PARTE
PRIMA:
CONTESTI
DI
INSEGNAMENTO
–
APPRENDIMENTO
DELL’ITALIANO
L2
Il
processo
di
acquisizione
di
una
lingua
è
determinato
dall’esposizione
di
un
individuo
a
un
ambiente
in
cui
siano
prodotti
dati
linguistici.
L’ambiente
in
cui
ha
luogo
l’apprendimento
può
configurarsi
come:
- NATURALE
=
APPRENDIMENTO
SPONTANEO
DELLA
LINGUA
- FORMALE
frequenza
di
un
corso
=
APPRENDIMENTO
GUIDATO
- COMBINAZIONE
DI
AMBIENTE
NATURALE
E
FORMALE
=
APPRENDIMENTO
MISTO
(l’apprendente
può
imparare
sia
attraverso
la
frequenza
di
un
corso
sia
in
ambito
extrascolastico,
interagendo
con
i
parlanti
nativi).
Input
=
materiale
linguistico
con
cui
l’apprendente
entra
in
contatto.
● Nell’apprendimento
spontaneo
l’input
è
prodotto
allo
scopo
di
realizzare
la
comunicazione,
e
l’apprendente
può
venire
in
contatto
con
varietà
non
standard
della
lingua.
● Nell’apprendimento
guidato
l’input
è
frutto
di
ricerca
e
selezione
operate
dall’insegnante
in
relazione
agli
obiettivi
didattici.
● In
ambiente
spontaneo,
i
dati
linguistici
sono
elaborati
induttivamente
e
analizzati
in
modo
inconsapevole
o
parzialmente
consapevole.
● In
ambiente
formale
l’attività
sulle
forme
e
sul
funzionamento
della
lingua
è
oggetto
di
riflessione
e
di
spiegazione
esplicite.
Output
=
tutte
le
produzioni
realizzate
dall’apprendente.
Gli
ambienti
nei
quali
si
realizza
l’apprendimento
si
collocano
in
un
CONTESTO.
L’attuale
varietà
di
contesti
operativi
per
l’italiano
L2
può
essere
ricondotta
a
4
macro
categorie:
1. L’italiano
appreso
all’estero
(italiano
come
lingua
straniera
o
italiano
LS);
2. L’italiano
appreso
in
Italia
da
studenti
stranieri,
che
soggiornano
per
un
periodo
nel
nostro
paese
(italiano
come
seconda
lingua
o
italiano
L2);
3. L’italiano
appreso
da
oriundi
italiani
residenti
all’estero,
che
si
avvicinano
ad
essa
per
recuperare
le
loro
origini
familiari
o
etniche
(italiano
come
lingua
d’origine);
4. L’italiano
appreso
in
Italia
da
figli
di
cittadini
stranieri
migranti
(italiano
come
lingua
di
contatto).
Fattori
che
condizionano
il
processo
e
l’esito
dell’apprendimento:
- età
- lingua
madre
- retroterra
istruttivo
- la
conoscenza
di
altre
lingue
straniere
- il
livello
di
competenza
L2
- la
motivazione
-‐
lo
scopo
per
il
quale
un
individuo
studia
una
lingua
- l’attitudine
a
imparare
una
nuova
lingua
- lo
stile
cognitivo
adottato.
CAPITOLO
1
L’ITALIANO
LINGUA
STRANIERA
FUORI
D’ITALIA
Fuori
dall’Italia
l’offerta
di
corsi
di
italiano
LS
è
garantita
da
realtà
formative
locali,
scuole
pubbliche
e
private,
università,
associazioni,
aziende.
❖ Scuole
italiane
all’Estero
(8
istituti
italiani
onnicomprensivi
e
43
scuole
italiane
paritarie)
❖ IIC
Istituti
italiani
di
cultura
(nelle
capitali)
❖ MAECI
(Ministero
Affari
Esteri
e
della
Cooperazione
internazionale
–
seleziona
regolarmente
fra
gli
insegnanti
di
ruolo
nella
scuola
italiana
il
personale
da
inviare
presso
alcuni
atenei
stranieri
per
svolgere
la
funzione
di
lettori
di
italiano
all’estero)
❖ Società
Dante
Alighieri
(opera
per
la
tutela
e
la
diffusione
della
lingua
e
della
cultura
italiane
–
offre
la
PLIDA
=
certificazione
di
competenza
nella
lingua
italiana).
Rete
di
enti
convenzionati
con:
❖ Università
per
Stranieri
di
Siena
per
la
somministrazione
degli
esami
CILS
(Certificazione
di
italiano
come
lingua
straniera)
❖ Università
per
Stranieri
di
Perugia
per
la
somministrazione
degli
esami
CELI
(Certificazione
didattica
dell’italiano
lingua
straniera)
❖ Consorzio
ICON
(Italian
Culture
on
the
Net)
per
l’erogazione
di
corsi
online)
è
composto
da
19
Università
italiane.
L’italiano
è
la
quarta
lingua
più
studiata
al
mondo.
Una
forma
di
armonizzazione
delle
offerte
culturali
legate
all’italiano
LS
viene
realizzata
dal
2001
grazie
alla
Settimana
della
lingua
italiana
nel
mondo
(iniziativa
dell’Accademia
della
Crusca
-‐
1582-‐83
–
Vocabolario,
Venezia
1612),
con
la
quale
si
vuole
promuovere
all’estero
la
conoscenza
e
l’interesse
per
la
lingua
italiana.
Caratteristiche
degli
apprendenti:
‘’Inizialmente’’:
persone
colte,
religiosi,
militari,
commercianti
(per
ragioni
pratiche
ed
economiche).
Fine
XIX
secolo:
le
spinte
migratorie
dall’Italia
verso
i
Paesi
del
Nord
Europa,
America
e
Australia)
creano
contatti
linguistici
fra
lingue
locali
e
i
dialetti
italiani
emigrati
insieme
alle
centinaia
di
uomini,
donne
e
bambini
alla
ricerca
di
un
futuro
migliore.
Verso
questi
migranti
si
cominciano
a
indirizzare
i
primi
interventi
di
politica
linguistica
dedicati
all’italiano.
A
loro
si
rivolgono
i
primi
comitati
della
Società
Dante
Alighieri.
Dalla
metà
del
XX
secolo
rallentano
le
spinte
migratorie
verso
l’estero.
Gli
immigrati
stranieri
si
riversano
ora
in
Italia
dall’Albania,
dall’Africa,
dall’Oriente,
dall’Est
europeo
e
dalla
Cina
aumento
della
richiesta
di
italiano
anche
a
livello
scolastico
nei
paesi
di
maggiore
provenienza
degli
immigrati
(Romani,
Albania,
Marocco,
Ucraina,
..).
Alla
fine
degli
anni
80
l’italiano
fa
il
suo
ingresso
in
molte
nuove
realtà
accademiche
di
tutto
il
territorio
dell’Europa
orientale.
Quasi
contemporaneamente
esplode
la
comunicazione
via
internet.
All’inizio
del
XXI
secolo
è
la
Cina
il
nuovo
partner
di
imprese
economiche
e
culturali
nel
mondo.
2006:
inizia
il
Programma
Marco
Polo,
per
accogliere
studenti
cinesi
nell’ambito
dell’Alta
formazione
artistica,
musicale
e
coreutica.
ATTUALMENTE
possiamo
individuare
i
seguenti
profili
di
apprendenti:
o Bambini
e
adolescenti
stranieri
che
seguono
corsi
di
italiano
curriculare
nelle
scuole
d’obbligo
del
proprio
paese
o Bambini
e
adolescenti
stranieri
(non
di
origine
italiana)
che
seguono,
insieme
ai
bambini
e
adolescenti
di
origine
italiana,
i
corsi
di
Lingua
e
cultura
italiana
integrati
o
inseriti
nei
sistemi
scolastici
locali.
o Bambini
e
adolescenti
stranieri
iscritti
nelle
scuole
italiane
all’estero:
il
prestigio
della
lingua
e
della
cultura
italiane
spinge
le
famiglie
a
offrire
ai
propri
figli
una
formazione
linguistico-‐culturale
diversa
dalla
madrelingua,
in
una
situazione
di
apprendimento
integrato
lingua
–
contenuto
(Content
and
Language
Integrated
Learning,
CLIL
ha
il
duplice
obiettivo
di
focalizzarsi
tanto
sulla
disciplina
insegnata
che
sugli
aspetti
grammaticali,
fonetici
e
comunicativi
della
lingua
straniera).
o Studenti
universitari
fuori
d’Italia
o Giovani
e
adulti
con
progetto
di
emigrazione
o Professionisti,
pensionati,
appassionati
dell’Italia,
partner
di
un
italiano/a:
si
rivolgono
spesso
a
scuole
provate,
alle
univ.
popolari,..
.
o Funzionari
plurilingui
di
istituzioni
comunitarie
europee
(Commissione
Europea)
o Cibernauti:
tutti
coloro
che
sono
interessati
a
temi
inerenti
l’Italia
e
capaci
di
affrontare
i
testi
proposti
in
rete
in
italiano
o
in
una
traduzione.
Motivazioni
dell’apprendimento
di
una
lingua
NON
MATERNA:
- strumentali
- integrative
- culturali
/
intrinseche
Le
motivazioni
spesso
possono
sommarsi
e
favorire
l’apprendimento.
L’italiano
LS
è
caratterizzato
oggi
da
una
certa
disomogeneità
motivazionale,
da
cui
deriva
anche
una
pluralità
di
bisogni
formativi
à
sono
legati
alle
motivazioni
allo
studio
della
lingua
straniera.
Secondo
questi
bisogni
il
docente
costruirà
il
sillabo
e
le
attività
da
proporre
all’apprendente.
Caratteristiche
dell’input
L’apprendimento
dell’italiano
LS
si
svolge
in
un
contest
non
italofono,
ma
questo
non
significa
che
vi
sia
totale
assenza
di
comunicazione
in
lingua
italiana.
Oggi
nel
mondo
circolano
le
varietà
dell’italiano
contemporaneo,
largamente
presenti
ovunque
siano
parlanti
nativi
italiani
scolarizzati
in
Italia,
o
nei
mezzi
scritti
e
audiovisivi
di
comunicazione
di
massa.
In
molti
paesi
sono
poi
capillarmente
diffuse
forme
di
italiano
scritto
o
parlato
che
affiancano
i
prodotti
Made
in
Italy.
L’italiano
è
presente
in
quasi
tutti
i
contesti
sociali
urbani
nel
mondo
(nomi
delle
insigne
dei
negozi
e
dei
prodotti
legati
alla
moda,
alla
gastronomia,
all’arredamento,
in
cui
la
manifattura
italiana
è
sinonimo
di
qualità
e
buon
gusto.
L’input
italiano
circola
all’estero
anche
secondo
gli
itinerari
via
via
tracciati
dal
turismo
italiano
nel
mondo.
L’italiano
è
endemico
nelle
aree
in
cui
è
piû
consistente
il
numero
di
turisti
italiani
o
là
dove
sono
state
impiantate
imprese
italiane
o
sono
frequenti
i
contatti
commerciali
con
l’Italia.
Un’alta
circolazione
di
italiano
parlato
si
registra
nelle
aree
in
cui
più
forte
è
stata
l’immigrazione
di
lavoratori
italiani
(es.
il
Canada).
In
certe
regioni
i
dialetti
immigrati
sopravvivono
fianco
a
fianco
dell’italiano
contemporaneo.
Circola
l’italiano
anche
nelle
grandi
metropoli
in
cui
sono
più
facili
l’aggregazione
e
l’incontro
in
base
agli
interessi
comuni,
o
in
cui
vi
siano
rappresentanze
diplomatiche
italiane
(Bruxelles,
Strasburgo,
Ginevra,
NY).
+
zone
di
frontiera
o
quelle
tradizionalmente
interessate
da
passate
frequentazioni
con
l’Italia
(la
Savoia,
la
Provenza,
l’arco
alpino,
l’Austria,
l’Istria,
la
Croazia,
l’Albania,
Malta,
la
Grecia,
la
Corsica,
la
costa
nord
Africana).
L’italiano
è
oggi
limitatamente
presente
fuori
dai
confine
italiani
come
lingua
ufficiale:
nella
Rep.
di
San
Marino,
in
Svizzera;
come
lingua
coloniale
nei
paesi
del
Corno
d’Africa
(Eritrea,
Somalia,
Etiopia).
L’italiano
fra
non
italofoni
è
presente
anche
in
due
forme
di
comunicazione
internazionale:
- come
lingua
franca
in
Svizzera,
fra
immigrati
di
madrelingua
diversa;
- come
lingua
ponte
fra
i
funzionari
e
gli
interpreti
di
nazionalità
diverse,
impegnati
presso
le
istituzioni
della
Commissione
Europea.
Caratteristiche
dell’output
In
un
apprendimento
linguistico
che
si
realizza
primariamente
in
un
contesto
guidato
e
isolato
è
possibile
che
gli
apprendenti
siano
esposti
a
un
input
limitato
e
graduato:
anche
il
loro
output
sarà
quindi
più
ristretto
e
monitorabile.
L’input
è
necessario
ma
non
sufficiente
per
l’apprendimento.
Per
trasformarlo
in
un
intake
(acquisizione
duratura)
deve
essere
affiancato
dalla
pratica,
cioè
da
un
output.
Attraverso
la
produzione
orale
e
scritta
nella
lingua
obiettivo
e
la
pratica
esercitativa,
i
processi
mentali
si
traducono
in
prodotti
(nelle
interlingua
di
apprendimento
degli
allievi).
CAPITOLO
2
L’ITALIANO
LINGUA
SECONDA
IN
ITALIA
Italiano
come
lingua
seconda
o
seconda
lingua
=
lingua
appresa
dopo
la
madrelingua,
quindi
sinonimo
di
italiano
per
stranieri
/
italiano
lingua
non
materna.
Si
usa
italiano
L2
per
enfatizzare
la
dimensione
temporale
dell’apprendimento
o
la
secondarietà
della
competenza
nella
lingua.
Linguistica
acquisizionale
L2:
iperonimo
per
indicare
la
lingua
non
materna
appresa
spontaneamente
o
in
maniera
guidata
nel
paese
in
cui
è
parlata.
LINGUA
SECONDA
=
lingua
appresa
nell’ambiente
in
cui
si
parla
(il
parametro
diatopico
è
determinante
per
individuare
le
caratteristiche
dell’insegnamento
–
apprendimento
di
questa
lingua.
Apprendimento
misto
contesto
ideale
per
una
situazione
di
apprendimento
dell’italiano
L2
e
l’approccio
più
favorevole
pare
essere
quello
indicato
dal
Quadro
comune
europeo
di
riferimento
per
le
lingue.
Il
concetto
di
azione
rimanda
all’interazione
verbale,
finalizzata
alla
trasmissione
di
messaggi.
La
competenza
di
azione
consiste
nella
capacità
di
interagire
linguisticamente
con
altri
individui
in
modo
partecipativo,
adeguando
le
forme
del
proprio
messaggio
al
raggiungimento
dei
propri
obiettivi.
Didattica
orientate
all’azione:
- accetta
rischi
- prende
in
considerazione
l’allievo
come
individuo
complete
- la
stessa
interazione
che
avviene
in
aula
ha
conseguenze
che
trascendono
il
contest
in
cui
sono
proposte
- riconosce
l’importanza
del
contesto
non
linguistico
- instaura
un
equilibrio
dinamico
fra
individualismo
e
collettivismo
- propone
forme
di
apprendimento
euristico,
basate
sulla
scoperta
autonoma
delle
regole
di
funzionamento
linguistico
e
pragmatico
dei
testi.
Caratteristiche
degli
apprendenti
● gli
studenti
universitari
in
viaggio
di
studio
in
Italia
per
completare
la
propria
formazione
accademica
● gli
artisti,
gli
intellettuali
e
tutti
quei
viaggiatori
per
i
quali
il
viaggio
in
Italia
faceva
parte
integrante
della
propria
formazione
culturale
● i
commercianti
che
in
Italia
avevano
affari
di
ogni
genere
● i
prelati
cattolici
che
facevano
capo
a
Roma
e
tutti
quei
pellegrini
che
in
Italia
visitavano
per
devozione
i
luoghi
sacri
di
varie
figure
di
santi
● i
soldati
Siena,
1917
à
nascono
i
primi
corsi
di
lingua
e
cultura
italiana
per
stranieri
Perugia,
1921
à
istituiti
dei
corsi
di
Alta
Cultura
per
studenti
stranieri.
Nel
1925
un
decreto
del
re
d’Italia
Vittorio
Emanuele
III
istituisce
la
Regia
Università
italiana
per
stranieri
di
Perugia.
Dopo
il
boom
economico
degli
anni
Sessanta
l’Italia
vive
un
momento
di
grande
vivacità
economica
e
culturale.
Anni
Settanta
–
Ottanta:
Roma
e
Firenze
–
varie
scuole
private
di
italiano
per
stranieri.
1981
à
livello
soglia
per
l’italiano;
documento
promosso
dal
Consiglio
d’Europa
per
offrire
ai
docenti
e
agli
autori
di
materiali
didattici
un
sillabo
con
i
contenuti
essenziali
capaci
di
garantire
lo
sviluppo
delle
competenze
necessarie
alla
sopravvivenza
nel
contatto
con
i
parlanti
nativi
in
Italia.
1992
à
vengono
istituite
ufficialmente
due
nuove
università
pubbliche
(Siena
e
Perugia).
La
promozione
dell’italiano
come
lingua
straniera
è
affidata
a
queste
due
prestigiose
istituzioni
accademiche.
1995
nasce
il
DITALS
(a
cui
si
affiancheranno
CEDILS
–
Venezia
–
e
DILS-‐PG
–
Perugia)
CLUSS
à
Centro
linguistico
Università
per
stranieri
di
Siena
che
offre
corsi
di
italiano
per
stranieri.
Il
settore
universitario
è
uno
degli
ambiti
privilegiati
in
cui
si
realizza
la
formazione
linguistica
degli
stranieri
in
Italia.
Impatto
maggiore
sul
territorio
italiano:
i
programmi
di
studio
dell’italiano
e
delle
discipline
storico-‐artistiche
per
gruppi
di
studenti
statunitensi
che
soggiornano
regolarmente
in
Italia
per
completare
i
propri
studi
(Italian
Study
Abroad);
Erasmus:
mobilità
studentesca
di
scambio
fra
atenei
europei,
iniziata
nel
1989,
con
sistema
di
trasferimento
dei
crediti
(ECTS)
–
Erasmus
+.
Si
sono
aperte
negli
ultimi
anni
sezioni
di
italiano
L2
nei
centri
linguistici
delle
varie
università
italiane
per
far
fronte
alle
esigenze
degli
studenti
europei
ed
extraeuropei
in
mobilità
accademica.
Marco
Polo
accordo
bilaterale
tra
la
Repubblica
Popolare
di
Cina
e
la
Repubblica
Italiana:
gli
studenti
possono
ottenere
un
visto
di
ingresso
agevolato
per
studiare
in
Italia
anche
senza
pre
conoscenze
linguistiche.
Turandot
indirizzato
agli
studenti
cinesi
che
intendono
iscriversi
presso
le
istituzioni
accademiche
italiane
di
Alta
Formazione
artistica,
musicale,
coreutica
(AFAM).
Altro
settore:
seminari,
college,
università
ecclesiastiche
che
richiamano
a
Roma
costantemente
varie
figure
di
religiosi
cattolici
stranieri
che
devono
perfezionare
il
proprio
percorso
formativo
in
teologia
prima
di
accedere
ai
vari
gradini
della
gerarchia
ecclesiastica.
Corsi
di
italiano
sono
organizzati
presso
centro
formativi
o
presso
le
stesse
istituzioni
pontificie.
La
crisi
delle
vocazioni
tra
i
cittadini
italiani
e
l’afflusso
di
religiosi
provenienti
da
paesi
in
via
di
sviluppo
ha
fatto
sì
che
negli
ultimi
anni
i
sacerdoti
stranieri
siano
diventati
una
presenza
costante
nelle
Chiese
cattoliche
italiane.
Anni
70-‐80:
si
sono
trasferiti
in
Italia
giovani
adulti
immigrati
in
cerca
di
migliori
condizioni
di
vita.
I
primi
centri
che
hanno
offerto
formazione
linguistica
in
italiano
L2
a
queste
persone
sono
stati,
oltre
alle
parrocchie,
i
Centri
provinciali
per
l’istruzione
degli
adulti
(2014),
che
offrono
percorsi
di
istruzione
di
primo
livello
per
lavoratori
italiani
e
stranieri
che
non
hanno
ancora
assolto
l’obbligo
scolastico
del
primo
ciclo
e
percorsi
di
alfabetizzazione
e
apprendimento
della
lingua
riservati
agli
stranieri.
Scuole
private
di
lingua
manca
ancora
un
censimento
completo
delle
istituzioni
e
delle
associazioni
che
offrono
corsi
di
italiano
o
altre
materie
per
rispondere
a
una
richiesta
di
formazione
linguistica
per
scopi
culturali,
artistici,
professionali
Esiste
pero
un’Associazione
delle
scuole
di
italiano
come
lingua
seconda(ASILS).
Intercultura
à
1914,
un
gruppo
di
giovani
americani
decise
di
organizzare
una
rete
di
ambulanze
in
appoggio
all’ospedale
americano
di
Neuilly
à
American
Field
Service
(AFS).
Nel
1955
nasce
l’AFS
italiana,
nota
oggi
come
Intercultura,
ha
sede
a
Colle
val
d’Elsa
e
conta
circa
3000
famiglie
italiane.
Stanno
crescendo
le
opportunità
di
vacanze
studio
per
bambini
e
adolescenti,
e
si
diffonde
l’abitudine,
fra
gli
adolescenti
stranieri,
di
frequentare
il
penultimo
anno
nei
licei
italiani
aderendo
al
programma
di
Intercultura.
I
ragazzi
stranieri
che
aderiscono
a
questo
programma
entrano
a
far
parte
della
vita
della
famiglia
che
li
ospita
e
frequentano
per
un
anno
la
scuola
locale
come
i
loro
figli.
Oltre
ai
contesti
pubblici
e
privati,
esistono
comunità
alloglotte
sul
territorio
nazionale
a
cui
per
legge
è
garantita
la
possibilità
di
mantenere
e
usare
la
propria
identità
linguistico-‐ culturale:
minoranze
linguistiche
storicamente
presenti
in
Italia:
Valle
d’Aosta
e
Piemonte
(provenzali
e
franco
–
provenzali),
catena
alpina
(tedesche),
valli
dolomitiche
(ladine),
slovena
(Trieste,
Gorizia,
Udine),
algherese
(tradizione
catalana
in
Sardegna),
isole
croate
di
alcuni
paesi
del
Molise,
quelle
di
cultura
albanese
disseminate
nell’Italia
meridionale
e
in
Sicilia,
quelle
parlanti
griko
in
Calabria
e
Puglia.
Lingua
friulana
e
lingua
sarda:
vere
e
proprie
lingue
indipendenti.
Legge
15
dicembre
1999,
n.
482:
Norma
in
materia
di
tutela
delle
minoranze
linguistiche
,
che
sancisce
il
diritto
di
12
minoranze
linguistiche
storiche
esistenti
in
Italia
a
esprimere
sé
stesse
e
le
proprie
culture
(tre
minoranze
di
confine,
sei
nuclei
alloglotti
sparsi
nel
paese,
tre
varietà
di
spiccata
autonomia
–
tra
cui
il
friulano
e
il
sardo.
In
Italia
possiamo
individuare
attualmente
i
seguenti
profili
di
apprendenti:
- bambini
e
adolescenti
stranieri
in
vacanza
studio
in
Italia
- bambini
e
adolescenti
stranieri
inseriti
nelle
scuole
internazionali
e
bilingui
- adolescenti
stranieri
dei
programmi
intercultura
- studenti
universitari
stranieri
nei
progetti
di
mobilità
accademica
- studenti
universitari
statunitensi
dei
programmi
italian
Study
Abroad
- studenti
universitari
cinesi
dei
programmi
Marco
Polo
e
Turandot
- studenti
e
religiosi
cattolici
stranieri
- giovani
adulti
e
adulti
che
decidono
di
trascorrere
un
periodo
di
studio
dell’italiano
per
motivi
culturali
o
professionali
- adulti
e
anziani
in
buen
ritiro
in
Italia
- professionisti
stranieri
inseriti
in
contesti
lavorativi
in
Italia
- adulti
e
giovani
adulti
impegnati
in
attività
di
lavoro
temporaneo
in
Italia
o
con
un
progetto
di
inserimento
lavorativo
stabile
- carcerati
stranieri
negli
istituti
di
pena
- cittadini
italiani
di
madrelingua
diversa
Motivazioni
- la
scelta
di
realizzare
un
periodo
di
permanenza
in
Italia
(affettiva)
- motivazione
strumentale:
di
chi
in
Italia
lavora
o
cerca
lavoro
- motivazione
integrativa:
immigrati
con
progetto
di
inserimento
stabile
in
Italia
- motivazioni
estrinseche:
la
scelta
di
una
scuola
internazionale
o
bilingue
può
essere
imposta
dai
genitori
al
bambino
e
a;;’adolescente
di
madrelingua
diversa
A
partire
da
queste
motivazioni
i
docenti
possono
cercare
d
delineare
i
bisogni
comunicativi
dei
propri
apprendenti,
tenendo
conto
delle
possibili
deviazioni
rispetto
al
progetto
originario.
