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Indice
1Storia e storiografia
o 1.1Definizione di Storia
o 1.2Definizione di storiografia e di conoscenza storica
o 1.3Le fonti
o 1.4Metodologie storiografiche
o 1.5Storia nota e ignota
o 1.6Finalità della storia
2Storia della storiografia
o 2.1Storiografia antica
2.1.1Le origini della storiografia: Erodoto e Tucidide
2.1.2L'età classica
2.1.3L'età ellenistica
2.1.4Storiografia romana
o 2.2Storiografia medievale
o 2.3Storiografia rinascimentale
o 2.4La storiografia nell'età della Controriforma
o 2.5Storiografia illuministica
o 2.6Storiografia romantica
o 2.7Storiografia contemporanea
2.7.1Von Ranke e la professionalizzazione della storia
2.7.2Burckhardt e la nascita della storia culturale
2.7.3La storiografia marxista
2.7.4La scuola delle Annales
2.7.5La microstoria
2.7.6La New Cultural History
2.7.7La World History
3I caratteri della storiografia moderna
4Note
5Bibliografia
6Voci correlate
7Altri progetti
8Collegamenti esterni
Con il termine di "Storia", nella sua più ampia accezione, si intende il complesso di tutte le
vicende e trasformazioni accadute, note ed ignote, che si sono verificate nell'ultima
piccolissima parte del passato. La Storia infatti non corrisponde a tutto il passato
compreso tra la supposta origine dell'Universo (o della Terra) e il presente (13, 7 miliardi di
anni), ma a quella sua piccola frazione (circa 50.000-100.000 anni) in cui si è avuta la
presenza umana su questo pianeta. Per capirne le proporzioni, se tutto il passato
corrispondesse a 24 ore, la storia occuperebbe solo gli ultimi 6 decimi di secondo.
Purtroppo è diffusissima la supposizione errata che la Storia inizi con l'invenzione
della scrittura, che in realtà è solo il passaggio tra Preistoria ed Età Antica. In realtà
quell'evento non ha alcun significato universale, dato che riguardò solo le culture che ne
furono influenzate nell'area euroasiatica. L'errore deriva da una persistente visione
eurocentrica che ha diviso la storia in periodi (periodizzazione) e che ha scelto come
evento di passaggio tra la prima parte della Storia (la Protostoria) e l'Età Antica per
l'appunto l'invenzione della scrittura. In tal modo si escluderebbero dalla Storia non solo
la Preistoria, ma tutti i popoli degli altri contesti e tutti coloro che non hanno utilizzato per
millenni la scrittura. In proposito vale ancora la metafora efficace di Marc Bloch: "Lo
storico è come l'orco della fiaba: là dove fiuta odore di carne umana, là sa che è la sua
preda."[2]
La storia così intesa come insieme di eventi, è oggettiva, dato che tutti i fatti, noti e ignoti,
che la compongono, cambiano la realtà precedente e sono irreversibili e irripetibili.
Volendo suddividere i fatti che la compongono, si possono individuare:
gli eventi: avvenimenti di breve o brevissima durata che il più delle volte hanno
un'incidenza limitata, ma che a volte possono avere anche portata e
ripercussioni molto persistenti (terremoti, cataclismi, grandi battaglie);
i fenomeni: andamenti che si svolgono durante periodi più lunghi, estesi almeno
nell'arco di una generazione. Tendenze e svolgimenti di portata ampia che si
svolgono prevalentemente in campo economico, sociale, demografico, culturale;
le evoluzioni: trasformazioni di lunghissima durata e portata amplissima. Si
estendono oltre le singole epoche storiche e a volte risalgono anche a tempi
precedenti alla comparsa dell'uomo
(mutazioni astronomiche, geologiche, climatiche, ecc.).
