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OL DOINYO LENGAI

Ricerca Scienze: Vulcano

Alla base di questa ricerca c’è il vulcano Ol Doinyo Lengai, anche chiamato Oldoinyo
Lengai e monte Lengai in seguito, dopo averlo localizzato nel proprio contesto
geografico, fisico e geodinamico si studierà la composizione della sua tefra, le
caratteristiche geografiche della zona circostante, la storia eruttiva tenendo conto
del vulcanismo primario e secondario, segue la pericolosità, il rischio vulcanico; ed
infine si riportano alcune superstizioni delle popolazioni che vivono ai piedi del
Lengai e qualche curiosità.
1

Sommario
Localizzazione Geografica & Fisica................................................................................2

Localizzazione Geodinamica..........................................................................................2

Composizione Chimica dei Prodotti Eruttati.................................................................4

Caratteristiche Geografiche...........................................................................................5

Geologia del Cono Vulcanico.........................................................................................8

Storia Eruttiva & Situazione Attuale..............................................................................9

Vulcanismo secondario...............................................................................................11

Pericolosità..................................................................................................................11

Rischio Vulcanico.........................................................................................................11

Leggende & Superstizioni............................................................................................12

Curiosità.......................................................................................................................13

Sitografia......................................................................................................................14
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Localizzazione Geografica & Fisica


Il vulcano Ol Doinyo Lengai si trova nella zona
equatoriale della Great Rift Valley Africana; più
precisamente nel nord della Tanzania, un paese
nell’Africa orientale.
La regione della Tanzania in cui il monte è situato è la
Arusha, con omonimo capoluogo; più precisamente
nella parte nord dell’Area di Conservazione del
Ngorongoro (un altro vulcano a nord del Lengai).
1: Cartina raffigurante la Tanzania,
Alle pendici del vulcano, e in tutte le aree limitrofe, con la Regione Arusha evidenziata.
risiedono le popolazioni Masai, il popolo di origine
nilotica più celebre fra le etnie e le tribù africane.
Il vulcano è alto 2.962 m slm, 2.878 m sopra il lago Natron, ha la tipica forma conica
di uno stratovulcano ed ha coordinate 2°45′00″S 35°55′12″E.

Localizzazione Geodinamica
Il vulcano è situato sul ramo di Gregory (orientale)
della East African Rift System (EARS), che è un
complesso sistema di faglie con formazione ramificata
lungo una linea di congiunzione fra la placca Somala
(Oceano Indiano) e la placca africana/nubiana
(continentale) che si distende per circa 2 mila km
solamente nella parte africana (6 mila km totali) ed ha
un andamento divergente, infatti ogni frattura di
questa faglia può essere pensata come una frattura
della superficie terrestre che si allarga
progressivamente nel tempo, creando nuovi territori
fra una frattura e un’altra parallela alla prima.

2: La cartina mostra l'EARS, con la


distinzione fra Rift Occidentale e
Orientale (Gregory). Il tondo rosso
mostra la posizione del Oldoinyo Lengai.
3

Il processo di divergenza è tipico delle dorsali oceaniche e prende il nome di


“Rifting” (in questo caso “continentale”); questo permette agli scienziati di studiare
il processo di formazione di oceani prima che la formazione sia completata. Un
aspetto interessante dell'attività divergente
dell’astenosfera ha causato in corrispondenza
di tutta l’African Great Rift Valley un
assottigliamento della litosfera fino a uno
spessore di soli 20 km e quindi un inusuale
3: Schema che spiega la formazione della fossa
concentrazione di vulcani (Kilimangiaro, Ol tettonica della Rift Valley.
Doinyo Lengai, Erta Ale, etc.).

4: Paesaggi tipici del sistema di Rift in Africa.