Caratteristiche
dell’input
Italia ambiente
ideale
per
un
apprendimento
misto
L’apprendimento
dell’italiano
L2
in
Italia
dovrebbe
includere
una
valorizzazione
delle
possibilità
di
interazione
con
il
territorio,
tenendo
conto
delle
competenze
e
degli
scopi
degli
apprendenti.
Le
ore
di
didattica
diretta
svolta
in
classe
dall’insegnante
sono
in
interrelazione
con
la
vita
extrascolastica
dello
studente.
FICCS
(Full
Immersion:
Culture,
Content,
Service)
adottate
dai
docenti
dei
programmi
di
italiano
per
i
gruppi
di
studenti
delle
università
americane
in
Italia.
In
un
programma
FICCS
è
prevista
una
profonda
esperienza
di
pragmatica
interculturale
(ospitalità
in
famiglia,
avvicinamento
e
frequentazione
delle
strutture
sociali
locali,
esperienze
nelle
attività
sociali
e
di
volontariato).
Caratteristiche
dell’output
La
complessità
e
la
varietà
dell’input
a
cui
sono
esposti
gli
studenti
di
italiano
L2
in
Italia
sono
tali
da
rappresentare
il
contesto
ideale
in
cui
è
possibile
che
si
evolvano
delle
competenze
linguistico-‐comunicative
molto
avanzate,
anche
in
tempi
di
soggiorno
relativamente
brevi.
I
tipi
di
interazione
possibili
sono
molto
vari,
così
come
l’esposizione
agli
accenti
ealle
intonazioni
regionali,
a
tipi
fisici
diversi,
a
gestualità
e
modi
di
comunicare
che
variano
da
zona
a
zona.
Un
contesto
privilegiato
in
cui
gli
stranieri
agiscono
e
comunicano
in
Italia
è
quello
legato
al
tempo
libero.
Un
altro
settore
è
quello
relativo
ai
contesti
formali
e
agli
argomenti
settoriali
relativi
al
proprio
ambito
di
interessi
e
di
attività
sul
territorio
italiano.
Le
maggiori
occasioni
di
output
sono
offerte
nei
contesti
informali
e
spontanei
di
interazione.
CAPITOLO
3
L’ITALIANO
LINGUA
D’ORIGINE
All’espansione
dell’italiano
all’estero
contribuiscono
le
comunità
italofone
residenti
fuori
dai
confini
nazionali
che
ne
promuovono
il
mantenimento,
la
diffusione,
l’insegnamento
e
lo
studio.
Oriundi
italiani
à
l’italiano
costituisce
il
codice
di
comunicazione
inter-‐familiare
o
in
uso
nella
comunità
etnica
di
appartenenza,
o
la
lingua
dei
propri
genitori
espatriati
dall’Italia
(recupero
delle
proprie
origini
familiari
e
culturali).
Appare
opportuno
considerare
gli
italiani
all’estero
come
apprendenti
di
italiano
L2,
in
quanto
la
loro
competenza
si
sviluppa
in
una
situazione
di
contatto
linguistico
e
culturale
estranea
all’esperienza
del
connazionale
in
patria.
Dominio
d’uso
à
sfere
di
azione
o
aree
di
interesse
sociale.
Es.
il
dominio
educativo:
situazioni
che
implicano
relazioni
di
ruolo
insegnante-‐studente,
a
scuola
durante
l’orario
scolastico.
L’azione
didattica
deve
adottare
situazioni
metodologiche
e
modelli
operativi
che
possano
rispondere
alle
specifiche
esigenze
di
questo
contesto
di
insegnamento,
apprendimento.
Emigrazione
fenomeno
che
ha
interessato
la
penisola
italiana
per
molti
secoli,
dalla
metà
dell’800
alla
metà
degli
anni
70
del
Novecento.
27
milioni
di
italiani
che
avrebbero
lasciato
il
territorio
nazionale
tra
il
1876
e
il
1976,
diretti
principalmente
nel
territorio
americano.
Atteggiamento
aperto
nei
confronti
dell’incremento
della
popolazione
della
popolazione
oltreoceano.
Dopo
un
rallentamento
durante
i
conflitti
mondiali,
un
altro
ciclo
di
espatri
nel
1947:
seconda
ondata
soprattutto
verso
Belgio,
Francia,
Germania,
Svizzera,
Venezuela,
Australia,
Canada.
L’emigrazione
nei
paesi
oltreoceano
è
configurata
come
un
progetto
di
lunga
durata:
l’italiano
ha
subito
un
indebolimento
,
dovuto
al
restringersi
dei
propri
domini
d’uso,
parallelo
all’avanzare
del
processo
di
integrazione
del
migrante.
I
paesi
europei
hanno
spesso
adottato
atteggiamenti
e
misure
che
non
hanno
promosso
l’effettiva
integrazione.
I
nostri
connazionali,
concependo
l’espatrio
come
un
episodio
temporaneo,
non
si
sono
fortemente
impegnati
nel
proprio
inserimento
nel
tessuto
sociale
locale.
La
vicinanza
geografica
all’Italia
e
l’emigrazione
stagionale
hanno
permesso
continui
interscambi
con
la
lingua
e
la
cultura
d’origine,
favorendo
la
conservazione
di
un
buon
livello
di
competenza
nella
lingua
italiana.
Altri
attori
che
incidono
sul
grado
di
mantenimento
dell’italiano
sono
la
consistenza
numerica
e
la
densità
demografica
della
comunità
di
connazionali.
Italiano
di
emigrazione
e
differenziazione
tra
fasce
generazionali
La
lingua
utilizzata
nelle
interazioni
con
i
connazionali
della
prima
generazione
di
immigrazione
non
è
l’italiano
standard,
ma
una
varietà
substandard,
fortemente
interferita
dal
dialetto
e
soggetta
alle
pressioni
esercitate
dal
contatto
linguistico
con
la
lingua
del
paese
ospite,
definita
italiano
di
emigrazione.
Le
varietà
substandard
sono
quelle
impiegate
da
determinate
classi
socioeconomiche,
o
utilizzate
in
particolari
contesti,
che
comprendono
tratti
linguistici
marcati
diastraticamente
e/o
diafasicamente.
A
livello
lessicale:
presenza
sia
di
parole
di
origine
dialettale,
sia
da
prestiti
e
calchi
provenienti
dalla
lingua
del
paese
ospite.
I
connazionali
stabilitisi
all’estero
hanno
continuato
da
un
lato
a
convergere
verso
forme
linguistiche
comuni,
inglobando
tratti
provenienti
dalle
varietà
locali
e
dall’altro
hanno
introdotto
nuove
modalità
espressive,
avendo
acquisito
in
patria
una
maggiore
competenza
dell’italiano
a
seguito
del
conseguimento
di
un
più
elevato
livello
di
scolarizzazione.
Il
mantenimento
dell’italiano
presso
le
comunità
di
nostri
connazionali
all’estero
attraverso
le
differenti
fasce
generazionali:
l’italiano
di
emigrazione
subisce
un’evoluzione
con
il
passaggio
da
una
generazione
all’altra,
caratterizzata
da
una
lenta
erosione.
Il
contatto
con
la
lingua
del
paese
ospite
trasforma,
già
nella
prima
generazione,
l’italiano
di
emigrazione
in
un
sistema
in
dissolvenza:
riduzione
del
lessico,
generale
semplificazione
morfologica
e
sintattica.
Gli
oriundi
sviluppano
la
competenza
di
un
sistema
semplificato
che
ricorda
quello
delle
lingue
pidgin
(pidgin
a
base
inglese,
francese,
portoghese,
spagnola,
..).
Con
la
terza
generazione
la
produzione
linguistica
diventa
molto
frammentaria
e
limitata
a
un
numero
ridotto
di
elementi
lessicali,
morfologici
e
sintattici,
fortemente
interferiti
dalla
lingua
del
paese
ospite
slittamento
dell’italiano
fuori
dello
spazio
linguistico
delle
giovanissime
generazioni
di
oriundi
italiani,
per
i
quali
la
lingua
di
origine
diventa
una
lingua
straniera.
Dialetto
usato
in
modo
esclusivo
solo
dagli
anziani
della
prima
generazione
di
emigrazione.
L’uso
dell’italiano
presenta
un
decremento
con
il
diminuire
dell’età
dei
soggetti.
La
competenza
nella
lingua
del
paese
ospite
aumenta
invece
con
l’abbassamento
dell’età.
Il
più
alto
grado
di
competenza
multipla
nei
due
sistemi
linguistici
è
posseduto
dagli
adulti
di
seconda
generazione.
Il
processo
di
erosione
si
realizza
con
ritmi
diversi
(es.
Svizzera,
vicinanza
geografica,
anche
presso
la
terza
generazione
l’italiano
continua
a
essere
la
lingua
della
socializzazione
primaria).
Profili
di
apprendenti
di
origine
italiana
Sono
più
di
60
milioni
le
persone
di
origine
italiana
residenti
fuori
dai
confini
nazionali.
1.
Un
primo
profilo
è
rappresentato
da
esponenti
di
terza
o
quarta
generazione
di
emigrazione
in
paesi
caratterizzati
da
un
basso
grado
di
mantenimento
dell’italiano,
i
quali
decidono
di
studiare
l’italiano
per
recuperare
e
definire
la
propria
identità
(origine
familiare:
una
delle
motivazioni).
2.
Vi
è
anche
chi
ha
una
competenza
di
base
nella
lingua
d’origine,
ma
decide
di
seguire
un
corso
per
approfondire
lo
studio
della
lingua
e
della
cultura.
3.
Ci
sono
poi
gli
adolescenti
e
giovani
adulti
che
usufruiscono
di
un
soggiorno
studio
in
Italia.
4.
Giovani
adulti
che
seguono
corsi
di
italiano
nell’ambito
del
proprio
percorso
di
studio
universitario.
5.
Adolescenti
e
bambini
che
frequentano
la
scuola
nel
paese
ospite
e
inseriscono
lo
studio
dell’italiano
nell’ambito
del
proprio
curriculo
scolastico
o
decidono
di
iscriversi
a
una
scuola
bilingue.
La
formazione
linguistica
dei
figli
degli
italiani
all’estero
può
essere
realizzata
attraverso
la
frequenza
di
iniziative
di
tipo
scolastico
promosse
dal
MAECI:
corsi
finanziati
da
comitati
e
scuole
locali.
Nelle
diverse
mete
di
emigazione
italiana
all’estero
i
corsi
hanno
assunto
diversi
indirizzi
e
configurazioni
a
seconda
delle
caratteristiche
e
delle
esigenze
delle
comunità.
Alcuni
di
questi
corsi
si
svolgono
al
di
fuori
dell’orario
scolastico
locale
e
si
articolano
in
incontri
settimanali.
Molti
sono
invece
inseriti
o
integrati
nel
sistema
scolastico
del
paese
ospite.
Gli
adolescenti
e
i
bambini
acquisiscono
o
mantengono
la
propria
lingua
d’origine
anche
con
la
frequenza
di
corsi
offerti
dagli
IIC,
dai
comitati
della
Società
Dante
Alighieri
o
da
scuole
private.
Il
recupero
delle
proprie
radici
culturali
e
linguistiche
è
un’esigenza
che
emerge
a
seguito
del
processo
di
ridefinizione
a
cui
è
sottoposta
l’identità
individuale
e
sociale
nell’esperienza
migratoria.
Input
Se
il
corso
ha
luogo
in
un
paese
dove
l’italiano
mantiene
lo
status
di
lingua
familiare
e
della
comunità
etnica,
l’apprendimento
si
realizza
in
un
ambiente
misto,
in
cui
l’esposizione
a
un
input
selezionato
si
alterna
con
quella
a
varietà
substandard
e
diatopiche.
Le
varietà
linguistiche
diatopiche
conservano
una
certa
vitalità
presso
la
prima
generazione
di
emigrazione.
Nei
paesi
in
cui
è
possibile
mantenere
contatti
frequenti
con
la
madrepatria,
l’esposizione
dell’apprendente
si
estende
all’italiano
neostandard
e
all’italiano
colloquiale,
diffusi
soprattutto
attraverso
la
tv
e
la
radio.
Sono
in
circolazione
pochissime
pubblicazioni
specificamente
rivolte
agli
apprendenti
di
italiano
come
lingua
di
origine.
I
materiali
impiegati
in
questi
casi
sono
dunque
quelli
comunemente
usati
per
l’insegnamento
dell’italiano
LS
o
L2.
Output
Quando
la
lingua
è
appresa
essenzialmente
in
ambiente
formale,
maggiori
opportunità
sono
offerte
allo
sviluppo
della
produzione
scritta.
Nell’apprendimento
guidato
le
occasioni
di
output
sono
fortemente
condizionate
dall’approccio
scelto
dal
docente,
dai
formati
in
cui
si
realizzano
le
attività,
dalle
modalità
di
gestione
dell’interazione
didattica
e
dalla
motivazione
degli
allievi
a
usare
la
lingua
d’apprendimento
in
classe.
In
ambiente
misto:
sono
numerose
le
occasioni
di
incontro
con
i
membri
della
comunità,
dovute
alle
ricorrenze
italiane,
che
molti
connazionali
continuano
a
festeggiare
all’estero,
e
alle
iniziative,
promosse
e
organizzate
dalle
varie
associazioni.
Anche
l’estensione
del
gruppo
familiare
influisce
sulle
probabilità
che
gli
oriundi
italiani
hanno
di
impiegare
la
lingua
d’origine.
Le
lingue
possono
essere
mescolate
nell’espressione
àrealizzazioni
di
produzioni
mistilingue
(code
mixing),
o
commutazione
di
codice
(code
switching
=
uso
alternato
delle
due
lingue:
può
costituire
una
strategia
pragmatica).
Semilinguismo
à
la
lingua
d’origine
non
è
più
pienamente
dominata
e
la
lingua
del
paese
ospite
non
è
posseduta
a
un
livello
soddisfacente
di
padronanza.
In
ambito
didattico
la
mescolanza
di
codici
va
compresa
e
ne
va
orientato
l’impiego
attraverso
lo
sviluppo
di
una
competenza
metalinguistica.
CAPITOLO
4
L’ITALIANO
LINGUA
DI
CONTATTO
A
partire
dalla
seconda
metàù
degli
anni
80
un
numero
sempre
più
cospicuo
di
cittadini
stranieri
necessitano
di
apprendere
la
lingua
per
soggiornare
in
Italia
e
sostenere
il
proprio
progetto
migratorio.
Crescente
tendenza
alla
stabilità
di
residenza
à
1,6
milioni
la
popolazione
straniera
che
soggiorna
in
Italia
da
più
di
5
anni.
IMMIGRANT:
persona
che
si
è
stabilita
permanentemente
in
un
altro
paese
MIGRANT:
persone
che
si
spostano
in
un
luogo
solo
temporaneamente.
Oggi
anche
bambini
e
adolescenti,
non
solo
adulti,
ad
avere
bisogno
di
formazione
linguistica.
Italiano
lingua
di
contatto:
quello
insegnato
e
appreso
dai
figli
di
cittadini
immigrati
in
Italia
(natura
composita
della
competenza
individuale
di
questa
tipologia
di
apprendenti).
Questi
hanno
imparato
l’italiano
dopo
il
loro
arrivo
in
Italia
e
l’inserimento
nella
scuola.
Per
i
giovanissimi
italiani
di
famiglia
straniera
mista
l’italiano
costituisce
una
lingua
di
contatto,
cioè
la
lingua
dell’identità
primaria.
L’italiano
crea
un
territorio
di
confine
e
di
contatto
che
rende
possibile
intricate
sovrapposizioni,
scambi,
interferenze
che
costituiscono
le
risorse
espressive
e
di
identità
dei
soggetti.
Scuola
italiana
à
ambiente
multietnico,
multiculturale
e
plurilinguistico.
La
presenza
di
alunni
con
cittadinanza
non
italiana
riflette
quella
della
popolazione
immigrata,
con
maggiore
concentrazione
nel
nord.
Il
20%
frequenta
la
scuola
dell’infanzia,
il
35
la
scuola
primaria,
il
23
la
scuola
secondaria
di
primo
grado
e
il
22
la
scuola
secondaria
di
secondo
grado.
Gli
istituti
maggiormente
interessati
sono
quelli
tecnici
e
professionali,
al
centro-‐sud
la
presenza
più
consistente
è
nei
licei.
Nomadi
à
alunni
di
etnia
rom,
sinti
e
camminanti:
prevalentemente
nella
scuola
primaria.
Il
romanè
comprende
molte
varietà
e
solo
da
qualche
decennio
una
codificazione
scritta,
non
ancora
unificata.
I
rom
considerano
la
loro
lingua
un
mezzo
di
coesione
sociale
e
di
definizione
identitaria.
Elevato
tasso
di
dispersione
scolastica
che
interessa
questa
tipologia
di
alunni
è
evidenziato
dal
numero
decrescente
di
presenze
nei
successivi
segmenti
istruttivi.
La
consistenza
complessiva
della
presenza
straniera
nella
scuola
italiana
segnala
un
radicamento
dell’immigrazione
nel
paese
elaborazione
di
azioni
didattiche
mirate.
PROFILI
Si
possono
individuare
diversi
profili
di
utenti
dell’italiano
come
lingua
di
contatto:
- bambini
e
adolescenti
nati
all’estero,
che
giungono
in
Italia
con
la
loro
famiglia
o
da
soli
per
ricongiungersi
ai
propri
genitori.
Chi
è
arrivato
nella
prima
infanzia
ed
entra
precocemente
nel
sistema
scolastico
ha
maggiori
opportunità
di
apprendimento.
Per
coloro
i
quali
il
soggiorno
inizia
più
tardi,
l’inserimento
e
l’apprendimento
diventano
più
difficoltosi.
Importante
è
inoltre
la
precedente
esperienza
di
scolarizzazione
dalla
quale
derivano
le
conoscenze
già
disponibili
e
i
processi
cognitivi
già
sviluppati.
Infine
la
distanza
tra
lingua
e
cultura
d’origine
e
l’italiano
influisce
sul
processo
di
apprendimento.
I
bambini
parlanti
di
lingue
tipologicamente
lontane
e
con
altri
sistemi
di
notazione
grafica
sono
più
disorientati
di
bambini
che
hanno
come
lingua
madre
un
idioma
neolatino.
- minori
adottati
dopo
la
prima
infanzia
attraverso
procedure
internazionali:
oltre
alle
consuete
difficoltà
ci
sono
quelle
affettive
derivate
dalle
dinamiche
di
accoglienza
in
una
nuova
famiglia.
-
bambini
e
adolescenti
nati
in
Italia
da
genitori
stranieri:
questi
alunni
possono
avere
una
competenza
molto
variabile
dell’italiano.
Alcuni
hanno
già
frequentato
dal
nido
bambini
nativi,
altri
invece
hanno
una
competenza
plurilingue
che
comprende
più
varietà
della
lingua
d’origine.
Una
minoranza
infine
ha
mantenuto
la
sola
lingua
d’origine
come
lingua
della
comunicazione
familiare
e
delle
relazioni
sociali.
-‐
bambini
figli
di
matrimoni
misti:
vari
livelli
di
competenza
linguistica.
-‐
bambini
e
adolescenti
nomadi:
distanza
tra
una
cultura
a
trasmissione
orale
come
quella
dei
rom
e
una
cultura
scritta
come
quella
occidentale.
Tale
distanza
implica
diverse
modalità
di
apprendere
+
difficoltà
di
relazione
che
possono
condurre
anche
a
manifestazione
di
esclusione
e
chiusura
da
parte
dei
pari
(diffidenza
nutrita
dalle
famiglie
verso
gli
zingari)
difficile
percorso
di
scolarizzazione
degli
alunni
nomadi.
-‐
minori
stranieri
non
accompagnati,
privi
di
un
adulto
legalmente
responsabile
di
riferimento,
provenienti
per
lo
più
da
Egitto,
Eritrea,
Albania,
Somalia,
Gambia,
che
lasciano
i
loro
paesi
per
trovare
lavoro
in
Italia.
Questi
possono
ottenere
il
permesso
di
soggiorno
e
rimanere
in
Italia
fino
al
raggiungimento
della
maggiore
età.
Strutture
di
accoglienza:
percorsi
di
integrazione
che
prevedono
corsi
di
lingua
italiana,
l’iscrizione
a
scuola,
o
a
corsi
di
formazione
professionale.
Diversi
enti
locali
a
cui
spetta
la
tutela
del
minore
promuovono
progetti
di
formazione
professionale
e
insegnamento
della
lingua
italiana
per
coloro
che
sono
vicini
alla
maggiore
età.
-‐
minori
figli
di
dimoranti
(=
cittadini
stranieri
appartenenti
a
particolari
categorie
professionali
-‐es.
diplomatici,
dipendenti
di
banche
o
aziende
straniere
con
sedi
in
Italia,
artisti
operanti
nei
circhi-‐
)
il
cui
soggiorno
in
Italia
ha
una
durata
prestabilita,
è
possibile
individuare
un
ultimo
profilo
di
apprendenti
di
italiano
come
lingua
di
contatto.
L’apprendimento
formale
per
loro
si
realizza
come
per
gli
altri
nell’ambiente
scolastico.
MOTIVAZIONE
Il
bambino
o
l’adolescente
straniero
necessita
di
sviluppare
un
grado
di
competenza
linguistico-‐comunicativa
che
gli
consenta
di
socializzare
con
i
pari,
di
esprimere
le
proprie
esigenze
e
di
comprendere
le
situazioni
nella
quotidianità.
Dato
che
il
suo
contatto
con
la
lingua
italiana
si
realizza
prevalentemente
in
ambiente
scolastico,
il
bambino
ha
bisogno
di
conseguire
livelli
di
competenza
più
elevata
per
comprendere
le
lezioni.
Cumminis
1979
distingue
tra
un
basic
interpersonal
communication
skills
(BICS)
e
un
cognitive
academic
language
proficiency
(CALP).
BICS
consente
l’interazione
in
una
sfera
d’azione
personale
e
può
essere
conseguita
nell’arco
di
circa
due
anni;
la
seconda
dimensione
della
competenza
è
promossa
dall’adozione
di
strategie
didattiche
che
forniscano
all’alunno
strumenti
per
orientarsi
in
forme
di
comunicazione
con
un
pesante
carico
cognitivo.
Alunni
stranieri:
il
successo
scolastico
di
questi
studenti
risulta
minore
rispetto
a
quello
dei
compagni
italiani
(ritardo
scolastico
dovuto
all’inserimento
dell’alunno
in
una
classe
di
età
inferiore
a
quella
anagrafica
+
difficoltà
nell’affrontare
lo
studio
in
lingua
italiana
per
mancanza
di
adeguati
strumenti
linguistici).
Cumminis
spiega
il
complesso
legame
Nell’insegnamento
dell’italiano
come
lingua
di
contatto
l’attenzione
deve
estendersi
alla
fase
successiva
al
periodo
di
accoglienza,
nella
quale
l’alunno
necessita
di
transitare
da
uno
stadio
di
sopravvivenza
comunicativa
a
uno
di
padronanza
di
modalità
espressive
più
complesse.
Principio
di
interdipendenza
linguistica
opera
a
livello
metalinguistico,
rendendo
possibile
il
trasferimento
di
capacità
basate
su
strutture
cognitive
da
un’idioma
all’altro,
facilitando
l’acquisizione
di
più
codici
linguistici
in
età
evolutiva.
Una
volta
attivati,
i
processi
cognitivi,
sono
disponibili
per
la
codificazione
in
entrambe
le
lingue,
dato
che
u
meccanismo
comune
(common
underlying
proficiency)
presiede
al
funzionamento
dei
due
sistemi
linguistici.
La
padronanza
di
più
lingue
permette
di
conseguire
un
elevato
livello
di
alfabetizzazione.
La
motivazione
dell’alunno
straniero
non
è
sempre
forte.
Un
ruolo
importante
è
giocato
dalla
questione
dell’identità
individuale
e
sociale
in
via
di
definizione
nel
bambino
e
nell’adolescente,
messa
in
discussione
con
il
trasferimento
in
Italia.
In
età
evolutiva
è
difficile
comprendere
e
condividere
le
ragioni
che
hanno
spinto
i
propri
genitori
a
cercare
fortuna
in
Italia.
Tale
disagio
passa
attraverso
la
lingua,
che,
costituendo
il
principale
mezzo
di
interazione
con
il
nuovo
mondo
e
di
decodificazione
della
nuova
realtà
socioculturale,
rappresenta
la
chiave
in
grado
di
aprire
una
nuova
pagina
del
proprio
diario
di
vita.
La
scuola
svolge
una
funzione
determinante:
è
nell’ambiente
scolastico
che
l’alunno
fa
primariamente
esperienza
del
contatto
con
la
realtà
italiana,
sviluppa
la
percezione
del
livello
di
accettazione
e
delle
possibilità
di
integrazione
nel
nuovo
tessuto
sociale,
definisce
la
propria
identità,
consolida
o
affievolisce
la
motivazione
all’apprendimento
della
lingua.
Le
misure
di
accoglienza
e
l’azione
didattica
rivolta
agli
alunni
stranieri
dovrebbero
essere
tese
alla
riduzione
dell’incidenza
della
componente
affettiva.