La storia procede per processi di trasformazione, o evolutivi, attraverso una transizione
continua, in cui evoluzioni, fenomeni ed eventi, motivazioni e accidentalità, fattori
ambientali e umani, contrasti e coincidenze si intrecciano, si urtano, rimbalzano, si
deformano, scompaiono e riappaiono, influenzati da rapporti di causalità, come dalle
perturbazioni della causalità e si attuano secondo svolgimenti previsti e imprevedibili. Tutto
ciò confluisce a formare delle congiunture, in altre parole quelle combinazioni eterogenee
di situazioni e di fatti che, proprio per la loro complessità interna sono irripetibili. Ogni
periodo della storia può essere visto come la combinazione di un'ampia gamma di
concomitanti condizioni, circostanze, fattori, andamenti e variazioni di origine remota,
recente o contemporanea.[3]
Definizione di storiografia e di conoscenza storica[modifica | modifica
wikitesto]
La storiografia, cioè la descrizione dei fatti nella storia, è l'insieme di tutte le forme e
maniere di interpretare, trasmettere, studiare e raccontare i fatti accaduti, cioè la storia
propriamente detta. Dato che ogni considerazione, ricerca ed esposizione su ciò che è
avvenuto deriva da interpretazioni personali, influenzate e condizionate dal clima culturale
e politico in cui opera l'interprete, la storiografia è soggettiva, parziale e provvisoria. Anzi
siccome ogni persona tra i miliardi di quelle viventi dispone di una personalità unica e
irripetibile che ricorda, filtra e interpreta i fatti e le notizie in maniera propria e peculiare, si
può affermare che di ogni fatto possono esistere tante interpretazioni storiografiche quanti
sono gli esseri pensanti che lo prendano in considerazione, anche se è agli storici che si
delega il compito di fornire le esposizioni più fondate e attendibili. La differenza tra storia e
storiografia è quindi analoga a quella che c'è tra un fatto e il suo ricordo, tra vivere una
vicenda e raccontarla. Dopo che si è attuata nei suoi tempi, nei suoi modi e con i suoi
effetti oggettivi, se ne ricorda e se ne riporta solo una sintesi nella quale del reale
svolgimento rimangono alcune immagini, sensazioni e prospettive, selezionate e
compresse dalla nostra memoria e dalla nostra interpretazione in maniera del tutto
personale e soggettiva.
Data la sua relatività, la storiografia non può produrre verità storiche, o meglio
storiografiche, inamovibili e assolute, dovendosi parlare sempre di ricostruzioni,
interpretazioni e conoscenze più o meno attendibili, che rimangono comunque sempre
parziali e provvisorie.
Dalla storiografia deriva la conoscenza storica che può essere individuale, quando deriva
dalla ricerca, dalla didattica, dall'apprendimento e dalla divulgazione, o collettiva, che
deriva dalle capacità del sistema scolastico e dei mass media.
Dalla conoscenza storica dipendono la sensibilità e interesse per il Patrimonio dato dai
beni ambientali e storico/artistici.[4]
Le fonti[modifica | modifica wikitesto]
Alla base della conoscenza della storia ci sono le fonti, cioè le impronte lasciate dai fatti
sotto forma di manufatti, tracce, testimonianze, documenti e resti. Tutte le azioni umane e
tutti i fenomeni naturali producono risultati concreti che ne divengono gli attestati; pertanto
ogni essere vivente e ogni oggetto è fonte di conoscenza sugli eventi e sulle eventuali
volontà che l'hanno generato e trasformato e quindi oltre che sulla sua origine, anche sulle
sue motivazioni, sulla sua funzione e sui suoi contatti.
La denominazione di fonte, col suo richiamo implicito allo sgorgare, al venire alla luce e al
manifestarsi dell'acqua, è particolarmente efficace per indicare queste impronte del
passato. Come l'acqua sorgiva può scorrere sotterranea prima di apparire, così le fonti
delle conoscenze storiche possono rimanere a lungo ignote e occultate prima di rivelarsi o
essere ritrovate. Infatti esse non sono sempre rimaste note e; soprattutto tra quelle di
origine più remota molte sono state perdute o nascoste o trascurate e ricompaiono o si
manifestano solo in seguito al loro ritrovamento o al loro riconoscimento. A volte e sempre
in maggior misura la scoperta di nuove fonti o di loro particolari aspetti prima trascurati è
frutto dello sviluppo dei metodi e degli strumenti di ricerca e delle tecnologie di analisi.
