un canale di comunicazione
dovrebbero allora raffrontarsi con certi pretesi linguaggi e messaggi in
ufologia propri degli episodi di contattismo, e nel caso potrebbero
forse anche stare a significare, in altre parole: “Guardatevi dai vostri
leader che vi recano comfort e consumismo ingannevoli infrangendo
ogni promessa di fare i vostri interessi. Il mondo soffre ma c’è ancora
tempo per cambiare… EELRIJUE (parola danneggiata e
incomprensibile). Nell’universo prevale il bene. Noi ci opponiamo agli
inganni di cui siete vittime. Chiusura del canale (suono di campana)”.
Se non è vero, è ben pensato…
Correlazioni
Come è possibile vedere dalle foto che sono state riprese dall’alto da
vari aeromobili, l’agroglifo in esame presenta una particolarità che è
riscontrabile solo nel primo disegno apparso lo scorso anno a
Chilbolton, cioè una presenza di chiaroscuri nel disegno. Realizzare
tale struttura in un campo di grano richiede una notevole conoscenza
di come poter piegare le spighe, di come disporle e anche di quale
colorazione apparente fare assumere loro. Crabwood Hill ha le
caratteristiche di un vero e proprio rompicapo. La figura
rappresentata e la tecnica utilizzata pongono notevoli problematiche
per gli studiosi che vi si stanno interessando e per i detrattori che
stanno cercando di ricondurla a un operato umano. Un punto a favore
per coloro che ritengono tale agroglifo sia il frutto di una mano aliena
viene dato, lo ribadiamo, dall’apparente impossibilità di realizzare
una conformazione di questo tipo in un tempo così breve in
condizioni altamente proibitive (di notte e in apparente mancanza di
fonti luminose artificiali). I detrattori hanno addirittura ipotizzato che
tale conformazione sia stata creata appositamente per pubblicizzare il
film Signs sui crop circles con Mel Gibson. Parlare al momento di
mistificazione come pure di agroglifo alieno tout court risulterebbe
dunque parimenti avventato. Sicuramente a supporto della seconda
possibilità sembrerebbero esserci (secondo numerose ricerche) dati
significativi che tenderebbero a escludere un operato umano. Cosa
che, di contro, non convince l’olandese Eltjo Haseloff; egli ha concluso
che il cerchio a lato del “volto alieno” è costruito, come un CD , in
codice binario, e che gli autori hanno utilizzato il noto codice ASCII
(American Standard Code for Information Interchange) di 128
caratteri impiegato dai computer. Perché mai, si chiede, un alieno
avrebbe dovuto scegliere di usare un linguaggio creato negli anni
Sessanta per scopi limitati, invece ad esempio del cirillico o del cinese?
E perché poi usarlo al fine di creare un messaggio in lingua inglese?
Tutta questa faccenda, conclude Haseloff, sarebbe in effetti fin troppo
“piena di logica umana”. Più che elaborata, aggiungiamo; e certo
anche l’osservazione circa la logica umana pare giusta. Però resta
comunque il fatto che qualora ci trovassimo di fronte ad autori umani,
si andrebbe di sicuro certo ben oltre i più bravi circlemakers, e verrebbe
francamente da pensare, semmai, a una sapiente operazione di
intelligence a carattere informativo e disinformativo al tempo stesso
(come qualcuno ha suggerito anche per Chilbolton). Ma naturalmente
non possiamo escludere un’altra possibilità.
Quella, cioè, che un’intelligenza non umana abbia invece voluto
rifarsi a bella posta proprio a una precisa logica umana che in qualche
modo potesse esserle nota.
In effetti, sottolinea Enrico Baccarini, un messaggio in inglese si
giustificherebbe in quanto l’inglese, e non certo i pur diffusissimi
cinese, russo, arabo, spagnolo, francese e portoghese, è l’idioma
internazionalmente d’uso comune che (soprattutto in informatica)
unisce oggi i popoli della Terra. Quanto alla specifica utilizzazione di
un pur non aggiornatissimo codice ASCII , perché no? L’uso di un
qualunque altro codice, anche il più avanzato, avrebbe d’altronde
sollevato obiezioni analoghe negli scettici.
12
Prospettive semiufficiali dagli USA all’Europa ed
esopolitica: a cosa ci si deve preparare?