INPUT
Lo
sviluppo
dell’italiano
come
lingua
d
contatto
si
realizza
prevalentemente
in
situazione
di
apprendimento
misto.
La
quantità
e
la
qualità
dell’input
esterno
alla
scuola
può
variare
notevolmente
in
relazione
all’ambiente
familiare
e
sociale
in
cui
è
inserito
l’apprendente.
Nell’ambiente
familiare
e
sociale
l’apprendente
può
venire
in
contatto
con
diverse
varietà
della
lingua
italiana
(tra
cui
il
foreigner
talk
=
varietà
linguistica
utilizzata
dai
parlanti
nativi
per
rivolgersi
ai
non
nativi
con
ridotta
competenza
linguistica).
Gli
stimoli
linguistici
ricevuti
nel
contesto
spontaneo
di
comunicazione
sono
caratterizzati
dal
fatto
che
si
tratta
di
input
sempre
contestualizzato.
La
contestualizzazione
dell’input
è
data
dall’insieme
delle
circostanze
particolari
in
cui
si
realizza
l’evento
comunicativo
(il
luogo,
il
tempo,
i
partecipanti,
lo
scopo
della
comunicazione,
l’argomento
della
comunicazione).
La
comprensibilità
dell’input
dipende
anche
dall’equilibrio
tra
informazione
linguistica
ed
extralinguistica.
Nella
comunicazione
in
ambiente
spontaneo
le
difficoltà
di
comprensione
possono
essere
ridotte
ricorrendo
alla
negoziazione
dei
significati,
cioè
a
una
collaborazione
dialogica
tra
gli
interlocutori
(tramite
la
semplificazione
lessicale
e
strutturale,
la
ripetizione,
la
riformulazione,
la
richiesta
di
chiarimenti).
Azione
didattica
adozione
di
un
modello
cooperativo
di
apprendimento
che
favorisca
la
collaborazione
tra
alunni,
l’impiego
di
strumenti
multimediali;
intervento
sull’input,
attraverso
la
riduzione
della
complessità
realizzata
con
la
rielaborazione
e
il
controllo
della
lingua
utilizzata
nei
testi
e
nelle
lezioni.
OUTPUT
Dopo
l’accoglienza
nell’ambiente
scolastico
fase
di
silenzio,
con
durata
variabile,
in
base
a
fattori
come
la
personalità
e
i
ritmi
individuali,
la
precedente
esperienza
di
scolarizzazione,
l’impatto
con
la
lingua
e
la
cultura
nuove,
l’atteggiamento
del
gruppo
classe.
Finito
il
periodo
di
silenzio
iniziando
ad
emergere
le
prime
produzioni
(singole
parole
o
formule
non
analizzate).
Nella
prima
fase,
detta
prebasica,
l’output
è
costituito
da
elementi
lessicali,
che
formano
un
vocabolario
minimo
per
la
sopravvivenza,
e
da
pochi
elementi
funzionali.
Non
vengono
impiegate
regole
sintattiche
per
la
formazione
degli
enunciati,
realizzati
con
il
semplice
accostamento
deli
elementi
lessicali.
La
comunicazione
è
fortemente
dipendente
dal
contesto.
Successivamente
compaiono
le
frasi
con
un
predicato
verbale,
non
flesso,
intorno
al
quale
si
dispongono
gli
argomenti.
Questa
seconda
fase
è
detta
basica,
il
vocabolario
si
arricchisce,
compaiono
gli
avverbi,
rimangono
ancora
ridotti
gli
elementi
funzionali.
Superata
questa,
c’è
la
fase
postbasica,
si
amplia
la
morfologia
e
si
strutturano
i
vari
paradigmi,
consentendo
la
coniugazione
dei
verbi.
Viene
poi
superata
la
semplice
giustapposizione
di
enunciati,
si
arriva
alla
subordinazione,
l’apprendente
mostra
di
saper
gestire
meccanismi
di
coesione
testuale.
Dopo
l’acquisizione
della
modalità
sintattica
e
degli
strumenti
di
organizzazione
della
frase
complessa,
compaiono
nelle
produzioni
scritte
costruzioni
nominali.
Nel
percorso
evolutivo
di
acquisizione,
la
L1
rappresenta
un
insieme
di
conoscenze
da
cui
l’apprendente
attinge
sia
per
processare
la
L2
sia
per
esprimersi.
Transfer
più
frequenti
tra
lingue
tipologicamente
o
geneticamente
vicine.
Il
trasferimento
di
elementi
fonologici
risulta
più
frequente
di
quello
di
elementi
lessicali,
a
loro
volta
più
consistenti
di
quelli
sintattici
e
morfologici.
Interazione
promuove
l’acquisizione
linguistica;
contribuisce
allo
sviluppo
delle
strutture
sintattiche.
L’adozione
di
un
modello
cooperativo
di
apprendimento
consente
di
promuovere
la
partecipazione
dell’alunno
straniero
ad
attività
interazionali,
con
ricadute
positive
sullo
sviluppo
linguistico.
CAPITOLO
5
COORDINATE
PER
L’APPRENDIMENTO
DI
UNA
LINGUA
NON
MATERNA
Lingua
à
mezzo
di
interazione
sociale.
Nella
prospettiva
attuale
non
è
più
l’insegnamento
a
determinare
l’apprendimento,
ma
sono
le
modalità
di
acquisizione
linguistica
a
orientare
le
scelte
metodologiche
e
le
pratiche
didattiche.
Diverse
teorie
dell’apprendimento:
- comportamentismo:
l’apprendimento
di
una
lingua
consiste
nell’acquisizione
di
abitudini
senso
motorie,
di
carattere
inconscio,
derivate
dall’associazione
di
una
particolare
risposta
a
un
determinato
stimolo,
proveniente
dall’ambiente.
L’acquisizione
di
un’abitudine
è
favorita:
dall’imitazione,
dalla
frequenza,
dal
rinforzo
(=
consiste
nel
feedback
che
l’apprendente
riceve
dall’ambiente
quando
realizza
una
risposta
a
seguito
di
uno
stimolo).
Un
bambino
impara
quindi
a
parlare
perché
imita
l’uso
di
una
parola.
Questa
associazione
è
rinforzata
dalle
reazioni
dei
genitori
e
l’acquisizione
della
parola
è
favorita
dalla
frequenza
con
cui
è
associata
allo
stimolo.
Nell’insegnamento
di
una
lingua
straniera
e
quindi
nella
pratica
didattica
viene
posto
l’accento
sulla
discriminazione
di
suoni
e
sulle
strutture.
Il
lessico
assume
un
ruolo
di
secondo
piano.
Dato
che
apprendere
significa
sviluppare
abitudini
senso
motorie,
l’insieme
di
quelle
acquisite
imparando
la
lingua
madre
può
costituire
una
fonte
di
interferenza.
Quest’ultima
è
quindi
una
fonte
potenziale
di
errore,
che
si
verifica
quando
la
lingua
madre
e
la
lingua
straniera
presentano
differenze
strutturali.
Quando
invece
le
due
lingue
presentano
analogie
strutturali,
il
transfer
ha
esito
positivo.
L’individuazione,
tramite
l’analisi
contrastiva,
delle
strutture
critiche
consente
di
contrastare
l’interferenza
causata
da
transfer
negativo
attraverso
nuovi
condizionamenti,
da
attuare
con
l’overlearning,
cioè
con
la
presentazione
allo
studente
di
una
grande
quantità
di
stimoli-‐risposta
relativi
a
tali
strutture.
- L’apprendimento
linguistico
è
un
complesso
processo,
che,
come
afferma
Chomsky,
non
può
essere
ridotto
alla
mera
formazione
di
abitudini.
(Chomsky
principi
cognitivisti)
meccanismo
innato
di
acquisizione
–
LAD
(language
acquisition
device).
Nel
modello
chomskiano,
gli
influssi
ambientali
rivestono
importanza
solo
come
insieme
di
opportunità
offerte
all’apprendimento,
che
si
verifica
perché
i
dati
linguistici
vengono
messi
in
relazione
agli
universali,
cioè
ai
principi
e
ai
parametri
comuni
a
tutte
le
lingue
del
mondo,
che
costituiscono
la
grammatica
universale
–
GU.
la
teoria
comportamentista,
non
indagando
sui
processi
mentali
e
non
riconoscendo
un’elaborazione
dell’input
fornito
all’apprendente,
ritiene
che
il
risultato
dell’apprendimento
(output)
non
si
discosti
dai
dati
forniti
(input).
In
altre
parole,
il
discente
apprende
l’insieme
di
strutture
che
gli
vengono
presentate.
il
cognitivismo,
invece,
prevede
un’elaborazione
dei
dati
in
input
da
parte
del
dispositivo
mentale
innato,
dando
come
esito
dell’apprendimento
la
conoscenza
implicita
di
un
sistema
di
regole
linguistiche.
ERRORE
LINGUISTICO
E
LO
SVILUPPO
DELL’INTERLINGUA
Nella
prospettiva
cognitivista
la
nozione
di
errore
assume
una
nuova
valenza:
l’errore
diventa
una
manifestazione
di
apprendimento.
Si
sviluppa
un
nuovo
filone
di
ricerca,
l’analisi
degli
errori
attraverso
lo
studio
delle
forme
scorrette
presenti
nelle
produzioni
degli
apprendenti,
tenta
di
risalire
al
tipo
di
ipotesi
formulate
allo
scopo
di
individuare
i
processi
di
apprendimento
utilizzati
e
di
descrivere
le
caratteristiche
della
competenza
parziale
della
L2.
Interlingua
la
versione
della
grammatica
posseduta
dall’apprendente
nelle
diverse
fasi
di
apprendimento,
è
un
sistema
linguistico
a
sé
stante,
che
evolve
a
seguito
dell’introduzione
di
nuove
regole,
derivate
dalle
ipotesi
verificate
e
accertate.
Il
termine
è
introdotto
da
Selinker
nel
1972,
per
designare
la
competenza
parziale
e
transitoria
di
chi
apprende
una
L2.
Esistenza,
dietro
le
produzioni
poco
articolate
e
devianti
di
coloro
che
stanno
imparando
una
nuova
lingua,
di
un
sistema
strutturato.
Pit
Corder
considera
la
lingua
dell’apprendente
un
continuum
caratterizzato
dalla
combinazione
di
ristrutturazione
e
di
ricreazione.
La
ristrutturazione
dell’interlingua
è
dovuta
alla
graduale
trasformazione
del
sistema
della
L1,
inizialmente
trasferito;
la
ricreazione
è
connessa
alla
formulazione
di
ipotesi
sul
funzionamento
della
lingua
di
arrivo
ed
è
provata
dalla
presenza
di
errori
di
sviluppo.
L’evoluzione
del
continuum
interlinguistico
può
arrestarsi
e
ipotesi
scorrette
continuano
a
governare
l’esecuzione:
questo
processo
di
arresto
si
chiama
fossilizzazione.
Negli
anni
80
si
sviluppa
un’autonoma
prospettiva
di
studio,
la
linguistica
acquisizionale,
per
la
quale
diventa
oggetto
privilegiato
di
indagine
l’apprendimento
in
contesto
spontaneo
di
una
L2.
Le
ricerche
hanno
evidenziato
l’articolazione
in
fasi
del
percorso
di
acquisizione
linguistico,
attraversate
da
tutti
gli
apprendenti,
indipendenti
dalla
L1
e
basate
sulla
ricostruzione
di
regole
sempre
più
efficaci
per
la
comunicazione.
Una
delle
prime
sequenze
individuate
per
l’italiano
riguarda
l’acquisizione
della
morfologia
verbale:
presente
infinito>aux+part
pass.>imperfetto>futuro>condizionale>congiuntivo
L’ordine
in
cui
le
forme
emergono
è
implicazionale,
cioè,
se
il
sistema
interlinguistico
possiede
una
forma,
ne
fanno
parte
anche
quelle
che
la
precedono
nella
sequenza.
La
presenza
di
una
forma
nel
sistema
non
comporta
che
l’apprendente
sia
in
grado
di
usarla
in
modo
corretto
e
sistematico
nell’esecuzione
e
tanto
meno
di
descriverne
l’uso
attraverso
l’esplicitazione
di
una
regola.
In
linea
generale,
gli
studi
sulle
sequenze
di
acquisizione
in
diverse
lingue
mostrano
che,
dopo
le
prime
fasi
in
cui
operano
principi
cognitivi
e
semantico-‐pragmatico
universali,
l’apprendente
si
dirige
verso
le
strutture
particolarmente
salienti
della
L2.
Le
sequenze
acquisizionali
sono
state
messe
in
relazione
al
concetto
di
marcatezza:
si
considerano
marcate
le
forme
linguistiche
che
sono
meno
frequenti,
più
complesse
morfologicamente
e
meno
versatili.
PROCESSABILITÀ
DELL’INPUT
La
teoria
della
processabilità
(Pienemann
1998)
prevede
che
in
ogni
stadio
di
sviluppo
l’apprendente
possa
disporre
di
procedure
di
elaborazione
cognitiva,
che
gli
consentano
di
produrre
e
comprendere
solo
le
forme
linguistiche
che
è
in
grado
di
processare
in
quello
stadio.
Ogni
procedura
costituisce
un
prerequisito
per
l’acquisizione
di
quella
di
livello
successivo.
Al
primo
livello
della
gerarchia
l’apprendente
si
limita
a
identificare
lemmi,
che
vengono
imparati
senza
essere
analizzati.
Nella
fase
successiva
inizia
l’analisi
delle
forme
linguistiche
e
le
parole
vengono
assegnate
a
categorie.
La
parola
incomincia
a
presentare
marche
morfologiche.
In
questa
fase
l’apprendente
continua
a
considerare
le
parole
separatamente.
Con
la
fase
sintagmatica
l’apprendente
comincia
ad
assemblare
parole
e
a
trovare
accordi.
Solo
a
livello
successivo
si
ha
uno
scambio
di
comunicazione
tra
sintagmi
che
consente
la
formazione
di
frasi.
Nell’ultima
fase
l’apprendente
acquisisce
le
procedure
per
produrre
proposizioni
subordinate.
L’interlingua
è
caratterizzata
da
una
forte
variabilità,
da
una
variazione
intrasoggettiva
e
intersoggettiva.
Per
spiegare
la
variabilità
a
cui
l’interlingua
è
soggetta,
Pienemann
ricorre
alla
nozione
di
“spazio
delle
ipotesi”.
L’interlingua
è
variabile
perché
cambia
nel
tempo,
da
individuo
a
individuo
e
anche
nelle
produzioni
dello
stesso
apprendente.
Le
scelte
tra
le
forme
dell’interlingua
dipendono
da
fattori
come
la
situazione
di
discorso,
il
grado
di
formalità,
lo
stile,
ma
anche
dalla
pianificazione
e
dal
grado
di
monitoraggio
della
produzione.
La
teoria
della
processabilità
costituisce
una
teoria
psicolinguistica
applicabile
all’acquisizione
di
quasi
tutte
le
L2.
SOCIOINTERAZIONISMO
Nonostante
le
variaizioni
individuali,
i
diversi
stadi
di
acquisizione
della
lingua
si
susseguono
secondo
un
ordine
più
o
meno
fisso
scarsa
influenza
dell’ambiente
sul
processo
di
acquisizione
della
lingua,
che
procede
secondo
un
ordine
naturale
di
sviluppo.
Cognitivismo
e
comportamentismo:
entrambe
le
teorie
considerano
l’apprendimento
linguistico
come
fenomeno
che
riguarda
il
singolo
individuo.
La
comunicazione
è
però
un
fatto
sociale,
che
consente
l’interazione
tra
gli
individui.
Ipotesi
sociointerazionista
l’acquisizione
della
lingua
è
il
risultato
degli
sforzi
collaborativi
tra
apprendente
e
i
suoi
interlocutori.
Bruner,
studiando
l’acquisizione
infantile
del
linguaggio,
afferma
che
l’apprendimento
linguistico
ha
inizio
quando
l’adulto
e
il
bambino
entrano
in
interazione
reciproca,
producendo
un
input
che
attiva
il
LAD.
Si
crea
così
una
struttura
di
interazione
(format).
È
la
cooperazione
tra
adulto
e
bambino
che
rende
possibile
lo
sviluppo
della
competenza
linguistica.
Il
dispositivo
per
l’acquisizione
del
linguaggio
non
potrebbe
essere
attivato
senza
il
contributo
dell’adulto,
che
fornisce
un
sistema
di
supporto
(LASS:
language
acquisition
support
system).
Analogamente,
nell’apprendimento
di
una
lingua
straniera,
l’apprendente
impara
la
lingua
come
risultato
della
partecipazione
alla
comunicazione.
Nella
conversazione
tra
parlante
nativo
e
apprendente
straniero
l’input
linguistico
è
caratterizzato
da
continui
aggiustamenti,
attuati
in
base
al
feedback
fornito
dall’apprendente,
in
modo
da
evitare
intralci
nella
comunicazione.
Questa
cooperazione
è
definita
negoziazione
dei
significati.
Nel
corso
dell’interazione
l’apprendente
ha
la
possibilità
di
verificare
le
ipotesi
formulate
sul
funzionamento
della
L2.
L’ipotesi
sciointerazionista
rivaluta
il
ruolo
dell’ambiente
e
dell’input.
Second
language
acquisition
theory
Stephen
Krashen
una
L2
viene
acquisita
solo
se
vengono
compresi
messaggi
e
viene
fornito
un
inut
comprensibile.
L’input
è
ritenuto
comprensibile
solo
quando
si
colloca
allo
stadio
immediatamente
successivo
a
quello
raggiunto
dall’apprendente
nello
sviluppo
dell’interlingua.
Si
conoscono
solo
sequenze
acquisizionali
relative
ad
alcune
aree
della
lingua.
In
un
contesto
educativo
è
compito
dell’insegnante
selezionare
l’input.
L’apprendimento
è
un
processo
consapevole
e
razionale.
L’acquisizione
è
un
processo
subconscio
che
agisce
sulla
memoria
a
lungo
termine.
Solo
ciò
che
viene
acquisito
entra
stabilmente
a
far
parte
della
competenza.
L’insegnamento
esplicito
delle
regole
grammaticali
ha
per
Krashen
un
ruolo
marginale.
La
funzione
principale
che
Krashen
attribuisce
alla
conoscenza
della
regola
grammaticale
è
quella
di
monitor,
di
controllo
della
produzione.
L’attivazione
del
monitor
è
però
possibile
solo
quando
si
dispone
dei
tempi
necessari
per
la
processazione
delle
regole
(es.
produzione
scritta).
L’apprendente
quando
comunica
ha
a
disposizione
tre
tipi
di
regole:
- regole
già
automatizzate
che
costituiscono
il
risultato
dell’acquisizione
naturale
- regole
non
automatizzate
che
possono
essere
usate
solo
quando
si
verificano
le
condizioni
favorevoli
- regole
che
si
sono
automatizzate
come
il
risultato
della
pratica
e
dell’uso
La
comunicazione
fluente
viene
raggiunta
quando
le
strutture
sono
automatizzate
e
utilizzate
nella
comunicazione
senza
riflettere.
Sharwood
Smith
spiega
come
la
conoscenza
appresa
possa
trasformarsi
in
conoscenza
acquisita
con
la
pratica:
l’input
fornisce
informazioni
per
la
revisione
e
la
ristrutturazione
della
conoscenza
esplicita
e
implicita.
il
flusso
dell’informazione
da
una
fonte
di
conoscenza
all’altra
è
mediato
dall’output
dell’apprendente..
Il
modello
di
Sharwood
prende
in
considerazione
la
dimensione
affettiva
dell’apprendimento.
Anche
Krashen
ipotizza
l’esistenza
di
un
filtro
affettivo,
ossia
di
stati
emozionali
che
possono
intervenire
nell’elaborazione
dell’input
impedendo
che
diventi
intake.
Perché
si
verifichi
l’acquisizione
è
anche
necessario
che
non
venga
attivato
il
filtro
affettivo.
Se
il
filtro
viene
attivato,
i
dai
vengono
collocati
nella
memoria
a
breve
termine
e
non
passano
ai
centri
dell’acquisizione
stabile
e
definitiva.
L’attivazione
del
filtro
affettivo
è
legata
a
fattori
personali.
COSTRUTTIVISMO
Esso
considera
la
conoscenza
come
il
risultato
di
una
costruzione
attiva
del
soggetto,
socialmente
negoziata
e
condivisa.
Il
risultato
dell’apprendimento
è
la
conoscenza
costruita
attivamente
dall’apprendente,
che
integra
nuove
conoscenze
con
quelle
già
esistenti/disponibili.
Piaget
ha
dimostrato
che
fin
dalla
nascita
il
bambino
ha
un
ruolo
attivo
nell’apprendimento
ed
elabora
le
proprie
conoscenze
attraverso
la
manipolazione,
l’esplorazione,
l’osservazione.
Gli
schemi
e
le
strutture
mentali
si
modificano
grazie
al
contributo
di
nuovi
dati.
Jonassen
considera
la
conoscenza
come
il
risultato
di
una
negoziazione
interna,
basata
sulla
revisine
e
sul
modellamento
di
strutture
mentali,
e
di
una
negoziazione
sociale
con
altri
individui.
La
conoscenza
è
strettamente
connessa
alla
situazione
in
cui
ha
luogo
l’apprendimento,
e
si
realizza
anche
in
relazione
a
fattori
affettivi.
La
costruzione
della
conoscenza
da
parte
dell’apprendente
deriva
dalla
comunicazione
interpersonale.
L’importanza
per
l’apprendimento
dell’interazione
sociale
è
stata
evidenziata
anche
da
Vygotskij:
per
lo
psicologo
russo
lo
sviluppo
cognitivo
è
reso
possibile
da
una
matrice
neurobiologica,
e
da
una
culturale.
L’azione
collaborativa
fornisce
all’apprendente
il
supporto
per
svolgere
compiti
che
ancora
non
è
in
grado
di
eseguire
individualmente.
Nell’ottica
costruttivista
l’apprendimento
consiste
nel
prodursi
di
rappresentazioni
multiple
della
conoscenza,
promosse
dall’adozione
di
una
metodologia
fondata
su
collaborazione,
autonomia,
consapevolezza
dei
processi
conoscitivi
messi
in
atto
dal
discente
e
allestimento
di
ambienti
formativi
che
permettano
la
manifestazione
di
zone
di
sviluppo
prossimali.
impiego
di
strategie
e
tecniche
che
promuovano
un
apprendimento
attivo
e
partecipativo,
e
sviluppino
abilità
metacognitive:
la
metacognizione
è
un
concetto
che
indica
il
controllo
e
il
potenziamento
delle
prestazioni
metacognitive
(uso
consapevole
di
conoscenze,
comportamenti,
strategie).
Il
costruttivismo
ha
dato
vita
a
una
serie
di
soluzioni
basate
sull’allestimento
di
ambienti
formali,
i
cui
presupposti
comuni
sono
costituiti
da:
- enfasi
sulla
costruzione
della
conoscenza
piuttosto
che
sulla
riproduzione
del
sapere
- incremento
della
motivazione
e
dell’interattività
- presentazione
dei
compiti
autentici
- partecipazione
del
discente
alla
selezione
dei
contenuti
e
alla
produzione
dei
materiali
- importanza
di
attività
basate
sulla
negoziazione
interpersonale
e
sulla
cooperazione
- valorizzazione
delle
differenze
individuali
- possibilità
di
realizzare
itinerari
didattici
personalizzati
Ambiente
di
apprendimento
uno
spazio,
reale
o
virtuale,
entro
il
quale
gli
studenti
interagiscono
tra
loro
o
con
il
docente,
dispongono
di
risorse
per
l’apprendimento
e
possono
impiegare
strumenti
di
lavoro.
E-‐learning
à
ambiente
virtuale
di
apprendimento,
realizzato
tramite
una
piattaforma,
cioè
un
software
specifico,
all’interno
del
quale
è
possibile
erogare
informazione,
gestire
e
monitorare
i
percorsi
formativi
degli
utenti
e
accedere
a
una
serie
di
strumenti
di
comunicazione
e
di
servizi.
L’e-‐learning
consente
di
realizzare
forme
delocalizzate
di
formazione,
favorendo
la
creazione
di
comunità
di
apprendimento.
Un
ruolo
centrale
è
assunto
dall’interazione
tra
gli
attori
del
processo
formativo:
svolgimento
collaborativo
di
compiti,
che
rendono
la
formazione
online
integrativa
di
quella
in
presenza.
+
a-‐learning
=
assisted
learning;
b-‐learning
=
blended
learning
=
combinazione
di
formazione
in
presenza
e
formazione
delocalizzata
con
strumentazione
e-‐learning.
È
nel
campo
dell’insegnamento
con
l’ausilio
delle
nuove
tecnologie
educative
che
il
costruttivismo
offre
il
suo
maggiore
contributo
alla
didattica
delle
lingue.
L’e-‐learning
si
fonda
sulla
dimensione
sociale
e
collaborativa
dell’apprendimento.
APPRENDIMENTO
LINGUISTICO
E
FASCE
D’ETÀ
Il
percorso
di
acquisizione
linguistica
procede
attraversando
fasi
simili
per
tutti
gli
apprendenti,
indipendentemente
dalla
loro
L1
e
dall’età
somiglianze
nel
percorso
seguito,
ma
differenze
relativamente
a
tempi,
modalità
e
ai
risultati
conseguiti
in
fasce
d’età
diverse.