Il monte Lengai si trova in una interessante e complessa zona a livello geodinamico,


infatti oltre all’unicità data dalla presenza della faglia divergente che forma le fosse
tettoniche e della vicinanza all’astenosfera, è anche presente una spaccatura che
divide la faglia in due rami a partire dalla regione di Afar (Etiopia) fino a
ricongiungersi nel Monzambico (sotto il Cratere della Tanzania).
Queste fratture seguono vecchie suture tra
antiche masse continentali che si sono scontrate
miliardi di anni fa e la divisione attorno alla
regione del Lago Vittoria si è verificata a causa
della presenza del Cratere della Tanzania (un
nucleo di antica e compatta roccia metamorfica),
dove la frattura non è riuscita a trovare altra
possibilità se non quella di dividersi.
Questi due rami insieme sono definiti East Africa 5: Cartina EARS con distinzione dei due
Rift (EAR), mentre parti del ramo orientale sono rami. Si nota inoltre che nella zona della
state in vari modi definite Kenya Rift o Gregory Rift Valley ci sono molti vulcani.
Rift. Le due filiali EAR sono spesso raggruppate
con l'Ethiopian Rift a formare l’East Africa Rift System (EARS).
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Il ramo occidentale, anche chiamato "Lago Albert Rift" o "Albertine Rift", contiene i
Grandi Laghi dell'Africa orientale (la fossa tettonica si è riempita d’acqua iniziando il
processo di formazione di un grande bacino idrico) e un ramo orientale (600 km più
a est dell’altro) che taglia in due all'incirca il Kenya da nord a sud su una linea
leggermente a ovest di Nairobi.
Inoltre, nella crosta terrestre immediatamente sotto al vulcano Lengai non ci sono
pennacchi di mantello (zone in cui il calore e il magma presente del mantello
profondo), che farebbero uscire un magma molto più caldo di quello che è
veramente (circa 500°), né zone di subduzione (dato che la faglia ha un andamento
divergente), ma solamente una maggiore vicinanza al mantello.

Composizione Chimica dei Prodotti Eruttati


L’Oldoinyo Lengai è l’unico vulcano attualmente attivo al mondo che erutta lava
carbonatica, molto insolita in quanto non è silicatica (non contiene SiO 2). Sebbene in
antichità il magmatismo carbonatico non era raro, oggi è presente solamente nel
Lengai e nelle dorsali medio oceaniche.
Infatti la maggior parte dei vulcani attivi emettono carbonio (C) esclusivamente
come anidride carbonica (CO2) e non come carbonatite (formata per la maggior
parte da ferro, calcio e magnesio). Questo perché i liquidi della carbonatite (Fe, Ca e
Mg) non sono stabili a bassa pressione e si rompono producendo la CO 2 presente in
tutte le emissioni vulcaniche. Ma il fatto che i liquidi possano esplodere si deve
all’insolita ed elevata presenza di sodio (Na), e proprio per questo motivo, le lave
Lengai sono dette natrocarbonatiche.
Un’altra particolarità chimica è la rarità dei minerali della natrocarbonatite, grazie ai
quali la lava del Lengai a contatto con l’acqua muta il proprio colore scuro (tendente
al nero) in bianco. Come è possibile?
Bisogna sapere che nella lava Lengai sono presenti principalmente i tre minerali in
forma di fenocristalli (rendendo la natrocarbonatite una roccia magmatica porfirica):
 Calcite (CaCO3).
 Nyerereite di carbonati di alcali (Na2Ca(CO3)2), con cristalli di forma prismatica,
che grazie agli alcali (sostanze che emettono ioni idrossido a contatto con H 2O)
fa diventare la lava bianca nel giro di poche settimane.
 Gregoryite (Na2CO3), con cristalli rotondi ovali, che contiene una maggior
quantità di Mg e Li (Litio) rispetto alla nyerereite.
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La lava natrocarbonatica è estremamente


fluida (dato lo scarsissimo contenuto di
silice) alle (relativamente) basse
temperature dell’eruzione del Lengai e
raggiunge l'incandescenza, ma la lucentezza
di essa è visibile solamente nelle ore
notturne.
Nonostante la natura altamente fluida della
lava, il vulcano ha avuto diversi tipi di 6: Foto notturna del Lengai mentre eruttava lava
eruzione, da quelle effusive/hawaiane alle natrocarbonatica.
esplosive/stromboliane. Questo è
probabilmente dovuto alla quantità di anidride carbonica che può essere dissolta nel
magma; infatti più anidride carbonica (o qualsiasi altro gas) è presente nel magma,
più è probabile che esploda in modo violento, indipendentemente dalla sua
viscosità.

