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La sismologia è la branca della geofisica che studia i terremoti e la struttura interna della
Terra.
Lo studio dei terremoti e dell’interno della Terra si basa sulle onde sismiche.
Le onde sismiche sono onde generate dai terremoti stessi, siano essi eventi naturali oppure
artificiali provocati durante esplosioni.
A seconda della profondità a cui si verifica la rottura delle rocce, i terremoti si suddividono in:
● superficiali (fino a 70 km di profondità);
● intermedi (da 70 a 300 km);
● profondi (da 300 a 700 km).
Un elastico però non può essere allungato indefinitamente, perché a un certo punto si
rompe.
Questo tipo di comportamento, definito fragile, è proprio dei materiali che arrivano a rottura
dopo lo sforzo senza o con minime deformazioni plastiche.
Secondo la teoria del rimbalzo elastico, blocchi di roccia, sottoposti a tensioni prolungate,
si deformano lentamente, accumulando energia elastica, per poi fratturarsi all'improvviso
quando viene superato il carico di rottura.
Fu il sismologo Harry Fielding Reid a formulare la teoria del rimbalzo elastico.
Quando le rocce si fratturano l’energia elastica accumulatasi nel tempo si libera sotto forma
di calore e di intense vibrazioni che si propagano in tutte le direzioni.
Il periodo di ritorno è il tempo che intercorre mediamente tra due eventi sismici di una certa
intensità.
ONDE SISMICHE
L’energia che si libera durante un terremoto è diffusa attraverso le rocce circostanti mediante
onde sismiche.
In ogni corpo solido possono propagarsi due tipi di onde indipendenti tra loro:
● onde longitudinali;
● onde trasversali.
Le onde longitudinali sono le più veloci, sono dette anche onde prime o onde P e si
propagano sia all’interno dei solidi sia dei fluidi.
Le onde trasversali sono più lente, sono dette anche onde seconde o onde S e si
propagano solo all’interno dei solidi.
Un terzo tipo di onde, le onde lunghe, o onde L, si propagano solo sulla superficie
terrestre, partendo dall’epicentro.
Le onde lunghe o superficiali producono oscillazioni perpendicolari alla direzione di
propagazione che si smorzano con la profondità.
In un tipo di onde lunghe la superficie del terreno compie un movimento di rollio per cui ogni
particella compie un’orbita ellittica in un piano verticale, prima di tornare nella posizione di
riposo.
In un altro tipo di onde lunghe il terreno è scosso lateralmente, perpendicolarmente alla
direzione di propagazione, senza movimento verticale.
Le onde L causano le maggiori oscillazioni del terreno.
Quando l’epicentro del terremoto si trova in mare si possono generare maremoti o tsunami.
Un maremoto consiste nella formazione di onde marine molto alte, che possono inondare e
devastare vaste regioni costiere.
Ritardo, in minuti, tra tra i tempi di arrivo delle onde P e delle onde S
Il tempo che intercorre tra l’arrivo delle onde P e quello delle onde S ci fornisce la distanza
dell’epicentro.
Queste fasce sismiche coincidono con le dorsali oceaniche, le fosse oceaniche, le catene
montuose recenti, le regioni a elevata attività vulcanica e le zone continentali soggette a
incipiente separazione.
Le zone attive delimitano delle ampie aree che sono sismicamente inattive, asismiche.
A causa della continua mobilità delle placche litosferiche, il massimo della pericolosità
sismica è in corrispondenza dei margini di placca.
L’ampiezza massima registrata sul sismogramma e l’intervallo tra l’arrivo delle onde P e
quello delle onde S sono usati per calcolare la magnitudo del terremoto.
Un sismologo misura l’altezza dell’onda sismica più ampia e l’intervallo di tempo tra gli arrivi
delle onde P e delle onde S, dal quale si risale alla distanza dell’epicentro dalla stazione
sismica. Individuati i due valori (distanza e ampiezza) e congiungendo i punti così ottenuti, il
sismologo determina la magnitudo Richter del terremoto.
L’energia sprigionata durante le scosse più violente può superare di diversi ordini di
grandezza quella delle esplosioni atomiche.
Magnitudo e intensità possono essere correlate facendo riferimento alle loro equivalenze
medie.
5,4 6,5
6,1 7,5
6,8 8,5
7,5 10
8,2 11
8,9 12
È uno dei maggiori problemi che la comunità scientifica deve fronteggiare, ma molti anni
dovranno ancora passare prima che gli studi possano dare risultati concreti.
Prevedere un terremoto significa stabilire dove, come e quando esso si verificherà in una
determinata area della Terra.
Esistono due tipi di previsione:
● la previsione deterministica (a breve termine);
● la previsione probabilistica (a lungo termine).
La previsione probabilistica dei terremoti si basa sulla teoria del rimbalzo elastico e sulla
conoscenza storica della sismicità di una determinata area.
Permette di calcolare, a partire dall’ultimo evento, quanto tempo dovrà più o meno passare
prima che l’energia che continua ad accumularsi nelle rocce si liberi di nuovo bruscamente
sotto forma di onde sismiche.
La previsione statistica, pur non permettendo di stabilire con esattezza né dove, né quando
si verificherà il sisma, può servire a identificare quelle zone in cui è necessario procedere al
monitoraggio strumentale e all’attuazione di interventi di prevenzione.
Per una efficace politica di difesa dai terremoti è necessario effettuare una zonazione
sismica del territorio, cioè suddividerlo in aree a diversa sismicità.
La zonazione sismica deve poi essere seguita dall’elaborazione di norme tecniche che
regolano la realizzazione di nuovi manufatti e il recupero e consolidamento di quelli esistenti.
Una informazione rapida e precisa è fondamentale per organizzare i primi soccorsi nelle
zone colpite.
Con il termine rischio sismico si intende il rapporto tra la probabilità che avvenga un
terremoto e il costo in danni economici e in vite umane che questo può determinare.
Il rischio è traducibile nell’equazione: R = P x V x E
dove R è il rischio, P la pericolosità, V la vulnerabilità, e l’esposizione.
La pericolosità è la probabilità che un fenomeno di determinata intensità
si verifichi in un certo intervallo di tempo e in una data area.
La vulnerabilità di un elemento (persone, edifici, infrastrutture, attività economiche) è la
propensione a subire danneggiamenti in conseguenza di un evento di una certa intensità.
L’esposizione (o valore esposto) è il numero di unità (o valore) di ognuno degli elementi a
rischio, come vite umane o case, in una data area.