Le fonti possono essere considerate le radici e i puntelli delle ricerche storiche, poiché la
loro disponibilità è essenziale, ma non si traduce automaticamente in notizie e
informazioni certe. Perché se ne possano dedurre conoscenze affidabili si rende
necessaria un'opera di analisi e di decifrazione, dato che spesso si mostrano con
un'apparenza ingannevole. Quella di saperle interpretare scoprendo ciò che di reale si
nasconde dietro la loro facciata è una delle sfide più ardue che chi svolge ricerche storiche
deve affrontare. Pertanto ogni oggetto, scritto o traccia può divenire testimonianza e
rivelare informazioni attendibili solo in ragione delle capacità del suo interlocutore di
osservarla e di interrogarla. Tale capacità si persegue attraverso la critica, tesa ad
accertare cosa la fonte può o non può rivelare, e l'esegesi, cioè la decodifica,
l'interpretazione, l'esposizione e il commento dei suoi contenuti.
Da quanto affermato appare evidente che sono da considerare fonti non soltanto quelle
scritte - come a volte si suppone - ma anche l'infinita varietà delle altre impronte del
passato. Quelle scritte insieme a quelle cartografiche sono generalmente raccolte negli
archivi pubblici e privati, civili ed ecclesiastici. Tra quelle di altra natura, alcuni oggetti e
resti di particolare pregio, rarità e valore documentario sono conservati nei musei. Occorre
però ricordare che abbiamo continuamente sotto gli occhi fonti ed archivi che non sono
racchiusi e delimitati in alcuna sede preposta. Ogni persona e ogni paesaggio è un
concentrato di fonti della sua storia. Si può affermare che il mondo intero è una grande
raccolta di fonti e che pertanto ciascun ambiente, paesaggio e territorio è fonte, archivio e
museo della sua storia. Le indagini storiche possono essere paragonate alle composizioni
di mosaici ed essere tanto più complete e attendibili quanto più ampia è la disponibilità di
notizie. Ma dato che le fonti non sono presenti in ugual misura per tutte le epoche della
storia, cambia di conseguenza anche il lavoro e l'atteggiamento degli storici nei loro
confronti. Per i tempi più recenti l'abbondanza delle fonti, pur consentendo ricostruzioni più
particolareggiate, obbliga a selezionarle preventivamente con un lavoro di scelta che
implica già un'interpretazione. Man mano si retrocede nel tempo divengono sempre più
rare e oscure lasciando ampi vuoti e crescenti dubbi e costringendo i ricercatori ad
attingere a indizi e sintomi, a ricorrere ad analogie, congetture e deduzioni, o addirittura a
proporre ricostruzioni prevalentemente ipotetiche e indiziarie. [5]
Metodologie storiografiche[modifica | modifica wikitesto]
Le metodologie storiografiche sono costituite dai metodi di indagine, di interpretazione e di
esposizione delle ricerche storiche. Le grandi discriminanti sono il rapporto con le fonti e il
loro uso. Alcuni storici se ne avvalgono in maniera diretta e pertanto sono più attendibili;
altri preferiscono disquisire sulle interpretazioni dei loro colleghi conferendo maggior peso
al proprio pensiero.
Storia nota e ignota[modifica | modifica wikitesto]
La storia può essere indagata attraverso le tracce che hanno lasciato i suoi fatti: le fonti.