Caratteristiche Geografiche
Il monte è situato a sud del Lago Natron (un particolare lago con acqua salina dal
colore rosso scuro), a nord del cratere Highlands e del Ngorongoro. Ad est sorge il
Kilimangiaro e ad ovest le pendici occidentali della Rift Valley.

7: Dalla foto si può vedere l'ambiente e la fauna della savana, e sullo sfondo il Kilimangiaro.
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Si trova nella zona settentrionale


dell’Area di Conservazione del
Ngorongoro, che pur non essendo
Parco Nazionale, è riconosciuto come
Patrimonio dell’Unesco (1978) e quindi
è uno spazio protetto in cui gli unici a
poterci vivere sono i 26 mila pastori
nomadi Masai con i loro animali da
allevamento. Ma oggi gli si è vietato il
nomadismo, quindi oltre
all’allevamento si concentrano anche
sull’agricoltura.
8: Cartina Geografica dell'Area di Conservazione di
L’ambiente e il clima che circonda Ngorongoro.
ampiamente il vulcano è quello della
savana: le stagioni durano 6 mesi ciascuna e si differenziano in umida e secca,
secondo ovviamente un criterio di piovosità. Di conseguenza flora e fauna si
concentrano nella savana solamente nella stagione umida, mentre nella stagione
secca la maggior parte degli animali migrano in regioni più umide o vanno in letargo,
la vegetazione è spoglia per tutta la stagione secca e sopravvivono solo alcune
piante (soprattutto le erbe), e anche i venti che soffiano sulla savana diventano più
forti e secchi. Tuttavia le temperature rimangono calde per tutto l’anno (dai 15°C ai
32°C), provocando spesso incendi che sono un grande pericolo per gli animali e le
piante.
Durante la stagione umida l’habitat è al suo massimo del vigore, infatti si possono
trovare erbe alte, bassi arbusti, pochi alberi distanti fra loro; questo probabilmente
è il paesaggio perfetto per gli animali erbivori (come zebre, antilopi, bufali, gnu,
elefanti, gazzelle di Thompson, rinoceronti, ippopotami e anche qualche giraffa),
però dove vivono gli erbivori, vivono anche i loro predatori (come leoni, leopardi,
ghepardi, sciacalli, iene, licaoni, uccelli predatori e serpenti velenosi come il mamba
nero). La natura in questo habitat sembra aver studiato tutto alla perfezione, infatti
ciascuna delle 40 specie di mammiferi che vivono nella savana ha una propria
preferenza di cibo, evitando l’estinzione completa di una determinata pianta (o
animale se il predatore è carnivoro).
Ma i mammiferi non sono l’unica fauna che riesce a vivere nella savana, infatti è
presente una grandissima varietà di insetti che sfruttano il suolo fertile e umido per
vivere: cavallette, coleotteri, formiche, termiti sono solo una piccola parte delle
migliaia di specie che vivono in questo habitat.
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Un altro fantastico aspetto della savana è che l’aria calda spinge verso l’alto, quindi
diverse specie di uccelli (aquile, falchi, poiane, etc.) sfruttano la spinta del caldo per
rimanere in aria senza affaticarsi troppo, nell’attesa di avvistare qualche preda.
Per quanto riguarda invece la flora, sono presenti molti tipi di erba (l’erba di Rodi,
quella rossa, quella di Bermuda e quella di elefante) che possono crescere anche
fino a 3 metri di altezza. I pochi alberi che riescono a sopravvivere al clima della
savana sono l’acacia e il baobab e altre poche specie che si sviluppano per la
maggior parte in altezza, dove solamente le giraffe riescono a raggiungere e
mangiare le loro foglie.
Queste poche specie di alberi si sono sviluppati delle difese per sopravvivere alla
siccità di 6 mesi o ai tanti erbivori che vivono nella zona, ovvero la perdita di foglie,
lo sviluppo di organi dove si mantiene la riserva d’acqua, le foglie con un cattivo
gusto (grazie a reazioni chimiche particolari), lo sviluppo di spine o coperture ed
addirittura (come fanno le acacie) un patto con le formiche aggressive, ovvero
l’albero offre un rifugio per le formiche, ed esse si impegnano a fare in modo che
nessun erbivoro si avvicini all’albero ed al loro riparo pungendolo in gruppi molto
numerosi. Tutte queste difese hanno costretto gli animali ad una specializzazione,
ovvero a mangiare ciò che riconoscono sicuro e senza copertura o spine.
Più specificatamente nell’Area di Conservazione del Ngorongoro la fauna più
singolare e famosa è quella del milione e mezzo di fenicotteri che migrano ogni anno
nella zona del lago Natron durante la stagione umida.
In Tanzania sono presenti numerosi laghi, i maggiori sono il lago Victoria, l’Amboseil,
il Tanganyka e il Nyasa con una superfice che va dai 68 mila km 2 del Victoria ai 30
mila km2 del Nyasa. La maggior parte di questi laghi sono situati sul ramo
occidentale della EARS.
Il monte Lengai si trova però nel ramo di
Gregory, e nella regione Arusha, quindi mi
limito a parlare delle acque presenti nelle
vicinanze del Oldoinyo Lengai. Nella porzione
occidentale della Regione di Arusha sono
compresi due principali laghi: il Lago Eyasi e il
Lago Natron (entrambi con circa mille km 2 di
superfice), che è nelle immediate vicinanze del
Lengai. 9: Foto che mostra il Lengai dal lago Natron.
8