ORGANIZZAZIONI UFOLOGICHE
PERCHÉ LA SEGRETEZZA?
Nel loro libro UFOS over America, Coral e Jim Lorenzen accusano la
Central Intelligence Agency (CIA ) di essere stata pesantemente
coinvolta nella raccolta e nella soppressione di informazioni sugli
UFO [omissis] Una possibile giustificazione consiste nel fatto che
l’Intelligence può considerare gli UFO come gli strumenti di un
nemico potenziale noto o ignoto [omissis] Un’altra ragione per la
segretezza potrebbe ravvisarsi nella speranza di ottenere
conoscenze su metodi di propulsione avanzati e sistemi
antigravitazionali prima che altri nemici potenziali sulla Terra
possano acquisirle. Per cui, sebbene molte nazioni stiano indagando
segretamente sugli UFO , esse restano riluttanti a condividere le
rispettive scoperte [omissis] …
Secondo alcuni ufologi i tentativi di cover up da parte della CIA si
estendono alla distruzione stessa di prove che sia impossibile
confiscare [omissis] …
UFO IN MISSIONE
Molte ragioni si sono avanzate circa gli scopi che gli UFO avrebbero
nel visitare il nostro pianeta [omissis] Secondo il tecnico aerospaziale
William Spaulding [omissis] «il fenomeno non si presenta
diversamente dalle nostre esplorazioni spaziali: operazioni
ricognitive; prelievo di campioni al suolo; atterraggio» [omissis] …
[Omissis] Gli autori non hanno mai letto alcun consiglio al riguardo.
Il seguente monito di Frank Edwards compariva nell’avviso
riprodotto nel risvolto di copertina del suo libro sugli UFO :
«L’avvicinarsi a breve distanza degli UFO può essere dannoso per
gli esseri umani. Non restate al di sotto di un UFO che sta evoluendo
a bassa quota. Non toccate o tentate di toccare un UFO che sia
atterrato. In entrambi i casi la cosa più sicura da fare è allontanarsi
velocemente dalla zona e lasciare che se ne occupino i militari. Vi è
la possibilità di pericoli da radiazioni e ci sono stati casi noti in cui
delle persone sono state bruciate dai raggi emessi dall’UFO . Non
scherzate con gli UFO !».
In considerazione della sopraccitata legge federale che consente
all’amministratore della NASA di segregare, senza preavviso e senza
l’intervento di un tribunale, chiunque venga a contatto con un UFO
e i suoi occupanti, sarebbe indubbiamente poco consigliabile, in
USA , tentare di stabilire un qualche contatto del genere; a meno che,
naturalmente, non vogliate sottoporvi ai vari requisiti di
“quarantena” della NASA nel caso che la legge fosse fatta valere.
Oltre i possibili effetti fisici prodotti dalla vicinanza degli UFO
(scottature, esposizione a radiazioni ecc.) potrebbero pure sussistere
effetti psicologici prodotti anch’essi dai “campi di forza” che
indurrebbero nel testimone stati ipnotici, perdita di coscienza, vuoti
di memoria e sottomissione agli occupanti degli UFO . Jacques
Vallée, autore di The Invisible College, fa presente che dovremmo
considerare effetti psichici quali le distorsioni spaziotemporali
sperimentate dai soggetti che percepiscono mezzi in apparenza
simile a veicoli che sembrano svanire – o smaterializzarsi – per poi
ricomparire e le “voci” o pensieri che il soggetto sente estranee e che
possono causare cambiamenti involontari nel modo in cui il
testimone tenderebbe a reagire in tali circostanze.
Forse le considerazioni di Edwards e Vallée sono un po’ troppo
dominate dalla cautela e dall’apprensione per poterle adottare come
una linea di condotta generale in ogni situazione. In assenza di atti
dimostranti inequivocabilmente ostilità nei nostri confronti, ci
potrebbe anche non essere pericolo ad avvicinare un UFO in
atterraggio (o atterrato) con un atteggiamento sollecito e positivo
mirante a essere d’aiuto. Uno stato mentale non aggressivo potrebbe
anche essere telepaticamente percepito da chi si trovasse a bordo o
scendesse dal mezzo; una forma di comunicazione non vocale resta
sempre da contemplare come possibile. Va da sé che esibire
qualunque tipo di arma potrebbe essere interpretato come assai
poco amichevole e certamente vanificherebbe ogni intento di
mostrare un atteggiamento disponibile [omissis].