Bambini
conseguono
livelli
più
elevati
di
competenza
in
periodi
più
prolungati
di
esposizione
alla
L2.
I
migliori
esiti
a
breve
termine
degli
adolescenti
e
degli
adulti
sono
da
attribuire
a
capacità
cognitive
complesse
ed
elaborate,
a
una
maggiore
conoscenza
del
mondo
e
a
una
migliore
consapevolezza
del
funzionamento
di
una
lingua.
Krashen
l’apprendimento
linguistico
in
età
adulta
si
caratterizza
per
un
uso
più
esteso
del
monitor.
L’adulto
è
indotto
a
riflettere
sul
funzionamento
della
lingua
e
a
utilizzare
la
conoscenza
consapevole
delle
regole
per
pianificare,
guidare
e
controllare
la
propria
esecuzione.
L’apprendimento
di
una
L2
da
parte
dei
bambini
non
può
avvalersi
di
strutture
cognitive
o
concettuali
già
acquisite
e
consolidate.
-‐
impiego
di
differenti
capacità
cognitive
e
conoscenze
-‐
periodo
critico,
dopo
il
quale
non
sarebbe
più
possibile
conseguire
elevati
livelli
di
competenza
nella
L2.
Da
un
punto
di
vista
neurobiologico,
ai
due
emisferi
cerebrali,
sono
attribuite
funzioni
diverse.
Le
aree
deputate
al
funzionamento
del
linguaggio
sono
localizzate
nell’emisfero
sinistro,
specializzato
anche
nel
pensiero
convergente
e
in
funzioni
analitiche
e
logiche.
L’emisfero
destro
è
specializzato
nell’esecuzione
di
compiti
basati
sulla
gestione
simultanea
di
dati
e
nell’elaborazione
di
stimoli
non
verbali,
ma
assolve
funzioni
anche
legate
all’uso
metaforico
del
linguaggio
e
relative
agli
aspetti
prosodici
e
pragmatici
della
lingua.
L’attribuzione
delle
diverse
funzioni
ai
due
emisferi
costituisce
un
processo
definito
lateralizzazione,
che
raggiunge
il
suo
completamento
con
la
pubertà.
Penfield
e
Roberts
collocano
intorno
ai
9
anni
la
soglia
al
di
sotto
della
quale
si
possono
apprendere
più
lingue
senza
difficoltà.
Lenneberg
lo
colloca
a
12
anni,
periodo
oltre
il
quale
si
ridurrebbe
la
plasticità
cerebrale
e
sarebbe
più
difficile
apprendere
la
lingua.
Studi
successivi
hanno
dimostrato
che
non
si
può
individuare
un
periodo
critico
per
l’apprendimento
di
una
L2,
ma
sono
riscontrabili
più
periodi
sensibili,
in
relazione
a
diverse
aree
della
lingua:
la
fonologia
rappresenta
il
livello
maggiormente
sensibile.
In
alcuni
individui,
già
verso
i
6
anni
si
verifica
una
riduzione
della
capacità
di
apprendimento
della
fonologia.
Il
lessico
e
la
pragmatica
sono
invece
aree
che
non
conoscono
periodi
sensibili,
poiché
l’apprendimento
di
unità
lessicali
e
di
aspetti
pragmatici
del
linguaggio
può
continuare
per
tutto
l’arco
della
vita.
Da
un
unto
di
vista
neurologico,
il
presentarsi
di
diversi
periodi
sensibili
all’apprendimento
di
una
L2
è
stato
correlato
alla
mielinizzazione
dei
neuroni.
Le
connessioni
che
si
stabiliscono
nel
corso
dello
sviluppo
cognitivo
tra
i
neuroni
vengono
avvolte
da
una
sostanza
di
rivestimento,
la
mielina.
La
mielinizzazione
rallenta
lo
stabilirsi
di
nuove
connessioni
neuronali.
Le
reti
di
neuroni
legate
al
controllo
degli
aspetti
fonologici
e
grammaticali
della
lingua
riceverebbero
il
rivestimento
mielinico
per
prime.
Le
reti
più
diffuse
ed
estese
connesse
alla
semantica
e
alla
pragmatica
manterrebbero
invece
la
loro
plasticità
anche
in
età
adulta.
INTERROGATIVI
se
la
mielinizzazione
riduce
la
creazione
di
nuove
connessioni
tra
neuroni,
nell’apprendimento
di
una
l2
dopo
l’adolescenza
le
nuove
reti
neurali
dovrebbero
localizzarsi
in
una
zona
cerebrale
diversa.
Paradis
ritiene
che
ciò
non
è
assodato
e
che
le
reti
neurali
relative
alle
diverse
lingue
potrebbero
risiedere
nelle
stesse
aree
corticali.
Danesi
sositene
che
nelle
prime
fasi
dell’apprendimento
di
una
L2
è
soprattutto
l’emisfero
a
entrare
in
gioco,
poiché
l’apprendente
fa
ricorso
a
conoscenze
di
carattere
generale.
Successivamente,
il
ruolo
di
questo
emisfero
si
affievolisce.
IPOTESI
PSICOLINGUISTICA
In
ambito
innatista
vi
sono
3
posizioni
riguardo
il
ruolo
della
GU
nell’apprendimento
della
L2:
- possibilità
di
accesso
diretto
alla
GU,
di
cui
vengono
utilizzati
i
principi
- possibilità
di
accesso
indiretto
alla
GU,
realizzato
attraverso
i
valori
dei
parametri
fissati
per
la
L1,
per
cui
l’apprendente
trasferisce
inizialmente
questi
valori
dalla
sua
lingua
madre
e
acquisisce
solo
successivamente
quelli
relativi
alla
l2
- impossibilità
di
accesso
alla
GU.
L’apprendimento
di
una
seconda
lingua
si
realizzerebbe
facendo
ricorso
ad
altre
facoltà
cognitive,
come
la
capacità
generale
di
risolvere
un
problema.
L’età
in
cui
si
realizza
l’apprendimento
di
una
L2
rinvia
anche
a
differenze
motivazionali
e
psicoaffettive:
i
bambini
che
si
trasferiscono
in
un
altro
paese
hanno
più
facilità
degli
adulti
nell’apprendimento
per
via
di
una
maggiore
capacità
di
adeguarsi
al
nuovo
contesto
e
del
desiderio
di
interagire
con
il
gruppo
dei
pari.
Un
basso
livello
motivazionale
può
invece
caratterizzare
l’apprendimento
infantile
dell’italiano
come
lingua
straniera.
I
bambini
non
riescono
a
cogliere
utilità
e
importanza
di
conoscere
altre
lingue,
che
spesso
imparano
per
scelta
dei
genitori
o
perché
previste
dal
curriculo
scolastico.
Fase
adolescenziale
à
trasformazione
del
filtro
affettivo,
più
sensibile
alle
dinamiche
relazionali
tra
pari.
L’apprendente
non
trova
più
naturali
la
correzione
e
l’intervento
assidui
del
docente,
che
possono
interferire
con
l’immagine
di
sé
e
con
la
relazione
col
gruppo
dei
pari.
Ha
quindi
valenza
formativa
importante
l’approccio
didattico
basato
sull’apprendimento
collaborativo.
L’adozione
di
un
simile
approccio
consente
di
superare
i
limiti
di
concentrazione
dell’adolescente,
che
si
impegna
per
elevare
i
propri
tempi
di
attenzione.
Età
adulta
solida
motivazione.
L’adulto
ha
una
propria
identità
e
immagine
sociale,
inoltre
può
presentare
delle
resistenze
riguardo
alle
scelte
metodologiche.
L’approccio
da
impiegare
con
apprendenti
adulti
deve
fondarsi
sul
rispetto
dell’esigenza
di
sistematizzazione
e
astrazione,
sul
coinvolgimento
degli
studenti
nelle
scelte
relative
ai
contenuti
e
alle
soluzioni
metodologiche,
sull’esplicitazione
degli
obiettivi
e
delle
tecniche
didattiche
che
ne
consentono
il
conseguimento.
PARTE
SECONDA:
INSEGNARE
LA
LINGUA,
INSEGNARE
LA
GRAMMATICA
Alcuni
approcci
e
metodi
sviluppatisi
nel
secolo
scorso
presuppongono
la
pressochè
completa
marginalizzazione
dell’insegnamento
grammaticale.
Fra
le
ragioni
che
hanno
indotto
psicologi,
linguisti
e
glottodidatti
a
dubitare
dell’insegnamento
della
grammatica:
- all’apprendimento
di
una
lingua
sono
deputate
strutture
mentali
innate
- le
cpmpetenze
procedurali
sono
più
importanti
di
quelle
dichiarative
1. Che
ruolo
ha
l’insegnamento
della
grammatica
nella
didattica
dell’italiano
L2?
2. Quali
sono
le
competenze
necessarie
per
apprendere
una
lingua
seconda?
3. Quando
insegniamo
la
grammatica
dell’italiano,
a
quale
varietà
di
lingua
facciamo
riferimento?
CAPITOLO
6
RIFLESSIONE
GRAMMATICALE
E
APPRENDIMENTO
Grammatica:
insieme
delle
regole
che
determinano
il
funzionamento
di
un
sistema
linguistico.
Docente
discente:
aiutante
dell’allievo
nel
processo
di
scoperta
delle
regole
e
dei
molteplici
usi
e
varietà
della
lingua.
Apprendente:
protagonista
di
attività
cognitive
complesse.
Riflessione
metalinguistica
e
metacomunicativa:
momento
ineludibile
in
ogni
equilibrato
processo
di
comunicazione
didattica,
cioè
di
comunicazione
finalizzata
allo
sviluppo
di
una
competenza
linguistico-‐comunicativa.
La
riflessione
sulla
lingua
riveste
un
valore
formativo,
consente
di
attivare
abilità
cognitive
più
generali,
utili
per
migliorare
le
capacità
di
apprendimento
generale.
Il
fatto
che
la
lingua
sia
governata
da
regole
non
significa
che
il
parlante
ne
sia
consapevole.Distinzione:
conoscenza
implicita
(inconsapevole)
e
una
conoscenza
esplicita
(consapevole)
delle
regole.
La
prima
si
conquista
in
modo
procedurale,
la
seconda
si
ottiene
normalmente
attraverso
un
percorso
di
istruzione
scolastica.
(CONOSCENZA
DICHIARATIVA
e
CONOSCENZA
PROCEDURALE).
Nella
L1
la
memoria
procedurale
gestisce
e
organizza
le
informazioni
grammaticali,
mentre
alla
memoria
dichiarativa
è
attribuita
la
gestione
delle
informazioni
lessicali.
Nella
L2
la
memoria
dichiarativa
può
gestire
anche
lei
le
informazioni
grammaticali.
La
psicolinguista
Ellen
Bialystock
osserva
che
non
si
può
pensare
a
una
netta
dicotomia
che
oppone
la
totale
inconsapevolezza
alla
piena
consapevolezza,
piuttosto
a
un
continuum
in
cui
si
possono
individuare
tre
stadi:
- conoscenza
non
analizzata
(gli
elementi
linguistici
vengono
passivamente
memorizzati);
- conoscenza
analizzata
(
gli
elementi
linguistici
sono
analizzati
ma
la
conoscenza
è
ancora
implicita).
In
questo
stadio:
capacità
di
uso
creativo
del
linguaggio,
cioè
riuscire
a
formulare
enunciati
grammaticali
mai
ascoltati
in
precedenza,
e
la
capacità
di
formulare
giudizi
sulla
grammaticalità
di
un
enunciato,
senza
però
essere
in
grado
di
spiegare
il
perché.
- Piena
consapevolezza:
capacità
di
riconoscere
le
regole
negli
elementi
linguistici
e
di
verbalizzarle.
A
un
apprendente
di
italiano
L2
possono
essere
sufficienti
la
consapevolezza
procedurale
e
una
parziale
conoscenza
dichiarativa
delle
regole
della
lingua
che
sta
apprendendo.
A
un
aspirante
docente
di
italiano
L2
occorre
invece
elaborare
la
piena
consapevolezza.
Il
docente
di
italiano
L2
deve
essere
consapevole
dei
limiti
entro
cui
può
dispiegarsi
la
riflessione
grammaticale
nell’ambito
del
percorso
curriculare,
delle
varie
modalità
in
cui
essa
può
realizzarsi
e
del
peso
specifico
diverso
che
è
opportuno
di
volta
in
volta
attribuirle.
Grammatica
–
dal
greco
grammatiké
tékhne
(=
arte,
tecnica
della
scrittura),
nel
senso
di
capacità
di
tracciare
correttamente
i
caratteri
alfabetici
in
età
classica:
insieme
di
regole
che
governano
l’uso
corretto
della
lingua
(intesa
per
lo
più
come
lingua
scritta).
Grammatiche
teoriche:
cercano
di
descrivere
i
fatti
linguistici
alla
luce
di
una
teoria
di
riferimento.
Opere
destinate
agli
specialisti.
Non
fanno
parte
degli
strumenti
di
lavoro
del
docente
di
lingua.
Grammatiche
descrittive:
strumenti
di
consultazione
per
il
linguista
e
per
il
lettore
non
specialista.
A
una
grammatica
descrittiva
è
richiesta
l’esaustività,
e
si
propone
di
descrivere
anche
quei
settori
che
nessuna
teoria
riesce
a
spiegare.
Grande
grammatica
italiana
di
consultazione
–
3
volumi,
1988
–
Lorenzo
Renzi
fondata
sul
modello
teorico
generativo,
depurato
dagli
aspetti
più
tecnici
per
consentirne
l’utilizzabilità
a
un
pubblico
non
specialista.
Comincia
dalla
Frase
e
scende
un
po’
alla
volta
alle
“parti
del
discorso”.
Grammatica
italiana.
Italiano
comune
e
lingua
letteraria
–
Luca
Serianni
–
1988
si
propone
come
strumento
di
consultazione
ampio
e
tendenzialmente
esaustivo
(“il
nostro
scopo
era
quello
empirico
di
descrivere
più
compiutamente
di
quanto
si
fosse
fatto
finora
il
funzionamento
della
lingua
nazionale”).
ordinamento
usuale
degli
argomenti,
dal
piccolo
al
grande
(grafia,
fonetica,
morfologia,
sintassi).
“Il
modello
di
italiano
che
è
alla
base
della
nostra
trattazione
è
l’italiano
comune:
quello
che
chiunque
scrive,
e
che
è
anche
parato
dalle
persone
colte
in
circostanze
non
troppo
informali”.
Per
Serianni
il
grammatico
non
deve
rinunciare
a
interpretare
il
sentimento
della
lingua
percepita
dalla
comunità
dei
parlanti.
Attenzione
per
la
variabilità
sociale,
contestuale,
geografica+
tentativo
di
evidenziare
che
l’italiano
contemporaneo
è
saldamente
ancorato
nelle
sue
strutture
a
una
secolare
tradizione
di
uso
scritto
e
letterario
della
lingua.
Grammatiche
normative:
hanno
come
obiettivo
discriminare
le
forme
e
gli
usi
corretti
della
lingua
da
quelli
scorretti.
Grammatiche
didattiche
o
pedagogiche:
hanno
lo
scopo
di
facilitare
l’apprendimento
della
propria
lingua
o
di
una
lingua
seconda.
Caratteristiche
di
queste
grammatiche:
la
non
esaustività,
ossia
una
selezione
preliminare
dei
fatti
linguistici
oggetto
di
analisi
in
relazione
ai
bisogni
del
destinatario,
e
l’ecletticità,
cioè
la
libertà
dell’autore
di
attingere
a
più
teorie.
Le
regole
di
una
grammatica
per
apprendenti
dovrebbero
aspirare
ad
essere
il
depositato
della
naturale
grammaticalità
delle
lingue.
La
nozione
stessa
di
lingua
è
intrinsecamente
dipendente
da
quella
di
grammatica.
Si
possono
considerare
grammatiche
didattiche
anche
le
sezioni
grammaticali
inserite
in
un
manuale
di
italiano.
Le
grammatiche
didattiche
rappresentano
per
l’apprendente
strumenti
di
consultazione.
E
LE
GRAMMATICHE
DI
ITALIANO
PER
STRANIERI?
Sono
strumenti
che
condividono
alcune
caratteristiche
delle
grammatiche
descrittive
(esaustività)
e
altre
delle
grammatiche
didattiche
(la
funzione
pratica
e
operativa,
la
chiarezza
del
linguaggio,
l’importanza
riservata
all’individuazione
di
regole
facilmente
utilizzabili
dall’apprendente).
Ma
quali
dovrebbero
essere
le
loro
caratteristiche?
-‐
Dovrebbero
rinunciare
il
più
possibile
alle
nozioni
di
grammatica
generale;
-‐
Non
dovrebbero
dare
nulla
per
scontato;
-‐
l’autore
deve
fornire
spiegazioni
a
volte
minuziose,
forse
superflue
per
il
lettore
madrelingua;
-‐
l’approccio
di
una
GID
dovrebbe
variare
a
seconda
del
tipo
di
fenomeni
trattati:
nei
capitoli
dedicati
ai
settori
più
vincolanti
sarebbe
opportuno
che
una
GIS
mirasse
al
massimo
gradi
di
analiticità,
nei
capitoli
dedicati
alla
sintassi
della
frase
e
del
periodo
una
GIS
dovrebbe
fornire
una
risposta
alle
seguenti
questioni:
come
si
esprime
nei
vari
contesti
una
domanda,
un
dubbio,
un’ipotesi,
un
rapporto
di
causa-‐effetto.
Come
si
collegano
due
azioni
legate
da
un
rapporto
temporale
di
contemporaneità,
anteriorità,
posteriorità?
La
consapevolezza
delle
regole
favorisce,
e
se
si
in
che
natura,
la
competenza
d’uso
della
lingua
che
si
vuole
apprendere?
La
regola
proposta
sui
libri
segue
un
tragitto
radicalmente
diverso
da
quello
dell’apprendente
del
suo
percorso
di
scoperta
della
regola.
Lo
sviluppo
dell’interlingua
è
il
risultato
di
un
processo
di
elaborazione
dell’input
e
della
sua
progressiva
trasformazione
in
regole.
Apprendenti
spontanei
si
verificano
alcune
condizioni
ideali
per
studiare
lo
sviluppo
dell’interlingua.
In
una
prima
fase
di
immersione
nella
realtà
comunicativa
della
lingua
target,
l’apprendente
si
confronta
con
un
flusso
indistinto
di
suoni.
Lo
sviluppo
dell’interlingua
è
descrivibile
come
un
graduale
percorso
di
trasformazione
di
questo
flusso
indistinto
in
unità
discrete.
L’apprendente,
superata
questa
prima
fase,
compie
un
lavorio
di
analisi
dell’input
per
giungere
alla
trasformazione
dei
chunks
lessicali
in
unità
discrete.
Per
comunicare
si
ha
bisogno
in
primo
luogo
di
saper
portare
a
termine
dei
compiti:
salutare
presentarsi,
porre
una
domanda..
.
Per
svolgere
queste
funzioni
linguistiche
abbiamo
bisogno
di
forme
linguistiche
adeguate.
L’apprendente,
per
arrivare
alla
regola,
parte
dalla
funzione,
per
abbinare
poi
gradualmente
delle
funzioni
delle
forme
linguistiche.
La
grammatica
segue
il
percorso
inverso:
si
parte
dalla
forma
per
arrivare
solo
in
un
secondo
momento
a
dare
informazioni
sulle
funzioni
svolte
dalla
forma
precedentemente
presentata.
Per
l’apprendente
la
formazione
di
un
paradigma,
cioè
di
uno
schema
di
flessione,
è
il
punto
di
arrivo
di
un
lungo
processo
di
elaborazione,
mentre
nella
grammatica
è
la
prima
informazione
offerta
all’utente.
Processazione
dell’input
=
abbinamento
di
funzioni
e
forme,
scoprendo
che:
- una
funzione
può
essere
svolta
da
più
forme
- una
forma
può
svolgere
più
funzioni
(parla/prenda,)
- esistono
forme
ambigue
(io/loro
sono)
- esistono
forme
irregolari
Elaborazione
di
strategie
di
apprendimento:
- lessicalizzazione:
si
usa
il
lessico
per
fornire
l’informazione
sul
tempo
verbale
che
non
si
è
per
il
momento
in
grado
di
gestire
morfologicamente)
- sovraestensione
di
paradigmi
(corruto,
venito,una
problema..)
- l’evitamento
(cancellazione
provvisoria
di
elementi
strutturali
difficili
(es,
omissione
dell’ausiliare
nel
passato
prossimo)
- l’elaborazione
autonoma
L’insegnante
deve
concentrarsi
su
alcune
operazioni
fondamentali
utili
a
fluidificare
e
a
velocizzare
le
tappe
stesse:
selezionare,
graduare,
ordinare
l’input;
velocizzare
il
padroneggiamento
delle
funzioni;
velocizzare
l’abbinamento
forme-‐funzioni;
ridurre
i
tempi
di
sovraestensione
delle
regole;
stimolare
l’apprendente
a
utilizzare
pienamente
il
ventaglio
di
possibilità
offerte
dal
sistema;
gestire
opportunamente
il
feedback
correttivo.
METODO
INDUTTIVO
E
DEDUTTIVO
Deduttivo
à
dal
generale
al
particolare.
Presentazione
della
regola,
memorizzazione
della
regola,
verifica
della
validità
della
regola
(e
delle
eccezioni)
tramite
lo
svolgimento
di
esercizi.
Induttivo
à
dal
particolare
al
generale.
Metodo
che
rende
l’apprendente
il
protagonista
di
un
percorso
di
scoperta
della
regola
a
partire
dagli
usi.
Vantaggi:
l’apprendente
assume
un
ruolo
attivo
nel
percorso
didattico,
le
regole
individuate
sono
più
facilmente
memorizzabili,
stimola
l’attitudine
all’osservazione,
alla
scoperta
di
regolarità,
alla
capacità
di
formulare
ipotesi.
I
dati
precedono
l’elaborazione
delle
ipotesi
e
l’individuazione
delle
regole.
MA
NON
tutti
i
settori
della
gramamtica
si
prestano
ad
essere
appresi
induttivamente.
Grammatica
e
metodo
di
insegnamento
Fine
800:
diffusione
del
metodo
naturale
e
dei
metodi
diretti,
basati
sul
primato
della
lingua
e
della
comunicazione,
escludendo
la
riflessione
sulle
forme
linguistiche.
Analogamente
marginalizzata
era
l’attività
di
riflessione
metalinguistica
nel
metodo
audio-‐ orale,
di
impronta
comportamentista
(Stati
Uniti,
dopoguerra)
l’apprendimento
della
L2
si
svolgeva
tramite
lo
svolgimento
di
esercizi
effettuati
con
l’ausilio
di
tecnologie,
che
avevano
come
obiettivo
la
fissazione
mnemonica
di
abitudini
linguistiche,
non
di
regole.
L’idea
comportamentista
fu
messa
in
discussione
dalla
teoria
generativista
e
dalla
psicologia
cognitiva,
che
giungevano
a
negare
la
possibilità
di
un
apprendimento
linguistico
di
tipo
automatico
e
meccanicistico.
Robert
Lado
sulla
base
di
un
confronto
tra
L1
e
lingua
oggetto
di
studio,
si
possono
enucleare
aree
di
sovrapponibilità,
che
generano
un
transfer
positivo
e
facilitano
l’apprendimento,
e
aree
di
diversità,
che
generano
un
transfer
negativo
e
sono
di
ostacolo
per
l’apprendimento.
Il
glottodidatta
deve
tradurre
in
opportune
attività
didattiche
i
risultati
della
comparazione.
Natural
Approach
fondato
sulle
teorie
di
Krashen
e
Terrell,
basato
sulla
distinzione
tra
acquisizione
e
apprendimento.
Per
Krashen
lo
sviluppo
della
competenza
metalinguistica
agisce
e
ha
effetti
esclusivamente
sull’apprendimento.
La
verifica
dell’apprendente
si
concretizza
attraverso
il
monitor,
la
capacità
di
controllo
e
di
eventuale
autocorrezione,
attivata
solo
in
situazioni
che
consentono
di
progettare
distesamente
il
messaggio
(es.
produzione
scritta).
CAPITOLO
7
LE
COMPETENZE
PER
L’APPRENDIMENTO
DELL’ITALIANO
L2
Padronanza
delle
forme
linguistiche
padronanza
degli
usi
Forme
linguistiche
processo
(strategie
necessarie
per
comunicare
efficacemente)
Questo
duplice
mutamento
di
prospettiva
ha
imposto
un
ribaltamento
delle
metodologie:
da
esercizi
basati
su
attività
di
lettura
e
scrittura,
si
è
passati
ad
attività
finalizzate
alo
sviluppo
integrato
delle
4
abilità
fondamentali.
Modello
di
competenza
secondo
gli
approcci
comunicativi
Consiglio
d’Europa:
tra
gi
obiettivi:
l’integrazione
fra
i
cittadini
degli
Stati
membri
e
la
diffuzione
delle
lingue
per
promuovere
la
coesione
e
il
dialogo
fra
i
popoli.
1971:
Progetto
lingue
moderne:
a
una
commissione
di
esperti
viene
affidato
il
compito
di
dare
un
nuovo
impulso
alla
diffusione
delle
lingue
comunitarie
attraverso
l’individuazione
di
obiettivi
e
metodi
condivisi.