Per quanto riguarda i fiumi, l’area vicino al Lengai e al lago Natron è del tutto
circondata da molteplici fiumi e torrenti.

10: Cartina che evidenzia il lago Natron e 11: Cartina che evidenzia i laghi della Tanzania.
i tanti fiumi nella zona del Lengai.
9

Geologia del Cono Vulcanico


Il cono vulcanico è costituito principalmente da nefeliti (roccia magmatica effusiva
formata da Al, Na, Ca, Cl, S) e fonoliti (roccia magmatica effusiva porfirica e alcalina).
Questi peculiari magmi sono prodotti da una fusione parziale della sottostante fonte
del mantello.

12: Foto aerea del cratere nord


e della vetta del monte Lengai.

13: Schema che raffigura le diverse stratificazioni del cono vulcanico del Lengai (tenere presente che
l'estremità sinistra è il nord geografico).

Il cono vulcanico è diviso in diversi strati: nella zona del cono meridionale (Lengai I)
sono presenti le fonoliti, le nefeliniti caratterizzano il cono settentrionale (Lengai II).
Lengai II si è formato dopo un importante evento di collasso del settore, che ha
interessato circa il 18% del recente volume del cono circa 10 mila anni fa. Il cono
nord (Lengai II) è a sua volta diviso in diverse aree: i depositi primari di nefeliti
occupano la parte bassa del cono settentrionale (Lengai II A), mentre l'unità Lengai II
B forma il cono superiore compresa l'area sommitale.
Le unità A e B nel Lengai II sono divise da una spaccatura visibile chiaramente nel
cono settentrionale e al di sopra di essa sono presenti anche la comboite
wollastonite (minerale formato da Na, Ca, Si, O), che sono minerali insolite e unici a
Oldoinyo Lengai.

Storia Eruttiva & Situazione Attuale


La fase di costruzione del cono vulcanico dell’Ol Doinyo Lengai, in seguito a una serie
di eruzioni esplosive di tufi e agglomerati e di eruzioni effusive di lava, terminò circa
15.000 anni fa e fu seguita da espulsione periodica di tefra (prodotti piroclastici
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emessi dal vulcano) natrocarbonatitica (Na, C, K) e nefelinite (roccia magmatica