In ogni caso, l’incidente potrebbe fornire preziosa esperienza da
utilizzare nell’eventualità di doversi confrontare con emergenze
difficili e infrequenti. Qualunque informazione di prima mano siate
in grado di ottenere e trasmettere a colleghi e cittadini potrà certo
alleviare timori irragionevoli, in modo che con ogni probabilità non
si ripeterà più l’esperienza di panico e isterismo creato mezzo secolo
fa dalla Guerra dei mondi.
La verità è la migliore cura per l’ignoto [omissis] …
CONCLUSIONE
Il Rapporto Sturrock
Tornando in USA , a un trentennio di distanza dalla stesura del
Rapporto Condon, da Pocantico (New York) nel 1997 è stato reso noto
il cosiddetto Rapporto Sturrock, realizzato dopo anni di indagini da
un gruppo di lavoro privato finanziato da Laurence Rockfeller e
composto da diversi specialisti di livello universitario, americani ed
europei, facenti capo all’astrofisico Peter Sturrock della Stanford
University che oltre un ventennio prima aveva realizzato un famoso
sondaggio fra i membri della Società astronomica americana sugli UFO
(e che aveva fra l’altro rivelato che ben sessantadue astronomi
avevano direttamente avvistato degli UFO ). L’appello di questo panel
alla scienza affinché riveda l’atteggiamento scettico finora manifestato
a fronte dei dati evidenziati sul fenomeno è stato accolto
positivamente dai media internazionali e dall’ambiente ufologico.
Prospettive
Indubbiamente sarà proprio un bel caos dominato da un clima
generale di anomia (ovvero, la crisi dei valori di riferimento). E tutto
sarà anche in funzione dei nostri interlocutori. I quali, in base al nostro
metro, potranno anche essere definiti, magari, “buoni” o “cattivi”. I
principi del bene e del male, in realtà, dovrebbero valere su scala
cosmica. Ma non dimentichiamo che tutto è molto relativo. E in tal
caso, vadano essi o no d’accordo fra loro, i nostri interlocutori
potranno allora essere anche diversi, dai supposti cloni umanoidi, agli
angelici Nordici, dai piccoli ed esili Grigi ai fantomatici e forse
assolutamente fantastici Insettoidi, ai Rettiliani via via segnalati dai
testimoni di incontri ravvicinati e dai rivelatori. Però finora, checché
se ne dica, nessuno ha in effetti interferito in termini rilevanti con noi
pur continuando a manifestarsi da tempo immemorabile (secoli e
forse addirittura millenni). Considerando le notevoli efferatezze che
abbiamo finora commesso solo nell’ultimo secolo (Prima e Seconda
guerra mondiale, comunismo, fascismo, nazismo, Shoà, Vietnam,
Somalia e Ruanda, Kossovo, 11 settembre, Afghanistan e Iraq) è in
realtà assai difficile pensare che i visitatori possano essere peggiori di
noi.
Extraterrestri ostili e aggressivi che ci userebbero come bestiame?
Chi lo afferma, timoroso com’è del “fattore contatto”, fa solo
terrorismo psicologico interessato e di bassa lega.
Ribadiamo che se così fosse saremmo indiscutibilmente tutti da
tempo carne in scatola per gli alieni…
Naturalmente, però, tutto quello che non è conosciuto fa paura. Nel
1968 un rapporto sui potenziali scenari indotti dal tema UFO realizzato
dall’NSA recitava testualmente: «La storia umana ci ha mostrato nel
suo corso e più volte i risultati tragici di un confronto fra una civiltà
tecnologicamente superiore e un popolo tecnologicamente inferiore.
Chi è “inferiore” è solitamente soggetto a una conquista a livello fisico
[…] Nel confronto di due popoli di livelli culturali significativamente
diversi, chi esprime una cultura inferiore o meno virile molto spesso
subisce una tragica perdita di identità e viene di solito assorbito
dall’altro […] L’investigazione al riguardo dovrebbe dunque tradursi
in un’azione di emergenza intensiva al fine di isolare la minaccia e
determinarne la precisa natura. Essa dovrebbe portare a sviluppare
adeguate misure difensive in un arco di tempo minimo […] Nei
confronti del problema UFO si dovrebbe richiedere in misura maggiore
tale atteggiamento attento alle questioni della nostra sopravvivenza».