Ogni cosa corporea e incorporea è fonte delle vicende che l'hanno generata e può essere
interpretata. Noi stessi siamo fonti storiche. I nostri comportamenti e la nostra cultura sono
frutto di una lunga evoluzione che risale ai primi esemplari della nostra specie; se fossimo
in grado di interpretare il nostro patrimonio genetico tramandato nelle varie generazioni, vi
potremmo leggere moltissime informazioni sul nostro passato. Se la storia è costituita da
quel minimo frammento passato in cui è stata presente l'umanità, dobbiamo constatare
che di questa parte così ridotta conosciamo solo una piccolissima porzione. È per questo
che è utile distinguere la storia nota, che è molto limitata, da quella ignota, che è invece
costituisce la stragrande porzione dell'intera storia. La storia ignota è tale o per la perdita
delle sue tracce, per occultamenti volontari e involontari, o per la nostra incapacità di
leggerne le fonti. Ogni volta che si recupera un reperto archeologico o che si rintraccia un
documento perduto o che si utilizzano nuove tecniche per leggere le fonti si ha l'occasione
di ampliare le nostre conoscenze su quanto ancora non sappiamo della nostra storia, ma
sapendo comunque che non riusciremo mai a riequilibrare il rapporto tra ciò che
conosciamo e ciò che ignoriamo.[5]
Finalità della storia[modifica | modifica wikitesto]
Si studia la storia per capire il presente e noi stessi. Si studia se stessi per capire
la società, lo Stato, la civiltà nella quale si vive, anche, e soprattutto, in rapporto con il
passato.
Nel momento in cui si nasce si eredita anche quella parte oscura che è il nostro passato,
con cui mantiene legami tutto il nostro successivo agire. La storia può e deve integrarsi
con le altre materie scientifiche attraverso studi interdisciplinari, allo scopo di illuminare il
più possibile il nostro percorso evolutivo.
È la mancanza d'identità, vale a dire il difetto di conoscenza delle proprie radici, a portare
l'intolleranza, che è alimentata inoltre dalla mancanza di una corretta conoscenza della
storia degli altri, dell'altrui punto di vista e dello spirito di accettazione delle alterità.
Se i primi passi nel campo storiografico avvengono tra la fine del VI e l'inizio del V secolo
a.C. dalle ricerche geo-etnografiche o genealogiche dei primi logografi (tra cui il più
famoso fu Ecateo di Mileto), la storiografia greca raggiunse la piena dignità con l'opera
di Erodoto di Alicarnasso (V secolo a.C.), fin dall'antichità considerato il vero padre della
storia.
Durante i conflitti con l'Impero Persiano viene a costruirsi dentro l'ecumene greca una
identità comune che si basa principalmente su una costruzione politica antitetica a quella
delle monarchie orientali.[6] Da ciò ne scaturisce una consapevole riflessione sulle vicende
del popolo greco, nei suoi rapporti col mondo barbarico (essenzialmente l'Impero
achemenide), ma anche nella dinamica dei suoi rapporti interni.
In Erodoto il peso della tradizione logografica si fa ancora sentire, specialmente nella
prima parte dell'opera, nell'impostazione per singoli lògoi, cioè per sezioni su base etnica e
territoriale, anche se essa appare contemperata dall'esigenza di presentare un evento
come le guerre tra Greci e Persiani (combattute fra il 490 ed il 478 a.C.) nel contesto di
una visione generale dell'uomo e della storia. Un primo enunciato di metodo si incontra nel
proemio delle Storie:
«Espone qui Erodoto di Alicarnasso le sue ricerche, perché delle cose avvenute da parte degli uomini non
svanisca col tempo il ricordo; né, di opere grandi e meravigliose, compiute sia da Elleni sia da Barbari, si
oscuri la gloria; e narrerà fra l'altro per quale causa si siano combattuti fra loro.»
(Erodoto di Alicarnasso, Storie, I proemio)
In questo breve proemio, la comparsa del termine historìes (da connettere con la
radice id- di "vedere", il cui perfetto òida assume il significato di "ho visto", quindi
"conosco", "so") rende l'idea di una ricerca condotta in preparazione dell'opera: una
ricerca che poteva abbracciare avvenimenti, tradizioni etnografiche, resoconti di viaggi,
notizie geografiche, ma che, per il fatto stesso di sussistere, prendeva le distanze
dall'oralità dei rapsodi e dei poeti lirici. Anche i rapsodi ed i poeti erano animati dal
desiderio di non lasciare che si oscurasse la fama delle gesta compiute, ma la memoria
collettiva tramandata da Erodoto è frutto di una indagine razionale che, pur non
escludendo la dimensione religiosa del mito, pur registrando tradizioni e notizie
stravaganti, ha messo in salvo una quantità enorme di preziosi materiali che costituiscono
ancora oggi la fonte principale per lo studioso delle guerre persiane.