effusiva con poco Si) durante l'Olocene (recente epoca geologica).
Le eruzioni storiche sono consistite in piccole espulsioni di tefra e nell'emissione di
numerosi flussi di lava (attività effusiva) natrocarbonatitici sul pavimento del cratere
sommitale e, quando questo si “riempiva”, lungo i fianchi superiori (come è successo
nel 1998).
La profondità e la morfologia del cratere sono radicalmente mutate nel corso delle
eruzioni storiche, che vanno dalle ripide pareti del cratere a circa 200 m di
profondità nella metà del XX secolo, alle piattaforme poco profonde che riempiono il
cratere.
L'attività vulcanica dell’Ol Doinyo Lengai è stata registrata a partire dal 1883 e
molteplici eruzioni si sono verificate nel secolo scorso. Le eruzioni storiche sono
state eventi vulcanici per lo più effusivi e stromboliani, a parte alcune eccezioni di
eruzioni a carattere vulcaniano o esplosivo con un massimo di 3/4 della scala VEI
(Volcanic Explosivity Index). In seguito vengono riportate le eruzioni a carattere
esplosivo più importanti.
 Dicembre 1916 – Giugno 1917: La vegetazione fu distrutta sul vulcano e le ceneri
causarono la distruzione di pascoli e la morte di branchi di bovini Masai (VEI 3).
 Luglio 1940 – Febbraio 1941: La cenere del Lengai è caduta a 100 km dal vulcano
(VEI 3).
 Marzo 1960 - Novembre 1966: Una eruzione che era iniziata come una silenziosa
emissione di flussi di lava nel cratere sommitale, finì per diventare un’esplosione
(VEI 3). Questa eruzione fu seguita da un’altra di simile potenza nel 1967.
 Marzo 2006 – Aprile 2006: Il più grande flusso di lava di natrocarbonatite mai
registrato sul vulcano Ol Doinyo Lengai; è stato associato al collasso di
“hornitos” (coni all’interno del cratere formati da schizzi di lava) e ad una rapida
eruzione di un flusso di lava lungo 3 km sul fianco occidentale.
 Giugno 2007 - ottobre 2010: Eruzioni che hanno modificato i pendii della
montagna, al seguito di forti terremoti che furono avvertiti fino a Nairobi
(Kenya) (VEI 3).
11

 SITUAZIONE ATTUALE: Dal 9 Aprile 2019 sono registrate effusioni di lava


natrocarbonitica.

14: Eruzione esplosiva del 1966. 15: Cratere nel 2003, con fuoriuscite di lava.

16: Cratere Nord nel 2004. 17: Cratere Lengai con hornitos (2006).

19: Cratere nel 2007. 18: Foto aerea del cratere Lengai del 2018.

Vulcanismo secondario
Il vulcano Ol Doinyo Lengai non presenta molto vulcanismo secondario, non essendo
un vulcano con eruzioni peleane ma solitamente le eruzioni sono di tipo effusivo e
non manifestano grandi eventi di vulcanismo secondario. Tuttavia ci sono state delle
eccezioni nel corso della storia, come le scosse di terremoto del 2007. Più
12

frequentemente, prima dell’inizio delle emissioni di lava, si verificano crescenti


nuvole di vapore, fumarole e pennacchi di cenere.
Anche attualmente sono presenti alcuni segni di vulcanismo secondario, come le
emissioni di cenere, terremoti e spaccature che si allargano progressivamente sul
lato ovest del vulcano.

Pericolosità
La pericolosità del vulcano è bassa, essendo un vulcano con attività
prevalentemente effusiva, ma dato che nel
passato si sono verificate delle eruzioni più
violente e data la giovinezza geologica del
vulcano, non esiste un dato preciso. Per
esempio, durante l’eruzione (VEI 3) del
1917 la vegetazione circostante e alcuni
allevamenti della popolazione Masai furono
distrutti dalla nube piroclastica provocata
dal Lengai. Ma anche più recentemente
20: Eruzione stromboliana del Lengai.
(2007 – 2008) frane di detriti, cadute di
cenere e flussi di lava hanno recato danni
importanti a persone, allevamenti ed infrastrutture.
Quindi la pericolosità massima può essere un’eruzione di tipo pliniano che andrebbe
a distruggere ogni cosa nel giro di qualche km, compresi i villaggi Masai. Però
bisogna anche considerare che trovandosi in un’area protetta, solamente i Masai
possono vivere stabilmente nelle vicinanze del Lengai; infatti nel raggio di 5 km
vivono solamente 190 persone, mentre nel raggio di 10 km 1.900 persone, entro 30
km 18.100 abitanti e nel raggio di 100 km 545.300 persone.