Una questione di sopravvivenza? Per gli Stati Uniti “imperiali” del
nuovo ordine mondiale odierno certamente: in gioco è la loro
leadership planetaria e spaziale. Che potrebbe essere messa in
discussione o addirittura andare perduta…
Un bel problema per gli USA . Ma non per il resto del pianeta,
subente suo malgrado una superpotenza finora sicuramente
dimostratasi per il mondo, nonostante tutto, il male minore; ma
nondimeno anche espressione di una mentalità isolazionista,
conservatrice, superficiale, arrogante, egoista e colonialista e che ha
abdicato in concreto ai grandi e positivi principi di democrazia, libertà
e solidarietà che l’hanno vista sorgere, tradendo così la fiducia del suo
grande popolo. Un popolo che si riconosce sempre meno nei propri
governanti, che lo ingannano attraverso una dittatura della
maggioranza.
Volendo parafrasare il famoso romanzo di fantascienza di Herber
George Wells, nel caso di un contatto di massa con gli alieni ne
scaturirà indubbiamente, anche se del tutto incruenta, “la guerra di
due mondi”: il nostro e il loro.
E come ha testualmente dichiarato nel 1920 Lenin nel corso di
un’intervista a Herbert George Wells: «Se riusciremo a stabilire delle
comunicazioni interplanetarie, tutti i nostri concetti filosofici, morali e
sociali dovranno essere riveduti. Ciò imporrebbe la fine della regola
della violenza quale mezzo e metodo di progresso».
Un mondo senza guerra, dunque. Quello che Reagan e Gorbaciov ci
hanno lasciato, in effetti. Ma la fine dell’incubo dell’olocausto nucleare
non basta. Dovremmo anche gettare alle ortiche la nostra tradizionale
cultura della violenza. Sarà dura, ma non è impossibile, come ha
dimostrato Gandhi.
Abbiamo, insomma, tutto un vecchio mondo da perdere. Ma anche
un nuovo mondo da guadagnare. Che, giustificabili timori di
chicchessia a parte, potrebbe non essere poi così peggiore di quello
che abbiamo costruito.
Probabilmente vale la pena di correre il rischio.
Chi scrive ha infatti avuto il privilegio di nascere e vivere in uno
storico periodo chiave che ha esponenzialmente accelerato come pochi
altri la civiltà umana, e che ha coinciso col manifestarsi del fenomeno
UFO dagli anni Quaranta a oggi: la Seconda guerra mondiale, la fine
degli autoritarismi e del colonialismo, la nascita dell’ONU , lo sbarco
sulla Luna, la guerra fredda, il crollo del comunismo, il recupero dei
valori originari da parte della Chiesa cristiana e il contrasto globale al
terrorismo islamico in atto. Eliminato quest’ultimo, il passo storico
successivo potrebbe e dovrebbe essere proprio l’auspicabile
unificazione politica globale successiva a una rifondazione delle
Nazioni Unite.
E in questo, a tutti gli effetti, potrebbe giocare non poco anche la
crescente presa di coscienza a livello planetario della realtà del
manifestarsi degli UFO e degli alieni. Si ricordi al riguardo che già nel
1967 l’allora segretario generale dell’ONU , il birmano U Thant, aveva
dichiarato che gli UFO dovevano considerarsi «il problema più
importante per le Nazioni Unite subito dopo la guerra del Vietnam».
Oggi la guerra del Vietnam è finita. Ed è sorto il “fattore contatto”.
In compenso, resta più che mai valido quanto già affermato mezzo
secolo prima, nel lontano 1917, dal filosofo americano John Dewey,
professore di filosofia alla Columbia University: «Il modo migliore di
unire tutte le nazioni del globo sarebbe costituito da un attacco da
qualche altro pianeta. Di fronte a un simile nemico alieno, la gente
reagirebbe nel senso della loro unità di interessi e scopi».
Ecco dunque il probabile ispiratore di Ronald Reagan; ma anche la
conferma che il persistente, incruento e silenzioso manifestarsi degli
UFO potrebbe effettivamente amalgamare il mondo come non mai. E
con un mondo che parlasse un solo linguaggio a livello politico, con
l’ONU come unico e credibile portavoce, gli extraterrestri potrebbero
allora anche decidersi a prendere contatto alla luce del sole e a
dialogare. L’“esopolitica” si tradurrebbe allora in realtà.