Fra
gli
obiettivi
del
gruppo
di
lavoro
la
definizione
del
livello
minimo
(livello
soglia)
di
conoscenze
linguistiche
necessarie
a
un
particolare
tipo
di
destinatario
(cittadino
europeo
adulto)
per
sopravvivere,
stabilire
e
mantenere
contatti
sociali
con
i
parlanti
di
un
paese
straniero.
Competenza
linguistica
capacità
di
comunicare
efficacemente
nella
lingua
di
studio
attraverso
lo
sviluppo
armonico
delle
4
abilità
primarie.
È
fondamentale
la
preliminare
analisi
dei
bisogni
comunicativi
del
discente
come
punto
di
partenza
per
la
programmazione
e
la
loro
traduzione
in
opportuni
obiettivi
di
apprendimento,
intesi
come
unità
discrete
e
capitalizzabili.
A
partire
dall’analisi
dei
bisogni
dei
discenti
si
possono
individuare
le
situazioni
e
gli
atti
comunicativi
più
rilevanti
e
a
essi
è
possibile
correlare
le
forme
linguistiche
adatte
a
esprimerli.
Le
situazioni
comunicative
possono
essere
raggruppate
in
una
categoria
sovraordinata:
i
domini,
intesi
come
sfere
d’azione
o
ambiti
d’interesse
relativi
alla
vita
sociale.
In
relazione
ai
destinatari
dei
livelli
soglia,
i
domini
individuati
come
fondamentali
sono
4:
il
gruppo
dei
pari,
l’istruzione,
le
trattative
commerciali,
l’uso
dei
servizi
pubblici.
Sempre
a
partire
dall’analisi
dei
bisogni,
si
possono
individuare
le
nozioni
più
comuni
che
l’apprendente
avrà
necessità
di
utilizzare
(nozioni
generali,
di
ordine
astratto,
e
nozioni
specifiche,
di
ordine
semantico,
relative
a
settori
specifici).
L’insieme
delle
forme
linguistiche
abbinate
agli
atti
comunicativi
e
alle
nozioni
determina
il
carico
di
lavoro:
nel
livello
soglia
italiano
tale
carico
è
di
1500
unità,
intese
sia
come
lessemi
sia
come
liste
di
espressioni
e
frasi.
le
situazioni
e
gli
scopi
dell’agire
linguistico
diventano
il
perno
della
programmazione
e
le
unità
grammaticali
e
lessicali
corrispondenti
sono
subordinate
a
essi.
IL
QUADRO
COMUNE
EUROPEO
DI
RIFERIMENTO
PER
LE
LINGUE
Primi
anni
Novanta:
obiettivo
à
agevolare
la
cooperazione
internazionale
nell’ambito
dell’educazione
linguistica,
fornire
basi
solide
e
condivise
per
la
certificazione
delle
competenze,
coordinare
il
lavoro
di
docenti,
studenti,
autori
di
corsi
di
lingue
e
responsabili
delle
istituzioni
educative.
Caratteristiche:
essere
aperto,
dinamico
e
non
dogmatico.
Non
deve
abbracciare
un
metodo
unico
di
insegnamento,
escludendo
gli
altri.
1’
versione:
su
internet
–
1996/
2’
versione
cartacea
–
2001
Nel
processo
di
apprendimento
di
una
lingua
sono
incluse
anche
competenze
generali,
in
quanto
non
si
può
scindere
l’apprendimento
della
cultura
da
quello
della
lingua
(le
competenze
generali
fanno
riferimento
alla
competenza
culturale,
che
si
realizza
attraverso
conoscenze
dichiarative
(sapere)
e
procedurali
(saper
fare),
relative
ad
attività
sociali,
abitudini,
organizzazione
del
tempo
libero.
à
formazione
di
una
competenza
multiculturale.
Competenza
esistenziale
(personalità,
carattere);
capacità
euristiche
e
di
studio
(saper
apprendere),
un
insieme
di
abilità
cognitive
e
metacognitive.
Le
competenze
linguistico-‐comunicative
sono
cosî
suddivise
nel
QCDR:
- LINGUISTICA
- SOCIOLINGUISTICA
(es.
regole
di
cortesia,
differenze
di
registro,
varietà
linguistiche)
- PRAGMATICA
(discorsivo,
funzionale,
pianificazione
del
testo)
Per
gli
scopi
generali
del
QCER
sono
individuati
4
domini
fondamentali:
1. Personale
2. Pubblico
3. Professionale
4. Educativo
Modelli
di
competenza
linguistica
Proviamo
a
rappresentare
l’evoluzione
della
nozione
di
competenza
linguistica.
I
tre
modelli
sono
immaginati
come
sottoinsiemi
inclusivi
e
interdipendenti
(la
competenza
comunicativa
include
quella
grammaticale
e
le
competenze
generali
e
quella
culturale
affiancano
e
integrano
quella
comunicativa).
Quello
che
cambia
fra
i
tre
modelli
è
il
peso
specifico
dei
contenuti
linguistici
in
rapporto
alle
altre
componenti:
si
ha
la
subordinazione
dei
contenuti
linguistici
agli
obiettivi
funzionali.
Con
il
modello
proposto
dal
QCER
si
assiste
a
una
rivisitazione
del
concetto
di
competenza
che
vede
nelle
abilità
linguistico
comunicative
solo
una
delle
componenti
in
gioco
nel
processo
di
apprendimento
linguistico.
Competenza
fonologico-‐ortografica
qualsiasi
attività
di
ricezione
e
produzione
orale
contribuisce
allo
sviluppo
della
competenza
fonologica
dell’apprendente.
Le
attività
per
il
rinforzo
della
competenza
fonologica
e
prosodica
si
basano
principalmente
sull’ascolto
e
sul
riconoscimento
di
coppie
di
parole
o
brevi
frasi
scelte
per
richiamare
l’attenzione
su
specifici
suoni,
accenti,
intonazioni
(
necessità
di
disporre
in
aula
sussidi
tecnologici).
Le
attività
sulla
pronuncia
sono
di
norma
centrate
sugli
aspetti
fonologici,
non
su
quelli
fonetici.
L’obiettivo
di
un
insegnante
di
italiano
per
stranieri
non
è
quello
di
offrire
un
modello
di
pronuncia
standard,
quanto
soffermarsi:
- sulle
principali
opposizioni
fonologiche
che
caratterizzano
il
sistema
dell’italiano
al
netto
delle
differenze
regionali;
- su
opposizioni
di
difficile
realizzazione
per
molti
parlanti
stranieri
(intensità
consonantica,
o
realizzazione
di
fonemi
“marcati”);
- distinzione
tra
vocali
toniche
aperte
e
chiuse,
anteriori
e
posteriori;
- la
distinzione
tra
fricativa
alveolare
sorda
e
sonora
in
posizione
intervocalica
(s-‐z);
- la
distinzione
tra
affricata
sorda
e
sonora
in
posizione
intervocalica
(ts-‐tz);
Tra
le
ragioni
del
basso
rendimento
funzionale
di
queste
distinzioni
si
ricorda:
- danno
luogo
a
coppie
minime;
- sono
occultate
dalla
trascrizione
grafica
(i
simboli
grafici
non
consentono
di
distinguere
l’apertura
della
vocale
in
bello,
la
sonorità
o
sordità
della
consonante
di
casa,
chiesa,
zio,
zappa..);
- non
abbiamo
nessuno
strumento
didatticamente
utile
per
spiegare
che
la
e
di
bello
è
aperta
mentre
quella
di
fresco
è
chiusa;
- la
loro
pronuncia
è
caratterizzata
da
forte
differenziazione
regionale.
La
componente
prosodica
è
di
solito
piuttosto
trascurata,
anche
nell’educazione
linguistica
dell’italiano
L1.
Pertanto,
il
docente
di
italiano
L2
dovrà
curare
la
distinzione
fra
le
tre
tonie
fondamentali
(conclusiva,
sospensiva,
interrogativa).
Per
quanto
riguarda
l’accento,
curerà
la
capacità
dell’apprendente
di
utilizzare
in
modo
appropriato:
- la
corretta
collocazione
dell’accento
fonetico;
- le
caratteristiche
e
i
contesti
d’uso
dell’accento
enfatico
e
contrastivo;
- l’accento
ortografico
e
le
norme
che
ne
disciplinano
l’uso
in
italiano.
Competenza
grammaticale
il
dominio
della
grammatica
per
il
QCER
viene
a
coincidere
in
buona
sostanza
con
la
morfologia
e
la
sintassi.
I
descrittori
della
correttezza
grammaticale
distinguono
tra
la
capacità
dell’apprendente
di
dominare
un
repertorio
memorizzato
di
frasi
e
formule,
e
il
loro
graduale
trasformarsi
in
conoscenze
sistematiche.
A
fare
la
differenza
tra
efficacia
C1
e
padronanza
C2
è
la
capacità
di
controllo
grammaticale
della
propria
produzione,
indipendentemente
dalle
situazioni
e
dal
livello
di
stress
comunicativo.
Alcune
coordinate
per
la
costruzione
di
un
sillabo:
- l’ordine
di
presentazione
delle
strutture
dev’essere
correlato
ali
obiettivi
comunicativi
e
funzionali;
- occorre
costruire
un
sillabo
a
spirale,
che
dia
la
possibilità
di
ritornare
in
momenti
diversi
su
differenti
aspetti
delle
medesime
strutture;
- è
necessario
armonizzare
le
tappe
dell’apprendimento
formale
a
quelle
di
apprendimento
spontaneo.
Esistono
delle
sequenze
acquisizionali
dell’italiano,
e
“capire
come
avvenga
l’apprendimento
spontaneo
è
prioritario
alla
scelta
di
insegnamento
che
più
efficacemente
lo
possa
assecondare”.
Manfred
Pienemann:
ipotesi
di
insegnabilità
l’oridne
di
acquisizione
naturale
non
può
essere
modificato
dal
percorso
di
apprendimento,
quello
che
può
fare
l’istruzione
formale
è
accelerare
il
passaggio
da
una
fase
della
sequenza
di
apprendimento
a
quella
successiva.;
- eventuali
dissimetrie
tra
ordine
di
acquisizione
naturale
e
sequenza
nel
sillabo
possono
verificarsi
nel
caso
in
cui
si
debba
fornire
agli
apprendenti
strutture
complesse
che
per
la
loro
rilevanza
funzionale
siano
necessarie
in
una
fase
precoce
del
corso,
prima
che
l’apprendente
sia
pronto
a
riflettere
sulla
loro
funzione
interna
al
sistema
linguistico.
Occorre
distinguere
tra
la
presentazione
di
una
struttura
come
item
inanalizzato
e
la
sua
analisi
linguistica
(es.
il
presentarsi
in
tutte
le
prime
unità
dei
manuali:
richiede
la
coniugazione
dei
verbi
pronominali,
che
in
italiano
è
piuttosto
complessa.
In
questo
caso
si
presenta
come
elemento
unico,
da
memorizzare).
Tecniche
didattiche
per
lo
sviluppo
della
competenza
grammaticale:
le
funzioni
degli
esercizi
per
la
riflessione
grammaticale
sono
4:
- scoprire
le
regole
- verificare
i
limiti
di
applicabilità
di
una
regola
- interiorizzare
le
regole
- riutilizzare
le
regole
in
fase
produttiva
Per
interiorizzare
le
regole
si
po’
ricorrere
ai
pattern
dirll,
perché
premettono
la
fissazione
della
regola
come
abitudine
automatica
e
irriflessa.
Per
riutilizzare
le
regole
l’insegnante
deve
lavorare
principalmente
con
esercizi
di
produzione
guidata,
orale
e
scritta
(orale:
role
play,
role
taking,
role
making;
scritta:
si
può
partire
dalla
trasformazione
di
una
sequenza
di
vignette
in
un
testo
narrativo
per
giungere
alla
produzione
libera
di
un
testo
su
un
determinato
argomento).
Competenza
lessicale
capacità
di
padroneggiare
le
combinazioni
di
parole
e
le
solidarietà
semantico-‐sintagmatiche
tra
esse
che
si
realizzano
nella
lingua
di
studio.
Il
linguaggio
consiste
in
un
lessico
grammaticalizzato,
non
in
grammatica
lessicalizzata.
Nello
studio
iniziale
del
processo
di
apprendimento
spontaneo
di
una
lingua
si
evidenzia
la
primarietà
della
componente
lessicale,
in
quanto
l’apprendente
tende
a
processare
tutto
l’input
a
lui
comprensibile
come
lista
di
elementi
lessicali
inanalizzati.
Nel
Lexical
Approach
si
insiste
sull’importanza
dei
chunks
lessicali.
I
mattoni
lessicali
possono
avere
differenti
dimensioni
(dalla
singola
parola
a
espressioni
fisse
o
idiomatiche.
Possono
essere
costituiti
da
coppie
di
parole
che
co-‐occorrono
stabilmente
nella
lingua
di
studio
(es.
prendere
una
decisione).
I
mattoni
lessicali
possono
anche
essere
espressioni
più
o
meno
ampie,
usate
come
demarcativi
testuali.
Nell’impianto
del
QCER
la
competenza
lessicale
e
quella
grammaticale
sono
considerate
parti
della
competenza
linguistica.
I
due
parametri
fondamentali
individuati
nel
QCER
per
valutare
la
competenza
lessicale
son
l’ampiezza
(aspetto
quantitativo)
e
la
padronanza
(aspetto
qualitativo).
La
competenza
lessicale
comprende:
- elementi
grammaticali:
parole
appartenenti
a
classi
chiuse
- elementi
lessicali:
parole
isolate,
espressioni
fisse.
Termini
lessicalmente
pieni
(classi
aperte)
e
parole
grammaticali
(classi
chiuse).
(si
stima
che
il
vocabolario
mentale
di
una
persona
adulta
colta
oscilli
tra
le
25.000
e
le
50.000
parole).
La
competenza
di
una
parola
comprende
proprietà
di
tipo:
- semantico
(le
varie
accezioni;
gli
usi
figurati;
gli
usi
connettivi
–
es.
perbenismo,
moralismo..
connotazione
positiva
o
negativa,
che
si
affianca
al
significato
denotativo
di
base;
le
relazioni
di
significato
con
le
altre
parole
- morfologico-‐derivativo
(la
capacità
di
creare
le
parole
derivate
a
partire
da
una
parola
di
base
e
di
distinguere
i
processi
di
derivazione
teoricamente
possibili
da
quelli
effettivamente
praticati);
- sintattico:
es.
regalare
è
un
verbo
che
richiede
3
argomenti;
Si
ritiene
che
la
conoscenza
di
2000-‐3000parole
corrisponda
a
un
buon
livello
di
competenza.
In
ogni
caso,
con
il
progredire
della
competenza
generale
la
dimensione
qualitativa
assume
un
peso
via
via
maggiore
rispetto
alla
componente
quantitativa.
Per
quanto
riguarda
le
tecniche
didattiche
per
lo
sviluppo
della
competenza
lessicale,
il
problema
essenziale
è
la
fissazione
mnemonica,
agevolata
dalla
contestualizzazione
delle
unità
lessicali:
si
usano
visualizzazioni
accompagnate
da
immagini
di
campi
lessicali
omogenei
o
di
riproduzioni
che
raffigurano
una
scena
con
l’indicazione
degli
elementi
lessicali
caratteristici
di
quel
contesto.
Quando
si
esce
dal
dominio
delle
parole
isolate
bisogna
prestare
particolare
attenzione
alla
spiegazione
del
significato
e
ad
approntare
opportune
attività
di
riuso
delle
espressioni
idiomatiche.
Utili
sono
i
diagrammi
che
evidenziano
i
rapporti
associativi
fra
le
parole.
Si
può
ricorrere
anche
ad
attività
ludico-‐enigmistiche
che
stimolano
il
passaggio
dalla
definizione
della
parola
cruciverba,
indovinelli),
la
capacità
di
parafrasare
un
termine
o
l’arricchimento
del
lessico
a
partire
da
attività
concentrate
sul
significante
(anagrammi,
scarti,
cambi,
zeppe).
Dovrebbe
poi
essere
parte
integrante
del
percorso
di
sviluppo
della
competenza
lessicale,
l’addestramento
all’uso
autonomo
del
dizionario.
Competenza
sociolinguistica
capacità
di
gestire
la
comunicazione
in
relazione
alla
dimensione
sociale.
(differenza
di
registro-‐
particolare
modalità
di
realizzazione
del
codice,
in
relazione
alla
situazione
molto
formale,
formale,
neutro,
informale,
familiare,
intimo).
La
competenza
sociolinguistica
si
realizza
nella
capacità
di
padroneggiare
specifiche
aree
dell’interazione
linguistica.
Ai
livelli
iniziali
dell’insegnamento
(fino
al
B1)
è
opportuno
concentrarsi
sul
registro
neutro
(quello
che
i
parlanti
nativi
usano
tra
loro
in
condizioni
diafasiche
non
marcate
e
quello
che
si
aspettano
di
udire
da
un
parlante
straniero).
Massima
cautela
le
differenze
di
registro
sono
difficili
da
dominare
anche
per
i
parlanti
nativi.
Solo
dal
B2
interviene
la
competenza
di
registro.
La
competenza
sociolinguistica
comprende
anche
la
capacità
di
riconoscere
i
principali
marcatori
linguistici,
cioè
quegli
usi
che
consentono
di
identificare
la
provenienza
regionale,
la
classe
sociale,
l’ambiente
lavorativo
del
parlante.
Tra
questi:
- elementi
prosodici
(intonazione
e
accento);
- elementi
morfologici
(es.
uso
di
‘codesto’
in
Toscana);
- elementi
sintattici
(es.
uso
di
passato
remoto
da
parte
dei
parlanti
settentrionali);
- elementi
lessicali.
Competenza
pragmatica
il
QCER
ribadisce
l’assoluta
centralità
della
capacità
dell’utente
di
usare
testi
per
portare
a
termine
i
compiti
linguistici
attraverso
opportune
strategie.
La
comunicazione
e
l’apprendimento
implicano
l’esecuzione
di
compiti
che
non
sono
esclusivamente
linguistici.
Questi
compiti
richiedono
l’impiego
di
strategie
di
comunicazione
e
di
apprendimento.
Nella
misura
in
cui,
per
portarli
a
termine,
si
ricorre
ad
attività
linguistiche,
è
necessario
un
trattamento
di
testi,
orali
o
scritti.
C.p.;
capacità
dell’utente
di
concepire,
strutturare
e
adattare
al
contesto
i
propri
messaggi
(competenza
discorsiva),
i
quali
sono
usati
per
realizzare
funzioni
comunicative
(competenza
funzionale)
e
sono
progettati
tenendo
conto
di
copioni
interazionali
codificati
(competenza
di
pianificazione).
Generi
vs
tipi
testuali
i
tipi
testuali
sono
entità
astratte
e
poco
soggette
alla
variazione
interlinguistica.
I
generi
testuali
sono
le
realizzazioni
concrete
dei
tipi
testuali
nelle
varie
epoche
e
nelle
diverse
tradizioni
culturali.
Nel
modello
proposto
dal
QCER
la
capacità
di
concepire,
strutturare
e
realizzare
i
testi
si
fonda
sull’integrazione
di
abilità
riferibili
a
tre
livelli:
le
microfunzioni
(atti
comunicativi),
le
macrofunzioni
(descrizione,
narrazione,
commento,
esposizione,
interpretazione,
spiegazione,
dimostrazione,
istruzioni,
argomentazione,
persuasione..),
gli
schemi
interazionali.
La
competenza
pragmatica
prevede
anche
la
capacità
di
usare
appropriatamente
gli
schemi
interazionali
sottesi
alle
varie
modalità
di
scambio
comunicativo
codificate
in
una
lingua/cultura.
Tali
schemi
interazionali
costituiscono
una
sorta
di
copioni
che
pongono
l’utente
in
grado
di
gestire
efficacemente
le
interazioni
comunicative,
dalle
più
semplici
alle
più
complesse.
Tipi
testuali:
-‐
testi
orali
(es.
annunci
pubblici,
istruzioni,
discorsi
pubblici,
lezioni,
esposizioni,
riti,
notizie
radio,..);
-‐
testi
scritti
(ibri,
giornali,
volantini,
insegne,..)
L’analisi
dei
testi
e
le
relative
applicazioni
didattiche
si
fondano
su
due
piani:
1
le
caratteristiche
costitutive
di
un
testo,
indipendenti
dal
tipo
(per
esempio
le
regole
che
governano
la
coerenza
e
la
coesione);
2
le
caratteristiche
di
un
determinato
ipo
di
testo
(per
esempio
l’uso
dei
tempi
e
odi
verbali
varia
in
un
testo
narrativo,
descrittivo,
regolativo).
CAPITOLO
8
QUALE
ITALIANO
INSEGNARE?
Complessità
sociolinguistica
dell’italiano.
È
fondamentale
per
l’insegnante
di
italiano
L2
evitare
l’eccessivo
scollamento
tra
la
lingua
utilizzata
in
aula
e
quella
effettivamente
presente
nelle
situazioni
comunicative
quotidiane.
● Fin
dagli
esordi
500eschi,
forte
divario
tra
i
modelli
ideali
e
gli
usi
concreti;
● Insegnamento
dell’italiano
nella
scuola
postunitaria,
imperniato
sull’addestramento
alla
lingua
scritta
e
in
genere
distante
dalle
esigenze
comunicative
concrete
dei
discenti;
● Primi
anni
’70:
esigenza
di
un
rinnovamento
degli
obiettivi
e
delle
pratiche
di
insegnamento.
Il
nuovo
approccio
all’insegnamento
della
lingua
doveva
essere
fondato
sull’armonico
sviluppo
delle
4
abilità
fondamentali
e
sull’attenzione
alle
diverse
varietà
del
repertorio.
…
lo
sforzo
didattico
dei
docenti
della
scuola
deve
oggi
concentrarsi
su
rinnovate
basi
metodologiche,
sull’insegnamento
delle
varietà
ormali,
non
avendo
lo
studente
molte
occasioni
di
confrontarsi
con
modelli
elaborati
di
lingua
al
di
fuori
dell’istruzione
scolastica.
Secondo
il
linguista
rumento
E.
Coseriu,
nella
descrizione
di
una
lingua
bisogna
distinguere
3
livelli
di
analisi:
il
sistema,
la
norma,
e
l’uso
(tripartizione
che
puô
essere
intesa
come
ampliamento
della
dicotomia
saussuriana
langue/parole).
Norma
degli
utenti
o
norma
sociale.
Luca
Serianni:
mentre
il
sistema
ha
una
sua
validità
potenziale,
la
norma
può
essere
individuata
solo
concretamente.
(G.
Nencioni:
la
norma
è
dentro
i
testi
e
i
discorsi
dei
parlanti).
La
comunità
dei
parlanti
esercita
un’azione
normativa
pur
in
assenza
di
un
controllo
dall’alto
e
finisce
con
l’orientare
il
cambiamento
linguistico.
Oscillazioni
nell’uso
è
necessario
che
una
solida
conoscenza
delle
regole
e
degli
usi
della
lingua
italiana
e
delle
principali
dinamiche
di
variazione
sociolinguistica
facciano
parte
del
bagaglio
formativo
del
docente
di
italiano
L2.
Nel
QCER
la
progressiva
padronanza
dei
registri
in
relazione
al
contesto
della
comunicazione
viene
presa
in
considerazione
a
partire
dal
livello
B2.
<<Solo
al
B2
egli
è
in
grado
di
esprimersi
in
modo
sicuro,
chiaro
e
cortese
in
registro
formale
o
informale,
a
seconda
della
situazione
e
della
persona
implicata,..>>.
<<Le
lingue
dovrebbero
essere
descritte
come
esistono
nell’uso
piuttosto
che
come
dovrebebro
essere
secondo
le
‘’autorità’’>>.
Non
è
del
tutto
agevole
individuare
una
varietà
di
lingua
neutra,
priva
di
connotazioni
regionali,
sociali
o
istituzionali.
Caratteristiche
di
una
varietà
standard:
l’elaborazione
di
una
varietà
standard
deriva
da
un
processo
di
selezione.
Si
può
sviluppare
il
modello
comune
a
partire
da
una
tra
le
varietà
usate
in
un
preciso
momento
storico
o
costruire
una
koinè
frutto
della
commistione
di
varietà
diverse.
Alla
selezione
del
modello
seguono
la
codificazione
grammaticale
a
opera
di
singoli
autori
o
istituzioni
a
ciò
deputate,
l’allargamento
a
una
più
ampia
base
di
utenti
e
l’estensione
delle
funzioni.
La
nozione
di
standard
può
dunque
essere
usata
in
almeno
3
accezioni:
1. standard
normativo:
varietà
di
lingua,
codificata
dalle
grammatiche
e
dai
dizionari;
2. standard
statistico:
varietà
di
lingua
più
diffusa
in
una
comunità
di
parlanti;
3. standard
sociologico:
modello
interiorizzato
dalla
maggioranza
dei
componenti
di
una
comunità.
Ristandardizzazione
progressiva
accettazione
nella
lingua
parlata
e
poi
in
quella
scritta
di
fenomeni
a
lungo
considerati
scorretti.
Le
forze
determinanti
sono
perciò
i
cambiamenti
nella
norma
interiorizzata
dai
parlanti,
l’atteggiamento
dei
grammatici
di
fronte
ai
casi
di
confine
tra
accettabilità
e
non
accettabilità
di
un
fenomeno.