Di questa attitudine documentaria apparirà consapevole Erodoto stesso, quando, dopo
aver presentato le origini mitiche del conflitto tra i greci e popoli dell'Asia, esprimeva una
prima professione di imparzialità nel narrare gli avvenimenti:
«Così raccontano i Persiani e i Fenici. Ma non di questo intendo io parlare: se così o diversamente si siano
svolti tali fatti. Comincerò, invece, dall'indicare colui di cui so che fu il primo a far torto agli Elleni; e
proseguirò poi nel racconto trattando di città piccole e grandi, degli uomini, senza far differenza: perché
quelle che erano grandi in antico sono per lo più diventate piccole, e quelle che ai miei tempi erano grandi
erano prima state piccole. Sicché, conoscendo la perpetua incostanza del benessere umano, ricorderò le une e
le altre senza fare differenza.»
(Erodoto di Alicarnasso, Storie, I 5, 3-4)
Tucidide, autore de La guerra del Peloponneso
Il definitivo superamento della tradizione logografica si ebbe, alla fine del V secolo a.C.,
con le Storie che l'ateniese Tucidide dedicò ai primi vent'anni alla guerra del
Peloponneso (431-411 a.C.), facendovi precedere una breve sintesi della più antica storia
del mondo greco (la cosiddetta archeologia) e un'ampia trattazione delle cause del
conflitto, attraverso una dettagliata indagine del cinquantennio precedente. Tucidide si
proponeva di ricostruire, attraverso un'indagine molto rigorosa, i fatti nella loro effettiva
realtà, escludendo il favoloso e il soprannaturale e rifiutando programmaticamente ogni
abbellimento retorico, fatta eccezione per discorsi fittizi, nei quali cercò di ricostruire
il senso generale delle parole effettivamente pronunciate. In questo modo egli fondò la
cosiddetta storiografia pragmatica, che non intendeva fornire semplicemente
un'interpretazione del passato, ma, pretendendo di avere individuato una serie di costanti
nella natura umana e nel suo operato, si autoproclamava un'acquisizione per sempre,
ossia un mezzo valido per comprendere ogni realtà futura e agire di conseguenza. Il V
secolo a.C., il secolo della "rivoluzione culturale" della Grecia antica, fu il secolo in cui si
affermò pienamente lo spirito razionalistico e scientifico della cultura greca. In questo
contesto si collocò anche la nascita della scienza storiografica, i cui fondatori sono
considerati unanimemente Erodoto e Tucidide.
Gli studiosi successivi hanno colto differenze e affinità tra i due "padri della storiografia":
ad esempio, era comune a entrambi l’attenzione prevalente verso il presente o verso il
passato prossimo e inoltre tutti e due tendevano ad individuare le cause delle vicende
storiche nelle volontà e nelle passioni degli uomini. Soprattutto i grandi uomini, nel bene o
nel male, facevano la storia, che svelava quindi la natura umana. Ciò che li differenziava
era invece una certa attitudine di Erodoto a servirsi ancora dei racconti e degli elementi
poetici e mitologici e a giudicare i fatti sulla base di criteri etici, mentre Tucidide appariva
più “moderno”, nel senso che mirava a raggiungere una maggiore “oggettività” e
imparzialità di giudizio. Un merito indiscusso della storiografia greca fu inoltre quello di
ampliare le conoscenze etniche, culturali e geografiche dei greci: le ricerche storiche infatti
superarono i ristretti confini del mondo greco e rivelarono l’esistenza di altri popoli e civiltà.