Se e quando gli alieni saranno disponibili, beninteso.
Ciò potrà verosimilmente essere solo in funzione della nostra
maturata responsabilità e credibilità, oggi certo non molto spendibili.
E se e quando il mondo, al di là degli interessi di parte tuttora
predominanti, fosse davvero in grado di parlare con un’unica e
credibile voce.
Magari, lo ripetiamo, con quella di un’ONU rinnovata e potenziata
con il concorso effettivo di tutti gli Stati del pianeta oltre ogni egoistica
logica “imperiale”…
Un simile contatto alla luce del sole ci ridimensionerebbe non poco,
com’è evidente.
Ma quasi certamente ci aprirebbe anche nuove strade e ci
insegnerebbe più di quanto oggi non si possa immaginare…
Due gruppi di lavoro della Stanford University già il 29 e 30 agosto
1974 avevano affrontato il tema delle civiltà extraterrestri, delineando
un “modello di ordine nullo” del fenomeno UFO , teso ad abbracciare le
proprietà emerse dai dati senza contraddire le leggi fisiche stabilite.
Alla base di tale modello gli UFO sono visti come “navi iperspaziali” in
grado di introdursi nel nostro spazio-tempo a quattro dimensioni
ovvero di lasciarlo completamente per un iperspazio a cinque o più
dimensioni. L’universo a noi familiare con le sue leggi note va visto
come una sezione quadridimensionale di questo iperspazio, con cui è
possibile effettuare un contatto limitatamente a una “finestra” o
“piega” dimensionale (WARP ) tale da far passare solo una porzione
prestabilita dell’intera gamma dello spettro elettromagnetico. In altre
sezioni di tale iperspazio i nostri concetti correnti di spazio, tempo,
forza, energia, inerzia e causalità potrebbero non giocare alcun ruolo o
risultare grandemente modificati. Una simile estensione dell’universo
fisico comporterebbe velocità di spostamento e di comunicazione
anche superiori a quella della luce, indicata come limite ultimo e
invalicabile della fisica. E la comunicazione mentale – propria di tante
esperienze ufologiche – potrebbe essere considerata come un
trasferimento di segnali attraverso canali iperspaziali non compresi
nel nostro familiare spazio-tempo. Un contatto fra l’umanità e gli
alieni non potrà prescindere da tali contesti quantici, con fenomeni
parafisici come il teletrasporto e la telepatia. E ci richiederà la più
grande delle sfide, tale da stravolgere i nostri schemi correnti. Superati
i quali saremo liberi di ereditare un nuovo mondo, sicuramente
migliore.
Appendice 1
UFO : qualche indicazione utile
Squadriglie di caccia militari USA ebbero, all’inizio degli anni Cinquanta, l’ordine di
intercettare gli UFO e di riprenderne immagini ravvicinate.
Una pagina del Project Grudge sugli UFO , con il Project Sign precursore del Project
Blue Book dell’USAF con i suoi 701 casi insoluti.
Le più ricorrenti forme di UFO segnalati in tutto il mondo negli ultimi sessant’anni.
Una pagina del controverso testo sul Majestic-12 venuto alla ribalta nel 1987.
La pagina del “manuale operativo” segreto del Majestic-12 illustrante i diversi tipi di
UFO noti al governo USA .
Il Rapporto Condon realizzato dall’Università del Colorado per l’USAF per liquidare il
problema degli UFO in America.
La modulistica per la segnalazione degli UFO in uso presso il NORAD statunitense.
Dopo l’accenno del generale MacArthur negli anni Cinquanta, nel 1988 Reagan parla
di una possibile «minaccia aliena».
1975: il senatore Goldwater menziona l’esistenza di un “piano” governativo USA teso
al lento e graduale rilascio delle informazioni sugli UFO al pubblico americano.
Bibliografia
Periodici
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materia, occorre abbonarsi alla rivista del CUN «Notiziario UFO » e alla
sua consorella «Archeomisteri» del Gruppo Editoriale Olimpia di
Firenze, entrambe dirette da Roberto Pinotti e distribuite con
periodicità bimestrale nelle edicole.
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