A
livello
orale
è
problematico
individuare
una
varietà
comune
priva
di
caratterizzazioni
geografiche.
In
sintesi,
il
quadro
delle
tendenze
in
atto
nell’italiano
contemporaneo:
- dicotomia
piuttosto
marcata
fra
un
polo
di
espressione
formale
e
un
polo
di
espressione
informale;
- lessico,
fonologia
e
intonazione
ancora
piuttosto
sensibili
alla
variazione
geografica;
- nella
lingua
parlata
opera
la
tendenza
alla
semplificazione
paradigmatica;
- tendenza
alla
ristandardizzazione
(nello
scritto
e
nel
parlato);
- diminuzione
del
tasso
di
normatività
delle
grammatiche;
- maggiore
tolleranza
dei
parlanti
nei
confronti
di
alcuni
fenomeni
del
neostandard.
**È
difficile
immaginare
il
confine
tra
usi
corretti
e
usi
scorretti
come
una
linea
netta.
Questa
mutata
sensibilità
comporta
il
fatto
che
un
determinato
uso
sia
considerato
accettabile
in
alcuni
contesti
e
non
accettabile
in
altri.
**
à
progressivo
avvicinamento
tra
l’italiano
delle
grammatiche
e
quello
dell’uso,
dando
luogo
a
una
zona
di
intersezione
(l’italiano
comune).
In
tale
area
possiamo
al
momento
individuare
un
esempio
concreto
di
quella
varietà
neutra
che
il
QCER
individua
come
fulcro
dell’azione
didattica.
(vedi
libro
da
p238
a
p245)
CAPITOLO
9
PROGETTAZIONE
E
PROGRAMMAZIONE
DIDATTICA
La
progettazione
dell’azione
didattica
costituisce
una
componente
essenziale
e
integrante
dell’insegnamento.
Un
minimo
grado
di
progettualità
è
sempre
alla
base
dei
materiali
presentati
e
delle
attività
proposte.
L’insegnante
deve
estendersi
all’intero
percorso
di
insegnamento,
di
cui
le
singole
lezioni
fanno
organicamente
parte
→
ricerca
di
metodi
idonei
per
organizzare
corsi
e
sistemi
educativi.
La
definizione
del
sillabo
costituisce
solo
una
parte
dell’attività
di
progettazione
didattica,
che
comprende
anche
l’individuazione
degli
obiettivi,
la
scelta
dei
materiali,
dei
sussidi
e
delle
procedure
operative
che
ne
permettono
il
conseguimento.
(progettare
un
corso
di
apprendimento
=
che
cosa
insegnare,
come
farlo,
a
quale
scopo).
Curricolo
=
insieme
delle
decisioni
prese
per
pianificare,
organizzare,
implementare,
e
valutare
un
progetto
di
insegnamento,
che
comprende
la
definizione
di
un
programma
(mete
e
obiettivi
da
conseguire),
l’elaborazione
di
un
sillabo.
Curricolo
in
ambito
scolastico
=
percorso
seguito
dallo
studente
in
un
ordine
di
scuola
/
=
percorso
formativo
offerto
da
un’istituzione
scolastica
per
una
disciplina
specifica.
Balboni:
sono
componenti
dell'attività
curricolare
l’individuazione
dei
fini
e
degli
obiettivi
di
apprendimento,
la
selezione
dei
materiali
e
dei
mezzi
per
realizzare
l’insegnamento.
Programmazione
→
secondo
livello
dell'attività
di
pianificazione.
Programmare
=
strutturare
il
percorso
di
apprendimento
in
unità,
moduli.
Altri
autori
si
riferiscono
a
questo
2
livello
col
termine
progettazione.
Duplice
articolazione
dell'attività
di
progettazione
di
un
percorso
di
apprendimento
-‐-‐>
primo
livello:
strutturazione
dell’azione
didattica
(macroprogettazione);
attività
di
definizione
delle
finalità
formative
e
degli
obiettivi
di
apprendimento
(programmazione);
secondo
livello:
microprogettazione
(definizione
di
come
deve
essere
organizzato
l’insegnamento
sul
piano
operativo,
affinché
si
promuova
l’apprendimento).
A
questo
livello
vengono
precisati
le
modalità
di
presentazione
dei
materiali,
le
tecniche
da
utilizzare
per
lo
sviluppo
delle
diverse
abilità
e
l’acquisizione
delle
conoscenze
previste,
le
procedure
da
impiegare
per
promuovere
l’interazione
comunicativa
in
classe.
Questi
2
livelli
di
articolazione
sono
realizzati
in
3
momenti
diversi:
1. elaborazione
da
parte
del
collegio
dei
docenti
del
POF:
viene
definita
l'identità
dell’istituto
scolastico,
vengono
delineate
le
scelte
culturali,
didattiche
e
organizzative,
identificate
le
finalità
formative
e
gli
strumenti
per
conseguirle,
indicati
i
criteri
di
monitoraggio
e
autovalutazione.
2. La
macroprogettazione
del
percorso
didattico
viene
completata
in
un
secondo
momento,
in
cui
sono
stabiliti
dal
Consiglio
di
classe,
interclasse
e
di
intersezione,
gli
obiettivi
didattici
trasversali,
pluridisciplinari
e
disciplinari.
3. microprogettazione
della
dimensione
operativa
dell'azione
didattica.
L’italiano
L2
è
oggi
insegnato
in
una
pluralità
di
contesti.
Nell'insegnamento
linguistico
le
finalità
di
un
progetto
didattico
assumono
una
valenza
educativa.
Il
QCER
indica
le
mete
da
conseguire
con
l'insegnamento
delle
lingue,
le
quali
consistono
nello
sviluppo
del
plurilinguismo
e
del
pluriculturalismo.
Il
plurilinguismo
non
coincide
con
il
multilinguismo:
l’approccio
plurilingue
pone
l’accento
sul
concetto
di
integrazione.
La
conoscenza
di
una
lingua
è
parziale
perfino
quando
si
tratta
di
lingua
madre
o
nativa.
nessuno
ha
una
padronanza
equilibrata
delle
diverse
componenti
di
una
lingua.
Alle
finalità
indicate
dal
QCER
si
affiancano
finalità
istituzionali,
formulate
a
livello
ministeriale
e
non
localmente
da
ogni
singolo
istituto,
perché
rispecchiano
le
necessità
generali
della
società.
(es.valorizzazione
della
diversità
e
dell
identità
linguistico
culturale).
Modelli
di
progettazione
didattica
→
è
possibile
ricondurre
le
diverse
metodologie
progettuali
a
due
matrici:
quella
con
andamento
lineare
e
quella
con
struttura
reticolare.
lineare:
concezione
dell’apprendimento
come
un
processo
di
accumulazione
progressiva
di
conoscenze
e
abilità.
Il
percorso
didattico
ha
dunque
una
struttura
sequenziale
e
segmentabile.
(matrice
comportamentista)
reticolare:
l’apprendimento
è
un
processo
di
scoperta,
costruzione
personale
della
conoscenza,
che
si
realizza
percorrendo
itinerari
costellati
da
nodi
interconnessi,
raggiungibili
da
ciascun
apprendente
seguendo
tragitti
diversi.
La
progettazione
per
obiettivi
costituisce
il
modello
maggiormente
utilizzato.
Qualsiasi
modello
di
progettazione
non
può
prescindere
dall’individuazione
degli
obiettivi
che
si
intendono
conseguire
con
l’azione
formativa.
Mager
(1978)
precisa
che
la
buona
formulazione
di
un
obiettivo
deve
dare
risposta
a
tre
domande:
1. che
cosa
lo
studente
deve
essere
in
grado
di
fare
2. avendo
a
disposizione
che
cosa
3. con
quale
grado
di
accuratezza
Inoltre,
gli
obiettivi
devono
essere
disaggregabili
in
sotto-‐obiettivi,
ossia
in
capacità
parziali
che
consentono
di
acquisire
abilità
più
complesse
(concezione
gerarchica
degli
apprendimenti
→
obiettivi
generali,
intermedi
e
finali).
Dalla
definizione
degli
obiettivi
dipendono
le
scelte
relative
alla
selezione
e
alla
progressione
dei
contenuti
di
insegnamenti,
cioè
agli
elementi
linguistici
da
inserire
nel
sillabo
e
alla
loro
sequenziazione.
Ogni
progetto
didattico
e
un'ipotesi
di
lavoro
,
elaborata
e
da
realizzare.
Ciò
comporta
un
costante
adattamento
alle
condizioni
di
insegnamento.
Nelle
progettazioni
realizzate
oggi,
gli
obiettivi
sono
definiti
in
termini
di
competenze,
cioè
di
capacità
di
usare
consapevolmente
ed
efficacemente
conoscenze,
abilità,
motivazioni
e
atteggiamenti
per
effettuare
prestazioni
orientate
al
conseguimento
di
uno
scopo.
La
nozione
di
competenza
si
estende
alla
padronanza
dei
processi
mentali
che
sono
alla
base
dell’esecuzione.
La
competenza
implica
il
‘saper
essere’
dell’individuo.
Le
decisioni
relative
agli
obiettivi
da
includere
nel
programma
di
apprendimento
non
possono
prescindere
da
considerazioni
sui
bisogni
degli
apprendenti.
Progettazione
per
sfondi
integratori
→
si
fonda
sul
principio
gestaltico,
secondo
il
quale
le
nostre
percezioni
costituiscono
un'unità
strutturata,
in
cui
il
rapporto
tra
le
diverse
parti
è
colto
unitariamente
in
relazione
a
un
contesto.
lo
sfondo
integratore
fornisce
un
contesto,
che
permette
di
vedere
la
realtà
esterna
in
una
determinata
prospettiva
,
di
costruire
un’immagine
complessa
e
di
metterla
in
relazione
con
la
realtà
interna
al
soggetto
apprendente.
lo
sfondo
ha
una
valenza
motivazionale,
stimolando
il
bambino
alla
scoperta.
Nella
progettazione
per
sfondi
integratori
si
ricorre
a
tre
tipi
principali
di
sfondi:
-‐ sfondo
metaforico,
che
permette
ai
bambini
di
ristrutturare
il
significato
di
una
situazione
problematica,
introducendo
attraverso
una
metafora
una
prospettiva
diversa
di
osservazione;
-‐ sfondo
narrativo,
ossia
una
storia
entro
la
quale
si
collocano
e
acquisiscono
significato
i
diversi
compiti
di
apprendimento.
è
quello
maggiormente
utilizzato;
-‐ sfondo
di
simulazione
di
contesti,
che
consiste
nella
riproduzione
in
scala
di
un
ambiente
particolare,
attraverso
cui
stabilire
connessioni
tra
le
diverse
attività,
riconducendole
a
un
quadro
di
riferimento
spaziale.
Nella
progettazione
per
sfondi
integratori
gli
obiettivi
di
apprendimento
sono
individuati
in
relazione
a
diversi
campi
di
esperienza
e
conseguiti
attraverso
percorsi
esperienziali
non
lineari,
che
coinvolgono
attivamente
il
bambino,
lasciandolo
libero
di
seguire
i
propri
ritmi
e
di
descrivere
il
proprio
itinerario
(tenendo
conto
delle
caratteristiche
individuali).
La
forma
di
verifica
è
l’osservazione
sistematica
dei
bambini
nel
corso
delle
attività
didattiche,
in
modo
che
si
possa
giungere
alla
riflessione
e
alla
valutazione
delle
competenze
sviluppate
e
del
percorso
realizzato.
Ogni
bambino
conserva
materiali
esemplificativi
delle
attività
svolte
e
delle
esperienze
compiute.
Progettazione
per
compiti
(task
based)
àdi
tipo
reticolare.
Basato
su
compiti,
cioè
su
attività
che
implicano
l’uso
della
lingua
(es.
compilare
una
tabella
in
base
alle
informazioni
contenute
in
un
testo).
Task:
compito,
attività
da
realizzare
in
classe,
in
cui
la
lingua
è
usata
con
scopo
comunicativo.
L’apprendimento
è
il
risultato
del
ricorso
a
meccanismi
naturali
di
acquisizione.
Il
compito
è
l’unità
di
base
delle
scelte
da
operare
sul
paino
pedagogico
nella
pianificazione
di
interventi
didattici.
Sono
individuabili
tre
orientamenti
nella
selezione
di
compiti
al
fine
della
costruzione
di
un
percorso
di
apprendimento.
Il
primo
ritiene
che
i
compiti
debbano
essere
scelti
a
partire
dalle
forme
linguistiche,
il
secondo
orientamento
considera
prioritaria
per
la
selezione
dei
compiti
la
connessione
con
il
mondo
reale,
che
consente
l’attivazione
della
negoziazione
dei
significati.
Il
terzo
orientamento
sostiene
l’importanza
della
naturalezza
del
compito,
ma
riconosce
il
ruolo
svolto
dal
focus,
cioè
dall’attenzione
rivolta
alle
forme
linguistiche,
nello
sviluppo
dell’interlingua.
Occorre
prevedere
segmenti
più
ampi
di
progettazione
costituiti
da
sequenze
di
compiti.
Una
volta
che
i
compiti
sono
stati
selezionati
ed
è
stata
ideata
una
sequenza,
è
necessario
volgere
l’attenzione
alle
scelte
operative,
relative
all’articolazione
del
compito
(pre
task,
post
task).
La
fase
di
preparazione
conduce
gradualmente
allo
svolgimento
del
compito.
Le
attività
della
fase
di
post
task
hanno
la
funzione
di
guidare
lo
studente
alla
riflessione
linguistica.
È
importante
attuare
cicli
di
monitoraggio,
che
implicano
l’autocontrollo
e
l’autovalutazione
degli
studenti
e
mirano
a
individuare
gli
apprendimenti
effettivamente
realizzati.
Fasi
della
progettazione
didattica
Qualunque
si
a
il
modello
di
progettazione
adottato,
vanno
considerati:
la
situazione
in
cui
si
realizza
il
corso,
i
bisogni
degli
apprendenti,
la
definizione
del
sillabo
(l’insieme
dei
contenuti
linguistici,
pragmatici,
sociolinguistici
e
culturali),
il
sistema
di
verifica
da
adottare
per
monitorare
il
processo
di
apprendimento
e
accertare
che
gli
obiettivi
siano
stati
conseguiti.
Una
volta
terminata
la
pianificazione
del
percorso
à
microprogettazione:
definizione
delle
modalità
operative
tramite
cui
conseguire
gli
obiettivi
individuati.
La
fase
conclusiva
della
progettazione
è
costituita
dalla
costruzione
delle
unità
didattiche,
dei
nuclei
progettuali,
dei
singoli
task
che
devono
essere
presentati
in
classe
o
dei
Learning
Object
da
implementare
su
una
piattaforma
per
la
formazione
a
distanza.
Sul
piano
del
contesto
operativo
nel
quale
si
realizza
il
corso
di
italiano,
devono
essere
prese
in
esame
variabili
quali:
-‐ specificità
dell’istituzione
in
cui
il
corso
viene
tenuto;
-‐ durata
complessiva
dell’intervento
didattico
e
scansione
degli
incontri
-‐ disponibilità
di
mezzi
tecnologici
-‐ caratteristiche
degli
spazi
in
cui
si
tengono
le
lezioni
Queste
variabili,
entro
una
certa
misura,
possono
essere
modificate,
mentre
quelle
legate
all’utente
costituiscono
precondizioni
da
cui
la
progettazione
del
percorso
didattico
deve
muovere
(es.
l’ambiente
socioculturale
degli
apprendenti,
+
età
degli
allievi,
il
livello
di
competenza
linguistico-‐comunicativa,
l’eventuale
conoscenza
di
lingue
straniere
e
la
precedente
esperienza
di
scolarizzazione.
Non
si
può
progettare
il
corso
di
italiano
senza
raccordarlo
con
quello
di
altre
lingue.
Il
QCER
raccomanda
di
non
procedere
a
progettazioni
separate
per
ciascuna
lingua.
Bisogno
di
chi
apprende
àpunto
di
partenza
per
la
specificazione
degli
obiettivi
di
apprendimento.
Due
tipologie
di
bisogni:
soggettivi:
necessità
relative
ai
singoli
apprendenti;
oggettivi:
derivati
dagli
scopi
e
dalle
mete
per
cui
la
lingua
viene
appresa.
L’identificazione
dei
bisogni
può
essere
effettuata
tramite
questionari
o
interviste.
L’analisi
dei
bisogni
può
essere
condotta
a
vari
livelli
di
generalità,
al
fine
di:
circoscrivere
i
domini
entro
i
quali
l’apprendente
userà
la
lingua
per
partecipare
a
situazione
di
comunicazione;
identificare
i
tipi
di
situazione
a
cui
prenderanno
parte;
individuare
l’organizzazione
dell’informazione
e
le
forme
linguistiche
impiegate
nei
tipi
di
testi
e
discorsi
che
dovranno
essere
in
grado
di
comprendere
e
produrre.
I
bisogni
da
soddisfare
con
l’intervento
didattico
riguardano
le
competenze
generali
dell’individuo,
il
suo
sviluppo
cognitivo,
la
sua
consapevolezza
interculturale
e
la
sua
capacità
di
apprendere
le
lingue.
La
definizione
del
sillabo
à
la
selezione
delle
forme
linguistiche
da
far
rientrare
nel
sillabo
può
essere
operata
sulla
base
delle
indicazioni
fornite
dall’analisi
dei
bisogni,
che
consentono
di
restringere
gli
elementi
da
includere
come
contenuti
del
corso.
Dall’analisi
dei
bisogni
possono
essere
tratte
indicazioni
anche
per
la
sequenziazione
dei
contenuti.
L’ordine
di
presentazione
può
essere
correlato
agli
obiettivi:
viene
presentato
prima
ciò
che
risulta
maggiormente
funzionale
ai
fini
comunicativi
nei
tipi
di
situazione
a
cui
gli
studenti
intendono
prendere
parte.
“Sillabi
proposizionali”
–
in
questa
categoria
si
collocano
i
sillabi
formali,
organizzati
secondo
criteri
linguistici
e
volti
soprattutto
al
raggiungimento
dell’accuratezza
nella
produzione,
e
i
sillabi
funzionali,
che
selezionano
e
sequenziano
i
contenuti
in
relazione
alle
esigenze
linguistiche
degli
apprendenti.
Sillabi
procedurali
–
costruiti
secondo
categorie
linguistiche
e
le
decisioni
inerenti
i
contenuti
e
l’organizzazione
sono
prese
dall’insegnante.
Sillabi
processuali
–
l’apprendente
è
coinvolto
nel
processo
decisionale
relativo
al
corso
di
lingua.
Questi
sono
sillabi
basati
sulla
negoziazione
tra
docente
e
studenti
delle
decisioni
relative
al
corso
di
lingua.
L’elaborazione
del
sillabo
processuale
non
può
essere
realizzata
con
tutti
i
profili
di
apprendenti.
Verifica
–
ogni
progetto
didattico
per
essere
completo
deve
prevedere
la
definizione
degli
strumenti
di
verifica
che
saranno
adottati,
i
criteri
di
valutazione
ai
quali
si
farà
riferimento
e
gli
indicatori
di
monitoraggio
che
saranno
considerati
rilevanti.
Nella
progettazione
per
sfondi
integratori
la
forma
di
verifica
adottata
è
quella
del
test
diffuso,
cioè
dell’osservazione
sistematica
dei
bambini
durante
lo
svolgimento
delle
attività
didattiche.
Accanto
alla
verifica
eterodiretta
dell’insegnante,
assume
un
ruolo
preminente
l’autovalutazione
da
parte
dell’allievo.
Progettazione
di
percorsi
di
apprendimento
online
–
la
progettazione
dell’intervento
didattico
nella
formazione
a
distanza
costituisce
un
requisito
imprescindibile.
L’insegnamento
della
lingua
online
avviene
in
larga
parte
con
l’ausilio
di
strumenti
tecnologici
di
comunicazione
asincrona
–
ambiente
di
apprendimento
virtuale.
Ciò
non
significa
che
non
possono
essere
apportate
modifiche
in
corso
di
svolgimento,
ma
le
correzioni
devono
essere
ridotte
al
minimo.
-‐
scelta
dell’infrastruttura
tecnologica;
-‐
caratteristiche
dell’ambiente
di
apprendimento
à
può
essere
pensato
con
gradi
diversi
di
interattività
e
possono
essere
privilegiate
forme
diverse
di
comunicazione
(la
comunicazione
uno
a
uno
tra
docente
e
studente,
quella
uno
a
molti
del
docente
che
si
rivolge
al
gruppo
o
alla
classe
virtuale,
quella
molti
a
molti
degli
studenti
che
collaborano
allo
svolgimento
di
attività);
-‐
individuazione
delle
figure
che
intervengono
nei
processi
di
progettazione,
produzione
ed
erogazione
del
corso
e
i
compiti
loro
assegnati
il
ruolo
della
verifica.
Nella
formazione
in
presenza
la
fase
di
progettazione
è
individuale,
mentre
in
quella
a
distanza
è
un
lavoro
di
équipe,
che
coinvolge
più
figure
professionali
(progettista
didattico
–
stesura
del
progetto;
i
realizzatori
di
materiali
didattici;
l’information
broker
–
che
ricerca
risorse
di
rete
da
collegare
tramite
link
ai
materiali
del
corso;
il
docente
esperto
di
insegnamento
dell’italiano,
che
gestisce
l’erogazione
del
corso;
il
tutor
– moderatore;
il
personal
trainer
–
che
gestisce
le
interazioni
uno
a
uno
con
gli
studenti)
à
alcune
di
queste
figure
possono
essere
gestite
da
una
stessa
persona.
CAPITOLO
10
MODELLI
OPERATIVI
Microprogettazione
à
pianificazione
dei
segmenti
in
cui
si
articola
il
macropercorso
ideato
dal
docente.
Unità
di
lavoro
à
iperonimo
in
grado
di
comprendere
ogni
forma
di
apprendimento
guidato
(condivisione
degli
sforzi
da
parte
di
entrambe
le
componenti
dell’intervento
–
il
lavoro
del
docente
e
dei
suoi
allievi).
Le
principali
tappe
dei
modelli
operativi
adottati
fino
ad
oggi
nel
campo
dell’insegnamento
della
seconda
lingua:
-‐
lezione:
dal
verbo
latino
legēre,
e
rimanda
alla
lettura
ex
catedra
(vaso
pieno
del
docente
–
vasi
vuori
degli
allievi,
da
riempire
con
le
conoscenze
del
docente).
I
manuali
di
lingua
straniera
più
direttamente
derivati
dal
concetto
di
lezione
presentano
un
percorso
a
tappe
di
tipo
deduttivo,
che
parte
dalla
regola
grammaticale,
ne
mostra
gli
esempi
e
procede
con
esercizi
e
letture,
per
poi
concentrarsi
sul
lessico.
Il
formato
della
lezione
è
entrato
in
crisi
nel
momento
in
cui
si
sono
affermate
nuove
teorie
sulla
lingua
e
sull’apprendimento.
In
realtà
la
lezione
è
ancora
fortemente
radicata
in
innumerevoli
contesti
di
apprendimento
guidato
,
perché
è
particolarmente
congeniale
nell’insegnamento
in
presenza
quando:
-‐ la
classe
è
composta
da
un
gruppo
numeroso
di
persone
con
competenze
omogenee
e
obiettivi
comuni;
-‐ l’insegnamento
delle
altre
discipline
adotta
questo
modello;
-‐ il
docente
non
di
madrelingua
non
dispone
della
fluenza
orale
necessaria
a
coinvolgere
la
classe
in
attività
realizzate
esclusivamente
nella
lingua
di
apprendimento;
-‐ il
docente
(di
madrelingua
e
non)
si
pone
l’obiettivo
di
fornire
spiegazioni
in
maniera
strutturata,
sintetica
e
ragionata;
La
dimensione
frontale
dell’insegnamento
viene
però
a
caratterizzare
anche
contesti
di
apprendimento
guidato
a
distanza
quando:
-‐ l’insegnamento
avviene
in
videoconferenza;
-‐ l’insegnamento
si
basa
su
videoregistrazioni
da
trasmettere
in
tempi
e
con
modalità
diverse;
-‐ l’interazione
online
viene
gestita
da
un
tutor
che
fornisce
soprattutto
feedback
collettivi
sotto
forma
di
interventi
scritti
rivolti
a
tutto
il
gruppo
degli
studenti
che
appartengono
alla
classe
virtuale;
Il
formato
della
lezione
presenta
vari
limiti,
tra
cui
quello
di
non
poter
fornire
quell’input
interattivo
e
modificato
(nell’approccio
della
didattica
delle
lingue
moderne
di
tipo
comunicativo).
Nella
letteratura
specialista
del
settore
è
quasi
scomparso
ogni
riferimento
alla
lezione
come
formato
didattico
attuale
e
applicabile
con
successo
alle
lingue
moderne
in
classe.
Se
per
lezione
si
intende
un’unità
di
tempo,
è
possibile
recuperare
in
un’accezione
meno
limitativa
questo
termine,
per
indicare
le
scelte
operative
del
docente
in
relazione
alla
gestione
della
classe,
ai
testi
da
proporre
e
alle
tecniche
didattiche
per
utilizzarli.