L'età classica[modifica | modifica wikitesto]
Tutta la storiografia successiva si muove nel solco tracciato da Erodoto e Tucidide. A
Erodoto (senza peraltro condividerne la curiosità antropologica) si richiamava
formalmente, per la presenza di singoli excursus sui popoli stranieri venuti a contatto con
la grecità, Eforo di Cuma, autore di una storia generale del mondo ellenico ampiamente
basata sulla compilazione di fonti precedenti, della quale possediamo solo frammenti.
Diversi autori scrissero storie del mondo greco che si ponevano consapevolmente come
continuazione dell'opera storica di Tucidide, bruscamente interrotta al 411, in pieno
svolgimento della guerra del Peloponneso: nacquero così le Elleniche di Senofonte e
quelle, per noi perdute, di Teopompo di Chio che narravano rispettivamente gli eventi dal
411 al 362 a.C. e dal 411 al 394 a.C.; di autore anonimo sono le cosiddette Elleniche di
Ossirinco (dal nome della località egiziana del ritrovamento papiraceo che le ha
parzialmente restituite), la cui parte conservata concerne l'anno 396/395 a.C.
Nella sua vasta e poligrafica attività letteraria, Senofonte diede vita anche ad altri filoni
storiografici o di genere affine alla storiografia: con l’Anabasi, resoconto dell'avanzata
all'interno dell'Asia, e della successiva avventurosa ritirata, di un esercito di mercenari
greci di cui Senofonte stesso si trovò ad assumere il comando, egli creò il genere della
memorialistica militare, che eserciterà un incerto influsso sui Commentarii cesariani; con
la Ciropedia, biografia romanzata e agiografica di Ciro il Grande, fondatore dell'impero
persiano, presentato come modello di monarca ideale, diede vita alla storia romanzata e
con l'Agesilao, re spartano pure vagheggiato come modello, creò l'archetipo della biografia
encomiastica. Con le Storie filippiche di Teopompo, che esponevano gli eventi del mondo
greco dal 359 al 336 a.C. ponendo al centro dell'interesse la figura di Filippo II, re
di Macedonia), nasce la monografia storica, incentrata su una singola personalità e di
conseguenza su un limitato periodo di tempo. Con il riassunto, dovuto allo stesso
Teopompo, delle Storie di Erodoto, prende corpo il filone dell'epitome, destinato a grande
successo:)
L'età ellenistica[modifica | modifica wikitesto]
La fase più antica della storiografia ellenistica concentrò la sua attenzione sull'impresa
orientale di Alessandro Magno, sul disfacimento del suo impero, sulla conseguente
formazione delle monarchie greco-macedoni e successivamente sulla storia dei loro
rapporti (per esempio Clitarco di Alessandria, Ieronimo di Cardia, Duride di Samo, Filarco
di Atene). La storiografia di questo periodo, in buona parte perduta, appartiene in
prevalenza al filone patetico o drammatico: essa mirò a suscitare nel lettore intense
emozioni attraverso artifici (come gli imprevisti, le peripezie, i colpi di scena) paragonabili a
quelli della tragedia classica. Questo tipo di rappresentazione tragica degli avvenimenti
caratterizzò tanto la storiografia incentrata sulla figura di Alessandro Magno, quanto quella
successiva, che andava spostando il proprio baricentro verso Occidente, in quanto
diventava ormai inevitabile fare i conti con una nuova potenza e con la sua rapida ascesa:
Roma aveva cominciato ad affacciarsi sullo scenario del Mediterraneo.
Storiografia romana[modifica | modifica wikitesto]
Lo stesso argomento in dettaglio: Storiografia romana.
«si vedono gli errori e i pregiudizi susseguirsi via via e cacciare in bando la verità e la ragione. [10]»
Il criterio sommo dunque della ricerca, per lo storico neutrale, è quello di scoprire come
vera storia quella che segna la vittoria della ragione sull'ignoranza e per questo
dall'illuminismo viene condannato in blocco il medioevo come età di fanatismo e
oscurantismo religioso mettendo da parte gli aspetti positivamente culturali di quel periodo.