Rischio Vulcanico
Il rischio vulcanico è molto basso solitamente, ma attualmente il Lengai è attivo con
eruzioni di tipo effusivo all’interno del cratere (senza fuoriuscite di magma), per
questo il rischio in questo periodo è poco più alto. Quindi essendo in un paese non
sviluppato, gli scienziati hanno raccomandato al governo della Tanzania alcune
disposizioni per abbassare ulteriormente il rischio: evacuazione in edifici robusti in
caso di caduta di cenere, protezioni delle risorse idriche (risorse fondamentali per i
Masai), creazione di un piano di evacuazione fino a 50 km dal vulcano e il costante
13

monitoraggio delle attività vulcaniche (infatti non sono presenti apparecchiature di


monitoraggio).
Un altro fattore che incrementa il rischio vulcanico è il fatto che l’attività esplosiva
del Lengai è in ritardo in confronto con le precedenti eruzioni, ciò significa che la
probabilità che in un futuro prossimo si verifichi un’esplosione più violenta delle
precedenti aumenta ogni giorno. Questo è provato da maggiori emissioni di cenere,
terremoti e dimensioni della fessura sul lato ovest del vulcano.

Leggende & Superstizioni


Il popolo Masai che vive alle pendici del monte
Lengai chiama esso con l’appellativo di
“Montagna di Dio”; infatti pensano che sia la
casa di Dio e la loro religione è concentrata
proprio sul vulcano.
La tradizione Masai impone agli abitanti la
preghiera sulla montagna portando in sacrificio 21: Tribù Masai, che indossa i vestiti locali.
una giovane pecora nera (che allevano alle
pendici del Lengai), poi, dopo aver cantato preghiere nella lingua Masai durante la
sera, il giorno seguente non trovano più tracce della pecora nera nel posto in cui
l’avevano sacrificata.
Alcune leggende raccontano di Masai che pur non
avendo mangiato sulla montagna (è vietatissimo
dalla tradizione) la mattina si sono sentiti sazi e
avvertirono e parlarono con Dio, senza però vederlo.
Credono inoltre, che i cattivi non possano salire sulla
montagna, perché Dio l’avrebbe ostacolato.
Inoltre i Masai sono anche impauriti dallo strano 22: Villaggio Masai.
vulcanismo del Lengai, come i fiumi di lava nera che
cambiano colore.
14

Curiosità
Ad Olkaria, una città della Kenya, si
sfrutta la geotermia del territorio della
Rift Valley Africana, per produrre
energia elettrica. Infatti, il 28% della
capacità di rete del Kenya è prodotta lì.
Il metodo di produzione dell’elettricità è
relativamente pulito e ha basse
emissioni di carbonio, inoltre nel lungo
periodo è relativamente economico. E a
differenza di altre fonti rinnovabili come 23: Centrale geotermica di Olkaria.
solare, eolica e persino idroelettrica, la
geotermia è disponibile tutto l'anno e tutto il giorno.
Una particolarità molto affascinante
di alcuni laghetti della Rift Valley
Africana è che nelle sponde si può
notare una porzione di spiaggia dai
colori sgargianti, come giallo e
arancione. Questo si verifica perché
quelli che sembrano semplici laghi,
sono in realtà sorgenti idrotermali
collegate all’attività vulcanica che
possono sembrare simili a quelle del
24: Sorgente idrotermale della Rift Valley Africana.
parco dello Yellowstone, ma in realtà
non sono microorganismi a formare
quelle colorazioni, ma la precipitazione chimica di alcuni minerali come lo zolfo (S).
15

Sitografia
Alex Strekeisen
Arizona State University
Bulletin of Volcanology (Keller & Krafft)
Expert Africa
Exploring Africa
Focus Scienza
Geology of Ore Deposits (Zaitsev, Keller, Spratt, Jeffries & Sharygin)
Geoscienze News and Information
Global Geografia
Global Volcanism Program – Smithsonian Institution
Go Afrique
Green Report
IC Ferrari Pontremoli
International Journal of Remote Sensing (Kervyn)
Journal of African Earth Science
Nasa Earth Observatory
National Geographic Society
Parks
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Rosso Scarlatto
Safari Crew Tanzania
Tanzania Tourist Board
Treccani
US Geological Survey
Volcano Discovery
Volcano Live
Wired Science
World Wild Life

Mattia Maroncelli

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