à
La
lezione
(o
incontro/lezione)
indica
l’incontro
interattivo
tra
docente
e
allievi
in
classe,
ne;;’ambito
di
un
progetto
formativo.
-‐
unità
didattica:
anni
Ottanta
–
teoria
della
gestalt
(descrive
la
percezione
come
globalità-‐analisi-‐sintesi).
Le
teorie
gestaltiche
affermano
l’esistenza
di
processi
mentali
innati
che
organizzano
la
percezione
in
unità
coerenti
che
il
soggetto
individua
in
base
alle
loro
caratteristiche
comuni.
Una
forma
(in
tedesco
‘gestalt’)
è
considerata
un’organizzazione
che
non
può
essere
ricondotta
alla
somma
degli
elementi
che
la
costituiscono.(es.
vado
di
Rubin
à
si
possono
vedere
alternativamente
un
vaso
o
due
profili:
l’interpretazione
mentale
non
può
basarsi
solo
sulle
singole
parti,
ma
deve
considerare
l’insieme,
alternando
cosí
le
possibili
interpretazioni
visive).
Modello
di
unità
didattica,
ideato
da
G.
Freddi
negli
anni
Sessanta
–
il
tempo
dedicato
al
raggiungimento
degli
scopi
dell’UD
si
dilata
oltre
l’incontro
con
il
docente
e
va
a
coinvolgere
anche
le
attività
extrascolastiche.
L’UD
si
articolerà
nelle
3
fasi
fondamentali
di
un
approccio
olistico
e
induttivo
al
testo
e
ai
materiali
didattici:
-‐globalità:
comprensione
generale
dell’argomento
(esplorazione
del
cotesto
e
del
paratesto);
-‐analisi:
esplorazione
del
testo
nelle
sue
caratteristiche
linguistiche
,
testuali,
pragmatiche,
culturali;
-‐sintesi:
attività
di
reimpiego
delle
strutture
e
dei
contenuti
incontrati
nel
testo
(esercizi
di
manipolazione
o
ripetizione),
allo
scopo
di
fissare
o
di
riutilizzare
creativamente
i
contenuti
linguistici
e
culturali
analizzati);
Queste
tre
fasi
sono
precedute
da
una
fase
iniziale
di
motivazione
(attività
di
brainstorming
per
elicitare
conoscenze
già
possedute
dagli
allievi)
e
sono
seguite
da
una
fase
finale
di
riflessione
(si
sistematizzano
i
fenomeni)
e
controllo
(il
docente
verifica
se
gli
obiettivi
glottodidattici
prefissati
sono
stati
raggiunti
e
in
caso
affermativo
si
passa
all’UD
successiva).
Danesi
(italianista)
à
UD
bimodale:
gli
esseri
umani
elaborano
i
messaggi
utilizzando
le
diverse
modalità
che
caratterizzano
i
due
emisferi
cerebrali:
quello
destro
percepisce
meglio
il
contesto
del
messaggio
piuttosto
che
i
singoli
elementi
al
suo
interno;
l’emisfero
sinistro
percepisce
meglio
i
singoli
elementi.
Quando
il
soggetto
entra
in
contatto
con
uno
stimolo
nuovo
attiva
inizialmente
le
modalità
dell’emisfero
destro,
poi
intervengono
le
modalità
dell’emisfero
sinistro,
infine
si
attiva
la
fase
intermodale,
in
cui
entrambi
gli
emisferi
entrano
in
gioco
per
utilizzare
in
maniera
autonoma
le
informazioni
derivate
dallo
stimolo.
UD
–
modello
potente
e
di
facile
applicazione,
ma
presenta
anche
dei
limiti:
-‐ riflette
soprattutto
la
prospettiva
del
docente;
-‐ la
realizzazione
delle
sue
varie
fasi
si
rivela
spesso
di
rigida
applicazione;
-‐ non
è
applicabile
facilmente
nel
caso
di
realtà
di
insegnamento
caratterizzate
dall’oscillazione
delle
presenze;
Il
modello
dell’UD
resta
valido
nella
misura
in
cui:
-‐ mette
a
fuoco
a
necessità
di
tenere
conto
dei
processi
mentali
implicati
nell’acquisizione/apprendimento
della
L2;
-‐ rende
conto
del
fatto
che
l’acquisizione
della
l2
non
avviene
solo
nell’incontro
con
il
docente,
ma
ha
bisogno
anche
di
attività
di
lavoro
autonomo
o
da
svolgere
in
contesto
extrascolastico;
-‐ contiene
in
sé
l’idea
del
carico
di
lavoro
documentabile.
Nel
suo
saggio
sull’italiano
L2
nella
prospettiva
del
QCER,
Vedovelli
parla
di
modelli
operativi:
si
afferma
il
concetto
di
unità
didattica
centrata
sul
testo,
inteso
come
unità
fondamentale
della
comunicazione.
Il
testo,
o
input
testuale,
offre
modelli
di
lingua,
esempi
di
usi
comunicativi,
di
variabili
sociolinguistiche
e
pragmatiche,
di
generi
e
tipologie
testuali;
fornisce
occasioni
di
analisi
e
stimoli
per
la
discussione,
fornisce
occasioni
di
analisi,
esercitazione
e
riflessione
di
tipo
metalinguistico
e
metaculturale.
Ogni
messaggio
che
si
produce
in
classe
entra
a
far
parte
di
una
rete
di
interazioni
orali
e
scritte
che
rappresentano
per
gli
allievi
terreno
di
coltura
per
lo
sviluppo
della
propria
interlingua.
-‐
Unità
di
apprendimento
àunità
minime,
da
non
confondere
con
le
unità
didattiche,
che
sono
composte
spesso
da
varie
unità
di
apprendimento.
L’unità
minima
può
durare
da
pochi
minuti
a
un’ora.
Attraverso
le
attività
in
classe,
nelle
fasi
di
analisi,
sintesi,
riflessione,
si
attivano
quelle
UDA
che
costituiscono
i
fenomeni
mentali
del
processo
che
ogni
studente
realizza
a
modo
proprio,
riorganizzando
i
saperi
precedenti
in
base
alle
nuove
conoscenze
e
competenze
acquisite.
Le
attività
di
analisi-‐sintesi-‐
riflessione
guideranno
queste
UDA
verso
la
trasformazione
dell’input
in
intake
e
quindi
in
una
nuova
competenza.
Le
UDA
non
sempre
si
attivano
secondo
la
sequenza
prevista
dal
docente,
che
può
solo
sollecitarle.
Il
modello
fondamentalmente
deterministico
dell’UD
viene
sostituito
dal
modello
non
deterministico
dell’UDA,
in
cui
una
serie
di
variabili
è
legata
al
docente,
ma
in
cui
sono
fondamentali
anche
i
fattori
individuali
degli
apprendenti.
-‐
i
Learning
Object
–
l’idea
nasce
in
campo
informatico
ed
è
basata
su
componenti
(object)
indipendenti
l’uno
dall’altro,
che
possono
essere
riassemblati
in
modo
diverso
e
riutilizzati
in
contesti
nuovi,
secondo
nuove
esigenze
di
apprendimento.
In
informatica
un
LO
è
un
vero
e
proprio
oggetto
riutilizzabile
per
l’apprendimento.
(riutilizzabile,
rintracciabile,
composta
da
un
certo
numero
di
pagine
web
che
combinano
testi,
immagini,
e
altri
media
audiovisivi).
Si
definisce
LO
ogni
entità
digitale
o
non
digitale
che
può
essere
riutilizzata,
o
indicata
come
riferimento
durante
l’apprendimento
supportato
dalle
nuove
tecnologie.
Si
tratta
di
una
risorsa
didattica:
-‐
modulrae
(cioè
autonoma
e
indipendente);
-‐
digitale
(erogabile
anche
a
distanza);
-‐
condivisibile
(utilizzabile
da
più
piattaforme
e
in
diversi
formati);
-‐
facilmente
reperibile
o
rintracciabile
in
rete;
-‐riutilizzabile
Più
LO,
collegati
fra
loro
secondo
sequenze
diverse,
permettono
di
costruire
percorsi
di
apprendimento
personalizzati
e
di
rispondere
ai
bisogni
di
ogni
utente
senza
costi
aggiuntivi.
Disporre
di
una
serie
di
LO
può
rappresentare
un
utile
sussidio
all’apprendimento
spontaneo
o
guidato
della
L2:
può
trattarsi
di
una
serie
di
icone
su
cui
cliccare
per
ottenere
il
nome
o
la
descrizione
dell’immagine,
di
un
filmato
con
trascrizione
del
dialogo
e
domande
di
comprensione,
di
un
testo
con
attività
specifiche
per
un
determinato
obiettivo
di
apprendimento.
-‐ il
Modulo
à
dalla
fine
del
XX
secolo
(dal
latino
modulus
–
modus
=
misura).
È
una
parte
significativa,
altamente
omogenea
ed
unitaria,
di
un
più
esteso
percorso
formativo,
disciplinare
o
pluri,
multi,
interdisciplinare
programmato.
Per
modulo
si
intende
un
percorso
tematicamente
organico
che,
per
esempio
in
ambito
storico
o
filosofico,
può
riguardare
un
periodo
o
una
corrente
di
pensiero
accomunati
da
determinati
eventi
o
caratteristiche.
Le
se
specificità:
-‐ -‐
autonomia:
sezione
autosufficiente
di
un
insieme
di
contenuti;
-‐ flessibilità:
un
modulo
più
essere
composto
da
più
UD;
-‐ raccordabilità:
la
successione
fra
moduli
può
essere
obbligata
o
opzionale;
-‐ complessità:
un
modulo
deve
basarsi
su
ambiti
comunicativi
complessi;
-‐ valutabilità:
un
modulo
deve
essere
valutabile
nel
suo
complesso
o
nelle
sue
parti.
-‐
-‐Unità
di
lavoro
à
micropercorso
di
apprendimento
guidato,
unitario,
in
sé
concluso,
valutabile,
accreditabile.
Si
sviluppa
in
3
fasi
sequenziali:
introduzione,
svolgimento,
conclusione.
Possiamo
usare
UDL
come
iperonimo
di
unità
didattica,
unità
didattica
bimodale,
unità
di
apprendimento,
unità
didattica
centrata
sul
testo.
-‐UDL
come
lavoro
condiviso
(idea
di
negoziazione
degli
obiettivi
e
dei
odi
per
raggiungerli
à
importanza
dell’equilibrio
fra
il
lavoro
del
docente
e
quello
dell’apprendente).
-‐UDL
come
percorso
unitario
e
in
sé
concluso;
-‐UDL
come
realizzazione
progettuale:
il
docente
dovrà
selezionare
le
attività
più
adatte
al
contesto,
decidendo
il
modo
in
cui
suddividere
l’UDL
o
aggregarla
ad
altre.
Di
questa
dimensione
progettuale
fanno
parte
le
scelte
relative
a
:
•
formati
didattici
e
gestone
della
classe;
• sfruttamento
dei
testi;
• organizzazione
delle
attività
e
dell’interazione;
• costruzione
dei
materiali
didattici;
• progettazione
e/o
sfruttamento
dei
LO
per
l’autoapprendimento;
• controllo
delle
attività
per
il
raggiungimento
degli
obiettivi;
• input,
feedback
e
gestione
dei
processi
psicocognitivi;
-‐ UDL
come
valorizzazione
dell’apprendimento
guidato.
Il
docente
deve
fare
la
differenza
(tra
apprendimento
spontaneo
e
guidato)
attraverso:
• L’incontro
con
il
testo
ottimizzato
grazie
a
specifici
strumenti
linguistici
e
cognitivi
per
analizzarlo;
• Un
percorso
induttivo
guidato
dal
docente;
• Una
progettazione
gestita
responsabilmente
dal
docente;
• L’attenzione
rivolta
all’apprendente
e
alle
sue
caratteristiche
individuali.
È
possibile
prevedere
la
sua
realizzazione
almeno
in
tre
formati
basati
sull’interazione
fra
docente
e
allievi:
1. il
formato
dell’incontro/lezione
2. il
formato
dell’unità
didattica
3. il
formato
del
modulo
Per
garantire
l’unità
logica
dell’UDL
è
indispensabile
l’organizzazione
in
tre
momenti
sequenziali:
1. fase
di
introduzione/motivazione/attivazione/organizzazione
preventiva
2. fase
di
svolgimento;
3. fase
di
conclusione
(output
comunicativo
degli
studenti).
L’apprendimento
orientato
all’azione
rappresenta
la
via
preferita
dal
QCER
nell’ambito
dell’approccio
comunicativo.
CAPITOLO
11
COMUNICAZIONE
DIDATTICA
E
GESTIONE
DELLA
CLASSE
L’apprendimento
guidato
di
una
lingua
non
materna
non
può
ridursi
alla
sola
trasmissione
del
sapere
metalinguistico
o
all’analisi
consapevole
del
funzionamento
della
lingua
e
della
cultura.
Le
interazioni
che
avvengono
nel
contesto
della
classe
rappresentano
un
microcosmo
di
socialità
con
funzioni
e
regole
di
comportamento
precise.
Classe
à
luogo
fisico
in
cui
avviene
l’apprendimento
guidato
(‘grupo
classe’).
Contesto
di
scambi
sociali
che
i
soggetti
sviluppano
in
rapporto
a
un
generale
intento
di
apprendimento.
-‐ organizzazione
dei
flussi
di
parlato
-‐
si
può
considerare
l’interazione
in
classe
come
un
insieme
di
relazioni
potenziali.
A
livello
qualitativo
si
possono
alternare
momenti
di
interazione
asimmetrica
(es.
il
docente
che
spiega)
a
momenti
di
interazione
fra
pari
o
con
tipi
di
asimmetria
diversi.
A
livello
quantitativo
si
possono
verificare
tempi
diversi
di
gestione
dei
turni
di
parola.
Castellani
à
il
docente
può
organizzare
la
lezione
in
base
a
tre
modelli:
-‐ -‐
a
stella:
lezione
frontale,
monologo
del
docente
e
intervento
degli
studenti
con
presa
di
parola
non
libera;
-‐ a
reticolo:
interazione
collettiva
con
presa
di
parola
libera
da
parte
del
docente
e
degli
studenti;
-‐ a
isolotti:
lavori
di
gruppo
e
intervento
del
docente
solo
su
richiesta
degli
studenti.
L’interazione
nella
classe
di
L2
secondo
i
diversi
approcci
glottodidattici
Il
formato
didattico
scelto
dal
docente
comporta
delle
conseguenze
sulla
densità
comunicativa.
Il
tipo
di
interazione
in
classe
cambia
anche
in
base
all’approccio
metodologico
adottato
dal
docente.
Silent
Way
à
il
docente
tende
a
restare
in
silenzio
per
favorire
a
produzione
dello
studente.
La
Suggestopedia,
al
contrario,
punta
molto
sul
potere
evocativo
w
suggestivo
della
voce
del
docente,
fortemente
modificata
soprattutto
a
livello
prosodico.
Total
Physical
Response
à
gli
ordini
verbali
in
L2
si
traducono
in
azioni
fisiche
degli
studenti.
Community
Language
Learning
à
il
docente
ricorre
secondo
la
necessità
alla
L1
o
alla
L2,
tenendo
conto
in
prima
istanza
dei
bisogni
del
docente.
Natural
Approach
à
fa
riferimento
più
esplicitamente
alla
necessità
di
modificare
l’input
in
L2
a
cui
è
esposto
l’apprendente:
sarà
possibile
un
progresso
nell’interlingua
solo
se
questo
input
conterrà
tutte
le
componenti
comunicative
(verbali
e
non
verbali).
Nei
metodi
che
siispirano
all’approccio
comunicativo
(
situazionale,
nozionale
-‐funzionale,
orientata
all’azione,
Project
work,
Strategic
Interaction,..)
il
parlato
del
docente
assume
le
diverse
sfaccettature
che
corrispondono
ai
diversi
ruoli
che
questi
può
rivestire
nel
contatto
con
gli
studenti.
Qualunque
sia
il
metodo
o
l’approccio
didattico,
è
innegabile
l’importanza
dell’interazione
fra
le
componenti
del
processo
didattico.
Balboni
esamina
le
variabili
in
gioco,
utilizzando
il
modello
di
analisi
del
discorso
di
Dell
Hymes,
noto
come
SPEAKING
model:
-‐ S
(Setting
and
Scene):
la
scena
culturale
in
cui
agisce
il
docente,
ma
anche
il
luogo
fisico
in
cui
avviene
l’interazione
(n
presenza
e
a
distanza);
-‐ P
(Participants):
i
partecipanti
e
i
loro
ruoli;
-‐ E
(Ends):
gli
scopi
e
gli
esiti
dell’apprendimento;
-‐ A
(Act
Sequence):
gli
atti
comunicativi
e
il
modo
in
cui
danno
forma
all’interazione;
-‐ K
(Key):
la
chiave
psicologica
del
discorso
(tono
e
modo
discorsivo
che
utilizza
il
docente),
che
può
accentuare
o
neutralizzare
in
parte
l’asimmetria
dei
ruoli;
-‐ I
(Instrumentalities):
gli
strumenti
didattici
per
la
classe,
che
determinano
anche
i
tipi
di
testo
e
i
modelli
linguistico-‐comunicativi
che
affiancano
l’input
del
docente;
-‐ N
(Norms):
le
norme
di
interazione
sociale
che
fanno
da
sfondo
alle
interazioni
comunicative
dei
partecipanti
(sono
solo
parzialmente
condivise,
nel
caso
in
cui
i
partecipanti
non
appartengano
tutti
alla
stessa
comunità
linguistica);
-‐ G
(Genre):
il
genere
comunicativo
che
emerge
nell’interazione
in
classe
(il
monologo
del
docente
nella
spiegazione
frontale,
le
sue
sollecitazioni
a
parlare,
le
sue
correzioni,
..).
Gli
studi
sull’interazione
in
classe:
I
primi
studi
sull’interazione
in
classe
risalgono
agli
anni
’40
del
secolo
scorso
negli
Stati
Uniti:
l’analisi
del
comportamento
degli
insegnanti
durante
le
lezioni
aveva
lo
scopo
prescrittivo
di
individuare
i
metodi
e
le
tecniche
di
insegnamento
più
produttivi;
Anni
’70:
ricerca
con
approccio
oggettivo
e
quantitativo
di
analisi,
basato
su
una
serie
di
comportamenti
predefiniti
del
docente,
da
rilevare
e
registrare
mediante
schede
di
osservazione
riempite
dal
valutatore
presente
in
classe;
Anni
80
à
ricerche
più
descrittive
e
accurate:
trascrizioni
del
parlato
à
analisi
della
conversazione
di
tipo
etnometodologico,
che
parte
dal
presupposto
che
ogni
interazione
sia
co-‐costruita
dai
partecipanti
in
base
a
norme
interazionali
implicite
o
esplicite,
parzialmente
o
totalmente
condivise.
Osservazione
dei
dati
spontanei
raccolti
in
loco,
in
modo
da
poter
interpretare
le
diverse
variabili
dell’intervento.
David
nunan
à
esistono
forti
divergenze
tra
il
Discourse
Analysis
e
la
Conversation
analysis.
Un
metodo
di
ricerca
intermedio
è
quello
dell’Interaction
Analysis.
In
italia
gli
studi
sull’interazione
in
classe
iniziano
alla
metà
degli
anni
’70.
Viene
privilegiata
un’analisi
a
posteriori,
che
permette
di
ricostruire
la
prospettiva
dei
partecipanti,
in
relazione
alle
variabili
del
contesto
e
tenendo
conto
dei
diversi
copioni
interazionali
nelle
diverse
culture.,
che
rappresentano
modelli
di
interazione
sociale.
Non
tutte
le
società
adottano
le
stesse
norme
di
comportamento
(es.
regole
di
cortesia,
durata
dei
convenevoli,
argomenti
tabù,..).
Formati
didattici
e
gestione
della
classe:
i
formati
didattici
in
cui
può
realizzarsi
l’interazione
in
classe
non
sempre
corrispondono
alla
situazione
tradizionale
della
lezione
che
vede
contrapporsi
il
docente
e
il
gruppo
classe.
Approccio
interazionista:
l’apprendiemnto
è
un
processo
sociale
che
avviene
grazie
all’interazione,
in
contesti
specifici,
con
strumenti,
artefatti
e
pratiche
situate.
Le
modalità
in
cui
si
realizza
oggi
la
didattica
della
l2
variano
in
base
alle
componenti
che
influenzano
l’atto
didattico:
-‐ il
canale
comunicativo;
-‐ le
tecniche
didattiche
usate;
-‐ il
numero
degli
studenti
coinvolti;
-‐ i
ruoli
degli
interlocutori;
-‐ il
formato
e
gli
obiettivi;
Le
diverse
combinazioni
fra
queste
componenti
danno
origine
a
una
pluralità
di
interazioni
possibili.
Nella
gestione
della
classe
di
L2
entrano
in
gioco
varie
dimensioni:
-‐ didattica:
organizzazione
dello
spazio
e
del
tempo
(interrogazioni,
spiegazioni,
istruzioni,
correzioni,
feedback);
-‐ psicologica:
tecniche
direttive/non
direttive,
gestione
dell’errore,
teoria
del
filtro
affettivo,
approcci
umanistico-‐affettivi,
multimodalità
dell’apprendimento
e
processi
mentali;
-‐ sociolinguistica
e
interazionale:
interazione
fra
pari,
interazione
asimmetrica;
-‐ interlinguistica
e
interculturale:
interazione
fra
parlanti
non
nativi,
e
fra
parlanti
nativi
e
non
nativi,
e
fra
non
nativi
che
non
condividono
la
stessa
cultura.
Interazione
asimetrica
e
fra
pari.
Caratteristiche
generali
dell’interazione
istituzionale
(costituite
da
fasi
con
funzioni
e
struttura
diversa,
di
cui
alcune
strettamente
legate
a
fini
istituzionali):
-‐ separazione
e
fissità
dei
ruoli
dei
partecipanti;
-‐ prevalenza
di
parlato
referenziale
(trasmissione
di
informazioni)
a
scapito
di
quello
interazionale
(in
cui
ad
es.
le
domande
hanno
il
compito
di
colmare
vuoti
informativi
degli
interlocutori);
-‐ rigidità
e
strutturazione
gerarchica
della
dislocazione
spaziale
(posizione
del
docente
alla
cattedra,
banchi
e
sedie
in
file
o
cerchio);
-‐ tendenza
alla
non
bidirezionalità
dei
flussi
del
parlato
(monologo
del
docente,
o
dello
studente
durante
l’interrogazione);
-‐ sistematica
violazione
delle
regole
di
cortesia
(gli
studenti
si
aspettano
e
accettano
che
il
docente
possa
realizzare
correzioni
esplicite);
-‐ presenza
di
un’agenda
nascosta
nota
solo
al
docente;
-‐ dipendenza
della
lingua
scritta
anche
nella
lingua
orale
(lettura
ad
alta
voce);
-‐ importanza
della
lingua
in
classe;
-‐ uso
di
microlingue
(con
il
lessico
specifico
della
scuola0;
-‐ situazione
comunicativa
tendente
al
registro
formale;
-‐ specifiche
regole
nella
gestione
dei
turni
da
parte
del
docente;
-‐ strutturazione
prevedibile
di
frasi;
-‐ correzioni
esplicite
introdotte
dall’interlocutore;
-‐ pause
di
silenzio
prescritte
agli
studenti
(es.
mentre
il
docente
spiega)
o
vietate
(interrogazione);
-‐ intonazione
marcata
del
docente;
-‐ ricchezza
di
glosse
e
parafrasi
metatestuali
nel
parlato
del
docente;
-‐ struttura
interazionale
in
3
mosse;
-‐ caratteri
di
artificiosità
dell’interazione.
In
una
classe
di
L2
in
cui
il
docente
impieghi
il
modello
dell’unità
di
lavoro
il
docente
cercherà
di:
-‐ variare
i
propri
ruoli;
-‐ utilizzare
anche
il
parlato
interazionale
nelle
attività
dedicate
alla
conversazione
spontanea;
-‐ favorire
flussi
di
parlato
bidirezionale
con
presa
di
parola
libera;
-‐ variare
la
dislocazione
spaziale
della
classe;
-‐ gestire
in
modo
equilibrato
gli
obiettivi
didattici
e
le
regole
sociali
di
cortesia;
-‐ rendere
la
classe
partecipe
degli
obiettivi
e
delle
modalità
per
raggiungerli;
-‐ promuovere
momenti
di
interazione
spontanea
o
mediamente
controllata.
Alcuni
tratti
dell’interazione
in
classe
definiti
come
ricorrenti
sono
in
realtà
culturalmente
specifici.
Gli
studi
di
pragmatica
transculturale
hanno
dimostrato
che
eventi
comunicativi
analoghi
(come
l’interazione
didattica)
si
svolgono
in
modi
diversi,
in
quanto
da
cultura
a
cultura:
-‐ cambia
il
significato
pragmatico
attribuito
a
determinate
scelte;
-‐ cambiano
le
strategie
comunicative;
-‐ cambia
il
modo
di
gestire
la
cortesia;
-‐ il
ruolo
del
docente
può
essere
associato
a
un
maggiore
o
minore
prestigio.
La
pragmatica
studia
i
fattori
che
nell’interazione
sociale
governano
le
scelte
linguistiche
e
i
loro
effetti
sugli
altri:
è
il
livello
di
analisi
che
si
occupa
dell’uso
della
lingua
e
degli
effetti
su
questa
del
contesto.