Pierre Bayle
Per Lessing la storia, come ricerca della verità comincia solo con l'Illuminismo, tutto ciò
che l'ha preceduta è una sorta di "pre-istoria". [13]
Storiografia romantica[modifica | modifica wikitesto]
Lo stesso argomento in dettaglio: Concezione romantica della storia.
Carlo Ginzburg
Un impulso fondamentale alla crescita della nuova storia culturale è stato dato dal lavoro
di alcuni ricercatori italiani, Carlo Ginzburg, Giovanni Levi e Edoardo Grendi che intorno
agli anni settanta hanno dato vita al filone di studio della cosiddetta microstoria. Questo
indirizzo storiografico ha proposto la revisione dei metodi quantitativi della storia
economica per liberarsi dal determinismo che caratterizzava le ricerche storiche di natura
socioeconomica. L'obiettivo è stato quello di mettere a fuoco gli individui e le singole
personalità storiche, le cui caratteristiche avrebbero permesso di ricostruire le mappe
mentali, i costumi e gli atteggiamenti degli uomini del passato. La microstoria ha voluto
distanziarsi dalla cosiddetta «grande narrazione» del progresso occidentale. Questo
significa rifiutare l'immagine di una civiltà che, dall'antica Grecia al Cristianesimo,fino
all'Illuminismo ed alla rivoluzione industriale, è stata descritta nei termini di un grande
percorso di costante progresso e sviluppo. Nelle pieghe di questo percorso trionfalistico -
questa è stata la critica mossa dai microstorici - sono stati dimenticati i contributi di molte
culture minori, di gruppi umani e singolarità di vario genere che non hanno partecipato in
modo diretto ai grandi eventi storici sopra elencati.
A partire dagli anni Settanta sono comparse centinaia di ricerche microstoriche, ma
indubbiamente il più importante riferimento bibliografico è Il formaggio e i vermi scritto e
pubblicato nel 1976 da Carlo Ginzburg.
La New Cultural History[modifica | modifica wikitesto]
Università della California, Berkeley
Con il termine nuova storia culturale si intende un preciso filone di studi iniziato nella
seconda metà del XX secolo che ha sviluppato e approfondito le innovazioni che gli storici
culturali ottocenteschi e primo-novecenteschi avevano introdotto. L'espressione «nuova
storia culturale» (New Cultural History, da cui l'acronimo NCH) è entrata in uso alla fine
degli anni ottanta. Era il titolo di un libro, destinato a grande notorietà, pubblicato
nel 1989 dalla storica americana Lynn Hunt, che raccoglieva i contributi forniti da vari
studiosi ad un incontro tenutosi due anni prima a Berkeley, presso l'Università della
California, sul tema La storia della Francia: testi e cultura[23]. Questo settore di studio ha
vissuto una crescita spedita a partire dagli anni settanta. Il numero degli storici che si sono
dichiarati "culturalisti" è aumentato in maniera considerevole, sviluppandosi a spese di
altre discipline storiche come la storia sociale e la storia economica. Tra il 1992 e il 2006 il
numero di storici identificati nella categoria della storia sociale è diminuito del 60 per
cento, mentre il numero di quanti si riconoscono nella cosiddetta storia culturale è
aumentato del 78 per cento[1]. Nel 2008 è stata inoltre fondata ufficialmente
la International Society for Cultural History, con lo scopo di coordinare a livello
sovranazionale le molte ricerche nate in grembo a questa disciplina.
La World History[modifica | modifica wikitesto]
La World History (da non confondere con la storia mondiale o la storia universale), è un
metodo di insegnamento e di indagine storiografica emerso nel 1980 che vuole esaminare
la storia da una prospettiva globale superando le visioni monoculturali e parziali. La world
history rileva e analizza schemi e modelli applicabili a tutte le culture umane
nell'evoluzione storica. Questa disciplina basa il suo studio su due categorie storiografiche
principali: il sincretismo (come i processi storici hanno avvicinato le culture più disparate) e
la discrepanza (la varietà e le differenze tra i modelli sociali).