La
pragmatica
transculturale
studia
il
modo
in
cui
le
modalità
pragmatiche
variano
da
cultura
a
cultura;
la
pragmatica
interculturale
studia
invece
i
fenomeni
che
si
verificano
quando
membri
appartenenti
a
culture
diverse
interagiscono
tra
loro.
Atti,
mosse
e
scambi
interazionali
Sinclair
e
Coulthard
(1975)
à
individuazione
della
struttura
a
tripletta
che
caratterizza
l’interazione
docente-‐allievo
e
che
prevede
tre
mosse
fondamentali:
1.apertura
dell’insegnante:
può
essere
una
domanda
o
l’attribuzione
del
turno
a
uno
studente
o
altro;
2.risposta
dello
studente;
3.prosecuzione
dell’insegnante.
Jamila
Boulima
à
ha
elaborato
un
modello
di
interazione
didattica
specifico
per
la
classe
di
lingua
straniera
(filias
–
Foreign
Language
Interaction
Analysis
System).
La
lezione
può
essere
scomposta
e
ricomposta
in
una
serie
di
atti,
mosse
e
scambi
interazionali
fra
docente
e
studenti.
Un
ATTO
è
l’unità
discorsiva
minima
dell’interazione
didattica.
Uno
o
più
atti
dannoluogo
a
una
‘mossa’
interazionale.
Più
mosse
organizzate
costiuiscono
uno
‘scambio’
comunictivo.
Una
serie
di
scambi
formano
una
‘sequenza’
interazionale.
Più
sequenze
interazionali
costruiscono
una
‘transazione’
interazionale,
cioè
una
delle
parti
di
cui
si
compone
una
lezione.
Caso
interessante:
la
correzione
orale
degli
errori
nella
classe
di
italiano
L2.
Riformulazione
o
recast
(è
rilevante
che
lo
studente
mostra
di
aver
percepito
il
proprio
errore
à
uptake:
mossa
che
segnala
un
processo
di
autoriflessione
che
sta
avvenendo
nella
mente
dello
studente).
Il
parlato
del
docente
nella
classe
di
italiano
L2
Non
sembra
esistere
un
rapporto
deterministico
fra
quantità/qualità
dell’input
e
successo
dell’apprendimento:
solo
l’adozione
di
un
modello
di
interazione
didattica
basato
sull’esposizione
a
un
input
modificato
e
interattivo
sembra
offrire
dei
vantaggi.
Modello
integrato
di
Susan
Gass:
Il
parlato
del
docente
di
L2
in
classe
è
rilevante.
Esso
è
caratterizzato
da
tratti
fondamentali:
fonicità
e
spontaneità.
È
volatile,
non
permanente
e
(in
apparenza)
meno
compatto
e
coeso.
Gli
studi
sociolinguistici
mettono
le
caratteristiche
formali
del
parlato
in
relazione
al
parametro
di
variazione
diamesico.
In
questa
prospettiva
il
parlato
risulta
determinato
da
alcune
modalità
di
codificazione
del
messaggio,
che
si
traducono
in
una
serie
di
fenomeni:
vedi
p.332-‐333-‐334.
Il
parlato
degli
insegnanti
rappresenta
una
varietà
di
lingua
orale
fortemente
condizionata
dalle
variabili
diafasiche
della
comunicazione,
legate
al
contesto
comunicativo
e
ai
reciproci
ruoli
degli
interlocutori.
Il
docente
può
dimostrare
il
suo
potere
interazionale
quando:
-‐ occupa
nel
parlato
più
tempo
della
controparte
più
debole;
-‐ produce
turni
più
lunghi
-‐ pone
un
numero
maggiore
di
domande
-‐ apre
e
chiude
l’interazione
-‐ introduce
cambiamenti
di
tema
-‐ utilizza
delle
tipiche
interazioni
pedagogiche
Interazioni
asimmetricheà
interazioni
comunicative
in
cui
non
si
realizza
fra
gli
interagenti
una
parità
di
diritti
e
doveri
comunicativi,
ma
i
partecipanti
si
differenziano
per
un
accesso
diseguale
ai
poteri
di
gestione
dell’interazione.
Foreigner
talk
à
indica
la
comunicazione
fra
nativo
e
non
nativo,
cioè
la
lingua
con
cui
i
nativi
interagiscono
con
gli
stranieri.
Varietà
diafasica,
determinata
dall’interlocutore.,
con
caratteristiche
comuni
ad
ogni
lingua
(vocabolario
di
base,
strutture
sintattiche
semplici).
Es.
baby
talk
(omissione
di
elementi
grammaticali,
espansione
di
elementi
grammaticali
–
es.
uso
ridondante
dei
pronomi,
..).
Il
docente
di
L2
come
modello
comunicativo
Nella
classe
di
L2
si
sommano
due
dimensioni,
quella
del
foreigner
talk
e
quella
del
teacher
talk
àevita
le
forme
substandard
volontarie,
risulta
meno
grossolanamente
calibrato
sulle
reali
competenze
degli
ascoltatori,
usa
strategie
e
strumenti
pedagogici.
Il
teacher
talk
è
una
varietà
di
lingua
semplificata
impiegata
dal
docente
nell’intento
di
rendere
il
proprio
discorso
comprensibile
e
allo
scopo
di
facilitare
l’apprendimento
della
disciplina.
Nel
caso
del
docente
di
L2,
l’obiettivo
è
anche
quello
di
fungere
da
modello
per
la
comunicazione
orale.
Strategie
verbali
che
il
docente
di
L2
utiliza
per
facilitare
la
comprensione:
-‐ uso
chiaro
di
marcatori
del
discorso
-‐ ripetizione
dei
concetti
più
importanti
-‐ esempi
concreti
-‐ riassunti
-‐ definizioni
-‐ spiegazione
di
significati
-‐ riciclo
del
lessico,
sinonimi
e
parafrasi
-‐ riformulazioni
-‐ richiesta
di
comande
-‐ rallentamento
dell’eloquio
-‐ scansione
chiara
delle
parole
-‐ enfasi
sui
punti
più
importanti
del
discorso
mediante
picchi
intonativi.
Il
tipo
di
input
a
cui
sono
esposti
gli
studenti
nelle
diverse
realtà
di
insegnamento
è
caratterizzato
da
alcune
tecniche
didattiche
e
discorsive
ricorrenti:
-‐ uso
di
ndicatori
fatici
tipici
della
lingua
parlata,
che
danno
una
sembianza
di
interattività
al
formato
monologico
dell’intervento
orale
del
docente;
-‐ uso
di
mitigatori
che
rispecchiano
una
tipica
caratteristica
pragmatica
dell’interazione
faccia
a
faccia
(es,
uso
del
noi
che
mitiga
l’uso
dell’imperativo
–
facciamo
questo
esercizio
vs
fate
questo
esercizio);
-‐ uso
di
codici
non
verbali
con
finalità
espressive
e
chiarificatrici
(i
gesti,
i
tono
della
voce
più
alto,
..);
-‐ uso
di
strategie
di
trasparenza,
basate
su
fenomeni
di
riduzione
o
di
elaborazione
del
discorso.
Nell’accezione
comune,
la
verifica
indica
l’atto
di
accertare
l’esistenza,
l’autenticità
e
la
validità
di
un
fatto
mediante
opportune
prove.
(valutazione
–
dare
valore;
certificare
–
certificazione).
VERO
–
VALIDO
–
CERTO
Università
per
Stranieri
di
Siena
–
Università
per
Stranieri
di
Perugia
–
Università
Roma
Tre
à
sono
le
tre
università
che
dagli
anni
novanta
si
occupano
della
ricerca
e
della
gestione
delle
certificazioni
di
italiano
L2
diffuse
in
Italia
e
nel
mondo
(CILS,
CELI,
IT).
Vantaggi
della
verifica
e
della
valutazione
linguistica
in
L2
Scopo
primario
delle
operazioni
legate
alla
verifica
e
alla
valutazione
linguistica
in
L2:
rendere
conto
di
quali
conoscenze
o
competenze
in
L2
possiede
o
ha
acquisito
un
soggetto.
Le
operazioni
di
verifica
e
di
valutazione
permettono
all’apprendente
di
acquisire
consapevolezza
e
presa
di
coscienza
dei
propri
punti
di
forza
e
debolezza.
Il
docente
ha
la
possibilità
di
scoprire
ciò
che
gli
alunni
hanno
imparato,
mediante
il
monitoraggio
dei
risultati
dell’apprendimento
e
dell’efficacia
dell’insegnamento.
Limiti
della
verifica
e
della
valutazione
linguistica
in
L2
Anni
’60
àil
testing
di
matrice
strutturalista
era
costruito
con
prove
basate
su
frasi,
mirate
a
verificare
un
aspetto
particolare
della
lingua.
Anni
’70
à
le
teorie
sociolinguistiche
e
psicolinguistiche
promuovono
l’avvento
di
un
nuovo
genere
di
testing
pragmatico,
con
prove
basate
sui
testi,
intesi
come
unità
minime
di
comunicazione,
per
verificare
le
abilità
linguistiche
singole.
Anni
’80
à
forme
di
testing
comunicativo,
in
cui
l’obiettivo
è
la
misurazione
delle
competenze
linguistico-‐comunicative,
caratterizzate
da
una
maggiore
complessità
e
indeterminatezza.
Novità
del
QCER
à
la
graduabilità
della
valutazione.
Obiettivo:
trovare
un
equilibrio
fra
l’indeterminatezza
dell’oggetto
da
valutare
(la
lingua)
e
l’esplicitezza
delle
forme
della
misurazione.
Le
diverse
modalità
di
verifica
e
valutazione
linguistica
in
L2
I
test
linguistici
possono
essere
classificati
in
base
allo
scopo,
alla
funzione,
al
momento
della
somministrazione,
alle
modalità
di
verifica,
ad
abilità
e
conoscenze
da
verificare
e
alle
modalità
di
correzione
e
attribuzione
del
punteggio.
SCOPO:
i
test
di
profitto
(achievement
test)
si
riferiscono
ai
contenuti
e
agli
obiettivi
di
un
corso.
Il
loro
scopo
e
verificare
se
l’input
linguistico
e
il
materiale
didattico
presentato
sono
stati
capaci
di
attivare
i
processi
di
apprendimento
previsti;
i
test
di
livello
(placement
test);i
test
di
competenza
generale
(proficiency
test)
hanno
lo
scopo
di
misurare
il
grado
di
autonomia
comunicativa
di
un
soggetto
in
relazione
a
particolari
situazioni
o
contesti
d’uso
della
lingua,
indipendentemente
dal
percorso
di
apprendimento.
FUNZIONE:
i
test
diagnostici
permettono
di
individuare
punti
deboli
e
punti
di
forza
dello
studente
per
decidere
le
modalita
di
rinforzo
da
mettere
in
atto;
i
test
di
attitudine
misurano
specifiche
capacita
di
apprendimento
di
un
soggetto.
MOMENTO
DELLA
SOMMINISTRAZIONE:
test
di
ingresso;
test
in
itinere
(diffusi
o
periodici);
test
finali.
ABILITA
E
CONOSCENZE
DA
VERIFICARE:
prove
fattoriali
(partono
dall’assunto
che
la
competenza
comunicativa
sia
frazionabile
e
che
si
possano
valutare
separatamente
le
varie
componenti
di
una
lingua;
prove
integrate
(testano
il
soggetto
nella
sua
capacita
di
svolgere
un
compito
attraverso
le
proprie
competenze
linguistico
comunicative,
mettendole
in
relazione
con
le
variabili
contestuali
per
interpretare
testi
e
contesti
della
lingua
e
della
cultura
obiettivo.
FORMATO:
prove
di
riconoscimento
(mettono
in
gioco
le
abilita
di
comprensione
orale
e
scritta
nella
L2);
prove
di
produzione;
prove
di
interazione;
prove
di
mediazione;
prove
dirette
(permettono
di
verificare,
attraverso
l’osservazione
diretta
di
una
prestazione,
una
specifica
abilita);
prove
indirette.
INTERPRETAZIONE
DEI
RISULTATI:
prove
basate
sull’esecuzione
(simulazione
di
situazioni);
prove
basate
sula
norma
(la
prestazione
dello
studente
viene
valutata
in
base
a
quelle
di
coloro
a
cui
e
stato
somministrato
lo
stesso
test).
MODALITA
DI
CORREZIONE
E
ASSEGNAZIONE
DEL
PUNTEGGIO:
prove
oggettive
(a
risposta
chiusa,
con
attribuzione
predefinita
del
punteggio
in
base
alle
risposte
corrette);
prove
soggettive
(anche
se
spesso
la
soggettivita
viene
limitata
dall’uso
di
criteri,
scale
o
griglie
predefinite);
prove
semistrutturate
(su
compiti
precisi,
basate
su
elementi
forniti
premilinarmente)
–
risposte
brevi
a
domande
aperte,
riassunto
di
un
testo
dato..
Le
caratteristiche
di
una
prova
di
verifica
:
-‐ validita
e
adeguatezza
(deve
permettere
di
ricavare
dei
dati
significativi);
-‐ rappresentativita
e
adeguatezza
(un
input
troppo
esiguo
non
permette
di
valutare
la
comprensione);
-‐ affidabilità
o
attendibilità
(deve
poter
fornire
dati
simili
anche
se
somministrato
in
momenti
diversi)
-‐ fattibilità
(deve
essere
ragionevolmente
realizzabile);
-‐ capacità
di
discriminazione
(un
test
deve
essere
in
grado
di
individuare
le
capacita
differenziate
dei
candidati);
4
requisiti
genereali:
PACE
-‐ Pertinenza
–
se
un
test
riesce
a
verificare
tutti
gli
elementi
che
vuole
veramente
verificare;
-‐ Accettabilita
–
se
un
test
e
percepito
come
utile
da
entrambi
le
parti
in
gioco;
-‐ Comparabilita
–
se
il
test
offre
dati
che
permettono
di
paragonare
le
prestazioni
fornite
dallo
studente
in
momenti
diversi
del
suo
apprendimento;
-‐ Economicita
–
se
il
test
offre
un
rapporto
ottimale
fra
tempo
di
elaborazione,
tempo
di
correzione
e
i
parametri
di
valutazione.
Le
certificazioni
linguistiche
per
l’italiano
L2
Association
of
Language
Testers
in
Europe
(ALTE)
–
fondata
nel
1990.
Esistono
attualmente
per
ogni
lingua
europea
degli
enti
formativi
accreditati
per
l’elaborazione
di
test
per
la
certificazione
delle
competenze
linguistico–comunicative
nella
lingua
parlata
come
materna
nel
proprio
territorio
di
appartenenza.
1992
à
furono
varate
il
CILS
di
Siena
e
il
CELI
di
Perugia.
Alla
fine
dello
stesso
anno,
a
queste
2
vengono
affiancate
la
IT
di
Roma
Tre
e
la
PLIDA
della
Societa
Dante
Alighieri.
2013
–
Il
Ministero
degli
Affari
Esteri
italiano
ha
lanciato
il
progetto
Certificazione
Lingua
italiana
di
qualita
(CLIQ),
un
sistema
dic
etificazione
unificato,
realizzato
dai
4
enti
certificatori
(Siena-‐Roma-‐Perugia-‐Societa
Dante
Alighieri),
al
fine
di
permettere
all’Italia
di
disporre
di
un
marchio
di
qualita
linguistica
chiaramente
identificabile
dal
pubblico
straniero
desideroso
di
studiare
l’italiano.
A
queste
certificazioni
si
affiancano:
-‐ il
certificato
CLIP
(Conoscenza
dell’italiano
a
livello
professionale)
realizzato
per
la
Francia
dalla
Camera
di
Commercio
italiana
con
sede
a
Parigi;
-‐ il
certificato
UNIcert,
destinato
agli
studenti
dei
centri
linguistici
delle
universita
della
Germania.
Le
certificazioni
glottodidattiche
per
l’italiano
L2
Local
Examination
Syndicate
dell’Universita
di
Cambridge
(UCLES)
–
nel
1988
introduce
i
primi
certificati
di
didattica
dell’inglese,
seguiti
poi
da
altre
sperimentazioni
per
il
tedesco,
lo
spagnolo
e
il
francese.
Nel
1994
nasce
il
DITALS
(a
Siena),
sperimentata
inizialmente
all’estero,
poi
in
Italia.
Nel
2003
la
Ca
Foscari
di
Venezia
crea
un
proprio
centro
per
la
formazione
dei
docenti
(Laboratorio
Itals),
che
elabora
altre
certificazioni
glottodidattiche
per
l’italiano
L2
(CEFILS,
CEDILS),
e
successivamente
anche
l’universita
di
perugia
(DILS-‐PG).
L’autovalutazione
All’inizio
degli
anni
90
parte
in
Svizzera
un
progetto
sulla
valutazione
e
autovalutazione
delle
competenze
nelle
lingue
straniere,
che
portera
all’elaborazione
di
una
serie
di
descrittori
in
base
ai
quali
individuare
le
competenze
linguistico-‐comunicativa,
strategica
e
interculturale
nella
L2
(descrittori
poi
inseriti
nel
QCER
e
utilizzati
anche
per
altri
progetti
come
il
PEL
–
Portfolio
europeo
per
le
lingue
à
obiettivo:
favorire
lo
sviluppo
del
plurilinguismo
e
del
pluriculturalismo.
Si
tratta
di
uno
strumento
paneuropeo,
destinato
a
chi
sta
imparndo
o
ha
imparato
1
o
piu
L2,
per
testimoniare
i
propri
saperi
certificati
e
le
proprie
esperienze
formative
in
ambito
linguistico).
Il
PEL
si
serve
di
3
documenti:
1.il
passaporto
linguistico:offre
una
panoramica
aggiornabile
delle
competenze
linguistiche
raggiunte
in
una
o
piu
L2;
2.
la
biografia
linguistica:
uno
strumento
diacronico
per
l’archiviazione
dei
traguardi
raggiunti
da
un
individuo
in
merito
alle
competenze
linguistiche
in
una
o
piu
lingue
straniere.
3.
il
dossier:
un
archivio
in
cui
il
soggetto
inserisce
i
certificati
e
gli
attestati
ottenuti
e
tuti
quei
documenti
che
dimostrano
le
competenze
linguistiche
e
le
esperienze
interculturali
accumulate
nel
tempo.
Altro
strumento
per
l’autovalutazione
delle
competenze
linguistiche:
il
DIALANG
(Diagnosis
of
Foreign
Language
Skills)
à
realizzato
con
l’appoggio
della
Commissione
Europeada
oltre
20
istituzioni
europee
coordinate
dall’Universita
di
Jyvaskyla
in
Finlandia,
allo
scopo
di
sviluppare
un
sistema
di
valutazione
di
tio
diagnostico
delle
competenze
linguistiche
e
di
fornire
un
supporto
online
agli
apprendenti.
Il
proetto
prevede
14
lingue
(tra
cui
l’italiano),
per
le
quali
sono
previsti
test
e
strumenti
di
autovalutazione.
Autovalutazione
delle
competenze
glottodidattiche
L’inizio
del
XXI
secolo
vede
emergere
l’interesse
per
l’autovalutazione
delle
competenze
dei
docenti
di
lingue
straniere.
2004,
à
Profilo
europeo
per
la
formazione
dei
docenti
di
lingue.
Un
quadro
di
riferimento.
Documento
realizzato
per
la
Commissione
Europea.
Esso
sintetizza
in
40
punti
chiave
un
quadro
di
riferimento
per
la
realizzazione
di
percorsi
e
materiali
per
la
formazione
dei
docenti
di
L2.
Nel
2007
viene
elaborato
il
Profilo
europeo
per
la
formazione
iniziale
dei
docenti
di
lingue.
Uno
strumento
di
riflessione,
realizzato
per
il
consiglio
d’Europa
da
un
gruppo
di
esperti
del
Graz
(European
Centre
for
Modern
Languages).
Questo
documento
permette
al
futuro
docente
di
valutare
le
proprie
competenze
glottodidattiche
(vedi
pag.
359).
Esso
e
suddiviso
in
tre
sezioni:
affermazioni
personali
(personal
statements
à
es.
si
chiede
di
riflettere
sulle
proprie
esperienze
personali
di
apprendimento
di
lingua
straniera,
sulle
proprie
aspettative,..);
autovalutazione
(self
assesment
à
si
fornisce
una
griglia
per
la
riflessione
sul
proprio
tirocinio);
dossier:
si
propone
al
futuro
docente
di
raccogliere
le
documentazioni
ricevute
durante
il
proprio
percorso
formativo.
La
Griglia
di
descrittori
EPG
(European
Profiling
Grid)
Iniziata
da
Brian
North
e
Galya
Mateva
di
EAQUALS
e
portata
a
compimento
nel
2013
grazie
a
un
cofinanziamento
della
Comunita
Europea.
Essa
si
articola
su
tre
fasi
di
sviuppo:
1.utente
basico
(il
docente
in
formazione,
non
ancora
qualificato,
ma
che
gia
lavora
come
docente
di
lingua);
2.utente
indipendente
(docente
inesperto)
3.utente
esperto
Ognuna
di
queste
tre
fasi
e
suddivisa
ulteriormente,
secondo
lo
stesso
schema
ad
albero
utilizzato
dal
QCER,
in
modo
da
coprire
tutti
e
6
i
livelli:
orizzontalmente
la
griglia
individua
progressivamente
le
fasi
di
sviluppo
dei
docenti
di
lingue,
verticalmente
permette
di
analizzare
per
ogni
livello
i
diversi
descrittori
divisi
in
4
aree:
1. formazione
e
qualifiche
(comprende
la
competenza
linguistica
nella
lingua
obiettivo,
la
formazione,
l’insegnamento
monitorato
e
valutato,
documentato
e
svolto
sotto
la
supervisione
di
un
mentor,
l’esperienza
di
insegnamento
della
lingua);
2. competenze
didattiche
fondamentali
(comprende
la
metodologia
relativa
alle
tecniche,
agli
approcci,
alle
teorie
sulla
lingua
e
sull’apprendimento;
la
verifica
e
la
valutazione,
la
progettazione
didattica,
l’interazione
–ossia
la
gestione
dei
lavori
di
gruppo
e
a
coppie
con
relativi
feedback);
3. competenze
generali
(interculturale,
la
consapevolezza
linguistica
–
capacita
di
dare
risposte
agli
studenti
sul
funzionamento
della
lingua,
competenze
informatiche);
4. professionalità
(comprende
la
condotta
professionale,
la
gestione
amministrativa).
Ciascuna
di
queste
aree
si
articola
a
sua
volta
in
sottosettori,
in
modo
da
individuare
13
ambiti
rilevanti
in
base
ai
quali
è
possibile
la
valutazione
e
l’autovalutazione
delle
competenze
glottodidattiche:
-‐l’area
dedicata
a
formazione
e
qualifiche
comprende
à
la
competenza
linguistica
nella
lingua
obiettivo;
la
formazione;
l’insegnamento
monitorato
e
valutato,
documentato
e
svolto
sotto
la
supervisione
di
un
mentor;
l’esperienza
di
insegnamento
della
lingua;
-‐l’area
dedicata
alle
competenze
didattiche
fondamentali
comprende
à
la
metodologia
(competenze
e
abilità)
relativa
alle
tecniche,
agli
approcci,
alle
teorie
sulla
lingua
e
sull’apprendimento;
la
verifica
e
la
valutazione,
ossia
la
capacità
di
gestire
le
operazioni
legate
alla
valutazione
delle
competenze
linguistiche
degli
allievi
(anche
in
riferimento
ai
livelli
e
ai
descrittori
individuati
dal
QCER);
la
progettazione
didattica,
cioè
la
capacità
di
progettare
lezioni
e
corsi);
l’interazione,
cioè
la
gestione
e
il
monitoraggio
della
classe
(interazione
docente
–classe/gestione
dei
lavori
di
gruppo
e
a
coppie,
con
relativi
feedback);
-‐l’area
dedicata
alle
competenze
generali
comprende
à
la
competenza
interculturale
(sensibilità
del
docente
verso
le
questioni
legate
allo
stretto
rapporto
fra
lingua
e
cultura,
e
la
sua
capacità
di
promuovere
anche
il
confronto
interculturale);
la
consapevolezza
linguistica,
che
riguarda
la
capacità
di
dare
risposta
agli
studenti
sul
funzionamento
della
lingua,
guidandoli
alla
scoperta
di
irregolarità
ed
eccezioni;
le
competenze
informatiche;
-‐l’area
dedicata
alla
professionalità
comprende
à
la
condotta
professionale
(impegno
individuale
nella
formazione
didattica
=
capacità
di
promuovere
la
propria
crescita
professionale
e
quella
dei
colleghi
meno
esperti);
la
gestione
amministrativa
(=capacità
di
svolgere
i
propri
doveri
istituzionali).
La
capacità
di
autovalutare
le
proprie
competenze
didattiche
è
un
obiettivo
che
ogni
docente
di
lingua
dovrebbe
perseguire
durante
tutto
l’arco
della
propria
carriera.
La
griglia
EPG
tenta
di
sintetizzare
le
numerose
variabili
del
ruolo
che
i
docenti
di
lingua
rivestono
nella
società,
degli
strumenti
a
loro
disposizione
e
delle
opportunità
di
formazione
che
si
apriranno
via
via.