Dal 1936-1954 escono in tre periodi differenti i dieci volumi che compongono Study of
History di Toynbee, questo studioso segue il pensiero comparativo specifico per le civiltà
indipendenti di Spengler. Toynbee rivela sorprendenti parallelismi ed analogie nelle nove
culture organiche definite da Spengler per quanto riguarda la loro origine, lo sviluppo e il
loro decadimento. Toynbee rigetta però il determinismo dei cicli di crescita e declino come
retti da una legge naturale, la sopravvivenza di una civiltà dipende per Toynbee dalla sua
risposta ai mutamenti del contesto. Come Sima Qian, Toynbee spiega il declino come
dovuto alla loro corruzione morale. Dal primo al sesto volume individua come soluzione a
questo degrado morale dell'occidente il ritorno a una qualche forma di cattolicesimo pre
riforma, dal settimo all'ultimo volume il suo seguito popolare diminuisce mentre tra gli
studiosi prende corpo il dibattito sugli errori contenuti nelle sue teorie. [24]
McNeill in The Rise of the West (1965) partendo dagli studi di Toynbee, dimostra come
società differenti dell'Eurasia abbiano interagito tra di loro fin dall'inizio della loro storia
influenzandosi reciprocamente. Lo studio di McNeill si focalizza ampiamente intorno alle
relazioni dei popoli mondiali rilevando come queste siano diventate più consistenti e
frequenti negli ultimi tempi. Prima del 1500 circa la rete di comunicazione tra le culture è
stata l'universo eurasiatico, il termine usato per descrivere queste aree di interazione varia
da studioso a studioso, alcuni di questi lo definiscono sistema-mondo o ecumene. Ma
indipendentemente da come viene chiamato, l'importanza di questi contatti interculturali ha
cominciato ad essere riconosciuta da molti studiosi. [25]
Note[modifica | modifica wikitesto]
1. ^ Enciclopedia Italiana Treccani alla voce corrispondente
2. ^ Marc Bloch, L'apologia della storia o mestiere di storico, Einaudi, Torino, 1998.
3. ^ Rolando Dondarini, "Materiali di metodologia della ricerca storica", sito docente Università di
Bologna.
4. ^ Rolando Dondarini, Per entrare nella Storia, Bologna, CLUEB, 1999.
5. ^ Salta a:a b Rolando Dondarini, "L'albero del tempo", Bologna, Patron, 2007.
6. ^ Prodi, Introduzione allo studio della storia moderna, p.102
7. ^ Cfr. spec. G. TOFFANIN, Machiavelli e il «Tacitismo»: la politica storica al tempo della
Controriforma, Padova, 1921.
8. ^ LORENZO DUCCI, Ars historica, Ferrariae, 1604, pp. 96 e 168.
9. ^ Walter Binni, I classici italiani nella storia della critica: Da Dante al Marino, Nuova Italia, 1970,
pp. 492-493.
10. ^ Centro piombinese di studi storici, Ricerche storiche, Volume 29, ed. L. Olschki, 1999
11. ^ P. Bayle, Dizionario storico e critico in Società filosofica italiana, Rivista di filosofia, Volume 46,
Taylor editore, 1955
12. ^ Voltaire, Saggio sui costumi
13. ^ Andrea Tagliapietra, Che cos'è l'illuminismo: i testi e la genealogia del concetto, Pearson Italia
S.p.a., 1997, p.65
14. ^ Traniello, Storia Contemporanea, Torino, Sei, 1989, p. 32.
15. ^ A. Omodeo, Introduzione a G. Mazzini Scritti scelti, Edizioni scolastiche Mondadori, Milano,
1952 p.6
16. ^ G. Verucci, La restaurazione in "Storia delle idee politiche", a cura di L. Firpo, Torino, UTET,
1973.
17. ^ A. Omodeo, Introduzione a G. Mazzini Scritti scelti, Milano, 1934
18. ^ Adolfo Omodeo, L'età del Risorgimento italiano, Napoli, 1955
19. ^ Traniello, op. cit., p. 36.
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